Posts written by Louvenia

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    La lezione si fa interessante. Beh, più interessante, perché lo era già da prima.
    Sono contenta di ricevere un sorriso dal professore a seguito del mio esuberante intervento: è una sensazione strana non venir rimproverata o corretta da un adulto, cosa che di solito accade sempre quando apro bocca, specialmente nei contesti di apprendimento. Il mio momento di gloria come studentessa modello, tuttavia, dura poco: mi distraggo ascoltando i bisbigli di alcuni compagni e il mio sguardo torna inevitabilmente sulla parte a valle del Grand Canyon mentre Keegan risponde alle domande degli altri. La concentrazione si rifocalizza dove dovrebbe quando ci viene spiegato il compito pratico che ci attende.
    Nel mio gruppo ci sono altri tre ragazzi che non conosco bene se non di vista. Ho una pessima memoria sia per i volti che per i nomi, quindi il fatto che il professore ci abbia chiamati è di grande aiuto, così evito di rinominare Harry Henry, Fitz Spritz e Nick Mike, o che so io. Il blu è un colore che mi piace (a dire il vero mi piacciono più o meno tutti, eccetto quelli smorti, tipo il grigio e il marrone) perciò accolgo la spilletta con gioia e me la appunto fiera sul top.
    «Pronta!»
    Insieme ai miei compagni mi rifaccio un viaggio sulla passaporta, che stavolta ci trascina a una distanza molto inferiore, in fondo alla gola. Sbircio la mappa che tiene Harry da sopra la spalla del ragazzo e non ci capisco una mazza. Cioè, vedo la X della meta, ma non mi raccapezzo su dove siamo noi. Pazienza, tanto non sono io a dover condurre il gruppo, mi accontento di marciare come un bravo soldatino, svoltando a destra, svoltando a sinistra, destra, sinistra, su, giù e inciampando occasionalmente su qualche sassolino.
    «Non vi sembriamo dei pirati a caccia di un tesoro?», ridacchio a un certo punto, il naso per aria.
    Il sole picchia forte sulle teste e vorrei essermi ricordata di portare con me un cappellino, oltre che gli occhiali da sole. Il fiume che ci scorre a fianco è sempre più invitante…
    E poi SBAM, eccolo, lo scoiattolo gigante!
    Saltello attorno alla statua per apprezzarne le fattezze realistiche da ogni angolazione. Sarebbe davvero fico se gli scoiattoli avessero queste dimensioni nella realtà. Nel parco di Casselwood Lair ce ne sono a bizzeffe e non posso fare a meno di immaginarmi in sella a uno di essi, grande quanto un pony, se non di più. Chissà se sarebbe facile domarli. Secondo me sì. Servirebbero solo tante noccioline. Tante tipo a tonnellate.
    Scaccio via dalla mente il nonsense delle mie fantasticherie per concentrarmi sui doveri della squadra, fosse mai che per colpa mia ci rimettano tutti. Mi posiziono a lato del bestione di pietra (dal musino adorabile), entro un metro da esso, e sfodero la mia fedele bacchetta.
    «Contiamo fino a tre?», mi accordo con gli altri, avendo appreso dal professore che la sincronia è fondamentale per la riuscita dell’incantesimo.
    Uno. Traccio due linee verticali davanti a me con la punta del catalizzatore, dall’alto verso il basso.
    Due. Compio un lieve affondo in aria.
    Tre. «Corpusfiguro!» La mia voce è chiara e limpida, la dizione perfetta, come Miss Florence mi ha raccomandato di fare per anni, assillandomi.
    La bacchetta emette un flusso magico di colore bordeaux che colpisce in pieno la statua. Sorrido soddisfatta.
    Quello che era un blocco di pietra inanimato comincia a rimpicciolirsi per l’azione combinata di noi del primo anno e in attimo la trasformazione in un vero scoiattolo si completa.
    «Che carino!», esclamo. Mi chino e cerco di attirare l’animaletto verso di me, ma quello si tiene comprensibilmente lontano, guardingo. Frugo nelle tasche in cerca di cibo da offrire in cambio della sua fiducia, ma inutilmente: trovo solo un buco nella stoffa e l’incarto vuoto di un’apefrizzola.
    Strabuzzo gli occhi. Il sole mi ha forse intontito? Perché ci sono due scoiattoli? Ci vedo doppio? Poi ricordo e rido di me stessa. Che sciocca che sono, la seconda creatura è Harry! Deve essersi trasformato con successo mentre io perdevo tempo con lo scoiattolo numero uno.
    «Sei pronto? Adesso ti riporto alla tua forma naturale!», lo avverto, come se potesse capirmi. Anzi, di sicuro mi capisce, ma non può rispondermi, se non attraverso squittii.
    Mi schiarisco la voce e richiamo a me la concentrazione necessaria per una seconda performance magica. Punto su Harry-scoiattolo la bacchetta e pronuncio la formula, ma qualcosa va storto. Non succede nulla.
    «Ehm, aspetta, adesso ci riprovo». Speriamo non si faccia prendere dal panico per il mio fallimento. Io sono tranquillissima. Fino a tre tentativi è tutto valido.
    «Réverto».
    Ancora niente.
    Qualcuno mi fa notare che ho cileccato la pronuncia e io mi batto il palmo della mano sulla fronte. Hanno ragione!
    «Questo sole deve avermi fritto il cervello», mi giustifico. «Stavolta è la volta buona».
    E ho ragione: Harry viene restituito alla sua forma umana con un mio svolazzo di bacchetta.


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    Passiamo ai fatti, poche divagazioni (o quasi!):
    - interazione con i compagnucci della squadra blu;
    - incantesimo Corpusfiguro castato con successo;
    - incantesimo reverto castato al terzo tentativo
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    Non tutti hanno la mia stessa audacia sprezzante dei pericoli. Oppure, come molti potrebbero obiettare, sono io a mancare del più comune buon senso, utile a salvarsi l’osso del collo. Personalmente, preferisco la versione in cui mi si riconoscono capacità eroiche fuori dal comune.
    Ero convinta di essermi mantenuta a una distanza dal burrone tale da non potermi considerare “in pericolo”, ma evidentemente il mio giudizio e quello di alcuni dei miei compagni non combacia. Sento una presa decisa avvolgermi il braccio e, nella sorpresa, vengo tirata via dal punto di osservazione che mi sono scelta senza provare a opporre resistenza. Sollevo lo sguardo, confusa, e incontro quello di un ragazzo pronto a darmi un consiglio che sa tanto di parere non richiesto.
    «Non ti conviene avvicinarti troppo. Potresti scivolare!»
    Per un istante socchiudo gli occhi e inclino la testa: un rituale di gesti che di solito mi aiuta a ripescare dalla memoria quel che mi serve. Ma certo! Delle persone mi rimangono impressi soprattutto i dettagli, le particolarità, quindi il neo che il giovane mago ha sul volto me lo fa riconoscere quasi immediatamente come colui che ho “tamponato” per sbaglio durante la cerimonia dello Smistamento.
    «Oi, per chi mi hai presa? Non sono mica un’imbranata», ribatto sollevando il mento con aria fiera e liberandomi dalla sua stretta.
    Lui non lo sa mica delle ventisette cicatrici che ho sparse per il corpo a seguito di cadute dagli alberi, cadute da cavallo, cadute dagli scogli, cadute dalle scale, cadute dalla scopa… È strano, a volte so essere una scheggia fulminea e letale, altre volte la mia goffaggine si manifesta quando meno me lo aspetto (e quando meno ne ho bisogno per sopravvivere e evitare umiliazioni).
    Mentre sto ancora guardando il tipo-dalla-schiena-dura-come-un-muro, sfidandolo a contraddire la mia affermazione, Benjamin, un compagno Ametrin, mi fa una domanda che mi mette in difficoltà.
    «Siamo venuti qui per imparare, non credi anche tu, Cassia?»
    «Emh… certo», rispondo poco convinta.
    Imparare, studiare, apprendere etc. non sono esattamente le prime cose che mi vengono in mente quando mi trovo in una situazione simile, con meraviglie da esplorare, avventure da vivere e scoperte sensazionali che aspettano solo me. Però Benjamin ha ragione, ovviamente. Il professor Keegan ci ha portati qui con uno scopo accademico, non per fare un’allegra scampagnata. Sorrido al ragazzo che mi ha interpellata con fare di incoraggiamento: lui sì che sembra un secchione in piena regola e io non posso che ammirarlo, anche se non ne condivido l’entusiasmo intellettuale.
    Ma le sorprese non sono finite qui, per me. Possiedo sufficiente autocritica da essere consapevole della mia loquacità. In parole povere sono una gran chiacchierona. Cathy mi dice sempre che sarei in grado di stordire con le mie ciarle persino il capo dei nostri gnomi da giardino, che è sordo come una campana. Forse, tra gli studenti di Hidenstone, c’è qualcuno che mi batte. Julio – credo si chiami così, o magari Julian – ha veramente tanto da dire, tanto al prof quando a noi compagni di classe. Quando tocca a me essere il bersaglio delle sue battute, non faccio in tempo a domandargli che cosa sia il “bungy jumping” che lui ha già cambiato interlocutore.
    «Se ti va puoi starmi vicino, così non mi preoccupo che tu possa precipitare!», torna ad ammiccare al mio indirizzo, in un bisbiglio.
    Non riesco a trattenere un sorriso divertito. Ci vuole fegato per andare in giro a dispensare occhiolini e frasi da cascamorto, glie ne do atto, ma con me non attacca.
    «Se ti rimango vicina, sarai tu a finire disotto. Per opera mia», è il mio sussurro di replica, altrettanto scherzoso.
    Poi, stufa di tutti questi bellimbusti che mi sottostimano ad una donzella da trarre in salvo, mi allontano da loro per avvicinarmi al professore, il quale ha iniziato la lezione. Ascolto interessata: fino a qui niente di complicato che mi mandi in pappa il cervello. Ottimo. Ce la puoi fare, Cassia.
    Dopo essermi assicurata il superfluo maglioncino alla vita con un nodo, sollevo la mano: «Piante! Cioè, vorrei parlare delle piante, per aggiungere qualcosa a quel che ha già detto Giada». Attendo che Keegan mi dia il via libera, poi attacco con tutto ciò che mi ricordo sull’argomento grazie alla pazienza e alla dedizione di Mastro Francis, il giardiniere di Casselwood Lair, nonché mio carissimo amico e vispo sessantenne.
    «In termini di grandezza, si definiscono piante di piccola taglia quelle che non superano i due metri. Sono ad esempio…» Mi guardo attorno in cerca di ispirazione, ma questo tassello in particolare di America non offre chissà quale grande varietà di flora, perciò torno con la mente nella proprietà di famiglia. «La lavanda, il timo, il dragoncello, che sono le mie piante preferite per insaporire il cibo, così, per dire».
    Mostro il pollice della mano destra per tenere il conto delle cose da menzionare; alzo l’indice mentre proseguo con scioltezza: «Quelle di media taglia, almeno per me, sono più difficili da riconoscere a occhio. L’altezza dovrebbe essere compresa – se ricordo bene – tra i cinquanta centimetri e i dieci metri, ma chi va in giro con un righello, o con qualcosa di adatto per misurare le piante? Per stare sul sicuro, direi che ci rientrano i mandarini. Non i frutti in sè, l’albero che li produce. Riesco sempre a coglierli senza usare una scala, quindi penso che a dieci metri non ci arrivino».
    «Infine…», mi sovviene il dubbio che stia parlando troppo, ma lo scaccio via. Per una volta che posso evitare di fare scena muta a lezione, mi conviene approfittarne. Sollevo il terzo e ultimo dito: «Infine c’è la taglia grande: le piante devono misurare più di un oggetto Medio – di cui non ricordo le dimensioni, scusate – e meno di venti metri. Tipo un baobab. No, che dico? I baobab li superano i venti metri… Allora come vengono classificati? Va bè, facciamo che un esempio di pianta di taglia grande è … la Cassia Fistula, anche detta “golden shower tree” per la cascata di fiori gialli».
    Ok, ok, nessuno ha chiesto di scendere così tanto nello specifico e a nessuno interessa dei nomignoli delle piante, che Francis invece conosce a menadito e reputa essenziali per entrarci in sintonia. Però sull’argomento sono ferrata, so tutto su ogni tipo di Cassia per via dell’origine del mio nome e tapparmi la bocca mi è stato impossibile. Spero almeno di aver detto cose giuste e non una marea di castronerie, considerando che la McCarty aveva riassunto già tutto quel che c’era da dire. Beato il dono della sintesi e chi ce l’ha. Non io di sicuro!

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    Chiedo umilmente perdono per la lunghezza del post, ma ci tenevo a interagire con tutti e a partecipare attivamente alle lezione. Purtroppo mi sono accorta tardi che Giada (la cui risposta era a pagina due e che per questo motivo mi era sfuggita) aveva già risposto per le piante. Siccome ho fatto parlare Cassia a vanvera per cinque minuti buoni non me la sono sentita di cancellare tutto e riscrivere, accetterò le conseguenze nel caso non vada bene che due studenti diano la stessa risposta.
    Quindi, ciancio alle bande, questo è quanto:
    - Interazione con Adrien;
    - Interazione con Benjamin;
    - Interazione con Julian;
    - Prolissa risposta al professore sul macro-gruppo Piante.
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    «Ehi, Cassia».
    Apro gli occhi e la prima cosa che vedo è la faccia lentigginosa di Ortenzia, una strega del mio stesso anno. Prima di salutarla catturo con la mano un sonoro sbadiglio.
    «Stavo dormendo?», le chiedo, anche se mi sarei potuta risparmiare la domanda, visto che è evidente. A meno che non stessi pensando davvero, davvero intensamente con gli occhi chiusi. Sdraiata su uno dei cuscini sensazionali nel dormitorio degli Ametrin. Improbabile ma non impossibile.
    «Sì, ti sei appisolata qui appena pranzo. Non volevo disturbarti, ma…» Per qualche motivo, la strega è esitante, come se non fosse convinta di quello che sta per dirmi. «Credo di aver letto un avviso in bacheca che ti riguarda».
    Mi metto a sedere composta.
    «Me? Sei sicura?»
    L’altra annuisce: «Cioè, era per Cassie Cadbury, credo proprio sia tu. Una ragazza ti cerca per svolgere un compito insieme».
    «Cavoli, diceva altro?»
    La parola “compito” e “insieme” accendono qualcosa nella mia memoria, il problema è che non ricordo cosa.
    «Sì, ti dava appuntamento alla Terrazza», prima di proseguire sbircia l’orologio magico al polso, «Cinque minuti fa».
    Riacchiappo un’imprecazione poco signorile sulla punta della lingua così che non venga espressa a voce. Mi alzo in piedi, ringrazio Ortenzia, stropiccio gli occhi, cerco di rassettare i capelli, sistemo la divisa, ricaccio indietro il secondo sbadiglio, infilo i mocassini, mi chino a cercare il mio zaino, raccatto una pergamena pulita da sotto un divano e una penna stilografica dal tavolinetto davanti al camino, caccio tutto dentro la borsa, mi lascio sfuggire il terzo sbadiglio e sono pronta: tutto questo in sessanta secondi.
    Non sarò un tipo puntuale, ma almeno sono veloce, dannazione!
    Dal dormitorio alla Terrazza corro come se ne dipendesse la mia vita – e in effetti ne dipende la mia reputazione. Vedendo chi mi sta aspettando, però, capisco che forse avrei fatto meglio ad arrivare con un’ora di ritardo ma in condizioni migliori. Regina – sono abbastanza sicura che sia questo il suo nome – è talmente curata nell’aspetto esteriore che c’è mancato poco che la scambiassi per una statua. E io, pur non avendo uno specchio davanti per trovare conferma ai miei sospetti, so di essere un disastro, con la chioma arruffata, la divisa stropicciata (i lembi della camicia rigorosamente fuori dalla gonna) e i calzettoni arrotolati attorno alle caviglie, ad altezze diverse.
    «Sei tu la tipa che mi cercava? Sono Cassia», sorrido come se non avessi il respiro affannato e la milza spappolata per la corsa a rotta di collo.
    Probabilmente penserà che è finita in coppia con la persona peggiore che le potesse capitare. E io non me la sento di biasimarla.


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    Poche cose mi rendono felice quanto una passeggiata nei boschi, un tuffo nel ruscello dietro casa, la burrobirra al caramello salato, le lunghe giornate estive, il rumore della pioggia, dormire sino a tardi, vincere a ogni gioco o competizione, mangiare la frutta subito dopo averla colta dall’albero, venire lodata da Connor, collezionare piume di gufi e… Ok. Forse le cose che mi rendono felice non sono così poche come credevo. Mi accontento di poco, cosa posso farci? Lo ritengo il segreto per vivere al meglio, ecco l’ingrediente principale della ricetta per la spensieratezza, se me lo chiedete.
    Comunque, per riprendere il discorso, ho scoperto una nuova cosa che mi rende stra-felice, qualcosa che non mi sarei mai aspettata, qualcosa di insospettabile. Si tratta di un avviso affisso in bacheca da parte di un Professore. Avete capito bene: Cassia Cadbury si è entusiasmata per una lezione scolastica. Il trucco ovviamente c’è, non mi si è riempito il cervello di muco di vermicoli tutto ad un tratto. La lezione promessa dal nuovo Professore di Alchimia si prospetta il contrario delle barbose lezioni frontali, dove il docente parla, parla e parla mentre gli studenti migliori ascoltano, quelli così-così disegnano o chiacchierano tra loro e quelli degli ultimi banchi dormono. Data la specifica sull’abbigliamento, dubito che qualcuno avrà modo di dormire! E soprattutto NIENTE LIBRI.
    Quando ho letto la pergamena di avviso stavo quasi per mettermi a piangere dalla gioia.
    Arrivo nell’aula con andatura baldanzosa, la curiosità che si manifesta attraverso i miei ricci, voluminosi e intricati all’inverosimile. Ho preso alla lettera le istruzioni sul vestirsi a strati e portare con sé solo la bacchetta, quindi ho le mani libere per fare dei cenni verso coloro i quali non ho rivolto i miei saluti durante Incantesimi. Al professore riservo un trattamento di favore; se lo merita anche solo per averci fatto lasciare lo zaino in dormitorio.
    «Buongiorno! Si vede che è giovane, comunque, con o senza titolo. Aspetta…Anche darle del lei la fa sentire vecchio? In quel caso riformulo: non sei vecchio affatto. Al massimo direi diversamente giovane, ma non di tanto».
    Sorrido soddisfatta della mia osservazione; l’ipotesi di essere stata inopportuna non mi sfiora neppure, l’ attenzione si è trasferita sulla roccia che ci trasporterà tutti chissà dove. Sono una dei primi studenti a posare la mano sulla passaporta e fulmino con lo sguardo chi si attarda a fare lo stesso: che aspettano? Non muoiono dalla voglia di scoprire cosa ci attende? Spero di mettergli fretta con qualche sbuffo spazientito dei miei.
    Poi finalmente partiamo. Cioè, roteiamo.
    Conosco la sensazione dell’amo da pesca che ti acchiappa per l’ombelico e ti tira via, non è mai piacevole. Una volta, usando un trinciapollo per raggiungere l’isola di zia Millicent nel Mediterraneo, il viaggio mi aveva talmente scombussolata che appena atterrata vomitai sulla livrea del maggiordomo che ci stava aspettando per accoglierci in pompa magna. Stavolta, per fortuna, la bellezza della nostra meta spazza via le fitte allo stomaco in un baleno, evitando il ripetersi di spiacevoli episodi.
    Mentre alcuni dei miei compagni sono indaffarati a sparare ipotesi sul posto, io mi godo il tepore del sole che batte sopra le nostre teste. Avrei dovuto portare i miei occhiali preferiti, quelli specchiati comprati in un mercatino vintage, rigorosamente babbano, di Londra. Appena il professore si libera del primo strato di abiti, io lo seguo a ruota, dopodiché mi dirigo verso il mega-giga-burrone quel tanto che basta per guardare giù senza ricevere una strigliata per essermi avvicinata troppo al punto di non ritorno.
    «Se non fosse così alto e non si rischiasse di finire maciullati, verrebbe voglia di fare un tuffetto» commento tra me e me, incurante di chi sia a portata d’orecchio o meno.



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    La prima lezione che ruolo di Cassia, yeah!!!
    In questo post, nell'ordine:
    - Flusso di coscienza di Cassia
    - Arrivo baldanzoso in aula
    - Interazione con il prof
    - Altre ciarle di Cassia, aneddoti vari, brutte esperienze con i trinciapolli
    - Chiusura del post con possibile interazione con chi volesse approfittare della sua sconsideratezza chiacchiera


    Edited by Louvenia - 18/3/2022, 22:42
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    Se mi venisse chiesto come sono finita a guardare, occhi sgranati e bocca aperta, un gatto-cheesecake che viaggia nello spazio, lasciandosi dietro una scia arcobaleno, con in sottofondo una musichetta orecchiabile e ripetitiva all’inverosimile, per più di un quarto d’ora, ricordandomi a stento di respirare o sbattere le palpebre di tanto in tanto, non saprei rispondere.
    No, in verità lo so benissimo, ma non mi va di confessarlo. Se proprio devo, comincerò col dire che – in teoria – a portarmi nella Sala Multimediale è stato uno scopo nobile, un fine educativo, ovvero una ricerca scolastica su non ricordo quale tema. Non mi ricordo neppure la materia o quale insegnante l’abbia assegnato.
    Caspita, questo adorabile gatto spaziale mi sta bruciando gli ultimi neuroni rimasti, se non mi sbrigo a cambiare video, domattina ritroveranno il mio cadavere qui, davanti al PC, con un sorriso ebete stampato sulla faccia grigia e fredda di chi si è lasciato friggere il cervello per divertimento.
    Tra i correlati di “Nyan Cat 12 hours (8K)” adocchio subito un altro video di un gatto animato e non esito a cliccarci sopra, visto che ha un titolo promettente, quale “Bongo Cat – bad meow”.
    Dicevo: in teoria sarei qui per concentrarmi sullo studio, fare la studentessa modello (l’ultima strillettera giunta da casa era molto chiara al riguardo), dedicarmi ai doveri dell’Accademia persino nelle ore serali, che dovrebbero essere sfruttate per il riposo e il relax… In pratica sto saltando da un contenuto multimediale all’altro, al pari di un’ape a zonzo tra i fiori; un’ape iperattiva e in overdose da zuccheri e sciocchezze, a volerla dire tutta. Con una certa frequenza, da quando mi sono piazzata su questo sgabello ad esplorare la cosa fantastica che i babbani chiamano “Internet”, ciò che passa sullo schermo mi provoca una risata incontenibile che non riesco a frenare e trattenere, attirando l’attenzione degli altri studenti presenti nella grossa stanza. Qualcuno tra quelli concentrati nella visione di un film sulla grossa TV mi ha lanciato occhiate di rimprovero, qualcun altro mi ha sorriso curioso, sicuramente chiedendosi cosa mi abbia divertita tanto, altri ancora si sono limitati a fissarmi le sopracciglia.
    Come biasimarli? Sono fucsia, dopotutto.
    Long story short: capita a tutti di cileccare un incantesimo. Sono pronta a scommetterci la Firebolt ricevuta per il mio ottavo compleanno che non sono né la prima, né sarò l’ultima, ad essersi colorata per errore una parte del corpo di una tonalità buffa. Non è una tragedia, specialmente perché trovo che il fucsia mi doni e ho deciso di tenerle così e aspettare che la magia svanisca da sola. Perciò, sì, guardatemi pure, per stasera sarò la ragazza in fondo alla Sala Multimediale che ride da sola e ha le sopracciglia fucsia.
    Ma potrebbe andare meglio di così – o peggio, a seconda delle interpretazioni. Questo Bongo Cat aveva in serbo una sorpresa niente male: sta suonando una canzone che non conosco con degli strumenti molto particolari, dei polli di gomma. Appena li colpisce, essi emettono il classico verso dei giocattoli per cani a ritmo di musica: esplodo per l’ennesima volta in una risata dalla portata epocale. Mi piego in due con le lacrime agli occhi e, nel farlo, involontariamente mi tiro dietro il filo delle cuffiette auricolari, che si sganciano e permettono all’audio di fluire non nelle mie orecchie, al sicuro, ma ovunque, sparato a tutto volume dalle casse dell’aggeggio tecnologico dei miei stivali.

    Ecco. Adesso sono La ragazza in fondo alla Sala Multimediale che ride da sola e ha le sopracciglia fucsia E che disturba tutti con dei polli di plastica sculacciati da un gatto musicista. Perfetto.


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    Connor non ha esagerato nel descrivermi i Giardini di Hidenstone con aggettivi pieni di meraviglia e incanto, e lui lo sa fare bene, imprimere nelle parole l'esatto significato che vuole, con tutte le sue sfumature, le sue immagini nascoste. Lo invidio per questa sua capacità e allo stesso tempo sono immensamente grata che sia toccata a lui: ascoltarlo è come venir trasportati in un altro mondo e finalmente, dopo due lunghissimissimi anni, in questo mondo ci sono finta anche io.
    Sono passate a malapena tre settimane dal mio arrivo e dalla Cerimonia dello Smistamento, eppure mi si potrebbe già considerare una frequentatrice assidua (se non fissa) degli esterni dell'Accademia. Non che l'interno non mi piaccia... I dormitori degli Ametrin sono fichissimi e le aule spettacolari, per non parlare della Sala del Tè o di quella Multimediale... Però so di appartenere altrove, in luoghi dove si respira aria fresca e odore di terriccio, dove il verde e l'azzurro predominano, dove vivere alla stregua di uno spensierato fiorellino mi riempie di pace.
    Adesso sto facendo proprio questo, cercare tranquillità, siccome mi sento inquieta. Il motivo? Non lo conosco. Mi urta non averne la più pallida idea: di solito ci azzecco sempre quando si tratta di me stessa. Sono di facile interpretazione, io; mi piace essere trasparente, è uno dei pochi vanti che ho, non essere inutilmente complicata.
    Imbronciata tra me e me, mi interrogo cosa acciderbolina possa turbarmi in maniera così impalpabile, ma fastidiosamente presente, mentre percorro uno dei vialetti acciottolati a casaccio, incurante del rischio di smarrirmi in questo dedalo di aiuole fiorite. La tentazione di avvicinarmi ad una delle panchine e afflosciarmi lì finché questa strana sensazione non svanisce mi sovviene a tratti, ma desisto; ho voglia e bisogno di muovermi, stare ferma probabilmente aggraverebbe lo scontento.
    Allora cammino, cammino, cammino... Quasi mi occorre di andare a sbattere contro il tronco di un maestoso albero per accorgermi di essere giunta in prossimità del Bosco di Ragna, ammantato in anticipo dei colori dell'autunno.
    Connor mi ha raccontato tutto di esso, ovviamente.
    Lancio un'occhiata in giro, chiedendomi se sia il caso di addentrami da sola. Dopo un solo istante, scaccio via l'indecisione con una scrollata di spalle e avanzo oltre il limitare del bosco, le gambe ormai doloranti per la lunga passeggiata senza meta. Farà buio non prima di un paio d'ore, il luogo è del tutto sicuro e io sono un'esperta di avventure nella natura grazie alle mille spedizioni nel Parco di Casselwood Lairs, dunque è stato sciocco da parte mia esitare.
    Circondata dal canto degli uccelli, dall'umidità feconda del sottobosco e dai mormorii delle foglie carezzate dal vento, il mio umore non può fare altrimenti che risollevarsi un poco. La radice nodosa di un Olmo, che spunta invitante dal terreno, riesce nell'impresa in cui le panchine avevano fallito: mi convince a riposare. Mentre mi siedo, nella mia tasca qualcosa scricchiola. Dapprima temo che siano gli snack trafugati per la merenda ad essersi ridotti in briciole, in seguito riconosco con sollievo il suono della pergamena che si accartoccia. Recupero la missiva ricevuta in mattinata e faccio del mio meglio per farla tornare quantomeno leggibile, in tutti i suoi quattro fogli. Mamma e Charly sono dei gran chiacchieroni, anche quando si scrive e non si parla, in più ci sono le aggiunte occasionali di papà, Cathy e persino di Miss Florence. Più per inerzia che per reale volontà mi ritrovo a rileggere quelle frasi amorevoli e confusionarie, di chi ha tanto da dire, raccontare e, soprattutto, chiedere. Sorrido per la calligrafia grande e pomposa di mio fratello e per l'eccessiva premura di mamma, che ha seminato nel testo ben dodici raccomandazioni di coprirmi con una sciarpa quando tira la tramontana. Ed è proprio nel sorridere che mi sorprendo della gocciolina precipitata dall'alto, finita sull'angolo in basso a sinistra della lettera, a corrompere l'inchiostro.
    Guardo in alto, il naso rivolto al cielo, lo sguardo tra le fronde dell'olmo: possibile che si stia per mettere a piovere? Durante il mio girovagare nei Giardini era tutto terso e soleggiato.
    Poi comprendo: non è la pioggia, è una lacrima, e mi appartiene.


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    Lucas Jughed Jones


    Edited by Louvenia - 7/3/2022, 21:21
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    Avete presente quando si desidera talmente tanto una cosa da non pensare ad altro per tutto il tempo e poi, quando essa si realizza, non riuscire a crederci? Ecco, questa è esattamente la situazione in cui mi trovo, ad un passo dal varcare la soglia di Hidenstone, dopo aver sognato ad occhi aperti di farlo per quella che mi è sembrata un'eternità. Durante la traversata mi sono guardata attorno con occhi spalancati dallo stupore: probabilmente, così facendo, mi sono aggiudicata il premio immaginario "Faccia da Pesce Lesso", ma non mi interessa, non vedo perché dovrei nascondere del genuino entusiasmo a chicchessia. Inoltre, i miei coetanei mi hanno dato l'impressione di essere su di giri quanto me, non sono mica l'unica ad essere preda delle emozioni; uno ha addirittura vomitato, ma non ho capito se per il mal-di-mare o per la tensione. Aspetta... Forse dovrei dire mal-di-lago... Oppure si parla di mal-di-mare a prescindere nel caso di nausea da navigazione?
    «Sei pronta, Cass?» Il sorriso luminoso di Connor mi fa accantonare in un baleno i dubbi amletici per riportarmi alla realtà. «Tra poco dovremo separarci, quelli del primo anno sono gli ultimi ad entrare».
    «Non sto più nella pelle! Chissà in quale Casata mi smisterà lo Snaso. Io credo Ametrin. Deve essere Ametrin. Sarà Ametrin, vero?», blatero tutto d'un fiato, mentre lascio di buon grado che mio fratello mi aiuti a scendere dall'imbarcazione.
    Se una qualsiasi persona all'infuori di lui avesse osato porgermi una mano con le stesse intenzioni cavalleresche, l'avrei incenerita con lo sguardo, magari persino con la bacchetta, rischiando di farmi espellere prima ancora di essere stata formalmente ammessa nell’Accademia.
    Connor mi rivolge un'espressione a metà tra il divertito e il rassegnato: «Te lo ripeto per la milionesima volta: non importa quale sarà la tua Casata, riusciremo comunque a passare moltissimo tempo assieme, quindi non fartene un cruccio».
    Annuisco, ma le rassicurazioni mi hanno tranquillizzata solo in parte: se dovessi finire in una Casa diversa dalla sua ci rimarrei davvero male. Male tipo tragedia greca. Tipo bacio di dissennatore, per intenderci.
    «Devo andare, ci stanno chiamando. Tu aspetta qui con gli altri primini: sarà il custode a condurvi al castello. Mi raccomando, non combinare guai nel frattempo!»
    «Signorsì, signore», rispondo con tono solenne, accompagnando l'affermazione con un gesto della mano destra, atto a far toccare all'indice e la punta del naso. È una cosa di noi Cadbury, il nostro modo di fare promesse in famiglia, anche se la consuetudine è rimasta forte solo tra me e mio fratello.
    «Brava», ridacchia lui, e mi accarezza il capo in un gesto che sa di casa, scompigliandomi i ricci castani.
    Al suo tocco affettuoso non riesco a trattenermi dal socchiudere gli occhi e godermi la sensazione di benessere; manca poco che inizi a fare le fusa come una gattina viziata dalle coccole. Mi domando come abbia fatto a resistere a Casselwood Lair senza la sua compagnia per ben due anni. A ripensarci ora, mi merito una medaglia al valore o qualche altro tipo di riconoscimento per l’impresa.
    «In becco all'Ippogrifo!», mi augura con un sorriso a trentadue denti la giovane strega che si trova a mezzo metro di distanza da noi.
    Mi sforzo di ricambiare in modo naturale la simpatica che la ragazza mi offre. Si chiama Elizabeth e mi è stata presentata da Connor in qualità di "amica", sebbene sia una palese bugia, o quantomeno una verità incompleta. Non sono mica così ingenua da non saper interpretare il loro costante stare fianco a fianco, o il tenersi per mano quando credono che nessuno li veda, o le paroline che si sussurrano all'orecchio e che precedono delle risate complici. Insomma, anche un troll di montagna si accorgerebbe che tra i due c'è del tenero; gli sguardi tutto zucchero-e-miele che si scambiano non lasciano molto spazio ai dubbi.
    Come mi sento al riguardo? Non lo so. Il primo – egoistico – pensiero sorto dal vedere questa giovane alta, bionda e bella ronzare attorno a Connor è stato di rammarico per il dover condividere le attenzioni di mio fratello con un'altra persona anche qui ad Hidenstone… quindi non proprio un inizio favorevole, non lo nascondo. Però Elizabeth sembra una tipa a posto, con me si è comportata in maniera affabile ed è evidente che lui sia al settimo cielo grazie a lei. È quasi certo che tutto quel gran via-vai di gufi postini, quest'estate, fosse dovuto ad una fitta corrispondenza d'amore. Sospiro: oltre alla mamma, a Cece, Cathy e Candy, devo rassegnarmi al fatto che nella vita di Connor Cadbury si sia aggiunta un'altra donna con la quale spartirmi il suo cuore. Pazienza...Immaginavo che prima o poi sarebbe successo. Era al quanto inevitabile, a dire il vero.
    «Ci vediamo dopo ... Magari direttamente al tavolo dei Black Opal».
    Mando un'occhiataccia indignata all'indirizzo del ragazzo che mi ha rivolto la parola per la prima volta da quando ci siamo imbarcati, ovvero Jayden Coldbridge, nonché migliore amico di mio fratello. Lui sì che non lo tollero. È un arrogante, prepotente, altezzoso pallone gonfiato, pieno di spocchia e boria. Ho la sfortuna di conoscerlo dall'estate successiva al primo anno nell'Accademia di Connor, avendo lui passato gran parte delle vacanze come ospite (a scrocco) da noi, e la mia opinione sul suo conto non è mutata di una virgola da allora. Non riesco a comprendere come sia possibile che un tipo come Connor – il mio adorato Connor – abbia riposto la propria stima e fiducia in un tipo come Coldbridge. Sono il giorno e la notte, il fuoco e l'acqua, non ci azzeccano nulla l'un con l'altro. Per me, questa amicizia, rimarrà sempre un mistero inspiegabile.
    «Non ci sperare, Pistacchio», ribatto a denti stretti.
    A Jayden piace provocare, lo fa per il gusto di farmi arrabbiare, e nonostante io ne sia consapevole, non sono mai abbastanza forte da rispettare il proposito di ignorarlo. Quando mi si presenta l'occasione, devo rimetterlo al proprio posto, prima che il suo ego si ingigantisca a dismisura e travolga chi gli sta intorno. Chiamarlo "Pistacchio" è una delle mie strategie preferite per tenergli testa, poiché fa riferimento al suo secondo nome, Eustachius, che lui detesta.
    «E tu non essere così sicura del contrario, Cannella», ghigna sornione in risposta, dopodiché segue Connor e Elizabeth, unendosi alla fiumana di studenti più grandi diretti verso il castello.
    Noi del primo anno li imitiamo nel giro di una manciata di minuti, guidati dal custode, come mi era stato anticipato. Dovrei prestare attenzione al regale discorso di benvenuto che ci accoglie all'ingresso, o potrei perdermi ad ammirare le sculture ornamentali del Portale della Storia, ma nella mia testa è rimasto posto solo per una viscerale agitazione, che raggiunge il picco quando veniamo finalmente ammessi nella Sala Grande, dove sono raccolti il corpo docenti e il corpo studentesco al completo. Con tutti questi occhi puntati contro, il mio stomaco inizia ad ingarbugliarsi.
    Mi sento come se avessi bevuto troppo spumante frizzibolle, e io sono una dannata astemia.
    Con lo scopo di placare il nervosismo, spingo lo sguardo fino al tavolo degli Ametrin e tento di individuare Connor in quella sfilza di divise viola e sabbia. Siccome mi trovo a metà del gruppo e davanti ho studenti più alti, sono costretta a sollevarmi in punta di piedi per avere una visuale migliore; purtroppo la manovra mi impedisce di frenare e mantenere l'equilibrio nel momento in cui il ragazzo innanzi a me si arresta di colpo, sancendo un inevitabile tamponamento da parte mia. Il tizio contro il quale sono caracollata si volta e mi assesta un'occhiata truce.
    «Scusa!», biascico massaggiandomi il naso, vittima dolente della colluttazione.
    Tiro un sospiro di sollievo, l'incidente sembra essersi concluso così, senza farne un caso diplomatico. Per sicurezza rinuncio a scovare la posizione di mio fratello, ma adesso c'è un’altra minaccia che potrebbe costarmi una figura barbina di fronte all’intera scuola: per via dello scontro, Max, il mio gufetto, si è svegliato e comincia ad agitarsi all'interno dell'ampia tasca nel mio mantello. Mi mordo la lingua per punizione. Avrei dovuto rimetterlo in gabbia e consegnarlo allo sbarco, insieme ai bagagli, ma me ne sono completamente dimenticata, accidenti!
    «Shhhhh, Max, sta' buono», sussurro al pennuto, quasi implorante.
    Lo sconosciuto davanti, quello con la schiena immensa e dura quanto il tronco di una quercia, si volta nuovamente, forse credendo che stia ancora parlando con lui. Gli sorrido come se nulla fosse, sperando di sviare i suoi sospetti e indurlo a credere di aver sentito male. Disperata (Max ha l'abitudine di cantare come un gallo quando si sveglia, indipendentemente che sia l'alba o meno), infilo una mano nel giaciglio di stoffa del gufetto e prendo ad accarezzarlo, sia mai che riuscissi a prolungare il suo poltrire. Lo sento smettere di muoversi l’istante prima che il mio nome venga chiamato a gran voce.
    Cassia Cadbury. Sì, sono io. Tocca a me.
    Tocca a me.
    Cavoli!
    Percorro il breve tragitto sino allo snaso d'oro con passo sicuro, nonostante dentro di me stia tremando dall'emozione, dall'ansia e dalle aspettative represse. 'Schiena dritta, spalle indietro e mento alto', faccio del mio meglio per rispettare le direttive della mia tutrice, Miss Florence, fissata con il portamento e robaccia simile. Giunta faccia a faccia con la statua che deciderà il mio destino, la bacchetta passa dal fodero alla cintura alla mia mano. Rilasso i muscoli del braccio e del corpo intero, assaporando la familiare sensazione di potere e controllo, chiudo gli occhi e mi concentro sulla magia che devo compiere. L'ho provata almeno un centinaio di volte soltanto nell'ultima settimana: non posso fallire.

    «Revelio!»



    Cassia Cadbury15 y.o.Scheda




    1. SCEGLI TRA I SEGUENTI LAVORI QUELLO CHE RAPPRESENTA MAGGIORMENTE IL TUO FUTURO

    [ ] Duellante professionista
    [X] Giocatore di Quidditch
    [ ] Ministro della Magia
    [ ] Spezzaincantesimi
    [ ] Auror
    [ ] Professore

    2. TI AVVICINI ALLO SPECCHIO DELLE BRAME E VEDI...

    [ ] Me stesso circondato dei miei successi
    [ ] Aver fatto la scoperta del secolo
    [X] Me stesso accanto alle persone che amo


    3. QUALE ANIMALE PORTERESTI CON TE A HIDENSTONE?

    [X] Gufo
    [ ] Gatto
    [ ] Scoiattolo


    4. SEI APPENA ARRIVATO A HIDENSTONE, QUALE LUOGO SEI PIÙ CURIOSO DI SCOPRIRE?

    [ ]Sala dei profeti
    [ ]Biblioteca
    [ ]Campo di Quidditch
    [ ]Labirinto Incantato
    [X] Giardini pensili
    [ ]Stanza delle Necessità


    5. SCEGLI UN RUOLO DI QUIDDITCH.

    [ ] Portiere
    [ ] Cercatore
    [X] Battitore

    6. COSA TI SPAVENTA MAGGIORMENTE?

    [ ] Essere dimenticato
    [ ] Non riuscire a raggiungere i miei obiettivi
    [ ] Scoprire che il sapere sia un'arma a doppio taglio
    [ ] Ammettere di aver paura
    [X] Ferire le persone a cui voglio bene
    [ ] Realizzare che non tutto il conoscibile possa essere conosciuto


    7. QUALE LEZIONE NON VEDI L'ORA DI FREQUENTARE?

    [ ]Magitecnica
    [X] Difesa Contro le Arti Oscure
    [ ] Alchimia
    [ ] Antiche Rune
    [ ] Divinazione
    [ ] Magia Verde

    8. A QUALE CARATTERISTICA TI SENTI PIÙ AFFINE ?

    [X] Empatia
    [ ] Intelligenza
    [ ] Carisma

    9. IN QUALE DEI SEGUENTI MODI TI DAREBBE PIU' FASTIDIO ESSERE CHIAMATO?

    [ ] Ignorante
    [ ] Egoista
    [X] Nullità

    10. SE POTESSI AVERE QUALSIASI POTETE, QUALE SCEGLIERESTI?

    [ ] Invisibilità
    [ ] Leggere nel pensiero
    [ ] Prevedere il futuro
    [ ] Parlare con gli animali
    [X] Telecinesi
    [ ] Teletrasporto

    11. IN QUALE CASATA NON VUOI ESSERE SMISTATO?

    [ ] Ametrin
    [X] Dioptase
    [ ] Black Opal
  8. .
    Grazie a tutti per il caloroso benvenuto :] Spero di far conoscere presto i nostri PG e di conoscerci meglio anche tra noi player! Ci vediamo in ON carissimi *^^*
  9. .
    CITAZIONE (Annie-Macrae Welsh @ 18/1/2022, 23:41) 
    Ciaooooooo!!!
    Io sono Alessandra, una delle mod di questo gruppetto di pazzi
    Come ci hai trovati? ** me tapina curiosa ahahahah
    Per qualsiasi dubbio non esitare a scrivermi **

    Ho passato una sera intera a spulciare tutto ciò che compariva sotto la ricerca "Harry Potter GDR by forum". Tra le decine e decine di risultati, l'ambientazione particolare di questo mi ha colpita e ammaliata. Si vede che è molto curato e non ci ho pensato due volte ad iscrivermi *^^* . Inoltre ho intenzione di creare un PG studente e lo svolgimento delle lezioni, qui, mi sembra un ottimo compromesso per vivere OnGame un'accademia senza "tribolare" OffGame come in una vera scuola ahahah
  10. .
    Salve! Sono Louvenia ed ho la veneranda età di un quarto di secolo (accipicchia se suona male). La scrittura creativa è una mia grande passione, così come lo è stato - a suo tempo - Harry Potter, perciò la necessità di scrivere e confrontarmi con altri scrittori mi ha condotta dritta dritta qui, in questo forum. Devo fare i complimenti a chi lo gestisce: trovo deliziosa la grafica e l'ambientazione piacevolmente innovativa rispetto a quella classica potteriana, che rimane e rimarrà comunque per sempre nei nostri cuori.
    Che altro dire? Amo i gatti, questo mi sembra importante da specificare.
    Ah, sì... Aggiungo anche che sarò un'utente un po' complicata: mi piace seguire le regole, rispettando i passaggi etc, ma sono anche dura di comprendonio, quindi dovrete sopportarmi se chiederò spesso delucidazioni a chi di dovere!
    Non vedo l'ora di dar vita al primo PG e ruolare con voi <3
10 replies since 18/1/2022
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