Posts written by Marina Stonebrug

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    In seguito all’aggiornamento vorrei spostare 2 coraggio, 1 intelligenza, 1 carisma, 1 Resistenza in +5 Intuito
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    Londra
    Marina Stonebrug
    "Eventually, everything connects."

    Londra, Regno Unito

    Era così raro trovare una guaritrice con un approccio così severo alla realtà e nel riuscirci Marina non poté che reputarsi fortunata perché, dove molte altre avrebbero risposto con frasi smielate intrise di retorica, Jacqueline seppe dare una risposta tanto onesta quanto brutale. Alla luce delle parole che si era appena fatta sfuggire, la francese trapiantata in Inghilterra sembrava essere più vicina al pensiero di Sigurd di quanto forse l'altra avrebbe potuto credere, al ché il capo villaggio non aveva poi adottato un approccio tanto diverso. Il Re del Baltico aveva scisso il suo dominio da quello dell'Inghilterra, stato e ministero preposto a salvaguardarne i confini e la sicurezza, in un modo non dissimile da come Jacqueline avrebbe licenziato una guardia incompetente.
    Sugli oscuri esperimenti che Jacqueline avrebbe approcciato per rifarsi dell'incompetenza del suo ex-lavoratore, Marina non avrebbe potuto dire nulla al riguardo, completamente ignara delle tenebrose pulsioni dall'altra. Eppure, lo scavalcare del retorico e del mieloso, tipico delle infermiere del San Mungo affette dalla sindrome della crocerossina, avevano reso evidente alla druida come di quella moneta a due facce - morte e vita -, la guaritrice fosse probabilmente e più cinicamente propensa alla prima.
    «Sarebbe un buon monito quello di paesi che hanno sfiorato il collasso economico seguendo approcci simili, ma la storia del Baltico è leggermente diversa. Denrise è un'isola, non uno stato, e tra la magia dei druidi che ne rende fertili le lande e gustosi i frutti dei suoi alberi, come anche il mare reso generoso dallo spropositato quantitativo di pescato».
    Non citò le acque avvelenate più per ben sperare che per malizia. Contava sul fatto che Sigurd, o magari qualche Anziano del villaggio, potesse risolvere il problema nell'immediato.
    «I beni di prima necessità non ci mancherebbero. L'unico problema sarebbero piccoli lussi che mondi a noi lontani potrebbero concedersi, ma la storia insegna anche che un figlio di Denrise non esita mai a prendere ciò che ne cattura le attenzioni».
    L'ultima frase venne sancita da un perentorio sorriso accompagnato da una scintilla d'eccitazione che rese il ceruleo dei suoi occhi ancora più brillante, il fascino mistico del suo sguardo ancora più concreto.
    «Collaborare, dici... Probabilmente è una questione di storia e cultura diverse, al ché la frammentazione politica inglese nel corso degli anni deve essersi riflessa parecchio nei modi dei suoi studenti, babbani o maghi che fossero,... Voi non avete un sistema di punti?».
    Marina aveva adottato più di un approccio diverso ai sistemi pedagogici adottati a Hogwarts. Non credeva che mettere gli studenti gli uni contro l'altri potesse essere una scelta proficua nel lungo termine, anche se la competizione avrebbe favorito gli stessi nel medio-breve. Allo stesso il suo animo da serpe la portava a propendere verso obiettivi più succosi di una misera manciata di punti.
    Alle parole di Jacqueline i ciclisti si scambiarono occhiate da cani selvaggi, dipinti dai colori e dalle sfumature della gola quanto della lussuria, poi due uomini si staccarono dalle moto per rivolgere un sorriso e delle liete frasi a entrambe.
    «Cucciole, cosa preferite?».
    A parlare fu uno dei due, ventre a botte e barba crespa e bionda come una palla di fieno rinsecchita. Marina avrebbe scambiato un'occhiata d'intesa verso Jacqueline lasciandole intendere che si sarebbe adattata a ciò che l'altra, accompagnatrice e medica di fiducia, avrebbe scelto per lei.
    «Tu la sai guidare una moto?».



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    Londra
    Marina Stonebrug
    "Eventually, everything connects."

    Londra, Regno Unito

    La lingua francese era ancora abbastanza rilevante nel mondo diplomatico e giuridico da aver spinto la druida a studiarne le fondamenta per comprendere i pensieri e le chiacchiere più colloquiali di estranei che tendevano a frequentare questi mondi. Nel gustarsi il delicato accento della De Lourant, la Stonebrug non poté che concedersi un sorriso e ignorare completamente i passi e le voci dei numerosi babbani a così pochi piedi di distanza. Persino quelle parole sparse di francese con cui impreziosiva le sue melodiche frasi in inglese sembravano essere dosate con la maestria di una trovatrice medievale.
    «Tra i tanti compiti che uno stato dovrebbe avere vi è quello di proteggere le persone che ne riconoscono l'autorità e supremazia. Tu cosa faresti se la guardia della villa in cui vivi, la stessa a cui hai dato fiducia e che hai aiutato in più di un modo, lasciasse scivolare tra le mura della tua dimora un ladro?».
    Tra le tante vie che la lingua di una strega avrebbe potuto seguire, avremmo potuto distinguere quelle il cui intento era una proiezione della necessità di spiegare un fenomeno o fatto. Avrebbe potuto rifarsi ai grandi Re e Politici del passato, Marina Stonebrug, ma al posto della conoscenza preferì rifarsi all'empatia. Non fu una scelta lasciata al caso, quella, quanto più le conseguenze di un interesse che la francese aveva saputo accendere un gesto dopo l'altro dal primo attimo in cui le due avevano avuto modo di conoscersi.
    «Si, non ti nego che questa scelta politica abbia e avrà conseguenze anche sul piano economico. Per quanto scomodi e spiacevoli, o per lo meno la maggior parte di loro...».
    Lo sguardo di cristallo risalì la sinuosa figura della guaritrice lasciando che al gesto si accompagnasse una pausa che avrebbe lasciato all'altra modo di intendere quanto Marina la ritesse ancora tra i piacevoli.
    «...I loro galeoni hanno arricchito diversi negozianti. Tirando avanti l'Osservatorio da sola, i miei mezzi di produzione sono alquanto limitati. Prima dell'isolazionismo, era semplicemente una corsa a chi arrivava prima tra denrisiani e tutti gli altri, ora i primi hanno semplicemente una posizione di vantaggio ma i secondi possono ancora arrivare da noi per motivi commerciali».
    Sigurd aveva lasciato agli estranei la facoltà di recarsi sull'isola per motivi commerciali. Il tono amaro con cui Marina si fece sfuggire quelle frasi lasciò intendere che ci fosse un ma. Se da prima bastava un colpo di bacchetta per apparire sul molo dell'isola, ora era necessario affidarsi a una nave, il che era logisticamente probatorio.
    «Viene da sé che il maggiore dei traumi lo abbiano subito locandieri o simili. Avendo un numero minore di turisti o esploratori, le loro camere sono più vuote della testa di un Grifondoro».
    Non sapeva se l'altra avesse potuto cogliere o meno quella battuta, eppure gettare un po' di veleno sulla più stupida tra le quattro casate era sempre piacevole e divertente per l'ormai adulta Serpeverde che aveva tenuto al guinzaglio più di un erede di Godric.
    Se offendere membri di una casata diversa potesse essere divertente e parlare con la guaritrice ancora di più, Marina non avrebbe potuto dire lo stesso dei motociclisti che erano arrivati a importunare entrambe da lì a poco. Il guanto di sfida della druida era stato accolto dal gruppetto e persino Jacqueline parve essere divertita dalla situazione.
    Non aveva l'animo da crocerossina, l'altra, la figlia di Denrise poteva percepirglielo nelle pagliuzze di sadismo che rendevano ancora più luminosi quei cerchi di metallo che le abbracciavano le iridi. La cosa la preoccupava e divertiva nella stessa misura.
    «C'è un sobborgo di Londra in cui andiamo per correre. Se non avete paura dell'oscurità e di sporcarvi potete venire a vedere per giudicare chi sia il migliore».
    Lo stesso che si era rivolto alle due si era fatto voce del gruppo. Marina non parve scandalizzarsi della proposta, spettava a Jacqueline accettare o controbattere.



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    Denrise
    Marina Stonebrug
    "Eventually, everything connects."

    In molti avevano sottovalutato Marina e la druida non aveva mai mancato di trarre vantaggio da quell'ingenuità caratterizzante gli uomini che, dall'alto del loro essere, spesso osavano nel credersi superiore alle controparti femminili. Il concetto che Eva fosse stata generata da una costola d'Adamo aveva condizionato per secoli diverse popolazioni, inducendo uomini su uomini a ritenersi superiori in funzione della loro forza bruta, ma nel mondo dei maghi e delle streghe la differenza non era così scontata. Cosa poteva essere un pugno di uomo messo al confronto con il bombarda di un'abile strega?
    A Denrise non si era mai sentita inferiore a nessuno, ma viaggiare tra i babbani vestendo i panni di una donna qualunque l'aveva iniziata a quel mondo fatto di sguardi e giudizi, riflessioni errate e pensieri contorti.
    Niente di più stupido.
    Alla luce di questa nuova alba del sapere, Marina aveva imparato a esitare prima di giudicare perché anche lei, come Blake, sapeva essere simile al fuoco quanto solo chi possedeva il sangue di una veela famelica poteva essere. Nell'ardire delle fiamme e nel loro osare vedeva riflessa non una forma indistinta ma la sua stessa ambizione al punto che, negli anni di Hogwarts, più e più volte si era chiesta il motivo per cui i Serpeverde fossero affiliati all'acqua e non al fuoco.
    Non aveva commesso neanche per un istante l'errore di sottovalutare Blake Barnes perché la fiamma ferisce ma sterilizza, distrugge ma crea calore, e qualsiasi secondo di quel tirocinio l'aveva resa orgogliosa o divertita di averlo scelto come tirocinante.
    «Non vorrei ammetterlo ma sento di poter confidare nell'assenza di tuoi pregiudizi nel rivelarti che il patronus non prende soltanto la forma della propria felicità, ma è un riflesso della propria anima».
    Le sue parole fecero eco al fruscio del vento e allo sfrigolare della magia, mentre le onde che si schiantavano sulle coste a decine di metri di distanza avvolgevano entrambi di un sentore di salsedine ed esotico.
    «Il mio circolo druidico presidia l'equilibrio tra tenebre e luce, imponendomi di portare rispetto sia per le creature più oscure che per le divinità più sacre».
    Non avrebbe voluto annoiare l'altro introducendo quell'argomento, ma la discussione gli diede un importante spunto che avrebbe potuto colmare le conoscenze dell'altro in termini di incanti esorcistici.
    «Oltre alla forma tradizionale che un patrono può assumere, ve ne sono altre nove a cui possono corrispondere nove manifestazioni differenti, in quanto creature totemiche a rappresentare aspetti diversi dello stesso individuo. Se avrai modo di specializzarti nell'arte del duello, e di studiare con ancora più attenzione l'universo degli incanti esorcistici, rimarrai sorpreso di quanto questa e questo siano vasti».
    Lo disse con umiltà perché lei alle arti esorcistiche prediliggeva le abiurative, motivo per cui delle prime non si considerava maestra ma, anche in funzione del suo lavoro con gli spiriti, non poteva che rimanerne affascinata.
    Non avrebbe continuato oltre, troppo attenta alla magia che il ragazzo si stava prestando a padroneggiare per lasciarsi distrarre dalla tentazione di perdersi nel blu dei suoi occhi o in tangenti sul mondo degli spiriti.
    «Sei stato bravissimo, Blake, manca poco».
    Le labbra si trasformaro in un sorriso nel confermare quanto gli sforzi del ragazzo avessero sorpreso positivamente la druida. Lasciò le mani morbide, la sinistra ad accarezzare l'avambraccio dell'altro, l'altra - in cui era stretta la bacchetta - ad aiutarlo a gestire il calore rovente della sfera di fuoco.
    «Ora, di fronte a te, hai due vie. La prima ti richiederà di fare appello ai tuoi ricordi più felici. Sei un ragazzo coraggioso, Blake, pensa alle battaglie che hai combattuto ma non al dolore che ne è scaturito, bensì alla gioia che hai provato nel combattere per delle persone o cause a cui tenevi e tieni» Il fuoco sapeva sterilizzare e fornire calore. «La seconda strada prevede che tu faccia appello alla tua rabbia. Pensa ancora alle battaglia della tua vita, figurate o metaforiche che fossero, e alla rabbia che hai provato nell'affrontrarle» Eppure il fuoco sapeva anche ferire e distruggere. «Scegline una e porta alla mente quei ricordi lontani».
    Non lo avrebbe giudicato perché tenebre e luce erano due lati della stessa medaglia che lei, a cuore leggero, non avrebbe esitato a sostenere.


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    Bellismo post, complimentiii

    Siamo quasi alla conclusione, ora ti chiedo di focalizzarti su una delle due strade e, a scanso di equivoci, di specificarla in spoiler.
    In entrambi i casi il fuoco prenderà l'aspetto del tuo animale totemico, e lascerò a te la scelta a riguardo, ma la scelta di una o dell'altra influenzerà la natura del quirk finale.

    Buon divertimento <3
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    Londra
    Marina Stonebrug
    "Eventually, everything connects."

    Londra, Regno Unito

    Nel suo corpo scorreva il sangue di una veela e il sangue di un denrisiano in un coacervo di emozioni così contrastanti da fare invidia al vulcano che bacia l'oceano generando serpi di fumo, isole di pietra, o preziose stalagmiti di ossidiana. Se da sua madre aveva ereditato l'affinità al fuoco, da suo padre aveva rubato l'orgoglio dell'acqua, il che si traduceva con una pessima tendenza a restare ferma per più di pochi minuti di fronte all'opportuna tentazione, vuoi che fosse un edificio di paglia da ardere o la luna che richiama a sé le correnti durante la marea.
    «Non so quanto tu te ne intenda di organizzazioni criminali, ma avrai probabilmente sentito parlare di un movimento conosciuto come Excalibur».
    Jacqueline De Lourant non sapeva solo tentare, era riuscita a diventare la tentazione. Le sue bende, strette sull'avambraccio sinistro di Marina, vibravano ancora sulla pelle al ritmo del suo stesso battito, riscaldandole da prima la carne e da poi l'anima, in un forte invito a lasciarsi andare a parole e gesta.
    «La leader di Excalibur ha fatto incazzare il nostro capo villaggio e quindi questo ha scelto di separarsi dal "vostro" ministero».
    Indice e medio andarono a emulare delle virgolette, proprio come aveva visto fare a un suo caro amico qualche giorno addietro. Il gesto voleva indicare che il ministero non fosse più loro, cioè dei denrisiani, ma solo dei londinesi.
    «Motivo per cui non è più così facile materializzarsi nell'isola, portando molti di noi a preferire luoghi londinesi a luoghi denrisiani in situazioni di necessità. Se da un lato è un problema, dall'altro devo dire che, fosse stato altrimenti, a quest'ora non ti avrei incontrato».
    Per quando i medici del San Mungo fossero abili, i guaritori di Denrise non erano da meno, anzi. Molti tra i druidi specializzati in quest'arte avevano stretto dei patti con alcuni Dei legati alla vita e alla morte affinché le loro magie bianche potessero avere effetti anche su contraccolpi mediatici od oscuri.
    «Qui a Londra come ve la passate?».
    Aveva sentito diversi londinesi, o inglesi per essere più vaghi, lamentarsi della gestione del proprio paese. Excalibur e l'Acromantola scarlatta erano validi motivi per portare il broncio di fronte ai ministeriali, ma di tanto in tanto crisi di altra natura non esitavano comunque a colpire il paese in cui ora si trovava.
    La verità era che quello non era un mondo per ingenui e neanche una realtà adatta agli stupidi. Nelle ombre che gli stessi edifici sapevano proiettare, mostri apparentemente innocui trovavano vie su cui seminare i propri passi in attesa che bestie ben più sciocche potessero avvelenarsi con i frutti di quanto seminato.
    Rivolse un sorriso appena percepibile a Jacqueline quando qualcuno nel gruppetto di motociclisti fece per chiamarle a loro. Non avevano l'aspetto dei maghi che tradizionalmente solcavano le vie di Londra, ma quello di un ottimo passatempo sì.
    «È che al massimo accetteremo una cosa a tre con il migliore tra voi».
    La voce scoccò una freccia avvelenata dalla malizia e malia di cui sono quelle come lei, figlie del fuoco e dell'acqua, di una veela e di un umano, potevano vantare. Avrebbe potuto piegarne la mente con la magia, certo, ma avrebbe preferito vedere come quel gruppo si sarebbe sgretolato da solo per scegliere un campione, ed era francamente curiosa di scoprire che ruolo Jacqueline avrebbe vestito in tutto quello.


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    Londra, Regno Unito

    Nell'oscurità che impregnava il vicolo trascurato in cui Marina e Jacqueline si erano materializzate, fendenti di luce al neon avanzavano con feroce coraggio illuminando di blu, rosso, e violaceo le signore della notte. Dal loro incontro all'ospedale non era trascorso che qualche quarto d'ora in cui Marina si era concessa una sistemata con qualche colpo di bacchetta. Un gratta e netta aveva reso la pelle liscia e invitante come la porcellana, il suo abito di un bianco così puro da risultare celestiale.
    «Da qui possiamo raggiungere sia Diagon Alley che i locali trafficati dai babbani».
    Le rivelò, mentre il morbido incarnato delle labbra si piegava a formare un lascivo e provocante sorriso. Tra le due era chiaro a entrambe come fosse la francese a conoscere Londra in maniera più intima, persino sé la denrisiana poteva vantare numerosi quanto nobili e amari trascorsi in quelle vie deformate dallo smog e dal moderno vivere. Era abituata a guidare fratelli e sorelle come druida, giovani marinai o abili capitani in quanto navigatrice, potersi concedere di essere condotta era un lusso a cui raramente aveva concesso il palato.
    «Se permetti».
    Marina lasciò all'altra il tempo di sfiorarne la mano sinistra, abbastanza morbida al tatto da distrarre l'occhio quel che bastava per impedirgli di notare la benda evocata dalla stessa guaritrice. Invitante, decisamente fuori luogo rispetto agli approcci adottati dai denrisiani nei confronti dei londinesi — ovvero chiunque vivesse fuori dalla loro isola, inglese o meno —, il tocco della druida non avrebbe celato veleno alcuno, non per la guaritrice, almeno.
    Se l'altra avesse sfiorato la mano di Marina, questa avrebbe mosso la bacchetta d'ebano nel vuoto che le divideva mormorando una nenia in una formula antica a cui sarebbe sopraggiunta una costellazione di scintille violacee, infime traditrice della natura mentale dell'incanto appena evocato.
    «Per assicurarci che nessun babbano possa cogliere ogni nostro riferimento al magico».
    Chiaramente la diligenza e la cura dei dettagli le avrebbero impedito di godersi in piena libertà l'esperienza che le avrebbe attese, lasciando però le due libere di concedersi a chiacchiere di più interessante natura del comune vivere babbano.
    «Dove preferisci andare?».
    Con quella domanda a scivolarle dalle labbra rosa come lo zucchero filato, Marina rivolse qualche passo verso l'uscita del vicolo che le aveva accolte, invitando Jacqueline a seguirla con un movimento congiunto dell'indice e medio sinistro. Da lì avrebbero potuto raggiungere Diagon Alley in pochi minuti o concedersi a qualche locale di più babbana natura, per il puro gusto di godere dell'ignoranza di chi li circondava come valchirie scese in terra durante un giorno di riposo. O, ancora, avrebbero potuto abusare delle loro doti per portare al guinzaglio i rozzi bifolchi londinesi che le avrebbero scambiate per rose indifese, ignare del loro veleno e delle loro spine.
    Il mondo era loro e a Jacqueline spettava il primo morso.



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    San Mungo, Londra

    La genuina reazione di sorpresa della guaritrice De Lourant fu una ventata d'aria fresca in quella calda e umida sala del Pronto Soccorso, improvvisa e lieve abbastanza da riportarla con i piedi per terra e un sorriso sulle labbra.
    «Ti sorprenderesti di scoprire a cosa lo stomaco del denrisiano medio ha avuto il piacere, o dispiacere, di adattarsi in secoli e secoli di esplorazione verso territori o piani dell'esistenza ostili».
    Aveva da sempre curato il proprio fisico affinché questo potesse reagire ai soprusi della natura senza mai spezzarsi o piegarsi, respingendo momenti di dispiacere come il meglio riuscito tra gli Incanti Scudi o la meglio forgiata tra le Armature di Brugnir. Negli ultimi anni aveva preferito meditare più che strappare i propri muscoli o spezzare le stesse ossa affinché il naturale processo di rigenerazione rinforzasse entrambi perché della prima, nell'interloquire con spiriti o creature dagli altri piani, avrebbe fatto muro impossibile da varcare nel momento del bisogno. Mesi e anni passati a meditare sulla spiaggia con lo sguardo rivolto verso un vuoto apparentemente infinito ma non abbastanza esteso da poter abbracciare tutti gli angoli della propria ambizione.
    «E dopo aver affrontato piante carnivore della stazza di un edificio di un qualsiasi babbano, francamente avrei meritato il più ignobile degli Inferni a perire contro una creatura così insignificante».
    Delle acromantole non era un'esperta come magari poteva essere l'altra, come la storia delle due - così diversa nel principale filo di trama ma non in quelli che ne erano andati a costituire corpo e appendici - avrebbe previsto.
    «Mi dispiace per tutto questo ma la determinazione nel tuo sguardo e la bellezza che ti colora il volto mi lasciano intuire, o per lo meno sperare, che dall'incidente tu non abbia avuto alcuna ferita o trauma persistente».
    Il capo si sarebbe piegato verso il basso lasciando la chioma libera e ruggente a fremere come le onde del mare accolto dalla tempesta mentre lo sguardo d'azzurro feroce avrebbe colto un'ultima occhiata dell'anello che la guaritrice portava alla mano. A seguito del gesto non vennero parole di vanto o sfida, ma solo un senso di speranza il cui fulcro ruotava attorno all'idea che l'artefatto avesse potuto aiutarla a tal fine.
    «Forse potremmo approfondire il discorso questa stessa sera. So che per legge le spetta la mattina libera dopo aver prestato servizio di notte».
    Il mondo e la stessa Marina spesso si dimenticavano come la sua lingua non si fosse soltanto allenata all'arte della retorica di fronte a spiriti antichi o druidi fedeli a precetti del passato, ma anche nelle più ampie e sterili, ma non di opportunità, aule di tribunale.
    «Dimmi solo tra quanto».
    Non avrebbe mai permesso a una semi-sconosciuta di avere uno squarcio di visione sul lato più indifeso della druida, ma quando le bende si posarono sul suo pallido incarnato andando a lenire il dolore, a quest'ultima non sovvenne l'indifferenza quanto più il piacere. Fù come ritrovarsi immersi in un tiepido bagno di sale e rose durante il più ostile tra gli Autunni. Non si seppe spiegare il perché di quelle sensazione ma riuscì a stento a dare una conseguenza a quanto appena provato: l'appuntamento appena proposto.
    «E quanto ti devo per la visita».
    Fatto ciò, se l'altra non l'avrebbe impedito, si sarebbe diretta verso la segreteria dell'ospedale per pagare pegno.


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    Marina Stonebrug
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    San Mungo, Londra

    Jacqueline De Lourant vestiva le proprie frasi di una naturalezza particolare che portava dell'argento il lenitivo e dell'ossidiana il misterioso. Marina si perse per più del dovuto a decifrarne i sorrisi e le pause, le mosse e l'accento, di un europeo piacevole e sinuoso, come le dita di un pianista dall'animo dannato. Comprese il significato di quelle parole con qualche secondo di ritardo preferendo incolpare il veleno dell'acromantola ancora in circolo che il fascino della più letale tra le bionde che avesse mai conosciuto.
    «Ci sto. Non potrei comunque tornare a Denrise prima di qualche giorno. Da quando l'isola si è chiusa su sé stessa e la guerra l'ha travolta in pieno, trovare una nave che ti porti da Londra fino a uno dei nostri moli è più dispendioso di energie del ricercare un ago in un pagliaio».
    Le sorrise di rimando con la grazia di un fiore che sboccia alla prima Primavera rivelando i propri colori e offrendo spunti sulla natura della stessa corolla, senza spingersi così in intimità, però, da mostrare al mondo intero la natura del suo veleno o il pericolo delle proprie spine. Jacqueline sembrava stesse facendo lo stesso, avvolta in un mistero condenso in una nebbia tanto bianca e densa da sembrare la stessa che avvolge le città trattate dallo scrittore americano H.P. Lovecraft.
    «Grazie».
    Come ogni figlia di Denrise, valutava il ferro più dell'oro e l'oro più delle parole, ma quel piccolo cenno di gratitudine fu dovuto. Chinò il capo quel tanto che bastava per lasciare che lo sguardo scivolasse dal magnetico volto della guaritrice alla ferita che vibrava sull'avambraccio sinistro, beandosi dello spettacolo che ebbe modo di gustarsi da lì a breve.
    Serpi ammaestrati al gioco di un abile domatore, ruscelli di veleno si liberarono dalla carne seguendo il ritmo del battito della strega, reso vivace dalla consapevolezza della maestria della guaritrice. Avrebbe dovuto specializzarsi nelle arti curative, Marina, eppure c'era un intero mondo che reputava ben più interessante. Rispettava la logica del profitto ma quella del divertimento l'affascinava ancora di più.
    «Ho letto un articolo della Gazzetta del profeta a riguardo. Per una come me rimanere isolata da ciò che smuove il mondo spiritico è l'equivalente del mancare a un convegno su qualche nuova malattia magica o pozione curativa per una come lei».
    Spiacevole da un punto di vista lavorativo quanto di quello che dava rigore e lustro alle proprie ambizioni. Glielo lesse negli occhi a Jacqueline De Lourant che la fiamma a brillare in quell'azzurro tentato dal metallo non era quella di un pacifico tassorosso quanto più di un ambizioso serpeverde.
    «È stata coinvolta anche lei nell'attentato? O magari si è mostrata disposta a visitare New Orleans per pregare gli spiriti di rivelare qualcosa di più a riguardo?».


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    Persino per la più curata tra le biblioteche che prendeva il nome di mente, conservare dettagli su tutti i libri che erano stati raccolti tra i suoi scaffali era un'impresa impossibile. Marina non presidiava solamente ai rituali di Denrise come druida, ma curava anche il più importante Osservatorio dell'isola, adattato alle esigenze di predoni e capitani per vendere mappe di isole misteriose o lenti in grado di distinguere il vero dal falso. Una vita come la sua portava a numerosi piaceri eguagliati però da un pari numero di sforzi.
    La druida di Denrise ricordava il nome, il volto, e i vizi di ogni divinità appartenente al suo pantheon ma aveva più di un problema nel fare lo stesso con i suoi clienti.
    Quando Jacqueline entrò nella stanza, Marina rizzò le spalle e trasse un sospiro di sollievo nell'incrociare l'azzurro marino del suo sguardo a quello grigio lama dell'altra. Non era facile ricordare un volto, ma era ancora più difficile dimenticarsi di chi aveva lasciato nel suo Osservatorio così tanti galeoni che la metà sarebbe bastata per prendersi almeno un paio di settimane di ferie.
    La dottoressa l'aveva visitata qualche settimana addietro per acquistare uno degli artefatti più interessanti che la druida avesse in negozio. Un anello in grado di potenziare gli incantesimi di occultamento e rendere invisibili a occhio umano o magico i propri incantesimi, persino quelli più oscuri.
    «Guaritrice De Lourant, è un piacere rincontrarla, anche se avrei preferito davanti a una buona birra o a un buon calice di vino».
    Della francese sapeva poco. Delle sue divinità conosceva volto, nome, e vizi, ma sull'altra avrebbe potuto esercitare influenza solo sui primi due. Certo che la natura dell'artefatto acquistato dalla guaritrice assieme agli schizzi di sangue che risaltavano contro il bianco della sua pelle e della sua divisa avrebbero lasciato un deserto di sabbia per costruire potenziali vizi.
    «Ma diamoci del tu, siamo quasi coetanee».
    Raramente la memoria la ingannava in un momento di necessità o di fronte a una persona così carismatica e certamente non avrebbe iniziato ora. Al momento dell'acquisto l'altra aveva richiesto un tu al posto di un più freddo lei e ora Marina avrebbe proposto lo stesso.
    «Questo è il suo regno e io sono solo un'umile visitatrice».
    Marina sollevò il braccio sinistro liberandolo dalla vivida presa della mano destra che, nel bianco della carne, aveva tracciato profili di un rosso opaco. La carne tremava leggermente, non per la temperatura - comunque elevata seppur sul limitar dell'Estate -, quanto più per lo spiacevole brivido che gli risaliva la schiena lento come un'ombra a ogni battito del cuore, organo di importanza vitale sia nel pompare il sangue che nel far circolare il veleno.
    «Storia breve, per non rubarti troppo tempo. Sono stata chiamata per presidiare una seduta spiritica di un occultista che aveva bisogno di mettersi in contatto con un defunto. Quando il velo che separa il nostro velo dal loro...».
    Loro, tutti gli esseri intrappolati negli altri piani della realtà, fisicamente un universo a distanza da noi, ma non impossibilitati a osservarci attraverso l'oscurità che ci circonda, lasciandoci liberi di percepire una presenza nell'angolo di una stanza prima di cedere al sonno o qualcuno che ci osserva anche nella più vuota delle case.
    «... si è assottigliato, l'occultista, se così possiamo chiamarlo, ha infranto il cerchio di sangue liberando qualcosa e quel qualcosa ha scelto di prendere il possesso del famiglio dell'uomo mordendomi. Un'acromantola di qualche mese, come dicevo all'infermiere».
    Non avrebbe fatto causa di persona sia perché una creatura simile era illegale, sia perché, si, ora se ne stava in un ospedale, ma avreste dovuto vedere in che condizione aveva lasciato l'occultista e il suo famiglio. O la poltiglia che rimaneva di quest'ultimo.
    «Sono passati circa tre quarti d'ora. Ho estratto il veleno con un Venolum Extractum ma non ho né abbastanza competenze per debellarlo completamente, né un antidoto per rimediare ai danni ed evitarmi sgradevoli cicatrici.».
    Schioccò la lingua sollevando le spalle come a volersi scusare di tale mancanza. Le sue competenze erano altre. Aveva citato gli spiriti perché questi sapevano infliggere ferite mediatiche che richiedevano guaritori estremamente abili per porvi rimedio, ma agendo attraverso un medium - l'acromantola - non sarebbe stato quello il caso.
    Fottuti occultisti di periferia. Si credono tutti i Coniugi Warren ma al primo brivido sulla schiena diventano subito Leone il cane fifone.


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    "Eventually, everything connects."

    San Mungo, Londra

    Se la rabbia avesse un colore, probabilmente questo non si scosterebbe troppo dal blu infernale che stava contornando le iridi della Stonebrug. La druida aveva raggiunto il San Mungo un passo alla volta, la mano destra a stringere con il vigore di un demone il suo gomito sinistro il cui arto, nel punto di mezzo che separa questa parte dalla mano, presentava due vigorosi cerchi di fuoco. A un occhio attento sarebbe stato chiaro come questi segni non fossero altro che il lascito di un morso di qualche animale o creatura dotata di canini o zanne estremamente pericolose.
    «Ho bisogno di un guaritore, ora».
    Varcò la soglia dell'ospedale con la furia di un uragano, la situazione non era tanto urgente quanto lei avrebbe voluto farlo sembrare, ma la memoria dell'acqua preferisce spesso il fervore del vapore allo stoicismo del ghiaccio, e Marina Stonebrug non pensava altrimenti.
    Vestita di un abito bianco come il marmo e un paio di tacchi cammello aperti sul tallone, sembrava più simile a un improbabile modella che a una possibile paziente. Quando un giovane infermiere senza pelo alcuno sulla morbida mascella lo raggiunse, alla strega non bastò che servire un'occhiata al vetriolo per assicurarsi un posto prioritario. Il ragazzo la invitò a prendere posto su una sedia a rotelle animata da qualche incanto trasfigurativo ma Marina schioccò la lingua contro il palato per emulare un sonoro no. Come l'acqua sapeva adattarsi a ogni contenitore ma preferiva ruggire libera tale era vivo il suo orgoglio da denrisiana.
    Nel seguirlo tra quei corridoi a lei sconosciuti non poté che rispondere alla domanda dell'altro sul cosa le fosse successo.
    «Sono stata morsa da un'acromantola. Un cucciolo. Probabilmente pochi mesi di vita, non era più grande dell'elmo di un vichingo».
    Il resto se lo tenne per sé. Il perché fosse finita a trafficare con una creatura simile non era rilevante. Fosse stato per lei si sarebbe materializzata nella casa di qualche druido fidato, pronto a guarirla per catturarne i favori o ricambiarne di passati, ma, per quanto innocuo data la giovane età, il veleno dell'acromantola le stava annebbiando la mente e i sensi rendendo tentativi di materializzazione ottime occasioni per spaccarsi sul cielo di Londra.
    «Siamo arrivati?».
    L'infermiere le avrebbe indicato un lettino su cui prendere posto nel caso avesse voluto. Una rapida occhiata alle pareti le permise di comprendere come l'altro l'avesse portata in una delle tante stanze per il pronto soccorso. Quando se ne andò per ricercare un guaritore, però, Marina non fece altro che gettare le spalle contro una parete e attendere, i denti a strisciare gli uni contro gli altri a scontare la rabbia di una tempesta fatta carne.


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    Jacqueline De Lourant


    Edited by Marina Stonebrug - 9/11/2022, 18:19
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    Denrise
    Marina Stonebrug
    "Eventually, everything connects."

    Le vie dell'acqua erano infinite e quelle dell'amore non erano da meno. Marina portò le mani in grembo muovendo un passo verso le ombre proiettate dagli scaffali come a voler scomparire dal suo stesso negozio, intenta - invero - a bearsi soltanto del battibetto che stava vedendo Morrigan Dragomir Maverick e
    Kenna Ivonne MacEwen come protagonisti. Dove il primo osava un affondo plasmando con toni ironici e frecciatine celate dall'ennesimo sorriso, la seconda si concedeva in una parata perfetta al gusto di superiorità e indifferenza. Lo spettacolo fu divertente, certo, persino per una druida che si era ripromessa più e più volte di concedersi all'arte dello stoicismo ma, non di meno, Marina si chiese cosa avrebbero potuto fare i due assieme in una delle tante missioni mortali indette dal capo villaggio.
    «La ringrazio per il voto, signor Maverick. Non escludo a priori che un giorno non mi vedrà vagare tra i corridoi della sua accademia».
    L'accademia non era del denrisiano che aveva fatto dell'intero mondo la sua casa ma forse il suo ego lo aveva convinto del contrario. Allo stesso tempo, Marina non avrebbe mai avuto la pazienza o il masochismo per tornare a sedersi nei banchi di un'aula scolastica, facenti parte o meno dell'accademia più importante del mondo magico, ma non avrebbe potuto mettere la mano sul fuoco che stesso diniego e disprezzo avrebbe potuto riservare per il Settore Proibito della suddetta. La druida era certa che la preside di Hidenstone celasse in questa camera protetta probabilmente con le migliori barriere runiche e anatemi semi-mortali conoscenze di grandi spessore: sperare di apprenderle sarebbe stato un desiderio comune ai più ambiziosi - dal punto di vista magico - serpeverdi che fossero sopravvissuti a Hogwarts.
    «Egitto sia».
    A sostituire la guida turista della Thailandia con una che aveva sulla copertina Piramidi e Sfinge ci mise poco. Serbò in petto un po' d'amarezza per non averci azzeccato con l'altra ma anche questa venne scrollata via rapidamente con un semplice sfarfallamento di spalle.
    «Dovrebbe esserci tutto».
    Si prese la briga di impacchettare quanto richiesto dai due acquirenti aggiungendo una fiala a testa di intruglio magico affinché Morrigan e Kenna potessero lasciarsi alle spalle i problemi del mondo fisico e poi si concesse un fiero ma breve inchino verso i due.
    «È stato un piacere avervi nel mio negozio, auguro a entrambi una piacevole giornata».


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  12. .
    Denrise
    Marina Stonebrug
    "Eventually, everything connects."

    Lasciò le spalle morbide nel catturare quella stoccata che fu la risposta di Sigurth, ancora una volta nel giusto e nella ragione come solo un Anziano del villaggio avrebbe saputo essere, a testimoniare quanto le avventure che si era lasciato alle spalle lo avevano fatto crescere.
    Marina Stonebrug aveva rinunciato a comprendere a pieno il futuro nel momento in cui si era accorta di cosa avrebbe significato riuscire in tale impresa. La stessa metafora che sorreggeva la storia di chi in tale atto era riuscito, Odino, era evidenziatore attorno alle conseguenze di quel gesto. Sapere cosa ci avrebbe atteso nel futuro significava perdere il piacere di ogni sorpresa e portarsi appresso il grave peso della consapevolezza prima del dovuto.
    La conoscenza era paradossale, in pochi sorsi sapeva arricchire un uomo o una donna, in tanti li rendeva pazzi e furiosi.
    Era come fissare il Sole troppo a lungo per poi bruciarsi retina e cornea.
    Odino non aveva semplicemente sacrificato un occhio, aveva osato troppo a lungo.
    Lui si che sarebbe stato un interessante Serpeverde.
    «Non me ne intendo molto di armi».
    Una scrollata di spalla per liberarsi di quella serie di riflessioni blasfeme che accomunavano il padre degli dei al più comune dei mortali e tornò a dedicarsi a Sigurth. Il capo si piegò quel che bastava per intravedere il filo feroce dell'ascia di Sigurth.
    «Trovo curioso che in caso di tale superiorità la gente preferisca comunque spendere di più per una spada che per un'ascia».
    Aveva letto numerosi libri di storia e macinato racconti su racconti di guerrieri o maestri d'armi del passato. Eppure, spesso, ora il suo occhio attento a discernere i dettagli da cui avrebbe potuto trarre o meno il massimo dei vantaggi. Ciò che avrebbe detto da lì a breve erano considerazioni d'intuito, non d'esperienza, e quindi avrebbe accolto ogni margine di errore proferito.
    Il dito indice si sarebbe sollevato a un pollice dal piatto dell'ascia.
    «Il peso nella tua arma è concentrato in alto e nel colpire avresti una leva vantaggiosa che ti aiuterebbe a fare più danno. Di contro, la spada è un'arma più bilanciata nel peso e nella forma: riusciresti a difenderti più velocemente con una di queste da un colpo nemico. Per non contare sul fatto che la spada offre una superficie maggiore in grado di arrecare danni letali».
    Storicamente l'arma di Godric era più costosa di quella adoperata da Sigurth e da suo padre, ma a Marina parve che entrambe fossero eque; dispari se considerate in situazioni particolari, letali sempre - come il Barbagianni di Hogwarts aveva avuto modo di scoprire -.
    «Quello che suggerisci tu è un approccio a monte. Se hai di base le conoscenze d'Ornitomanzia, allora potrai interpretare quel che vedi immediatamente. Eppure, le conoscenze possono essere errate e ciò che vale ieri può non valere un domani. L'approccio che ti ho descritto è a valle: se vedi tre corvi volare in una determinata armonia e poco la tua drakkar viene attaccata da un kraken, allora forse rivedendo tre uccelli volare in quella certa maniera potrai predire un nuovo attacco...».
    Quello non era un metodo esaustivo. Ancora una volta tutte e due le strategie avevano vantaggi e svantaggi. Studiare l'ornitomanzia avrebbe permesso all'altro di decifrare il volo degli uccelli in anticipo, portandosi indietro margini di errore derivanti da insegnamenti sbagliati, ad esempio. Effettuare l'esercizio suggerito da Marina, oltre che a trasformare Sigurth in un più attento osservatore, lo avrebbe aiutato anche a cogliere con maggiore semplicità il disegno degli Dei.
    Non si sarebbe sorpresa di cosa avrebbe udito da lì a breve. Sollevò un sopracciglio compiaciuta e le gote si dipendessero di un rosa confetto nel sentire di come l'altro fosse sopravvissuto dopo aver richiesto l'aiuto degli Dei.
    «Sei una persona molto fortunata, Sigurth. Ho sentito di persone che hanno speso anni e decenni nei pressi di una spiaggia per catturare le attenzioni di un Dio venendo ripagati solo con un paio d'occhi bruciati dalla salsedine e ginocchia arse vive dalla sabbia. Eppure, la prossima volta, prova a chiedere cosa gli Dei vorrebbero da te».
    Una missione, per definizione, aveva un obiettivo. Aggiungerne un altro in seguito a un suggerimento da una divinità poteva essere rischioso, certo, ma anche appagante.
    «Non posso chiudere il negozio. Ho diversi capitani che mi devono raggiungere nell'arco della giornata per discutere di rotte di navigazione o per aggrazziarsi gli dei prima di qualche razzia che hanno in serbo. Provo affetto per te e confido nelle tue capacità, ma neanche tu riusciresti a placarne la furia».
    Quello sì che sarebbe stato un addestramento.




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  13. .
    Denrise
    Marina Stonebrug
    "Eventually, everything connects."

    Portò le mani sui fianchi lasciando scoperto l'addome come se non si trovasse di fronte a uno dei più formidabili guerrieri di Denrise. Sigurth Gunnarson avrebbe potuto aprire una strega reputata blasfema dalla spalla destra al fianco sinistro con un colpo d'ascia o ne avrebbe potuto sventrare l'addome con un diffindo ben piazzato, eppure Marina Stonebrug si sentì solida come la roccia d'un fondale marino nella convinzione che l'altro non le avrebbe torto un capello. Lasciò il collo morbido, la chioma scura come Huginn e Muninn a danzare nel vuoto più simile alle onde del mare che a dei semplici capelli, e l'ennesima risata della giornata a illuminarle il volto.
    «A forza di frequentarmi hai iniziato a parlare come un druido, sai?».
    A volte il Fato conduce su una via che nell'immediato non ci appare chiara ma, con il passare del tempo, potrebbe assumere un nuovo significato. Non avrebbe faticato a credere che qualche altro suo collega, intento a redarguire un giovane scolaro o un tirocinante proveniente da Hidenstone, avesse potuto proferire le stesse identiche parole, numero per numero, vantando però metà del magnetismo del navigato predone.
    «All'incirca, bravo».
    Si trovò ad annuire compiaciuta di come l'altro avesse colto in concetto meglio di quanto la stessa Marina avrebbe mai potuto esprimerlo. Ci si scordava spesso, di fronte a quelle montagne di muscoli scavata dal mare e dalla rabbia conosciute come Denrisiani, quanto questi guerrieri fossero temibili non solo per la loro forza o capacità offensiva quanto anche per l'astuzia con cui sapevano collegare fenomeni ed eventi allo scopo di progettare il più proficuo degli attacchi. Ricollegare immediatamente il Natale a Yule era una semplice rappresentazione di questa dote ma non per questo più banale.
    «Chissà, il rosso ti donerebbe. Si, forse non te l'ho detto prima ma saresti stato un ottimo grifondoro. Questa casa fa del coraggio il filtro con cui screma i propri membri e venne fondata da uno dei più potenti guerrieri del passato. Qualcuno sostiene che, proprio in virtù di questo coraggio e queste doti da combattente, lo stesso avesse linee di sangue condivise con i primi denrisiani...».
    Eppure, quella era un'altra storia di cui in quel momento forse non avrebbero avuto bisogno.
    «Il terzo occhio è un muscolo di cui maghi e streghe sono particolarmente dotati. Come ogni muscolo, può venire allenato dall'allenamento costante. Viene consigliato, ad esempio, di studiare ogni evento incontrato durante una giornata in funzione di ciò che è successo nel rilevante passato o nell'imminente futuro. Ad esempio, se in cielo potresti scorgere un'altisonante formazione di gabbiani e incontrare un kraken a poche ore dall'evento, potresti credere che le due cose siano collegate».
    La questione era infinitamente più complessa. Spesso si credeva che la trasfigurazione e l'annessa abilità di manipolare la materia sotto il fervido furore della propria volontà fosse la branca più complessa della magia perché richiedeva una conoscenza chirurgica di ciò che la magia finiva per sbagliare. Marina sospettava che il titolo di complesso per eccellenza spettasse alla divinazione perché neppure la conoscenza di ciò che si andava a studiare poteva garantire non una perfetta ma neanche una prima riuscita del tentativo divinatorio.
    «Ma puoi provarci, nella tua prossima missione. Pensa agli dei e chiedi a loro cosa potresti fare per compiacerli».
    Non era scontato riuscirci ma sarebbe stato superfluo narrare gli onori e i fasti a cui erano legati coloro che riuscivano a soddisfare i desideri dei primi tra gli spiriti.
    Quando qualcuno di ben più basso, ovvero gli studenti, fece per avanzare verso di lei, bastò che Sigurth si ergesse in tutta la sua altezza affinché questi piegassero il loro passo verso destra, scomparendo dietro gli scaffali riservati alle Mappe per luoghi improbabili e alle Lenti per spioni curiosoni.
    «Se non vuoi sfidarmi me ne farò una ragione. Chissà, però, che non mi troverai nella Lega duelli ad attenderti».
    Un occhiolino, un passo, e un sospiro verso l'altro. Non sarebbe stata certamente lei a cacciarlo dal suo negozio o tanto meno due piccoli infanti di Hidenstone. La scelta spettava a lui.


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  14. .
    Denrise
    Marina Stonebrug
    "Eventually, everything connects."

    La mano sinistra della strega raggiunse le labbra carnose come a voler nascondere una risata, efficaci la metà di una secchiata d'acqua sulle vive fiamme di un Ardemonio. Vedere Sigurth virgolettare l'ultima parola l'aveva rivestita di un brivido che dal bacino era scalato fino alla schiena e, aggirata questa, ne aveva conquistato il volto.
    «Passato, presente, e futuro sono già scritti. Ciò che ci siamo lasciati alle spalle non è più territorio di nostra influenza ma le considerazioni del momento possono ancora avere un peso sul futuro.
    Il bello e brutto delle druide e delle veggenti era quello. Le loro parole erano leggere come il vento e incisive come la tempesta a seconda del significato che si attribuiva a ogni singola frase o pausa.
    «Non puoi sentire la mancanza di un castello in cui non hai mai vissuto e non puoi tornare indietro per viverlo, ma quando avrai dei figli e un barbagianni entrerà nella tua dimora potrai scegliere di non spezzarlo a metà con la tua ascia o di non farlo divorare ai tuoi di corvi».
    Lungi da lei criticare le scelte di un uomo navigato come il padre di Sigurth, preferì lasciare che il discorso morisse con quelle ultime considerazioni come i resti di una nave in balia alle correnti in attesa di arenarsi sulla sabbia.
    Tesoro ben più proficuo parve quello che l'altro avrebbe citato da lì a breve.
    «Sull'oggetto ho poco da dire. Per quanto esperta a riguardo ne so francamente poco. Prende il nome di una figura venerata da diversi babbani e londinesi, un certo Babbo Natale».
    Lasciò l'altro in attesa affinché il corvo della sua memoria potesse cibarsi di quel nome in cambio di reminiscenze possibili o ricordi.
    «A quanto pare questa figura è solita visitare le case nella notte di Natale per portare regali e questo oggetto lo aiuterebbe tra una materializzazione e l'altra».
    Passò il labbro tra i denti e lasciò lo sguardo a vagare nella finestra. Normalmente preferiva stupire i suoi clienti ma Sigurth ormai era un compagno d'avventure e far sì che quell'oggetto unico gli finisse in tasca poteva fare la differenza tra la vita e la morte. Morire non era un grande male per un denrisiano ma per chi sopravviveva al lutto valeva l'esatto opposto.
    «Forse hai bisogno di più tempo per richiedere l'aiuto di una valchiria... nel mentre approfittane per affinare il tuo terzo occhio».
    E non solo la tua terza gamba con le londinesi che ti noteranno alla...
    «Lega duelli... interessante. Ho sentito che diversi Denrisiani la sfruttano per testare tattiche e guadagnare un po' di galeoni. Anche Kwaku è molto conosciuto all'interno».
    Informarsi su tutto e tutti era la sua specialità. Perdersi una notizia, specialmente sui talenti emergenti, significava trasformare un potenziale tesoro in cenere.
    «Al massimo potrei offrirmi io come tua sfidante se vuoi affinare le tue arti. Giuro che ci andrò piano».
    Prima che potesse continuare il cigolare dell'enorme portone seguito da una campanella avrebbe potuto catturare l'attenzione dei due. Una rapida occhiata ed entrambi i denrisiani si sarebbero accorti della presenza di due giovani adolescenti, vestiti da studenti di Hidenstone, sul portone del negozio in attesa di comprare chissà cosa.
    «Ci andrò piano... forse».



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    Non so perché ma ho trovato estremamente carina l'immagine di Sigurth che fa le virgolette ahah
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    Richiedente: Marina Stonebrug post accredito
    Provino per: Incantesimi Avanzati
    Requisiti: 32 Intelligenza, 30 Empatia
184 replies since 17/8/2021
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