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.Alyce era l'unica certezza nella sua vita. Perché nonostante i suoi problemi, nonostante a volte fosse difficile, nonostante la vita avesse messo loro davanti ostacoli apparentemente insopportabili, lei era sempre stata l'unica ad esserci, così come lui aveva fatto per lei.
Ma non ci sei sempre stato gli ricordava, spesso, una vocina subdola della sua mente. Avrebbe voluto negare, ma quella voce aveva ragione.
Non c'era quando il padre abusava di lei.
Non c'era quando la madre la trattava come se non valesse niente.
Non c'era più stato da quando se n'era andato di casa, circa sette anni prima. Aveva lasciato la sorella in balia di quei mostri e sarebbe stato piuttosto difficile da perdonarselo, quell'errore.
Ma in quel momento, con il corpo di Alyce addosso, tutti i suoi incubi sembravano sfumare ed intensificarsi al tempo stesso, come se lei fosse il loro catalizzatore ed il suo scudo... una sensazione assurdamente strana che non sarebbe mai riuscito a spiegarsi.
Svegliandosi così di colpo, sentì la presa di Aly molto più salda, come se avesse percepito i demoni che lo tormentavano e volesse donargli conforto come lui non era stato in grado di fare né nel sogno né nella realtà.
Era comunque ancora mezzo addormentato, quindi fu praticamente impossibile resistere ad Alyce ed al suo corpo quasi nudo sopra al suo, senza contare che era mattina presto.
Le posò una mano sul fondoschiena e la attirò sopra di sé completamente, un fastidioso principio di erezione che premeva sui boxer, i contorni sfuocati del sogno, ancora fin troppo vividi nella sua memoria.
Ho fatto un incubo sussurrò contro le sue labbra, sentendosi pericolosamente vicino a perdere il controllo, soprattutto con i seni della ragazza, premuti contro il petto, coperti da uno striminzito pezzo di pizzo. Ly, forse dovrei andarmi a fare una doccia le sussurrò per provare a recuperare un barlume di lucidità e non commettere l'irreparabile gesto che in molti anni avevano avvicinato ma mai eseguito completamente, senza contare i baci sulle labbra che si scambiavano di prassi.
Avrebbe voluto spostarla e per farlo, fece scorrere le sue mani fino alle sue natiche per una presa salda. Cristo, quanto sono... avrebbe potuto usare tanti aggettivi per definirle: perfette, sode, erotiche, eccitanti... ma non espresse il concetto.Peter Coffey
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.Peter non riusciva proprio a sedersi, nonostante ci fosse un invitante divanetto. Era in pensiero per la sorellina perché sebbene fosse ormai adulta, sapeva che quando qualcosa la sconvolgeva, non riusciva a ragionare lucidamente. E la notizia di un altro fratello, beh, annoverava tra le cose in grado di sconvolgere una come Alyce. Ma dopotutto erano sempre stati solo loro due a difendersi dal mondo esterno e persino dalla loro famiglia, luogo dove ogni bambino avrebbe dovuto trovare il suo primo posto sicuro. Ed invece no, aveva lasciato che quel mostro del padre abusasse ripetutamente di Alyce. Non se lo sarebbe mai perdonato.
Stava andando avanti ed indietro nell'attesa che comparisse la sorella, quando la porta si spalancò e gli si illuminarono gli occhi. Si preparò ad abbracciare la sorella.
Ly- Ma ben presto si accorse che invece dell'esile consanguinea, all'uscio si trovava un'omaccione che in comune con Alyce, aveva solo il fatto che lavorasse lì.
Cosa...? Fece tempo a chiedere a Luke, prima di sbiancare. Sapeva esattamente a cosa si riferisse ma era convinto che quel problema fosse ormai sotto controllo, visto che era seguita da uno psicologo. Forse le sarebbe servito uno psichiatra, per il suo bene.
Lo stava per ringraziare, quando uscì dalla stanza, lasciandolo solo con i suoi pensieri e le sue preoccupazioni dolorose. Doveva scendere a cercare Alyce. E lo avrebbe anche fatto, se non fosse stato per il fatto che fu lei a trovare lui.
Barcollava visibilmente ed era un miracolo se si stesse reggendo in piedi, per non parlare delle pupille spaventosamente dilatate. Avrebbe voluto incazzarsi con lei, chiederle che diamine di problemi avesse e perché si riducesse sempre così, ma era certo che non avrebbe fatto che peggiorare le cose. Ly aveva bisogno di tutto il suo sostegno, non di un fratello da vedere come un nemico.
Ly-Ly la chiamò con tutta la dolcezza che possedeva, andandole in contro per prenderla prima che cadesse a terra. La afferrò per le braccia, reggendola in piedi, anche se avrebbe dovuto farla sedere subito.
Le strinse le braccia attorno alla schiena per stringerla a sé ed infonderle un po' di calore, visto che aveva le mani freddissime.
Perché mi devi far sempre preoccupare così? Le sussurrò, la voce rotta, prima che lei iniziasse a baciarlo sul collo. Ma non si limitò a quello: sentì la sua mano gelata, scendere sul cavallo dei suoi pantaloni. Gemette, prima di bloccarla.
Ly, no... non sei in te. La condusse sul divanetto e la fece sedere, pensando al modo migliore per farle vomitare tutto quello che aveva ingoiato. In quel momento di panico, non si ricordava se ci fosse qualche incantesimo. Ma non avrebbe nemmeno potuto metterle due dita in gola, con il rischio che gliele tranciasse con i denti.
Ma di incantesimi proprio non ce n'erano, quindi avrebbe dovuto optare per il metodo più brutale ma anche più efficace. Okay, Alyce. Adesso sta ferma. Con una mano, le artigliò la mandibola perché tenesse aperta la bocca, mentre con l'altra, infilò un paio di dita all'interno della sua bocca, spingendo il più in fondo possibile. Si sarebbe sentita meglio dopo aver vomitato e ad ogni modo, non gli faceva schifo. Era la sua sorellina e si era preso cura di lei fin da piccola in qualsiasi condizione stesse.Peter Coffey
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.Infilò un giubbotto pesante -non ne sapeva il motivo, visto che avrebbe usato la smaterializzazione- sopra gli abiti, semplicissimi, e sollevò da terra il sacchetto che aveva preparato. Al suo interno c'erano diverse bottiglie di rum, come richiesto dalla sorellina, nonché almeno dieci sacchetti di diversi tipi di patatine. Ma la cosa più importante, era incartata sul fondo del sacco: si trattava di Mrs. Kisses, l'orsetto che aveva fin da bambino, il primo suo acquisto con la paghetta che settimanalmente gli davano i suoi. Ovviamente, la davano solo a lui, non ad Alyce, ragion per cui lui andava sempre al negozio di caramelle e ne spendeva almeno la metà in dolcetti, che poi portava di nascosto alla piccola di casa, per farla sorridere e non farle pensare di non essere desiderata in casa, nonostante lui fosse sempre stato il primo a giustificare il comportamento dei genitori, come se fosse stato giusto.
Mrs. Kisses, nome che aveva scelto personalmente lui, era colui che abbracciava quando aveva un brutto sogno e che riempiva di coccole e bacini per sentirsi meglio. Nonostante ormai Aly fosse adulta, sospettava che le avrebbe fatto piacere ricevere quel regalo, che ormai era pregno del profumo di Pete, e che lo avrebbe stretto ogni notte.
Era rimasto piuttosto scosso dalle rivelazioni che lei gli aveva elargito e non sarebbe riuscito ad aspettare fino al giorno successivo prima di vedere la sua piccolina, quindi le aveva detto che sarebbe arrivato al più presto. Era davvero convinto che avrebbe preferito essere lui con le sue mani ad uccidere il padre, anche se in genere il biondo non era capace di far male ad una mosca. Tuttavia, aveva fatto qualcosa alla sorella, che non riusciva nemmeno a concepire e che aveva fatto accrescere il suo istinto di protezione verso di lei. Ma il fatto che forse avessero un fratello... no. Come aveva detto lei, erano sempre stati solo loro due e non avrebbe permesso che una terza persona turbasse quell'equilibrio che, con mille difficoltà, avevano costruito negli anni.
Non c'era quando lui veniva preso di mira dai bulli né quando Alyce si cacciava nei guai, né quando il loro caro paparino si approfittava della sorella. Assolutamente non ci sarebbe stato nemmeno per i momenti successivi. buffò, indispettito come un bambino piccolo, infilando il magifonino in tasca e pensando intensamente al Rouge. Era abbastanza schifato dal doverci mettere ancora piede ed avrebbe voluto che la sorella lo chiudesse, ma sapeva di non poter battere troppo su quel punto. Vedeva che la rendeva libera e felice, quindi non poteva privarla di qualcosa così.
Riaprì gli occhi al centro del locale, dopo essercisi smaterializzato. Non perse alcun tempo e si diresse verso le scale che conducevano ai privé di sopra. Non gli fecero problemi, le guardie, perché ormai persino i muri sapevano trattarsi del fratello maggiore di Alyce. Nessuno sano di mente e che teneva alle proprie palle, quindi, si sarebbe messo in mezzo, impedendogli di usare quel posto come fosse casa sua... Aly non si sarebbe limitata a licenziarli.
Buonasera, come state? Domandò comunque, impeccabilmente gentile con chiunque. Mandatemi di sopra Alyce, per favore. Subito. Si concesse quell'imposizione finale, prima di salire le scale ed avviarsi verso una stanza vuota. Rapidamente, con un movimento di bacchetta, ripulì e sanificò la stanza perché non si sapeva mai, quindi si sedette su un divanetto e posò accanto a sé il sacchetto.Peter Coffey
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.Il cuore di Peter batteva con forza contro le costole ed ebbe paura che il rumore fosse percepibile anche ad un orecchio esterno.
Spalancò gli occhioni nocciola e si guardò attorno, sentendo una spiacevole e feroce morsa alla bocca dello stomaco. Non vide nulla, era tutto buio e non una mosca volava in quella stanza che sembrava un forno a legna acceso da troppo tempo, sebbene non ci fosse nemmeno il riscaldamento acceso.
Era appena fine ottobre, eppure gli sembrava di essere in agosto. Sbatté con forza le palpebre e ci vollero diversi istanti di confusione e panico prima che si rendesse conto di essere al sicuro nel suo enorme letto della sua altrettanto enorme casa in Cornovaglia.
Era da tantissimo che non vedeva Alyce, perciò aveva deciso di prelevarla dal suo locale -che, tra parentesi, lui disapprovava completamente- per portarsela con sé lontano da chiunque conoscesse. La Cornovaglia era un paese molto naturale e che lui amava parecchio.
Alla fine, comunque, si rese conto che non stava succedendo nulla di brutto e capì di aver solo fatto un incubo, sebbene adesso avesse i contorni sfuocati. Ricordava la sua sorellina che scappava da qualcosa di indefinito, poi vedeva se stesso che non era in nessun modo in grado di raggiungerla ed aiutarla. Temeva più di ogni altra cosa quella sua condizione di impotenza nel salvare la sua piccola, ma per fortuna era solo un incubo... e la piccola in questione, era pericolosamente posata in zone piuttosto erogene del suo corpo. Nonostante ciò, le avvolse le braccia attorno alle spalle e la strinse a sé. Sembrava un angioletto, mentre dormiva!
Rabbrividì a sentire la sua pelle nuda a contatto con la propria. Forse per altri avrebbe potuto sembrare strano, assurdo ed anche inquietante... ma loro erano abituati così fin da bambini, quando per sopravvivere alla vita, potevano contare solamente l'uno sull'altra. Sorrise sentendo i capelli rossi di lei che gli solleticavano il naso. Era così bella... innocente... avrebbe voluto tenerla sempre con sé. Ovviamente non immaginava minimamente che innocente non lo fosse più da un pezzo ma anche se lo avesse saputo, Pete non avrebbe cambiato nulla di lei. Ti amo, sorellina le sussurrò contro i capelli, sperando di riaddormentarsi al più presto, per quanto il caldo lo stesse tormentando. Era praticamente in una pozza di sudore.Peter Coffey
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.Peter adorava gli allenamenti serali. Li adorava per tutta una serie di motivi, ma soprattutto perché c'era meno gente e lui poteva mettere a punto anche tecniche nuovissime senza spettatori. In effetti avrebbe anche potuto semplicemente chiudere lo stadio al pubblico, ma era talmente buono d'animo che non sarebbe riuscito a tenere fuori i propri fans, deludendoli. Non li aveva mai trattati come ammiratori ma più come amici, proprio come aveva fatto con Clive... e dove lo aveva portato? Il ragazzino era sparito e non lo aveva mai più sentito. Sospirò sonoramente, strofinandosi i capelli biondi con l'asciugamani per togliere anche le ultime ed ostinate goccioline d'acqua. Mentre lo faceva, con l'altra mano tenne saldo il magifonino per spuntare le notifiche su instagram: da quando conosceva Markab, i suoi follower erano notevolmente saliti, visto che il reporter gli aveva insegnato come far un buon utilizzo dei social, cosa di cui lui quasi ignorava l'esistenza. Pubblicò quindi un selfie post allenamento, il sorriso raggiante ed i capelli ancora umidi.
Una volta fatto ciò, finì di vestirsi.
Negli spogliatoi non c'era più nessuno, i suoi compagni di squadra avevano detto che sarebbero andati in pizzeria, ma non è che Pete ne avesse proprio voglia. Si allenava notevolmente più degli altri ed era quindi molto più stanco, ragion per cui aveva declinato l'invito. Voleva solamente tornare a casa e sprofondare al calduccio del suo piumone, che aveva dovuto tirar fuori straordinariamente tardi rispetto agli altri anni, in cui il freddo veniva a ghermirlo molto prima. Ma forse dipendeva dal fatto che gli inverni in Cornovaglia fossero molto più rigidi di quelli Londinesi? Non ne aveva idea, in effetti.
Comunque, anche se avrebbe potuto semplicemente smaterializzarsi, decise di fare il tragitto a piedi. Era davvero rilassante e gli dava tutto il tempo del mondo per pensare. Per esempio era da un po' che non vedeva la sua sorellina ed aveva paura che si cacciasse in qualche guaio, quindi prima o poi avrebbe dovuto trovarla. Ma quella sera, si disse, sarebbe sopravvissuta anche senza di lui.
Nel buio, mentre avanzava verso la sua villetta, notò una figura nel buio ed aguzzò lo sguardo. Nonostante, in quel momento, non fosse nella sua forma animagus, forse l'acuità della vista di un falco, gli era rimasta e quindi gli bastò aguzzare lo sguardo per scorgere di chi si trattasse: Oliver Jackson. Come lo conosceva? Beh, aveva un solo anno in meno di lui e per anni erano stati avversari in campo, ai tempi di Hogwarts. E doveva dire che era stato un ottimo avversario, quindi non avrebbe potuto dimenticarselo, anche se purtroppo ad un certo punto aveva mollato, anche se Pete non aveva idea del motivo. Sollevò il braccio per salutarlo e si avvicinò, incurante di quello che stesse facendo. Ol! Ol! Sono Peter, ciao. Ti ricordi di me? Esclamò senza tanti preamboli, avvicinandosi sotto la luce di un lampione per lasciarsi vedere.Peter Coffey
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.Finalmente la trasferta era finita e Peter poteva passare un po' di tempo a Londra, prima di tornare in Cornovaglia, dove effettivamente abitava.
Il giorno seguente sarebbero ripresi gli allenamenti con la squadra -che aveva momentaneamente lasciato in hotel- quindi si era preso quella sera esclusivamente per se stesso, per rilassarsi prima dell'inizio di un'ennesima stagione di partite che avrebbero dovuto vincere a tutti i costi.
Non era mai stato uno da eventi mondani, nonostante la sua popolarità in campo sportivo, tuttavia per una volta aveva deciso di fare uno strappo a questa sua regola, concedendosi la partecipazione ad una festa di fine estate a poca distanza da Londra.
"La Notte dei Desideri" era un titolo piuttosto intrigante ed aveva attirato subito la sua attenzione, quindi si ritrovava nella grande camera della sua villetta Londinese a scegliere cosa indossare. Ma solitamente era sua sorella quella più creativa in fatto di abbigliamento, lui non sapeva proprio che pesci pigliare. Trattandosi di una festa in spiaggia, sicuramente sarebbe stato fuori luogo presentarsi vestito elegante, quindi per cosa avrebbe dovuto optare? Per un costume da bagno? Sospirò, aprendo l'armadio e cercando qualcosa di adatto.
Dopo almeno mezz'ora spesa alla ricerca di un abbigliamento decente, si arrese ad un semplice costume a pantaloncino azzurrino ed una camicia a quadri aperta su un torace non troppo definito ma che ce frega a noi, è gnocco uguale.
Arrivò al luogo della festa con la smaterializzazione, per quanto l'idea di abbandonarsi su un autobus e dormire fino a destinazione, lo allettasse molto. Non era riuscito a riposare, quel pomeriggio.
Comunque, si avviò verso l'ingresso con uno dei suoi sorrisoni, guardandosi attorno. Era così strano partecipare ad un evento come quello, nonostante la sua notorietà.
Prima di qualsiasi cosa, si soffermò ad osservare come fosse ben addobbata quella spiaggia: lucette fluttuanti, un sacco di teli sparsi apparentemente in modo casuali e diverse panchine.
Si avvicinò al banchetto, salutando Alexa e Juan con un cenno allegro della mano.
Ciao! Vorrei un'Idra alcolico, grazie!
La ragazza lo guardò per un po' prima di parlare. Aveva appena dato una risposta piuttosto sagace ad un tizio che era arrivato prima di lui e che non era stato particolarmente carino, quindi doveva riprendersi per non rischiare rispostacce anche a chi non se lo meritava, ma Pete non le diede motivo alcuno per usare la sua lingua. E non nel senso bello del termine, purtroppo.
Ma appena lo riconobbe, i suoi occhi si dilatarono appena. Pete sorrise senza alcuna pretesa.
Ma tu sei il capitano dei Falmouth Falcons? Sussurrò, visibilmente impressionata di avere davanti una celebrità, per quanto concerne il mondo dello sport, per lo meno.
Sono proprio io, tanto piacere. Alexa, vero?
La ragazza parve sciogliersi all'idea che il ragazzo sapesse il suo nome ed il biondo si guardò bene dal ricordarle che aveva una targhetta con il nome attaccata alla maglietta.
Lei, nel mentre, si prodigò per fargli avere il suo cocktail, senza però distogliere lo sguardo dal suo.
Facciamo una foto, ti va? Propose il cacciatore, anticipando una richiesta che lei sembrava avere sulla punta della lingua ma che sembrava troppo orgogliosa per esprimere a parole.
Lei però riuscì ad annuire, quindi il Coffey si avvicinò a lei, oltrepassando il banchetto e sollevando il magifonino, scattando un selfie.
Più tardi lo avrebbe certamente pubblicato su instagram, anche se era Markab quello bravo con i social, quindi forse avrebbe potuto chiedergli una mano. Per un fugace istante si chiese dove fosse l'ex Grifondoro, ma cercò di scacciare quei pensieri, afferrando il proprio drink, salutando la ragazza ed allontanandosi con un mezzo sorriso sempre presente.
Una volta entrato a tutti gli effetti in spiaggia, continuò a guardarsi attorno per scovare un volto noto o qualcuno con cui interagire per far nuove conoscenze. Tra tutti gli uomini dall'aria arcigna presente, lo colpì una ragazza dal lungo abito bianco.
Ehi, ciao! La avvicinò senza realmente saperne il motivo. Tuttavia le sembrava così compita e rigida, che forse avrebbe potuto aiutarla a rilassarsi. Si accostò a lei, sollevando il drink come a chiedere un brindisi.Peter Coffey
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SPOILER (clicca per visualizzare)Interagisce per ora con Elizabeth Walker ma chiunque è bene accetto :3 E sceglie un Idra alcolico -
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Volevo fare una sorpresona a Ste
Ma ha mosso i miei pg in lungo ed in largo, quindi non posso aprire role senza rischiare di cadere in qualche contraddizione ahahah
Quindi passo per la porta, ahimè
I'm Back bitchessss (circa)SPOILER (clicca per visualizzare)la verità è che ci sono alcune persone senza le quali non so stare ❤️🥺
Mi manchi tanto tanto Ste.
È un periodo un po' di riassetto quindi non so con che pg né con che velocità, lavoro e problemi più grandi di me mi stanno tenendo troppo lontana da qualsiasi dispositivo mi permetta di scrivere (cellulare escluso che ci lavoro... Ma voi bestie di Satana come fate ad usarlo per ruolare) però pian pianino e con uno spirito diverso, ci sono ❤️SPOILER (clicca per visualizzare)La Giada che vi ha abbandonati non esiste più, sono la versione migliore -
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.SPOILER (clicca per visualizzare)Azione 1&2: Non fa niente, tenta di convincerlo ad aiutarlo e a farlo alzare con le buone (Carisma (?) 31)SPOILER (clicca per visualizzare)STAT:
Coraggio: 32
Empatia: 32
Intelligenza: 20
Resistenza: 25
Tecnica: 20
Intuito: 21
Destrezza: 32 (Ricordo che ho Atlet I ùù)
Carisma: 31
SKILLS:
Resilienza I, Atleta I, Duello I (se approvato)
OGGETTI:
- Idromave - potere di Demetra: per tre turni il player ha +5 Empatia e può animare qualunque pianta voglia; la pianta attacca avendo bonus adeguati (es. applica sanguinamento se ha spine, avvelenamento se velenosa…) togliendo 3pv aggiuntivi all’avversario per turno; il minion pianta può essere sacrificato se il player viene bersagliato da un attacco potenzialmente mortale.
- Easter B-egg medico: nella tasca si possono ritrovare comuni rimedi
3. Essenza di dittamo con cerotto per ustioni
- Bracciale di Uriel
Un bracciale composto di crini di unicorno intrecciati tra loro e fusi tra loro con una saetta. Infatti l'argenteo artefatto è percorso, a tratti da lievi scosse elettriche che, tuttavia non provocano danno alcuno.
La tradizione vuole che appartenesse ad Uriel, arcangelo ebraico, guardiano dell'Eden che veglia sui tuoni nefasti e sul terrore delle forze maligne.
Il suo potere difende chiunque lo indossi dalle influenze esterne che provino minacciare la sua mente ed il suo corpo.
Bonus e Malus: Chiunque lo indossi, ogni volta che sta per subire uno status negativo, ha diritto a 2 tiri salvezza gratuiti, a quest, in Empatia per difendersi ed evitare il malus.
QUIRK:
AHAHAH NESSUNO
OUTFIT:
Click -
.Peter CoffeyPeter la osservò per diverso tempo, scuotendola appena. Sembrava persa in un mondo tutto suo dal quale lui era escluso, almeno per il momento. Si limitò ad asciugarle le lacrime ribelli che le stavano bagnando quelle bellissime guance di porcellana.
Non disse niente, non la forzò troppo, portandola nel proprio salone, facendola stendere nel divano con la testa posata sulle proprie gambe in modo che si rilassasse, che sapesse di essere al sicuro lì con lui.
Stava ormai rinunciando all'idea di farla parlare, quando un urlo lo fece letteralmente sobbalzare. Come lei, anche Pete era caduto in un calmo stato di trance; non aveva dormito molto, la notte precedente, ed una lieve sonnolenza lo aveva abbracciato, cercando di trascinarlo tra le braccia di Morfeo, anche se non ci era riuscito... ma si svegliò completamente quando la sorellina urlò, allontanandosi da lui come se fosse stato un mostro, il suo peggior nemico, qualcuno che odiava. In un primo momento, quel movimento brusco seguito da quelle parole, lo ferirono e subito si chiese cosa avesse fatto di male, se avesse osato troppo con quelle carezze in realtà innocenti ed era già pronto a scusarsi in tutti i modi che conosceva, quando...
"Papà ti prego basta"? Aveva detto così o Peter se l'era sognato? Scosse la testa, temendo di essere ancora confuso ed addormentato, ma si accorse di essere ben saldo nella realtà.
Ly, sono io... Calmati, sono Peter. Tentò, avvicinandosi a lei, ma una rabbia cieca stava montando dentro di lui. Non era stupido come poteva pensare molta gente che lo classificava come il classico giocatore di quidditch tutto muscoli e niente cervello, ma sapeva collegare i puntini... quando l'ultimo tratto arrivò al traguardo finale, delineando una mezza verità nella sua testa, gli occhi nocciola e tranquilli di Peter, si illuminarono di pura collera. Quindi era il padre che la stava facendo piangere? Il suo cervello, però, non era ancora arrivato all'ipotesi peggiore, quella che nessuno penserebbe mai. Lui credeva che...
Papà... lui ti picchiava? Domandò in un sussurro carico di rabbia. Se avesse saputo davvero tutta la verità, sarebbe andato da quell'uomo e lo avrebbe ucciso con le sue stesse mani. Non avrebbe usato incantesimi, no... lo avrebbe distrutto alla vecchia maniera, così come lei aveva distrutto la sua piccola. Ma ancora non era arrivato a quella conclusione terribile. Nei suoi occhi, tuttavia, percepiva che non ci fosse solo quello, vedeva un terrore troppo profondo e radicato perché si trattasse "semplicemente" di quel genere di violenza. Alyce non era mai stata debole, non potevano essere punizioni corporali ad averla ridotta così all'ombra di se stessa, un guscio vuoto senza anima.
Che cosa voleva papà? Domandò Peter con un sorrisone. Erano le vacanze estive ed era stato tutto il pomeriggio ad allenarsi a Quidditch a casa di un amico, pronto per diventare un futuro campione. Era pregno di sudore, erba e terra, eppure il suo primo pensiero fu andare a salutare la sorella che lo accolse con un abbraccio stritolatore. Non rispose alla sua domanda ma lo tenne stretto per un tempo lunghissimo, rendendolo sospettoso. Niente... voleva solo sapere cosa volessi per cena rispose lei con un sorriso appena accennato e Peter, troppo stanco per capire che qualcosa non andasse, ci credette senza nessun problema.
No, Alyce. La sua voce era pregna di collera impossibile ormai da nascondere. Non ti picchiava. Non solo, almeno... vero? Era una domanda retorica, non era sicura che potesse rispondergli. Gli era venuto in mente quell'episodio in maniera casuale, ma dal modo in cui l'altra lo aveva abbracciato, non sembrava che avesse dolore da qualche parte, non esternamente almeno. Allora non aveva capito, ma quel giorno la verità gli piombò addosso come un macigno. Si alzò e si allontanò, sparendo nella propria camera per lungo tempo, lasciando Alyce sul divano. In realtà non stette via a lungo, ma quando tornò era vestito di tutto punto ed aveva una coperta in una mano, una mazza nera lucida nell'altra. Coprì la sorella come un automa, poi si batté la mazza sul palmo. Lo uccido. Dimmi dov'è che lo massacro comunicò, gli occhi colmi di furia, il tono trattenuto a stento solamente per non spaventare ulteriormente la sorella.CODICE ROLE © dominionpf