You were my crown, now I′m in exile

Mia&Cameron

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  1. Cameron Cohen
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    La osservò da lontano, due bicchieri di succo di zucca tra le mani.
    Era così bella e pura. Quella vista gli faceva male, perché sapeva di averla distrutta, ridotta per lungo tempo ad una sola ombra di se stessa, un guscio vuoto che niente aveva a che fare con la Mia Freeman che aveva conosciuto ed amato, anche se non glielo aveva mai detto. Quelle due paroline avrebbero reso il loro distacco ancora più brutale e difficile da sopportare.
    La verità era che Cam aveva avuto un passato che pochi altri adolescenti potevano raccontare di aver avuto e questo lo aveva forgiato oltre ogni aspettativa, portandolo a determinati comportamenti che a lui sembravano giusti, ma che finivano con il ferire qualcuno, persino chi fingeva di stare bene.
    Aveva raggiunto la consapevolezza di essere un mostro e di riuscire a stare solamente con chi aveva una tempra dura, chi aveva le fiamme che gli ardevano dentro. Mia, invece, era tenera come un dolcetto col cuore di cioccolato fuso, era inevitabile che finisse travolta da quella valanga che aveva innescato il padre, tanti anni prima. Ma aveva capito, aveva compreso e realizzato, che non aveva comunque giustificazioni per il suo comportamento, per il suo essere irrimediabilmente uno stronzo.
    Forse avrebbe dovuto smetterla di avvicinarsi alla bionda, ma ne era attratto come una calamita. Non voleva lasciarsi con il veleno, voleva che riuscissero a ricucire qualcosa, sebbene non potesse essere una relazione.
    L'aver invitato Liz al ballo, gli aveva regalato un po' di quiete, quindi si sentiva pronto anche a parlare civilmente con la sua ex, lasciandola finalmente libera.
    Si era seduta dov'erano soliti loro mangiare prima che accadesse tutto e Cameron lo prese come un buon segno. Avrebbe anche potuto scusarsi per l'irruenza del loro incontro precedente, non era in sé, aveva appena fatto qualcosa che, nonostante tutto, non pensava di essere capace di fare.
    Iniziò ad avvicinarsi a passi lenti, guardando ora la chioma bionda, ora i fiocchi di neve che vorticavano in cielo fuori dalla finestra. Cosa avrebbe dovuto dirle? Come avrebbe potuto iniziare una discussione che avrebbe finalmente messo, per entrambi, il punto? Anche se sicuramente ci sarebbe voluto del tempo per far passare il senso di colpa che lo divorava dall'interno.
    Ma forse, in fondo, era stata anche la cosa giusta... aver lasciato libera Mia, libera di scegliere un ragazzo che non le facesse del male, per il quale non soffrisse come stava soffrendo per lui.
    Finalmente la raggiunse, stando bene attento a non fare movimenti bruschi che potessero farle intendere che avesse intenzioni non dissimili dalla volta precedente.
    Le si affiancò e senza dire niente, le porse uno dei due bicchieri, tenendo l'altro per sé.
    Alla fine è andata male, eh? La domanda fu fatta in tono colloquiale, mentre prendeva una sedia per sistemarsi accanto a lei. Posso? Domandò in seguito e, se avesse ricevuto risposta affermativa, avrebbe allargato le gambe per sedersi al rovescio sulla sedia, posando il proprio petto contro lo schienale ed incrociando le braccia sopra di esso, lo sguardo nocciola puntato verso l'esterno, ad osservare il manto bianco che iniziava a ricoprire ogni cosa.
    Rimase così, in silenzio, ad osservare. Osservare ancora. Passarono lunghi minuti senza che lui proferisse parola, limitandosi a qualche sorsata di succo di zucca, poi alla fine sorrise.
    Sai, mi dispiace. Per tutto. Mia, nonostante tutto, lo conosceva bene ed avrebbe riconosciuto il tono sincero che aveva usato. Non era una bugia oppure una frase detta tanto per. Lo credeva davvero. Forse serviva per farci capire che non era destino. Si volse verso di lei, scostandole delicatamente una ciocca di capelli dal viso e portandogliela dietro l'orecchio. Fu un gesto innocente, un riflesso dei vecchi tempi, non indugiò troppo sulla sua guancia, non voleva darle l'impressione di torturarla ulteriormente.
    Era sempre stata e rimaneva bellissima, un angelo che non si meritava di essere trattata così da uno come lui. Un mostro. Qualcuno che stava ancora lottando contro i suoi demoni. Mi hanno chiamato dalla prigione, lo sai? Iniziò quel discorso, apparentemente buttato là come se non significasse nulla ma Mia sapeva esattamente a che prigione si riferisse e perché l'avesse nominata.
    Con l'anno nuovo, rilasceranno mio padre. Infermità mentale o qualcosa del genere, dicono. Era la prima persona alla quale lo comunicava, forse perché dirlo a voce sembrava così reale... ma doveva accettarlo, sarebbe successo che lo avrebbe ammesso oppure no. Avrebbe dovuto dirlo pure a Liz, prima o poi.
    Cameron Cohen


    Dioptase
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7 replies since 1/12/2022, 23:05   164 views
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