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.Si sapeva, ormai, che Julian non era uno che faceva le cose in piccolo.
Aveva le possibilità economiche per comprare il mondo intero e se ne avesse avuto bisogno, lo avrebbe fatto.
Per questo, quel sabato di Novembre, l'ultimo del mese, aveva deciso di dare una piccola svolta alla sua strana relazione senza definizione con Regina.
La Beauvais aveva detto che per lei non era cambiato niente, che lui era parte importante della sua vita, ma la verità era che per Julian era cambiato tutto. Lui vedeva Rey con altri occhi, con gli occhi di chi amava, con gli occhi di chi avrebbe dato la vita per lei.
La promessa che aveva fatto a se stesso, principalmente, e a lei - seppur non glielo avesse detto in maniera esplicita - era di non perdere più tempo, di cogliere ogni occasione per dimostrare alla ragazzina che conosceva da troppo tempo, quanto fosse importante per lui e quanto ci tenesse che per lei tutto fosse perfetto.
Il ballo sarebbe stata l'occasione madre per questo.
Tutto doveva partire dall'inizio, doveva partire dall'invito e per questo, quella mattina, le mandò un messaggio semplicissimo, sul magifonino.
«Jackson ti aspetterà all'eliporto alle 18:00 e ti porterà da me. Voglio mostrarti qualcosa che ti mozzerà il fiato, quasi alla pari di come tu lo togli a me ogni volta che ti vedo.»
Regina sapeva che Julian poteva arrivare anche sulla Luna per lei, quindi poteva solo immaginare quanto avesse preparato quell'incontro. Quello che non poteva nemmeno lontanamente ipotizzare, era il fatto che la ragazza sarebbe uscita dall'Inghilterra e questa volta, senza arrivare a New York.
La prima tappa sarebbe stato un ateliere dove le migliori sarte dell'alta moda di Parigi, avrebbero donato la loro unica attenzione a Regina, dicendole che avrebbe potuto scegliere qualsiasi tessuto pregiato per ben due vestiti.
Poi sarebbe stata accompagnata da Robert, il damerino di Julian, a mangiare i migliori macarones di tutta Parigi, fino all'imbrunire sarebbe stata portata nei negozi migliori dove poteva comprare quello che voleva, dalle scarpe ai gioielli e nessuno le avrebbe detto perché tutto questo.
Poi, alla fine della sua giornata a Parigi, sarebbe stata accompagnata su di una terrazza, la più lussuosa di tutta la città dell'amore, dove si vedeva Parigi illuminata da mille luci calde e lì, ad attenderla con un mazzo di rose rosse e un tavolo imbandito, c'era Julian.
Perfetto come solo lui poteva essere, i capelli ben curati, la giacca nera sopra la camicia bianca e il papillon di pura seta al collo.
Attendeva la ragazza all'ingresso, le avrebbe donato il suo mazzo di rose e poi una le avrebbe concesso il braccio.
«Rey, finalmente sei arrivata... che attesa lunghissima...»
Le mormorò sulla pelle del dorso della mano, mentre si avvicinava per fare un baciamano perfetto. Era solo loro, aveva fittato la terrazza affinché fossero soli.Julian Miller"Light my fire."Studente, II anno - Dioptase"Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"
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.Era emozionato. Lo sentiva quello strano dolore alla bocca dello stomaco che sembrava gli volesse attanagliare il corpo. Era emozionato per quello che stava succedendo, per il fatto che avrebbe visto Regina da lì a poco e perché aveva deciso che quel invito al ballo che da lì a poco si sarebbe palesato alla ragazza, sarebbe stata la svolta di tutto il loro rapporto. Sì, aveva deciso così e non c'era nessuno che lo smuoveva da tutto quel pensiero.
L'attesa sembrò avvilente, come se non passasse mai il tempo. Già la vedeva a minacciare Jackson per portarla in giro per musei e mostre d'arte, cambiando totalmente il suo percorso. Eppure ne rideva di quel carattere così deciso e combattivo, era di quello che si era innamorato e se n'era accorto giusto in tempo per cercare di fare il possibile per racchiudere tra le sue braccia quel fiore prezioso che era Regina.
Quando la vide arrivare, gli si mozzò il fiato in gola. Era dannatamente splendida, perfetta e sublime, quasi come se la ricordasse diversamente. Ed invece, quel sorriso che le si aprì su quel volto disegnato dalla mano dei migliori pittori, le ricordò che era proprio lei, la sua Regina. Quei capelli sembravano scenderle sul volto come seta che si arroccava sulle spalle a formare quelle onde morbide, Dio solo sapeva quanto Julian avrebbe voluto afferrare i suoi capelli tra le dita, portarli al suo naso e sentirne l'odore che amava follemente.
L'avrebbe fatto impazzire, ne era certo.
Sorrise dolcemente alle sue parole e calò il capo su di lei quando prese a sistemargli il papillon. Certo, non riusciva a non trovare qualcosa da sistemargli, ma lei era bella anche per questo. Gli occhi scuri di lei si incastrarono in quelli del ragazzo, che sembrava non avere nemmeno le parole per dire quanto fosse contento di averla lì. Si limitò a quel bacia-mano, trovandolo fin troppo poco e fin troppo aggressivo, quasi come se potesse rovinare la sua pelle.
Prese un respiro profondo, cercando di recuperare la sanità mentale affinché riuscisse a dare voce ai suoi pensieri.
«Ho cercato di essere almeno un minimo alla tua altezza.»
Le sussurrò per quel piccolo complimento che l'altro credeva di non meritarsi. Il suo sorriso era familiare all'altra, quel ghigno di chi aveva tutto sotto controllo, di chi ne sapeva sempre una più del diavolo; era ancora sul suo volto, mentre lei si sedeva, a mascherare l'esatto contrario: lui non sapeva nemmeno da dove iniziare. Era tutto così diverso, così reale. Avevano passato momenti insieme, da soli, cene, balli, feste, fughe notturne, dormite insieme... eppure, era tutto come se fosse nuovo.
Schioccò le dita, alla sua domanda e la vetrata della terrazza, finora oscurata, si libero da quel vetro nero per lasciare alla vista di Regina una Parigi illuminata, con una Torre Eiffel bellissima che brillava nel suo gioco di luci ad intermittenza.
«Parigi è sempre stato il tuo sogno, no? E chi sono io per non esaudirlo?»
Certo, probabilmente vi era già stata, ma con lui - sperava - sarebbe stato diverso. Proprio in quel momento alle spalle della ragazza arrivò un cameriere, uno di quelli che indossava il frack e il fazzoletto bianco sul braccio, con un vassoio d'acciaio. Julian annuì, mentre un sommelier, dall'altro lato, versava due calici di champagne dorato, offrendone uno alla ragazza e uno al riccio.
Julian cercò le dita della mano di lei, sperando di afferrarle, rimanendo in piedi davanti alla sua perfetta bellezza. Sollevò il calice e poi la guardò.
«Chiedere di brindare a noi, sarebbe troppo poco... vorrei brindare a te e alla tua bellezza. E al mio essere meno imperfetto quando sono con te.»
Le sussurrò, accostando il bicchiere a quello dell'altra. Avrebbe sorseggiato qualche goccia, prima di tirare un altro grande respiro e poggiare il bicchiere. Era agitato, come mai lo era stato.
Aveva sempre fatto le cose in grande, le cose col botto eppure quella volta sembrava che stesse per implodere dentro dalla paura.
Ancora un respiro, come se gli mancasse l'aria, tanto che dovette toccarsi il colletto della camicia quasi a volerlo allargare, ma senza sbottonarlo; pochi attimi dopo avrebbe tentato di far girare la ragazza verso di lui, sempre facendola rimanere seduta, quindi si sarebbe inginocchiato, il destro poggiato a terra, il sinistro piegato. Il lungo braccio destro andò ad afferrare il vassoio, per farlo scivolare vicino a loro e prenderlo con entrambe le mani. Quindi lo avrebbe portato davanti a lei e lo avrebbe scoperchiato, per afferrare un cofanetto di velluto blu.
«Regina Beauvais, vuoi venire al ballo con me? Non c'è nulla che io desidererei più di ogni altra cosa al mondo, se non essere il tuo cavaliere a quel ballo.»
E così dicendo avrebbe aperto il cofanetto, mentre una lucina a led illuminava uno zaffiro blu intrecciato ad un diamante. Erano loro, la luce e il cielo. Non potevano essere diversamente.
Sentiva il cuore rompergli lo sterno, pronto ad un suo rifiuto e quasi voleva nascondere la faccia da qualche parte per tutto quello, ma cercò di mantenere il volto fisso a guardare quello di lei, per regalarsi l'emozione di vedere ogni sua singola espressione illuminarle il viso.Julian Miller"Light my fire."Studente, II anno - Dioptase"Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"
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.Ogni singola parola, ogni singolo respiro, ogni passo che muovevano insieme non era la prima volta che lo facevano, eppure, questa serata sembrava come se si stessero conoscendo per la prima volta. Vedere Regina perfetta in quell'abito che sembrava essere la sua stessa pelle, i suoi occhi, le sue labbra; Julian la stava guardando come se non l'avesse mai vista davvero e ogni passo che muoveva verso di lui, il riccio prendeva consapevolezza di quanto fosse la sola persona che voleva al suo fianco.
Avrebbe potuto incontrare uomini e donne di qualsiasi etnia, specie e colore, ma era lei la persona che desiderava per tutta la vita. Non c'era giorno che non avevano passato insieme fin da quando si erano conosciuti, ogni loro tappa la condividevano, eppure quella scuola li aveva allontanati, facendo sì che l'americano prendesse coscienza di cosa realmente provasse per Regina. Forse era stato la sola illusione di vederla più lontana da lui, o l'idea che potesse trovare qualcuno che prendesse il suo posto, che aveva fatto scattare in lui ciò con cui non aveva mai fatto i conti. L'America era solo la scusa per cercare di coprire quello che provava, ma ora doveva fare i conti con la realtà e cercare di prendersi ciò che realmente voleva: lei.
Ghignò a quelle parole, seppur lei sapeva che quello era la massima esponenza del suo sorriso, nontanto un ghigno perverso e maligno. Sentirsi dire quelle parole, per la prima volta, stava facendo battere il cuore di Julian in maniera completamente differente.
Ma ciò che glielo strappò dal petto, fu guardare quegli occhi emozionati scontrasi con il proprio sguardo. Si avvicinò, cingendole la vita da dietro, mentre socchiudeva gli occhi ispirando a pieni polmoni il suo profumo. Era sempre stato così dolce?
Rise alla sua reazione, sentendo quella voce così emozionata e melodiosa.
«Come se i costi fossero un problema...»
Le fece un occhiolino, lasciandola libera di spostarsi come voleva, ma rimanendole sempre accanto, facendosi inebriare da quel profumo che la vestiva alla perfezione.
Quando si inginocchiò, le guance gli si colorarono di rosso, come se per la prima volta fosse imbarazzato al suo cospetto. Si stava donando a lei, stava abbassando tutte le sue difese e si stava mostrando in un modo che non gli aveva mai mostrato. Quando vide quella lacrima, il respiro gli si fermò. Era un no, ne era certo, era pronto anche a quello, per quanto stava sentendo pian piano il cuore andare in frantumi, era come se - per quanto avesse fatto i conti mentalmente anche con un suo rifiuto - sperava troppo che le cose andassero per il verso giusto. Stava per calare la testa, per chiederle scusa di aver osato troppo e... un sì.
Julian allargò gli occhi, la guardò e lentamente un sorriso piegò le sue labbra, quasi come se non avesse più spazio sul volto per potersi allargare. Guardò quella mano verso di lui, tremava? Lui sì, mentre piano le avvicinava l'anello all'anulare, lì dove passava il tragitto diretto al cuore. Lo infilò, lentamente, guardandola e sentendo fremiti per tutto il corpo. Si alzò e non fece in tempo a riprendere fiato che se la ritrovò addosso. Dapprima rimase immobile, quasi pietrificato, incantato da tutto quello che aveva tra le mani, poi si piegò su di lei, le braccia l'avvolsero, stringendola come fosse la cosa più preziosa da difendere.
Lasciò che le sue mani gli sfiorassero il viso e lui continuava a guardarla, lasciando che le sue parole venissero memorizzate perfettamente nella propria testa. Non la interruppe, mentre rotolavano tra le sue labbra quelle parole. Labbra che lo stavano ammaliando come se fosse il canto di una sirena, ogni loro movimento era un incanto per lui. Si morse il labbro, cercando di rimanere concentrato su quello che diceva.
Si stavano rimarginando tutte le ferite accumulate l'anno prima e tutti i tagli che si erano riprodotti al suo interno per quel periodo che li aveva tenuti lontani.
La mano destra si sollevò a scostarle dietro l'orecchio una ciocca di capelli, sfiorandone piano la guancia.
«Rey... anch'io ho paura di amarti. Ma non sarà quello a fermarmi. Lo farò con tutto me stesso, ogni giorno di più e salterò ogni ostacolo, ogni dirupo, ma io ti raggiungerò ovunque le nostre strade possano incrociarsi, solo per amarti. Amare ogni tuo respiro, ogni tua lacrima, ogni tuo sorriso... tutto.»
Erano parole sussurrate, flebili ma cariche della verità che lei poteva leggere nei suoi occhi scuri che continuavano a guardarla come mai l'aveva guardata.
Le sue successive parole lasciarono che ogni singola immagine che lei disegnava con la voce, lui la immaginasse, il suo corpo tra le mani, le sue labbra sulla pelle. Una scarica elettrica lenta e carica di stimoli che lo stavano facendo fremere come foglia al vento. Voleva appartenergli, voleva che lei lo spogliasse di ogni barriera, materiale e non, voleva conoscere il suo corpo come prima d'ora non aveva mai fatto.
Rise quando notò che non trovava parole, quindi scosse il capo piano.
«Sei il tormento migliore della mia vita, Regina Beauvais. Una vera rompiscatole fastdiosa. E non c'è castigo migliore che io possa desiderare se non tu. Voglio conoscerti di nuovo, Regina. Voglio scoprirti, sfiorarti, baciare la tua pelle e averti intorno ogni giorno della mia vita. Io sono pronto per essere tuo, niente stupide distrazioni, niente inutili passatempi. Tuo, nient'altro. E, tu, Rey? Sei pronta per provarci?»
Mentre parlava ogni singola parola faceva sì che lui tagliasse quelle distanze tra le loro labbra, fino a scontrarsi con quelle dell'altra. Rispose al suo bacio, dapprima con una delicatezza ritrovata chissà dove, poi la strinse a sé, imprimendo su quei boccioli lucidi un sigillo, come se le loro labbra fossero pezzi complementari dei loro stessi corpi.Julian Miller"Light my fire."Studente, II anno - Dioptase"Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"
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