Posts written by Joo-hyuk Kwon

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    Di tutte le cose che aveva sentito dire sul conto di Blake Barnes, neppure una stava riuscendo a trovare conferma ai suoi occhi. Il che probabilmente era una bene, considerando che ce n'erano in giro di dicerie sul suo conto.
    Tuttavia, continuava a non capire per quale motivo il biondo stesse tirando fuori Lilith. Era stato per puro caso che il sud coreano aveva avuto modo di incontrare la caposcuola nei bagni, solo qualche giorno prima, e la coincidenza gli dava quasi da pensare a quel punto.
    Se c'era una cosa in cui il ragazzo non credeva quelle erano, per l'appunto, le coincidenze.
    Si strinse nelle spalle al commento di lui circa il fatto che la Clarke andasse d'accordo con tutti, se non altro perché - almeno ad un primo e superficiale approccio - non gli era sembrato che fosse proprio così. Anzi, se Lilith aveva davvero quell'atteggiamento provocatorio con tutti, era molto probabile che la gente attorno a lei la potesse trovare fastidiosa, piuttosto che il contrario.

    No certo, anzi, è un bene se siete rimasti amici. Mi sembra solo un po' strano che ne parli così tanto e con così tanta semplicità con qualcuno che neppure conosci.

    Il tono di voce era calmo e disinteressato. Non lo stava accusando di nulla, in alcun modo e quello era abbastanza chiaro, stava solo esprimendo i suoi pensieri ad alta voce senza alcun filtro.
    Era fermamente convinto del fatto che la sincerità paga, quindi era il primo ad esprimersi sempre nella maniera più cristallina possibile, se stimolato a farlo.
    Per il resto, tendeva a starsene molto sulle sue.

    Bah... se sia "solo un bene per lei" aggiunse, mimando anche le virgolette per aria con entrambe le mani non saprei. Non vi conosco abbastanza da poterlo dire, ma forse ti conviene parlarne con lei se hai ancora dubbi a riguardo.

    Era stato quel "forse" proferito da Blake a spingerlo ad intuire che probabilmente, sotto sotto, il prefetto Black Opal non era fermamente convinto di ciò che stava dicendo.
    Il margine di errore era alto, considerato quanto ne sapesse sul loro conto - ossia meno di zero - ma era sempre stato un fan della logica.

    Non ho ancora avuto una relazione così importante da poter dire di essermi fatto male o aver ferito. Quindi onestamente non saprei, forse hai ragione, forse no. Non credo che si tratti di scelte puramente razionali.

    Il cuore, si sa, non sente ragioni e lui era ancora troppo giovane per poter atteggiarsi a uomo vissuto. Tra le altre cose, era sempre stato profondamente concentrato su se stesso e sui propri bisogni per permettere a chiunque altro di condizionarne le giornate e la prospettiva continuava a non allettarlo particolarmente.
    Ascoltò il resto del discorso di Barnes con un'espressione neutra dipinta in volto. Era interessato a capirlo, tuttavia era anche fermamente convinto del fatto che le persone esprimevano il meglio di loro stesse con le azioni piuttosto che con le parole, dunque qualsiasi cosa Blake potesse dire in quel momento su di sé avrebbe potuto tranquillamente essere fumo negli occhi.
    Evitò di commentare le sue parole sull'unicità e sull'originalità con la versione coreana di "chi si loda si imbroda" solo perché non voleva risultargli antipatico. In fondo, sperava davvero di potersi ricredere circa il fatto che Blake Barnes fosse nient'altro che il classico quarterback popolare della scuola, come in qualsiasi banalissimo film adolescenziale.
    Sperava di sbagliarsi sia perché gli sarebbe piaciuto credere che il prefetto non gli stesse mentendo circa la questione dell'originalità, sia perché in quel caso avrebbe potuto valutare positivamente i gusti di Lilith in fatto di ragazzi.

    In effetti ti descrivono un po' come il classico stronzo belloccio di turno mentirgli, a quel punto, era praticamente inutile anche perché Blake sembrava molto consapevole di ciò che si diceva in giro di lui ma penso sia perché non hanno niente di meglio da fare che pensare alla vita degli altri. Sai com'è... è più interessante farsi i cazzi altrui piuttosto che pensare alla noia della propria vita vuota.

    Venale, algido oltre ogni misura, non fece una piega mentre proferiva quelle parole nel tentativo di stemperare il fastidio di Blake circa le dicerie sul suo conto.
    Ormai il sud coreano aveva deciso che gli avrebbe lasciato il beneficio del dubbio.

    Non mi va neanche di provarci in genere, almeno fino a quando non mi rendo conto che potrebbe valerne la pena. Ma è difficile.

    Si strinse nuovamente nelle spalle, lanciando uno sguardo all'orologio da polso che portava allacciato al braccio sinistro.

    E vorrei anche poter dire che non mi interessa avere una T in Incantesimi per essere arrivato in ritardo, ma non è così.

    Concluse, preparandosi a congedarsi dal prefetto.

    Ci si vede.

    Aggiunse dunque, dedicando a Blake con cenno del capo a mo' di saluto prima di voltarsi e sparire dietro le colonne del porticato, diretto a lezione.
    Joo-hyuk
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    Ciao! Ho chiuso perché la role ormai è ambientata troppo indietro nel passato e nel mentre sono successe un bel po' di cose :rolleyes: fammi sapere se preferisci rispondere o se segnaliamo direttamente nelle chiuse. Intanto, grazie mille per la role *_*

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    Stava cominciando a sentirsi quasi a disagio nel trovarsi in mezzo a tutta quella situazione che, per lui, non aveva capo né coda. Non conosceva le persone coinvolte - non così approfonditamente, per lo meno - né le dinamiche alle quali stava assistendo.
    Eppure non si tirò indietro nel momento in cui si presentò l'occasione di tendere una mano ad Erin Murphy.
    Dovette lanciare un fugace sguardo al pavimento per assicurarsi che fosse ancora lì, nel momento in cui gli parve quasi che la rossa stesse vacillando al cospetto di quello scambio che sembrava averla colpita come un fulmine a ciel sereno.
    Spostò gli occhi neri su Joshua Evans proprio mentre le sue dita entravano in contatto con il polso dell'Ametrin e non potè fare a meno di domandarsi come avesse fatto, il bruno, ad alterare gli equilibri della serata di una cospicua parte dei membri dell'accademia. Quale genere di ascendente riusciva ad esercitare quel volto pulito che si stava soffermando ad osservare davvero per la prima volta? E perché?
    Quali forze invisibili stava riuscendo a muovere e in base a cosa sembravano tutti pendere dalle sue labbra? Compreso Julian, che si schiantò contro la figura del maggiore quasi che Evans fosse un magnete su due gambe.
    Promise a se stesso che, prima o poi, gli avrebbe domandato quale fosse il suo asso nella manica.

    Certo.

    Si limitò ad assicurare ad Erin, afferrando la sua mano in una presa che voleva trasmetterle tutto l'equilibrio che avvertiva che l'altra aveva perso in pochi minuti.
    Fu solo quando riuscì a scollare lo sguardo dal nugolo di persone lì coinvolte, che i suoi occhi si ancorarono al viso di Lilith, sopraggiunta da chissà dove e chissà perché.
    Inizialmente, ci fu un filo di sorpresa a sporcarne lo sguardo di pece, ma nel percepire l'astio denso sgocciolare dall'occhiata della Dioptase finì con l'irrigidire i muscoli del corpo intero.
    Aggrottò la fronte in un'espressione palesemente confusa mentre poteva sentirla parlare senza riuscire ad ascoltarla davvero. Non riuscì a comprendere immediatamente i motivi che si nascondevano dietro tutta quella rabbia e, quando captò quell'attacco frontale che l'altra gli stava palesemente rivolgendo, sarebbe risultato evidente il suo passo indietro.
    Un passo indietro tutt'altro che fisico.
    Crescendo, si era detto che non avrebbe mai più tollerato nessun genere di abuso, che fosse fisico o psicologico, da parte di nessuno. E la gratuità con la quale Lilith gli stava riversando addosso il suo inspiegabile - almeno secondo il suo punto di vista - astio gli risultava intollerabile.
    Non era uno sprovveduto. Aveva intuito che il fastidio di lei derivasse dal fatto che si stesse accompagnando ad Erin, ma non la reputava una motivazione valida per rivolgerglisi a quel modo.
    Ricambiò la sua occhiata con uno sguardo che avrebbe gelato anche il più accaldato dei sentimenti, lasciando poi scivolare gli occhi su Josh, dunque di nuovo su Lilith per un'ultima volta.
    Un tacito invito a riflettere su tutto ciò che era accaduto quella sera e a provare ad osservare la situazione da un punto di vista che non fosse solo ed esclusivamente il suo.

    Sì, spariamo.

    Biascicò a denti stretti, ignorando l'arrivo di Cameron e quanto ne conseguì e tentando di trascinare via la Murphy da quel triste palcoscenico di gelosie e incomprensioni.
    Si diresse verso l'uscita della Sala Grande, calcando il passo verso l'esterno, agguantando il suo mantello e quello di Erin dagli elfi domestici preposti al guardaroba. Sarebbe tornato a rivolgere gli occhi a lei solo quando fossero stati abbastanza lontani da tutto il resto.

    Molto probabilmente non ti andrà di parlarne. Ma dovesse venirti voglia, puoi cominciare dall'inizio, perché onestamente non ci ho capito niente.

    A dimostrazione del fatto che non vi erano secondi fini in quel suo intervento, le lasciò ampio spazio di manovra, mentre recuperava due tazze di pumpkin spice latte da un elfo di passaggio, porgendone una all'Ametrin.

    Sennò non mi dispiace rimanere in silenzio.

    Ed era vero.
    Specialmente in quel momento, con l'occhiata lancinante di Lilith che si sovrapponeva nella sua testa in un loop infinito. Poteva avvertire il corpo sfrigolare dal fastidio, al di sotto degli strati di tessuto nero che lo vestivano, e appiedare al gelo esterno gli risultava necessario quasi quanto respirare.
    Joo-hyuk
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    Guarda M-A-L-I-S-S-I-M-O Lilith Clarke e poi va verso l'esterno con Erin Murphy mf_rudolph
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    Quasi che si aspettasse che quell'invito potesse in realtà celare dell'altro, si presentò sulla terrazza armato di tutte le intenzioni necessarie a capire chi aveva davvero davanti.
    Il più delle volte si limitava ad ignorare totalmente ogni minima occasione di fare amicizia, o anche solo vagamente avvicinarsi a tutte le persone che non conosceva, ma Erin Murphy era un'altra storia.
    Tutto, nella figura della ragazza, rappresentava ciò a cui lui non era minimamente abituato.
    Dai colori che la contraddistinguevano ai suoi modi di fare sì gentili, ma privi di quella sorta di imbarazzo e reticenza con cui era abituato ad avere a che fare nell'approcciarsi alle ragazze con le quali condivideva l'etnia.
    Eppure, incredibilmente, non c'era nulla di esagerato in lei e forse era proprio quel dettaglio a guidare la sua curiosità nei riguardi altrui.

    Ah, allora hai un piano.

    Fece finta di non dare peso al suo commento, eppure non riuscì a fare a meno di insinuare che ci fosse dell'altro ad averla spinta quel pomeriggio ad invitarlo lì. Ricondurre tutto ad una mera esercitazione di Alchimia era quanto di più banale e scontato potesse aspettarsi, quindi proprio non riusciva ad arrendersi all'idea che la cosa finisse lì.
    Liberatosi dell'ingombro della tracolla e del mantello, allungò il collo alla volta della scatola bucherellata che Erin aveva sistemato appositamente per la povera lucertola priva di coda.
    Spinse anche le dita di una mano a sollevare di pochissimo il coperchio di cartone, sbirciando all'interno del contenitore per poi lasciarsi cadere sulla seduta, coordinandosi con il movimento della scatola che veniva richiusa.

    Ho letto altro della Christie, ma non quello.

    Asserì, senza neanche più guardarla in volto, mentre armeggiava con le proprie cose per cavare fuori dalla tracolla l'occorrente per dedicarsi all'esercitazione. Tornò a guardarla solo nel momento in cui l'Ametrin gli porse la tazza di tè verde fumante.
    Fece sfilare lo sguardo dalle sue mani avvolte attorno alla ceramica fino al suo viso, quindi posò entrambi i gomiti sul blocco degli appunti, prendendo a scrutarla con un'insistenza che a chiunque sarebbe parsa un po' anomala.

    Ti piacciono le cose da risolvere?

    Impressa a ferro e fuoco in quel complemento oggetto si nascondeva una miriade di significati.
    Era evidente il riferimento al libro giallo che la rossa stava leggendo, tuttavia il suo quesito pareva espandersi come una fastidiosa macchia d'olio ad insozzare tutto ciò che Erin non gli aveva ancora confessato di sé. Ma semplicemente perché non ne aveva ancora avuto l'occasione, poiché lo sguardo che le stava riversando addosso era esigente quanto la più legittima delle pretese.
    Per nessun motivo.
    Lo era e basta.
    Solo a quel punto volle recuperare la tazza, avvolgendo i palmi attorno alla superficie bollente quasi che non riuscisse davvero a percepirne il calore. Il fatto che i suoi polpastrelli finirono con lo sfiorare il dorso delle mani altrui rappresentava solo un apparente dettaglio al quale non diede alcun peso.

    Sono buddhista. Ogni forma di vita è espressione della forza dell'universo e, in quanto tale, possiede un'anima che dopo la morte torna ad abitare in un nuovo corpo. Conosci la dottrina del Samsara?

    Chiese a quel punto, seppur il suo tono lasciava intendere come non si aspettasse davvero che Erin potesse conoscere la risposta alla sua domanda.
    Accennò dunque alla scatola chiusa con un lieve movimento del capo.

    Mi fai vedere?

    Puntellò i gomiti sulla superficie del tavolo e sollevò la tazza, soffiando placidamente sulla superficie della bevanda e portando il fumo denso che spandeva da quella a spezzarsi in rivoli sconnessi che fluttuarono verso l'alto, così come fecero anche i suoi occhi.
    Ma solo per qualche istante, prima di tornare da lei.
    Joo-hyuk
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    Fu difficile riuscire a digerire il fatto che Erin ignorò totalmente la sua domanda. Essersi reso conto della fugacità del suo sguardo avrebbe dovuto dargli un indizio circa il fatto che la testa della rossa fosse da tutt'altra parte, in quei momenti, e non di certo con lui sulla pista di pattinaggio.
    Il dettaglio finì con il pizzicarlo al centro del petto. Un pungolo affilato che ne stuzzicò le corde della pazienza. Non era un tipo che attirava l'attenzione né che cercava di farlo, strisciava attorno come un'ombra ingombrante senza permettere agli altri di vederlo davvero.
    Tuttavia, quando veniva trascurato a quel modo, l'ombra si faceva tangibile e così il suo sguardo si spegneva annegando in due distaccate ed infastidite pozze scure.
    Fu la presenza di Amalea ad edulcorare quella situazione.
    Il fatto che la ragazza si accompagnasse al suo fidanzato era un dettaglio che il sud coreano trovava trascurabile.
    Fatte le presentazioni, agganciò lo sguardo di Erin scorgendo nei suoi occhi una tacita richiesta di supporto che tuttavia non riuscì a definire. Non perché non volesse, ma semplicemente perché non aveva idea di quel che stava per accadere.
    Aggrottò la fronte, annuendo soltanto col capo, e prendendosi la parentesi di un attimo per congedarsi anche da Amalea e Brooks.

    No, ma mi sa che mollo anch'io.

    Si accodò alla prima, tuttavia l'intento non era quello di seguirla o riapprociarsi a lei che intanto si era abbandonata su una delle panche, bensì di lasciare la pista e i pattini per non perdere di vista Erin.
    Nel tragitto, finì con l'inciampare nelle ultime parole proferite da Deva, che prese ad allontanarsi di lì a poco per farsi più vicina a quello che sembrava essere il centro di gravità di quella serata.
    Non era uno che amava impicciarsi in fatti che non lo riguardavano, ma aveva l'ultima occhiata di Erin stampata in testa e quel modo che aveva avuto di guardarlo l'aveva messo in allerta.
    Attese di essere da solo con la concasata prima di rivolgersi a lei.

    Chi è la serpe nel seno di chi?

    Non la stava neppure guardando, le prestava il profilo sinistro mentre lo sguardo scuro era proiettato verso quel singolare terzetto di testa. La fronte aggrottata in una smorfia confusa.
    Non potè udire lo scambio di battute tra Elisabeth, Erin e Joshua, tuttavia ci pensò il loro linguaggio del corpo ed il modo in cui la situazione prese a precipitare a dargli un indizio su ciò che stava tormentando la rossa fin dal suo ingresso in sala grande quella sera.

    Non mi piace.

    Il movimento della gente che percepì attorno a lui aveva l'odore del un classico presagio negativo. Fu un attimo e vide Julian andare a sbattere contro Josh e, considerata la distanza dalla quale l'aveva caricato, tutto gli era sembrato fuorché un incidente. Per lo meno visto da fuori.
    Vieni a raccogliermi se va a finire male.
    Se quello era il messaggio che la rossa aveva voluto lanciargli prima, quello era esattamente ciò che aveva capito lui.
    Allungò il passo e fece per avvicinarsi a quello strano quadretto, all'interno del quale aleggiava una malsana aria di elettricità e disagio.

    Murphy?

    Ce l'aveva ancora con lei per essere scappata dai suoi occhi, ma il suo istinto lo spinse ad allungare una mano nel tentativo di sfiorarle il braccio nudo per tirarla via di lì.
    O quanto meno per sincerarsi che avesse la situazione sotto controllo.
    L'uso del cognome era figlio del suo fastidio.
    Non degnò di uno sguardo né Joshua né Julian, lasciando scivolare piuttosto gli occhi sul viso di Elisabeth e piantando le iridi nelle sue. Non emise un fiato, ma i suoi occhi sembravano pretendere una parola, o anche solo un cenno, a riguardo dello stato delle cose.
    Era sufficientemente rilassato e lucido da poter prestare fede alla sua razionalità, analizzando la situazione, piuttosto che profondersi in sceneggiate dal taglio femminista su cose che non lo riguardavano neanche lontanamente.
    In verità, non avrebbe voluto intromettersi, ma non vedeva una via di fuga dal ricordo dell'occhiata di Erin di poco prima.
    E fu mentre le sue dita scivolavano alla ricerca del polso della rossa che si rese conto del fatto che chiunque, lì dentro, avrebbe potuto posare lo sguardo su quel gesto e fraintenderlo come da manuale.
    Compresa Lilith, bella come il sole d'agosto, ancora troppo lontana da lui.
    Joo-hyuk
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    Saluta Amalea e Brooks e si avvicina a Deva L. Lestrange cercando di indagare quello che sta succedendo (?), poi quando nota la spallata del suo compagno di uccelli (Julian Miller) a Joshua B. Evans decide di avvicinarsi al loro gruppetto per soccorrere Erin Murphy e intanto fissa pure Elisabeth E. Lynch per capire se il compagno di uccelli la sta infastidendo. In tutto ciò piange dentro pensando a Lilith Clarke (che non fa mai male).
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    Erano parecchie le voci di corridoio che aveva potuto udire sul conto di Blake Barnes e nessuna di queste raccontava del Black Opal come di una persona tranquilla e posata.
    Il modo che stava avendo di approcciarsi con lui, quindi, lo stava un po' stupendo, anche se non diede modo all'altro di accorgersene. Alla proposta del maggiore, la fronte si aggrottò in un'espressione un po' confusa.
    Non gli sembrava di aver fatto nulla di sbagliato, fino a quel momento, dunque il fatto che un Prefetto volesse portarselo in giro per l'accademia gli puzzava di problemi. Ad ogni modo, decise di seguirlo, sistemando la tracolla sulla spalla ed avviandosi al suo fianco.
    L'osservazione su Lilith Clarke non gli strappò chissà quale reazione. All'epoca di quell'incontro, aveva avuto modo di incrociare la Caposcuola dei Dioptase solo una volta nei bagni e quell'incontro-scontro non era stato neppure dei più idilliaci, quanto più un nugolo di provocazioni e battute sarcastiche.

    Bisogna vedere se lei riuscirebbe ad andare d'accordo con me, però.

    Era un tipo decisamente complicato con il quale avere a che fare e non aveva nessun problema nell'ammetterlo. Inoltre, aveva udito voci sul conto dei due in giro, dunque quel commento gli sembrò ancor più anomalo del contrario.

    Non stavate mica insieme, voi due? Perché la sponsorizzi bene se vi siete mollati?

    Non avrebbe saputo spiegare il perché, ma parlare con Blake con gli stava risultando più facile del previsto. E il sud coreano non era uno che parlava facilmente. Tendeva a starsene sulle sue e parlare il minimo indispensabile, preferendo piuttosto far parlare i fatti. Tuttavia, Blake era vestito di una strana aura che aveva voglia di indagare: sembrava un groviglio sfacciata sincerità con due gambe.
    Peccato che la troppa sincerità la maggior parte delle volte era controproducente.

    Chi dice che sei la pecora nera?

    Chiese a quel punto, voltandosi finalmente a piantare le iridi nere sul profilo del concasato.
    Lui, dal canto suo, non prestava attenzione a ciò che si diceva di lui in giro ma semplicemente perché non gli interessava sapere ciò che gli altri pensavano di lui.

    Discretamente. È tutto molto diverso da ciò a cui sono abituato, ma ci farò il callo. E comunque potrei farti compagnia, generalmente non vado d'accordo con la gente.

    Non sembrava preoccuparsene, tant'è che tirò su un sopracciglio assumendo l'espressione di chi non era interessato ad andare a genio agli altri solo per il gusto che fosse così.
    Almeno su quello, forse, avrebbero potuto incontrarsi.
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    Preferiva non rivelarle che, in realtà, non aveva alcun bisogno del suo aiuto nella composizione di quel compito. Aveva perfettamente chiaro in testa il tema della trattazione e probabilmente, solo per retaggio culturale, conosceva Diwali meglio di chiunque altro risiedesse tra quelle mura.
    Tuttavia, lo stuzzicava l'idea di consegnare nelle mani di Lilith l'illusione di essere necessaria in quel dibattito. Fingersi in difficoltà lo esaltava, solo per poi dimostrare - all'improvviso - che era perfettamente in grado di prendere in mano la situazione a plasmarla a suo piacimento.
    L'aveva già fatto una volta con lei, pochi giorni prima, ed era pronto a ripetere quel pattern all'infinito, se necessario. Perché la cosa lo eccitava e lo divertiva.
    E la Clarke gli piaceva. Le labbra di lei erano divenute la sua ossessione e non si fece alcuna remora nel sbatterle in faccia quella verità.

    Scommetto che ti hanno detto di peggio.

    Cercò di minimizzare l'intensità con la quale aveva proferito le sue precedenti parole, per quanto la pesantezza del suo sguardo permanesse addosso a lei con un'insistenza tale da risultare davvero sfrontato, così come aveva detto lei.
    Fingere di concentrarsi sul compito gli risultava complicato, ma cercò di tenere per sé la difficoltà che avvertiva. Difatti, all'esterno, sembrava davvero assorbito da quella bega scolastica.
    Annuì dapprima con il capo alla domanda di lei, mentre cominciava a tracciare parole sul foglio con la stessa calligrafia contenuta nel bigliettino che le aveva spedito poco prima. Stretta e ordinata, rigida e composta.

    Sì, sufficientemente praticante anche. Seguo la corrente Seon, quella coreana del Buddhismo, che in realtà è strettamente correlata allo Zen giapponese.

    Proferì quelle parole con gli occhi neri riversi sul foglio, mentre continuava ad appuntare cose seppur le sue labbra stessero parlando di tutt'altro. Circa.
    Aveva una capacità di concentrazione fuori dal normale. Non di rado gli capitava di riuscire a scollegare il cervello dalla situazione che stava vivendo fisicamente, per lanciarsi in ragionamenti mentali che avvenivano contemporaneamente a tutto il resto.
    Si irrigidì appena nel momento in cui potè avvertire la figura di Lilith farsi più vicina alla sua, con la sua coscia a premere contro la propria gamba. Staccò appena la penna dal foglio, deglutendo silenziosamente, per poi riprendere a scrivere fingendo che nulla fosse avvenuto.
    Il desiderio di allungare una mano e nascondere le dita sotto la sua gonna stava pian piano montando dentro di lui al pari di un'onda inarginabile, ma si costrinse a continuare ad appuntare ciò che la Dioptase gli stava suggerendo ad alta voce, tracciando periodi in maniera meccanica.

    Diciamo che l'unica differenza nella concezione di Diwali rispetto all'Induismo è che nel Buddhismo si festeggia l'anniversario della conversione dell'Imperatore Ashoka al Buddhismo, appunto. Per il resto, lo festeggiamo in maniera identica.

    Divaricando appena le gambe sotto il tavolo, cominciò ad imprimere una lieve pressione contro la coscia di lei, a continuò a far finta di niente, riprendendo a scrivere.

    Però, potrei soffermarmi sul fatto che... diede vita, a quel punto, ad un dettato a se stesso, rendendo partecipe Lilith di ciò che aveva intenzione di mettere nero su bianco "È interessante notare come il termine "Chhoti" significa "piccolo", mentre "Naraka" vuol dire "inferno". Dunque viene festeggiata la liberazione delle anime contaminate dagli spiriti, per illuminare così la loro strada per il loro viaggio ciclico nell'aldilà. Quindi l'esorcismo in quanto tale è essenziale al fine della realizzazione del Samsara."

    Mise un punto alla frase, sollevando finalmente un po' il busto e tornando a spostare lo sguardo sul profilo del viso di lei.

    Dici che funziona? Non mi soffermerei troppo sui rituali specifici nelle varie zone dell'India, ma solo perché non credo che alla Ivanova interessi del motivo per cui le donne accendono le lampade nei bagni solo nella speranza di diventare più belle.

    Assunse una smorfia un po' scettica, mentre proferiva quelle parole, e gli occhi sostavano su di lei.

    Tu ci credi alla reincarnazione?

    Il modo in cui le pose quella domanda stonava totalmente con la natura della stessa. Sembrava averle chiesto se credesse di poter rinascere in veste di qualcos'altro, ma in realtà la stava guardando come se volesse capire se si sentisse rinata anche solo sfiorandolo.
    Perché quello era ciò che gli interessava: diventare la sua ossessione e tormentare le sue giornate. E non sapeva neppure lui il perché.
    Joo-hyuk
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    Per quanto fosse realistico paragonarlo ad un puzzle, la verità era che Joo-hyuk Kwon non era un puzzle qualunque. La difficoltà nel mettere in fila i tasselli che componevano la sua contorta personalità poteva essere paragonata a quella del riuscire a concludere un mosaico monocromatico.
    Non sembrava esserci una fine o un inizio alle sue parole e ai suoi gesti. Dava una sorta d'idea di infinito. Quasi che lo spazio attorno a lui si allargasse ancora e ancora, rendendo possibile qualunque cosa. Nonostante ci fosse la presenza costante del suo sguardo vigile a scandagliare ogni minimo dettaglio con l'attenzione più estrema.
    Ti dava un senso di possibile, Joo-hyuk, anche quando tutto ti sembrava troppo incredibile.

    Non sono stato molto fortunato su quel fronte.

    La glacialità con la quale commentò la faccenda sui genitori lasciava trasparire un dolore intimo intenso. Sembrava tuttavia al tempo stesso desideroso di lasciar scivolare via il discorso.
    Parlare dei suoi genitori biologici era un'impresa nella quale non si lanciava praticamente mai. I traumi ed il dolore subiti erano ancora incollati lì sulla sua pelle e nei suoi pensieri. Meno costanti rispetto a tanti anni prima, ma comunque presenti.
    Gli sembrava che Amalea stesse cercando di aggrapparsi ad uno specchio invisibile, incapace di spiegare i motivi che l'avevano spinta ad associargli quell'aggettivo che non sentiva appartenergli.
    Prezioso non era uno degli attributi che si sarebbe accollato, ma nonostante ciò era profondamente curioso di capire cosa avesse spinto la Dioptase a fare quel commento troppo precipitoso e perché.
    E così le piantò addosso la profondità del suo sguardo lugubre, studiandola come se volesse strapparle un pezzo d'anima.

    Lo stai chiedendo a me?

    Il sopracciglio destro svettò verso l'alto, mentre Amalea gli rigirava un'osservazione sotto forma di domanda. Ma indagare oltre gli sarebbe risultato fin troppo esagerato. Non voleva indisporla. E dunque finì con il convincersi che il suo "Sul prezioso direi che ci possa stare" era stato solo un commento di circostanza.
    O per lo meno quello stava cercando di fare nel momento in cui si lanciò a capofitto in quella corsa che lo condusse tra le onde tiepide del lago. L'acqua prese quasi a sfrigolargli addosso, complice la temperatura discorde rispetto all'esterno.
    Ritrovare i suoi occhi dopo quella parentesi sott'acqua fu come amplificare il piacere di poter tornare a respirare.
    Continuava a non comprendere il motivo per il quale avvertiva quello strano senso di familiarità ogniqualvolta che il suo sguardo incontrava quello di lei. E nel momento in cui interruppe ogni cosa, bloccandole i polsi, finì con il chiedersi cosa diamine stesse facendo.
    E, soprattutto, per quale cazzo di motivo se ne stava lì a domandarsi cosa avrebbe potuto provare se avesse avuto la possibilità di nascondere il viso nell'incavo del suo collo?
    Domande di quel genere nascevano silenziose ed impronunciabili nella sua testa quando si trovava a vivere una situazione in qualche modo concitata. Troppe parole, troppi movimenti, troppi stimoli in generale lo accendevano come una scintilla provocata da un raggio di sole che filtra tramite una lente di ingrandimento.
    Andava fuori di testa.
    Voleva sapere, voleva capire e il fatto di dover mettere in atto atteggiamenti incomprensibili per farlo lo mandava su tutte le furie.
    Il sorriso che le dedicò era sincero, ma rappresentava solo una parentesi dentro di lui.
    Incassò gli schizzi, imprecando a bassa voce, ma ringraziando ancor più silenziosamente Amalea per aver interrotto quel suo ennesimo momento di estraniazione dalla realtà.

    Ma sei una maledetta.

    Biascicò, tentando di restituirle la stessa tortura fatta di gocce d'acqua, mentre dentro di lui esplodeva la necessità di interrompere ogni genere di contatto fisico tra loro. Ogni minimo sfregamento dei loro corpi era una pericolosissima scintilla che, presto o tardi, non sarebbe stato in grado di arginare.
    La verità era che avrebbe voluto affondare le nocche tra i suoi capelli, costringerla a tirare indietro la testa e lasciar scivolare il polpastrello del pollice sulla sua lingua. Comprendere quanto a lungo avrebbe resistito alla pressione di un ginocchio di lui tra le sue gambe.
    Ma non poteva.
    Non era così che ci si comportava.
    E dunque approfittò del fastidio provocato dagli schizzi per divincolarsi e allontanarsi da lei, immergendosi sotto il pelo dell'acqua e guadagnare un paio di bracciate di distanza prima di riaffiorare.

    Sono famoso per le mie vendette servite fredde.

    Le sue labbra sfioravano la superficie del lago mentre proferiva quelle parole alla ricerca dei suoi occhi.

    Ma sono anche molto bravo a farmi perdonare. Se mi dai un motivo valido per cui dovrei, però, perché io non ne vedo...

    Non era mica stato lui a cercare di affogare lei.
    E non importava il fatto che continuava ad osservarla come se il solo fatto di averla toccata gli avesse scatenato un inferno dentro.
    Si sentiva anormale e non riusciva a fare a meno di chiedersi se tutti i ragazzi della sua età finissero con il sentirsi a quel modo quando avevano a che fare con qualcuno.

    Ultima chance.

    L'aria di sfida che mise su raccontava esattamente ciò che stava pensando: dammi un buon motivo per restare e per cui dovrei farmi perdonare e ti mostrerò cose che non credevi possibili.
    Joo-hyuk
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  8. .
    Dalla posizione che occupava non aveva alcun problema nel tenere sotto controllo i movimenti di Lilith. La vide agguantare il bigliettino che le aveva mandato, ma non potè fare a meno di accigliarsi quando la vide abbandonare lo scaffale per sparire dietro il primo angolo disponibile.
    Allungò appena il collo, cercando con gli occhi neri di intercettare la figura dell'altra, non riuscendo a fare a meno di domandarsi se il suo invito fosse risultato chiaro o meno. Era, in qualche modo, già pronto a seccarsi ed infatti il movimento del suo piede sotto il banco si fece visibilmente più nervoso.
    Poi, fu la fragranza della Dioptase ad invadere il suo spazio sensoriale.
    Prima ancora che fosse in grado di riacciuffare la figura di lei con lo sguardo, socchiuse ancor di più - per quanto possibile - le palpebre sottili sugli occhi scuri, inspirando profondamente così da permettere alla fragranza dolce di lei di invaderlo completamente.
    In una risposta immediata alla presa di coscienza del fatto che Lilith aveva colto il messaggio, rilassò le spalle e rallentò il movimento forsennato della penna a sfera, posando i suoi occhi sul suo volto da una distanza così ravvicinata dall'ultima volta che si erano visti.
    Lo scenario era stato ben diverso, così come la posizione dalla quale aveva potuto raccogliere il suo sguardo.
    Un fremito ne agitò l'inguine a quel ricordo.

    La tua bocca.

    Quella risposta si precipitò fuori dalle sue labbra prima ancora che lui fosse capace di imbrigliarla e tenerla per sé. Non aveva timore alcuno nel dare voce ai suoi pensieri, così come non si vergognava di ammettere dell'ossessione che l'aveva travolto da quando la bocca di lei l'aveva accolto dentro di sé.
    Lo sguardo rimase rigido nel suo, il respiro era silenzioso e appena percettibile.
    Serrò la mascella, cercando di accantonare il desiderio di allungare una mano sotto il tavolo per costringerla a spostare le ginocchia al riparto della superficie del banco per concedere a lui la possibilità di toccarla senza essere visto.
    Concentrarsi sul compito avrebbe potuto aiutarlo in quel suo tentativo di resisterle ed infatti così cercò di fare.

    Più che audace, è una scelta un po' di comodo. L'Induismo e il Buddhismo si somigliano molto.

    Non ebbe problemi nell'ammettere che la sua scelta era ricaduta su Diwali esclusivamente perché la sua fede era proprio una diretta conseguenza dell'Induismo.
    Fu in quel momento che si rese conto del fatto che Lilith, probabilmente, non era al corrente delle sue credenze, ma avrebbe lasciato a lei l'onere di interessarsene e fargli domande a riguardo, qualora l'avesse voluto.

    Anche noi festeggiamo Diwali, ma in maniera un po' diversa. Avevo in mente di concentrare il compito per la Ivanova sul Diwali classico dell'Induismo, approfondendo per lo più le motivazioni dietro le celebrazioni del Naraka Chaturdashi...

    Si interruppe a quel punto, aggrottando appena la fronte nel rendersi conto che, per qualche strana ragione, il suo blocco poetico sembrava essersi sbloccato ora che Lilith era seduta lì con lui.
    Ne dedusse che gli conveniva cominciare a scrivere ed infatti attrasse a sé il blocco degli appunti e cominciò a mettere giù ciò che aveva appena espresso ad alta voce.

    ... che sarebbe il secondo giorno di festa. Ma questo, molto probabilmente, lo sai già.

    Con il capo rivolto al foglio, sollevò soltanto lo sguardo per qualche istante per dirigere le iridi nere sul volto della Clarke.

    La componente magica rintracciabile nella figura del demone mi sembra abbastanza esplicita. No?

    Chiese conferma, ma non perché ne avesse bisogno. Voleva vedere le sue labbra muoversi ed infatti fu lì che si concentrò il suo sguardo, mentre attendeva una risposta con la penna sollevata a pochissimi centimetri dalla superficie del foglio.
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  9. .
    Non aveva mentito, quando aveva detto ad Erin di essere capace di pattinare. Tuttavia, la situazione si stava addensando attorno ad un nugolo esageratamente fornito di contraddizioni e provocazioni che ne alterava l'equilibrio mentale.
    E quello fisico seguì a ruota, come conseguenza del suo tentativo di salvataggio del panda.
    Con le dita agganciate a quelle di Erin, le rovinò addosso senza avere il tempo di dosare la portata della sua invasione. Avvertì il proprio corpo spingersi contro quello di lei seguendo le forze gravitazionali piuttosto che il suo reale volere.
    Imprecò mentalmente serrando le labbra, mentre la speranza che la Murphy non fraintendesse le sue intenzioni si fece spazio nella sua mente. A quell'età era fin troppo facile attribuire anche ai più beceri incidenti un significato che non era quello desiderato.
    Con il collo curvato in avanti, fu solo nel momento in cui il rischio di caduta venne estirpato che si concesse di tornare a respirare. E potè così rendersi conto del fatto che il suo viso era finito rovinosamente vicino alla linea del collo di lei. Sgranò gli occhi sulla sua pelle, deglutendo per un lungo istante salvo poi riacciuffare il pieno controllo di sé mentre si scostava.
    In realtà, la risata di lei era l'unico risultato che sperava di ottenere con la sua battuta improvvisata e, per quanto non fosse uno che sorrideva né rideva con semplicità, si lasciò contagiare per qualche istante dalla leggerezza che colse Erin. Piegò le labbra in un sorriso e sbuffò un principio di risata che si riassunse in un mezzo colpetto di tosse.

    Scusa?! Mi stai ridendo in faccia per la mia scarsa performance?

    Continuò a ironizzare forse solo perché avrebbe voluto che quell'espressione spensierata non abbandonasse mai il suo viso, così da poterla studiare ed assorbire ancora un per un po'.
    Le reazioni istintive e genuine confidavano della gente attorno a sé tutto ciò che lui avrebbe voluto sapere di loro.
    Le permise di riguadagnare equilibrio servendosi del suo corpo e la aiutò a voltarsi accogliendo il suo invito a cingerle i fianchi, stringendo le nocche quel tanto che gli sarebbe bastato a tenerla in piedi.

    Sì, lascia fare a me, che hai già combinato abbastanza guai.

    Non avrebbe potuto guardarlo in faccia a quel punto, ma dal timbro utilizzato era evidente quanto stesse continuando a scherzare.
    Esercitò una lieve pressione con i pattini sul ghiaccio, dunque presero a muoversi mentre la teneva saldamente in piedi, bilanciando ogni minimo squilibrio che sentiva minacciare il suo corpo.
    Dopo una lunga manciata d'istanti, e senza fermare il tragitto in linea retta che stavano compiendo, si sporse in avanti cercando di posare la sua guancia destra all'altezza della tempia sinistra di lei.

    Chi stiamo guardando?

    Pose quella domanda con la fermezza di chi sapeva che qualcuno lo stavano effettivamente cercando con gli occhi. Perché per quanto non potesse conoscere nulla della storia di lei, non aveva mancato di notare la fuga a singhiozzi del suo sguardo.
    Si scostò subito dopo, torcendo il capo per inquadrare Gyll che intanto sembrava rivolgersi proprio alla rossa che stava stringendo tra le dita e a lui, inevitabilmente.
    Sentirsi appellare come "ragazzo del fumetto" gli fece assumere una smorfia piccata, per quanto l'epiteto gli calzasse a pennello, tuttavia non fece in tempo a reagire a quella richiesta che vide il piccolo animaletto schizzare via.
    Cercò con lo sguardo la fonte di quel lancio - che evidentemente mirava ad ottenere un home run - rintracciando la bacchetta levata di Elisabeth e ci mise qualche istante a riconoscerla, conciata a quel modo, e mentre si interrogava se le ragazze di Hidenstone facessero colazione con latte e polvere di stelle perché non vedeva altra spiegazione plausibile strinse i denti tra loro esalando un verso di finto dolore a qualsiasi sarebbe stata la conseguenza del pandico volo di Pixie.
    Contemporaneamente al volo, un'altra voce catturò la sua attenzione. La perfezione con la quale il suo nome venne pronunciato in quel frangente gli diede un indizio chiaro di chi si trattasse. Riconobbe il timbro di Amalea ancor prima di avere il tempo di inchiodarle le iridi nere addosso.
    Peccato che quando si voltò, la traiettoria del suo sguardo non riuscì a intercettarla, perché nel mentre la Dioptase aveva finito con lo schiantarsi sul ghiaccio.

    Ma che sta succedendo?

    Quella domanda la pose ad Erin, tuttavia lo fece con un marcato accento di retorica.
    Volle a quel punto dirigere l'avanzata sua e della rossa nei pressi della coppietta, rivolgendo a Brooks un lieve cenno del capo, per poi carezzare il viso della sua compagna con lo sguardo.

    Fatta male?

    Rimase a guardarla come se fossero soli, immergendosi in uno di quei momenti di intensa estraniazione che lo coglievano di tanto in tanto, in particolar modo quando era presente fisicamente, ma la sua testa era da tutt'altra parte, forse agganciata ad un ricordo, forse in preda all'approfondito studio di qualcosa.

    Lei è Erin Murphy, campionessa mondiale di pattinaggio 2030.

    La rossa avrebbe potuto avvertire la pressione delle dita di lui sui suoi fianchi farsi più intensa, mentre proferiva quelle parole, e finalmente riusciva a scollare gli occhi da quelli di Amalea.
    In tutto quel marasma, aveva finito con il perdere di vista Lilith e Joshua, ma probabilmente era tanto meglio così. Almeno per quella sera.
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    Fa volteggi con Erin Murphy, nota la gnoccaggine della gente in generale e alla fine si avvicina con la rossa a Amalea Davidson e Brooks Ryan O'Connor.
  10. .
    Non aveva mai avuto bisogno di ripetizioni o sostegno in fatto di compiti, tuttavia ultimamente sembrava aver riscoperto il piacere che poteva derivare da una sessione di studio fatta in compagnia.
    In genere, non aveva problemi con alcuna materia - per quanto ne apprezzasse alcune e ne deprecasse altre, come ad esempio astronomia e divinazione - ma quel giorno la penna sembrava più pesante del solito e la sua voglia di mettersi a scrivere un saggio per la Ivanova doveva essersi persa in chissà quale meandro di Hidenstone.
    A seguito della pausa post pranzo, aveva approfittato del pomeriggio libero per chiudersi in biblioteca, ma aveva dovuto ben presto arrendersi all'evidenza del fatto che, semplicemente, quel giorno non aveva voglia.
    I suoi pensieri continuavano ad essere dirottati alle ore che aveva trascorso assieme a Lilith solo un paio di giorni prima. Non avrebbe saputo dare un nome alla veste che aveva assunto quella loro sottospecie di "appuntamento", figlio di una sfida persa, ma poteva giurare di ricordare ogni singolo dettaglio di ciò che era stato detto e fatto quel pomeriggio.
    Stare dunque a riflettere sul Natale, su Halloween o su Diwali era praticamente l'ultima delle sue priorità di quel giorno, tuttavia qualcosa avrebbe dovuto buttarla giù in un modo o nell'altro, tanto per evitarsi un brutto voto.
    Quasi che le sue ossessioni fossero in qualche modo profetiche quel giorno, qualche minuto prima era riuscito ad adocchiare la Clarke in preda ad un'ispezione delle librerie ed era proprio a lei che aveva voluto recapitare un biglietto.
    Un biglietto, sotto forma di piccolo drago di carta, che avrebbe ormai dovuto aver raggiunto le sue mani.

    Quanto ne sai di Diwali? Non riesco a concentrarmi oggi.

    La calligrafia stretta e ordinata con la quale aveva vergato il foglio avrebbe preso forma davanti allo sguardo cristallino della Dioptase che, qualora avesse deciso di voltarsi per intercettare la fonte di quel messaggio, avrebbe potuto raccogliere nel suo campo visivo la figura del sud coreano.
    Occupava da solo un banco per due e c'era una tracolla nera che sfiorava quasi il pavimento agganciata alla spalliera della sedia sulla quale se ne stava seduto.
    Aveva il mento poggiato sul palmo della mano sinistra, le iridi nere inchiodate su di lei e una penna a sfera incastrata tra le falangi del medio e dell'indice della mano destra.
    Continuava ad agitare l'oggetto, così come faceva con il piede al di sotto del banco dove teneva le gambe incrociate all'altezza delle caviglie.
    Era fermo, ma visibilmente irrequieto.
    Solo nel momento in cui i suoi occhi avessero incontrato quelli di Lilith, avrebbe a quel punto pizzicato la carne del labbro inferiore nella presa dei denti, deglutendo piano in attesa che l'altra si avvicinasse al banco per dargli una mano.
    O per chiedergli per quale motivo non riuscisse a concentrarsi.
    Anche se l'occhiata che rifilò alla sua intera figura avrebbe potuto fornirle un indizio abbastanza chiaro.
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  11. .
    L'esperienza vissuta nell'aula di Alchimia aveva abbandonato la sua mente non appena aveva messo piede fuori dall'aula, quello stesso giorno. Era riuscito a trovare una scappatoia a quell'esercitazione alla quale non aveva voluto sottoporsi non perché fosse svogliato, ma perché ben più saldi principi lo animavano.
    Non aveva dato chissà quale enfasi alle sue credenze, se non altro poiché nessuno aveva ancora avuto l'ardire di chiedergli per quale motivo non avesse voluto far ricrescere arti a cadaveri di animali, altrimenti non avrebbe avuto problemi nell'ammettere la verità.
    Non si vergognava di essere credente - per quanto non fosse poi chissà quanto praticante - così come non si imbarazzava ogniqualvolta qualcuno elargiva commenti non richiesti circa il suo essere vegetariano.
    Quando il bigliettino vergato in una calligrafia a lui sconosciuta lo raggiunse, non potè fare a meno di stupirsene. Era riuscito a stringere rade conoscenze tra le mura di Hidenstone, quindi non era solito ricevere messaggi o inviti di sorta. Chiuse le pagine del fumetto che stava svogliatamente leggendo, accasciato su una delle poltrone della sala comune dei Black Opal, rigirandosi tra le dita quel pezzetto di carta fino ad aprirlo per scovarne il contenuto.
    Cominciò a leggere dal basso, dunque non appena i suoi occhi scuri accarezzarono il nome del mittente, non represse il desiderio di assumere una smorfia sorpresa. Strinse le labbra, soppesando quell'invito con il capo che prese a ciondolare all'indietro, spinto contro il bracciolo della poltrona.
    Osservò la stanza all'ingiù, interrogandosi mentalmente sui motivi che avevano spinto la rossa ad accogliere la sua richiesta.
    Aveva semplicemente un animo buono oppure aveva colto il suo bisogno di indagare i suoi occhi per capire se ci fosse spazio di manovra tra loro?
    Stringeva amicizie fin troppo difficilmente e questa sua inclinazione era ben intuibile dai modi riservati e pacati che aveva di fare. Almeno in generale.
    Mantenne quella posizione fino a quando il sangue non cominciò a minacciarne il cervello, risalendo ad arrossarne la pelle, quindi tirò su il capo e diresse lo sguardo al grande orologio aggrappato alla parete della sala.
    Non era solito arrivare in ritardo agli appuntamenti, ma quel giorno avrebbe fatto una lievissima eccezione.

    ***

    Mise piede in terrazza con una decina di minuti di ritardo, avvolto nel tessuto del suo pesante mantello nero che celava parzialmente la divisa sottostante.
    Si trascinava addosso un'ombra di mistero e impenetrabilità. Era complicato perfino riuscire a capire se ti stesse guardando negli occhi, complice non solo il taglio affilatissimo della palpebra, ma anche il colore scuro dell'iride che si annacquava in quello della pupilla.
    Si lasciò indietro l'ultimo gradino, avvicinandosi alla figura composta di lei in perfetto silenzio, lasciando che solo il fruscio del mantello ne segnalasse l'arrivo.
    Le si piantò davanti, le braccia nascoste sotto il tessuto della cappa e le iridi nere spillate sul suo volto.

    Niente cadaveri, spero.

    Il suo tono di voce era stranamente colorato di note ben più cortesi e morbide rispetto alle sue fattezze in generale. Appariva sempre molto rigido, ma in realtà era l'affabilità fatta persona.
    Arricciò l'angolo destro delle labbra in un'ombra lontana di sorriso, quindi prese a slacciare il mantello, così da potersi poi liberare dall'ingombro della tracolla contenente le sue cose che si era portato appresso.

    I professori da queste parti non preventivano le differenze culturali, vero?

    Una domanda, la sua, che in realtà conteneva al suo interno una infinita miriade di altri quesiti.
    Sei abituata a questo modo di fare?
    Hai sempre vissuto da queste parti?
    L'avevi capito che mi sono rifiutato di lavorare con dei cadaveri per un motivo specifico?

    L'interpretazione di quelle sue parole avrebbe potuto essere incredibilmente vasta, quindi le avrebbe lasciato il modo di elaborarla mentre tirava fuori un blocco per gli appunti, una penna a sfera e la propria bacchetta di ciliegio.

    Che leggi?

    Quella, invece, era una domanda incredibilmente specifica che richiedeva una risposta altrettanto puntuale.
    Conoscerai davvero qualcuno solo quando saprai il perché delle sue letture.
    Era una filosofia che si portava dietro da un po', ma era per lo più valevole per gli altri. Lui leggeva gore manga e pensava che questo dettaglio non dicesse niente di lui.
    Ma era vero?
    Joo-hyuk
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    Edited by Joo-hyuk Kwon - 2/12/2022, 17:28
  12. .
    Quel giorno aveva tutto meno che voglia di prendere parte alle lezioni. Aveva la testa totalmente concentrata su altro ed i pensieri invasi dai fotogrammi dei momenti trascorsi fuori dalle mura dell'accademia.
    Lo infastidiva anche solo il pensiero di doversi adeguare ad una tabella di marcia che non aveva pietà delle necessità della sua mente, come se la scuola dovesse fermarsi ogniqualvolta lui avesse bisogno di decomprimere. Gli capitava spesso, di avere delle giornate durante le quali si estraniava quasi totalmente da tutto ciò che aveva attorno e farlo tornare alla realtà era tremendamente difficile.
    Catturare le sue attenzioni alle volte era un'impresa bella e buona e quel giorno sentiva che niente e nessuno sarebbe stato in grado di sgomberargli i pensieri.
    Avrebbe voluto trascorrere il suo tempo a letto, con le iridi di pece fisse contro il soffitto, a pensare e ripensare a tutto ciò che aveva provato in compagnia di Lilith qualche giorno prima, tuttavia non aveva voglia di accollarsi ore di assenza dalle lezioni inutilmente.
    Si costrinse quindi a raggiungere l'aula di Difesa contro le Arti Oscure, incendiando svogliatamente la maniglia e bisbigliando il suo nome con lo sguardo perso nel vuoto di chi è presente fisicamente, ma non con la testa.
    Lo sguardo di Deva, qualche passo davanti a lui, lo trafisse come una lama sottile e affilata. Non si era neppure accorto che la concasata lo stava precedendo, almeno fino a quando non incontrò silenziosamente i suoi occhi. Rigido in volto, le dedicò un'occhiata approfondita, complice il taglio affilatissimo delle sue palpebre che conferiva una sorta di discreta natura al suo sguardo.
    Per quanto di discreto ci fosse ben poco.
    Non emise un fiato, ma decise che avrebbe utilizzato la Lestrange come se fosse la sua personale bussola per orientarsi all'interno di quel posto. Da quel poco che aveva potuto comprendere di lei, gli era sembrata una ragazza riservata e la riservatezza era proprio ciò che gli serviva in quel momento.
    Prese posto accanto a lei, senza neppure chiederle il permesso, lasciando semplicemente scivolare lo zaino sullo schienale della sedia e prendendo posto dopo aver estratto un blocco per gli appunti e una penna a sfera. Affidò poi al palmo della mano sinistra il compito di sorreggere il mento, mentre la voce dell'insegnante gli pizzicava fastidiosamente l'udito dando il via alla lezione.
    Non era una persona svogliata, ma quel giorno non sembrava avere alcuna intenzione di prestare attenzione a qualunque cosa stesse per succede lì dentro, tant'è che prese a scarabocchiare il foglio con pochissima enfasi.
    Prese a disegnare quello che sembrava essere il contorno di un paio di labbra, alternando lo sguardo dal foglio al volto del professore per dargli l'idea di star seguendo il discorso.
    Non registrò assolutamente nulla di quanto detto dai suoi compagni, tuttavia fu la voce della sua compagna di banco di quel giorno ad irretirlo. Non appena Deva guadagnò la parola, fermò la sfera della penna sul foglio, torcendo appena il capo in sua direzione, osservandola di sottecchi mentre elargiva informazioni sull'argomento del giorno.
    Aveva quasi l'impressione che ogni sillaba proferita da lei fosse cadenzata con un ritmo strano. Sbrodolava fastidiosi rivoli di saccenza ad ogni parola che aggiungeva e, per quanto non avesse prestato chissà quale attenzioni agli interventi precedenti, gli sembrò abbastanza chiaro che il suo fosse un tentativo di rimbeccare le inesattezze proferite dai loro compagni di corso.

    Attenta a Beauvais. Se gli fai fare un'altra figura di merda potrebbe diventare davvero maligno come uno dei suoi goblin.

    Tracciò quelle parole sul foglio, disperdendo le attenzioni sulla carta per qualche istante, per poi tornare a dirigere nuovamente le iridi nere sul profilo di Deva, sospingendo in sua direzione il blocco per gli appunti per permetterle di leggere quanto aveva appena scritto.
    Intanto il suo viso restava parzialmente nascosto dentro il palmo della mano.
    Non aveva la più pallida idea se James fosse o meno una persona così negativa, ma il suo voleva solo essere un aggancio per comunicarle quanto in realtà stava pensando di lei.
    Era stata una stronza vera.
    Di quelle che se cadi inciampando ti calpestano pur di non sporcarsi le scarpe di fango.
    Riportò gli occhi sul professore, rigirandosi la penna tra le dita per poi bloccarla con il cappuccio che puntava verso di lei. Un tacito invito a rispondergli, ora che neanche la stava più guardando.
    Joo-hyuk
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    Si siede vicino a Deva e scribacchia su un blocco appunti. Non fa domande né si esprime.
  13. .
    Tra le tante cose che non aveva considerato c'era il fatto che, mentre lui ignorava il significato ed il prezzo di quella serata, altri invece conferivano a quelle poche ore un valore inestimabile. Almeno dal loro punto di vista, che era quello di adolescenti in preda a chissà quale baraonda emotiva.
    Inviti fatti più per ripicca che per piacere, malumori dovuti ad intrecci impensabili e chissà quanti altri meccanismi troppo lontani da lui per essere concepibili.
    La presenza di Miguel Andor al suo fianco non faceva altro che incrementare il suo senso di inidoneità alla situazione. Si stava sforzando, ma il latino gliela stava rendendo davvero complicata. Dovette infatti cercare di escludere la sua voce petulante per provare ad analizzare la situazione che gli si era parata davanti.
    Dovette cominciare a fare i conti con il fatto che Lilith gli stava lì davanti in compagnia di qualcun altro e si ritrovò a domandarsi per quale motivo non gli fosse passato per la testa di provare ad invitarla quella sera.
    Mostrarsi in giro in sua compagnia non era nei suoi piani, eppure la Dioptase gli aveva inondato i pensieri per giorni a seguito dei loro incontri. Non che non volesse approfondire la sua conoscenza con lei, ma subconsciamente aveva forse dato per scontato che l'altra avesse già un accompagnatore.
    Il rischio di beccarsi un "no" dritto in faccia non sarebbe stato tollerabile.
    Erano state troppe le variabili ad accavallarsi in quell'ultimo periodo, quindi lasciar perdere completamente l'idea di recarsi al ballo con qualcuno era stata la soluzione più semplice da adottare.
    E la situazione alla quale stava assistendo gli diede ragione: la mora era già con qualcuno, quindi lui si era matematicamente evitato una figura di merda colossale.
    Peccato che, in realtà, l'equazione non fosse proprio quella che aveva immaginato lui.

    Evidentemente sono insieme stasera, sì.

    Senza neanche provare a nascondere il tono di voce seccato, si rivolse a Miguel nel tentativo di placare il suo ciarlare a riguardo di Lilith in compagnia di Josh Evans. Il ragazzone gli stava rendendo quell'esperienza ancora più pesante di quanto non fosse già.
    Fu in quell'istante che avvertì le iridi glaciali della Caposcuola stridere contro il suo viso. Agganciò i suoi occhi dalla distanza e ne sorresse lo sguardo per una manciata di interminabili istanti.
    Avrebbe potuto giurare di aver letto un po' di risentimento in tutto quell'azzurro, ma non seppe spiegarsi il perché. Dopotutto lui era lì con Miguel Andor, che non era il suo accompagnatore, mentre lei era lì con Joshua Evans.
    Quindi? Cosa l'aveva messo nella posizione di meritarsi quella stilettata?
    Cominciò a spostare lo sguardo verso altri lidi solo per la necessità che avvertiva di bere qualcosa di decente e togliersi dalla testa lo sguardo algido della mora, quindi non prestò particolare attenzione al fatto che qualcun altro gli si stava avvicinando.
    Fu il profumo di Erin, prima ancora che la sua figura, ad aggrapparsi ai suoi sensi, portandolo a voltare il capo cercando con gli occhi affilati la fonte di quella fragranza.
    Nel processo, fulminò Andor con lo sguardo, portando il ragazzo a dileguarsi di lì a qualche breve istante così da potersi crogiolare nel dolore di non essere in compagnia della Clarke, quella sera.

    Ho le spalle multifunzione, nel caso. Nascondiglio, muro del pianto, muletto...

    Rispose al suo sorriso con l'angolo destro delle labbra che si arricciò in un ghignetto divertito, quindi estrasse entrambe le mani dalle tasche del pantalone solo per accostare i palmi alle cosce e piegare poi il busto in avanti, in un cortese quanto breve inchino alla volta di lei.
    Certe abitudini che si portava dietro erano dure a morire, ma la compagna ormai avrebbe dovuto esserne più che consapevole dopo tutti quei mesi trascorsi tra le mura dello stesso istituto.

    Mi sa che di forte, da queste parti, c'è solo la mia voglia di bere.

    Aggiunse, tornando ad affondare le mani nelle tasche e percorrendo con lo sguardo la stessa traiettoria degli occhi di lei. Non poteva essere sicuro di aver inchiodato le attenzioni esattamente dove le aveva dirottate anche lei, quindi nel ritrovasi l'oggetto del suo fastidio di nuovo a portata di mano arricciò le labbra in una smorfia molto poco divertita.
    Non commentò in alcun modo, tornando a guardarla per permettersi così di liberare la mente e concentrarsi su ciò che aveva davanti. Non potè fare a meno di focalizzarsi sull'eccezionale contrasto che le ciocche rosse di lei creavano a contatto con la trama del vestito. Veniva da una terra dove i colori di Erin non esistevano, almeno non in natura.
    Non era abituato alle rosse né alle bionde, così come non era abituato all'ipnotico movimento di labbra dipinte voluttuosamente di rosso.
    Mentre l'altra si martoriava in silenzio alla vista di Josh con qualcun altro, lui si prese il tempo per distrarsi dal ricordo del sapore di Lilith, restando magnetizzato sulla visione della bocca di Erin che riposava nel suo doloroso silenzio di contemplazione.

    Certo.

    Si affrettò soltanto ad aggiungere, in risposta alla sua domanda, vedendosi costretto a sbattere le palpebre un paio di rapide volte mentre la rossa spariva dal suo campo visivo dirigendosi fin troppo velocemente verso la pista di pattinaggio.
    Non potè fare a meno di maledirsi mentalmente per il suo ennesimo momento di black out.
    Gli capitava spesso, fin troppo spesso, quando si ritrovava ad affrontare situazioni non prevedibili.
    E lo odiava.
    Finiva con l'estraniarsi senza apparente motivo, mentre la sua testa lavorava in maniera febrile nel tentativo di sviscerare tutto ciò che lui non riusciva a spiegare.
    Afferrò a sua volta un paio di pattini, affrettandosi a seguirla per poi appiedare sulla pista e volgendosi in sua direzione porgendole il palmo di una mano.

    Muletto o renna da slitta, quello che preferisci.

    Dovette combattere con tutte le sue forze contro l'impulso di cercare Lilith e Joshua con gli occhi, tant'è che fossilizzò lo sguardo sul volto di Erin, invitandola a seguirlo, mentre un'ombra alle sue spalle sgusciava lentamente sul ghiaccio.
    Un'ombra troppo piccola per poter essere quella di Miguel Andor accasciato sulla pista.
    Allungò un piede dietro di sé, puntellando la lama del pattino nel ghiaccio nel tentativo di bloccare lo slittamento del panda rosso di Gyll, peccato che nel processo finì con il perdere l'equilibrio, divaricando un po' troppo le gambe e sbilanciandosi in avanti.
    Come risultato, a meno che Erin non fosse scivolata via, sarebbe inevitabilmente finito addosso alla rossa, costringendola a slittare all'indietro fino ad incontrare il bordo della pista con il bacino. Lui, dal canto suo, avrebbe cercato di restare in piedi agganciando entrambe le mani al metallo dello stesso bordo, accogliendo la figura di lei tra le braccia.

    Non dire una parola. In realtà è una coreografia che ho studiato appositamente per oggi.

    Una parafrasi delle sue ultime parole sarebbe potuta essere "che stratosferica figura di merda", ma per evitare ulteriori danni, restò in silenzio scostando il busto da lei nel tentativo di tornare a raccogliere i suoi occhi nei propri.
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    Elucubrazioni mentali su Lilith e Josh mentre chiacchiera con Erin, poi segue la rossa sulla pista di pattinaggio e quasi cade cercando di bloccare il panda di Gyll. Finisce addosso a Erin (o per terra, nel caso in cui lei si scansi). C'è del post in questo disagio.
  14. .
    Aveva considerato a lungo la possibilità di saltare a piè pari quella serata e restarsene nella sua camera. In Corea del Sud il Natale non era mai stata una festività così eccezionalmente sentita come lo era in Occidente e, in genere, aveva sempre dedicato ai festeggiamenti il tempo di una sola giornata.
    Non era dunque abituato a tutto quello sfarzo né a tutta l'emozione che derivava dal prendere parte ad eventi del genere.
    Tuttavia, la sua presenza in Sala Grande quella sera voleva essere un tentativo di acclimatarsi ad una delle tante cose alle quali non riusciva ancora a dare un senso. Ma semplicemente perché erano troppo lontane da lui e dalla sua cultura per poterle comprendere.
    Questo era stato in larga parte il motivo per il quale non si era degnato di invitare nessuno quella sera. Non poteva immaginare quanto importante potesse essere quell'evento - e quel periodo in generale - per i suoi compagni di scuola, compresi quelli ai quali aveva avuto modo di avvicinarsi almeno un po'.
    La sua non aveva voluto essere una mancanza avuta di proposito, semplicemente per lui quello era un giorno come un altro. Peccato che quel suo atteggiamento avrebbe potuto lasciare campo libero ad una sfilza di interpretazioni che non erano da biasimare.
    Quando il taglio affilatissimo dei suoi occhi si posò sulla sala addobbata, non riuscì a fare a meno di stupirsi per l'attenzione che era stata messa nell'organizzazione di quella serata. Non che non avesse mai partecipato a delle feste in vita sua, ma sicuramente niente del genere.
    Mahoutokoro era sempre stata più sobria da questo punto di vista.

    No, non l'ho vista e non so dove sia, Andor.

    Venne immediatamente assalito dal concasato che più di tutti lo stava tampinando nell'ultimo periodo: Miguel Andor. Non riuscì a fare a meno di fulminarlo con lo sguardo, mentre inchiodava il passo all'ingresso della sala e nascondeva le mani nelle tasche del pantalone nero che indossava.
    Nero come la giacca, il dolcevita e i chelsea boots che completavano il suo outfit di quella sera.

    Sei ossessionato, ti servirebbe un hobby.

    Suggerì, con un tono di voce talmente pacato da riuscire a nascondere la velata offesa che stava cercando di rivolgergli. Il ragazzone latino, dal canto suo, sembrava in piena frenesia. Continuava a guardarsi attorno con una foga tale che pareva quasi che stesse per svitarglisi la testa dal collo.
    Sembravano uno la nemesi dell'altro: Miguel così eccezionalmente colorato nel suo abito di un rosso acceso e cangiante affiancato al sud coreano che, invece, era calato in un abbigliamento total black che ne metteva in risalto i tratti affilati.
    Mentre uno continuava a muoversi con movimenti ampi e fastidiosi, l'altro se ne stava piantato a terra a scrutare tutto ciò che aveva davanti, sperando intimamente di riuscirsi a liberare dell'esuberante Black Opal per concedersi un drink. Ma il danzatore di salsa per eccellenza non sembrava intenzionato a lasciarlo in pace, tant'è che appena si mosse, quello prese a seguirlo come un'ombra.
    Sospirò profondamente, socchiudendo ancor di più le palpebre sugli occhi neri, e tornò a fermarsi solo dopo aver raggiunto una delle tavolate. Afferrò una pizzetta e tornò a fronteggiare il resto della sala, sollevò dunque lo stuzzichino che aveva trovato, ma fu nel compiere quel movimento che adocchiò Lilith nel suo campo visivo, ad una scarsa quindicina di passi da loro.
    Bloccò il braccio a mezz'aria, mentre il sopracciglio destro invadeva la fronte in una smorfia tanto sorpresa quanto un filo, inspiegabilmente, infastidita.

    Chi è quello?

    Non un commento circa la Dioptase, solo un quesito a sollevarsi in direzione di Andor che intanto si era ficcato in bocca una quantità spropositata di gambi di sedano.

    Fofhua Efanf. Amefìn.

    Non ci aveva capito un accidente, in verità, tant'è che serrò la mascella irrigidendosi e sbuffando anche sonoramente dalle narici.

    Chi?

    Il suo invito a ripetersi dovette aspettare il lasso di tempo utile a Miguel a deglutire, voltarsi e rendersi finalmente conto che la sua adorata Lilith era in compagnia di qualcun altro.

    Joshua Evans, Ametrin. E che ci fa con lei?!?!?

    L'ululato di Andor lo infastidì talmente tanto che dovette abbandonare la scenetta che si stava consumando poco più avanti per dirigere lo sguardo sul compagno e trafiggerlo per qualche lungo istante, invitandolo tacitamente a non alzare troppo la voce.

    Non urlare.

    E a quel punto non riuscì più a comprendere se il fastidio che stava provando fosse per la voce intollerabile del Black Opal o per quell'inattesa parentesi alla quale si era trovato ad assistere. Prese un profondo respiro, mentre mentalmente non potè fare a meno di domandarsi per quale ragione si sentisse a quel modo.
    Il fatto di non riuscire a capirsi lo infastidì ancora di più, se possibile.
    Torse il busto e abbandonò la pizzetta intonsa nello stesso vassoio dal quale l'aveva recuperata, ripulendo rapidamente le dita dall'olio così da poter tornare a nascondere entrambe le mani nelle tasche.

    C'è qualcosa di decente da bere?

    Che non fosse succo di zucca, probabilmente.
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    Arriva in sala e viene accalappiato dal fantastico Miguel Andor. Poi adocchia Lilith e Joshua, mentre Miguel strilla di dolore per la sua amata in compagnia di un altro, quindi cerca da bere qualcosa di forte che non troverà.
  15. .
    Riuscire a sbottonarsi per lui era quanto di più complicato potesse riuscire a fare. Faticava a fidarsi e, di conseguenza, a mostrarsi in maniera cristallina specialmente con chi conosceva appena. O per niente.
    Di Amalea conosceva appena il nome e poco altro, eppure solo ad osservarla in viso la ragazza gli restituiva un senso di appartenenza difficile da spiegare. Guardarla lo faceva sentire come se avesse messo piede all'interno della propria comfort zone, per quanto la Dioptase fosse tutto meno che quello.
    Non sapeva quanto potessero avere in comune e non sembrava avere fretta di scoprirlo. Solo il suo sguardo intenso tradiva una curiosità difficile da giustificare.
    Ma fortunatamente la ragazza non sembrava intenzionata ad indagare la natura delle sue occhiate.

    Sì, ma che ci vuoi fare. Ognuno ha i suoi gusti.

    La sua poteva sembrare un'osservazione becera, eppure il modo con il quale proferì quelle parole lasciava trasparire tutto meno che quello.
    Amalea ci aveva visto giusto: era uno che osservava molto e giudicava mai.
    Tuttavia non credeva davvero di suscitare chissà quale dolce desiderio nella testa di lei con quel suo accenno ai muffin, tant'è che scrollò le spalle con noncuranza nel momento in cui lei evidenziò quella loro "mancanza".
    Aveva voglia di nuotare, piuttosto che mangiare, ma non avvertì la necessità di stare a specificare il dettaglio.

    Possiamo andarci dopo.

    Quelle parole abbandonarono le sue labbra prima ancora che il sud coreano potesse anche solo elaborarle mentalmente, tant'è che l'altra avrebbe potuto accorgersi del movimento delle sue palpebre che si schiusero appena sulle iridi nere con un velo di sorpresa ad attraversarle.
    Non voleva darle l'impressione di costringerla a trascorrere con lui più del tempo che avrebbero potuto condividere sotto la protezione della cupola e non perché non volesse davvero, ma più perché non sapeva praticamente nulla di lei.
    Non poteva prevedere quanto il suo invito potesse eventualmente metterla a disagio né quale meccanismo avrebbe potuto innescarsi nella sua mente o se il fatto che qualcuno potesse vederli insieme rischiasse di generare della fastidiosa entropia nella sfera dei suoi affetti.
    Effettuò quel ragionamento nel lasso di un battito di ciglia.

    Se hai fame.

    Si affrettò ad aggiungere, cercando di distorcere quella proposta per farle indossare l'abito di una gentilezza fatta nei suoi confronti, più che del suo desiderio di prolungare quell'incontro.
    Si affrettò anche a distogliere lo sguardo dal suo viso, cercando di concentrarsi su qualsiasi cosa che non fosse il suo viso.
    Sollevato dal fatto di poter cambiare argomento, sperando di essere riuscito a camuffare quella che nella sua testa era suonata tantissimo come una gaffe, accantonò il discorso sul nome poiché gli era sembrato di essere stato abbastanza chiaro a riguardo.

    Sì dai, sei curiosa abbastanza da sapere quanto vive in media un Respiriano.

    Una concessione la sua, mentre arricciava l'angolo delle labbra a lei visibile in un'ombra lontana di sorriso.

    Ah sarei prezioso? Perché?

    Riconquistò i suoi occhi con i propri con una fretta abbastanza anomala. Le inchiodò lo sguardo addosso, mentre il campanello della sua curiosità trillava impazzito nella sua testa.
    Se qualcuno gli avesse chiesto quale superpotere avrebbe voluto, la risposta sarebbe stata sicuramente quella di poter leggere nella mente degli altri. Generalmente non gli interessava sapere cosa la gente attorno a lui pensasse di lui, a meno che non si trattasse di persone che lo incuriosivano a sufficienza.
    E Amalea lo incuriosiva in maniera fastidiosamente più che sufficiente.
    Dovette cercare di infrangere la staticità della contemplazione del suo viso per evitare di inciampare nell'ennesimo potenziale equivoco, quindi spogliarsi e lanciarsi alla volta del lago fu l'escamotage perfetto da utilizzare.
    Si precipitò in una corsa sfrenata, evitando gli incantesimi che la bruna cercò di castargli addosso.

    ADDIRITTURA ALLE SPALLE?

    Alzò il tono di voce urlando, così da essere sicuro di essere udibile e sovrastare anche la pioggia che intanto gli infradiciava la pelle. Quindi sparì sotto il pelo dell'acqua solo per essere raggiunto, poco dopo, anche da lei.
    Tuttavia, non ebbe il tempo di rintracciarla visivamente, poiché non appena fece capolino oltre la superficie avvertì la pressione delle sue mani sulla testa e fu costretto ad immergersi senza essere riuscito a riprendere fiato come si deve.
    Sentì i polmoni bruciare per la carenza di ossigeno e mentre raccoglieva l'immagine sfocata del corpo seminudo di lei sotto l'acqua, allungò le braccia nel tentativo di afferrarle i polsi e costringerla ad allargare appena le braccia, prima di risalire a prendere fiato.
    Annaspò un respiro pesante, quindi scosse con forza il capo, incapace di lasciarle andare i polsi - sempre che fosse stato in grado di afferrarli - nel tentativo di restare a galla.

    Tutto avrei detto di te, meno che fossi una persona così violenta.

    Il sarcasmo delle sue parole sarebbe stato reso palese dall'espressione divertita del suo viso. Non che stesse ridendo, ma aveva lo sguardo acceso dalla piacevolezza di quel gioco.

    Adesso fatti perdonare prima che sia troppo tardi.

    Voleva suonare minaccioso, ma non in maniera preoccupante, tant'è che avrebbe lasciato scivolare entrambi i pollici verso il centro delle sue mani, trasformando la presa sui suoi polsi in un blando gancio sui suoi palmi, costringendola a sollevare di pochissimo le braccia.
    Il fiato ancora corto da quei pochi secondi trascorsi sotto l'acqua, respirava a labbra dischiuse, ignorando i fastidiosi ciuffi di capelli scuri incollati alla pelle della sua fronte.
    Solo a quel punto le sorrise davvero, sollevando il solo angolo destro delle labbra, ancorato ai suoi occhi per non tornare ad affondare.
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