Phantom Alley

Aleksey Konstantin Golubev

Il fatto di star vivendo in quella realtà così alta, così potente, in qualche modo sembrava essere per Aleksey il momento perfetto per poter comprendere meglio le persone che aveva al suo fianco. Tutti erano estremamente coraggiosi, tutti cercavano di fare del meglio per potersi aiutare, ed in quel momento alcuni avevano ripagato quei momenti di immediata audacia con delle ferite piuttosto gravi e pericolose. Primo tra tutti uno dei suoi compagni di squadra, Markab, che era stato investito da una vampata inverosimilmente potente, la quale lo aveva immediatamente incendiato. Lo osservava andare a fuoco, e forse in quel momento il suo spirito da Auror uscì davvero fuori: doveva salvare quell’uomo, ma poco prima che lui si mettesse immediatamente a spegnere quel ragazzo, notò che comunque Skyler iniziò un tentativo di salvarlo. Confidava nelle capacità di quell’infermiere, ed indubbiamente lo avrebbe lasciato svolgere tranquillamente la propria professione e le mansioni di supporto che gli erano davvero semplicissime oltre che, ovviamente, di potenza molto maggiore. Decise quindi di staccarsi appena dal gruppo per dare attenzione al vampiro che era stato bersaglio di incantesimi da parte degli altri suoi amici, decidendo quindi di unirsi a loro per combatterlo, ed iniziando ad immaginare un modo per contrastarlo in maniera più efficace.
Conosceva degli ottimi incantesimi per mettere dei vampiri alle strette, e presumibilmente avrebbe utilizzato lo stesso incantesimo per due volte di fila, così da assicurarsi di arrecare un ingente danno a quella creatura. Sapeva anche quanto i vampiri fossero più potenti di notte, e quanto loro fossero delle creature ben massicce di natura, ma doveva rischiare e mettere a frutto anche la preparazione che aveva attuato poco prima, utilizzando l’influsso di Marte su di sé per potenziare i propri incanti esorcistici. Fu così che, una volta portata la propria bacchetta verso il vampiro che si era dimostrato, secondo lui, pericoloso, il russo disegnò una spirale in senso orario, seguita dal nome dell’incantesimo da utilizzare. “Orbis!” E, subito dopo, aspettando un po’ affinché potesse prendere la mira in maniera molto più precisa e diretta, sperando di riuscirci anche di più, concentrandosi nel migliore dei modi, il russo iniziò a parlare nella propria lingua madre, rivolgendosi a quel vampiro con parole forti. “Non farai del male ai miei amici! Orbis!” E così il ragazzo avrebbe tentato di scagliare quell’incantesimo per una seconda volta contro quell’essere, cercando di arrecargli dei danni e di indebolirlo a sufficienza per renderlo inerme o, comunque, poco potente rispetto a tutto il gruppo.

L'esplosione d'ira del cavaliere aveva fatto volare via Markab, ma lo aveva riconsegnato agli altri nella sua forma migliore: mezzo nudo e bagnato. Le sue ferite si erano rimarginate in pochi istanti, anche senza l'intervento dell'infermiere, ricoprendo le stesse con una spessa e rossa crosta che appariva molto resistente, forse frutto delle pozioni di Phoebie.
Gli accordi tra Samuel ed il Mietitore comunque stavano procedendo sospintamente, anche grazie agli incanti placanti di una parte del gruppo, che li spinsero a più miti consigli: l'auror tese il mignolo, nella sua mente, verso il cavaliere, ma quest'ultimo non comprendeva a pieno quel gesto, ma fece in modo di farsi perfettamente comprendere; le fiamme, infatti, circondarono il cavaliere e anche il dito, consumandolo completamente e rendendolo cenere una volta per tutte.
La spada è tua
Fu solo un fremito nella sua mente, poi il cavaliere era tornato ancora una volta un fuoco fatuo, pronto a combattere una nuova battaglia entro pochi minuti, un po' come il gruppo, che stava fronteggiando un potente e antico vampiro: Gannicus.
L'essere restò abbagliato dall'eterna lumina, sibilando come un serpente, almeno finché non si rese conto come il gruppo non avesse alcun timore o rispetto per lui, condizione che intendeva invertire quanto prima.
"Da trecento anni governo questo spazio di mond, e certo non sarete voi umani a portarmelo via!" annunciò lui, levando al cielo entrambe le sue mani, richiamando da sotto di sé le più profonde tenebre, che pian piano si diffusero come macchie nere di inchiostro, per poi levarsi al cielo fino a coprirlo "Sorgete Tenebre... portate la più antica e oscura paura di ogni uomo" affermò, feroce e sicuro, mentre la luce dell'Eterna Lumina, restava un bagliore lontano che egli non sembrava in grado di spezzare, ma solo di isolare.
Tutto divenne grigio e buio, lasciando davanti a loro solo il vampiro, che trasudava un'aura rossastra di sangue e paura, presagio della sua immensa forza, che intendeva interamente dedicare a tutti loro.
Dietro al gruppo, vi fu un nuovo boato e dal fuoco fatuo emerse nuovamente il cavaliere, nuovamente con la propria testa in mano, che però ora ardeva di fiamme arancioni.
Le orbite della testa erano vuote, ma parevano proprio fissare colei che col suo Glacius aveva contribuito dolorosamente a liberare Samuel: Selene ebbe per sé le attenzioni della morte per un istante e come già accaduto a Samuel ebbe un'esperienza di morte. Fu una giovane ragazza, accusata di stregoneria, legata, urlante, disperata, che veniva chiusa per confessare la propria condizione, in una vergine di ferro. Sentì gli spuntoni premere sulla sua pelle, trapassarla fino a colare a terra il suo sangue e poi ritrarsi, ponendo sempre la stessa domanda, cui lei rispondeva solo con suppliche e urla, ricevendo solo ulteriori spuntoni, posati su di lei ancora più violentemente, scavando ancora di più la carne, fino a perforargli le ossa, nel mentre, lentamente, la sua vita restava lì, rinchiusa in quella scatola di dolore.
La strega si sarebbe ritrovata a terra, tremante come una foglia, ritrovando il proprio io e il proprio corpo di fatto integri, nonostante lo shock, al punto che da quel punto per un po' non si sarebbe potuta spostare.
Il Cavaliere osservò la donna, poi posò le proprie attenzioni su Samuel, levò la spada e la puntò contro di lui, ma non in maniera minacciosa, quasi ad andare a mimare quel mignolo tesogli contro in maniera da lui incomprensibile: avevano un accordo, e la strega poteva vivere anche per questo.
Il cavallo si impennò sulle zampe posteriori, poi deciso galoppò fino a Gannicus "Tu... nooo!" ringhiò lui, riparandosi, salvo vedere poi il cavaliere passare oltre puntando il luogo che Markab aveva potuto vedere sul proprio magifonino, ovvero dove era entrato Peter.
Gannicus osservò la scena, poi sorrise "Sangue e un inatteso alleato per sfiancare Olivander... che dire, sembra che la fortuna mi sta arridendo" rise lui, mabramente, osservando tra la folla due particolari entità, una delle quali lo attaccò con delle fatture minori, riuscendo a piegare le sue ginocchia, costringendolo a levitare e perdere parte della propria velocità.
"Perché attaccate qualcuno della vostra stessa razza?" disse rivolgendosi a Nyx e Daniele "Io, Gannicus, questa notte vincerò Cedric Olivander e recupererò la sua strabiliante bacchetta, così facendo, potrò tornare nel regno dei vivi e detronizzare il principe di Londra: unitevi a me, e quando sarò sul trono mi ricorderò di chi mi è stato accanto nella mia risalita al potere!" affermò.
Il vampiro non sembrava prestare troppa attenzione agli umani, al punto che per rispondere ad Alexander, di fatto, attese di rivolgersi ai suoi simili, ma ben presto la sua scelta dovette mutare, del resto molti dei presenti lo bersagliarono con le proprie magie, costringendolo a far sfoggio della propria destrezza residua, talmente alta, comunque, da permettergli di schivare diversi assalti, come l'INcarceramus di Wyatt o quello di Krasus, e anche il Fobeo di Vath, che però ebbe la soddisfazione di far ringhiare il vampiro, uffuscandogli la vista con la propria magia mentale, o Aleksey con uno dei suoi Orbis, anche se il più molesto, comunque, restava Krasus, assieme ai portentosi attacchi di Alexander, che inflissero i danni più ingenti che la creatura avesse sperimentato, ma l'auror più komodo non stava ferendo solo di bacchetta, ma anche di lingua
L'auror non aveva avuto successo nei propri intenti sadomaso, ma la sua smaterializzazione lo portò alle spalle del vampiro, permettendo alla sua lama di trafiggerlo e strappargli un urlo, e fargli guadagnare uno sguardo di puro odio da parte dell'essere "L'unica strada che io vedo è quella per il trono di Londra" sibilò, colmo di odio, facendo scattare il collo in avanti, fino ad affondare i denti nel collo dell'auror, cingendo poi il corpo di lui, mentre ne succhiava la vita, almeno finché l'altro, con gesti disperati, non riuscì a liberarsi.
"Io sono la tenebra... e voi per me siete solo vivo nutrimento, che renderà il ritorno ancora più glorioso" concluse lui, ridendo gutturalmente, nel mentre l'odore del sangue si diffondeva per tutta la via, risvegliando una primordiale sete in Nyx e Daniele, tanto che, senza opportuni rimedi, essi avrebbero perso entro alcuni minuti il controllo.

Intanto, Peter aveva i suoi problemi.
Olivander lo fissava molto scettico, avanzando verso di lui, forse rassicurato dalla facilità con cui lo aveva piegato "E io dovrei credere che, dopo secoli di crudele guardia, Gannicus abbia fatto passare un mortale oltre la sua nebbia venefica, e che questi sia giunto, per caso, nell'unico luogo interdetto ai non-vivi?" chiese lui, letale, indicando con il proprio stecco nero, ascoltando comunque cosa lui avesse da dire, su di lui, ma anche su sé stesso, spingendolo, alla fine, ad abbassare la bacchetta.
"La mia è la storia di un genio, di un pioniere incompreso, di un uomo così coraggioso da sfidare la legge e la morale per ottenere qualcosa che mai nessuno aveva anche solo sognato... ed è la storia di persone pavide e piccole che, per la loro morale o i loro piccoli interessi, hanno finito per tarpargli le ali..." spiegò lui, dando le spalle al ragazzo, almeno finché la porta non venne sfondata e da essa entrò il Mietitore, la cui testa urlò ferocemente.
"Tu..." affermò lui, levitando e puntandogli contro la sua bacchetta "Allora è vero: Gannicus ha sciolto la sua nebbia... e ha permesso persino a te di giungere da me... ma questo vuol dire che anche io posso avere la mia occasione" rise lui, nel mentre il cavaliere scagliava una delle sue sfere infuocate contro di lui, fino a fargliela esplodere addosso, senza però smuoverlo di un millimetro "Cloaca Nosia" imperò, generando un getto d'acqua sotto al cavaliere, che fece nitrire di terrore il destriero, nel mentre flutti venefici ed acidi corrodevano la sua armatura e, espandendosi, giungevano fino a Peter, bruciando la sua pelle e avvelenandolo nonostante la protezione angelica che su di lui calò, ma fallì.
La luce dell'angelo si dissolse senza successo, ma fu a quel punto che nuovamente il ragazzo avvertì un brivido mentre erano delle tenebre rossastre ad avvolgerlo per solo un istante.
Olivander lo osservò e nei suoi occhi il biondino poté leggere solo pietà "rovo sincera pietà per un uomo che si riduce ad essere schiavo di un vampiro e dei suoi desideri. Vattene, prima uno tra noi due decida di provare sufficiente pena per te da volterti togliere da soffrire" gli intimò, nel mentre, dolorosamente, una voce si diffondeva nella mente del giocatore, come un'emicrania che parlava.
"Portami la bacchetta o mi prenderò la tua per versare il sangue dei tuoi compagni, prima di recuperarla da solo." gli comandò la voce di Gannicus, diffondendo in lui un timore reverenziale che poteva affondare le sue radici solo in quella misteriosa runa che prima gli aveva inciso e che ora lo legava a lui, e non in un rapporto paritario.

Samuel Starosta

Ci fu esitazione nel notare il gesto del Mietitore. Probabilmente l'essere aveva assorbito il Dito, trasformandolo in cenere, ma se si fosse limitato a distruggerlo? L'idea di perdere un artefatto di tale valore economico non lo indispettì più di tanto se confrontata al dubbio che il Mietitore aveva appena sollevato.
Alla sequela di domande di Markab, l'auror alzò un sopracciglio, curvando di poco il volto verso la spalla. Il suo istruttore auror gli aveva insegnato cosa rispondere in situazioni simili e ora era pronto a farlo.
«C'è un tempo e luogo per ogni cosa, ma non ora».
La mano a sollevarsi tra i due, poi un istante di calma da parte dell'Auror. Merda. Quella frase era di un altro professore.
Vabbeh, i duellanti avrebbero avuto modo di parlare dopo. Sempre se ci fosse stato un dopo.
«Tutto ok».
Questa volta gli occhi d'ardesia calarono come lame su Krasus, il collega.
«Abbiamo affrontato un coro di Licantropi, non vi spezzerete di fronte a un Vampiro. Ne sono certo. Mi occuperò di Olivander, attenti ai civili».
Un cenno del capo al collega e uno sguardo verso il signor Olwen, l'uomo che aveva spezzato draghi e orde di zombie. Erano in buone mani.
Mani pessime erano quelle del magiartigiano, e Samuel avrebbe posto rimedio.
«Tu occupati di distrarlo, io lo neutralizzerò» Un ultimo cenno di intesa con il cavaliere, il mignolo fisicamente teso verso la spada a siglare il patto, e poi la bacchetta puntò il petto dell'Auror «Animalia Figuro».
Se l'incanto fosse andato in porto, il mago si sarebbe ammantato del pelo di Demiguise, e con esso un velo di invisibilità lo avrebbe avvolto permettendogli di passare inosservato. Seguendo dunque il galoppare e la scia del destriero, l'auror avrebbe aggirato Gannicus, certo che il resto dei compagni lo avrebbe neutralizzato a breve.
Silenzioso come un'ombra, letale come la Morte con cui aveva stretto un patto, il ragazzo avrebbe stretto entrambe le mani attorno alla spada che gli era stata donata. Avrebbe potuto affrontare Olivander con i mezzi che conosceva meglio, pochi secondi prima aveva addirittura piegato il cavaliere sotto i suoi incanti esorcistici, ma mai come in quel momento si sentì in dovere d'agire come un paladino.
Un colpo secco, superando la melma e approfittando del continuo chiacchiera dell'Olivander. La furia dell'Auror sarebbe calata contro la putrida carne dell'essere, confidente che la spada del Mietitore avrebbe finalmente potuto cogliere il raccolto.
Avrebbe mutilato l'altro come questo aveva fatto con tante altre anime, godendo del piacere offerto dal nuovo potere, ma a differenza del magiartigiano, l'auror non si sarebbe fatto distrarre dai piaceri del breve termine. Lui, come la Morte, era un giardiniere e la natura richiedeva tempo. Avrebbe cantato vittoria soltanto quando la bacchetta sarebbe finita tra le mani della Legge.
E per farlo, ora sarebbe dovuta finire tra le sue. L'avrebbe strappata a forza dalle dita dell'uomo, confidando che le visioni mortali del suo nuovo allevato potessero trovare nella mente paranoica e corrotta dell'Olivander un fertile grembo da fecondare. Paralizzato, forse addirittura mutilato, sarebbe stato lui a far pena e da predatore sarebbe divenuto preda.

«Parlato»
"Pensato"
Narrato