Mi mandi in bestia!

Jessica

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    Era incazzato.
    Incazzato come non era mai stato.
    Aveva mollato tutti i suoi libri in biblioteca, lanciandoli un po' dove capitava, mentre messaggiava con la ragazza con cui credeva di avere un ottimo rapporto.
    Era bastato sapere che aveva incontrato Elisabeth per mandarla in crisi, lei che era l'equilibrio giusto tra un'amica e un'amante. Lei che era parte integrante di quello che era, a lei che aveva perdonato realmente l'abbandono di mesi a causa di quella sua stupida relazione che l'aveva poi mandata in crash.
    Erano giorni che lo trattava di merda e per quanto lui avesse cercato di rassicurarla, non era bastato a nulla parlarle e dirle quanto per lui sarebbe stata più importante di chiunque fosse entrato nella sua vita.
    Mi hai lasciato per Liz, per Emma e per Liv.
    Quelle parole di martoriavano la mente durante il tragitto. Il passo era rapido, incazzato quanto il suo volto.
    E no, non c'era storia di fermarlo, perché ora voleva guardarla negli occhi e voleva avere una risposta a quella domanda che lei aveva sviscerato poco.
    Cosa stava succedendo tra loro? Perché al primo accenno di un ritorno nella sua vita di altre ragazze, stava reagendo così, tanto da paragonarlo a chi l'aveva abbandonata?
    Voleva delle risposte e quando spalancò la porta dell'aula in disuso e la trovò lì dove le aveva dato appuntamento, Lucas non fermò il suo passo.
    Anzi, lo aumentò, andandole incontro come un treno e non c'era saluto, non c'era sorriso sul suo volto.
    La afferrò per un fianco, ponendosi davanti a lei e spingendolo fino a quando il suo sedere non avrebbe trovato il bordo della cattedra. E non ci sarebbero state spinte, schiaffi, pugni che lei avrebbe potuto sferrargli a fermare quel movimento. La voleva bloccare, sotto di lui, poggiata a quella cattedra. La mano mancina, libera dal fianco della opale, si fissò sul polso di lei, stringendolo appena ma senza farle male, poi il suo Busto si piegò in direzione del volto della corvina, facendo arrivare le proprie labbra ad un millimetro da quelle di lei, mentre il ghiaccio si incatenò alle iridi di Jessica. Nei suoi occhi avrebbe potuto vedere rabbia, furia, ma anche desiderio e ardore. Come se quella lite lo stesse mandando all'altro mondo, come se stesse liberando una bestia dentro di lui. Il suo corpo sarebbe stato a premere su quello della corvina, mentre le dita stringevano quel polso senza volerle far male.

    «Dimmelo. Dimmi cosa cazzo c'entro io con quegli stronzi! Dimmelo, Jessica!»

    Alzò il tono, quasi come se il suo fosse un ringhio di rabbia e dolore.

    «Dimmi, quegli stronzi si butterebbero nelle fiamme per te, Jessica? Manderebbero a puttane i loro piani di studiare per sbatterti in faccia quanto cazzo sei importante per loro? DILLO! DIMMELO IN FACCIA. QUALE CAZZO È IL PROBLEMA, JESSICA.»

    Voleva baciarla e allo stesso tempo non voleva averla davanti agli occhi. Era un connubio di emozioni opposte, mentre era su di lei.
    lucas j. jones

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    Era in piedi al centro dell'aula in Disuso, lo sguardo fisso sulla parete tra due finestre. Si morse il labbro, ricordando esattamente ogni secondo di come Daniele l'avesse presa proprio contro quel muro dopo una scenata di gelosia, come lei glielo avesse lasciato fare, come si fosse sentita completamente sua. Ora ricordava tutto ed una fitta di dolore, la prese alla sprovvista, avvinghiandole il cuore in una morsa letale.
    Ora si trovava in quell'aula perché Lucas le aveva ordinato di farsi trovare lì e probabilmente, in quel momento, ci si stava dirigendo ed anche parecchio infuriato. Non aveva idea del perché gli avesse fatto quella scenata pazzesca che non era da lei e che non aveva mai fatto a nessuno e lui non doveva averla presa bene. Non voleva incorrere alla sua ira ma non era stata in grado di trattenere quelle risposte così fredde ed a tratti arrabbiate. Dal suo punto di vista, era ovvio che l'avesse abbandonata per Liz. Due volte. Per Emma. Per Liv. E non aveva dubbi che se le ultime due si fossero ripresentate alla sua porta, lui le avrebbe riaccolte senza batter ciglio. Ed era questo che odiava così tanto di lui, perché doveva tornare sempre da chi lo feriva?! Erano tre stronze e lui meritava di meglio. Meritava una come lei. Scosse la testa a quel pensiero, sobbalzando visibilmente quando la porta si spalancò di botto, andandosi violentemente a schiantare contro il muro. Fortunatamente, rimase appesa ai cardini.
    Lu- fece in tempo a dire prima che lui la raggiungesse e le afferrò il fianco. Inspiegabilmente, arrossì a quel suo contatto anche se lui era piuttosto incazzato e non si sarebbe fermato davanti ad un "non ho nulla". Strano per lei ma non oppose resistenza e lasciò che lui la spingesse contro la cattedra, sulla quale si mezzo sedette, senza posarci tutto il peso.
    Non cercò né di fermarlo né di liberarsi, anche se le sue mani si posarono a palmo aperto sui suoi pettorali, ma non riuscì a fare abbastanza forza per scrollarselo di dosso e, d'altro canto, non era proprio sicura di volerlo. Lui le prese il polso e si avvicinò. Tanto. Jess deglutì a trovarsi quelle labbra morbidissime ad un millimetro dalle sue e quei suoi occhi così profondi, persi nei suoi. Ma non vi lesse il solito affetto, bensì una grande rabbia ma anche... dell'altro. Deglutì a vuoto un paio di volte, incapace di proferir parola, come se il solo farlo, avrebbe scatenato la tempesta.
    Lucas, ti prego... no-non urlare sussurrò, come se avesse paura che lui potesse farle del male. Era così vulnerabile, un fiore sotto una teca di cristallo con delle crepe evidenti ed irreversibili.
    Non sei come quegli stronzi e lo sai! La sua voce conteneva la preghiera di lasciarla spiegare e di non arrabbiarsi. Non sembrava affatto la Jessica che lo aveva affrontato tante volte, da quando si conoscevano, che lo aveva schiaffeggiato in Sala Grande.
    Però dovresti capirmi, proprio tu. Dovresti capirmi! Ora, però, la sua voce si era alzata di un'ottava, prova di come il suo umore fosse mutevole ultimamente. Si sentiva in gabbia ed era una cosa che odiava profondamente, aveva bisogno della sua libertà e nessuno gliela avrebbe negata, nemmeno il bellissimo ametrin.
    Ho paura ad affezionarmi a qualcuno. L'affetto è un arma a doppio taglio e finora ne sono sempre rimasta fottuta! Tu non sei come quegli stronzi ma non volevo che lo diventassi, quindi ho preferito... cercare di allontanarti. Fece una pausa, distogliendo lo sguardo da quello ghiacciato di lui, raccogliendo l'energia per continuare il discorso, ma sembrava incredibilmente spossata. Non puoi evitare di correre come un cagnolino ogni volta che ti chiamano, eh? Io ti voglio solo per me, okay? Col cazzo che ti divido con quelle puttane confessò, sentendosi punta sul vivo da tutte quelle sue affermazioni. Lui non capiva, non ne era in grado, e faceva male.
    Non puoi paragonare la situazione a quella con Daniele! Urlò poi, riferendosi ai messaggi che si erano scambiati poco prima. Ti rendi conto di quanto fosse una cosa nuova per me e soprattutto proibita? Avresti dovuto essere comprensivo! Non sapevo come gestirla. Sulle ultime parole, abbassò la voce e tirò su con il naso, sforzandosi in tutti i modi di non piangere. Adesso spostati, mi fai male.
    Jessica Whitemore


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    Avevano sempre parlato tra di loro. Erano sempre riusciti a dirsi anche le cose peggiori della loro vita, non tralasciando alcun particolare. Avevano piano uno sulla spalla dell'altro ed ora Lucas non capiva davvero come erano finiti in quella situazione. Era come se fosse scattata una molla, qualcosa che avesse fatto rompere l'equilibrio in cui fino a qualche giorno prima avevano vissuto.
    Lucas conosceva ogni singola parte del corpo di Jessica, ogni suo profumo, ogni suo sguardo. Tutto. E avrebbe potuto leggerle dentro anche solo con un incrocio dei loro occhi dalle colorazioni cosi diverse.
    Era bastato nominarle Elisabeth che il suo umore era cambiato. E per quanto lei provasse a nascondersi dietro quel suo ti hanno fatto soffrire, Lucas non riusciva a comprendere se ci fosse altro che lei stava cercando di nascondere, di reprimere.
    Aveva sentito il battente colpire il muro, per poi tornare con la stessa violenza a chiudersi, mentre lui mangiava quelle distanze e rapido, come un lupo sulla propria preda, rapiva l'altra, costringendola a posarsi sulla scrivania alle sue spalle.
    Poteva sentire il suo odore, poteva toccare quella pelle e notare quel rossore che non aveva mai visto sulle sue guance.
    Le mani sul suo petto bruciavano la carne del ragazzo, come se potessero ferirlo anche solo con quei palmi che l'avevano già accarezzato più volte. Le dita sul fianco si strinsero, prima che l'altra mano potesse afferrare il polso della corvina.
    Voleva sovrastarla, voleva tenerla sotto di lui e non era solo per farle capire quanta rabbia avesse dentro per il suo comportamento, c'era qualcosa di più in quel contatto selvaggio a cui l'aveva costretta. Qualcosa che lui cercava di far risalire, ma che la rabbia rimandava giù.
    Quando la sentì implorarlo di non urlare, in quegli occhi lesse la debolezza e la vulnerabilità di quella donna di cui non poteva più fare a meno. Non l'avrebbe mai ferita, non le avrebbe mai spezzato il cuore, perché era ciò che di più prezioso aveva. Lasciò che lei parlasse, seppur il suo corpo continuava a tenerla stretta per non farla scivolare via da lui. Era come se sotto le proprie dita, ora la sentiva fragile come cristallo, così come mai l'aveva sentita.
    Strinse gli occhi in una fessura e indurì la mascella. Cosa doveva capire, proprio lui, cosa voleva che lui capisse?!
    Le sue parole erano diventate lame taglienti, la mascella di Lucas sembrava quasi volersi spezzare sotto quello stringerla. Stava provando ad allontanarlo. Di nuovo. E anche lei con la scusa di non ferirlo.

    «Allontanarmi?! TU MI STAVI ALLONTANANDO. E per cosa poi? Per paura che io potessi diventare stronzo. Non posso crederci, Jessica!»

    Aveva alzato di nuovo il tono, per poi rimodularlo subito, facendolo diventare più un ringhio arrabbiato.
    Notò come sfuggì al suo sguardo e rapidamente la mancina che stringeva il polso, afferrò il suo mento, per portarlo a costringere i loro occhi a guardarsi, mentre ancora le distanze erano minime, tanto da sentire il suo calore addosso.

    «Fallo! Devi farlo adesso, cazzo! Guardami negli occhi e dimmi di andarmene!!!! FALLO!»

    Voleva sentirla mentre glielo diceva, voleva vedere i suoi occhi e scoprire che non stesse mentendo. Che davvero voleva mandarlo via, allontanarlo.

    «Dovevi pensarci prima, a non metterci l'affetto di mezzo. Dovevi pensarci prima di passare le notti a casa mia, prima di rendermi partecipe della tua vita e di quella di Alex! Tu... tu... hai solo paura che tutto questo sia perfetto! Hai paura dei tuoi sentimenti per me, Jessica!!!!»

    La mano mancina lasciò il volto, combattendo ancora con quella strana voglia di baciarla. Di nuovo le dita si arpionarono al polso, per tenerla ferma, ma anche per fermare quella mano sul suo petto. E ascoltò le sue parole che lo ferirono come coltelli incandescenti. Per poi stupido. E questo fu evidente sul suo volto, perché le iridi di sgranarono e le dita strinsero quel corpo nei punti in cui l'aveva afferrata.

    «Io sono corso da te come un cagnolino. Non da loro, non da nessun altro. DA TE. Non vuoi dividermi con loro... perché?»

    Insisteva come se avesse bisogno di farglielo tirare fuori in ogni modo, quale fosse il problema.

    «Non posso? Eppure sono certo che se lui adesso ti chiamasse, tu correresti da lui. Gli daresti tutta te stessa, lasciando me qui a cercare di capirti! E te ne fregheresti il cazzo di quanto tu possa far male con questo atteggiamento. Pensi che io preferisca dividerti con quel coglione che ti ha cancellato la memoria? Pensi che quello sia amore? Pensi che lui ti ami? Pensi che lui corra in una merda di aula impolverata solo per sentirsi dire che volevi allontanarlo?»

    Scosse il capo, piano, per evitare di trascinare anche la sua testa.

    «No, non capisco. Perché io lo avrei condiviso con te quel peso. Non ti avrei allontanata. L'avremmo gestita insieme ed invece sei scappata da me. Hai vissuto la tua storia d'amore con il tuo professore, lontano da me. E sei tornata solo quando lui non c'era più!»

    Prese una pausa da quel suo parlare roco e basso.

    «Cosa vuoi che io sia per te, Jessica?»

    Scandì bene ogni parola, mentre nei suoi occhi un fulmine di ardore scaldó il ghiaccio, le stava chiedendo cosa voleva che fosse. Le stava chiedendo che ruolo aveva nella sua vita. Scosse ancora il capo a quella richiesta.

    «Se ti lascio, tu andrai via.»

    Era quasi come se quella fosse la maniera più delicata che avesse per tenerla stretta a sé, in quel momento di rabbia.
    lucas j. jones

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    Non riusciva proprio a comprendere il motivo per il quale Lucas la stesse trattando così e che cosa non capisse del suo comportamento. Semplicemente, odiava che lui corresse da Elisabeth ogni volta che lei lo chiamava, anche dopo avergli spezzato il cuore preferendo il compagno di stanza. Ma... era davvero solo quello? Non c'era dell'altro? Scosse mentalmente la testa, cercando di scacciare quell'idea, no, perché il solo ed unico motivo per il quale se l'era presa così tanto, era proprio perché detestava essere messa da parte per gente così.
    Guardò gli occhi di ghiaccio di Lucas e se si fosse sforzata, probabilmente avrebbe potuto vedere anche delle fiamme ardere per la rabbia e l'incomprensione del momento. Avrebbe voluto tranquillizzarlo e scusarsi con lui, spiegargli con sincerità che non sapeva proprio cosa le prendesse e che il problema era solo lei, tuttavia era troppo orgogliosa per anche solo pronunciare delle scuse.
    Abbassò lo sguardo dove i suoi palmi entravano in contatto con il suo petto e, al contrario di Lucas, Jess sentiva il gelo nel punto di contatto, un gelo che doleva, ma allo stesso tempo non era in grado di allontanare i palmi, come se facendolo, avrebbe perso ogni speranza di chiarirsi con lui. Come se facendolo, lo avrebbe perso per sempre.
    Dovresti fare il magipsicolo per quanto sei comprensivo, Jones. Ecco, come suo solito, invece di tentare di capire, di mettere apposto le cose, ricorse al sarcasmo per proteggersi, ergendo quel muro impenetrabile che -pensava lei- avrebbe impedito al mondo esterno di ferirla, quel guscio di apatia che l'avrebbe protetta da qualsiasi avversità. Peccato che la vita non funzionasse esattamente così.
    Io... non posso farlo. Sussurrò, perché guardarlo e dirgli di andarsene era impossibile. Avrebbe voluto abbassare di nuovo lo sguardo, dirlo sarebbe stato molto più facile, ma la mano di lui sotto il mento, glielo impediva.
    Lucas era sempre stato come un fratello per lei, una persona importante che non avrebbe mai potuto ferire nemmeno per errore, eppure lo stava facendo ora e lo aveva fatto in passato. Ne era ben consapevole, eppure non riusciva proprio a farne a meno. Forse era quello il loro destino: non capirsi ed odiarsi.
    Sì, ne ho paura. L'ammissione le fece male come se lui le avesse tirato un pugno, ma non avrebbe potuto fare nient'altro. Ho paura che con il tempo tu ti stanchi di me come tutti gli altri. Ho paura che tu preferisca avere altre priorità o altre persone, ho paura che tu smetta di volermi bene. Anche i miei genitori pensavo che sarebbero stati per sempre, insomma, a chi può venire in mente che delle persone possano lasciare una figlia a sedici anni? Una pausa drammatica, le mani che si allontanavano con costernazione dal suo petto per ricadere inermi lungo i fianchi, protraendo quel silenzio doloroso.
    La mano di lui iniziava a far male attorno al suo polso, ma non disse nulla, guardandolo negli occhi senza più il desiderio di distogliere lo sguardo. Non essere presuntuoso. E' di questo, che ho paura. Lo concluse in un sibilo, dilatando la cassa toracica con un espiro. Il suo fiato era caldo e sapeva di cioccolato, gli accarezzò la pelle del viso.
    Non voglio dividerti con loro perché sono delle stronze! Stava per aggiungere qualcos altro quando lui ben decise di inserire altri coltelli all'interno del suo cuore, giocando con quel sentimento d'amore prorompente che aveva animato la sua vita fino a quando Daniele non aveva deciso di cancellarne la memoria. Ne aveva parlato con l'ametrino, anche se gli aveva risparmiato i dettagli, sapeva quanto lei gli avesse donato il cuore e come fosse un argomento delicato, per lei. Forse era ipocrita, visto che aveva appena fatto la stessa cosa, ma era convinta che fossero due relazioni completamente diverse. Soprattutto perché lei e Daniele avevano effettivamente avuto una relazione, mentre Elisabeth lo aveva rifiutato fin da subito, preferendo un altro. Quell'altro assieme al quale aveva scoperto di essere incinta, per la precisione.
    Le sue mani erano troppo compresse tra i loro petti ed in ogni caso, un suo polso era saldo tra le dita dell'altro, quindi per istinto di conservazione, sollevò il ginocchio per colpirlo. Non le importava dove il suo colpo fosse andato a segno, se sulle palle o sullo stomaco, voleva solamente che stesse zitto e che si allontanasse da lei, perché stava diventando ingiusto.
    Non dovresti nemmeno chiedermelo, Jones. Lo hai sempre saputo cosa sei tu per me. Te l'ho detto subito. Sgusciò da quella scrivania, tuttavia non se ne andò come lui aveva pronosticato. Stava iniziando a sentirsi in colpa per quel suo gesto, però sapeva che lui aveva ragione e che ci fosse qualcosa di taciuto, che i suoi sentimenti fossero più profondi rispetto a quanto fingeva che fossero.
    Jessica Whitemore


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    Sì, avevano litigato qualche altra volta, ma in quel momento tutto sembrava diverso. Era come se non stessero solo litigando, ma stessero facendo a botte su di un ring, dove avrebbe vinto solo chi sarebbe uscito con meno sangue dalle ferite che si stavano infliggendo.
    Perché poi? Non riusciva a capirlo l'ametrino. Sapeva solo che il contatto con il corpo di lei era diverso, era quasi selvaggio, come se non bastasse l'ardore con cui voleva possederla, per quanto fosse incazzato con lei, era come se potesse sfogare solo in quel modo, eppure c'era quella rabbia che lo faceva urlare, che gli faceva stringere la presa su quel polso. Quella rabbia che stava portando Lucas a perdere di vista il motivo reale per cui era andato lì, chiedere a Jessica perché si stesse comportando così.
    L'aveva travolta e non voleva lasciarla andare, non voleva scuse, non voleva parole al vento, voleva fatti reali, voleva sapere cosa cazzo le passasse per quella testa in quel momento. Era come se non accettasse questo suo comportamento, come se da lei si aspettasse tutto al di fuori di quello che stava facendo.
    Voleva essere guardo, voleva che non distogliesse lo sguardo perché sapeva che se l'avesse fatto gli avrebbe potuto mentire, nascondendosi ai suoi occhi avrebbe potuto dire quello che voleva, come se il contatto visivo con lui la costringesse alla verità.
    Certo, alla verità, ma non le evitava di omettere la realtà.
    Quelle mani erano già stata sul petto dell'ametrino, ma non avevano mai cercato di posarsi lì per mettere distanze tra loro, come stavano facendo ora, anche se non vi era pressione da parte sua.
    Probabilmente non la sentiva, grazie agli allenamenti con il branco, o forse lei non si stava impegnando perché in realtà non voleva un distacco totale.
    Eppure bruciavano, facevano male, come soda caustica sulla sua pelle. E voleva sentire quella sofferenza, voleva sentire il dolore di sapere che quello era il contatto più bello, ma anche il più deleterio che stavano avendo oggi.
    Ringhiò a quel sarcasmo, indurendo la mascella ancora una volta.
    Non ammetteva scherzi, non voleva ironie, voleva risposte.
    Era assurdo come si ritrovasse a chiedere risposte a lei, che aveva sempre sindacato sulle altre donne che erano passate dalla sua vita, perché sempre lo avevano sommerso di interrogativi. Ed ora era lei a farlo.

    «Non funziona con me il tuo scudo di sarcasmo, Jessica.»

    Gli ringhiò basso addosso, come se volesse continuare a spingere giù le difese di lei, e voleva farglielo notare, voleva dirle quanto quelle difese non sarebbero state sufficienti con lui. Aveva paura che potesse ferirla? Certo, era chiaro che lei avesse questa paura, ma non sarebbe stato fuori da quel muro che stava ergendo, lo avrebbe bombardato fino a farglielo cadere.
    Attese che lei gli dicesse di andare, che lo allontanasse così come aveva voluto fare dietro lo schermo e ignorandolo fino a quel punto.
    Mantenne il suo volto alto su di lui, perché desiderava guardarla negli occhi mentre lo spezzava in due, mentre gli diceva di sparire dalla sua vita.
    Ma quelle parole non arrivarono.
    In quel cristallo, Jessica avrebbe potuto vedere le fratture della sua stessa anima, si sarebbe potuta specchiare dentro di Lucas e notare come l'ametrino stesse crollando in pezzi per quella discussione, mentre a lei nascondeva il tutto in una coltre di rabbia.

    «Perché. Non. Puoi.»

    Era una domanda secca, ancora sibilata dal suo petto roco. Insisteva sui motivi, insisteva sul cercare un perché a tutta quella situazione che stava mandando a puttane tutto.
    Sgranò le iridi quando lei ammise che aveva paura e la lasciò continuare a parlare, facendo quell'elenco che per Lucas non aveva logica alcuna. Ma più parlava, più lo faceva incazzare.

    «Io non sono gli altri! Sai cosa mi fa incazzare di tutto questo? Che tu, cazzo, tu lo sai! Sai quanto per me conti in questa vita di merda, quanto sei la colonna portante della mia stabilità e ti arroghi anche il diritto di credere che io possa smettere di provare quello che provo per te! Vaffanculo, se credi questo di me, allora vuol dire che non hai capito niente! Non hai capito un cazzo, Jessica! Non hai capito quanto non possa esserci nessun altra persona che possa essere una priorità rispetto a te, che vai oltre tutto e oltre tutti.»

    Sentì il cioccolato di quel respiro e si inebriò di quel sapore che avrebbe voluto assaggiare, mantenne lo sguardo su di lei.

    «Non mi hai mai diviso con nessuno, ma se questo è quello che tu pensi, allora io ho fallito tutto con te.»

    Si stavano ferendo a vicenda, era come se non riuscissero a farne a meno. Ma mentre stava continuando quella frase, lei si mosse e sentì, inaspettatamente, il suo ginocchio arrivargli alla bocca dello stomaco, secco e deciso.
    Questo fece mollare la presa da lei, lo fece allontanare e piegarsi in due a mantenersi il busto, tossendo appena. Sarebbe andata via, era questo che voleva evitare.
    Sentì quelle parole e tra un colpo di tosse e l'altro le rispose.

    «Lo sapevo. Adesso non più.»

    Ma non fu l'unica cosa che disse dopo che si rimise dritto, cercando di accantonare il dolore fisico, sicuramente minore di quello mentale.

    «Sai perché per me sei importante? Perché eri diversa da loro. Non mi nascondevi mai quello che pensavi di me, di noi. Ora, invece, stai facendo come quelle stronze, come le chiami tu. Mi stai nascondendo qualcosa, perché hai paura di dirmelo, e preferisci mandare a puttane tutto quello che abbiamo, piuttosto che parlare. Perché, Jessica? Perché, ora, hai paura di noi

    La guardava negli occhi, come se volesse leggere in quelli di lei la realtà. E la stava stuzzicando, la stava provocando, per farla esplodere.
    lucas j. jones

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    Faceva tutto troppo male, perché lei potesse sopportarlo.
    Voleva piangere, voleva urlare e voleva respingerlo, scappare e nascondersi in qualche segreto anfratto del castello, tuttavia sembrava non riuscire a mostrare completamente tutta la sua fragilità, preferendo rispondere alla rabbia con altra rabbia. E si sa, quando si è arrabbiati, ferire gli altri diventa piuttosto inevitabile, proprio come lui stava facendo con lei e lei con lui.
    C'erano così tante cose che voleva dirgli, tante spiegazioni che avrebbe potuto dargli, ma non ci riusciva. Il suo cielo, aveva smesso di essere un luogo dove lei potesse brillare e piano piano, come una stella, lei si stava spegnendo. Le forze venivano meno, non riusciva più nemmeno ad affilare le parole come voleva. Ma ci provò e ci riprovò, riuscendoci in fine.
    Gli occhi sono lo specchio dell'anima, dicevano, ed in effetti in quell'incontro di sguardi, le loro anime si affrontarono, crollando in pezzi frammento dopo frammento e sarebbe stato impossibile rimettere tutto insieme.
    Non posso perché... abbiamo condiviso troppo. Una risposta che probabilmente non avrebbe soddisfatto gli interrogativi del ragazzo ma era tutto ciò che fosse disposta a dare, visto che era la verità. Avevano condiviso ogni fibra dei loro esseri fino a fondersi in qualcosa di imprescindibile e che nessuno sarebbe stato in grado di allontanare. Nessuno tranne loro stessi, ovviamente.
    E poi arrivarono le sue parole. Affilate come lame. Una, due, tre dritte al centro del suo cuore con tale violenza che poteva quasi sentire un dolore fisico che mancò poco che la facesse urlare. Lui proprio non riusciva a capire quale fosse il problema e forse nemmeno si sforzava di capirlo, di andare oltre la sua visione limitata al proprio dolore, non riusciva proprio a sbirciare oltre quella cortina. E questo la fece agire come non avrebbe mai pensato di fare, sollevando il ginocchio e colpendolo con precisione alla bocca dello stomaco. Sentì male per lui, visto che era stato un colpo abbastanza forte da farlo piegare in due e tossire. Stava per abbassarsi, chiedergli come stesse e scusarsi, ma il suo orgoglio glielo impedì. Non capisci un cazzo, Jones. Non lo hai mai capito e probabilmente non lo capirai mai si limitò a sibilare in risposta al suo discorso, perché voleva evitare che le sue parole continuassero a ferirlo, anche se lui non sembrava averle concesso quella cortesia. Inoltre se avesse continuato a parlare, con il nodo allo stomaco che percepiva, sarebbe scoppiata ed avrebbe distrutto tutto -metaforicamente parlando.
    PERCHE' HO PAURA DI INNAMORARMI DI TE, IDIOTA
    Stavolta fu lei ad esplodere, urlare, la rabbia che la stava logorando dall'interno, avvolgendole lo stomaco in una morsa ancor più feroce di quella di prima, che la stava risucchiando in una spirale di mortale dolore.
    Sei contento, adesso? Hai ottenuto le tue spiegazioni? O vuoi che aggiunga dell'altro? Non le interessava la risposta, perché avrebbe continuato lo stesso il suo discorso. Si avvicinò a lui come lui aveva fatto in precedenza ed infilò le mani sotto quello stupido capellino che si portava ovunque, facendolo cadere a terra. Infilò le dita della destra tra i fili mori e tirò abbastanza perché i loro sguardi si incrociassero ancora in un'ennesima battaglia, quella finale che li avrebbe uniti o li avrebbe distrutti.
    E sai cosa c'è? Non può succedere! L'amore rovina ogni cazzo di cosa, lo fa sempre! Io ho amato Daniele, cosa che tu mi rinfacci, con tutta me stessa ed hai visto come cazzo è finita?! Tu hai amato Liz ma lei ha scelto un altro e continua a farlo, ed ora ti chiama solo quando ha bisogno! Persino l'amore di due genitori, a quanto pare, dura per sempre. Quindi perché il nostro non dovrebbe distruggere quella bolla di felicità che abbiamo? E se tu non ricambiassi? Cosa succederebbe? Soffrirei! Ed io preferivo allontanarti che... sentirmi rifiutata ancora. Lo mollò, posandogli una mano sulla guancia con inspiegabile dolcezza, lo sguardo velato di una patina lucida. Forse adesso avrebbe capito qual era il vero problema che aveva Jessica.
    E ti dirò di più. Sono estremamente convinta che nessuno possa mai davvero amarmi accettando il mio passato ed aiutandomi a migliorare il futuro. Te l'ho già detto, Lucas. Sono un fottuto errore. Ottima per una scopata quando capita, ottima per sfogarsi, ma poi? L'amore va riposto sempre in altre, mai in me. Non valgo la pena per nessuno. Le ultime parole furono sussurrate e lui, guardandola, avrebbe capito che non lo stava dicendo solo per fare la vittima ed ottenere un po' di attenzioni, ma ci credeva fermamente, era convinta di essere solamente uno sbaglio e di non meritare proprio niente. Poggiò la fronte sulla sua con le ultime energie, aggrappandosi alle sue spalle per non lasciare che le gambe cedessero. Ti odio sussurrò così piano che se ci fosse stato un singolo rumore, non avrebbe mai potuto sentire. Ti odio perché so che hai ragione, ma è più forte di me. E finalmente lasciò che quelle lacrime le invadessero le guance.
    Jessica Whitemore


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    Le parole erano come lame, fredde e taglienti. Uno di quei tagli dolci che sarebbe stato notato solo dopo esser stato fatto. Farsi male non era mai stato il loro gioco preferito.
    Erano cielo e stelle.
    E non esistevano uno senza l'altro. Se uno si spegneva, l'altro era buio. E il buio ora si stava affacciando su di loro, come un assassino, pronto a distruggerli e ad inghiottirli entrambi, se non avessero brillato di nuovo. E potevano farlo solo insieme, ma questo era difficile, in quel momento, come se stessero lottando l'uno contro l'altro, spinti da quel buio che li incitava a ferirsi. Pareva che sapessero solo gettarsi veleno addosso, come se tutto quello fosse stato nascosto nella mente di entrambi e stessero solo tirandolo fuori.
    In lei vedeva il suo mondo andare in pezzi, come se stessero mancando le fondamenta di un qualcosa messo su in quegli anni in cui erano stati il porto sicuro l'uno dell'altro.
    Gli occhi parlavano, era come se stessero cercando di urlarsi contro quel non detto di cui entrambi avevano paura. Quando era successo di aver accumulato tutto quel non detto? Era tutto troppo strano, Lucas non sapeva come gestire tutto questo e lo stava facendo nel modo più sbagliato, ne era certo, ma la rabbia lo aveva schiacciato.
    Sentì quelle parole e scosse il capo. Erano illogiche o lui non voleva capire, perché suonavano come qualcosa che andava oltre quello che erano stati finora. Era come se entrambi stavano facendo faccia a faccia con le conseguenze di quello che avevano creato, fingendo di essere perfetti nel ruolo di amici con benefici, senza accorgersi che forse qualcosa di diverso li spingeva dall'altro.
    No, Lucas non voleva crederci, era un errore. Era così sbagliato che quell'idea gli saltasse alla mente che quasi si stava incazzando ancora di più.

    «Troppo? E quindi? Per questo vuoi fermarti?»

    Era sempre più confuso, come se avesse ben chiaro dove stessero finendo e sentendo una morsa allo stomaco dentro di lui. Che avessero condiviso troppo non era una bugia, ma non ne aveva abbastanza, almeno lui. Voleva condividere ancora tanto con l'opale, ma sembrava quasi che lei volesse tirarsi indietro da quella che era la loro perfezione. Continuavano a ferirsi con quelle parole che facevano più male di schiaffi in faccia. Era come se Lucas sapesse intorno a cosa stavano girando entrambi, ma nessuno dei due aveva il coraggio di dirlo all'altro, di rinfacciare come quel loro piano stesse andando in fumo e stesse sfuggendo dalle loro mani.
    Quel colpo inferto da lei aveva allontanato i loro corpi, ma non aveva fatto passare la rabbia, anzi, l'aveva alimentata come benzina sul fuoco.
    Sentì le sue parole. Non era vero, era che non volesse capire. Lui stava capendo in che cazzo di casino si stavano ficcando, ma aveva paura di comprenderlo e reagiva con rabbia, affinché lei non arrivasse alla sua stessa conclusione.
    Conclusione che esplose come una dinamite poco dopo.
    Quelle parole urlate come se fossero mine anti-uomo. Gli arrivarono come pugni in pieno volto. Lo colpirono, tanto da farlo indietreggiare e stringere la mano sulla camicia, all'altezza dello stomaco dove lui l'aveva colpita.
    Quello stesso stomaco che ora stava per rigettare fuori i pasti di poco prima. Le sue successive parole furono ovattate, come se quell'esplosione stesse ancora fischiando nei padiglioni auricolari. La sua frase aveva spaccato in mille pezzi, il cristallo di rabbia che lo stava assalendo, facendolo frantumare in terra.
    Non disse niente, rimase in un religioso silenzio, mentre lei tagliava di nuovo quella distanza, tornando vicino a lui.
    Solo in quell'istante si accorse che aveva sentito freddo, quando lei si era allontanata e ora, quel calore stava pian piano tornando, il tepore di quel contatto che lei cercò, ruppe la monotonia di quel silenzio. Lo spogliò di quel cappellino, quindi sentì quella presa e un brivido quando i loro occhi si incrociarono. Ancora stavano lottando, ma ora lottavano per altro. Combattevano perché in quel momento sarebbero usciti da quella guerra solo in una maniera: o insieme o da soli.
    Ogni sua parola non aveva più senso.
    Non la stava realmente ascoltando, per quanto sentisse tutto quello che aveva da dire.
    E se tu non ricambiassi?
    Quella domanda era un ridondante suono nella sua mente.
    La testa venne lasciata e lui la tenne dritta, leggermente col mento all'insù. La dolcezza di quel tocco gliela fece abbassare, lentamente, mentre gli occhi di ghiaccio non avevano lasciato un attimo il volto di lei. Jessica avrebbe potuto la mascella ancora stretta in una morsa.
    Scosse la testa quando tornò a darsi dell'errore, della scopata da gettar via dopo.
    Non era mai stata questo per lui.
    Mai.
    Perché non riusciva a parlare? La paura attanagliava l'ametrino, che si ritrovò a fare faccia a faccia con immagini di loro, di quanto stavano bene e di come era fondamentale la sua presenza nella propria vita.
    Sentì le mani di Jessica arpionarsi alle proprie spalle e guardò il suo volto mentre le loro fronti si sfioravano.
    Quell'odio non era reale, ora lo sapeva. Quello che era reale erano loro.
    Le braccia di lui si mossero, forse dopo troppo tempo e cinsero la sua schiena, a sostenerla e fargli sentire che era là.

    «Non posso prometterti che andrà sempre tutto bene.
    Ti direi una bugia.
    Ci saranno delle volte in cui non andremo d'accordo,
    delle volte in cui penseremo di non bastarci più.
    Delle volte in cui ci urleremo contro,
    ed io bagnerò il mio cuscino di lacrime
    e tu sarai scontrosa con tutti e sarai triste.
    Ma ti prometto che farò il possibile per restare in piedi,
    per non far crollare il castello che stiamo costruendo.
    Ti prometto che quando sarò in difficoltà,
    quando avrò bisogno di aiuto, quando mi sentirò solo,
    sarai tu la prima persona alla quale penserò.
    Ti assicuro che vorrò ancora un futuro insieme a te,
    anche tra qualche anno.
    Ti assicuro che anche quando litigheremo
    io cercherò sempre di chiarire e di far la pace.
    Ti prometto che cercherò di abbracciarti sempre,
    che ogni bacio non dato sarà un dramma per me.
    Ti prometto che cercherò di fare del mio meglio per noi due.
    Ti prometto che, anche se non tutto andrà sempre bene,
    cercherò di farci rinascere dalle macerie
    e di rimettere insieme i cocci
    che poco prima ci eravamo scagliati contro.»


    Recitò quella poesia che aveva preso da un libro di autori anonimi, sussurrandola piano, mentre le sue braccia l'avvolgevano, ritrovando il tepore che la distanza gli aveva tolto. Furono le prime parole che gli vennero in mente dopo che lei aveva detto tutto quello che passava per la sua testa. Era come se avesse lenito la sua rabbia, come se - togliendogli il cappello - avesse strappato via le difese del moro.

    «Non sei mai stata una scopata quando capita, JJ. Con te passerei notti intere a guardarti dormire, senza nemmeno sfiorarti. E' la paura che ci frena, il nasconderci dietro le nostre esperienze pessime, non ci permette di guardare verso di noi

    La spinse piano verso di lui e con la fronte spinse la sua affinché guardasse il suo sorriso dolce. Poi una mano le sollevò di nuovo il mento, questa volta con una delicatezza come se fosse così fragile da romperla.

    «Anche io ti odio. Ti odio perché pensi che io non possa ricambiare.»

    Un sussurro così basso, sembrava più un soffio di vento caldo.

    «E se davvero pensi di essere un errore, sei solo una scema. Un errore non rende piene e perfette le mie giornate. E se invece lo fa, allora sei il mio errore migliore.»

    Il suo capo cercò di avvicinarsi di più, quasi a voler avvicinare le loro labbra lentamente, se glielo avesse concesso, senza asciugare quella lacrima perché era anche quello il sapore che andava assaggiato.

    «E chi siamo noi, per non concederci il più grande errore che ci fa star bene?»

    Avrebbe tentato di imprimere le proprie labbra su quelle delle ragazza, piano, dolcemente, non trasportato dall'impeto sessuale, ma da qualcosa di differente.
    lucas j. jones

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    No, Lucas. Non era quello che intendevo.
    Quella conversazione la stava spossando più di qualsiasi altra cosa avesse fatto in vita sua e non sapeva proprio come venirne fuori. Lui le aveva sempre lenito qualsiasi dolore, persino nel periodo in cui non si parlavano, il pensiero di lui la faceva star meglio. In quel momento, invece, il dolore si stava acuendo, troppo forte per essere reale. Bruciava dentro di lei come carboni ardenti ed avrebbe voluto fermarlo, che stesse zitto, che non la costringesse a tirar fuori ciò che stava provando a reprimere con tutta se stessa. Ma fu costretta. Glielo dovette dire, quelle parole taglienti come lame che le vennero estratte contro la sua volontà.
    Vide la sua reazione e, se possibile, le fece ancora più male. Si immobilizzò nel suo silenzio, temendo di aver compromesso definitivamente il loro rapporto. Pensava che stesse cercando il modo migliore per dirle che lui, al contrario, non avrebbe mai potuto innamorarsi di lei, che la vedeva solamente come un'amante, un'amica ed una sorella, che mai ci sarebbe potuto essere di più. Che nemmeno lui sarebbe mai stata in grado di amarla, proprio come chiunque altro avesse professato tali sentimenti, abbandonandola dopo poco tempo.
    Stava per dire che non era seria, che quelle parole le erano uscite di getto senza che potesse pensarci a fondo. Voleva limitare il più possibile i danni, preservare il suo cuore già fin troppo danneggiato.
    Dì qualcosa, ti prego. Qualsiasi cosa! Lo pregò mentalmente, ma dalle sue labbra non uscì che un flebile respiro, che non raggiunse nemmeno la pelle dell'altro. La mascella di Lucas era serrata e Jess pensò che fosse arrabbiato con lei per ciò che gli aveva confessato, come se l'amore potesse essere realmente uno sbaglio. I loro occhi erano ancora una volta incatenati tra loro ed il silenzio iniziava a farsi così pesante da schiacciarla al suolo come se la gravità fosse triplicata, invece era solo l'ansia di poter essere rifiutata l'ennesima volta. Non l'avrebbe sopportato, non quella volta, non da lui.

    Solo dopo un tempo che parve infinito, passato nel terrore di aver sbagliato, sentì le braccia di Lucas muoversi e cingerle il corpo. Un calore diverso e più profondo iniziò a penetrarle sottopelle, lento ma forte, palpabile. E poi finalmente, lui si decise a parlare.
    Parole che non avevano senso, per lei, in quel momento. Non sentiva lo scandire delle sillabe, sentiva un suono melodioso che le danzava attorno come la migliore delle sinfonie. E poi, poco a poco, ogni parola prese posto nel suo cervello e nel suo cuore, assumendo un preciso significato, nonostante lei stentasse a crederci.
    Lucas... sussurrò, non sapendo bene cos'altro dire. Quelle parole, che fossero sue o meno, erano state dette pensando a lei, non recitando semplicemente qualcosa che una volta aveva letto in un libro. Jess lo sapeva, lo sapeva che significavano molto. E tornò ad illuminare un po' di più il suo cielo, che riprese ad essere il suo posto sicuro, spazzando via le cattiverie di poco prima, rendendole prive anch'esse di senso e di una qualche utilità, vennero gettate al vento, dimenticate, il cuore invece fu risanato da tutto quello che disse.
    Lo ascoltò ma non rispose, non sapendo cosa dire per non rovinare il suo meraviglioso discorso, tuttavia si riempì di nuova speranza. C'era qualcuno che non la considerava uno sbaglio e che la metteva sempre al primo posto nonostante tutto, che la faceva sentire una regina e mai di troppo. Che la spingeva a dare il meglio di sé.

    Lasciò che le loro labbra si toccassero, che quel bacio sbocciasse come una rosa. Lento, caldo, morbido e soprattutto casto. Perché era un gesto così intimo che nessuno di loro l'avrebbe rovinato imprimendoci passione di troppo, trasformandolo in una questione di sesso. Era come se fosse nuda davanti a lei, si era spogliata, mettendo a nudo la sua anima più che il suo corpo ed ogni pensiero negativo sfumò come il vino sulla carne, riempiendola di lui.

    Quando il bacio si interruppe, infiniti secondi dopo, si staccò di pochi millimetri, riportando nuovamente le mani ad incorniciargli il volto, sentendo il suo calore attraversarle le dita.
    Non credo di essere abbastanza romantica per darti una risposta adeguata iniziò con una risatina per spezzare il silenzio che si era creato, anche se questa volta non c'era tensione né dolore ad aleggiare attorno a loro.
    Però... Ti prometto anche io che ci sarò, Lu. Che ogni giorno saremo l'una la forza dell'altro, che nonostante le incomprensioni, ritorneremo più forti di prima. Non ti posso promettere che sarò perfetta e che non ci faremo più soffrire a vicenda, siamo umani, le nostre parole ci feriranno ancora e ancora, ma non faranno mai sfumare l'amore che proviamo. Abbassò una mano ad intrecciare le dita con quelle di lui, sorridendogli. Un sorriso che specchiava quello dolce di lui. Chiuse gli occhi, prima di continuare a parlare. Tu sei l'unico che c'è sempre stato senza mai pretendere nulla in cambio, che ha sofferto ma ha continuato a restare. E sei l'unico al quale donerò la mia anima, non mi interessa cosa succederà in futuro. Sollevò il mignolo come a voler siglare una promessa con lui alla maniera dei bambini, quegli esseri che non sapevano mentire, così brutalmente onesti.
    Ogni giorno della mia vita, con te. Ogni giorno della mia vita, tu sarai parte di me. Ogni giorno della mia vita, sarai la mia ancora, il mio posto sicuro. Lo prometto.
    Jessica Whitemore


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