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.“I've got a war in my mindNon poteva credere alle sue orecchie quando alcune voci di corridoio le avevano riportato la notizia. Aveva dovuto ripetersi più e più volte che valeva la pena di tentare, che tutto quanto valeva quel rischio, per convincersi a trascinarsi a Diagon Alley, una strada che conosceva più di nome che di fatto, in una cittadina per lei ancora sconosciuta per lo più, poco dopo il tramonto. Eve, al tempo, era ancora una ragazza confusa, sballottata da una parte all’altra della sua vita in modo caotico e che ancora non aveva davvero trovato un suo equilibrio. In quel momento le sembrava di nuotare in un mare pieno di correnti contrapposte: ogni volta che le sembrava di aver trovato la strada giusta, arrivava una nuova corrente e la trascinava via, lontano, rimettendo tutto di nuovo sottosopra.
Aveva vissuto per una vita a New York, la cittadina di sua madre, quella nella quale era cresciuta e da cui aveva sognato infinite volte di poter sfuggire. Aveva sognato di andare altrove, di trasferirsi in un mondo nuovo e cambiare totalmente vita, e quando era arrivato il momento di farlo la paura l’aveva attanagliata. Il momento era arrivato in una fase della sua vita completamente fuori controllo, quando era stata trasformata in vampiro ancora da troppo poco tempo per potersi dire completamente consapevole della sua natura e delle sue potenzialità, eppure non aveva potuto tirarsi indietro. Quella era stata una di quelle volte in cui si era sentita presa per il culo dal Destino, dal Fato o da qualsiasi cosa superiore che governasse quella vita dall’alto: quando era stata appena stravolta e stava cercando di rimettersi in sesto, ecco che arrivava ciò che aveva aspettato per una vita intera, qualcosa che avrebbe potuto gestire mille volte meglio in qualunque altro frangente della sua esistenza ma che no, ecco che arrivava proprio quando non era pronta nemmeno per gestire sé stesso.
Come aveva scoperto di Thomas rimaneva un mistero anche lei, o meglio sapeva come avesse fatto ma ancora non riusciva a spiegarsi come diavolo fosse arrivata fino a quel punto, anche quando aveva tutta l’intenzione di mollare. Ecco invece che aveva trovato il suo fratellastro e, in un tempo che le era sembrato brevissimo, si erano trasferiti a Londra. Era sembrata una decisione sensata, per Michael, per loro due, per tutto quanto, anche se Eve a tratti era così confusa e presa da sé stessa che faticava a dare un senso concreto a tutto quanto. Si era comunque sforzata per pensare al bene del fratellino minore, per focalizzarsi su di lui anche quando la sua nuova sente minacciava di mandarla ai matti, anche quando ogni cosa le appariva confusa e nuova. Aveva fatto tutto quello per lui ma alla fine era stata obbligata a fare i conti anche con sé stessa ed aveva finito per incappare, per fortuna più che altro, nella strada giusta.
Ricordava vagamente di aver sentito qualcuno –vampiri, incontrati da qualche parte o sentiti parlare da lontano…quando la sete la colpiva, cosa che ora succedeva spesso, cominciava a non capire più nulla e le cose si facevano strane e ovattate- parlare di un modo per camminare alla luce del sole e così aveva cominciato a fare le sue ricerche. Con una certa fatica, soprattutto per una newyorkese come lei che ancora doveva ancora imparare a vivere in quella nuova città, era riuscita a capire come raggiungere il Sinister e come potersi in qualche modo permettere quello che le serviva.
Per quanto riguardava i soldi, anche se non navigava nell’oro era riuscita a metterne da parte abbastanza, ma purtroppo l’anello che tanto bramava non richiedeva un pagamento in semplice denaro e quando lo aveva appurato si era domandata il motivo. “Dannazione siamo tornati al baratto? Vogliono che dimostri quanto lo desidero?!” si era domandata con una certa irritazione, che aveva solamente incrementato il suo nervosismo e la sua sete –sì, aveva cercato anche una cura per quella ma non aveva trovato ancora niente di utile. Quella era stata la parte più difficile di quella decisione: avrebbe sacrificato ogni cosa per ottenere un pizzico della sua vecchia libertà, camminare al sole non solo l’avrebbe fatta sentire più umana ma era necessario per permetterle di lavorare e guadagnare qualcosa per se e Michael, e anche per essere ancora la sorella che il fratellino meritava. Era difficile essere una persona presente nella vita del minore se poteva uscire con lui solo dopo il tramonto ed era sempre costretta ad inventarsi mille scuse. Aveva funzionato per un po’, per una serie piuttosto contorta di situazioni e coincidenze, ma non poteva durare ancora a lungo.
Aveva racimolato quindi un minimo di forza, e ora sentiva ticchettare nella sua borsa il famoso oggetto necessario per il suo acquisto, contenuto in una scatolina di metallo che ora le sembrava infinitamente pesante. Le richiese un certo sforzo non ripensare a che cosa fosse, perché fosse nella sua borsa e cosa significasse per lei, ma di certo l’aspetto del Sinister la aiutò. Il nome del negozio, in effetti, avrebbe dovuto darle qualche indizio: quel posto era davvero sinistro già solo dall’ingresso. Controllò un paio di volte di essere nel posto giusto prima di aprire lentamente la porta d’ingresso, venendo travolta da un odore di stantio e di morte, ancora più intenso visto il suo olfatto estremamente sviluppato. Un conato di vomito le risalì lungo la gola e la portò ad arricciare il naso: portò una mano a stringere la tracolla della borsa, che portava appesa sulla spalla destra, e dopo un ultimo respiro si azzardò a fare un mezzo passo dentro il locale. “E’ permesso?” domandò d’istinto ancora sulla soglia, cercando con lo sguardo qualcuno di preciso a cui rivolgersi.[code by psiche]
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.“I've got a war in my mindNon sapeva nemmeno lei che cosa aspettarsi, quel posto gli sembrava piuttosto inquietante anche dall’esterno eppure non si era soffermata a realizzare che l’interno sarebbe stato anche peggio. Nonostante la sua vista più raffinata di quella umana impiegò qualche istante a mettere a fuoco quel che si trovava nel negozio, e non fece in tempo ad individuare le teste di bambole che una di queste parlò a gran voce, facendola sussultare. Si portò una mano al petto, nonostante non potesse davvero sentire granchè, e alzò lo sguardo verso quella serie di bambole appese al soffitto che sembravano scrutarla fino infondo all’anima. Con ogni probabilità, in effetti, lo stavano davvero facendo. “Ma cosa diavolo…” sussurrò a mezza voce, decisamente spiazzata da quella scelta stilistica. Abbassando lo sguardo si rese conto di quanto ogni singola parte dell’interno risultasse piuttosto spettrale, e sussultò ancora quando riuscì finalmente ad individuare la figura di Sèlene in mezzo a tutti quegli articoli.
Non avrebbe saputo dire chi si aspettasse dietro al bancone –si fa per dire- di un posto simile, ma si rese conto quella donna, con il suo aspetto singolare, stava decisamente bene in quel contesto, se non altro quel posto la rappresentava appieno. Si schiarì la voce e cominciò a sentire sulle spalle il peso di quella scelta. Pensò quasi di poter voltare le spalle e tornare da dove se ne era andata, anche solo l’idea di chiedere quel preciso oggetto la metteva a disagio, rendeva ancora più reale la sua nuova condizione. Si era impegnata per negare con tutta sé stessa quel che era diventata, per ignorare i suoi nuovi appetiti, per fare finta che tutto fosse esattamente come prima. Aveva sfiorato momenti in cui la sete era diventata così forte da farla impazzire, altri in cui il sole la ustionava a tal punto di desiderare morire piuttosto che mettere ancora una volta piede fuori di casa, tutto per colpa di quel che era diventata. Per una con la vita come la sua, che aveva già ben altro a cui pensare, quel cambiamento era qualcosa di enorme e che non riusciva a spiegarsi, a giustificare in alcun modo. Soffriva per quella sua situazione e soffriva all’idea di ammettere anche solo indirettamente che cosa fosse diventata.
E poi c’era un altro punto che la metteva a disagio, ciò con cui avrebbe pagato. Anche ora che era ferma le sembrava di sentire quel maledetto ticchettio nella sua borsa, il rumore che testimoniava ciò che stava portando con sé. Tutte quelle emozioni bastarono per provocarle un violento scatto d’ira, che la portò ad aprire la borsa con forse fin troppa convinzione, rischiando di strapparla, e tirare fuori la scatolina di metallo dentro cui c’era racchiuso parte di quel che avrebbe dovuto dare per pagare. Tese con convinzione il braccio davanti a sé, come se quel contenitore fosse tossico e lei volesse liberarsene il prima possibile. “Sono qui per l’anello. Quello…quello per camminare al sole.” ammise sbrigativamente, per poi rendersi conto di quanto fosse stata scortese, presa dalla rabbia e dal momento. Le emozioni, da dopo la sua trasformazione, erano più acute, tumultuose, incontrollabili, faticava a starci dietro e faticava anche a trattenerle, spesso finiva per sfogarle in impeti improvvisi, che le facevano perdere il controllo. Non si riconosceva più, in quei momenti, e questo contribuiva a terrorizzarla: le sembrava di essere in continuo mutamente, di essere sempre sul punto di cambiare di nuovo e diventare una persona nuova e sconosciuta. Sospirò piano e provò almeno a rilassare le spalle, respirando più lentamente. “…se possibile.” aggiunse alla fine. Se Sèlene avesse preso e aperto la scatolina vi avrebbe trovato all’interno il dente di vampiro che chiedeva come parte del compenso per l’anello di Dracula, oltre ovviamente ai Galeoni che Evelyn aveva ancora in borsa.[code by psiche]
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.“I've got a war in my mindDi certo non si aspettava di parlare con una sconosciuta della sua condizione, non era quello il suo desiderio, tanto che aveva tenuto il tutto segreto a chiunque, persino al suo migliore amico, per paura di spiegare ad alta voce che cosa fosse diventata. Le fece male anche solo udire quella parola, vampira dalle labbra della donna. Non le aveva pronunciate con malizia né tanto meno con disprezzo, probabilmente perché tutto sommato rimaneva una cliente pagante, ma nella testa di Eve chiunque l’avrebbe detestata una volta conosciuta la sua natura. Non sapeva nemmeno da dove venisse tutto quell’odio per quelli come lei, prima di venire trasformata conosceva i vampiri ma non pensava di certo che sarebbe diventata una di loro, che si sarebbe sentita così. Cercò di sostenere il suo sguardo nonostante la sua affermazione e seguì con estrema attenzione ogni suo singolo movimento, mentre apriva la scatolina. Forse temeva che il contenuto si fosse dissolto nel nulla, forse aveva paura che tutto fosse sparito e con esso la sua possibilità di riottenere un briciolo della sua libertà.
La domanda della donna la portò a drizzare la schiena, lei non sapeva nemmeno che fosse un segreto, non conosceva quel posto o come funzionava. “In realtà… ho solo sentito due persone parlarne tra loro, dubito che volessero che si sapesse in giro ma beh…io ero lì, ho sentito.” mugugnò piano, sperando di non aver violato nessuna regola o di non aver detto niente di troppo strano agli occhi della donna. Si mosse insieme a lei verso il bancone, stando ovviamente dalla parte esterna, e quando la venditrice le mostrò l’anello i suoi occhi si illuminarono: quella era la chiave per una vita più normale. Si trattene a stento dall’allungarsi per sfiorarlo ma sussultò appena quando il coperchio si chiuse all’improvviso, spezzando l’incanto che si era creato. Annuì piano alla sua richiesta e recuperò dalla borsetta un sacchetto pieno di galeoni, già contati minuziosamente ma che comunque allungò alla donna lasciando che ne controllasse, se voleva, il contenuto.
Si allungò quindi verso il voglio, lo lesse brevemente e poi firmò senza esitazione, trepidante all’idea di avere qualcosa che aveva tanto bramato. “Quindi…basta che lo indossi giusto?” domandò, tornando a guardare la donna davanti a sé con un leggero sorriso, questa volta, vagamente più rilassata all’idea di possedere ormai quel che aveva tanto agognato.[code by psiche]
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.“I've got a war in my mindEvelyn era troppo agitata per sentirsi davvero a suo agio, ma se non altro Sèlene non sembrava sul punto di accusarla o giudicarla per quel che era e non aveva fatto nessun genere di commento spiacevole circa la sua natura. Non sembrava intenzionata a prenderla in giro per quel che era diventata, e infondo quella era una convinzione che la ragazza si era costruita da sola: da quando era stata trasformata viveva nella convinzione che chiunque l’avrebbe ritenuta stupida per essersi fatta raggirare in un modo così sciocco, Robert aveva abusato della sua ingenuità e della sua gentilezza e ora lei era certa che questa cosa trasparisse in ogni suo gesto, come se chiunque guardandola potesse comprendere ogni cosa.
La stessa paura che nutriva per il canino che aveva appena consegnato alla donna dietro al bancone. Apparteneva a sua madre, era qualcosa che lei le aveva tolto per pura difesa personale e per proteggere il fratellino, eppure non c’era giorno che non sentisse il peso di quel gesto pesarle addosso, portandola a sentirsi ancora di più una vera assassina. In quel momento usarlo per comprare qualcosa come un anello solare le faceva strano, le sembrava di essere ancora più perfida e crudele. Stentava a riconoscerci, prima non avrebbe mai nemmeno pensato di poter fare una cosa del genere, e ora invece aveva appena firmato il contratto che sanciva la compra-vendita. Che cosa stava diventando?
Abbassò lo sguardo alla sua battuta, non aveva bisogno di sentirsi ricordare che cosa accadeva quando la sua pelle veniva a contatto col sole. Pensava forse che non ci avesse già provato? Evelyn aveva bisogno di uscire al sole per lavorare e portare a casa dei soldi, aveva tentato l’impossibile ma ovviamente aveva provato solo dolore.
Ascoltò le sue istruzioni e non perse tempo nel prendere la scatolina, aprirla e infilare velocemente l’anello al dito. Lo osservò per qualche istante riprendere sulla sua pelle, con quell’aspetto particolarmente inquietante: non era nel suo stile ma poco importava, aveva solo bisogno che funzionasse. Non sapeva che cosa si aspettasse di sentire, forse credeva che avrebbe provato qualcosa, che si sarebbe sentita diversa, ma l’unica cosa che sentì fu il bisogno di metterlo alla prova il prima possibile. Ora che aveva l’anello addosso si sentì quasi meglio, alzò lo sguardo su Sèlene e le dedicò un sorriso gentile. “La ringrazio… sono a posto così.” ammise, con una certa gentilezza. Si sarebbe poi congedata, infilando la scatolina dell’anello in borsa, e poi si sarebbe allontana con un ultimo sorriso, carico di nuova speranza.[code by psiche]
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