Posts written by Clive Greenwell

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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    L'adrenalina che aveva accumulato nella notte insonne giungeva ormai al suo apice: non ci poteva credere. L'affabilità di Erik era un qualcosa di unico, quasi commovente: vedere quei coriandoli lanciati nei colori della casata degli Ametrin fece ardere il Greenwell del desiderio di entrare a far parte di quella casata. Quel ragazzo emanava un'aura troppo amichevole e con tutto il cuore sperò che la cerimonia di smistamento potesse avere l'esito desiderato. Lo stesso doveva essere per Nick, ovviamente. Fantasticava a lungo, ad occhi aperti, su quante belle cose avrebbero potuto fare insieme, loro tre, quando la proposta di andare a bere qualcosa tutti insieme lo gavanizzò tutto. "Ma certo! Se quel fumo non compromette la capacità di giocare a Quidditch e non dà dipendenza, ovvio che ci sto... Ossia, ci stiamo!" ammiccò in direzione di Nick,facendogli l'occhiolino, per coinvolgerlo ulteriormente nella bella pensata del Foster. Nel frattempo Harry lo aveva chiamato per dirgli di passare da lui, se aveva tempo: Clive da lontano fece pollice alzato, ma in quel mentre il suo magifonino ricevette un sms che trovò del tutto innocuo. Anzi, non era una buona notizia che la rete prendeva pure a Denrise? Strabuzzò gli occhi nel vedere l'espressione preoccupata di Erik, guardò - tra l'altro - interrogativo Nick con il magifonino in mano, come imbambolato. Lo rimise in tasca, circospetto, e increspò serioso le sopracciaglia quando il prefetto Ametrin li esortò a stare vicino a lui: la bevuta in compagnia era saltata.
    Il suo spirito Grifondoro stava emergendo, lentamente, gemello alla proposta di Nick di aiutare in questa situazione. "Una situazione tanto critica? Voglio dire, questa Cora è pericolosa?" chiese ad Erik, sfoderando immediatamente il suo catalizzatore inmelo, pronto a scagliare il periculum qualora fosse stato necessario. L'entrata in scena di Jesse lo fece sorridere e lo fece un po' ridacchiare: "Non dirmi che tu pensi che andiamo in panico perché matricoline, mh? Guarda che non siamo per nulla spaventati. comunque, io sono Clive".
    Avanzò vicino a Erik, seguendo la folla ordinata. Regalò un bellissimo sorriso a Nick e gli fece il solito occhiolino d'intesa: "Alla grande. Il fatto che ci sia già pepe nella situazione mi carica un botto." Si avvicinò a lui, abbassò tantissimo la voce, un piccolo sibilo, percettibile solo al suo orecchio: "Non trovi che sia forte Erik? Soprattutto quando è così premuroso e serio..."
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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    Sua madre lo stava aspettando nervosamente alla stazione: Clive cercava di immaginarla mentre tamburellava con il piede mentre guardava stizzita l'orologio. Era in iper ritardo, ma si era praticamente attardato ad osservare un artista di strada a Trafalgar Square, mentre teneva con sé il bottino del suo shopping: una felpa per la scuola e qualche t-shirt babbana molto colorata, che metteva a suo dire molta allegria. Londra, la City, nel suo brulicante fermento di persone di mille culture ed etnie, si stava lentamente avviando nel crepuscolo. Sottofondo al suo svelto incedere erano i rumori del traffico, dei bus double-decker e del vociare dei passanti. Pensava che di lì a pochissimo avrebbe incominciato una nuova avventura nell'isola di Denrise, il cui lato selvaggio sarebbe stato di certo molto differente dal caos della metropoli: avrebbe incontrato di nuovo i ragazzi che aveva conosciuto a Diagon Alley, come Erik ed Harry, ma avrebbe rivisto persino il suo caro amico Nick. Ripensò di nuovo alla confidenza che aveva ricevuto dal piccolo lord: c'era un qualcosa che lo pungolava a domandarsi cosa gli stesse succedendo. Lui non voleva stare conm i maschi: semmai li scrutava, poteva ammettere che alcuni di loro erano perfettamente in linea con i suoi gusti. Nossignore, lui non li avrebbe di certo baciati sulla bocca! Scosse il capo e affrettò il passo, con un sorriso cristallino e puro stampato sul suo viso fine e giovanile. Ecco che gli venne incontro un biondo ragazzo che gli chiese con una cortesia infinita che ore fossero. Gli dispiacque sapere, all'anglo-francese, che gli fossero stati rubati telefonino e orologio. "Uh?" domandò retoricamente, lasciando seguire l'interiezione ad una ricerca fulminea del suo orologio al polso "Certo. Sono le diciannove e quarantacinque." E gli regalò un sorriso a trentadue denti, perché Clive era effettivamente così: molto dolce e spensierato, privo di malizia.
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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    Clive rimase per un attimo completamente interdetto: com'era possibile che quella libraia, francese, probabilmente amica di sua madre, si fosse focalizzata unicamente sulla richiesta di un libro particolare? Sembrava che Dahlia e quella negoziante si fossero alleate ancor prima che l'anglo-francese mettesse piede al Ghirigoro. Con le orecchie in fiamme e con il sorrisetto che lo contraddistingueva, inspirando a pieni polmoni, Clive cercò di mantenere quanta più credibilitù possibile, andando a ribattere alle insinuazioni di quella donna. Cosa la spingeva ad adottare un'etica così poco aperta al sesso? Non se ne capacitava: dopotutto la vendita di libri, specchi di mondi possibili, doveva gareantire una visuale così ampia e completa di tutte le sfumature dell'animo umano. Il ragazzino concluse pensando che stessero giocando d'anticipo, l'interlocutrice e sua madre, per spingerlo verso i tomoni della nobile arte pozionistica, per evitare che abbracciasse qualsiasi virtuosismo che esulasse dal seminato.
    Volevano la guerra? La guerra avrebbero voluto.
    "Sono molto accaldato" sorrisetto tattico "Ho corso a perdifiato per giungere in questo tempio della cultura. Quindi sì, un bicchiere d'acqua fresca o, se possibile, succo di zucca con ghiaccio." Si era dimenticato la formula magica e la allegò poco dopo: "S'il vous plait!". Se vi state chiedendo se tornasse all'attacco, per mettere soprattutto in ridicolo sua madre (amica della libraia?), la risposta è sì.
    Per questo proferì una domanda a bruciapelo: "Che ne pensa della censura?" una domandina proprio a casaccio. Mia madre, Dahlia Jamet de Léaval... mancava solo il codice fiscale oramai. Che ascoltasse bene, era proprio la Jamet. "...ha imperniato tutta la mia educazione in modo libertino e sbarazzino. E' estremamente aperta a parlare con me dei più disparati argomenti. Gliel'ha mai dettoù? Dice che vi conoscete. Insomma, anche di argomenti... diciamo...ehm..." ridacchiò, era talmente paonazzo che chiunque avrebbe potuto notare la sua faccia di bronzo. Lui, proseguiva, quasi a sfidare apertamente chi avesse davanti "...insomma, ha capito. E poi andiamo. Basta che io prenda il magifonino e potrei vedere chissà quali cosa inappropriate! Dica, vuole questo? Vuoloe negarmi un libro passionel e spingermi ad armeggiare col motore di ricerca§? Non si sentirebbe un po' in colpa a interrompere l'educazione impartitami?"
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    Benvenuto tra noi, Nicola. Sono Luca e muovo questo stuedente Ametrin di nome Clive. Spero tu possa trovarti bene come mi sto trovando bene io: tanto bel gioco, player simpaticissimi e tanta originalità.
    Ci si vede in ON, non vedo l'ora di leggere la scheda del tuo PG
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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    La tensione era palpabile nell'aria, soprattutto nel momento in cui l'incertezza per quello che sarebbe accaduto era divenuta massima. Quel ragazzo, che pareva non di molto più maturo di Clive, come si sarebbe comportato? Clive inspirò, di nuovo, facendo leva di uno sparuto tentativo (inutile) di nonchalance, cercando di combattere la tachicardia che lo aveva preso. Tuttavia, non era tanto paura quella che provava, quanto rispettosa soggezione per il carisma che sembrava emanare in quella strada lo sconosciuto. Forse manco era un cattivone, semplicemente un ragazzaccio di strada. La nuvola di fumo gli arrivò parzialmente sul volto ma fu bastevole per farlo tossicchiare un poco. Era stata dunque lanciata la premessa di una conversazione: era palese che non poteva andare oltre. Lo informò, mentre l'anglo-francese riacquistava quasi istantaneamente vista e olfatto, che non era la persona giusta da cui acquistare del fumo. Gli occhi di Clive si sgranarono e arrossì, come se fosse stato davvero colto in flagrante di un reato non commesso. Quelle schifezze non le toccava, le trovava ripugnanti nel momento stesso in cui potevano minare la sua carriera o prestanza fisica. "N...no, io non volevo affatto ac..acquistare del fumo. Non stavo cercand..." nell'esatto momento in cui pronunziava balbettando le sue giustificazioni, sentì la mano del ragazzo prendere il suo braccio, in un momento felino e istintivo. Non si seppe spiegare il perché, ma si infiammò tutto, come se un fuoco avesse pervaso tutte le sue membra e gli suggerisse di fidarsi e di abbandonarsi completamente all'interlocutore. Si lasciò, dunque, strattonare senza opporre resistenza alcuna. Un rumore di vetri infranti - una bottiglia verde lurida, recante in etichetta un barbera scadente - riempì quella viuzza, frammisto agli insulti dell'ubriacone che, accortosi della figura di uno dei due ragazzi, se ne scappò trafelato, inorridito, proferendo sommesse scuse. Clive in questa scena ebbe la riprova che stava parlando con qualcuno di estremamente importante in quell'economia da bassifondi. ""Grazie. sorrise in sua direzione, sincero, con occhi limpidi e vispi. Gli allungò la mano, quasi a siglare una conoscenza speciale, o ad esprimere con un semplice contatto fisico tutta la riconoscenza per avergli evitato una bottigliata sulla schiena. Il ghigno enigmatico al quale assisteva lo stava tentando, non gli faceva assolutamente abbassare la guardia. "N..non sono di qui perché se lo fossi, forse scapperei da te." affermò dubbioso, alzando il sopracciglio "Ero qui perché volevo veder come fosse Notturn. No...Notturn esiste, non possiamo fingere di no e starci alla larga. Volevo passarci una volta, per coraggio. Però a dirla tutta, se vuoi saperlo... a me non fai paura. Anzi, gli amici di solito salvano dai guai e tu non hai fatto molto diversamente, finora! Ah, e comunque.... sono Clive."
    Quante volte Dahlia gli aveva intimato di non parlare con gli sconosciuti? Tantissime. Eppure stavolta non voleva dare adito a sua madre. Voleva conoscere il salvatore più da vicino, costasse una scazzottata, una rapina, un rapimento.
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    Benvenuta! Io sono Luca e muovo Clive. Sono relativamente nuovo di questo GdR, ma ho avuto un'accoglienza bellissima. Ti divertirai! Speriamo di incontrarci in role!!
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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    L'affettività, il turbinio di emozioni connesse con l'innamoramento, l'idea di baci rubati: erano tutto ciò che faceva letteralmente volare il Greenwell. Non aveva conosciuto il vero amore, ancora, e fantasticava sui balli descritti dall'amico, che gli erano sovente preclusi, per via della fama di sua madre. Forse avrebbe anche lui invitato una ragazza con il nome iniziante per J e l'avrebbe prepotentemente baciata contro una colonna. Rimase comunque stupito (invidioso?) dell'intraprendenza di Nick e cercò di raffigurarsela mentalmente, celata dietro una maschera suadente e sensuale. Si morse la lingua e sorrise maliziosamente, commentando il tutto con un: "Hai capito il Lord? Qui si fanno i fatti!" scompigliandogli i capelli e prendendolo per le spalle, al fine di dargli una manata amichevole. Approvava tantissimo questi metodi così romantici e un po' intrisi di mistero, assieme alle parole sussurrate, cariche di desiderio e trepidazione. Non sapeva esattamente come reagire alla confidenza intima del suo amico. Si sentiva piuttosto goffo e impacciato, sempre con un sorriso troppo idiota stampato sulla faccia. Aveva pensato che la battuta fosse stata riduttiva, trovò pertanto necessario precisare con un occhiolino: "Va tutto bene." Non era moltissimo, non era stato in grado di formulare altre considerazioni: aveva il buon Clive solo quindici anni, quindi era normalissimo per lui essere leggermente scosso dalla confessione. Con sua enorme sorpresa, seguì il racconto dell'esperienza con il ragazzo dotato di bella voce con parimenti interesse. Clive comunque riconosceva la bellezza di un corpo maschile: cosa sarebbe accaduto se fosse lui ad ammiccare così, ad altri? 'No, ma no, assolutamente impossibile!' si schermì mentalmente. 'Cose passeggere, e poi! E' obiettivo che uno sia figo, è normale sbirciare, forse a quest'età'. Si trincerava così nel suo bastione di eterosessualità categorica e convinta, ammettendo eccezioni alla regola.
    "Chissà se lo rivedrai." fantasticò ad alta voce, immaginando Lady Elizabeth trascinare via l'amico in un attacco di puro panico. Si domandò mentalmente s evolesse sapere il prosieguo della storia: per curiosità? per una sottesa gelosia? Per Godric, che ragionamenti assurdi!
    Clive guardò distrattamente l'orologio: il tempo era letteralmente volato. "Cazz...!" imprecò, poi spiegando "Fra', accompagnami in stazione, così ti vede mia madre e si tranquillizza. Altrimenti pensa che sono stato a Nocturn Alley o altri postacci!" Era convinto dell'appoggio dell'amico che - sì - per forza sarebbe stato nella sua medesima casata.

    CHIUSA

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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    Dahlia arrossì. Arrossì violentemente, poiché come ascendente di famiglia nobile aveva ricevuto un'educazione sessuale decisamente castigata e colma di censure e reticenze. Per questo, lei, che invece di seguire l'etichetta che le era stata inculcata sin dalla tenera età aveva sposato un babbano macchiano lo statuto di sangue, si era di punto in bianco ritrovata in una dimensione tutta nuova. Si era sforzata di comprendere il mondo moderno e, con suo figlio, il mondo degli adolescenti si stagliava incognito e ricco di insidie. Come detto più volte, la francese sentiva di perdere il controllo, specialmente in quella situazione. Anzi, in tutta sincerità di stupì di se stessa, nell'avere solo immaginato l'enorme doppio senso istituito dal commerciante di bacchette. Avrebbe potuto sbraitare e trascinare per il colletto della camicia quell'ex-studente di Hidenstone, ma avrebbe contemporaneamente dovuto spiegare la motivazione al suo principale. Di conseguenza, era fuori discussione. Avrebbe potuto ribattere con un: Quali sarebbero le attività in cui investe le sue energie?, ma non lo fece, perché in tal caso sarebbe risultata una pessima madre: maliziosa, creando lei stavolta un doppio senso, e per di più ignorante sulle attività del figlio. Dunque, piena di livore e imbarazzo, se ne stette di nuovo zitta, increspando le labbra e studiando quell'impertinente.
    Fu deliziata dall'incantesimo del figlio che superò brillantemente la prova che gli era stata proposta. Clive non stava più nella pelle: aveva un legame specialissimo con quel catalizzatore, la bacchetta lo aveva scelto molto bene. Percepì quelle parole solenni come una panacea: sì, era decisamente aperto a nuove esperienze. "Magari imparo anche la lingua dei maridi a Denrise!" esclamò con veemenza, ricco di speranze, lasciando voce alla sua empatia. "S-sì, certo, Clive, mah chissà..." minimizzo con un tono asciutto Dahlia, che si era nel frattempo prefigurata l'immagine di suo figlio che perdeva tempo con maridi e compagnia bella. Si morse il labbro, domandandosi perché non avesse citato immediatamente le pozioni: era pure così bravo ed incline...!
    Si rivolse poi al ragazzo, allungando il gruzzolo di cinquanta galeoni sul bancone, dopo averli sapientemente contati. "Insomma, speriamo tenga la testa a posto questo ciclone! diede un sorriso tirato.
    Attese che venissero compiute le operazioni di lucidatura e di applicazioni dei balsami. Quando il lavoro fu completato, esortò il figlio ad andarsene: "Bene, Clive, è tempo di tornare ad Oxford...". Clive fece a Kether un rapido occhiolino e un sorrisetto vispo, quasi riconoscente al magi-artigiano per aver fatto alterare la madre. "Grazie di tutto, Kether! Magari ti scriverò un gufo da scuola e metterò una recensione positiva online di Olivander, dicendo che mi hai servito tu...". La nobildonna fulminò il figlioletto con lo sguardo: "Ma sì, sì!!!". Lo lasciò andare avanti, e si rivolse con un sibilo al commerciante, senza che Clive sentisse: Mio figlio investe energie nelle pozioni e, semmai, qualche volta, ne quiiditch. Chiaro?
    Stava mentendo a se stessa? Ovvio.
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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    Ascoltava Coffey perché era un vero punto di riferimento. Il capitano dei Falmouth Falcons non era semplicemente la concretizzazione di un sogno, l'incarnazione di quello che Clive avrebbe desiderato diventare: era un universo di valori, dalle labbra del quale pendere. Se gli avesse consigliato una dieta, l'avrebbe seguita; se gli avesse detto quali materie prediligere, l'avrebbe fatto. Come tutti gli adolescenti, l'anglo-francese si pasceva di miti: sperava ardentemente che quello scambio di opinioni non si limitasse a quell'occasione. Voleva essergli amico, al suo fianco, sebbene sapesse essere molto difficile. Si godeva per questo ogni minuto, assaporandolo con decisione. Per fortuna Peter gli suggerì di tenere un'alimentazione completa e variegata, perfettamente in linea con il suo metabolismo in crescita. Con due occhi sgranati, CLive annuì con decisione, quasi facesse una promessa: "Sì, sì, Pete, io mangio davvero di tutto. Evito giustamente le schifezze, ma sai, qualche sgarro anche tu lo avrai fatto... No? Mangio molto a colazione, che dicono essere il pasto più importante". Quando poi parlò degli allenamenti con Jack, Clive ripensò al suo rapporto di amicizia von Nick: era bello approfondire la pratica sportiva con i concasati e potenziare di conseguenza la muscolatura. "Siete amici anche fuori dalla squadra o è un rapporto professionale?" domandò a bruciapelo, curioso di sapere se a livello professionistico ci fosse lo stesso cameratismo di una squadra di ragazzini. Sgranò gli occhi sulla questione sport estremi, poiché reputava coraggioso da parte del biondo capitano dilettarsi in attività così rischiose e adrenaliniche: "Paracadutismo già lo faccio quando scendo in picchiata con la scopa." rise Clive alla sua stessa battuta, per poi aggiungere: "Bunjee jumping dev'essere una botta di energia tale! Ho visto video su YouTube di gente che urla a squarciagola mentre si getta in canyon mozzafiato."
    Arrivarono finalmente al pullman riservato alla squadra dei Falcon e, come c'era da aspettarsi, il lusso e la comodità al suo interno non avevano limiti: il ragazzo si sentiva come nel paese dei balocchi, ammaliato da tutte quelle tentazioni. Avrebbe provato le poltroncine, avrebbe voluto riempirsi lo stomaco del ben di Merlino a completa disposizione, scattato fotografia con il suo magifonino. Preferì non strafare, però, proprio perché voleva beneficiare della compagnia del capitano. Cercò di essere il più disinvolto possibile, mentre cercava di captare le chiacchiere di tutta la squasdra. Prese un piattino e ci mise sopra qualche tartina, con una manciata di patatine fritte. Andò quindi a sedersi in una poltrona vicina a Coffey. ""Non è riservata questa... giusto?" e, se avesse ottenuto il permesso, avrebbe preso posto. Rimase estasiato per l'atmosfera, poi pensò bene di proseguire l'atmosfera, toccando un tasto che attirava molto un quindicenne. "Ma hai tante ragazze?" chiese arrossendo, con un tono complice, come se la poligamia fosse un costume assodato nel quiddich "Cioè, voglio dire, chissà quante ammiratrici. Banalmente io all'ultimo anno ero anche popolare grazie allo sport, ma non ho trovato l'amore vero. O quelle che mi hanno contattato alla fine, forse, non mi interessavano davvero. Dici che dovevo divertirmi di più o ho fatto bene a non illuderle?"
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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    Non era riuscito a dormire la notte antecedente la partenza, per via della grandissima trepidazione per la nuova avventura. Anzi, durante la notte era persino andato - alle tre e mezza di notte, nella fattispecie - a svegliare i suoi genitori. Aveva chiesto se non fosse il caso di avviarsi nottetempo per Londra: da Oxford la strada poteva essere impervia, se ci fossero stati inghippi d'ogni sorta, un attacco a sorpresa di qualche malvivente. Dahlia, furente, lo aveva rispedito nel letto, bofonchiando che se suo figlio avesse avuto tanta trepidazione nell'aprire un tomo di Pozioni, in quel momento l'avrebbe superata. I coniugi Greenwell, poveretti, scesero ad un compromesso: partirono con due ore e mezza d'anticipo, arrivando al porto del Tamigi con un cospicuo e insensato anticipo. "Eccoti accontentato" aveva sbuffato sua madre, mentre gli sistemava il ciuffo e gli scoccava un bacio sulla guancia. "AAAAAAARRRRGGGGH!!! Mamma, ma...!!! Sei pazzaaaa?! Ma tipo se mi vedono Harry ed Erik? Harry penserà che non sono portato per conquistare tipe, Erik penserà che sono ancora un moccioso. E poi è prefetto e mi presenta ai grandi!". Dahlia roteò gli occhi verso l'alto e si rivolse al marito, immobile come una statua di sale: "Non so, caro, se hai sentito tuo figlio. Inizia un istituto prestigioso e io non posso salutarlo con un bacio sulla guancia come ogni nobile madre farebbe perché lui pensa alle tipe. E questi due chi sono...eh... ragazzacci malintenzionati? Frequenta piuttosto il figlio di Lady Elizabeth, lui sì che è un ragazzino a modo, serio, preciso, nobile.... Clive diede una pacca affettuosa a suo padre e battè il petto contro il suo: "Ciao pa'. Sì, Nick è mio amico, maman. Non allarmarti."
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    Di fatto, Clive non riuscì a trovare nè Nick, nè Erik, nè Harry sulla nave che lo avrebbe portato alla nuova avventura. C'era stata ressa, molta ressa. Era stato trasportato dalla fiumana di studenti sulla nave che lo avrebbe condotto a Denrise. Il fazzoletto ricamato di sua madre messo fugacemente in tasca. Un fazzoletto femminile, tra l'altro. Gli dispiacque vedere sua madre piangere, nascondersi il viso tra le mani, mentre lui si allontanava con un'espressione che mutava dal sorriso alla espressione più seria. Si pentì amaramente di non averla lasciata fare: magari a quel bacio avrebbe allegato una carezza, non gli sarebbe costato nulla, la reputazione - di fatto - se la sarebbe costruita in altro modo e pochi erano presenti alla scena. Si ripromise di scriverle sul magifonino appena arrivato. Si scacciò l'immagine dalla testa e raggiunse la cabina 34, che gli era stata assegnata. Si sdraiò sulla branda, dopo essersi tolto le scarpe e cominciò a messaggiare a chiunque. Insta di Harry, Erik, Nick. Non ricevette risposta e, fatte spallucce, si gettò nella mischia. Scherzò con gente a caso addentando tartine e cercando di rincuorare i primini come lui.
    Finalmente, dopo la tratta di mare, Denrise era in vista. Quando sbarcarono sull'isola, una bella donna in tubino nero, Dana, colpì l'attenzione dell'anglo-francese, più per le sue forme che per la possibilità di fare acquisti.
    Si chiese se onestamente avesse bisogno di qualcosa. Non aveva urgenza di acquistare oggetti dagli stand: magari era una trovata di marketing dell'isola. Trovava i Denrisiani gente molto rustica e concreta. Sentì alcuni vociare in uno strano dialetto, un'inflessione decisamente genuina e autoctona. Non aveva molto senso prendere da bere bevande analcoliche dopo il buffet sulla nave. Bighellonò tra gli stand, intravedendo poi i visi degli amici tanto ricercati. Accanto ad Erik c'era pure un ragazzo mai visto, ma che inequivocabilmente faceva parte dei grandi. "Eriiik! Niiick! Eccovi, vi avevo pure scritto su Insta. Che bello rivedervi. Per Godric, non vedo l'ora di sapere in che casata sarò. Ma sarò con te, giusto, Nick?" si rivolse poi con un sorriso al ragazzo sconosciuto. "Clive, novellino." ironizzò così, perché non amava affatto negare le evidenze atteggiandosi a chissà chi. Sarebbe risultato affettato e poco credibile.
    Quel compagno di studi, poi, si rivelò interessato ad uno stand di armi.
    "Ma sono ammesse a scuola?" chiese ingenuamente Clive "Non vorrei che qualche cattivone mi sgozzasse nel sonno mentre sogno di acchiappare un boccino."

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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    Clive era un Ametrin entusiasta e colmo di speranze per il futuro: tutte le incognite che si erano profilate nelle settimane precedenti si stavano disgregando nelle novità dei primi giorni di scuola. Era quasi un gioco per lui raffrontare le sue aspettative con la realtà, trovandone le similarità o le differenze. Il trauma più grande, forse, era stato assistere allo smistamento del piccolo Lord McCallister, il suo fidato amico, ex-compagno di squadra Nicholas, nelle file dei Dioptase. Era stato uno smacco, il neo in un giorno di festa: le sue certezze avevano vacillato, ma a mente fredda aveva pensato per la loro amicizia avrebbe potuto ugualmente continuare, al di là delle divisioni della casata. Era stata recapitata una lettera per la prima lezione di Magitecnica, contenente una serie di istruzioni sul luogo di ritrovo e sulla tenuta da tenere: l'anglo-francese era colpito positivamente dalla richiesta di portare con sé un costume da bagno. Mise nella sua sacca sportiva della crema solare, infradito, un telo per asciugarsi con sopra disegnati degli avvincini, un telo da spiaggia con delle arance e dei boxer da bagno con dei boccini svolazzanti, tanto per rimanere in tema Quidditch. Aveva poi proposto al McCallister di andare a lezione insieme, come ai vecchi tempi. "Ehi bello, ma quanto è swag il prof di magitecnica? Prima lezione in tenuta da spiaggia. Magari ci scappa la tintarella. Comincio ad amare mia madre per avermi fatto proseguire qui ad Hidenstone." Mentre camminava si mise dei RayBan sugli occhi, e si diede una sistemata al ciuffo sbarazzino, sistemandosi la maglietta alla marinaretto, blu e bianca, e dei bermuda celesti, con mocassini di tela coordinati, con calze a fantasmino. Credeva fossero molto più comodi per la camminata. "Come sto??" chiese il parere al suo compare, indicandosi il bel visino con entrambi gli indici.
    Giunsero alle coste, seguendo con attenzione la mappa, e il Greenwell trovò colui che poco tempo prima aveva definito swag.
    Apperò. Già in perfetta mise per una lezione entusiasmante. Che aria vissuta, molto intriganti le sue cicatrici e i suoi tatuaggi: magari era stato in carcere, magari era un eroe. Da maschietto, Clive cominciò a confrontarsi fisicamente con gli altri presenti: si sentì un po' sfigato a non sfoggiare un po' il suo petto e a non aver scelto di mettersi subito in costume. Come non aveva fatto a pensarci. Salutò Harry Wood con un cenno di mano e un sorriso: aveva conosciuto il Black Opal a Londra e lo aveva immediatamente scorto tra gli arrivati, con i suoi pettorali e addominali in mostra. Lo trovò molto sul pezzo, disinvolto e con un'aura da ragazzo brillante e cool.
    Aveva sentito bene? Il professore li esortava a dare del tu e i ddroni svolazzanti sulle loro teste avrebbero preso appunti al posto loro. 'In che paradiso sono capitato?' pensò immediatamente Clive, mentre, con una leggera esitazione, alzava la mano e provava a rivolgersi al trentenne in modo confidenziale, ma non irrispettoso. Il suo tono era sicuro e limpido, nella sua giocosa vivacità: "Ciao a tutti, salve Morrigan. Mi chiamo Clive Greenwell e sono novellino, fresco fresco di smistamento: Ametrin. Ho buone speranze e voglia di fare amicizia. Spero di essere un tipo ok, ma sarete voi a deciderlo. Ho quindici anni e mezzo, tra non molto sedici. Allora, io non ho molto ad aggiungere a quanto detto dal mio concasato Benjamin o da Harry. Credo abbiano dato risposte esaustive. Penso che magitecnica spieghi proprio l'applicazione pratica di leggi scientifiche teoriche. Magari come una legge magica o fisica si traduca poi in un artefatto e ne permetta il funzionamento. Se dovessi scegliere un artefatto... beh... non avrei dubbi! Una scopa volante! Ad Hogwarts ero un cercatore, tengo ai Falmouth Falcon, il capitano Coffey è il mio giocatore preferito. E' un oggetto che suscita in me forti emozioni e ricordi!"
    Aveva parlato con trasporto, con occhi scintillanti e vivaci. Poi soggiunse: "Morrigan, scusami, ma... per il costume? Io ce l'ho nella sacca. Posso cambiarmi dopo...? devo cambiarmi ora?"
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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    L'anglo-francese non ci stava più nella pella: d'altro canto aveva appena trovato un buon amico, un punto di riferimento per la nuova scuola e un appassionato di Quidditch: le amichevoli che avrebbero potuto organizzare sarebbero di sicuro state l'occasione per affinare tutte le tecniche come cercatore e come cacciatore. Chissà se a Hidenstone si sarebbe meritato un posto nella squadra, punto di partenza per una sfolgorante carriera. Sorrise, Clive, sentendo quasi la necessità di abbracciare Erik, per ringraziarlo della premura che aveva dimostrato in quella conversazione: era raro trovare qualcuno disposto a dedicargli tutto quel tempo, in modo così disinteressato. Si limitò a dare voce a tutta la sua riconoscenza, ribadendo, di fatto, quanto detto precedentemente: "Oh sì, in questi giorni sento il battitore su Wtsapp o Insta, di sicuro non avrà problema a trovare i bolidi" McCallister, infatti, era un piccolo lord, senza problemi economici: una coppia di bolidi potevano benissimo far parte della sua collezione sportiva: Greenwell, dunque, confidò pienamente in lui, senza porsi troppe domande o dubbi al riguardo.
    Gli piacque constatare come l'Ametrin che aveva di fronte fosse molto umile e posato nei ragionamenti. Era vero, da prefetto era d'obbligo far rispettare le regole, altrimenti in una camerata avrebbe regnato la pura anarchia. L'ex Grifondoro annuì serio, distogliendo per un attimo lo sguardo e posandolo in un orizzonte indefinito. Tornò a riguardare il moro, nell'esatto momento in cui gli confidò le difficoltà in Alchimia: "Io mi fido già di te, Erik!" gli comunicò con un impeto del quale lui stesso si stupì, poiché sentì un piccolo fuoco affiorare sulla pelle attorno agli zigomi, sintomo che un lieve rossore lo stava imporporando, pura reazione involontaria e inconscia.
    "Ora mi sa che devo proprio andare, sìsì." attivò il blocco schermo del magifonino in cui comparve l'orario digitale a cifre cubitali "Accompagnami fin dove vuoi, mi farà enormemente piacere. Io devo andare a Kings Cross per prendere il treno per Oxford, dove vivo coi miei."
    Si alzò, si stiracchiò e cominciò ad avviarsi. Felice.

    CHIUSA

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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    Dietro a quel raffinatissimo portamento da lord, Nicholas celava sempre quello stupendo lato umano che aveva sempre colpito il Greenwell. Il nobile, infatti, era in grado di passare da un carattere più posato e riflessivo, all'impeto rovinoso dell'arrabbiatura, che non era mai fine a se stessa. L'anglo-francese si sentì onorato di avere un amico così, splendidamente, autentico, nonostante l'etichetta aristocratica tentasse di soffocare ogni deviazione dal comune concetto di compostezza. Sentiva, in poche parole, di avere senza ombra di dubbio un alleato vero e proprio, contro coloro che sminuivano i mezzosangue. I tempi erano cambiati rispetto alla fine del novecento: se prima era non troppo raro imbattersi in fanatici che ti appellavano senza motivo e senza conoscerti "sanguesporco", ora erano stati fatti parecchi passi avanti. Tuttavia, i più restii proseguivano nell'opera di discriminazione e gli Jamet de Léaval avevano questo triste primato. "No, dai, amico, non dirlo neanche per scherzo..." sorrise debolmente Clive, cercando di smorzare con un'espressione agrodolce la bellicosità del McCallister. Proseguì, dunque, con il suo ragionamento: "...non macchiarti di una maledizione così orrenda ed oscura per quegli stupidi. Conviene soltanto compatirli, non trovi? Lasciandoli nel loro brodo. Mia madre soffre, ma ogni volta che ricordo che ha me, che la proteggerò sempre. E forse è questo quello che conta.". Clive aveva un'espressione seria, a tratti contrita, come se gravassero molti pensieri, accumulatisi negli anni, attorno al suo status all'interno di quella famiglia.
    Avete sentito come puzza di fogna l'inglese mezzosangue che mangia a tradimento qui da noi? risate di scherno si erano alzate prepotenti e fastidiose, gracchianti e poco nobili. Dicono sia bravo a quidditch. Cadrebbe al mio primo bolide, gli spaccherei tutte le costole e magari si paralizza alla caduta. Si era sempre chiesto quanta cattiveria occorresse per parlare di lui in terza persona, senza rivolgergli la parola, e soprattutto per augurare cose simili ad un coetaneo. Cosa li distingueva da lui? Anche loro non amavano le cioccorane ed eccellevano in pozioni?
    Questi tristi ricordi furono spenti fortunatamente dalle ulteriori precisazioni del piccolo lord sulla vacanza in Australia: già si figurava il caleidoscopico piumaggio dei pappagalli allietare le mattinate. Sorrise, sperando un giorno di approdare sia in America, sia nel nuovissimo continente: i paesaggi dovevano essere in entrambi i continenti davvero mozzafiato. Il cercatore dei Grifondoro però catalizzò massimamente l'attenzione su quanto aveva domandato riguardo al ballo: ebbe conferma inizialmente delle sue ipotesi e, da vero compagno di squadra, gli diede una manata di pura approvazione sulla spalla, sogghignando tutto. "Ma hai capito il McCallister...?!" esclamò con un sorrisone malizioso "Brillino, ma non quanto Cam, e intento a strappare baci alle fighe del ballo. E non uno, più baci... Ma dimmi. Stampo o....?". Clive aveva dato molti baci a stampo alle avventure che aveva avuto, pochissime volte si era spinto oltre, ma non era mai approdato ad un bacio maturo e passionale. Aveva intenzione di chiedere di più, anche su cosa accadesse in un bacio vero da un punto di vista anatomico, ma era piuttosto timido su questo, poiché significava ammettere la sua inesperienza. La natura lo avrebbe aiutato senza i consigli altrui? Arrossì, un poco, sulle orecchie. Era il suo pudore che lo stava ammonendo. Senonché, poco dopo, Nick parlò a proposito del ragazzo e il Greenwell rimase un po' interdetto. Ma quindi? Il McCallister aveva prima baciato una ragazza, poi al ballo aveva procurato uno spavento alla madre invitando a ballare un maschio poiché carino. Clive fece due più due, rimase per un attimo in silenzio, con un'espressione decisamente stupita. "Non dire cose idiote, non dire cose idiote, ti ha fatto una confidenza" ripeté più volte nella testa, convinto che "Non c'è nulla di male, nulla di male. Gli piacciono anche i maschi, ma Nick rimane sempre Nick, un ottimo amico!". Anche lui di tanto in tanto, dopotutto, si trovava a guardare i muscoli e lineamenti di qualche bel giovane: però per lui - credeva - era tutto passeggero, quindi non era il caso di avvisare l'amico della cosa. D'altro canto lui mica aveva intenzione di chiedere un appuntamento ai ragazzi, ci fantasticava, per pochi minuti e poi stop. "Ah-ha?!" biascicò un po' stupito, ma poi si esortò mentalmente: "Ripigliati, cazzo, fagli capire che non ti interessa se gli piacciono anche i maschi e che vuoi la sua amicizia!". Disse finalmente: "Oh, qui...quindi ti piacciono pure i maschi..." si schiarì la voce e la buttò di nuovo sul goliardico: "Volpone che sei, così le possibilità di cuccare, raddoppiano!" i suoi occhi azzurri lo studiavano con dolcezza, sorridenti e concilianti. Non sapeva bene come comportarsi, non voleva ferirlo e non voleva nemmeno scadere in una melensa pubblicità progresso. "Scusa, ma come hai fatto a capire che quello era il tipo giusto a cui chiedere? Vi siete guardati....? E...." si guardò intorno, abbassò di molto la voce, orecchie a fuoco "...vi siete baciati?!"
    Quando il discorso passò all'argomento Hidenstone, Clive esternò tutto il suo entusiasmo: "Non sto più nella pelle: vedere un nuovo ambiente, una nuova casata e nuovi compagni... Ma soprattutto, con la certezza di ritrovare un tipo in gamba come te, Nick."
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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    Ormai era ufficiale: Kether era il suo mito della giornata. Aveva apprezzato, il buon Clive, il modo in cui il magi-artigiano era riuscito a zittire sua madre: o meglio, per la precisione, era riuscito a farla ritornare sui suoi passi, quelli di un'accompagnatrice discreta e non invadente. Dahlia lo aveva guardato leggermente storto, stupita di come fosse esclusa da quella conversazione. In cuor suo, comprendeva che Clive aveva bisogno dei suoi spazi e volutamente si eclissò, salvo ascoltare per filo e per segno ciò che venisse detto su Hidenstone. Sapeva di aver compiuto la scelta ottimale per suo figlio, che si affacciava troppo alla svelta nel mondo adulto. Il ragazzino, dal canto suo, pendeva dalle labbra del negoziante. Aveva disegnato con la bocca una piccola "o" di sorpresa, quando venne descritta la cornice paesaggistica nella quale era inserito il suo nuovo istituto: lo attirava quell'aurea vagamente primordiale, in cui lo spirito vitale sembrava soffiare con un'energia prepotente e mistica; niente da soggiungere, poiché accresceva sempre di più la sua curiosità adolescenziale. Sorrise quindi timidamente, mostrando una luce vispa nei suoi occhi. Si sentì orgoglioso per aver attuato la lucidatura corretta del legno di melo, si voltò verso Dahlia, sfoderando un sorrisone a trentadue denti, che sembrava sottendere un "vedi che ho ragione io?". La donna alzò le mani, in segno di resa, mentre osservava la prova alla quale era sottoposto il figlio. Il cuore di Clive, dal canto suo, tamburellò con una frequenza maggiore, poiché una nuova sfida si stava prospettando: sarebbe uscito egregiamente il sodalizio con il suo catalizzatore? Il Grenwell lo sperava bene, poiché si era legato emotivamente a quel legno. Annuì pensoso e serio alle parole del venditore. Ricercò quanta più concentrazione possibile, cercando di estraniarsi dal contesto e veicolando la sua volontà nella buona riuscita dell'incantesimo. Prese, quindi, posto sul tappeto e assunse una posizione equilibrata, simile a quella da duello. Gambe ben molleggiate, busto eretto con petto in fuori, braccia che disegnavano angoli ottusi e poste in modo da consentire l'equilibro e una buona distribuzione di pesi rispetto al baricentro. Prefigurò il risultato, cercò in tutti i modi di sentire l'aderenza delle sue dita con il legno di melo, lo immaginò come prolungamento del suo potere, del suo corpo. Chiuse per un nanosecondo gli occhi e inspirò, per riporre tutto il potere magico, dal cuore, sino al braccio e, infine, alla bacchetta. Doveva essere sua alleata, lo desiderava più di ogni altra cosa. La voce dell'anglo-francese risuonò nel silenzio del negozio, ferma, decisa e cristallina: "AVIS!"
    Gli occhi suoi erano fiammeggianti, ricchi di vita e fervente trepidazione: un concentrato dell'energia dei quindici anni.
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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    Clive annuì silenziosamente, regalandogli l'ennesimo sorriso: non poteva non concordare con Harry sulle emozioni che contraddistinguevano il momento esatto in cui le dita andavano a chiudersi attorno il boccino. Aveva senza dubbio ragione sul sentirsi protagonisti della situazione: la partita viene chiusa nel momento esatto in cui il cercatore raggiunge il suo obiettivo, è come se fosse l'attore principale di un match, sebbene anche i cacciatori e i battitori costituiscano parte integrante di quell'immensa macchina perfetta che si chiama squadra. "Sì, sì! Sono stato proprio io ad acciuffare il boccino decisivo. Avresti dovuto sentire che boato è risuonato per tutto il campo!" si pavoneggiò Clive, ripensando al dolce momento in cui venne abbracciato dai suoi compagni di squadra e issato sulle loro spalle in una marcia trionfale. Era stato davvero popolare, ammirato e osannato dai più giovani e dai coetanei. L'ultimo anno ad Hogwarts gli aveva, per l'appunto, regalato dei momenti decisamente belli.
    Ascoltò Harry, che si dimostrava in quel momento veramente disinvolto con l'argomento ragazze: non si professava un playboy, però amava la compagnia di ragazze, che lo ammiravano per il suo aspetto fisico e per le sue prodezze sportive. L'anglo-francese, dal canto suo, invidiava tale autostima: non era del tutto consapevole di essere anch'egli piacente, dai modi semplici e genuinamente educati, nella loro frizzantezza: Clive, nel suo piccolo, non si reputava un Adone, ma un ragazzino come tanti altri. Valutò che fosse un bene avere un amico così sicuro di sé e avvezzo alla compagnia femminile: da cosa poteva nascere cosa, magari la sua fidanzata avrebbe potuto presentargli un'amica, magari di un'altra casata. "Ma come ti diverti con loro?" strabuzzò gli occhi, immaginando chissà quali desideri proibiti stesse celando Harry dietro l'etichetta "divertimento". Il suo sorriso si era fatto decisamente più malizioso e gli diede una gomitata complice, curioso di conoscere quel lato sbarazzino del suo interlocutore. Gli venne poi domandato se al termine del suo scherzo si fossero svelati alla malcapitata e il Greenwell non poté altro che fare spallucce. "Amo alla fine assumere le mie responsabilità. Con la faccia di bronzo le ho spiegato la faccenda e lei mi ha spalmato sulla faccia un pasticcino. Beh, sempre meglio che uno schiaffo in pieno volto..." ragionò ad alta voce, ricordando benissimo la scena della confessione proprio in concomitanza del tè delle cinque.
    Ascoltò gli scherzi architettati da Harry e pensò fossero essere un po' pesantucci e crudeli. Il primo era uno scherzo goliardico: Clive andava matto per queste cose, anche se la vittima non doveva essere - a suo parere - scelta tra gli studenti più timidi o riservati. Non voleva ferire troppo, non essere la causa di qualche trauma: se fosse accaduto a lui, probabilmente avrebbe preso la cosa sul ridere, ma qualcun altro? Nel secondo caso, il Greenwell ammise a se stesso di non essere mai in grado di giocare con un sentimento come l'amore. ""Ehi, ma sono due scherzi un po' pesantucci eh. Giocavate davvero duro. Sì, certo, è super-carina, è del mio stesso anno, Scarlet. Ha un fascino tutto Grifondoro: è grintosa, simpatica e solare..."
    Proprio nel mentre gli venne chiesto di descrivere una marachella della sua compagnia d'amici, ecco che il magifonino squillò: stavano arrivano a raffica dei messaggi Wtsapp da parte di sua madre Dahlia. Gli chiedevano insistentemente dove fosse e perché non fosse già tornato a casa.
    Clive guardò le anteprime sullo schermo e roteò gli occhi, in un'espressione disgustata. Aveva quindici anni e doveva ancora sottostare alla volontà di sua madre. "Scusami, Harry, ora devo andare. Libertà finita, devo tornare a casa. Comunque, senti, dai... Ci teniamo in contatto, ok? Mi farebbe stra-piacere davvero. Grazie per la compagnia. A presto!"
    Se non glielo avesse impedito, l'anglo-francese si sarebbe alzato, avrebbe fatto un cenno di saluto e si sarebbe incamminato per tornare ad Oxford, col primo treno regionale disponibile.
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