Ritorno alla normalità

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    Jesse A. Lighthouse | Prefetto Black Opal
    'Come ci sono finito in questo casino?' la risposta era molto semplice, come sempre, Jesse: ci ti eri cacciato da solo!
    Naga Berteg aveva lasciato ferite su tutti, alcune evidenti, altre solo nella mente, talora ristretti ad incubi. A Jesse non aveva lasciato molto, se non un ancora maggior ossequio per le regole, un testabolla birichino da parte di Joshua e la consapevolezza di quanto potesse terrorizzarlo l'idea di perdere Erik.
    Nel complesso, lui ne era uscito carico, motivato, determinato, rinforzato nelle sue posizioni, forse anche perché i suoi veri drammi erano accaduti a ponte su quell'evento, andando a ruotare attorno a Jessica e Joshua. Sembravano cose più leggere, ma su di lui avevano avuto una ripercussione notevole, tanto da spezzarlo più di una volta.
    Un altro e non ultimo cambiamento era stato nei confronti di Elisabeth Lynch, la sua co-prefetta. La ragazza era stata rapita da Naga e questo aveva lasciato a lungo i dormitori vuoti dalla sua presenza, tempo nel quale lui aveva avuto modo di riflettere sulla sua presenza e sul suo mal-sopportarla, giungendo alla conclusione che, per quanto non fosse certo una persona che volesse come amica, restava il fatto che non meritasse odio, o anche solo quello che le era successo.
    A complicare la situazione vi si era messo anche Joshua, che aveva pensato bene di far prendere una bella sbandata alla Lynch, andando a tendere un rapporto che era altrimenti apparso disteso, con loro due intenti a passarsi la bacchetta di Blake, finendo in un modo o nell'altro per sentirsi spesso, al punto che gli era sembrato quasi naturale offrirsi come volontario.
    Per cosa, ma che domande, per andare in ronda con la figlia dell'arpia!
    La corvina era stata messa a riposo per un mesetto buono, ma poi le era stato concesso di riprendere, ma solo non agendo da sola, per non affaticarla e darle comunque un supporto al bisogno. Jesse non aveva esitato un attimo, come suo compagno di classe e di casata, rendendosi solo in un secondo momento conto di quanto, appunto, non fosse esattamente la persona migliore del mondo 'Sì... insomma... ormai lo sa... che io ehm... divido un'altra bacchetta con lei...'
    Non era semplice spiegarlo e lui stesso non sapeva bene di cosa stesse parlando, ma Jesse quella notte, aggirandosi con la bacchetta in mano, sempre accanto all'altra ragazza, si rese conto di essere comunque a disagio, persino più del solito. Un disagio strano, anomalo perfino, perché silenzioso.
    Era una serata tranquilla e i ragazzi si stavano aggirando per i vari piani. Tra le stanze che decisero di ispezionare vi fu anche la sala dei trofei 'Rieccoci...' era una stanza come tante, di giorno non molto frequentata, ma che di notte, se era nei suoi giri, non mancava mai, non perché vi fosse legato, ma perché era spesso oggetto di vandalismi.
    "Niente da segnalare..." fece presente lui, entrando e puntando il proprio Lumos un po' ovunque, anche se poi lo spostò sui trofei "La chiamano sala dei trofei, ma alla fine non ce ne sono poi molti... dovremmo dire alla preside di darne un paio a Blake... o tipo uno a noi per il tenerlo senza bacchetta" ridacchiò lui, illuminando la ragazza, a livello dei piedi, per non abbagliarla "Ehm... ecco... tutto bene? Hai male, sei stanca? So che non sei malata eh, però ecco... non strafare ecco..." propose lui, incassando lui le spalle e osservandola con aria quasi imbarazzata, non sapendo manco lui bene che dire o che fare.
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    Elisabeth Lynch
    Prefetto | Black Opal | II anno
    Il destino, delle volte, era davvero beffardo. Era stata sospesa -giustamente- per un mese dal compiere i suoi doveri da Prefetta a causa di quanto successo per colpa di Naga Berteg. Era passato ormai più di un mese da quando era stata liberata eppure il ritorno alla normalità sembrava ancora lontano dall'essere raggiunto. Se il ritorno tra i banchi, come studentessa, era stato più o meno tranquillo, nonostante il giusto smarrimento nel vedere come gli altri studenti fossero andati avanti col programma nel periodo d'assenza forzata, non si poteva dire lo stesso sulla sua sfera privata. Lucas e Josh, Josh e Lucas erano iniziati ad essere il fulcro dei suoi pensieri, dei suoi dubbi, di ciò che volesse davvero. In quelle settimane, scandite dai giorni in cui si passava la bacchetta di Blake con Jesse, la ragazzina aveva finito con l'essere fortemente confusa. Aveva notato subito il distacco che Josh aveva avuto con lei quando era rientrata dal San Mungo, un distacco dovuto alla vista di quel bacio che Lucas le aveva dato all'angolo delle sue labbra in quella foresta che ancora la svegliava di notte. Aveva affrontato il bruno, nell'aula di storia, cercando di carpire il vero motivo dei suoi gesti freddi e scostanti. Finirono con il baciarsi, quella stessa sera, all'osservatorio di astronomia, ritagliandosi un momento che doveva essere limitato nello spazio e nel tempo ma che in realtà fu così. Ligia a quelle che erano le sue personalissime regole quando Lucas la portò con sé, quello stesso fine settimana, a Londra, la ragazzina rivelò quanto successo con il suo compagno di stanza che sembrò addirittura perseguitarla ogni volta che le sue labbra si posarono su quelle di Lucas. Lucas che venne ucciso del tutto quando lei cercò di sottrarsi alla sua presa perché aveva frainteso le sue intenzioni. Da quel momento non aveva più visto il fotografo per passione, con le voci di corridoio che suggerivano come avesse deciso di lasciare la scuola. Lei evitò di contattarlo, di inviare persino un gufo, perché non voleva che le sue parole potessero essere fraintese, quando lei per prima non aveva preso ancora una scelta.
    Scelta che però venne fatta un paio di settimane più tardi, quando, complice il regalo di Natale di una delle compagne di squadra della madre, passò un weekend a Bath, città delle terme e dei mercatini di Natale, con Josh. Forti erano state la parole che si erano detti, tra alzate di voci e sussurri, così come i gesti, la passione e l'audacia che li avevano travolti in vari momenti fino a culminare in una notte dove non si sarebbe più potuti tornare indietro. Aveva donato tutta se stessa in quella vasca idromassaggio, sotto piccoli fiocchi di neve e lucine dorate, facendo per la prima volta l'amore con Ben. Si era donata a lui anche se sapeva di non essere lei la sua scelta, almeno per il momento, perché nel suo cuore c'era anche un'altra persona, precisamente lo spillato che l'accompagnava nella sua prima ronda dopo tanti mesi. Un supporto quello che sarebbe potuto ricadere su altri Prefetti se Lighthouse non avesse deciso di proporsi come volontario. Non sapeva il perché di quella scelta, se per senso del dovere o perché anche lui sapesse di lei e Josh. Fatto era che sentiva l'imbarazzo premerle sul petto, con le iridi che cercavano di posarsi ovunque tranne che sul suo viso, con la bacchetta tenuta a media altezza rischiarando il loro cammino che li guidò fino in sala trofei. Poche erano le coppe, medaglie e riconoscimenti che potevano essere trovati all'interno delle teche segnalando come la scuola fosse ancora troppo giovane, soprattutto se paragonata ad una istituzione come Hogwarts. Se mai Blake dovesse prendere una medaglia io mi butto giù dalla torre. Voleva davvero bene all'opalino, ma dubitava che con il suo atteggiamento incendiario potesse ottenere qualche riconoscimento come miglior studente et simila. Avrebbero dovuto creare un premio tutto per lui. Guarda che il tuo nome è qui da qualche parte. Si allontanò dal suo fianco, compiendo qualche passo in direzione di una vetrinetta alla sua destra, illuminandola con la sua bacchetta. Ecco qui, Jesse Lighthouse vincitore del MagicTriathlon 2019. Una targhetta piccola, contenuta in una scatolina blu che fungeva da base e supporto a quel riconoscimento che avrebbe dovuto essere suo. Le venne da sorridere nel ricordare come avesse odiato profondamente il ragazzo per una sciocchezza del genere. Certo il fastidio c'era ancora per lui, anche se non per lo stesso motivo. Ma in fondo che colpa ne aveva lui se piaceva a Josh? Sospirò, ricordandosi ancora una volta come l'ametrino le avesse chiesto del tempo. Tempo che, con tutta probabilità, avrebbe condiviso anche con Jesse. Eh? Abbassò la bacchetta, stringendosi il fianco con una mano, mentre la lingua giocherellava con il diastema rivelando quanto fosse nervosa ed imbarazzata. No, non sono stanca... Non nel senso inteso dall'Opale, almeno. Non riusciva neanche a guardarlo negli occhi, a sostenere il suo sguardo e quella conversazione che faticava a decollare. Era perché chiusi nel classico gioco dell'io so che tu sai che io so e fino a quando non avessero stappato quel tappo quel turno avrebbe solo finito con l'ucciderli a fuoco lentissimo, quando in certi casi era meglio uno strappo. So di te e Josh... Avrebbe sperato fortemente che quel gioco di luci ed ombre creati dai loro tremuli lumos la aiutasse a non far vedere quanto quei due nomi vicini la distruggessero, sperando di confonderlo con il tono calmo e netto con cui pronunciò quelle cinque parole. Cinque parole che però avrebbero risuonato ancora a lungo nella sua mente e non sapeva ancora per quanto.

    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato" | Scheda | Stat.
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    Jesse A. Lighthouse | Prefetto Black Opal
    Non era stata una brillante idea, da nessun punto di vista: Elisabeth era tesa, a disagio, stanca, mentre lui per contro era ansiato ed iperattivo, ed entrambi lo erano per le medesime ragioni: la scarsa confidenza, una velata antipatia e, sopra ogni cosa, in quel momento, un birillo di carne che, in quanto uno solo, loro si stavano contendendo.
    Decisamente non era stata una buona idea e se egli non lo aveva capito immediatamente, gli era stato chiaro poco dopo, sicché perché aveva perseverato? Per la più banale e scontata motivazione da parte di Jesse: era un aspirante marine 'E il dovere viene sopra ogni cosa'
    A nessuno - sperava lui - piaceva uccidere o mettere a repentaglio la propria vita, eppure un marine doveva farlo, per l'America, la libertà, la giustizia e volendo l'umanità intera; nella testa di Jesse un vero soldato andava oltre i propri istinti e bisogni, perseguendo scopi e obiettivi superiori; Elisabeth rientrava tra di essi: era la sua collega, era suo compito, secondo lui badare a lei e garantirle una ripresa, per quanto quella notte sarebbe volentieri stato ovunque - incluse le cosce di Josh - tranne che lì.
    Ma ciò non era stato possibile (o meglio, lui non lo aveva trovato corretto), quindi eccoli lì a parlar di trofei e delle molte cose che li univano dividendoli, cominciando da Blake "Uh, perché? Blake è un grande ed è anche uno sportivo, sono sicuro che un premio lo potrebbe vincere senza problemi: lui è un figo!" chiarì lui, affondando le mani nelle tasche ed annuendo col capo a sostegno del suo migliore amico "Voglio dire, ha un letto e una targa commemorativa in infermeria: a me col cavolo che lo farebbero!"
    Il fatto che Jesse non avesse un certo tipo di riconoscimenti era in effetti un vantaggio, ma lui tendeva sempre ad idolatrare il biondino, manco gli occorresse qualcuno che gli accrescesse l'ego, e sminuir sé stesso, al punto di scordarsi come in effetti in quella semi-deserta stanza vi fosse una commemorazione in suo nome.
    "Uh, sì, vero!" ammise lui quando la giovane collega gli fece notare il trofeo, al quale si avvicinò con una smorfia "Proprio vero che hanno dello spazio libero da riempire eh!" affermò lui facendo spallucce e ricordandoci a tutti come il suo sport preferito fosse il tiro al bersaglio, puntando sé stesso.
    La conversazione stava stagnando e con una stretta allo stomaco egli comprese come le cose potessero anche peggiorare, per quanto lui non avesse per nulla gli strumenti e le competenze per farci davvero qualcosa, tonto com'era; anche Liz non poté non notare quella sottesa tensione e trasse la conclusione più logica non si fosse conosciuto il disagio imperante nella vita del Lighthouse: citò l'elefante nella stanza (parlando di cose grosse), ammettendo, un po' a tradimento, di sapere tutto.
    'MERDA!' Jesse si irrigidì alle parole di lei, sgranando gli occhi e rimanendo un poco in silenzio, cercando di placare i suoi attacchi isterici, le maledizioni che si stava lanciando contro e quant'altro 'TE NE DOVEVI STARE IN DORMITORIO! Ti dovevi fare gi stracazzo di cazzi fuoi, Jesse Coglione Lighthouse!'
    Sì insultò per un bel po' nella sua mente, traendovi non poco conforto, poi con un'altra smorfia sbuffò, rassegnato a dover parlare dell'ametrino "Sì ecco, anche io so di te e Josh... e apevo che lui ti avrebbe fatto sapere che io sapevo di voi e che sapevi di no...i" disse lui esitando, corrucciando progressivamente la fronte 'Sì, ecco, mi sa che ho detto qualcosa a caso...' "Nel senso so che tu sai che io che tu sai che..." un altro guizzò della testa, un'altra forte sensazione di star dicendo cose a caso rispetto allo standard, già di per sé alto "Sì, insomma... sapevo te lo avrebbe detto ecco"
    Deglutì a secco e si guardò intorno, forse in cerca di un'arma, o di una via di fuga (?), ma non trovò nulla o comunque tornò ad osservare l'altra prefetta "E ecco... non è per quello che mi sono offerto per accompagnarti ecco... nel senso... so che sei importante per Josh e per lui farei qualsiasi cosa perché gli voglio bene..." affermò lui, rendendosi conto di star inanellando una serie di pessime uscite davvero notevole ''Merlino, aiutami! gemtte lui, chiedendosi se potesse praticarsi da solo Silencio e porre fine a quel supplizio. Purtroppo, tanto per cambiare, non poteva, sicché si ricordò come fosse tutta colpa sua e concluse la frase "L'ho fatto perché sono tuo collega e... e fosse finito io in una merda tipo quella che ti è capitata.... ecco avrei voluto venisse gestita dentro la nostra casata, senza che nessuno lo venisse a sapere ecco, senza troppo clamore..."
    Era la pura verità, come un po' sempre con lui, che tendeva ad usare quella qualità soprattutto contro sé stesso, come una spada impugnata malamente, ma lui, in fondo, era così: dedito a chiunque tranne sé stesso
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