I finally meet you.

Mia&Lilith

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    Le sembrava quasi di sentirsi meglio, negli ultimi giorni. Certo, non poteva dire di essere tornata la Mia di sempre, c’erano alcuni lati della sua vita a cui doveva abituarsi e che ancora non era brava a gestire. Per esempio, non riusciva ancora a tollerare il silenzio e la solitudine, era molto meno brava di prima a rimanere senza nulla da fare, sentiva la necessità di tenersi sempre impegnata e trovare nuove attività con cui distrarsi.
    Per quel giorno, nonostante il freddo pungente, aveva deciso che una passeggiata sul lago di Hidenstone le avrebbe solo giovato, e che se non altro poteva essere un’attività rilassante. Aveva ormai finito di leggere tutti i libri che aveva nella sua lista, ne avrebbe facilmente trovati di nuovi ma stranamente era stanca di rimanere chiusa in biblioteca o in camera a leggere e aveva cominciato a sentire la necessità di staccare e rimanere per un po’ fuori.
    L’idea di stare da sola continuava a metterla a disagio, al momento faticava ancora a passare troppo tempo con sé stessa, temeva ancora i suoi pensieri e i suoi incubi non sembravano ancora pronti a scomparire. Aveva intenzione di cominciare a prendere qualcosa per dormire, ormai si addormentava quasi ovunque per quanto era stanca ma non significava che fosse in grado di fare sonni tranquilli. Certo, sapeva bene che c’erano persone a cui era andata molto peggio, era consapevole di non aver vissuto un trauma relativamente “leggero”, ma non si era mai ripresa del tutto dal suo incontro con la Morte e ciò che era accaduto dopo si era semplicemente accumulato a quella prima esperienza.
    Si infilò una sciarpa pesante e una cuffia, calata sulla testa, e lasciò la sua stanzetta calda per raggiungere il lago. L’acqua le aveva sempre dato un senso di pace e di calma, le piaceva soffermarsi ad osservare la superficie e perdersi nei giochi di luce, soprattutto nelle giornate di sole. Quel giorno c’era una leggera foschia che abbracciava il lago, e che dava a tutto un’aria ancora più nostalgica e malinconica. Si trovò, istintivamente, a pensare a Charles, a che cosa le avrebbe detto se fosse stato lì con lei, a che cosa avrebbero potuto fare assieme per migliorare quella giornata. Sapeva che suo fratello si sarebbe impegnato per tirarle su il morale, come faceva ogni volta, ma che non si sarebbe comunque risparmiato una delle sue ramanzine: Mia sapeva che avrebbe dovuto pensare meno e agire di più, che le avrebbe fatto bene essere una persona più istintiva e meno riflessiva, certe volte, anche perché aveva dimostrato negli ultimi tempi che tutte le sue riflessioni non portavano poi a molto, visto che era comunque in grado di mettersi in pericolo.
    Prima di arrivare ad Hidenstone si sarebbe definita una ragazza matura, era una delle poche cose di cui andava fiera, ma dopo aver visto tutte le situazioni nelle quali si era infilata, più o meno consapevolmente, e che l’avevano portata davvero a rischiare la vita, non era poi così tanto sicura di essere poi così tanto brava a prendere le decisioni da “adulta”.
    Infilò le mani nelle tasche della giacca, come faceva di solito, e si strinse nelle spalle, lasciando andare una nuvoletta di fumo respirando dalla bocca. Il vento freddo, che soffiava direttamente dal lago, le sferzava il viso, arrossando le guance e la punta del naso, che si affrettò ad affondare nella sciarpa. Aveva portato con sé anche qualche pezzo di pane per Nessie, trovava il Kelpie gentile e affascinante e non poteva negare di adorare quel posto anche per merito suo. Si avvicinò quindi alla riva, ben attenta a non scivolare sulle pietre, allargando le braccia per mantenere l’equilibrio.


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    Le giornate sembravano passare sempre più lentamente e Lilith ne soffriva il peso, non aveva mai desiderato così tanto che arrivasse la notte prima di allora. Ritornare indietro, con quelle fratture che si erano create, dentro di lei, era più di difficile di quel che credeva. Si sentiva sempre più sporca, sempre più rotta e il fatto che l'unica persona con cui riuscisse a parlare fosse Blake, sapeva - in cuor suo - che non andava bene. Insomma, aveva caricato il suo ragazzo di un peso che già era troppo da portare per lei stessa. Lui che emotivamente era sempre più instabile, come avrebbe sopportato sapere quello che l'era successo, senza che lui potesse evitarlo?
    Sentiva di aver sbagliato a confidargli ciò che l'era capitato, ma non poteva continuare con quel mutismo, non con lui. Ormai era passato quasi un mese da quando era ritornata in Accademia. Le ferite superficiali avevano deciso di scomparire, ma c'era una che probabilmente non avrebbe mai lasciato la sua testa e lei non sapeva come liberarsene.

    Il quella fredda giornata di fine Novembre, aveva deciso di recarsi nel luogo più difficoltoso da rivedere: il lago. Così vicino alla foresta, dove tutto era accaduto. Voleva fare questo passo da sola, per questo non disse niente a Blake, spacciandosi per impegnata con lo studio. Alla fine, durante quelle ore, non sarebbe stato difficile sgattaiolare dalle grinfie del ragazzo, perché lui aveva da fare qualcosa con Jesse che non era ancora il momento che lei sapesse. Era quasi certa che si trattasse di qualcosa che avesse a che fare con la musica, visto che aveva notato uno spartito tra i suoi appunti, ma non ne era certa e, al momento, non era in vena di fare scenate per avere una risposta.

    Quando mise il primo passo su quel manto umido, sentì un brivido percorrerle la schiena e quasi voleva già fuggire via. Strinse gli occhi e, con essi, anche i pugni, quindi si fece forza e avanzò a passo deciso, seppur con gli occhi chiusi davanti a sé. Si fermò solo a metà strada, quando non ricordava più se ci fossero ostacoli nel tragitto che stava percorrendo.
    Si trovava quasi vicina al lago, solo allora si accorse che non era sola in quel posto. In riva al lago qualcuno stava facendo l'equilibrista, si avvicinò piano, quasi per paura di un qualcosa che non aveva ben chiaro «Attenta a non mettere il piede destro in avanti, lì è più fangoso...» un soffio gelido, la sua voce, ormai arrivata all'albero in prossimità della riva. Non sapeva perché gli era venuto di dare quel consiglio, ma quando aveva riconosciuto chi fosse, voleva mordersi la lingua.

    Mia Freeman.
    Fosse stata in condizioni ottimali, probabilmente avrebbe preferito spingerla nel lago, piuttosto che darle il consiglio che le aveva dato. Credeva fermamente che quella ragazzina fosse troppo attaccata a Blake e non capiva perché. Non le piaceva, ma adesso non aveva nemmeno le forze per dirle che la odiava, quando era vicino al suo ragazzo.
    Sospirò e socchiuse gli occhi.
    Un attimo e un flash le venne in mente: il buio, il gocciolare di quella grotta, lo stesso odore di umido.
    Lilith riaprì gli occhi di scatto e si guardò intorno terrorizzata.
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    Il lago le aveva sempre trasmesso una certa pace, nonostante negli ultimi mesi si fosse macchiato di non pochi ricordi negativi: tutto quel che era successo, la storia con Naga non aveva fatto altro che modificare la sua visione e la sua percezione di quel posto, ma non poteva negare che l’acqua e il suo scorrere così lento risultassero piacevole, in un certo senso calmante. Aveva bisogno di quella tranquillità e, in parte, anche di qualcosa che potesse tenerla occupata e camminare in un certo senso la aiutava a distrarsi. Non poteva comunque zittire del tutto il proprio cervello, c’era una parte di lei che aveva ancora paura ad aggirarsi per quella zona da sola, anche se in un certo senso non era completamente sola.
    Nessie era una compagnia al momento invisibile e silenziosa, sospettava che il Kelpie non fosse in zona ma sperava di poterlo vedere e magari passare un po’ di tempo lì, sapeva essere un animale tutto sommato amichevole o facile da ammorbidire e aveva intenzione di osservarlo, visto quanto la sua curiosità scalpitava per saperne di più, anche in quel momento.
    Avrebbe potuto andare ovunque per Hidenstone, era certa che ci fossero luoghi ben più sicuri di quello e certamente ben più caldi, soprattutto visto il vento pungente che saliva dal lago in quel momento, eppure una sorta di istinto naturale l’aveva portata fino a lì senza che lei se ne rendesse davvero conto. Non pensava che qualcun altro si sarebbe spinto fino a lì, se lo avesse saputo prima forse avrebbe cambiato meta, soprattutto considerata la voce che la raggiunse.
    Non odiava Lilith, a dire il vero per un certo verso la ammirava e dall’altro le dispiaceva per quel che le era accaduto, ma non avevano mai interagito più di tanto, non era mai riuscita ad averci a che fare e non avevano mai parlato direttamente, non sapeva nemmeno che cosa pensasse di lei. Aveva imparato a vederla sotto una luce positiva grazie agli occhi di Blake, sapeva che il ragazzo ne era parecchio preso –non lo aveva detto direttamente ma a lei sembrava chiaro- e le sembrava che fosse una ragazza davvero particolare. Eppure non si aspettava di trovarla proprio lì, se lei aveva un’opinione tutto sommato positiva nei suoi confronti, temeva che la ragazza non fosse della stessa opinione, ne aveva avuto conferma anche quando si erano trovate alla festa di Jessica e Lilith le aveva lanciato una strana occhiata e non molto altro. Le dispiaceva, in un certo senso, ma non pretendeva certo di stare simpatica a tutti.
    Sussultò sentendo la voce e si ritrasse all’istante, voltandosi sorpresa. Il tono gelido dell’altra ragazza l’aveva un minimo spiazzata ma dopotutto che cosa poteva mai aspettarsi?! Chissà quante cose stava ricordando in quel momento… “Ti ringrazio.” rispose allontanandosi dalla riva e guardandola con seria riconoscenza. Accennò anche un leggero sorriso, tornando a infilare le mani nelle tasche. “Volevo dare da mangiare a Nessie…” ammise piano, quasi come a giustificare la sua presenza lì e il suo tentativo maldestro di avvicinarsi di più al pelo dell’acqua. Non voleva essere invadente, non voleva fare domande fuori luogo così decise di rimanere zitta e non aggiungere altro, anche solo per non metterla a disagio. Era stata carina ad intervenire, l’ultima cosa che voleva era cadere nel lago, ma non sapeva se per caso si era intromessa in un posto che Lilith considerava “suo” o se voleva essere lasciata in pace.


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    Era strano ritrovarsi lì, dopo tutto quel tempo, non riusciva a capire nemmeno perché aveva sentito il bisogno di arrivare fin lì, quando era così tanto al sicuro dai ricordi, nella sua stanza.
    Le parole di Mia arrivarono a lei quasi ovattate, come se altro stesse prendendo il posto della sua voce.
    Strinse gli occhi per un attimo, quasi a volerle cacciare, quindi ritornò a guardare la ragazza, come se fosse appena apparsa davanti a lei.
    Scosse il capo «Sì, immaginavo...» disse piano, quasi a non voler disturbare il silenzio che era riuscita a conquistare duramente, dopo tutte quelle voci e quei ricordi che stavano riaffiorando alla sua mente.
    «Perché Nessy e non qualche altra creatura del Professor Guymoore?» domandò incuirosita, guardandosi intorno ancora una volta «Questo posto non è sicuro, Mia...» così sembrava una pazza, però.
    Insomma, quel posto era stato poco sicuro, era vero, ma adesso non c'erano minacce attorno, giusto?
    Erano solo nella sua testa.
    Di nuovo quel buio arrivò a cercare la sua mente, così come l'odore stantio di quella bocca sul suo collo, il fiato pesante di quell'uomo.
    Lilith non se ne accorse nemmeno, ma si rannicchiò improvvisamente su se stessa, piegandosi sulle ginocchia, quindi si portò le mani alle orecchie «Falli smettere, ti prego.» chiese cercando di non alzare la voce, mentre le risate soddisfatte di quell'uomo continuavano ad arrivare, poi le gabbie, l'umido, il tragitto... non era finito, non era finito un bel niente. Lei era ancora intrappolata in quell'incubo e non ne sarebbe mai uscita, questa era la verità.
    Ci stava provando con tutta se stessa, ma non riusciva a dimenticare e quei ricordi, lì in quel posto, erano ancora più forti «E' stato orribile... orribile...» lasciò che le gambe cedessero sotto il suo sedere, piegandosi e sedendosi su di loro, quindi spostò le mani dalle orecchie, le voci erano finite di nuovo. Gli occhi di cristallo si riaprirono su Mia «Pensi che io sia pazza? Pensi che io debba andare in un manicomio? Forse sì.» quelle domande concluse lei con una risposta che stava pensando da un po' «Non finirà mai...»
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    Di certo non si sarebbe mai aspettata di incontrare proprio Lily, non aveva mai parlato a lungo con la ragazza e non aveva mai pensato di intrattenere con lei una vera e propria conversazione. Si era più volte detta che avrebbe voluto avvicinarla, chiederle come stava, ma dopotutto non erano amiche e pensava di non avere il diritto di intromettersi nei suoi affari. Aveva combattuto anche per lei, contro Naga, ma non era ipocrita e ammetteva per prima di aver lottato con nella mente Theresa, la sua ex compagna di stanza, più che Lily che non conosceva poi così tanto.
    Non si aspettava che la aiutasse comparendo dal nulla, non si aspettava nemmeno che ci fosse qualcun altro oltre a lei in quel posto. Si rendeva conto di essere strana, lei non era di certo un tipo che amava troppo la compagnia degli altri, soprattutto in certi momenti, ma sapeva che i suoi coetanei non erano soliti recarsi al lago per incontrare Nessy. Si strinse appena nelle spalle avvicinandosi a lei per non urlare e non rovinare il silenzio confortante di quel posto. Eppure non era confortante proprio per tutti, a quanto pareva, Lilith non sembrava sentirsi per niente a suo agio e Mia provò subito compassione per la ragazza.
    Comprendeva i suoi suggerimenti, capiva perché fosse così allarmata dopo tutto quello che aveva vissuto e provò il desiderio impellente di consolarla e aiutarla. “Lo capisco, sto cercando di stare attenta…” provò a tranquillizzarla ma non era proprio sicura che quelle parole bastassero ad ottenere qualcosa.
    La osservò guardo cominciò a rannicchiarsi su se stessa e cercò di chinarsi al suo fianco e affiancarla. Non comprese bene che cosa avesse sentito o cosa la stesse spaventando, temeva che fosse qualcosa che esisteva solo nella sua mente, in quel caso non sarebbe riuscita a scacciarlo o a proteggerla quanto e come avrebbe voluto.
    Sospirò piano e provò a sfiorarle piano una spalla. “Va tutto bene, Lilith, non c’è niente di pericoloso qui…” provò a dirle paziente e gentile, provando ad essere confortante e tranquilla. “Non penso che tu debba andare al manicomio, so che cosa vuole dire avere i propri demoni…” provò a dirle con dolcezza, non voleva in alcun modo che pensasse di essere pazza, si era sentita anche lei fuori di testa ultimamente, poco compresa da chiunque, si era sentita sbagliata e non voleva che anche Lilith provasse quella sensazione.
    “Possiamo rientrare se vuoi, prendere un thè magari.” provò a proporle, cercando di distrarla e di pensare ad un posto tranquillo dove potersi prendere una pausa e magari aiutarla a sentirsi al sicuro.


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    Era uno dei suoi luoghi preferiti, il lago. Eppure c'era qualcosa, che quel pomeriggio, lo rendeva insostenibile, quasi nauseabondo.
    Aveva passato lì le ore a leggere, studiare, scrivere, fare qualsiasi attività che le potesse essere d'aiuto a rilassarsi, ma ora la fonte di stress principale, era proprio il lago.
    Che fosse la presenza di Mia? O probabilmente era altro?
    Non riusciva a capire, a stento voleva chiudere gli occhi per quel movimento involontario delle palpebre, perché quel buio tornava puntualmente a terrorizzarla.
    Le sembrava che fossero passati quei momenti e quegli incubi. O forse si era abituata, solamente, a quello che vedeva ogni notte? Era passato ormai un mese, come potevano continuare a tormentarla, quelle immagini?
    Forse era il lago a riportarle alla sua mente?
    Tuttavia, non era sola, quel pomeriggio, su quella riva. La voce di Mia la fece tornare alla realtà, per un attimo. Gli occhi di cristallo, si posarono sul volto della ragazza. La nausea non era passata, ma Lilith cercava di tenere a freno quell'irrefrenabile voglia di rimettere quel poco che aveva mangiato «Non tutta la riva è sicura.» un altro vento gelido fuoriuscì dalle sue labbra, una cinica frase che detta in altre situazioni, probabilmente, si sarebbe condita di da forse più cordialità, ma aveva perso qualsiasi interesse a socializzare, dopo quello che era successo ad Ottobre.
    Però per lei, una domanda ce l'aveva... «Freeman.» la chiamò per cognome, come faceva con tutti quelli con cui non aveva una confidenza altissima «Non voglio girarci intorno, non sono più brava a fare la diplomatica in questo periodo, ma ... devo farti una domanda.»
    Non si staccò dall'albero dove aveva poggiato la schiena, anche perché quella sensazione di oppressione che provava in quel luogo, le faceva girare il capo «Ti piace il mio ragazzo?» sì, aveva perso la diplomazia che la caratterizzava, ma adesso voleva solo una risposta, che probabilmente aveva senso trovare dalla diretta interessata.
    Forse non era il giusto umore per poter afrontare quella conversazione, ma Lilith non aveva più tempo da perdere. Quella reclusione le aveva fatto capire che non aveva davanti tutta la vita, sarebbe potuta morire da un momento all'altro e non doveva più rimandare a domani, quello che le veniva in mente di fare oggi.
    Affrontare l'argomento con Blake era improbabile, con lui avrebbero litigato sicuramente e lei, non riusciva a reggere una discussione con lui.
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    Mia era fatta così, quando sapeva che qualcuno era in pericolo o aveva qualcosa che non andava sentiva il bisogno di dare una mano, di fare la sua parte ed essere utile alla causa. Poco importava che si trattasse di qualcuno che non conosceva, come Lilith, non aveva mancato anche questa volta di sentirsi dispiaciuta per lei quando aveva capito –anche se solo in parte- quanto potesse aver sofferto sotto le grinfie di Naga. Se avesse saputo di preciso che cosa aveva vissuto probabilmente si sarebbe sentita anche peggio, ma anche così era sufficiente per farle pensare ad un modo per esserle d’aiuto.
    Certo, sapeva di non essere nessuno per lei, non si conoscevano affatto, non avevano mai parlato davvero fino a quel momento ma se avesse potuto avrebbe davvero voluto diviere almeno i suoi demoni e proteggerla in qualche modo. Vederla così, esposta e spaventava, le aveva stretto lo stomaco in una morsa e si era sentita totalmente impotente di fronte a qualcosa che, per una volta, non poteva davvero capire, nonostante tutti i suoi dubbi.
    Pensò di spostarsi da lì, di accompagnarla magari in un posto che la facesse sentire più al sicuro, dove potesse sentirsi meno in pericolo. Dannazione, si sentiva in colpa e non aveva fatto niente per causare tutta quella situazione! Non si erano date appuntamento, a conti fatti Lilith era andata lì per conto suo, dubitava che potesse averle seguita o che avesse avuto intenzione di incontrarla fuori dalla scuola, proprio in quel pomeriggio. Glielo avrebbe detto, in quel caso, no? Le avrebbe chiesto di vedersi da qualche parte, con ogni probabilità. “Possiamo rientrare, se preferisci!” provò a proporle con gentilezza, cercando di avvicinarsi ma senza esagerare, non voleva farla sentire ancora più oppressa o a disagio imponendole la sua vicinanza.
    Si sorprese leggermente nel sentirsi chiamare per cognome, era qualcosa che accadeva di rado con i suoi coetanei – se anche era accaduto con Blake o con Cameron i loro toni erano sempre stati ben diversi, meno freddi e ruvidi- e le faceva ancora strano sentirsi chiamare nel modo che lei e Charles avevano scelto, una volta scappati dai Nott. Si aspettava ancora meno quella domanda, motivo per cui corrucciò le sopracciglia, presa alla sprovvista. Non era sorpresa dal fatto che la ragazza lo avesse pensato, non era una probabilità a dire il vero, lei non provava nulla per Blake che non fosse un affetto puro, non sarebbe mai riuscita a vederlo come qualcosa di più di un amico. Eppure passavano diverso tempo assieme, era vero, e non sapeva che cosa il ragazzo avesse detto a Lilith, conoscendo Blake poteva essere anche qualcosa di non troppo chiaro. Quello che la sorprendeva non erano quindi le motivazioni di quella domanda, ma il fatto che l’avesse fatta proprio in quel momento.
    Non potè evitare di notare nel suo tono un minimo di astio, e vide sfumare all’istante tutti i propri buoni propositi: poteva anche credere alla sua risposta, forse, ma dubitava che le avrebbe mai permesso di aiutarla se la considerava una minaccia. Abbassò appena le spalle, scuotendo il capo. “No Lilith, mi spiace che tu lo abbia pensato in realtà. Provo affetto per Blake, questo è vero, mi sorprende che abbiamo legato in qualche modo, in così poco tempo… ma non sono innamorata di lui, non lo vedrei in alcun modo come qualcosa di più che un buon amico.” cercò di risponderle nel modo più chiaro e onesto possibile, sperando che potesse cogliere la sincerità delle sue parole e crederle.
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    LILITH CLARKE
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    Era così difficile stare lì e Lilith non riusciva a capire da cosa dipendesse quella situazione strana che sentiva. Erano flash che le facevano tornare in mente tutto quello che aveva subito nella sua prigionia, cose che non pensava nemmeno di poter ricordare.
    E poi, c'era la questione Mia. Perchè stava succedendo tutto davanti a lei? Insomma, possibile che aveva tutte queste sfortune, quel pomeriggio?
    Scosse la testa alla sua affermazione, quindi cercò di riprendersi appena «No, non c'è bisogno. Ho necessità di stare all'aria aperta. Ho bisogno di ossigeno.» confidò cercando di recuperare il fiato che sentiva farsi corto.
    Tuttavia, la forza che aveva trovato per sputare fuori quel rospo che l'attanagliava da tempo.
    Guardò il suo viso, non lo lasciò un attimo, cercando di carpirne le reazioni di quello che aveva detto.
    L'ascoltò e quasi sbuffò un sorriso ironico «Me lo chiedo anche io come abbiate fatto a legare in così poco tempo. Passate molto tempo insieme?» quando si trattava di Blake, Lilith diventava intrattabile. Jessica aveva ricevuto un bicchiere in faccia e insulti vari, però Lilith non era più quella dei bicchieri in faccia. Aveva capito che se la gente voleva starle vicino, poteva, ma alle sue condizioni, altrimenti poteva sopravvivere sola, come aveva fatto per un mese di sopprusi.
    Continuava a sentire la testa girare, quindi chiuse gli occhi e respirò profondamente, era così che le aveva detto la Rheon di fare, quando aveva mancanza di aria, no? Quella psicologa non la convinceva per niente, anzi...
    «Provi affetto per Blake... e questo che hai appena detto, tu credi che mi possa tranquillizzare? Sai quante volte l'affetto per un amico, si può trasformare in altro? Magari adesso non sei innamorata di lui, ma non è una garanzia.» non sopportava proprio quella situazione e la cosa, mista alle visioni del passato ottobre, non aiutava a farla sembrare più simpatica «In questa vita, Freeman, Blake è l'unica cosa che mi tiene ancora in piedi. La sola ragione per cui ancora respiro. Se me lo porti via, non credo di poterlo sopportare.» i suoi occhi non si erano distaccati mai da quelli di Mia, continuava ad osservarla, seppur lo sguardo pareva vuoto, perso in quelle immagini che nel frattempo le scorrevano nella mente.

     
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    Non si era mai trovata a dover rispondere di una “accusa” simile, non si considerava una ragazza così attraente o interessante da poter rubare il ragazzo a qualcun'altra, e di certo non era nella sua indole. Se anche avesse provato qualcosa di più di semplice affetto per Blake –cosa che non era possibile, in ogni caso- avrebbe messo a tacere quel sentimento e non si sarebbe mai sognata di farsi avanti, nemmeno se Blake e Lilith si fossero lasciati. Non le piaceva l’idea di rovinare le cose, non pensava che il ragazzo fosse interessato a lei e ad ogni modo faticava ad immaginare in una relazione.
    Lilith non poteva saperlo, ovviamente, e lei non era in grado di spiegare a parole le motivazioni che le facevano affermare con tanta sicurezza che no, non avrebbe dovuto preoccuparsi di lei, anche se comprendeva come in quel momento la ragazza fosse in crisi anche ben altre motivazioni, per questo non aveva intenzione di prendersela per le sue accuse. Le dispiaceva comunque per lei, poco le importava della durezza del suo discorso e del fatto che palesemente non provava qualcosa di positivo nei suoi confronti.
    Avrebbe davvero voluta aiutarla a sentirsi meglio, ma non poteva obbligarla a rientrare e comprendeva che anche all’interno dell’Accademia avrebbe potuto non sentirsi al sicuro. “ Va bene…ma possiamo spostarci altrove se questo posto non ti fa sentire al sicuro…” sussurrò piano provando a trovare un modo per farla sentire maggiormente a suo agio, nonostante si rendesse conto di quanto fosse difficile sfuggire da qualcosa che si trovava nella propria testa. Non era quello il momento per parlarne e Mia non era il tipo di persona che amava condividere i propri problemi, ma probabilmente riusciva a capire Lilith molto di più di quanto non sembrasse.
    Anche per questo non riuscì a prendersela con lei per le sue parole, per quanto dure e severe lei vedeva solo dolore in quel discorso e bisogno di sentirsi al sicuro. Lilith si stava in qualche modo spogliando davanti a lei, le stava mostrando il suo dolore, e Mia non riusciva ad essere cattiva con lei di fronte ad una ammissione di quel tipo. Blake era davvero importante per la ragazza, avrebbe potuto mentire e dirle che non provava niente per l’amico ma dubitava che una bugia avrebbe potuto migliorare la situazione. A che pro, dopotutto? Avrebbe scoperto prima o poi la verità e probabilmente avrebbe fatto ancora più male. Cercò quindi di fare le cose con calma, di calcolare bene la sua prossima mossa e di soppesare ancora meglio le sue parole. “Tengo a Blake come amico, e niente di più. Comprendo che ti possa sembrare una scusa ma posso assicurarti che non è così. Tu non mi conosci, io non conosco te…ma so che Blake tiene a te in modo profondo, e non mi permetterei mai di separarvi. Non gli parlerei se non provassi affetto per lui, ma non funzioneremmo nemmeno un secondo come qualcosa di diverso da degli amici. L’ultima cosa che voglio è togliertelo, credimi. Non ne ho ragione.” provò a spiegare, nella speranza vana che potesse bastare qualche parole a convincerla.

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    LILITH CLARKE
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    Voleva che tutte quelle immagini e quei suoni che le rintronavano la testa, smettessero il prima possibile, ma sembrava quasi un desiderio inesaudibile quello che stava chiedendo, tant'è vero che aumentavano come martellanti colpi che le venivano inflitti.
    Era come rivivere tutto, ogni cosa era chiara e quel posto iniziava a diventare insopportabile.
    A condire il tutto c'era la presenza di Mia che rendeva tutto più difficoltoso. L'idea che lei e Blake avessero ben altro di un'amicizia, la stava logorando dentro. Non riusciva a capire perché, ma l'idea di loro due la stava facendo impazzire e da quando era tornato era tutto più amplificato.
    Probabilmente non avrebbe affrontato il discorso con lei, in altre condizioni, ma sarebbe andata da Blake a fare le sue solite scenate, per poi finire a litigare. Eppure, quell'Ottobre passato da poco l'aveva distrutta e non era più la stessa Lilith di un tempo. Adesso aveva bisogno di certezze che non sapeva darsi da sola, non più.
    Odiava farsi vedere così debole davanti agli occhi di un'altra ragazza, o di qualsiasi altro studente all'interno di quel posto. Per questo cercò di darsi una tirata su con la schiena, anche se sentiva lo stomaco che voleva cacciare via tutte quelle immagini con un rigetto improvviso.
    Si pentì di non aver accettato la rientrata tra le mura, ma scosse il capo a quella seconda sua proposta, come se fosse l'orgoglio a parlare e non lei stessa.
    Non le importava dove fossero, tanto lei stava imparando a convivere con qualsiasi tipo di dolore avesse dentro.
    Ascoltò le sue parole e strinse i pugni lungo i fianchi, sia per trattenere il fastidio, sia per tenersi forte a quella realtà che veniva compromessa dalle visioni che le stavano facendo venire un grande mal di testa.
    «Basta.» disse all'improvviso, stringendo gli occhi. Che si riferisse a Mia o alle sue visioni, questo non è certo, eppure lo aveva detto «E' inutile. Non riesco a crederti.» si staccò dall'albero che la reggeva, quindi si spostò voltando appena le spalle a Mia, fece qualche passo verso la strada del ritorno, poi si fermò e si voltò di nuovo verso l'ametrina «Sta' lontana da Blake, Freeman.» quindi si voltò di nuovo e tornò verso l'Accademia.

     
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