Naga Berteg: il ritorno - Rapimento

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    Gli Snasi
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    Difficoltà: Alta
    Scadenza: 25 Ottobre, h 23.59
    Potete convertire PP fino al primo vostro post.

    Buio.
    Puzza di umido.
    Freddo.

    Aprite gli occhi a stento, come se le vostre palpebre siano solo due sassi che non vi permettono di guardare oltre, di vedere dove siete.
    Da quanto tempo siete lì?
    Ormai nemmeno sapete quanti giorni sono passati, non ricordate nulla di come ci siete arrivate. L'ultimo vostro ricordo sono dei volti: Ayla, l'ultimo volto che ricordi è quello di Nikolai, Lilith il sorriso di Blake, Theresa la voce di Jesse e i suoi occhi, Elisabeth lo sguardo celeste di Lucas, divorato dalla disperazione, mentre gli volti le spalle.
    Null'altro.
    Da quanto tempo siete lì non è necessario saperlo, anche perché è l'ultima delle cose che vorreste conoscere, visto che la prima è il perché.

    Il vostro corpo lo sentite debole, ma il freddo che vi accarezza la pelle è troppo. Non sentite alcun tessuto addosso, siete nude.
    Le braccia sono dolenti e tirate verso l'alto, siete legate a delle catene spesse, che vi tengono appese.
    I piedi sono stretti tra loro con altrettante catene.
    Ma non è quello che vi rende deboli.
    Sulla vostra epidermide ci sono segni di bruciature, tagli, graffi, ematomi.
    Ma non è ancora tutto quello che vi destabilizza.
    C'è altro, ma arriviamoci gradualmente...

    Aprite gli occhi a fatica, attorno a voi vedete un lieve tremolio di due candele, nient'altro illumina la stanza e anche questo vi infastidisce la vista, ma se vi sforzate, in quel gioco di ombra e luci, potete vedere come non siete sole, potete riconoscere qualche lineamento: Tess, alla tua destra c'è una parete rocciosa, alla sinistra trovi Ayla.
    Tu, Ayla, a destra hai Tess, mentre a sinistra trovi Lilith, che alla sua sinistra troverà Liz.
    Non siete imbavagliate, ma avete la gola secca, brucia, le labbra le sentite aride, quindi parlare potete farlo, ma vi causa fastidio e dolore.

    Tess, quando ti risvegli, con te si risvegliano anche i dolori, quello che più ti fa male è la caviglia, la senti soffrire non solo per il fatto che sei legata da molto tempo, ma anche perché probabilmente è slogata.
    Ayla, tu invece senti un odore ferroso, che ti colpisce il naso, lo senti vicino. Non puoi vederlo ma sulla tua scapola destra c'è un taglio molto profondo che non è stato ricucito ed è fresco, probabilmente è stato fatto da qualche ora.
    Elisabeth, tu non stai messa meglio. Senti sul fianco qualcosa che ti procura molto dolore, brucia e vorresti toccarla per cercare di alleviare quello che è una bruciatura.
    Lilith... tu ricordi un volto, il volto x di un uomo, sopra di te, che ti fa male, molto male. Non è solo un male fisico, è un male psicologico anche, che sai che non si toglierà per un po'.
    Senti le tue parti più intime scottare, bruciare, darti fastidio, tanto che ti porta a stringere le gambe, con il timore che lui possa tornare.

    Siete sveglie, immobilizzate e ferite.
    Non sapete se fuori è giorno o notte, sapete solo che al momento, non si sa per quanto, siete ancora vive.
    Buongiorno principesse.
    E' arrivato questo momento anche per voi, mie dolci bambine.
    Non dovete fare altro che giocarvi il risveglio, fino a quando non interverrò di nuovo io.
    Ci saranno le stesse regole che hanno gli altri questanti, per ora, il vostro sarà solo un momento "passivo" e molto introspettivo.
    Mi aspetto grandi cose da voi.

    Veniamo alle regole:
    TEMPI E SCADENZE.

    1. PROROGHE SCADENZE: per ogni partecipante ci sarà la possibilità di chiedere DUE (2) proroghe all'interno di tutta la quest, che potranno essere di 24 o 48 h, non più, non meno. Ogni player che la chiede per sé, permette a chi fa parte del proprio gruppo di usufruire di quel prolungamento.
      Esempio: Blake chiede una proroga di 48h per postare, Mia ottiene la stessa proroga, senza consumare una delle sue.

    2. TEMPI DI RISPOSTA: vanno rispettati assolutamente. Qualora non potrete rispondere nelle scadenze stabilite, allora è bene comunicarlo. Quando non verranno rispettati i tempi di risposta, vi saranno malus, che - in base alla "gravità" saranno più o meno alti.

    3. TEMPI DI SCADENZA: potrebbero essere uguali per tutti i gruppi o diversi, qualora verreste divisi in gruppo, dipende tutto da come gestirete la vostra ambientazione.

    4. SCADENZA POST: dove trovate la scadenza dei vostri turni? In alto, dove c'è l'immagine della foresta, troverete una grande freccia, se passate il mouse, avrete le informazioni che cercate.
      <li>TEMPI MASTER: prenderò lo stesso tempo che avrete voi per rispondere. Se a voi concedo 2 giorni, dal mio post, allora io avrò due giorni dal vostro post. Cercherò di rispondere il prima possibile, anche e - soprattutto - con esiti rapidi per ogni gruppo.
      Quando non potrò rispettare questi tempi, verrete avvisati e - se necessario - sarà prolungato anche il vostro tempo per rispondere.

    5. ESAURIMENTO PROROGHE: eh... finite le proroghe, dovrete star stretti con i tempi che detterò. Verranno concesse proroghe esclusive solo ed esclusivamente per motivazioni serie e comunicate anticipatamente.

    Proroghe Disponibili :


    1. PG1: X;

    COMUNICAZIONI CON IL MASTER

    1. Viste le precedenti esperienze, vi chiederei di postare dubbi e domande o richieste, solo ed esclusivamente nell'apposito post che verrà aperto in bacheca [qui], in quanto per motivi off non potrò star sempre dietro il telefono per rispondere ai vostri messaggi. Messaggi che potrei, tra le altre cose, perdere.

    2. Si chiede gentilmente di inserire, sotto ogni post, lo spoiler con un breve riassunto dell'azione eseguita e il Link alle statistiche del proprio personaggio, oltre quello descritto nel regolamento per le azioni e il masteraggio.

    3. È fatto divieto di modificare il post una volta inviato.

    COERENZA E AMBIENTAZIONE
    <ol>
  2. Tenere conto dell'ambientazione che vi è stata data, rimanendo della coerenza di questa e del pg stesso, in base al carattere e al suo modo di essere.

  3. Lettura del post del fato: è importante che non ignorate quello che lo Snaso scriverà. Eventuali post dove si evincerà che l'esito non è stato letto e/o ignorato, non saranno valutati o saranno applicati dei malus durante la quest.

  4. Siate sempre coerenti con il vostro pg. Esempio: se è uno molto impulsivo che si butterebbe nel fuoco per farsi un bagno caldo, seguite il suo impulso e il suo istinto.

  5. <li>BUONA RIUSCITA DEL VOSTRO POST: verrà valutata la coerenza, l'aderenza all'ambientazione e all'esito letto, nonché la buona stesura del post, oltre che le regole fondamentali che trovate qui e che potrete ripetere quante volte volete.
     
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    Theresa van Aalter ( ▲ Scheda |▼Stat ) - 16 anni -Lycan - Ametrin - I Anno
    «Being brave means knowing that when you fail, you don't fail forever.» - Lana Del Rey
    Le palpebre erano incollate agli occhi, con estrema fatica a forza di batterlì di riflesso poco a poco si staccarono dalla sclera e bruciarono come mai. Tutto vorticava ed era sfocato nel pieno buio ai cui occhi non erano abituati, aveva un senso di nausea forte eppure sentiva dei crampi allo stomaco allucinanti, la lingua era secca come se avesse ingoiato un maglione di lana, le labbra screpolate, distrutte da diverse spaccature, la prima cosa che avvertì e fu proprio quello che la svegliò, era il lancinante dolore alla gamba. La caviglia era gonfia come un pallone e tumefatta e come se non bastasse a torturare quello stesso gonfiore pulsante era la presenza del ceppo a cui erano stati legati i suoi arti, difatti si estendeva oltre di esso, deformatosi a causa di quello pur di sfogare l'infiammazione. Il suo corpo tremava, scosso dai mille tormenti del freddo che spirava in quella maledetta grotta, i denti non smettevano di battere e ad essi, crampi e dolori atroci le investivano il resto del corpo, pieno di tagli ed escoriazioni, per fortuna molto più superficiali rispetto a quelli che avevano le sue compagne. Provò appena a muovere i tendini del piede ed incontrò un dolore pungente e straziante che si irradiò per tutta la gamba, costringendola a lamentarsi e a mugolare semi soffocata, per poi incominciare a singhiozzare per quello stesso. Fu un lamento continuo il singhiozzare disperato di Theresa, una Theresa che le sue compagne di Accademia avrebbero potuto non riconoscere affatto. L'odore pungente di piscio. sterco, sangue ed altre cose che non fu in grado di riconoscere le investirono immediatamente le narici, era un tanfo insopportabile, forse proprio per quello aveva l’istinto di liberarsi dai conati di vomito. Ormai le dita appese ai ceppi in alto erano talmente violette che il sangue stava faticando a fluire da un bel po’, facevano talmente male da renderla impossibilitata a qualsiasi movimento ed inoltre i graffi ed i segni consumati a polsi e caviglie le bruciavano, non ce la faceva più a sopportarli. Era ferita ma oltre che fisicamente, anche nell’orgoglio poiché non appena mise a fuoco attorno a se per guardare le altre si accorse che le loro condizioni potevano dirsi anche peggiori delle sue. Ayla era quella più vicina a lei, con un profondo squarcio dove la carne viva ancora si intravedeva, nuda, come tutte le altre di cui ne intravedeva giusto i profili, ma anche torcere il collo era divenuto qualcosa di infattibilmente doloroso per cui rimase con la testa molle e gli arti appesi a penzoloni a singhiozzare e a lamentarsi senza più fiato ne voce, angosciata, smarrita e spaventata da tutto quello che stava accadendo loro. Fa che sia un sogno, ti prego! Che sia ancora solamente la prova di Brian e l’indomani possa risvegliarmi e ritrovarle in classe sorridenti come se niente di tutto questo fosse mai accaduto. Ti prego! Ma nessun dolore era più tangibile di quello e della vergogna e dell’umiliazione provata per esser stata messa a nudo e resa innocua e vulnerabile, si sentiva mutilata, quella parte d’orgoglio e di coraggio era stata soppiantata dai sensi di colpa che provava per essersi ritrovata lì e non essere riuscita a proteggere le altre ragazze. Jesse-… Starà bene? O-oddio! E Nikolai?! Qualcosa si ruppe dentro di lei. Com’è possibile che sono tutte qui e in quelle condizioni? Oddio-… Devo fare qualcosa, devo… “Aaaarghhh! Nfh-… sniff sniff-… Nghhhh-…” Si impose di muovere appena l’arto gonfio per quanto questi le costasse un dolore ed una fatica tremenda, urlando poi straziatamente con la voce arrochita, fu un gorgoglio gutturale che terminò come un guaito di dolore, sentendo raschiare fastidiosamente tutte le corde vocali. Tess non era in grado di fare un bel niente, era stata letteralmente messa spalle al muro e adesso frignava come una ragazzina, sentendosi una completa incapace per via dello stato in cui versava il suo corpo. Non avrebbe potuto proteggere nessuno anche se avrebbe trovato un modo di liberarsi, con il piede ridotto così gonfia sarebbe stata solo un peso morto per loro ed avrebbe dovuto strisciare, graffiandosi tutta la pancia e spaccandosi le unghie fino alla fine di quel maledettissimo cunicolo dimenticato persino da Dio per riuscire ad intravedere un po’ di luce. Ma la possibilità che vi riuscisse, quante erano? In che modo sarebbe stata utile all’aiutarle e al proteggerle? “Sniff sniff-… Sniff sniff! M-Mi fa male… Troppo m-male… E’ troppo.” Non ce la faccio più...Bisbigliò a denti stretti e si riaccasciò con la testolina castana inerte e debole, i cui capelli erano intrisi in un groviglio puzzolente composto da sudore, sporco polvere e sangue rappreso. Il senso di lercio fu una di quelle sensazioni orribili che si sarebbe portata con se per sempre se avesse continuato a vivere, non se ne sarebbe andato via neppure dopo innumerevoli docce. Annichilita, distrutta e torturata fin nel midollo della sua anima, le sue compagne avrebbero potuto notare come di quell’ametrina non fosse rimasta ormai che l’ombra. Tess sembrava essere completamente andata. Rotta a giudicare da come quella permanenza lì l’avesse lentamente consumata nel corpo e nell'anima.
    Hear me scream, feel my rage, RevelioGDR.


    Edited by Annie-Macrae Welsh - 23/10/2019, 17:45
     
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    Ayla Holmes
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    Nikolai... Fu il suo primo pensiero quando si svegliò, anche quella volta. Aprire gli occhi diventava ogni volta più difficile, anche se la luce in quella grotta era poca gli occhi le bruciarono in modo insopportabile.
    Ormai non faceva altro che dormire la maggior parte del tempo, in fondo non aveva molta scelta lì, in quelle condizioni. Ricordava ancora il momento in cui si era svegliata lì la prima volta, non ricordava bene come ci fosse arrivata, ma non appena si era ritrovata lì, sola, al freddo e al buio, nuda e incatenata, totalmente inerme, aveva provato un terribile senso di panico e di paura.
    Non aveva potuto gridare, perché imbavagliata, e l'ultimo ricordo che aveva era solo quello del volto di Nikolai, senza ricordarne il perché. Aveva cercato di calmarsi e di pensare lucidamente, anche se con pochi risultati. Ciò che più le dava fastidio era non ricordare perché si trovava lì, ma se provava a ripensarci, anche in quei casi non poteva che ripensare a Nikolai e la assaliva un senso di preoccupazione. Forse erano insieme quando lei era stata portata lì, ma lui non era lì con lei... stava bene? Sperava vivamente di si... era un ragazzo un po' strano ma molto gentile e simpatico, alla fine.
    Si era riaddormentata senza accorgersene, pensando che, se Nikolai sapeva della sua scomparsa, sicuramente aveva già avvertito gli altri e la stavano cercando.
    Non sapeva quanto Theresa fosse arrivata, lì dentro era difficile capire quanto tempo fosse passato, se fosse giorno o sera, se fossero passate solo poche ore o intere giornate. Se da un lato era sollevata di non essere più da sola, dall'altro era molto preoccupata per la compagna. Non avevano avuto modo di conoscersi bene, Theresa era troppo diversa da lei perché Ayla potesse trovare facilmente il coraggio di avvicinarla. La cosa che più la preoccupava, però, era l'idea che qualcuno avesse preso di mira i ragazzi della scuola, e che anche gli altri potevano essere in pericolo.
    Quando aveva visto Lilith imprigionata accanto a lei, l'angoscia non aveva fatto altro che aumentare. Più che per sé stessa era preoccupata per la prefetta, oltre che per Theresa, e così era stato per tutto il primo periodo di prigionia ma in seguito le cose erano cambiate. Più il tempo passava, più Ayla iniziava a temere per la propria vita. Era sicura che prima o poi sarebbe impazzita lì dentro, il freddo era insopportabile, così come il suono di gocce d'acqua che ogni tanto cadevano, che ad un certo punto diventava irritante e snervante, e le ferite che spesso si ritrovava addosso quando si svegliava facevano male, molto male.
    Quando si svegliò quel giorno, fu a causa di alcuni rumori che provenivano dalla sua destra. Si voltò leggermente e vide Theresa intenta a cercare di liberarsi dalle catene. Se non fosse stato per la situazione, le sarebbe venuto da ridere: era tipico di Theresa, decisamente. Mentre lei, non ci aveva neanche provato, sicura che se lo avesse fatto, chiunque l'aveva rinchiusa lì le avrebbe fatto del male. Quella volta non era imbavagliata, ma aveva la bocca e la gola così secche da fare fatica a parlare, e le labbra erano completamente spaccate, tant'è vero che quando provò a chiamare Tess per calmarla, sentì subito il sangue bagnarle le labbra. Ora che ci faceva caso, l'odore ferroso del sangue era parecchio forte e provava un forte dolore alla scapola destra. Due grosse lacrime le scesero dagli occhi.
    Aveva freddo, aveva fame e sete, e provava dolore ovunque. Voleva solo tornare a casa, rivedere sua madre, suo fratello, e i suoi compagni. Come spesso le capitava ultimamente, ripensò ai giorni passati. Quanto tempo sprecato a cercare di evitare il prossimo, da sola, a leggere, a studiare, o a giocare ai videogiochi quando avrebbe potuto vivere davvero, farsi degli amici come ogni adolescente normale...
    Ripensò al discorso che aveva avuto tempo prima con Blake a Denrise.
    Hai una cotta per qualcuno? Le aveva chiesto.
    Una risatina amara uscì dalle sue labbra, facendole bruciare la gola e pulsare le ferite. Ai tempi lo aveva considerato un argomento stupido, ma ora si rendeva conto di quanto le sarebbe piaciuto incontrare qualcuno di speciale, provare ciò che Blake e Lilith provavano l'uno per l'altro.
    Ci sono così tante cose che voglio ancora fare... che devo ancora fare... Un singhiozzo la scosse provocandole fitte e dolori ovunque. Chissà se era già giunto Halloween... per la prima volta aveva deciso di festeggiarlo con gli altri suoi compagni, suo fratello le aveva anche spedito un bellissimo costume. Stava lì, in camera sua, in una scatola, sotto al letto... Non vedeva l'ora di indossarlo...
    Non può finire così... non può... La cosa che più la faceva soffrire in quel momento, però, era la consapevolezza di non avere la forza né la voglia di sostenere le sue compagne in difficoltà.
    Parlato - Pensato - Ascoltato | Scheda | Stat.
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    lilith clarke
    «Immagino sia stupido raccontarti la storia dell’ape e del fiore, giusto Lilly?» la voce atona della madre risuonò nella stanza. Era da un po’ che era in piedi davanti alla porta, quasi come se stesse cercando di non valicare un limite che si era autoimposta.
    A Lilith sarebbe piaciuto avere da lei quella dolcezza che riceveva dalla sua figura paterna, ma la madre era cresciuta con la consapevolezza di essere una futura capo famiglia e non poteva lasciarsi andare a dolcezze e smancerie.
    Lei aveva il duro compito di insegnare a Lilith come sarebbe andata la sua vita, d’ora in avanti e, per quanto i gemelli avessero qualche anno in più di lei e cercavano di spiegarle che non è sempre così, la riccia aveva deciso che la madre sarebbe stato il modello che lei avrebbe seguito, fino alla fine dei suoi giorni.
    Erano giunti di dodici anni e la piccola Clarke aveva un mucchio di domande sul mondo, soprattutto sui sentimenti e le emozioni, quello erano un universo che per la piccola era ancora inesplorato, alla quale si stava affacciando ancora adesso senza avere alcuna idea di quanto sarebbe potuta andare.
    Aveva mille domande sull’amore e sull’amarsi, avrebbe potuto farle a chiunque, qualche docente di Hogwarts, per esempio, evitando quella brutta situazione di imbarazzo, ma l’era stato insegnato che in famiglia ci si aiutava e anche nelle situazioni e nelle domande scomode, si poteva contare l’uno sull’altro.
    I gemelli erano fuori discussione, Lilith aveva con loro un rapporto troppo forte e non poteva rovinarlo con quell’imbarazzo che probabilmente li avrebbe allontanati, loro che invece erano entrati a pié pari nella vita sentimentale, come qualsiasi altro adolescente.
    Il padre non aveva il compito di occuparsi della sua educazione, quindi era fuori discussione domanda a lui una cosa tanto importante e delicata, che avrebbe messo le basi del rapporto con l’altro.
    Rimaneva Vivyan.
    E lei era lì, non si tirava indietro su alcun quesito, aveva sempre la risposta pronta, come se fosse lei stessa la risposta a tutto.
    «Hm-hm» la testa ricciolina di Lilith si mosse a destra e sinistra, cercando di stringere gli occhi, ancora imbarazzati per la domanda che aveva posto alla mamma «Voglio sapere la verità…»
    Vivyan non sospirò, come se si aspettasse da Lilith quella risposta. Era fiera di come sua figlia stesse crescendo, seppur non aveva mai avuto alcuna parola dolce verso di lei.
    Rimase dritta, austera e perfetta come sempre era stata «Come immaginavo.» prese un respiro, come se si stesse preparando a terminare l’ossigeno con quello che avrebbe raccontato alla piccola, quindi socchiuse per un breve istante gli occhi, dello stesso colore della figlia, poi iniziò «Si può chiamare sesso o amore, Lily. E’ il puro soddisfacimento fisico che un uomo e una donna possano avere. Solitamente il confine tra l’uno e l’altro è sottile. Il trasporto emotivo è la differenza.» non aveva parole meno tecniche, il lessico che usava con la figlia era sempre ricercato, perché credeva che lei dovesse ben padroneggiare la lingua, partendo proprio dalla scelta di parole in un registro ben scelto.
    Lilith inclinò il capo e la guardò, seguendo ogni singolo fiato «E’ la penetrazione di un corpo, il femminile, ad opera di quello maschile.» non andò nei particolari, spiegò solo cosa fosse, non come realmente venivano creati quei mocciosetti che strillavano dopo nove mesi che avevano gonfiato come un palloncino la pancia di una donna.
    La madre fece per voltarsi ed uscire dalla stanza della bambina, Lilith non era soddisfatta, però e voleva ancora delle risposte «Aspetta mamma!» si sporse col busto verso di lei, come a voler spingere ancora più fuori la sua vocina, ma non si sollevò dal letto su cui era seduta a gambe incrociate «Come fai a sapere se è amore o… sesso?» quella parola era così strana e imbarazzante.
    In quel momento, Vivyan, probabilmente ebbe un attimo di debolezza, sussultò leggermente, calò lo sguardo, senza che Lilith potesse vedere il suo volto, quindi schiuse le labbra e rispose «Quando senti che l’altro non è solo oggetto del tuo puro piacere fisico, ma riesci a sentirti appagata anche solo guardando il suo sorriso ogni mattina.»


    Freddo.
    Sentiva il freddo arrivarle fin dentro le ossa.
    Non sembrava smettere di infrangersi sulla sua pelle.
    Era nuda, lo sentiva. Riconosceva ancora perfettamente quando il suo corpo era nudo.
    Forse era l’unica cosa che ancora riconosceva, perché del resto, si sentiva vuota.
    C’era qualcosa che faceva più male di quel freddo, qualcosa che le bruciava dentro. Ogni parete del suo organismo sentiva che stava cedendo, come se avesse smesso di lottare, come se si fosse ormai assuefatta a tutto quel dolore.
    Non avrebbe potuto lottare più, non avrebbe potuto opporre resistenza.
    Ci aveva provato? Forse una volta, la prima.
    E poi?
    Non era servito a niente, l’aveva solo resa ancora più vulnerabile, facendole pagare il resto di quella tortura.
    Da quanto tempo era lì?
    Non lo sapeva nemmeno e probabilmente non le interessava nemmeno più.
    Aveva gli occhi chiusi, erano troppo pesanti per essere aperti.
    Ma lei voleva vedere, voleva guardare.
    Voleva imprimere nella testa ogni singolo attimo di quello strazio che stava vivendo.
    Un lamento, un urlo, dolore.
    Non era sola.
    «Chi c’è!»
    Quel pensiero le percorse la schiena, tanto da farle quasi paura.
    Non essere sola significava che lui era tornato?
    Di rimando, istintivamente, strinse le gambe tra loro. Farlo le procurò del bruciore.
    Ancora urla di dolore.
    Non era lui, era la voce di una donna.
    Aprì gli occhi con forza, la prima cosa che vide fu la fiamma traballante della candela, voleva sollevare il capo, ma non ne aveva le forze.
    Ci provò, ma nulla.
    Tra le gambe c’era del sangue secco, sporco, che si era asciugato.
    Era lì a ricordarle cosa fosse successo.
    Chiuse nuovamente gli occhi, forse il buio era un posto migliore.
    Poi quel volto, arrivò…
    Un tremore, un pianto secco e arido sulle sue guance.
    Quegli occhi…

    «…tre giorni senza baci, che ne dici?...» sorrideva, la Prefetta, a quell’angolo di quel corridoio, tra le braccia che l’avevano tenuta al sicuro per tutto quel tempo.
    Blake, i suoi occhi cerulei a guardarla, quel brillio che li accomunava ogni volta che si scambiavano anche solo un sorriso.
    Erano spensierati.
    Ricordava ancora le sue labbra: il sapore, la dolcezza, la morbidezza. Aveva voglia di sfiorare ancora la sua pelle. Lo avrebbe mai rivisto?
    Erano spensierati, quel giorno.
    Sembrava quasi che nulla potesse rovinare quel momento. Nemmeno quella sigaretta fumata violando quel regolamento che lei faceva rispettare virgola per virgola.
    Come si erano trovati a star insieme era ancora un mistero ai molti, ma loro sapevano che adesso nessuno li avrebbe separati.
    «I tuoi problemi, diventeranno anche i miei.» quelle parole che si erano dette, quelle frasi che avevano il loro posto nel mondo, che aleggiavano quasi a corollario di quella storia d’amore che non aveva eguali.
    Il calore delle braccia dell’Opale era un posto sicuro, un luogo dove potersi rifugiare, guardando quel sorriso che esplodeva all’improvviso, senza una ragione certa, anche solo perché erano insieme.
    «Sarò tua… per sempre…» quelle parole, erano stata una promessa suggellata quando la decisione presa un anno prima, adesso non aveva più limite alcuno.
    Era cresciuta con l’idea che il sesso era solo un’effimera sensazione di piacere, che sarebbe svanita da lì a poco, per questo non si era mai frenata a voglie e desideri e Blake nemmeno.
    Tuttavia, quando su quella poltrona si erano incontrato di nuovo, in Lilith era scattato qualcosa.
    Una promessa che si erano mantenuti a vicenda «Non ora, non adesso…» avevano mantenuto quella parola data, Blake lo aveva fatto.
    Lei aveva solo bisogno di fidarsi di lui, per questo non voleva essere «… una delle tante…» lei voleva essere la sola e l’unica, voleva che dopo di lei non ci fosse nessun altro.
    Voleva fare l’amore con lui e guardalo nel mentre, stampando nella sua testa l’immagine di quel volto, che il mattino dopo non sarebbe svanito, che avrebbe potuto svegliare con un bacio e godersi il calore del suo corpo nelle fredde nottate d’inverno.
    Dov’era?...


    Quel volto era cattivo.
    Non avrebbe mai potuto dimenticarlo.
    Ogni singola espressione, voleva che lo guardasse, voleva essere ammirato in tutta la sua bestialità.
    La riccia sentiva ancora le sue dita ruvide sulla pelle, sul mento quando glielo teneva fermo per farsi osservare, mentre con l’altra apriva le sue cosce e senza alcuna delicatezza entrava in quel corpicino che cercava di resistere.
    Piangeva.
    Ogni botta, piangeva.
    Non c’erano più lacrime per descrivere quanto potesse farle male: non era un dolore solo fisico, era un dolore mentale, psicologico… quanto avrebbe retto ancora?
    «Guardami…» un colpo «… perché questo…» ancora uno «… sarà l’ultimo volto …» e ancora «… che vedrai» più forte ancora, più di tutti gli altri precedenti.
    E quel ghigno, la puzza del suo alito sulla sua pelle, le dita forti che la stringevano, che le violavano ogni minimo centimetro di pelle.
    Anche ora stava piangendo, solo ricordando quella scena, solo cercando di dimenticarsi quante volte fosse successo.
    «Sono sporca…» la sua mente continuava a ripeterglielo, quasi come ad incolparla di aver fatto qualcosa di così sbagliato che non avrebbe potuto lavarlo più via.
    «Sono sporca…» era quella continua sensazione di essere sbagliata, di non avere più la possibilità di rimediare, di aver rovinato tutto.
    «Non mi vorrà più…» l’idea che la colpevolizzava si estendeva agli altri, al suo pensiero fisso, a quello che non aveva mai smesso di avere da quando era iniziato quell’incubo.
    «Blake… io… non volevo…» una supplica che continuava a far sgorgare lacrime calde, pesanti che bruciavano così come la gola, così come il suo intimo.
    «Perdonami…» un perdono silenzioso, che probabilmente non sarebbe mai arrivato al destinatario.
    «Io… io ti amo… Blake…» era riuscita a pensarlo, per la prima volta lo aveva messo giù come pensiero lineare. Un conto era dire che fosse innamorata, un conto era amare.
    E fu con quel pensiero che chiuse di nuovo gli occhi, il respiro era lento, non aveva voglia di spendere aria.
    Piangeva, sentiva le gocce scivolarle sul corpo, ma non sarebbe bastato a ripulirle tutto.
    Si sentiva sporca.
    Era... rotta.
    «Blake…»

    code made by @zacharys


    Le parti in corsivo sono ricordi.
     
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    Elisabeth Lynch
    Prefetto | Black Opal | II anno
    Dolore. Fu il dolore a svegliarla. Lancinante, continuo, costante. Ne era così stordita da non riuscire ad individuarne la fonte. I muscoli le bruciavano come quando era tornata ad allenarsi duramente, una volta entrata nella squadra dei Black Opal. No, era peggio. All'altezza del fianco destro avvertiva una strana sensazione di calore, intenso, bruciante e... urticante. Voleva davvero prudersi, per cercare di alleviare quella sgradevole sensazione che andava a sommarsi a tutti gli altri dolori sparsi. Voleva davvero farlo, ma persino provare a sollevare le palpebre era difficile, figurarsi muovere un braccio.

    Perse di nuovo il contatto con il mondo. Immagini confuse vennero proiettate su quello schermo fatto di carne umana. Bianco e nero erano i colori predominanti ad eccezione di una sfumatura di azzurro, con una punta di verde. Erano occhi. Occhi spenti, angosciati, disperati. Occhi che sembravano chiederle di non andar via, di trattenerla con sé. J... Non sapeva se quel suono fosse effettivamente uscito da quelle labbra schiuse, spaccate in vari punti e che anche nel pronunciare quella singola consonante, nel tendersi le avevano causato un fastidio lancinante. Una fitta che aveva acuito quell'azzurro, rendendo quello sguardo ancor più melanconico e melodrammatico. Non sapeva se stava sognando, se era invece sveglia e se era ancora in quel mondo.
    Non ricordava nulla, se non quegli occhi che l'avevano tenuta compagnia nei piccoli e brevi momenti di lucidità, insieme a quel nome che difficilmente sarebbe riuscita a dimenticare: Jughead. Perché come poteva dimenticare un ragazzo che aveva rubato il suo primo bacio?
    Deglutì. O almeno ci provò. Non c'era nulla da mandar giù se non un'aria umida, puzzolente e stagnante, perché di saliva la sua bocca sembrava aver dimenticato come si producesse. La lingua era adagiata su quel palato arido come il deserto che non vedeva pioggia da innumerevoli decenni.
    Ma se la sua bocca e il suo fianco erano brucianti, la restante parte del corpo era stata invece messa a dura prova dal... freddo? Cosa diamine non stava andando? Cosa stava succedendo?
    Avanti... apri gli occhi... Provò ad incoraggiarsi, dando l'imput al suo cervello di risollevare le palpebre ma quelle sembravano pesare macigni, con le ciglia inferiori e superiori strette in una rete, in nodi che le sembravano difficili da sciogliere. Forza, ce la puoi fare... Ma per quanto cercava di spronarsi non ce la faceva e quel semplice movimento che aveva compiuto per un'infinità di volte era difficile, più di quando aveva sollevato, spostato e lucidato innumerevoli manici di scopa. Non ce la faceva. Era troppo per lei. Devo solo recuperare le forze... tra due minuti...

    Ma quanto tempo era effettivamente passato? Per quel che poteva saperne poteva essere un solo giro di lancette lunghe o un intero giro di calendario. Il tempo sembrava scivolarle tra le dita, come sabbia inafferrabile, e aveva perso la cognizione sul luogo dove si trovasse. L'unica cosa certa era il dolore bruciante sul fianco. Un dolore intenso su cui avrebbe voluto posare una di quelle confezioni miracolose babbane che conteneva tanti cubetti di ghiaccio, in egual misura, insieme a poter sentire il familiare incontro delle unghie sulla sua epidermide quando una zanzara osava pungerla o qualcosa le procurasse dell'orticaria. Solo che non riusciva a percepire del tutto le sue dita. Era convinta di muoverle, ma come quando nelle giornate più fredde dell'inverno, il vento imperava, le sentiva lontane, quasi distaccate, simili a piccoli e lunghi ghiacciolini. Dov'erano le tasche calde del suo cappotto? E i guanti morbidi di lana che le rendevano i movimenti un po' impacciati? Non se ne separava mai, li aveva sempre con sé. Freddo... freddo... La testa ciondoloni sul petto sfregò con il mento sulla pelle nuda. Un movimento lento, con la paura di disperdere le poche energie che sentiva, ma per quanto si fosse mosso verso sinistra non aveva mai incontrato l'opposizione del colletto della camicia o del profilo di un maglione. Nulla. Se non la sua pelle fredda. S-so... Le bruciava la gola. Quella semplice sillaba graffiò le sue corde vocali come artigli. Eppure, con la sua voce, voleva solo esternare quella terribile scoperta: era nuda. Perché quella sensazione provata sulla porzione di pelle tra collo e seno era fredda e sentiva la stessa leggerezza, o meglio assenza, su ogni parte del suo corpo.

    Non perderti... Provò, ancora una volta, ad incoraggiarsi, cercando di non ricadere nuovamente nelle braccia dell'oblio tentatore, in un mondo dove il dolore costante non esisteva. Doveva esser forte, cercare di resistere a quella tentazione invitante e provare ad aggiungere un altro tassello alle informazioni che ormai possedeva: dolore, calore, prurito ed il fatto di essere completamente nuda, insieme alla difficoltà di parlare. Parlare a chi poi, che non vedeva nulla? E non perché fosse entrata nella combriccola dei non vedenti, quanto perché aprire le sue finestre sul mondo era ancora difficile, come se il suo subconscio la inducesse a non farlo davvero, legandola al buio rassicurante di sé.
    Come mani che scostavano veli, un senso si fece strada tra tutti quegli stimoli continui che riceveva: l'olfatto. Provò ad allargare le narici, cercando di concentrarsi solo sugli odori che poteva percepire. Terra, erba, stantio, puzza di calzini dopo una maratona e... ammoniaca? Il capo ebbe un sussulto, nel breve momento in cui era stato sollevato, ma quell'odore era inconfondibile: odore di urina stagnante. Era pregnante e pungente, come un pugno in quello stomaco tristemente vuoto. Se solo qualcosa ci fosse stato nel suo organo, avrebbe rovesciato l'intero contenuto.
    Forse era meglio non fare quel tentativo...
    Le restavano ancora due sensi: vista ed udito, dato che con la bocca così asciutta percepire qualcosa con il gusto era pressoché impossibile da metter alla prova.
    Ascolta...
    Un buco nell'acqua, un'eco tra i monti. Oltre al suo respiro, sentiva, non sempre, un rumore metallico, lontano da quello abituale del Bolide, eppure così simile... come l'incudine che si scontrava col martello, o la sua mazza di ferro con la palla infernale. Poteva esser di tutto: dalle chiavi antiche e pesanti a catene.
    Ma sentire... non era affine solo all'udito, ma anche al percepire tattile. Era certa di come lungo la sua schiena non ci fosse alcuna superficie, né morbida, né dura, e di come lo stesso fosse assente sul suo lato a e sui fianchi. Tese i pollici dei piedi, cercando di tastare il terreno, ma il terreno non c'era... non almeno sotto la pianta del piede e neanche sotto gli alluci, se non nel piccolo lembo sotto l'unghia, come quando muoveva su e giù la gamba, accavallata sull'altra, facendo sfregare la punta sul suolo. Salame... Se solo ne avesse avuto la forza si sarebbe lasciata andare ad una forte risata isterica, perché era un panino con il salame tutto quello che voleva, prima di risvegliarsi lì, stordita e dolorante. Sono appesa come un salame.
    Delirio, follia, isteria erano solo meccanismi di difesa di una mente provata. Una mente ancora giovane come la sua che si sentiva smarrita. Forse è meglio che mi riposi ancora un po'...

    Non dire cazzate, Lynch. La voce ruvida di Lucas fu come uno schiaffo sul suo volto, capace di darle una scarica, come quando i paramedici babbani cercavano di rianimare sul posto un moribondo con una bassa carica elettrica.
    N-no... Un lamento strascicato, simile ad una preghiera. Voleva solo esser lasciata andare, cadere nel vuoto.
    Non sei una mammoletta, apri gli occhi Lynch! Un tono imperioso, probabilmente dettato dai suoi deliri, perché con lei non aveva mai usato quella sfumatura di voce.
    N-no, J-j... Mosse la testa, verso destra, lasciando scontrare l'orecchio contro... al posto della spalla dritta trovò il suo braccio. Ecco perché non avvertiva benissimo il flusso sanguigno alle dita! Era perché entrambe le braccia erano legate per i polsi sopra la sua testa. T-ti p-p-pr...
    Apri gli occhi, Liz, apri gli occhi. Devi salvarti prima tu, se no io non so come salvarti. Il tono divenne implorante, come gli occhi sul suo viso angosciato che continuava a tormentarla.
    N-no, n-no n-non pos- Erano forse lacrime quelle che scorrevano sul suo viso?
    Aprili!
    NO!

    Non ancora...



    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato" | Scheda | Stat.
    by Lance
     
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    Non è facile per voi.
    Sicuramente non lo è nemmeno per chi sta combattendo la barriera, per buttarla giù e venirvi a cercare, ma per voi - è sicuramente qualcosa di diverso.
    Per voi ci sono ferite che non sono facilmente curabili, quelle che non si vedono, sono quelle più pericolose, quelle più pesanti.
    Ognuno di voi ha un solco profondo, ognuno di voi sente dei dolori che vorrebbe non sentire, dolori che alla vostra età non dovrebbero nemmeno essere conosciuti.
    E' chiaro che non ve la passiate assolutamente bene.
    Alcune di voi hanno addirittura provato a trovare la forza di riaprire gli occhi.
    Non tutte ci sono riuscite, chi c'è riuscito vorrebbe tenerli chiusi ancora, perché il malessere è troppo.

    Elisabeth, tu sei una di queste.
    Senti la voce di Lucas che ti chiede di riaprire gli occhi, la senti sempre più forte dentro di te, adesso. Ma quella stessa voce, adesso, inizia ad assumere delle tonalità diverse, non più di supplica, non più di incoraggiamento... di ansia, panico. Se ti concentri, potresti addirittura immaginare il suo volto e lo potresti immaginare mentre si guarda intorno, agitato.
    «Svegliati, Liz!!! Stanno arrivando!!» e quel suo modo di addolcire quelle tre lettere, nel chiamarti in quel modo, sembra essere diverso dal solito. C'è della paura nel suo tono, c'è dell'agitazione.
    Stanno arrivando.
    Chi, Elisabeth?
    Chi sta arrivando?

    Se riuscissi anche solo a concentrarti, sentiresti dei passi.
    Sono dei passi moderati, dovresti concentrarti troppo per sapere quante persone siano.
    Forse l'urlare di Theresa ci mette del suo, ma non è solo questo, non sei concentrata.
    Provaci Lynch.
    Se ti concentrassi riusciresti a sentirli avvicinarsi e oltre ai loro passi, li senti chiacchierare tra loro, li senti ridere e scherzare come se niente fosse.
    «Appena finisce tutta sta storia, ci andiamo a bere qualcosa di forte, ragazzi. Sono stanco come un cavallo da monta!» risate maschili, non si sentono voci femminili.
    «Ahahah, Igor, fai schifo! Comunque ora cerchiamo di sbrigarci, qua dentro puzza di merda!»
    Pacche sulle spalle, risate e ancora passi, sempre più vicini.

    Lilith. Tu riconosci quella voce.
    La senti e il terrore dentro di te sale sempre di più.
    Non vuoi che torni da te, non vuoi che ti tocchi.
    Le tue lacrime non serviranno a nulla, lo sai.

    Theresa, tu riesci a sentire le loro parole, anche. Il dolore ti fa arrabbiare molto.
    «Che cazzo urli, ragazzina!» è chiaro che si rivolga a te, Theresa.
    Sono arrivati nella vostra stessa stanza. Quelle voci adesso vi sembrano più familiari. a tutte. Ce ne sono tre che si avvicinano a voi, o meglio, si fanno sentire.
    Theresa, se dovessi riuscire a mettere a fuoco la sua figura, troveresti davanti un volto scarno, con la barbetta corta e non ben curata, dei capelli rossi spettinati. Ha una faccia annoiata, nel guardarti, come se non trovasse gusto ad averti ancora sotto le sue mani.
    [x]
    Ti stacca le catene che ti tenevano appesa, senza però liberarti i polsi, ti lascia cadere verso il basso, non senti ancora la circolazione funzionare bene nel tuo corpo.
    «Andiamo, su! E non fare casino che non ho proprio voglia di sentirti!» ti mette con veramente poca delicatezza in una gabbia, quindi ti senti trascinare verso l'uscita.

    Elisabeth, tu non senti nessuno avvicinarsi a te, eppure...
    Il fiato caldo sul tuo collo, come se fosse alle tue spalle, quello lo senti, vero?
    Lei è dietro di te. Riconosci l'odore aspro del suo fiato, come se mangiasse... benzina.
    Se dovessi trovare il coraggio di guardare con la coda dell'occhio verso l'odore di benzina, ti troveresti gli occhi con quella maschera fasciata, quel sorriso sadico e perverso che ti guarda.
    Prende il tuo volto, per il mento e si avvicina a te, ancora di più «Tic. Tac. Il tempo è finito, principessa. Andiamo su!» e anche tu vieni staccata e messa in una gabbia.
    Quella voce la riconosci e il flash che la tua mente ti ripropone, sono le fiamme che l'avvolgevano. O forse erano solo ferri incottati su un ardente focolare?
    No, non è solo questo. Sono le sue catene infuocate che girano a pochi centimetri davanti il tuo naso. Lei che ride, sadica e perversa.

    Ayla, tu invece, quando apri gli occhi, troverai davanti a te il volto paonazzo di un ragazzo cicciottello.
    I suoi capelli neri unti, la sua bocca sporca sempre di briciole.
    Ma dove lo hanno recuperato questo?
    Come puoi avere paura di lui?
    Eppure...
    Anche lui ti stacca e ti mette in una nuova stanza singola. Non ha dei buoni modi e se ne frega del fatto che tu sia ferita, perché... lui sa che sei ferita. E' stato lui, con quel pugnale che porta sempre con sé.
    Lo ricordi, piccola Ayla?
    Ha prima leccato la punta della sua lama, poi... la tua pelle, per renderla più morbida, diceva... e poi ha inciso.

    Lilith.
    Oh, mia piccola Lilith.
    Igor non si preoccupa minimamente dei modi e di mostrare il suo strano interesse verso di te.
    Quando entrano nella stanza, lui è già alle tue spalle e le sue mani sono sui tuoi seni, teneri, sodi.
    Li stringe e tu senti il dolore di quella stretta, i calli di quelle mani.
    Ride, lo senti, nel tuo orecchio.
    «Quasi quasi è un peccato sacrificarti, sai... saresti una buona madre per i miei figli.»
    E le sue mani scendono sul tuo corpo, non hai la forza di fare nulla, la senti che prepotente avanza e finisce sul tuo sedere nudo.
    Stringe anche quello, forte, poi si avvicina col suo corpo e lo senti.
    Non ha la stessa delicatezza che ha Blake nel toccarti, non ha la stessa dolcezza nel parlarti.
    Senti la sua presenza dietro e poi... la voce della donna che tossisce lo ferma.
    «Che palle, oh! Rovini sempre tutto... e se volevo farmi una famiglia? Chi sei tu per distruggere i miei sogni, Vyn? Io e questa stellina siamo una coppia ormai, dopo un mese di relazione, direi che possiamo ufficializzare, no?» il suo sarcasmo era forte, così come il suono della risata.
    Ti prende e ti sbatte nella gabbia, dandoti un'ultima toccata in mezzo alle gambe, mentre ti sposta.
    Il suo sguardo è soddisfatto, vuole che lo ricordi e lo sai...

    Siete tutt'e quattro chiuse in gabbie a maglia stretta, vi trasportano trascinandovi, quindi sentite tutti i fossi e le imperfezioni del terreno.
    Nella gabbia vi hanno lasciato degli stracci, probabilmente per coprirvi, ma sono comunque consunti e sporchi.
    Vi stanno trascinando per la foresta, ora che siete fuori dalla grotta, potete riconoscere gli alberi, il suono delle cascate. Gli occhi ci metteranno un po' a riprendersi dal buio alla quale erano stati abituati, tuttavia non troppo tempo, visto che il velo viola attutisce qualsivoglia luce forte.
    Dove vi stanno portando?
    Ognuno di loro, ha la vostra bacchetta da qualche parte, ma voi siete troppo deboli per fare qualsiasi cosa, anche recuperare quel bastoncino di legno.
    Non avete le forze per far altro che ... sopportare, come avete fatto per tutto il mese.

    REGOLE:


    TEMPI E SCADENZE.

    1. PROROGHE SCADENZE: per ogni partecipante ci sarà la possibilità di chiedere DUE (2) proroghe all'interno di tutta la quest, che potranno essere di 24 o 48 h, non più, non meno. Ogni player che la chiede per sé, permette a chi fa parte del proprio gruppo di usufruire di quel prolungamento.
      Esempio: Blake chiede una proroga di 48h per postare, Mia ottiene la stessa proroga, senza consumare una delle sue.

    2. TEMPI DI RISPOSTA: vanno rispettati assolutamente. Qualora non potrete rispondere nelle scadenze stabilite, allora è bene comunicarlo. Quando non verranno rispettati i tempi di risposta, vi saranno malus, che - in base alla "gravità" saranno più o meno alti.

    3. TEMPI DI SCADENZA: potrebbero essere uguali per tutti i gruppi o diversi, qualora verreste divisi in gruppo, dipende tutto da come gestirete la vostra ambientazione.

    4. SCADENZA POST: dove trovate la scadenza dei vostri turni? In alto, dove c'è l'immagine della foresta, troverete una grande freccia, se passate il mouse, avrete le informazioni che cercate.
      <li>TEMPI MASTER: prenderò lo stesso tempo che avrete voi per rispondere. Se a voi concedo 2 giorni, dal mio post, allora io avrò due giorni dal vostro post. Cercherò di rispondere il prima possibile, anche e - soprattutto - con esiti rapidi per ogni gruppo.
      Quando non potrò rispettare questi tempi, verrete avvisati e - se necessario - sarà prolungato anche il vostro tempo per rispondere.

    5. ESAURIMENTO PROROGHE: eh... finite le proroghe, dovrete star stretti con i tempi che detterò. Verranno concesse proroghe esclusive solo ed esclusivamente per motivazioni serie e comunicate anticipatamente.

    Proroghe Disponibili :


    1. Samuel: 1;

    COMUNICAZIONI CON IL MASTER

    1. Viste le precedenti esperienze, vi chiederei di postare dubbi e domande o richieste, solo ed esclusivamente nell'apposito post che verrà aperto in bacheca [qui], in quanto per motivi off non potrò star sempre dietro il telefono per rispondere ai vostri messaggi. Messaggi che potrei, tra le altre cose, perdere.

    2. Si chiede gentilmente di inserire, sotto ogni post, lo spoiler con un breve riassunto dell'azione eseguita e il Link alle statistiche del proprio personaggio, oltre quello descritto nel regolamento per le azioni e il masteraggio.

    3. È fatto divieto di modificare il post una volta inviato.

    COERENZA E AMBIENTAZIONE

    1. Tenere conto dell'ambientazione che vi è stata data, rimanendo della coerenza di questa e del pg stesso, in base al carattere e al suo modo di essere.

    2. Lettura del post del fato: è importante che non ignorate quello che lo Snaso scriverà. Eventuali post dove si evincerà che l'esito non è stato letto e/o ignorato, non saranno valutati o saranno applicati dei malus durante la quest.

    3. Siate sempre coerenti con il vostro pg. Esempio: se è uno molto impulsivo che si butterebbe nel fuoco per farsi un bagno caldo, seguite il suo impulso e il suo istinto.

    4. BUONA RIUSCITA DEL VOSTRO POST: verrà valutata la coerenza, l'aderenza all'ambientazione e all'esito letto, nonché la buona stesura del post, oltre che le regole fondamentali che trovate qui e che potrete ripetere quante volte volete.

     
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    Theresa van Aalter ( ▲ Scheda |▼Stat ) - 16 anni -Lycan - Ametrin - I Anno
    «Being brave means knowing that when you fail, you don't fail forever.» - Lana Del Rey
    Voci e schiamazzi che in lontananza si fanno sempre più distinti fin quando nel buio non riuscì ad intravederne le sagome dei loro aguzzini. Il lamento molto più simile ad un uggiolio sommesso divenne sempre più basso fino a smettere del tutto quando l’uomo incaricato d’occuparsi di lei le si rivolse con tono annoiato neppure fosse un cane a cui stava agganciandola al guinzaglio per portarla a spasso. Non sembrò particolarmente propenso all’aggressività ma solo stizzito e lei non voleva certamente provocarlo in quelle condizioni, non avrebbe avuto abbastanza forza per contrastarlo e lo sapeva bene, poi proprio ora che tutto il gruppo era unito, sarebbe stato sciocco. Remissivamente si fece tutta piccina, quando andò a staccarne le braccia una per una dai ceppi e dapprima cadde in avanti, come un fuscello molle, privato delle forze rimanendo immobile per alcuni attimi in cui provò ad aprire e chiudere le mani per riprenderne la sensibilità. ”N-non puoi far smettere questo dolore?-… Farò la b-brava.” Gli rivolse quelle parole a bassa voce con un sussurro promettendogli di essere mansueta approfittando di lui che si avvicinò per quel breve contatto poi tirò su col naso e proseguì con aria dispiaciuta e i denti stretti mentre che strinse i pugni violetti, sentendo pulsare dolorosamente la gamba e il nervoso che incominciava a farsi strada in maniera innaturale in lei seppur fosse ben consapevole che non aveva le forze necessarie per far nulla. E il corpo non rispondeva neppure correttamente ai suoi comandi, era troppo stravolta per poter tentare qualsiasi cosa, per cui decise di non reagire assecondando la sua rabbia, ma la fece tacere nel petto, così come il ribrezzo che stava provando. Ma doveva provarci! La sua unica ancora di salvezza dipendeva da questo! Era ancora seduta in terra quando schiuse le sue cosce in un gesto che gli avrebbe comunicato tutto l’imbarazzo e la paura provata in quel momento, montava anche il forte ribrezzo allo stesso tempo, ma doveva essere credibile! Tess cercò di riuscire a rendere piuttosto intimo quell'attimo, anche il fatto che voleva render partecipe solamente lui avrebbe potuto esser colto dallo smilzo come un'attenzione particolare nei suoi confronti ma in realtà se ne vide bene dal non voler attirarne l’attenzione di nessun altro per paura che il suo tentativo sfumasse. Non lasciava spazio a troppi dubbi, anche il modo gentile ed atterrito in cui gli parlava e la maniera in cui gli si rivolgeva avrebbe potuto indurlo a pensare che la piccola fosse stata vittima della sindrome di Stoccolma e che adesso stravedeva solamente per lui. Cercò di essere discreta anche mentre che con un paio di dita andò a mostrargli in un gesto eloquente che si stava sfiorando proprio lì mentre che lo fissava negli occhi. Un paio di occhi però grigi e vuoti di qualsiasi luce. Un paio di occhi freddi e distaccati. Quella visione del suo bassoventre ancora puro ed inviolato sarebbe stato abbastanza per distoglierlo dai suoi doveri? “F-farò… T-tutto…Tutto quello che vuoi. Igor n-non è il solo che deve prendersi tutto quel…p-piacere, no?” Avrò fatto bene a far intuire che ho capito chi sia Igor?... Tsk! Stupratore-... Quale delle ragazze avrà-... Deglutì a fatica e voltò il capo in direzione delle ragazze, a quanto pareva l'uomo a cui si erano rivolto con quel nome era quello che adesso stava tocchicciando in maniera malata e perversa la povera Lilith. Ebbe un brivido di disgusto nell'assistere a quella scena e provò ad impietosirlo sussurrandogli quella proposta ma se ne stava già pentendo della promessa di poterlo far giocare col suo corpo quanto voleva se avesse reso più sopportabile quel dolore, ma al momento era l’unica chance che possedeva e non aveva idee migliori per poter uscirne quella brutta situazione, era disperata! Dopotutto serviva solo che credesse alla balla e che la rimettesse in sesto, al resto, al cosa avrebbe fatto con lei, non ci avrebbe affatto voluto pensare, bisognava affrontare un problema alla volta. Cercò di mostrarsi il più remissiva possibile, facendo del suo meglio anche mentre fu condotta a fatica nella gabbia, per non fargli fare alcuna fatica e lo seguì senza far storie mentre zoppichicchiava per infilarcisi dentro con altrettanto disagio. Lui avrebbe potuto intuire bene quanto la ragazza avrebbe potuto farlo tribolare se non fosse stata collaborativa, eppure-… Eppure rimasta per tutto il tempo mansueta ed accondiscendente. Fra le cinque ragazze, era forse proprio lei quella che si stava comportando meglio e che anzi sembrava propensa a far tutto ciò che chiedesse, ubbidiente. Che cosa avevano in mente per lei e le sue compagne? Dove le avrebbero portate? Quando si rintanò all'interno dell'angolino nella gabbia, poco prima che tutte le altre entrassero dentro anche loro, approfittò per scoccargli un occhiatina e chinò il capo come segno di riconoscenza nell'avergli fatto trovare dei cenci da mettersi addosso per coprire le nudità anche se-… Come pretendevano che li avesse indossati da sola con con quella lussazione che le causava dolore ad ogni movimento? “ Sniff ... P-p-puoi?-…” Sottintese nel chiedergli una mano a farle indossare quella sorta di palandrana macchiata e stracciata e lo guardò di sottecchi intimorita e allo stesso tempo invitante come ad intendere che aveva creato apposta quella nuova situazione di “contatto” per lasciarlo occuparsi di lei. Chissà se l’avrebbe aiutata a quel punto ma l'orrore cresceva poco a poco al solo pensiero di avere le sue luride manacce addosso. Ma cos'altro poteva fare per aiutare le sue amiche? Pregò mentalmente che le altre ragazze non fossero trattate con altra violenza gratuita, se si fossero mostrate tranquille, probabilmente non le avrebbero causato ulteriori ferite ed avrebbero potuto temporeggiare in attesa di recuperare le forze utili dato che quello fu l’unico vero e proprio cambiamento che si era presentato nel giro di-… Quanto tempo era passato realmente? Ormai non lo sapeva più.
    Hear me scream, feel my rage, RevelioGDR.


    Azione 1: Tess tenta di sedurre Theon Greyjoy (per ora lo chiameremo così) per indurlo a dar sollievo alla sua caviglia slogata.

    Azione 2: Tess entra spontaneamente nella gabbia.
     
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    Ayla Holmes
    Dioptase | 16 anni

    Udì dei passi avvicinarsi, seguiti da voci, voci per nulla rassicuranti, risatine, e allora fu difficile cercare di mantenere la calma e i nervi saldi. Chiunque stesse ridendo, chiaramente stava ridendo di loro, di ciò che stavano facendo a lei e alle sue compagne, della loro sventura, del male che stava provando, come se per loro fosse tutto un gioco.
    Ayla non aveva mai provato rancore verso nessuno, né verso chi l'aveva ferita in passato, né verso i bulli che erano soliti picchiarla o prendersi gioco di lei. Eppure, il rancore e la rabbia che provava nei confronti di quelle persone, per tutte le sofferenze che stavano causando a lei e alle sue compagne, quasi la spaventò, perché non aveva mai provato nulla di simile verso nessuno.
    Lì guardò avvicinarsi... con odio. Non aveva mai guardato con odio o disprezzo nessuno, ma non poteva trattenersi, quella volta era troppo, semplicemente troppo.
    Guardò il ragazzo di fronte a lei, tutt'altro che piacevole esteticamente, le sembrava anche strano che un tipo del genere, il classico sfigato cicciottello che si vedeva nei film con ambientazione scolastica, ma conosceva fin troppo bene la lama che portava con se, quel pugnale con cui le aveva causato la ferita che portava alla schiena, ancora aperta. In qualunque altra occasione, vedendo una persona del genere, avrebbe provato pietà nei suoi confronti chiedendosi chi e cosa potesse aver convinto un ragazzo all'apparenza così innocente a fare tutto ciò, ma non quella volta, quella volta provava solo disprezzo, vergogna, repulsione... solo e soltanto sentimenti negativi. Si lasciò trascinare fino alla sua gabbia, senza forze, osservando ciò che le accadeva attorno. Osservò Theresa, nelle grinfie di un uomo che liberò anche lei dalle catene per portarla in un altra gabbia. La guardò sconvolta pregare l'uomo di alleviare quello che sembrava essere un dolore insopportabile. Theresa non avrebbe mai fatto qualcosa del genere... lei era tosta, impulsiva, a volte scorbutica, non si sarebbe mai abbassata a tanto... doveva essere davvero provata e sconvolta per fare qualcosa del genere.
    Si voltò verso Elisabeth. Di lei si stava occupando una donna. Udì chiaramente le sue parole: il tempo è finito.
    Perse un battito. Così era giunto il momento...? Sarebbe finita così...? Ayla non aveva mai pensato a una fine ideale, ma avrebbe desiderato tanto una fine dignitosa, il più tardi possibile, anziana, nella sua casa, con la compagnia dei suoi libri... non così. Le avevano tolto tutto, a partire dalla sua dignità, ma cosa più importante le avevano tolto un futuro.
    E' troppo presto... troppo presto... Disperata, si voltò verso Lilith. Gelò assistendo a quella scena, a quell'uomo che la toccava e le parlava in quel modo... chi si credeva di essere? Che diritto aveva per trattarla in quel modo? Per mancarle di rispetto così?
    La cosa che più la spaventava però era vedere Lilith in quelle condizioni, come non l'aveva mai vista. Lilith le era sempre apparsa come una persona forte, un punto di riferimento all'interno di Hidenstone, all'interno dei Dioptase, ed ora... le appariva così debole, nei confronti di quell'uomo.
    N-no...n... Afferrò le sbarre guardandolo. ...toccar...la... Crollò contro le sbarre, senza forze, in lacrime. Non c'era più speranza ormai.
    Se persino Lilith e Theresa erano ridotte in quelle condizioni, che speranza c'era per lei? Lei era debole, in confronto a loro. Non era nulla. Che speranza aveva di sopravvivere se persino loro avevano ceduto?
    Si coprì con gli stracci che le avevano messo nella gabbia, almeno per alleviare un po' il freddo, e si rannicchiò, lasciando la trascinassero fuori.


    L'aria aperta non le era mai sembrata tanto piacevole come quando fu portata fuori da quel luogo da incubo. Quasi quasi, non le sembrava più tanto male l'idea di andarsene, in quel luogo paradisiaco, e riposarsi dopo tutti quei... giorni? Mesi? Non sapeva di preciso quanto fosse durata quella terribile tortura, ma l'importante era che fosse finita, non importava come.
    Papà... Il primo pensiero quando riaprì gli occhi, aspettando che si adattassero alla luce, fu per lui. Guardò il cielo, senza quasi notare lo strano colore che la zona aveva assunto a causa della barriera. Almeno, pensò, poteva riunirsi a lui...
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    Elisabeth Lynch
    Black Opal II anno | Prefetto | Battitrice | parlato | pensato | database: | scheda: | stat.:

    Quanto poteva essere molteplice la parola dolore nelle sue varie declinazioni? Dolore fisico e psicologico, dolore soddisfacente e... tortura?
    Pensare che alcune volte credeva che gli allenamenti intensivi di Edwards, il capitano delle Serpi, fosse una lenta tortura per i suoi compagni di squadra, con alti picchi di sadismo nel vederli annaspare nel fango nel fare almeno tre serie da cento flessioni con solo un minuto di ripresa tra una serie e l'altra. Credeva che il piacere di Ensor nel vedere gli studenti, soprattutto i Black Opal, fosse inarrivabile come supplizio psicologico cui li sottoponeva ad ogni singola lezione.
    Persino il pianto incessante di Alexander, il figlio di Jessica, era stato di tormento per le prime settimane del secondo anno.
    Eppure tutto quello era nulla paragonandolo a quanto stava provando in quel momento.
    Il fastidio bruciante all'altezza del fianco, l'incapacità di immagazzinare quel poco di forza che cercava di accumulare tra uno svenimento e l'altro, i ricordi di quello sguardo preoccupato che la tormentavano ancor di più. Ma Lucas, come proiezione della sua coscienza, non demordeva nel cercare di tenerla sveglia ed infonderle una forza che temeva di perdere ogni secondo che trascorreva appesa per polsi e caviglie.
    Aveva provato a chiedere più di una volta al ragazzino degli Ametrin del tempo, anche un solo minuto, prima di aprire gli occhi su un mondo che sapeva essere buio, freddo, sconosciuto ed inospitale, ma lui non demordeva, con la sua voce che diventava sempre più forte, quasi come un grido, nell'ordinarle di svegliarsi. Un tono agitato, allarmante, che si confondeva con un rumore di passi che man mano andavano avvicinandosi. Chi? Chi sta arrivando? La voce nella sua mente sembrava adeguarsi a quella del bruno, con il cuore che iniziava a battere frenetico, mentre le orecchie iniziavano a registrare parole, che seppur ovattate, cercavano di ancorarla ancor di più alla realtà, prendendo una maggior consapevolezza di sé e del mondo circostante.
    Non è solo merda, è la mia merda. La mia merda, stronzo! Urina, feci, sudore e sangue rendevano pesante quell'aria umida a cui però era ormai abituata avendola respirata profondamente e a lungo, anche se non sapeva quantificare effettivamente quanto era trascorso.
    Ma insieme a quelle parole le giunse un urlo, continuo, che sentiva di dover riconoscere, ma aveva paura ad azzardare di chi fosse. Fu quello, insieme all'immagine di Lucas, a forzare quell'istinto di protezione e farle schiudere finalmente gli occhi.

    Era buio, intorno a sé, tranne che per la luce tremula di due candele che la infastidirono, inducendola ad assottigliare le iridi chiare, costringendosi a non chiuderle del tutto per paura di perdere quel misto di coraggio e forza nel riaprirle. Voltò di poco il capo e accanto a lei vide la figura longilinea con un'ammasso di capelli a circondarle il viso. Era forse Lilith? Deglutì. Rabbrividendo nel sentire una voce rabbiosa abbaiare di smetterle di urlare in direzione della ragazza. Forse se non avesse fatto un rumore, trattenendo persino il respiro, non le avrebbero fatto niente.
    Che stupida ragazzina sciocca, perché anche per lei arrivò il suo turno, insieme ad un brivido che percorse il suo corpo nudo nel percepire un odore sgradevole. Un odore che riuscì a superare quanto di pessimo ci fosse in quell'aria che continuava a respirare. Le iridi ruotano frenetiche seguendo quei rumori alle sue spalle fino a trovare un sorriso sadico insieme a delle mani che arpionarono il suo mento avvicinandolo a quella bocca sgradevole di donna.
    Io non sono una fottuta principessa! Avrebbe voluto urlarlo ma il terrore di quanto aveva vissuto tornò presto a bussare alla sua memoria. Fiamme, dolore, rosso e arancio era tutto ciò che ricordava insieme a quegli zigomi pronunciati e duri, gli occhi malvagi e quella crudeltà continua cui l'aveva sottoposta in nome di un qualcosa che non riusciva a capire, o forse ricordare. Ricordava però quel sorriso e quella risata maligna e demoniaca che abbandonava le sue labbra ogni qualvolta faceva ruotare catene infuocate ad una manciata di centimetri dal suo viso.
    La-la-las... Non ce la faceva ancora a pronunciare qualcosa di sensato, la gola continuava a dolerle, e trovava frustrante non poter esprimere la sua volontà, ovvero quella di essere lasciata in pace, lì. Ma la donna iniziò dalle sue caviglie, libere dal peso di quelle catene, e per quanto inviasse input continui dal cervello alle gambe quelle si e no ebbero un piccolo spasmo piuttosto che i calci che avrebbe voluto tirare in direzione di quella donna bionda che liberò anche le sue braccia, lasciando che il suo corpo cadesse ai piedi di un terreno umido, viscoso. Probabilmente era la sua stessa urina. Si accasciò, su quel lato dolorante e subito, con l'avambraccio premette con forza, cercando di lenire quella sensazione di prurito, sfregando pelle contro pelle.
    Una sensazione che durò poco dato che la donna la sollevò quel tanto che bastava per spingerla in una gabbia, strattonandola di tanto in tanto e non dandole l'opportunità neanche di pensare di ribellarsi a quell'ennesima violenza.
    Anche per farlo avrebbe significato solo accelerare la sua morte e quella delle altre tre ragazze che erano con lei. Nella lentezza con cui entrò in quella gabbia cercò di comprendere i loro profili e provare ad associare al loro volto, fatto di ombre e chiariscuro, i loro nomi. Lilith, un'altra Dioptase -Lya o Alya?- e... T-Te... Persino il piccolo nomignolo dell'Ametrina era difficile da pronunciare e vederla in quelle condizioni le fece provare rabbia e rassegnazione. Anche la sua cavalleria era stata torturata come lei, anche se in misura diversa. Morirete tutti, ve la faranno pagare! Maledì quegli uomini nella speranza che le persone che le stavano cercando -perché c'era qualcuno che lo stava facendo? Lucas aveva avvisato qualcuno della sua... scomparsa?- le avrebbero vendicate, vive... o morte. Perché in quella cassa, mentre veniva sballottata in quella che era la foresta, stando agli alberi e alle radici su cui venivano trascinate, stavano andando verso quella che sembrava un'unica direzione.
    Prova a vedere il lato positivo... almeno non ti stanno seppellendo viva. Un sorriso amaro il suo, nonostante il panico con cui stringeva quella pezza consunta che aveva cercato di indossare per coprire quanto più possibile la sua nudità, ricordando di come all'ultima lezione di Difesa avesse scoperto di essere tafofobica. Un'ironia del destino che sembrava averla presa di mira, decidendo di toglierle ogni possibilità di essere minimamente felice in una vita di infelicità.
    La gabbia però aveva una funzione: tenerla sveglia. Perché era impossibile scivolare nel suo sonno anche per via di quella luce stranamente violacea che però aveva il pregio di non affaticarle la vista, rendendo un pizzico meno sinistra l'oscurità della foresta. Dove li stavano portando? Cosa volevano farne di loro? E perché torturarle se poi alla fine... come aveva detto quella malefica donna la sua fine stava giungendo?
    Resisti, resisti perché sto arrivando.

    Dove sei?



    Can you get a clue?
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    lilith clarke
    A volte, la cosa più semplice per far terminare quel dolore che si prova è lasciarsi andare.
    Lasciarsi andare alla vita, lasciarsi andare alle circostanze, abbandonare qualcosa che non si riesce a reggere.
    Non sarebbe stato possibile il contrario, non sarebbe stato possibile lottare.
    Lei non ci sarebbe riuscita.
    Aveva sempre pensato che non c'era niente di peggio di affrontare Cora, di reggere le lezioni del professor Ensor. Lei aveva creduto che la sua vita sarebbe andata avanti così, fino a quando - terminati gli studi - avrebbe messo su una famiglia, magari con Blake, con dei figli che avevano la stessa calda che avevano i genitori, pronta a lanci di giocattoli e urla di dispetti, mentre la mattina lei e Blake si salutavano prima di andare a lavorare, un lavoro al ministero, perché no... era sempre stato il suo sogno. Come il nonno, voleva quel post in quello strano sistema di sicurezza. Le piaceva rispettare le leggi, le piaceva farle rispettare...
    Questa sua volontà, era rispecchiata anche dalla sua carica in Accademia, era riuscita a prendere il posto di Prefetto che non voleva mollare più, avrebbe puntato solo al Caposcuola, quello sì che sarebbe stato un obiettivo gigantesco e lei lo voleva raggiungere.

    Questo era fino a pochi giorni fa. O ore?
    Non aveva la cognizione del tempo, non sapeva dove fosse, né da quanto tempo.
    Sapeva solo che era rotta, sporca, distrutta... e non si sarebbe potuta più riparare.
    Qualcuno aveva infranto i suoi sogni, aveva distrutto le sue aspettative, le aveva fatto capire che non poteva comandare il mondo con la sola forza di volontà. Le aveva fatto intendere che quello che conta è la forza fisica, quella ti piega davvero.
    Quella brutalità che riesce a piegare qualsiasi carattere, o forse era lei che si sopravvalutava? Probabilmente aveva fatto un autovalutazione troppo pesante, probabilmente non aveva calcolato che era solo una sedicenne stupida che non aveva capito niente dalla vita.
    Era per questo che non voleva continuare, si sentiva troppo stanca di andare avanti.
    La testa era calata su se stessa, il mento toccava il petto, nudo.
    Si vergognava, le gambe cercavano di stringersi tra loro, le lacrime erano troppo lente, stanche anche loro di quello che avevano subito.
    Era finita?
    Non era sola, lo aveva capito dalle urla di prima e dal lamenticcio che sentiva accanto.
    Quella voce, era Elisabeth? La Prefetta dei Black Opal?
    Anche lei?
    Chi altro era in quella stanza?
    Lei voleva salvarle tutte, non avrebbe mai permesso che...
    Passi.

    Ancora passi.
    Quella voce.
    Gli occhi di Lilith si sgranarono dal terrore, aprendosi di colpo, ritrovando quella forza che avevano perso poco prima. Si trovarono la coltre di capelli davanti.
    Quella voce.
    Lilith iniziò a piangere di nuovo, questa volta di più. Sentiva il dolore spingere quelle lacrime, come se potessero servire a qualcosa.
    Sapeva che non avevano la forza di non farlo avvicinare.
    «A-a-...» non riusciva a parlare, non sentiva la gola rispondere a quel comando, bruciava, raschiava. «A-iuto...» una parola che non credeva nemmeno esistesse nel suo vocabolario.
    Aveva sempre imparato a vedersela da sola, nonostante le difficoltà che incontrava.
    Ma quella, era una cosa troppo più grande di lei, non aveva le forze...
    I passi si fecero più vicino.
    Il suo fiato sul collo che sapeva di aspro.
    Lilith calò di nuovo il capo, strinse gli occhi, scosse il capo, lentamente perché non riusciva a muoversi più velocemente.
    Non c'era più la sua vanità, il suo orgoglio, il suo essere perfetta.
    Non c'era più niente di quella Lilith che era diventata grande e che stava percorrendo la sua vita, verso l'indipendenza.
    Dov'erano i gemelli?
    Cosa avrebbero detto di lei?
    Sapevano che lei non c'era più?
    Era viva, fuori.
    Respirava.
    Ma dentro? Dentro era morta, forse per sempre.
    Sentì le sue mani addosso, cercò di spingersi in avanti, ma non riusciva, il suo corpo pesava troppo. «B-bas-Basta...» lo disse quasi più a se stessa, perché probabilmente il suo tono era troppo basso per essere sentito, e se pure fosse arrivato a lui, non se ne sarebbe fregato minimamente.
    Aveva provato a chiedergli pietà più volte, ma non era arrivata ad averla.
    Quella stretta sui seni, stringe gli occhi ancora una volta.
    «Avevi detto che non mi avrebbe toccato più nessuno... solo tu...» il pensiero andò a quella frase, a quella dolcezza, a quegli occhi che la guardavano innamorato. Dov'erano? Perché non veniva a salvarla?

    Le parole di Igor.
    Quella risata che non sopportava più.
    Le sue parole.
    No, non voleva dei figli da lui. Non da lui. «Ti prego, no... »
    Piangeva, lo faceva in silenzio, era l'ultima cosa che l'era rimasta da fare.
    Si sentì toccata, strinse le gambe ma non bastava.
    La gabbia.
    Non bastava averne fatto carne da macello nei giorni precedenti?
    Era ferita, non le interessava più dove la stessero portando. Cercò un angolino, si rannicchiò su quel telo che era mezzo strappato e sapeva di umido, si accoccolò su un fianco, ancora legata. Aveva freddo.
    «Basta...»
    Voleva che tutto questo finisse presto.
    «Sarebbe meglio anche la morte...» e socchiuse gli occhi, perché il trasporto e i suoi fossi non erano nulla in confronto al dolore che provava...

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    Gli Snasi
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    Nel cuore della foresta

    Nessuno aveva un'idea precisa della circostanza con cui Naga aveva avuto modo di interagire con i suoi scagnozzi, certo era che alcuni di loro non sembravano molto svegli. Theresa tentò di convincere colui che avrebbe dovuto occuparsi di lei a prestarle soccorso. Idea splendida, in teoria, purtroppo però a fatti pratici la seduzione non era il suo forte, tanto meno l'arte del convincimento e dell'inganno [Carisma=4]
    Ad ogni modo non era il caso di incolparla, dopotutto l'occasione faceva l'uomo ladro e la disperazione a volte portava i suoi frutti. L'uomo rivolse alla ragazza una lunga occhiata, domandandosi come agire [d20=12] giungendo alla conclusione più favorevole per Theresa. Era fatta, il piano era correttamente riuscito, tuttavia la sfortuna volle che l'uomo non fosse da solo e qualcuno parve notarlo. Non appena alzò la bacchetta, infatti, la ragazza che fino a quel momento aveva venuto a bada Elisabeth parve quasi ringhiare. Dalle retta e giuro che ti rinchiudo con lei in gabbia. La minaccia risultò molto più persuasiva del tentativo di seduzione di Theresa, tuttavia quel breve siparietto servì per ritardare di qualche minuti l'inevitabile.
    Le gabbie delle ragazze vennero trascinate lontano dalla cascate. Metro dopo metro il suono dell'acqua si faceva sempre più lontana, in favore dei versi di qualche rapace che aveva ancora il coraggio di far sentire la sua presenza.
    Il viola dominava la scena davanti a voi, finché innumerevoli fasci di luce riempivano il cielo. Erano i colori degli incantesimi della squadra di soccorso che a tratti venivano riflessi dall'impenetrabile barriera di cristallo posta al limitare della foresta. Forse c'era ancora speranza. Il frastuono delle esplosioni poi fu riconoscibilissimo, magari non tutto era ancora perduto.
    Alla vista di quello spettacolo luminoso, i vostri torturatori accelerarono e dopo cinque minuti scarsi arrivate al centro della Foresta. Si tratta di uno spiazzo dalla forma ovale. Si estendeva in larghezza per un chilometro e mezzo e in lunghezza circa un chilometro. Quella una volta era una zona ricca di alberi, ora sembrava che mai nulla fosse cresciuto all'interno di quell'area. Sul terreno era stato applicato una magia di scrittura avanzata in combinazione ad una barriera che a tratti ricordava quella che era stata abbattuta pochi istanti fa. Le incisioni sul terreno si ripetevano lungo l'intero perimetro e al centro una severa figura scrutava ognuno dei presenti.
    Gli scagnozzi che fino a quel momento vi avevano torturato si inginocchiarono di fronte alla donna, la quale non parve aver lo stesso riguardo per quella massa di idioti. Schioccò le dita ed un lungo e grosso tentacolo emerse dalla nebbia per avvolgere ed allontanare gli uomini che avevano trascinato Theresa e Ayla. Per badare a quattro ragazzine ridotte in questo stato avete lasciato che abbattessero la mia barriera. La donna si zittì per lasciar spazio alle sprezzanti urla degli uomini che erano stati presi dal tentacolo. Non siete certo più preparati di loro, ma sapete cosa? Non mi servite più. Ecco che il tentacolo riemerse, afferrando questa volta gli ultimi due scagnozzi. Ulteriori urla riecheggiarono nella foresta, purtroppo però a causa della nebbia non era possibile vedere cosa ci fosse alla base del tentacolo.
    Le bacchette delle quattro ragazze erano a terra a poca distanza l'una dall'altra. Potevano concentrarsi su di esse o su quella di Naga, che si mosse rapidamente in maniera estremamente rapida. Fu un incanto non verbale che permise alle ragazze di uscire dalla gabbia. Un gesto caritatevole? Assolutamente no, poiché quei contenitori in ferro avrebbero potuto in qualche modo vanificare il rituale. Imperio. Fu solo in quel momento che una dopo l'altra le ragazze caddero in trance con un unico obiettivo: raggiungere quattro punti precisi all'interno dell'area del rito.

    A fine turno dovremo trovarci in questa situazione:
    vsDcEDD
    Tuttavia avete a disposizione 1 sola azione nel momento in cui la gabbia viene liberata. Nello specifico potete spendere l'azione per recuperare la bacchetta e fuggire ma in quel caso sarete esposte alla volontà della sorte:
    Lancerò un d20 con i seguenti risultati, assegnando +2 a chi ha almeno 6 in destrezza:
    1-10: sarete colpite da un incantesimo oscuro
    11-16: verrete prese da un tentacolo
    17-20: riuscite a scappare

    Ovviamente siete libere di agire anche in altro modo, ma riceverete comunque un esito coerente a ciò che fate ù.ù
    Scadenza: 4 Novembre alle 23:59
     
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    Ayla Holmes
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    Ayla rimaneva accucciata nella sua gabbia, gli occhi chiusi, lasciandosi cullare dal suono delle cascate nel tentativo di rimanere calma nonostante sapesse benissimo di stare andando incontro a morte certa. Il suono si allontana sempre di più, ogni minuto che passava, finché dei suoni sicuramente non naturali non la spinsero ad aprire gli occhi.
    Il colore predominante era il viola, come se una nebbia fitta si fosse impadronita della foresta, ma all'orizzonte erano chiare le luci colorate causate da vari incantesimi, seguite da suoni di esplosioni.
    Nikolai... Fu il suo primo pensiero, seguito subito dopo dal viso di Blake e quelli dei suoi compagni e dei suoi insegnanti. Sorrise. Era sicura che le stessero cercando... Sapeva di potersi fidare di loro... le avrebbero trovate, sicuramente! Il problema era "come", se vive o meno...
    Ma non fu l'unica ad accorgersi di ciò che stava accadendo, infatti i loro rapitori accelerarono il passo.
    per favore ragazzi, sbrigatevi...

    Raggiunsero quella che era chiaramente una radura. Una donna li stava aspettando. Ayla era sicura di non averla mai vista, eppure quella persona per qualche motivo aveva voluto tutto quello, era chiaro che fosse lei il capo, lì, visto come gli altri si stavano inchinando di fronte a lei.
    Doveva essere successo qualcosa, però, che l'aveva infastidita. Parlava di una barriera spezzata... Ad Ayla venne spontaneo accennare un sorriso. Dovevano essere stati i loro amici, sicuramente. Stava trovando un po' di speranza, finalmente, dopo tutti quei giorni di dolore... Forse era solo il suo istinto di sopravvivenza, non lo sapeva, ma pregò mentalmente di uscire viva insieme alle altre da tutto ciò.
    Poi accadde qualcosa: ad un cenno della donna dei tentacoli sbucarono da chissà dove afferrando i quattro tizi che le avevano portate fino a lì. Sussultò, spaventata, mentre questi venivano sollevati in aria, ma poi la sua attenzione fu colta da altro: la sua bacchetta, inconfondibile, che cadeva a terra, a pochi passi da lei. L'aveva avuta quel ragazzo tutto il tempo, il solo pensiero le provocava una tremenda rabbia. Nessuno poteva toccare la sua bacchetta, nessuno! Ma ora era lì, a pochi passi da lei.
    La gabbia si aprì con uno scatto, facendola di nuovo sussultare a causa della tensione e della paura. Quella donna la stava invitando ad uscire, come tutte le altre. Benché sembrasse un buon segno, chiaramente non lo era.
    Fu forse per la paura o per tutto quello che era successo o per la forza che il pensiero che i suoi amici la stessero cercando le dava.
    Uno scatto. Istintivo. Tentò di afferrare la bacchetta fuori dalla gabbia per andare incontro agli altri, così da poterli portare dalle altre nella speranza di salvarle. Di solito preferiva riflettere sul da farsi, ma non in quel caso, non c'era tempo, ne valeva della sua vita e di quella delle altre.
    Parlato - Pensato - Ascoltato | Scheda | Stat.
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    Azione: Ayla tenta di afferrare la propria bacchetta per scappare e raggiungere il gruppo dei soccorritori. (Destrezza: 7)
     
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    Theresa van Aalter ( ▲ Scheda |▼Stat ) - 16 anni -Lycan - Ametrin - I Anno
    «Being brave means knowing that when you fail, you don't fail forever.» - Lana Del Rey
    Era finita. Si sentì morire quando avvertì la donna ringhiare al suo aguzzino non troppo sveglio. Quella si che era un vero palo in culo e Tess non voleva neppure immaginare in quali sottili modi avesse torturato Elisabeth, la odiava a pelle con tutta se stessa e sinceramente lì, smilzo con la barbetta rossiccia, fra tutti era il più simpatico per quanto rivoltante, in un certo senso era quello con cui ce l’avrebbe avuta meno, un povero cretino nelle mani di una personalità molto più inquietante e malata, ma questo l’avrebbe scoperto dopo. Quell’occasione di farsi curare magicamente la caviglia era sfumata e con essa crebbe anche l’angoscia, minuto per minuto che passava da quand’era sveglia. I cenci logori addosso non coprivano abbastanza per il freddo che c’era fuori, si passava da un umida caverna piena di spifferi al vento che sferzava sopra la pelle muovendo le fronde degli alberi. Gamba a parte se ne rimase per tutto il viaggio appallottolata su se stessa, sbattuta di qui e di là, mugolando di dolore per ogni buca che beccavano della strada dissestata. Fosse stata bene avrebbe persino imprecato e l’avrebbe sentita chiunque nel raggio di chilometri. Non appena si arrestarono perché giunti a destinazione, Tess risollevò lo sguardo e si allungò appena cercando di stare attenta alla slogatura, per veder meglio chi vi fosse lì nel mezzo della radura e dov’erano finite. Una donna dai capelli biondi e l’aria gelida, parlò con durezza perfino ai suoi sottoposti richiamandoli a se e quando vide lo smilzo allontanarsi, lasciando lì in terra la propria bacchetta, non le sembrò vero. Non si chiese neppure come mai gli fosse caduta e da quanto ce l’avesse, perché quel che vide in successiva poco prima di pensare a come cercare d’arraffarla le cancellò via ogni speranza di voler anche solo provare a far qualcosa. Una poltiglia di sangue. Quel tentacolo evocato dalla donna aveva scoppiato lo smilzo e il tipo grasso come fossero bolle di sapone e le aveva rese poltiglia sanguinolenta ed indistinguibile. Era la prima volta che vedeva qualcuno morire, a quel modo truculento poi, le smosse qualcosa dentro che non seppe spiegare ma immediatamente le forze di stomaco sopraggiunsero quando l’odore ferroso di sangue le arrivò alle narici, provando ribrezzo anche solo per l’essersi mentalmente eccitata ed aver provato un vago senso di-… Fame?

    ”Splotch-… Ughhh!” Schiuma, fu quella che rigettò portando istintivamente la testa a cercare di buttarlo tutto fuori dalla gabbia, avendo lo stomaco completamente vuoto ma in subbuglio. Solo un ammasso di schiuma che sembrava quella da barba che suo padre utilizzava la mattina durante lo specchio. Che spreco inutile di liquidi già carenti! Ma non poteva controllarlo e non appena finì, si sentì completamente debilitata. Un vero schifo. L’unica cosa che realmente avrebbe potuto farla sentire meglio era un incantesimo lenitivo, un blando Innerva le sarebbe bastato. Approfittò del fatto di esser rimasta accovacciata e leggermente sporta nell’angolo per allungarsi ancora un pochino ora che la Strega le aveva aperto le gabbie. S’era accorta della bacchetta? Doveva cercare di agire rapidamente. Si ripulì la bocca col dorso della mano ed ancora sofferente si trascinò a fatica e con dolore diffuso irradiato da tutta la gamba dolorante su cui cercava di non fare alcun tipo d’appoggio per scender dalla gabbia, finendo per riuscire ad appoggiare solo quella sana in terra, sorreggendosi con i palmi e slanciandosi in avanti, caracollando in successiva a faccia a terra per essersi sbilanciata ”Ouch!” Ma la bacchetta era lì, proprio davanti al suo naso, coperta dagli steli d’erba. Finalmente la prese e … Si rialzò in piedi. Non un gemito di dolore, la gamba ancora gonfia e dolorante eppure la stava utilizzando nonostante tutto. Gli occhi spenti, privati di qualsivoglia volontà. La magia Imperio ne aveva catturato la mente. Ormai un burattino nelle mani dell’antica druida, ne assecondò la volontà col corpo camminando come nulla fosse fino al punto da lei stabilito, mentre dentro tutta la sua anima urlava e tremava per il dolore sordo a cui la stava sottoponendo forzatamente.
    Hear me scream, feel my rage, RevelioGDR.


    Azione unica: Tess recupera la bacchetta da terra.
     
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    lilith clarke
    Il viaggio sembrò non finire mai, ma adesso niente aveva più una cognizione esatta del tempo. Non c'era un minuto che durava tale, né un'ora che era così lunga. Tutto aveva perso senso, così come il motivo per cui doveva continuare a respirare. Era ancora rannicchiata nella sua gabbia, cercò di tirarsi addosso quello straccio puzzolente. Aveva freddo, in qualsisi parte del corpo, esterna ed interna. Non aveva idea di cosa le avrebbe attese fuori da quel tugurio dov'erano state, ma niente sarebbe stato peggio di quello che aveva sopportato lei.
    Si guardò attorno, incerta, vide le altre, poi calò il capo di nuovo.
    Si vergognava. Non era solo per il fatto che fosse nuda, ma anche per il motivo che aveva determinato quella sua condizione.
    «Perché...» la sua testa continuava a chiederselo, mentre abbracciava le ginocchia al petto.
    Voleva tornare a casa, voleva sentire il calore delle sue coperte, il sapore della cioccolata calda dopo una lunga giornata, i baci di Blake...
    Voleva tornare alla normalità, le piaceva, non l'annoiava più come prima.
    Le mancava anche annoiarsi, alla fin fine.

    Quando le gabbie si arrestarono, Lilith guardò fuori dalla gabbia cercando di capire cosa stesse succedendo, provando a mettere a fuoco la figura della strega bionda.
    Ma l'occhio cadde esattamente alle bacchette.
    Sussultò quando quei tentacoli si mossero ad ammazzare gli uomini che erano stati con loro.
    Vedere Igor a terra, ruppe una catena.
    Era libera? Davvero?
    Provò ad allungare una mano, cercando di approfittarne del momento in cui la strega era impegnata con la sua marmaglia «A-Acc-Accio Bacchetta.» un sussurro tra le labbra, mentre gli occhi puntavano la sua stecchetta di legno, e la mano era tesa verso di loro.

    Azione 1: Accio Bacchetta

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    Holyhead, Galles

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    Elisabeth Lynch
    Black Opal II anno | Prefetto | Battitrice | parlato | pensato | database: | scheda: | stat.:

    Macchie ombrose, quello che doveva essere il cielo, sasso. Macchie deformi, quella che doveva essere una cascata, a seconda del suo rumore, fosso. Macchie irregolari, quel suono d'acqua che non sentiva più, altro sasso. E tutto quello era reso soffice da quel filtro violaceo che aveva colpito i suoi cristallini. Poteva fingersi di trovarsi in un paradiso fatto di zucchero filato, con caramelle gommose e zuccherose. Poteva fingere di vedere quegli stecchi bianchi e rossi che le ricordavano il Natale, orsacchiotti morbidosi e chissà quale altro delirio la sua mente avrebbe partorito, fatto era che si ritrovava da capo ogniqualvolta la sua cassa urtava il terreno sconnesso. Quell'alternanza di suoni, rumori ed immagini filtrate da quella rete era quanto le rimaneva per poter ancorarsi al mondo reale. Oh, i fuochi d'artificio... Si ritrovò a pensare quando vide diversi fasci di luce colorati riempire il cielo violaceo. Solo che insieme a quelli c'era anche il verso di qualche uccello notturno, probabilmente persino qualche avvoltoio in cerca di carne fresca se mai essi fossero stati presenti a Denrise. Ma quelli non sono... Non erano getti di polvere colorata che illuminavano il cielo, quelli erano i colori provocati dagli incantesimi, di chi però non poteva saperlo. Non poteva far risiedere tutte le ultime speranze in una squadra di soccorritori capitanata dai docenti e dagli studenti. Non poteva crederlo, perché farlo avrebbe significato che non poteva arrendersi a quel destino che sembrava già scritto per lei. Per un momento al posto di quella maglia vide i visi di Blake e Jesse, la pelatina di Alexander carezzata da Jessica -non avrebbe mai ammesso che avrebbe amato rivedere quel duo, ma neanche negare che non avesse dormito finalmente dopo tante notti insonni- e i visi vicini di Joshua e Jughead. Due erano le J nella sua vita, solo che non sapeva dire quale fosse il loro ruolo. Amici? Non amici? Nemesi? Il frastuono di qualcosa che andava in mille pezzi eliminò quei visi traballanti frutto di ricordi e di fervida immaginazione. Perché doveva immaginarsi la voce dei due ragazzi che chiedevano di resistere, vero? Dovevano essere poi loro, perché l'andatura aumentò e con essa gli scossoni, finendo poi per fermarsi in quella che sembrava una radura in mezzo a tante macchie che poteva definire alberi, se non fosse stato per tutto quel lilla in tutte le sfumature ad alterare il tutto. Sentì la voce di una donna, sprezzante, che rimproverava chi li avesse portate fino a lì. Erano quattro, ora lo sapeva. Credeva di averne riconosciute due, ma sulla terza era ancora indecisa. E la quarta, beh, la quarta era lei. Delle urla non umane, per quanto strazianti erano, sembrarono perforarle i suoi timpani, ma per quanto cercasse di guardare cosa stesse succedendo una nebbia sembrò avvolgerla, come un caldo abbraccio.
    Ma quello non fu l'unico elemento particolare ad accoglierla: la sua gabbia venne aperta tanto che finì con il ruzzolare fuori, carponi sull'erba. La cosa che la fece raggelare per un istante fu il vedere la sua bacchetta di ciliegio brillare quasi tra quel mix di nebbia e viola. Avanti, Lynch, prendila. Non doveva far altro che avvicinarsi trascinandosi sul terreno. Ruotò il busto quel tanto che bastava per far sì che la bruciatura non toccasse il terreno, nonostante fosse stata coperta da quello straccio che a stento riusciva a coprire le sue nudità. Provò a strisciare e al tempo stesso allungare la mano destra per tendere le dita il più possibile e cercare di afferrare il catalizzatore. La leva del suo movimento risiedeva nella mancina che si afferrava al terreno per spingersi fino a quel frutto proibito che non aspettava altro che essere colto. Non aveva intenzione di scappare, ma solo di sentire la familiare sensazione della sua undici pollici tra le sue dita. Avrebbe teso e lottato al massimo, cercando poi di avviluppare la mano intorno all'impugnatura, stringendo i denti e cercando di non lasciarsi andare ad alcun lamento nonostante la bruciatura sul fianco tirasse la sua pelle. Poteva farcela, vero? Tutto ciò era nelle mani beffarde del fato.
    Mentre ciò che era sicuro fu udire una sola parola, una parola che fino a quel momento aveva per lo più letto nei libri di testo: Imperio. Una parola che avrebbe fatto tutta la differenza tra l'essere una marionetta con fili visibili ed una coscienza che avrebbe fatto di tutto per scalpitare e ribellarsi. Ma, forse, al momento, tutto quello che poteva fare era ubbidire, con la speranza però di avere la sua bacchetta di ciliegio tra le dita.


    Can you get a clue?
    CODICE ROLE SCHEME © dominionpf


    Elisabeth cerca di afferrare la bacchetta. Destrezza 6.
     
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