Vedi, non sono bravo a fare restare chi mi vuole bene, però so aspettare

JJ

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    Sì, il tirocinio con Layla. Ma anche no. Quel giorno non aveva nessuno tirocinio, doveva solo sistemare un po' di cose qua e là per cercare di avere tutto perfettamente pronto per l'arrivo di Jessica.
    Non ci aveva provato da tanto ad invitare qualcuno al ballo, ma quell'anno era l'ultimo sia per lui, che per la corvina, e Lucas ci teneva a farlo essere speciale per lei, affinché si ricordasse tutto quello che di positivo poteva succedere nella sua vita. Sperava che rientrasse nelle cose positive, soprattutto perché in quel periodo precedente c'erano state molte incomprensioni che avevano portato i due a vomitarsi addosso l'impossibile per poi ritrovare il loro strano equilibrio di perfezione.
    Lucas non era più tanto allenato al romanticismo, non faceva qualcosa di dolce per qualcuno da quando aveva portato Emma a casa e le aveva preparato quella cena. Tuttavia, per Jessica ci avrebbe provato.
    Era davvero estenuante dover pensare a tutto e sperare di non dimenticare niente, perché tutto doveva essere perfetto per quell'incontro.
    Aveva fatto sì che nella stanza delle necessità apparisse il necessario: un tavolo con una tovaglia bianca, con al centro delle candele, poi delle poltrone rosse e al resto aveva pensato lui, ficcandolo qualcosa nel suo zaino espanso e portando altro a mano.
    La stava aspettando facendo su e giù nella spazio precostruito, mentre a terra vi erano petali di rosa rossi e nella stanza le luci erano state spente, fatta eccezione di un cielo blu tetro e dei piccoli puntini luminosi che facevano da sfondo a tutto quello.
    Non era solo quella la sorpresa, Lucas aveva pensato a tutto, affinché lei potesse accettare ciò che le avrebbe chiesto.
    Sul tavolo c'era un vassoio d'acciaio, coperto, dove dentro ci sarebbe stato il suo dolce preferito.
    Mancava solo lei.
    Lucas sorrideva tra sé, mentre si aggiustava la cravatta nera che aveva sistemato perfettamente sulla propria camicia bianca, questa stirata ed indossata come mai aveva fatto in vita sua in quei cinque anni di Accademia: alla perfezione, a completare la giacca nera elegante. I capelli erano tirati indietro, senza il cappellino, quasi simbolo di come aveva abbassato tutte le sue difese con lei.
    C'era un'altra cosa che aveva preparato per la corvina, ma al momento giusto sarebbe giunta anche quella...
    lucas j. jones

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    Edited by Lucas Jughed Jones - 24/11/2022, 00:20
     
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    Erano le sei meno dieci minuti.
    Mancava poco all'incontro con Jones e la corvina si stava dirigendo verso il luogo dell'appuntamento. Le era dispiaciuto dover rifiutare l'invito a casa sua ma temeva che non avrebbero ottenuto il permesso per allontanarsi durante la settimana poiché, seppur maggiorenni, avrebbero dovuto comunicare le loro intenzioni alla preside. E lei sapeva quando e dove avessero i tirocini, quindi nemmeno quella scusa era papabile, soprattutto perché era molto difficile che si tenesse di sera. Fortunatamente, era riuscita a farlo ragionare, così non avrebbero nemmeno dovuto sorbirsi un lungo e noioso viaggio per nave, che sinceramente se lo sarebbe volentieri evitato ove possibile. Adorava il dondolio delle onde che la cullavano, facendola sentire protetta dal mondo intero, ma sette ore erano troppe persino se questo voleva dire l'immensa tranquillità di una nave quasi vuota.
    Ma come dicevamo, era riuscita a convincerlo a dirottare i suoi piani, usando una sala che comunque sarebbe stata perfetta per qualsiasi cosa avrebbe voluto fare, visto che letteralmente faceva apparire praticamente ogni oggetto dei propri desideri.
    Se glielo avessero chiesto, non avrebbe potuto dire che non la spaventasse quell'invito, perché non aveva la minima idea di che cosa avrebbe voluto dirle. La loro conversazione di qualche giorno prima era ancora fresca nella sua mente e temeva che fosse quello l'argomento dell'incontro. Forse si era pentito di averle decantato quelle meravigliose parole, forse voleva dirle che tutto quello era stato un errore e che ognuno di loro avrebbe dovuto andare per la propria strada.
    Con quell'idea in mente, aveva optato per un abbigliamento comodo, almeno se avesse dovuto piangere o correre via, non avrebbe sporcato vestiti eleganti né le avrebbero impedito i movimenti. E poi iniziava a fare davvero freddo, quindi indossare dei jeans ed una felpa pesante le era sembrata la decisione migliore.

    Sospirò, fermandosi davanti a dove sapeva sorgesse la stanza delle necessità e chiuse gli occhi, pensando intensamente a Lucas. Eseguì correttamente tutto il procedimento e, dopo un tempo che parve infinito, delle sottili linee si profilarono sul muro di pietra in precedenza completamente privo di insenature. Sorrise appena, spingendo delicatamente le porte ed entrando in quello che, a primo impatto, avrebbe potuto essere il Paradiso. Un sottile profumo di rose le invase le narici senza darle fastidio, abbracciandola come un vecchio amico.
    In un punto della stanza, era apparecchiato un tavolo dalla tovaglia candida con al centro delle candele che ardevano allegramente, inconsapevoli che presto non sarebbero state che dei monconi di cera.
    Si avvicinò ad una delle poltrone senza dire nulla, posando una mano sul delicato velluto che la ricopriva, spostando gli occhi opali verso Lucas, incontrando il suo ghiaccio. A terra erano sparsi i colpevoli del meraviglioso profumo: dei petali di rosa. Si chinò e ne raccolse uno, saggiandone la morbidezza tra i polpastrelli, prima di farlo scivolare nuovamente a terra. Si depositò sul pavimento di pietra e Jess si alzò. E sollevò anche lo sguardo verso il soffitto, siccome non c'erano molte luci, eccezion fatta per le candele e... un cielo costeggiato da minuscoli ma luminosi puntini.
    Lui era il suo cielo, lei le sue stelle.
    Riprese a camminare e si avvicinò all'autore di tutto quello, guardandolo a metà tra lo stupore e lo scetticismo.
    Che cos'hai combinato? Chiese subito con una sottile nota ironica nel tono di voce, gli angoli della bocca leggermente sollevati verso l'alto. Che cosa devo perdonarti, esattamente? Ridacchiò, adocchiando il vassoio d'acciaio, come quello dei film, coperto. Se è qualcosa di grave, ti conviene farmi mangiare, prima. Non aveva idea di cosa ci fosse o se ci fosse cibo, tuttavia nei film il cibo c'era sempre, perciò poteva solo supporlo. Andò a sedersi su una poltrona, accavallando le gambe ed aspettando. Nonostante scherzasse, il suo cuore aveva preso a palpitare con maggiore forza contro il suo petto, nel vedere tutto ciò che aveva preparato.
    Jessica Whitemore


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    Erano passati pochi giorni da quella discussione che avevano avuto, che li aveva avvicinati in un modo diverso e Lucas aveva deciso di dare il meglio di sé in quella relazione inaspettata che aveva preso una piega nuova, un sapore di freschezza e tranquillità che aveva riempito le sue giornate.
    Era stato come riconoscere la verità del loro rapporto, riconoscere a che livelli erano arrivati, senza nemmeno accorgersene.
    Lei c'era sempre stata per lui e viceversa, avevano solo reso ufficiale la presenza dell'altro nella propria vita.
    Ora, però, Lucas voleva rendere Jessica ancora più speciale, voleva che si sentisse unica, che si sentisse perfetta non solo ai suoi occhi, ma davanti a quelli di tutti lì dentro e che potesse sfoggiare quel sorriso che lui aveva imparato ad amare in questi anni, mostrando a tutti quanto fosse la donna migliore che ci fosse in quella scuola, nonostante i suoi errori passati.
    C'era una cosa di cui avevano sempre parlato poco, una persona che era nelle loro vite e che Lucas aveva sempre cercato di abituarsi alla sua strana presenza. Ci aveva messo un po' ad abituarsi all'idea, all'inizio della loro amicizia, poi a poco a poco aveva imparato ad affezionarsi anche a quella parte di Jessica che l'aveva resa ai suoi occhi una donna ancora più speciale.
    Quando era entrata in quella Stanza, Lucas la guardò, trovandola stupenda anche con quell'abbigliamento casual. La vide cogliere quel petalo di rosa e lasciò che si abituasse a quell'ambientazione che aveva creato fuori dal naturale ambiente scolastico.
    Rise, sentendo quelle parole, mentre si avvicinava a lei e le poggiava una mano sulla guancia, per calarsi sulle sue labbra e donarle un caldo bacio.
    Non andò oltre, si staccò delicatamente e fece un'espressione di quelle che erano tipiche di chi stesse ricercando nella propria testa cosa farsi perdonare.

    «Ho mangiato tutti i tuoi biscotti preferiti che avevi lasciato da me.»

    Confessò, toccandosi appena dietro la nuca. Era vero, erano buonissimi e aveva fatto piazza pulita anche delle briciole.

    «Ma non siamo qui per questo.»

    Andò verso il suo zaino espanso e tirò fuori una scatola, per poi avvicinarsi a lei e piegarsi sulle ginocchia per arrivare all'altezza che aveva assunto ora che era seduta. Gliela posò sulle gambe e attese che l'aprisse.
    Nel mentre, la porta alle spalle della ragazza si aprì piano, silenziosamente, affinché lei non potesse sentirla. Approfittando dell'attenzione di lei rivolta sul regalo, Lucas guardò verso la porta e sorrise, mentre piano accennava un sorriso.
    Se la ragazza avesse aperto la scatola, da queste sarebbero volate delle farfalle evanescenti di mille colori, tutt'intorno a lei. All'interno avrebbe trovato due bracciali, attaccati agli elastici di tali bracciali vi era un fiore, una rosa bianca con delle sfumature viola. Prenendo quei bracciali, Jessica si sarebbe accorta che uno aveva un elastico più grande dell'altro e quello più piccolo era troppo piccolo per il suo polso.
    Lucas abbassò una mano, facendo cenno a chi era entrato di avvicinarsi, complice lo stupore quasi certo della corvina, Lucas si alzò e allungò un braccio verso... un bambino di circa tre anni.
    Lo fece mettere tra lei e l'ametrino, posando dolcemente le spalle sull'ometto, vestito esattamente come Lucas, eleganti entrambi, al cospetto della donna più importante della loro vita.
    Il piccolo sollevò il capo verso Lucas, cercando di capire se era arrivato il momento e il ragazzo del cappellino annuì.

    «Mamma. Buoi benire al ballo con noi?»

    Il piccoletto aveva ancora qualche parola da imparare al meglio, ma aveva studiato quella frase così bene che, anche se la voce era tremante, era stato bravissimo. Dietro la schiena, il bambino, nascondeva qualcosa.

    «Pucas, poffio?»

    Lucas rise appena per quella s ancora immatura.

    «Puoi.»

    Gli disse dolcemente. Quindi il bambino portò avanti le mani, mostrando alla mamma un bouquet di rose. Glielo spinse in avanti, nascondendo il faccino dietro quel mucchio di rose, mentre le mani di Lucas rimanevano ancora sulle spalle dell'ometto.
    Gli occhi dell'ametrin, ora, guardavano Jessica. Sapeva che la presenza di Alex sarebbe stata inaspettata, ma aveva paura che potesse arrabbiarsi con lei, anche se in cuor suo sperava in una reazione completamente opposta.
    Perché lo aveva fatto?
    Semplice.
    Le stava mostrando che lei era perfetta, ai suoi occhi, in tutte le sue sfumature e che nella sua vita non avrebbe accettato solo la sua presenza, ma anche quella di Alex, se glielo avesse concesso.
    Rimasero tutti e due i maschietti, in attesa di lei.
    lucas j. jones

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    Sprofondò in quella poltrona così comoda che avrebbe potuto dormirci. E lo avrebbe fatto tanto era stanca della settimana che era solo a metà, se non fosse stata molto in ansia per ciò che avrebbe dovuto dirle Lucas. Si era già preparata al peggio, eppure non sembrava l'ambiente di uno che volesse tirarsi indietro dalla loro promessa, sebbene lui sarebbe stato capace di indorare la pillola fino a quel punto. Si morse l'interno guancia, osservandolo avvicinarsi e facendosi già i peggio film mentali, in attesa che parlasse e che le dicesse il motivo di quell'incontro.
    Quando lui le posò la mano sulla guancia, in automatico inclinò la testa per andare in contro al suo tocco e sorrise con gli occhi semichiusi, godendosi il calore di quel contatto, prima che lui decidesse di annullare le distanze posando le labbra sulle sue. Jess chiuse completamente gli occhi e si lasciò andare a quel bacio dolce che le fece esplodere le farfalle nello stomaco -tipo quelle che poco dopo sarebbero apparse- come una ragazzina alla sua prima cotta. Era raro che qualcuno la facesse sentire così importante non per entrare nel suo letto ma perché ci teneva davvero e temeva che non si sarebbe mai abituata. Ma forse era anche un bene non abituarsi alla quotidianità per rimanere sorpresi ogni giorno.
    Lo sapevo! Li avevo portati apposta da New York, adesso come faccio!? Si finse arrabbiata, incrociando le braccia sotto al seno e guardandolo come se fosse pronta per una vera e propria strigliata nei confronti del moro, ma poco dopo non poté evitare di sorridere. In realtà, ogni estate quando tornava nella sua terra natia, faceva una generosa scorta di quei biscotti unici al mondo, perciò non sarebbe stato un problema sostituirli.
    Ah no? Allora sono curiosa di sapere come mai mi hai fatta venire con tanta urgenza. Lo osservò avvicinarsi allo zaino che prima non aveva notato e tirarci fuori una scatola, cosa che fece automaticamente scattare la sua curiosità. Si protese appena in avanti, tendendosi su quella poltrona, rilasciando le braccia, posando le mani sulle ginocchia.
    Afferrò la scatola quando lui gliela porse e se la posò sulle cosce, osservandola ed accarezzandola con i polpastrelli, incantata. Ma non sarebbe mai stata incantata tanto quanto quando l'avesse aperta. Afferrò i bordi e sollevò, non aspettandosi minimamente di essere circondata da farfalle di tutti i colori, producendo un meraviglioso effetto arcobaleno nell'aria, che le fece dilatare le pupille come un bambino davanti al suo giocattolo preferito, quello che aspettava da tempo e che gli era finalmente arrivato.
    Ma le sorprese non erano finite, anzi, non erano nemmeno iniziate. Sul fondo della scatola, erano posati un paio di bracciali ai quali erano attaccati due meravigliosi fiori che le fecero trattenere il fiato, come se anche quelli dovessero esplodere tra mille colori.
    Sono tipo bracciali di coppia? Gli domandò, scoprendo come quella cosa non le sarebbe dispiaciuta per niente, non con lui. Ma c'era un problema. Credo tu abbia sbagliato la taglia. Questo qui non va bene a nessuno di noi due. Inarcò il sopracciglio, chiedendosi come potesse l'altro aver commesso un errore così grossolano, lui che era sempre attento ad ogni minimo dettaglio. Non immaginava minimamente cosa sarebbe successo di lì a poco.
    Improvvisamente sentì dei passi e, vigile, sollevò lo sguardo per accertarsi che nessun professore fosse riuscito misteriosamente a trovarli in quel loro angolo di mondo, quando... si trovò Alexander davanti. Non il cugino di Olwen ma suo figlio. Il suo piccolo Alex, nato tre anni prima durante il Campus di fine anno.
    Erano vestiti uguali ed in un'occasione diversa avrebbe riso perché stavano benissimo, ma in quel momento lo stupore era così grande che non avrebbe potuto esprimerlo nemmeno con mille parole.
    Si sentì immediatamente in colpa perché fin dalla sua nascita, aveva trascurato quel pargolo, colpevolizzandosi di non poter essere una buona madre, dimenticandosi che aveva voluto portare avanti l'atto egoistico di avere un figlio ed adesso gli doveva la miglior vita possibile.
    Spostò più volte lo sguardo da uno all'altro, chiedendosi quando Lucas avesse avuto il tempo di farselo complice. Si riscosse solamente quando il piccolo parlò con quel suo linguaggio adorabilmente grezzo.
    Io... iniziò, gli occhi che le si illuminavano. Tutti le avevano sempre detto che nessuno si sarebbe interessato ad una ragazzina con un bambino a carico, che avrebbero preferito qualche ragazza senza un peso del genere. Ma nessuno aveva previsto Lucas.
    Non posso... gli occhi le si inumidirono ed una patina lucida li ricoprì completamente, rendendole sfocata la vista. Non posso proprio dirvi di no completò, la voce rotta dall'emozione. Non era arrabbiata per ciò che stava accadendo, anzi. Il suo cuore aveva preso a battere ancor più furiosamente e le sue pupille si dilatarono ancor di più davanti a quella scena.
    No, nessuno aveva previsto un Lucas nella sua vita, che avrebbe preso il pacchetto completo senza fare storie sebbene fosse anche lui un ragazzino ed avesse i suoi casini. Non era obbligato, eppure...
    Amore mio sussurrò, allungando la mano a sfiorare il ciuffetto ribelle biondo del bambino. Molti avrebbero potuto chiedersi come potesse essere biondo se lei era mora, tuttavia suo padre aveva una chioma così chiara da sembrare, a tratti, quasi bianca.
    Ma non avevano ancora finito di sorprenderla. Alex, dopo aver chiesto il permesso per qualcosa a Lucas, le mise davanti un buquet di fiori meravigliosamente perfetti. Jessica lo prese, gli occhi come due pietre preziose che luccicavano al sole. Lo mise al sicuro sul tavolo, emozionata, per tornare a concentrarsi sui due.
    Si alzò in piedi e si avvicinò al figlio, posandogli le mani sotto le braccia e sollevandolo per stringerlo in un abbraccio commosso. Lei la cosa più bella che mi sia mai capitata sussurrò al bambino, le lacrime sempre più difficili da tenere a bada, l'emozione palpabile.
    A passo lento, si avvicinò anche a Lucas e lasciò la presa dal bambino con un braccio per poter avvolgere Lucas e stringere anche lui, stando attenta a non far male ad Alex. Posò la testa sulla sua spalla e rimase lì, immobile.
    Non volevo venire al ballo, temevo che mi sarei sentita fuori posto iniziò, la voce ovattata dalla giacca di lui. Però... sì sì sì. Con voi andrei anche in capo al mondo. Non ci posso credere Lucas, hai fatto tutto questo per me. Rilasciò un sospiro che racchiudeva tutta la sua emozione. Non potrò mai smettere di ringraziarti, mi hai sempre accettata nonostante tutto. Nonostante tutti. Io... fece una pausa, non sapendo esattamente come concludere quella frase, troppe erano le cose che avrebbe voluto dirgli. Grazie. Alla fine optò per la cosa più semplice ma più veritiera.
    Jessica Whitemore


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    Se qualcuno gli avesse chiesto com'erano arrivati a questo, Lucas avrebbe risposto uccidendoci in un'aula vuota. Che alla fin dei conti non era totalmente una bugia. Solo che nessuno avrebbe saputo cosa ci fosse dietro quel loro rapporto maturato a poco a poco, col passare degli anni.
    Era tutto iniziato nella maniera più squallida possibile, nel bagno lurido di un locale anonimo, poi era diventata un'abitudine, bruciando di passione ogni volta che erano nello stesso spazio vitale.
    E forse, quel conoscere prima i loro corpi, poi le loro vite, aveva fatto in modo che l'uno si affezionasse all'altro, senza mai aver il coraggio di dire cosa stava crescendo dentro.
    Ogni volta che Lucas baciava quelle labbra, sentiva di poter sollevare il mondo, ritrovava in lei la forza di rialzarsi anche dalla merda più profonda.
    Ci sarebbero stati giorni felici, ma anche giornate in cui il buio spegneva le loro stelle, ma sarebbero sempre andati alla ricerca l'uno dell'altro e avrebbero ritrovato il loro equilibrio, ne era certo.

    «Te ne farai una ragione!»

    La canzonò, mordendole una guancia, piano, in risposta alla sua finta arrabbiatura per i biscotti. Era bellissima anche con quel broncetto, per quanto fosse finto al momento. Scosse la testa, ridendo appena, mentre passava una mano a tirare indietro i propri capelli.

    «Lo scoprirai presto.»

    Le sussurrò sulle labbra, prima di rubarle ancora un bacio. Sentiva come se fosse tornato adolescente, ma con la consapevolezza che la loro sarebbe stata una relazione diversa da quella di due ragazzini. Si sarebbero innamorati l'uno dell'altro, ogni giorno, ma c'era la maturità di affrontare la vita in maniera completamente diversa.
    Lesse la curiosità nei suoi occhi quando le portò la scatola e quasi era lui a non stare nella pelle per l'apertura: voleva vedere il suo volto tingersi di meraviglia, scoprire lo stupore in quegli occhi e la felicità di vederla sorridere solo per lui.
    Ogni singola espressione della corvina venne fotografata mentalmente dal reporter; lei, che come una bambina, si stava stupendo per delle farfalle che portarono l'arcobaleno in quel cielo stellato.

    «Una specie.»

    Commentò lui, mentre aggrottava la fronte per quella considerazione. Davvero aveva pensato che avesse potuto sbagliare la taglia del suo bracciale? Tirò un respirone, rassegnato al fatto che la ragazza non avesse capito ancora, quindi quando Alex fece il suo ingresso, la guardò con ammissione di colpevolezza indosso, scrollando le spalle.
    Jessica non parlò, era riuscito a toglierle il fiato ancora una volta ed era stupenda anche mentre cercava di annaspare come se stesse affogando.
    Ogni volta che incrociava il suo sguardo, cercava di capire le emozioni che la stavano invadendo, ma Alex fece il suo egregiamente e quegli occhi scuri si riempirono di una coltre liquida, facendoli diventare fluidi come inchiostro nero. La senti bofonchiare qualcosa e il piccolo sollevò lo sguardo verso Lucas, come a chiedere se stesse bene la sua mamma.
    Lucas strinse appena la spalla del piccolo, quasi a volerlo rassicurare.
    Nessuno si sarebbe interessato ad una donna con figlio a carico? Non lui. Lui avrebbe accettato tutto di lei e Alex non era un errore, Alex era un dono che Jessica si era concessa, in barba a quel ragazzo di merda di cui era omonimo, che l'aveva lasciata sola.
    Ma lui non l'avrebbe fatto.

    «Mamma piance!»

    Lucas passò una mano nei ciuffi biondi.

    «Credo che la mamma sia felice, piccolo.»

    Gli parlò dolcemente, mentre lo guardava dall'alto. Quindi tornò a dedicarsi a Jessica, godendosi quella scena, un'esplosione di felicità in così breve tempo. Lucas voleva darle il meglio e, in cuor suo, sperava di poterlo dare anche al piccoletto. La guardò prendere il bambino e sentì una stretta al cuore, mentre si allargava il suo sorriso più dolce, amando quella scena che non avrebbe avuto eguali nemmeno in una loro foto.
    Lasciò loro dello spazio, fino a quando Jessica non si avvicinò a lui, poggiando la sua testa sulla spalla. Istintivamente un braccio si allungò alle loro spalle, quasi a proteggerli da tutto e da tutti. Ascoltò quelle parole, non stupendosi minimamente di quello che aveva pensato di fare.

    «Pure fulla Luna?!»

    Chiese squillante il piccoletto, mentre Lucas si ritrovò a soffocare una risata per quella sua euforia. L'ametrin guardò l'ometto.

    «Tu ci vuoi andare sulla Luna, Alex?»

    Domandò il futuro giornalista al bambino, mentre dedicava le sue attenzioni visive prettamente al bambino.

    «Fiiiiiiii!»
    «Allora andiamo anche sulla Luna, che ne pensi?»

    E a quella domanda il capo si chinò verso Jessica, a chiedere il suo consenso.
    Le parole di lei erano cariche di emozione e Lucas le sorrideva come se gli stesse dedicando tutta la sua anima.

    «Non dirlo... non serve.»

    Le sorrise ancora, stringendola appena un po' più verso di lui.

    «Mamma, poffo andare a ciogare?»

    Le gambine del bambino si mosserò e se Jessica avesse messo giù il piccolo, la stanza avrebbe provveduto a far uscire una piscina di palline per lui. Lucas aveva pensato davvero a tutto, eh?!

    «Non sarai mai fuori posto per me, anche in mezzo al vuoto, tu riempiresti tutto.»

    Le disse, carezzandole il volto con delicatezza.

    «Sei sempre stata ciò che riempiva le mie giornate, dovevo solo accorgermene. Ma ora che l'ho fatto, voglio che tu ti veda sempre perfetta e voglio esserci per te e... per lui, se me lo permetterai.»

    Le stava sussurrando quelle parole, mentre la mano era scivolata lungo il suo braccio ad intrecciare le dita della sua mano con le proprie.
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    Quando aveva visto il figlio, tutto il resto si era annullato. Ogni preoccupazione su cosa avesse da dirle Lucas, ogni silenzio che c'era stato tra loro, ogni più piccola incomprensione. Non avrebbe potuto desiderare di meglio che conoscere qualcuno che accettasse ogni sua particolarità che la rendevano unica. C'era solamente una cosa che non gli aveva detto: era stata morsa da un licantropo più di un anno prima. Ora, come aveva già pensato mille volte, era abbastanza certa che non l'avrebbe giudicata e trattata come un mostro, visto i suoi incontri abitudinari con il branco di Layla, però non era comunque una cosa che andava presa alla leggera.
    Avrebbe voluto dirglielo quel giorno, alla Villa, ma poi aveva pensato che avrebbe rovinato la perfezione del momento.
    Avrebbe voluto dirglielo quel giorno stesso, ma non voleva che la novità oscurasse la felicità che lui e suo figlio le avevano appena portato.
    Avrebbe trovato un'altra occasione, ne era più che certa. Ma non sarebbe stato in quel momento.
    Le emozioni erano in un turbinio, dentro di lei. Le emozioni quasi non la facevano respirare, in quel momento. Lucas aveva pensato a tutto, era come se le avesse letto nel pensiero, come se lo facesse in ogni momento della sua vita. Era tutto così... magico. Una magia che andava oltre quella che tutti loro erano in grado di fare con un banale cenno della loro bacchetta.

    Jessica annuì alla risposta che Lucas diede al piccolo. Sono così tanto felice confermò ad Alex, perché non voleva che si sentisse triste. Ma le si strinse il cuore, perché aveva pensato più e più volte di farlo adottare, soprattutto da quando aveva scoperto di essere un licantropo, e vederlo lì così, gli occhi che luccicavano d'affetto e gli sguardi complici che lanciava a Lucas, come se fosse lui suo padre, la fecero sentire il peggior mostro della storia.
    Quel suo pensiero non l'aveva confessato proprio a nessuno, nemmeno a Lucas o Blake. Era troppo orribile persino perché potesse dirlo a loro, ai quali non aveva mai nascosto nulla. Tranne il fatto di essere una figlia della luna, appunto.

    Pure sulla luna rispose ad Alex con convinzione, quando pochi attimi dopo si ritrovarono tra le braccia di Lucas, la sua testa sulla spalla di lui. Era il suo porto sicuro, in quel momento, ed in tantissime altre occasioni, un'oasi di tranquillità.
    Se Blake era un'esplosione di bellissimo caos nella sua vita, Lucas era l'angelo che portava la pace. Quei tre, insieme, avrebbero potuto fare l'impossibile.
    Vi siete alleati, voi due. Presto andremo ovunque concesse con un mezzo sorriso e gli occhi colmi di emozioni che riversò in quelli di Lucas, ringraziandolo per tutto ciò che aveva fatto e che stava facendo per lei. Per loro.
    Vai pure, amore acconsentì Jess, abbassandosi per permettere ad Alex di tuffarsi in quella piscina piena di palline coloratissime, un arcobaleno di bellezza, proprio come le farfalle che poco prima le avevano illuminato il viso.

    Quando furono soli, lo lasciò parlare, sentendo il calore delle sue dita sulle proprie e ricambiando quella stretta con dolce decisione, annuendo.
    Te l'ho promesso, Lu. Un sussurro a ricordare la promessa che si erano fatti pochi giorni prima nell'aula che era stata testimone del loro litigio. Tu sei parte di me e lo sarai sempre, ricordi? Una pausa ad effetto, mentre si alzava in punta di piedi per un dolce bacio, anche quello privo di carica sessuale, soltanto tanta voglia di averlo affianco in ogni fase della propria vita, compresi i momenti peggiori.
    Perché solo chi c'è nei momenti brutti, merita di rimanere in quelli belli.
    Jessica Whitemore


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