Te l'avevo promesso, no?

J.H.

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    «Sì, Gloggi. La tua scalinata, quando è ben lucidata, è ancora più bella del solito.» - la voce di Lilith era bassa, come se non volesse disturbare nessuno, mentre sorrideva allo strano fantasma-ingegnere che si beava dei complimenti della Caposcuola. Sul petto, la spilla dorata della riccia, splendeva riflettendo quel raggio di luna piena che oltrepassava la piccola fessura, illuminando quelle incisioni sulla parete del terzo piano. Il fantasma stava facendo da scorta alla ragazza, mentre salivano ai piani superiori «E dove stai andando oggi, Lilith?» - ormai erano anni che Gloggi vedeva Lilith svolgere il suo lavoro di Prefetto e ora di Caposcuola «I miei più sinceri complimenti, comunque, per la tua promozione. Ci vorrebbe sempre un caposcuola come te, ma non dovrebbero lasciare una ragazza da sola a girare di notte.» - Lilith sorrise a quell'inquietante essenza di denrisiano «Grazie mille, Gloggi. Non preoccuparti, comunque, non sarò sola questa notte. Ho compagnia.» - Lilith fece un occhiolino al fantasma, che ridendo cupo svanì nel nulla non appena l'ultimo scalino del quinto piano fu superato.
    Lilith si poggiò alla balaustra, guardando l'orologio «Spero solo che sia puntuale...» - disse tra sé la Dioptase, guardando poi verso l'ingresso della Sala Comune dei Black Opal.
    Com'era strana la vita, solitamente ci saliva per Blake, fino al quinto piano; quella notte, invece, aveva deciso di dimostrare a qualcuno quanto fosse una ragazza di parola.

    Durante la cena

    La cena era terminata e Lilith aspettava davanti l'uscita della Sala Grande qualcuno. Salutava tutti gli studenti che passavano, cercando con le cristalline un volto in particolare: Miguel Andor, il ragazzino messicano che aveva una supercotta per la riccia dei dioptase da quando due anni prima era entrato ad Hidenstone. Lilith lo sapeva, e spesso usava Miguel come informatore per le sue perplessità sulla vita di Blake.
    «Hey Miguel...» - lo chiamò, facendo cenno con il capo di seguirla in un posto un po' più appartato, così che nessuno potesse sentirli «Ho bisogno che mi fai un favore stanotte...» - Miguel annuì «Ma ora Blake non è Prefetto? Potresti metterlo in turno con te per le ronde...» - Lilith scosse la testa «No, questa volta non si tratta di Blake...»
    Passarono una buona decina di minuti, poco più, poco meno mentre di tanto in tanto Miguel annuiva e sorrideva divertito, fino a quando Lilith non lo abbracciò, facendolo diventare un peperone «Grazie Miguel, posso sempre contare su di te!»

    Ore 00:15

    Miguel si era accertato che tutti dormissero, quindi sgattaiolò dal suo letto per ficcarsi nella stanza del suo concasato, Joo-Hyuk Know. Probabilmente nemmeno troppo si conoscevano, visto che Miguel era un tipo piuttosto riservato, ma Lilith aveva dato lui una buona scusante per poterlo... svegliare.
    «Hey, primino. Primino sveglia! C'è la festa di benvenuto dei Black Opal! Muoviti. Ci aspettano i prefetti e tutti gli altri in Sala Grande!» - lo scosse, mentre insisteva per svegliarlo e solo quando fu certo che il ragazzo avesse capito, riprese a parlare «Gli altri sono già lì, ti aspettiamo in Sala Grande, fa' presto e non farti scoprire! Vado a svegliare gli altri.» - e fulmineo il messicano fuggì alla vista dell'orientale.
    Ora non restava che aspettare, per Lilith.
    Lilith Clarke

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    Quella sera aveva deciso di infilarsi sotto le coperte ben prima del solito. Tendeva ad anticipare l'arrivo dei suoi compagni di stanza - facendosi trovare già addormentato da un pezzo - oppure a rientrare molto più tardi di modo tale da trovarli già addormentati.
    Era una persona tutt'altro che asociale, ma in camera sua erano capitati dei veri casi umani - o per lo meno così li considerava lui attualmente - quindi cercare di evitarli era diventata la sua priorità numero uno in quei giorni.
    Aveva dunque approfittato di un momento di solitudine in stanza per rintanarsi sotto la sua trapunta e sparire letteralmente al di sotto di questa, infilandoci sotto anche la testa. Si era addormentato in men che non si dica e così sperava di rimanere fino al giorno successivo.
    Tuttavia, i suoi piani sarebbero ben presto stati distrutti dall'unico ed inimitabile Miguel.
    Non conosceva neppure il nome del concasato, ma l'aveva visto giracchiare per la sala comune qualche volta ed aveva appreso da voci di corridoio della sua madornale cotta per Lilith Clarke.
    Non che lo biasimasse, ma almeno a guardarlo senza conoscerlo, Andor non gli sembrava proprio il tipo ideale della Dioptase. Ma dopotutto, che ne poteva sapere lui di quale fosse il prototipo di ragazzo della Clarke?
    Ci mise qualche secondo a prendere coscienza di sé e del proprio corpo.
    Scosso vigorosamente dall'altro Black Opal, fece capolino dalla trapunta con gli occhi che faticavano ad abituarsi alla luce che, per quanto soffusa, era comunque decisamente fastidiosa.

    Che?

    La voce impastata dal sonno esprimeva tutta la sua confusione.
    In realtà non ricordava neppure dove fosse, figurarsi se stava riuscendo a capire ciò che Miguel stava tentando di dirgli.

    La festa?

    Possibile che l'avesse dimenticato?
    Non che fosse poi chissà quanto festaiolo, ma un paio di drink ai party scolastici li aveva sempre bevuti più che volentieri.

    Non farmi scoprire da chi? Dai Prefetti... che ci aspettano alla festa?

    C'era qualcosa che non gli tornava nel discorso frettoloso di Miguel, eppure rincoglionito dal sonno com'era, fece scivolare via la trapunta agguantando il primo jeans che riuscì a raggiungere dalla sedia che aveva di fianco al suo letto e che fungeva da armadio.
    Vestita una felpa nera con il cappuccio, calzate un paio di Converse nere basse e sistemati alla bell'e meglio i capelli con un paio di manate, percorse il tragitto che l'avrebbe condotto al di fuori della sala comune senza premurarsi di coprire la bocca spalancata in un paio di sbadigli con i quali stava cercando di scrollarsi di dosso la stanchezza.
    La tranquillità della sala comune avrebbe dovuto suggerirgli il fatto che Miguel gli aveva spudoratamente mentito, ma non ci fece neppure caso, tant'è che nel momento in cui mise piedi fuori dalla sala e adocchiò la figura della Clarke non potè fare a meno di accigliarsi con palese confusione.
    Non che avesse dimenticato la promessa che la Dioptase gli aveva fatto, ma a quell'ora della sera a tutto pensava meno che a quello.

    Clarke?

    Istintivamente portò le dita della mano destra a cercare di sistemare le ciocche di capelli scuri che aveva sul capo, con scarsissimi risultati, nel tentativo di darsi una sistemata. Dunque le si avvicinò guardandosi attorno con fare circospetto.

    Vieni anche tu alla festa?

    Chiese a quel punto e solo in quel momento lo colse il dubbio che magari di feste non ce ne fossero proprio in programma.

    Aspetta... non c'è nessuna festa, vè?

    Bingo.
    Inarcò il sopracciglio destro e piegò l'angolo sinistro delle labbra in un velo di sorriso mentre finalmente arrivava a collegare i puntini di quel disegno ben più grande di quello che aveva ipotizzato all'inizio.
    Nel dubbio, comunque, attese, squadrandola senza troppi complimenti e assicurandosi che Miguel non lo avesse seguito fin lì. Non voleva sporcarsi i vestiti con la bava di Andor, dopotutto.
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    Lilith non era una che trattava tutti allo stesso modo; nello specifico, non si lasciava mai andare ad azioni del genere, ma dopo il loro incontro J.H. l'aveva messa alla prova e voleva mostrare al ragazzino quanto fosse deleterio giocare con una come lei. Miguel era uno dei punti cardini per Lilith, quando si trattava di Black Opal, quindi non si stava nemmeno preoccupando se ci fosse riuscito o meno, perchè sapeva che - per avere le attenzioni di Lilith - il messicano dalla bellezza dubbia, avrebbe fatto di tutto. Svegliare Joo-Hyuk sarebbe stato un gioco da ragazzi per lui e la riccia riponeva in quel burattino tutta la sua fiducia.
    Quando vide, infatti, il primino uscire dalla sala comune, non potè che sorridere a se stessa: ancora una volta aveva raggiunto il suo obiettivo. Certo, era stato poco carino da parte della Caposcuola svegliare uno studente per poterlo portare in giro con lei, ma alla fine, non c'era niente che potesse perdere e poi, l'orientale doveva pur sempre abituarsi agli imprevisti che Hidenstone portava con sé; chissà cosa avesse fatto se, come spesso accadeva, ad Halloween fosse stato svegliato da fantasmi impazziti che cercavano di ammazzare gli studenti...
    Ma ciancio alle bande (?) e ritorniamo alla piccola scenetta che Lilith aveva preparato: lo sguardo chiaro della metamorfa si spostò sull'orientale, sveglio sicuramente più di lui. Lo vide sistemarsi i capelli e trattenne una piccola risata «Non c'è bisogno che ti sistemi, già che non sei in pigiama è un buon inizio.» - lo canzonò appena, mentre si staccava dalla balaustra con movimenti fluidi e si piazzava davanti a lui con le braccia incrociate sotto i seni. Sollevò un sopracciglio quando parlò della festa, con quell'espressione di chi si chiedeva se davvero ancora non avesse capito cosa stava succedendo «Quella di benvenuto dei Black Opal? Organizzata dai Prefetti in Sala Grande? Fuori dall'orario previsto?» - incalzò con quelle domande, quasi a fargli capire che sapeva tutto, quindi scosse il capo in diniego.
    Sollevò gli occhi al cielo sbuffando divertita, quando finalmente l'opale aveva capito in cosa era caduto «Perspicace. Un po' in ritardo, ma ci sei arrivato.» - gli fece un occhiolino, quindi cacciò dalla tasca una caramella al caffè e la lanciò verso il ragazzino «Prendila, ti servirà.» - gli disse, mentre dalla Sala Comune dei Black Opal si affacciava un Miguel «Hey Lily, hai visto? Ce l'ho fatta anche questa volta.» - la riccia si sporse appena sulla sinistra, piegando il busto, per superare con lo sguardo Joo-Hyuk e porgere la sua attenzione al messicano «Sei stato superbo anche questa volta, Mig. Grazie mille.» - il ragazzino, però, sembrava non voler mollare la presa e colse la palla al balzo «Se hai ancora bisogno di me, posso venire con voi, non ho sonno.» - ci stava provando ad aggregarsi alla favolosa serata che si prospettava per i due, ma Lilith aveva in mente qualcosa di privato, o meglio, qualcosa che non prevedeva la presenza di Miguel, nello specifico. Il tono dolce della Caposcuola solo ad un orecchio attento sarebbe sembrato finto, ma sicuramente a Miguel sarebbe bastato per desistere «Oh, no grazie... Vai pure in stanza, sei stato già tanto prezioso per questa sera.» - quindi portò la mano alle labbra e schioccò un bacio che finse di far volare dal messicano. Quest'ultimo, seppur controvoglia, capì che non c'era spazio per lui, ma quel bacino aveva indorato la pillola, rendendo il suo rifiuto sicuramente più dolce, quindi fece marcia indietro e tornò dentro.
    Ora erano di nuovo soli e Lilith potè dedicare le sue attenzioni all'orientale «Allora? Sei pronto ad esplorare il castello? La tua prima notte in bianco ad Hidenstone! Da dove vuoi iniziare?» - chiese come se quella fosse la cosa più favolosa (?) della vita del primino «Poi, se non vuoi venire, credo che dentro ci sia un Miguel pronto a tenerti sveglio tutta la notte a parlare di me e di quanto io sia brava con i miei appunti.» - sollevò le spalle e le lasciò ricadere, prima di girarsi, dando la schiena all'opale «Dai, la notte non è lunga, andiamo.» - rise ancora, in silenzio, ben consapevole che stava travolgendo con la sua parlantina un povero studente appena svegliato nel bel mezzo della notte.
    Lilith Clarke

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    Quando Lilith gli aveva promesso che l'avrebbe portato con sé durante una delle sue ronde notturne, probabilmente il sud coreano non le aveva creduto fino in fondo.
    Non si conoscevano affatto, lei era più grande di lui e ricopriva un ruolo di spicco all'interno delle mura scolastiche, mentre lui era praticamente l'ultimo arrivato. Non che si reputasse inferiore a chicchesia, ma aveva considerato quanto più inverosimile che una come Lilith potesse decidere arbitrariamente di spendere del tempo assieme a lui.
    Non era una persona insicura, era per lo più realista e restava sempre e comunque con i piedi per terra. Dunque, nel momento in cui i suoi occhi sottili ebbero modo di aggrapparsi alla figura della Clarke, non potè fare a meno di domandarsi se stava affrontando Hidenstone con il piede giusto.
    Avrebbe dovuto osare di più?
    Cercare di mettersi in mostra ed esprimere al massimo il potenziale che sapeva di avere?
    Probabilmente sì, ma quello non era lui.
    Non era una persona da definirsi calma e pacata, era per lo più un individuo che se ne andava in giro avvolto in un alone di placido mistero. I suoi tratti somatici lo aiutavano senz'altro nel mantenere quella facciata di algido enigma e lui ne era consapevole e non faceva nulla per svelarsi più del dovuto.

    Niente punti in meno stasera? Sei di buon umore?

    Ironizzò in risposta alle parole della Dioptase circa l'assenza di pigiama, piazzandosi davanti ai suoi occhi senza il reale timore di mostrarsi arruffato. Si era svegliato da pochi minuti e non aveva intenzione di cercare di impressionarla. Non faceva mai più sforzi del dovuto, preferiva piuttosto risparmiare le energie per un altro genere di momenti.
    Quando l'epifania circa la non esistenza della festa lo colse, si fece trafiggere dalla paraculata di lei regalandole una smorfia fintamente indispettita che si spense in un'ombra di sorriso morbido.
    In effetti, era stato ingenuo per essersi lasciato abbindolare da Miguel, anche se solo per qualche minuto.

    Stavo dormendo, già è tanto se mi ricordo come mi chiamo.

    Tentò di giustificarsi senza tuttavia provarci davvero, racimolando i riflessi necessari a stoppare la caramella al caffè che Lilith gli aveva lanciato contro il proprio petto, bloccandola con un rapido gesto della mano destra.
    Avvertì la voce di Miguel provenire dalle sue spalle, ma quasi che il ragazzo non esistesse lo ignorò totalmente, mantenendo le iridi scurissime piantate addosso alla Clarke mentre scartava lentamente la sua caramella e se la cacciava in bocca intascando la carta che avrebbe gettato via in un secondo momento.
    Nonostante sembrasse quasi non essersi accorto della presenza del concasato alle sue spalle, in realtà prestò orecchio alle sue parole e si riscoprì infastidito all'idea che Andor potesse unirsi a loro.

    Quello leccherebbe anche i pavimenti se glielo chiedessi tu. Lo sai, sì?

    Era fermamente convinto del fatto che Lilith fosse estremamente consapevole della veridicità della sua ipotesi, tant'è che la domanda che le pose suonò quasi retorica a quel punto.

    L'altro giorno l'ho sentito confabulare con un tizio su una tattica per scattarti una foto ai piedi.

    E non si sentì minimamente in colpa per aver svelato l'orrendo piano di Miguel Andor alla diretta interessata. Non aveva alcun genere di rapporto con quel tipo ed era ancora lievemente infastidito dall'interruzione della loro conversazione da parte di lui.
    Si scrollò di dosso il fastidio solo nel momento in cui la mora si congedò dal Black Opal. Rilassò le spalle e l'espressione del volto.

    E tu sei un po' stronza ad approfittartene.

    Ma dopotutto perché non avrebbe dovuto? Non la biasimava affatto, ma non avrebbe mai perso la ghiotta occasione di punzecchiarla.

    Sì. Con gli appunti... ok. Comunque non ci tengo a passare la serata con il tuo prezioso Miguel. E non saprei. Stupiscimi.

    Non aveva granché idea di come fosse conformato il castello che abitavano. Non era andato in esplorazione né si era premurato di informarsi a riguardo.

    Ma è legale che mi porti in giro?

    Non che gli importasse poi granché di essere sgamato da qualcuno, men che meno se era in compagnia di un Caposcuola.

    Se incontriamo un professore che gli dici? Che mi hai trovato in giro e che sono sonnambulo?

    Ormai era più sveglio che mai e non per merito della caramella al caffè che continuava a far viaggiare da una guancia all'altra nel tentativo di farla sciogliere.
    Continuò a camminarle a fianco, cercando di non allungare troppo il passo nelle sue gambe lunghe per non superarla e provando a rilassare i muscoli delle spalle inevitabilmente tesi per il dubbio che stava cominciando a sorgergli.
    Davvero Lilith voleva solo portarlo a fare un tour notturno del castello?
    Perché?
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    Lilith non sopportava non essere presa sul serio e se solo lontanamente avesse saputo che JH non pensasse che davvero sarebbe andato a svegliarlo per una ronda notturna, probabilmente la riccia avrebbe addirittura fatto venire Miguel con loro, per il solo gusto di infastidirlo con la loquacità del messicano, in presenza di Lilith.
    Per fortuna, però, JH non aveva palesato l'intenzione di far accenno a quella sua mancanza, quindi per ora era al sicuro forse. Era la prima volta che si portava a spasso un primino per i corridoi, durante il suo turno di controllo, probabilmente complice era stato il fatto che fin dal primo anno doveva star dietro a ragazzini che non sapevano nemmeno cosa significasse rispettare le regole, e poi c'era Blake che continuava ad occuparle ogni singolo respiro e, la riccia aveva passato la maggior parte dei suoi turni a cercare di far rispettare le regole al nuovo prefetto dei Black Opal.
    Inoltre, cosa che aveva pesato ancor di più, forse inconsapevolmente, sulla scelta di Lilith, era stato il loro incontro qualche giorno prima, nel bagno delle ragazze: JH si era reputato un interessante ragazzino che sapeva rispondere a tono anche alle frecciatine più sottili. E questo aveva fatto sì che Lilith si incuriosisse un tantino di più, rispetto a tutti gli altri che erano arrivati quell'anno.

    Era come se quel punzecchiarsi a vicenda riuscisse, in un certo qual modo, a rendere leggera la caposcuola che di pensieri ne aveva già tanti quell'anno, a partire dal suo dover sostenere gli esami finali e intraprendere una carriera piuttosto importante, dopo gli studi.
    Sollevò un sopracciglio e arricciò le labbra in qualcosa di simile ad un sorriso, che si tramutò in un naso che si mosse leggermente «Niente zip calate, stasera? Sei triste?» - rimbeccò senza rispondere alla sua domanda, se non con quell'appunto che pareva esserle rimasto piuttosto impresso nella memoria. Il tono della ragazza era basso, ma non mancava di quel pizzico di ironia che rifletteva la frase dell'orientale.
    Quasi iniziava a dispiacerle di aver svegliato il ragazzino. Quasi. Dispiacere che si spense forse subito ripensando al perché lo aveva fatto: aveva colto la palla al balzo, quel giorno Erik aveva la febbre e rimpiazzarlo sarebbe stato troppo complicato, quindi avrebbe fatto ronda da sola e, seppur non era un problema, quella sera era da cogliere come un fiore in primavera (?) per portarsi dietro l'opale.
    L'interruzione di Miguel sembrava durare fin troppo, ma Lilith non poteva liquidarlo con un va' a letto e non rompere visto quanto fosse fondamentale per i suoi momenti di spionaggio e di notizie all'interno della Casa degli opali. Mentre il messicano continuava a parlare, Lilith guardò con la coda dell'occhio JH notando come fosse rimasto impassibile alla presenza dell'altro, senza nemmeno voltarsi come avrebbe fatto chiunque sentendo una voce alle proprie spalle, un self control da invidiare, doveva ammetterlo.
    Sentì le sue frasi, quindi il celeste dei suoi occhi si posò sullo sguardo dal taglio orientale «Dici? Non me ne sono mai accorta...» - il sarcasmo era di casa, ormai, nelle conversazioni tra i due, ma quando Kwon svelò il piano diabolico del messicano per avere una foto dei suoi piedi, Lilith sembrò sospirare sollevata «Quindi era per questo che Lestat faceva cadere ripetutamente la penna sotto di me, in biblioteca. Ed io che pensavo volesse spiarmi le mutandine...» - si strinse nelle spalle «Sei sempre così fedele e leale - assottigliò lo sguardo, questa volta, come se stesse valutando la sua risposta. Era come se stesse cercando da quello che avrebbe detto, di capire anche quanto potesse fidarsi di lui, quindi rimase in attesa per qualche attimo, pesando bene le sue parole; alla fine dei conti aveva spifferato ai quattro venti qualcosa di segreto, chissà se avesse fatto lo stesso con quel giro di ronda.

    Rise quando si sentì dare della stronza e sollevò gli occhi al cielo «Un po', lo ammetto. Ma so fare anche di peggio.» - un occhiolino coronò quella frase, prima che sgranasse gli occhi stupita da quella frase azzardata del ragazzo e spalancò anche le labbra in una O di stupore, quindi gli avrebbe dato un buffetto leggero sulla spalla, prima di ridere «Hey! Miguel non ha mai avuto la preziosa occasione di avvicinarsi a me. Ma ha tanta fantasia, sai? Quindi attento quando lo trovi nei bagni, non stringergli mai la mano se non ti sei accertato che lui l'abbia lavata. Andiamo, su!» - gli fece cenno col capo e proprio mentre si stava girando, Gloggi fece di nuovo la sua apparizione «E' questo il tuo accompagnatore per la notte, Lilith?» - il fantasma cionco di gambe si piazzò davanti a Joo-Hyuk, squadrandolo dalla testa ai piedi «Mi raccomando ragazzino, ti tengo d'occhio!» - Lilith rise leggermente «Joo-Hyuk, lui è Gloggi. Gloggi, lui è Joo-Hyuk.» - il fantasma, tuttavia, non sembrava molto incline alla socialità con l'orientale, quindi sventolò una mano (?) e svolazzò via «E' davvero un bravo fantasma, tu elogialo sempre su quanto siano favolose le sue scale e vedrai che diventerete subito amici.»
    Lilith prese a camminare, mantenendosi accanto all'opale e guardando spesso negli angoli buii dei corridoi sperando di non trovare nessuno studente da riprendere.
    «Ni. Dovrei riaccompagnarti in Sala Comune, in verità. Tuttavia, oggi dei professori c'è la Ivanova e la O'Neill, loro sono piuttosto tranquille e so le zone che bazzicano affinché non ci vedano. Se dovesse succedere, però, sei pur sempre con un Caposcuola, mi basterà poco per dir loro che cercavi le cucine per un languorino notturno.» - legale o meno, non era quello che preoccupava la riccia «Hai paura di essere scoperto a passeggio con me, Kwon - sollevò un sopracciglio, mentre proferiva quelle parole con un tono di sfida.
    Si fermò dopo qualche passo in quel corridoio e lo guardò dritto negli occhi, poi seria schiuse le labbra e ... «Sai, prima di continuare sono curiosa di sapere una cosa... Joo-Hyuk... Sopra... o sotto?» - mormorò lentamente, con un tono che similava il tutto ad un sussurro, mentre manteneva un'espressione seria, ben consapevole che quella frase poteva avere diverse sfumature di significato.
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    Non doveva sforzarsi di darsi un tono, Joo-hyuk. La sua inclinazione nel mostrarsi distaccato e disinteressato era la naturale conseguenza delle esperienze di vita che aveva vissuto fino a quel momento.
    Si legava con difficoltà e si incuriosiva con altrettanta fatica. Ma non si giudicava per questo, aveva imparato a convivere con la sua personalità contorta e che stava via via formandosi sempre di più man mano che cresceva.
    L'approccio iniziale che aveva avuto con Lilith era stato guidato dalla sua incontrollabile curiosità di conoscere e dall'intimo eccitamento che provava quando veniva stuzzicato. E l'incontro di quella sera era il frutto di quel connubio.

    Assonato. Non ho motivo di essere triste.

    Aveva colto la retoricità nel tono della Clarke, ma non vi diede peso, limitandosi a rimpallare alla sua ironia con altrettanto sarcasmo senza farsi intimorire. Dopotutto, cosa mai sarebbe potuto succedergli? Una Caposcuola era andata lì con il chiaro intento di portarselo a zonzo per Hidenstone senza che la cosa fosse stata autorizzata, la responsabilità non era mica la sua.

    Magari qualche foto sotto la gonna te l'ha scattata davvero. Se dovesse arrivarmi qualche voce ti faccio sapere. Ovviamente io non guardo.

    Che fosse ironico o meno, l'espressione sul suo viso rimase seria e composta.
    Probabilmente non avrebbe disdegnato un'occhiata alle presunte fotografie del misfatto, ma di certo non l'avrebbe confidato a lei.
    Attese che Miguel si levasse di torno e solo dopo si premurò di rispondere alla stoccata della Dioptase a riguardo della sua incapacità di mantenere i segreti.

    Lo sono solo con chi se lo merita. E non che Andor stesse cercando di mantenere le sue voglie segrete, comunque.

    Tentò di giustificarsi seppur con scarsissimo impegno, tant'è che scrollò le spalle con fare di indifferenza, sottolineando il fatto che non si sentisse minimamente in colpa per aver fatto la "spia".
    Dedicò un'occhiata approfondita all'intera figura di Lilith prima di incamminarsi assieme a lei lungo il corridoio, nascondendo le mani nelle tascone della felpa e procedendo a passo rilassato.
    Il sopracciglio destrò si inarcò vertiginosamente verso l'alto nel momento in cui la ragazza accennò all'esorbitante fantasia di Miguel.

    E come fai a sapere che ha tutta questa fantasia?

    A quel punto gli sembrava lecito porre quella domanda. Anche se non era sicuro di volerne conoscere la risposta.
    L'immagine di Andor che si trastullava in uno dei cubicoli del bagno davanti ad una foto dei piedi della Clarke poteva tramutarsi in un incubo difficile da esorcizzare.
    Arrestò il passo solo nel momento in cui lo spettro si palesò alla loro vista.
    I fantasmi erano una di quelle realtà magiche alle quali probabilmente il sud coreano non si sarebbe mai abituato. Essendo nato babbano, avere a che fare con entità del genere continuava ad inquietarlo per qualche motivo subconscio che neppure lui riusciva a spiegarsi.
    Rabbrividì silenziosamente sotto gli strati di tessuto che indossava, fissando lo sguardo torvo su Gloggi e accennando solo un velato movimento del capo nel momento in cui Lilith fece le presentazioni.
    Attese che lo spettro fosse lontano abbastanza prima di tornare a parlare con la bruna.

    Ai fantasmi non mi abituerò mai. Meno ci ho a che fare e meglio è.

    E queste sue parole avrebbero potuto fornire un indizio circa il suo retaggio di nascita del quale non si vergognava affatto.
    Riprese a camminare continuando a prestare orecchio alla loro conversazione, scuotendo infine il capo in cenno di diniego quando Lilith gli chiese se avesse paura di essere sgamato nel cuore della notte assieme a lei.

    Non proprio. Ero più curioso di capire che cosa dovesse succedermi nel caso in cui dovessi spifferare a qualche professore che sei venuta a svegliarmi nel cuore della notte per portarmi in giro.

    L'espressione sul suo viso rimase terribilmente seria per qualche istante, solo dopo una manciata di lunghi secondi piegò l'angolo sinistro delle labbra in un ghigno divertito.
    Non si sarebbe mai sognato di fare la spia a quel modo, voleva soltanto provocare una reazione qualsiasi in lei perché quello era ormai il suo modus operandi con la Dioptase.
    Rimase un po' sorpreso nel momento in cui notò l'arresto del passo di lei.
    Fece altrettanto e rimase con le mani nelle tasche della felpa mentre assorbiva la domanda ambigua che gli veniva posta.
    In verità, un lungo e profondo brivido ne attraversò la spina dorsale in un riflesso incondizionato che non riuscì a gestire, tuttavia riuscì a rimanere composto per il semplice fatto che sapeva che Lilith non si stava riferendo all'ambito sessuale.
    O per meglio dire, sapeva che l'intento della Clarke era quello di risultare allusiva, ma lui non era un tipo così ingenuo.

    Andrei al piano di sopra suggerì senza scomporsi, piegando poi appena il collo in avanti e cercando di mimare lo stesso mormorio che Lilith gli aveva lanciato, ironizzando sul tono di voce altrui e neanche se le stesse per rivelare il segreto del secolo se non ti dispiace.

    E nel sussurrare quelle ultime parole, sollevò entrambe le sopracciglia in un rapido ammiccamento divertito.
    Era estenuante cercare di metterlo in difficoltà, sembrava inscalfibile per quanto in realtà non lo fosse affatto. E il brivido che ne attraversò l'inguine ne era la prova.
    Peccato che fosse invisibile.
    Joo-hyuk
    Kwon

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    Le ronde di notte erano una grande seccatura, il compito più ingrato che avevano Prefetti e Capiscuola, tuttavia erano il momento migliore che Lilith prediligeva, soprattutto dal quarto anno. Durante quelle ronde riusciva ad essere sola e senza alcuno studente che le girava intorno per chiederle appunti, informazioni o semplicemente cercare di portarla a prendere un caffè per parlare delle ultime lezioni. Che poi, cosa voleva dire parlare delle ultime lezioni? Spesso questa cosa capitava anche con i primini, ben consapevoli che non avesse niente più a che fare con le lezioni del loro biennio e che il loro piano di studi era completamente l'opposto. Inoltre, da quando aveva ricominciato gli allenamenti, spesso capitava che a fine ronda, riuscisse a legare già la sua corsetta mattutina. Corsette mattutine che l'avevano portata nel bagno delle ragazze proprio qualche giorno prima, dove aveva trovato quel Joo-Hyuk selvatico e assonnato mentre vi usciva. Ma tornando alle ronde, per quanto fossero fastidiose per molti, Lilith le amava, soprattutto quando erano tranquille e riusciva addirittura a leggere un libro strada facendo; quella notte, però, era come se avesse preso la decisione di non voler essere da sola. C'erano quelle giornate in cui le scelte che faceva non le comprendeva nemmeno lei, quindi era ormai inutile fare domande, soprattutto quando il dado era tratto (?)
    «Sono curiosa di sapere come sei quando non sei assonnato. Due su due e in entrambi gli incontri eri assonnato.» - lo sguardo della ragazzina si sbilanciò a sostenersi un po' di più sul taglio orientale degli occhi del ragazzo, prima di scuotere il capo quasi a voler distogliere quell'attenzione.

    Portarsi a passeggio un primino era una cosa che avrebbe condannato a tutti, negli anni precedenti, ma da quando la sua stabilità emotiva era stata messa a repentaglio, si chiedeva se il suo essere così tanto attaccata alle regole le avrebbe mai giovato nella vita, quindi aveva deciso di trasgredire, qualche volta, a qualche regola che non avrebbe fatto male a nessuno (sempre se non si veniva svegliati nel cuore della notte, ma questi sono dettagli insignificanti!) e di godersi quella sensazione di adrenalina che la trasgressione le dava.
    Lo guardò con finta aria interrogativa, come se non credesse realmente alle sue parole, l'espressione di lui non tradiva nessuna bugia, ma solo serietà. Lilith, tuttavia, stentava a credere che un ragazzo di qualsiasi tipo, trovandosi quel genere di foto in mano, non avesse dato nemmeno una sbirciatina «Proverò a crederci.» - ostentò, assottigliando di poco gli occhi, come se stesse cercando di mettere a fuoco i suoi pensieri «Qualora l'occhio dovesse caderti su quelle foto, poi dimmi come sono uscita.» - e questa volta il tono serio fu il suo, come se avesse chiesto di vedere il suo book fotografico per avere un parere professionale.
    Ascoltò la sua giustificazione e lasciò andare per qualche attimo l'argomento. Era come se stesse valutando l'opale, lo stesse passando ai raggi X ma non solo per quel che concerneva il suo aspetto fisico, quanto - per lo più - il suo carattere. Era come se volesse cercare di capire se JH fosse solo uno spocchioso pieno di sé, che faceva del suo essere misterioso un personaggio da romanzo rosa, oppure avesse qualcosa di più, una sfumatura che Lilith ancora non riusciva a cogliere.
    Quella sua riflessione venne interrotta da quella domanda, che la prese alla sprovvista «Hm?» - mugugnò a labbra strette, mentre con un battito di ciglia si trovò a riposare lo sguardo su di lui «Ah, parli di Miguel.» - era come se stesse facendo un sunto di quello che era accaduto fino a quel momento, per riprendere il filo del discorso «Più di una volta sono venuti a chiedermi di farlo smettere. Le racconta a tutti. Strano che tu non abbia ancora ascoltato qualcuno dei suoi filmini strani con me.» - in quel momento, quasi inconsapevolmente, Lilith mosse la punta del naso, quasi come se la cosa appena detta riguardo Miguel, la infastidisse abbastanza.

    La presenza di Gloggi fu un'altra delle cose che interruppe quelle conversazioni in cui erano inciampati i due, ma quando l'entità andò via, Lilith sembrò non rimanere troppo colpita dalle parole dell'altro «Posso immaginare. Tra i babbani non sono ben visti. In realtà non sono per niente male, alcuni di loro.» - ed in quel momento la sua mente volò a Gabe, che proprio di quel periodo, l'anno precedente le aveva lasciato una lettera, dopo il loro incontro particolare nella nave che li portava ad Hidenstone.
    Rise appena all'idea di JH e scosse il capo come se non avesse molto senso quello che stava dicendo «Ho molti assi nella manica, Joo-Hyuk... sarei molto più credibile di te, se venissero a chiedermi spiegazioni.» - gli fece un occhiolino, rapido e condito da un sorrisetto stronzo sulle labbra. Era tranquilla da quel punto di vista, perchè - non solo la sua reputazione di prefetto ligio al dovere le faceva da scudo - aveva altri mille motivi per dire che era con lei che non sarebbero serviti nemmeno ad un avvocato per cacciare dai guai il proprio assistito.
    La scelta del piano fu accolta con un sollevarsi dell'angolo sinistro delle labbra, rimanendo poi quasi di stucco quando l'opale le sussurrò quelle parole. Non si aspettava sicuramente di essere ribattuta per le righe, in quel momento, ma doveva ammettere che un punticino doveva pur metterlo in rete ogni tanto e, questa volta, ci era riuscito, tanto da procurare un attimo breve di rossore sulle guance di lei.
    Rossore che venne subito cercato di nascondere con uno sbuffo e un voltarsi verso la direzione prescelta «Direi che è un'ottima scelta, audace da parte tua, ma pur sempre ottima.» - prese un grande respirone e iniziò a far strada, diretta verso la loro prima tappa.

    Dall'ala ovest, Lilith avrebbe camminato verso la direzione opposta, l'ala est del castello, cercando di mantenere un passo non troppo lento, ma nemmeno rapido, così che quella sembrasse più una passeggiata che una maratona «Allora? Come mai sei sempre assonnato?» - domandò con un tono che toccava disinteresse e poca attenzione, come se non volesse sembrare una domanda interessata.
    I corridoi sembravano silenziosi ma Lilith era sempre attenta ad ogni singolo fruscio, soprattutto perchè avrebbero dovuto fare un tragitto davvero lungo per giungere dove lo voleva portare.
    La scelta dell'opale era stata davvero apprezzata, Lilith adorava salire in alto e i suoi posti più sicuri erano sempre stati a tanti metri da terra.
    Girati un paio di angoli e scese le scale fino al secondo piano, Lilith si fermò «Ora mi raccomando, silenzio... La Sala Insegnanti è accesa, forse la Ivanova è dentro a correggere compiti. Mi metto io dal lato della porta...» - fu un sussurro flebile, ma sicuro di sé, come se non avesse davvero il timore di incontrare la docente in questione. Effettivamente, passando lì davanti, si sarebbe sentito un fruscio di carte e Lilith lasciò che questo non la spaventasse. Infatti fece scivolare tra le sue dita la bacchetta e toccò la parete della sala insegnanti che costeggiava il corridoio «Muffliato.» - bisbigliò, quindi fece segnò a JH di passare piano.
    Se questo fosse successo, senza alcuna crisi di panico del primino inesperto (?), Lilith lo avrebbe preso per un polso e tirato per affrettare il passo.
    Una volta abbastanza lontani dalla sala insegnanti, Lilith avrebbe lasciato il ragazzino, se fosse riuscita ad afferrarlo precedentemente, e avrebbe preso un respiro «Bene. Se lei è qui, vuol dire che questa parte del castello è sicura.»

    Sarebbero arrivati davanti ad una porta che Lilith spinse piano e lasciò che si aprisse ad una stanza quadrata, piuttosto accogliente, con un camino acceso e qualche poltrona a rendere il tutto più comodo «Benvenuto nell'ingresso della Torre dell'Orologio. Alla tua destra c'è una rassegna di testi su Denrise, a sinistra la scala che porta su... » - volse le spalle al camino, muovendo passi senza guardarsi indietro e allargando le braccia a presentare la stanza «Non siamo ancora in alto, quando vuoi... si sale.»
    Lilith Clarke

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    Mi capita raramente di non essere assonnato osservò con una scrollata di spalle, prendendo ad avanzare al fianco della Caposcuola tendenzialmente perché mi annoio per la maggior parte del tempo.

    Se c'era una cosa della quale il sud coreano era perfettamente consapevole, quello era il fatto che sapesse di essere un tipetto difficile da gestire. Non riusciva ad interessarsi a troppe cose e/o persone contemporaneamente. Le sue attenzioni si limitavano a focalizzarsi su un aspetto della vita per volta e, alcune volte, finiva addirittura con l'ossessionarcisi. Tuttavia, le sue fissazioni avevano vita breve.
    Era interessato a tutto e a niente, di conseguenza riuscire a mantenere vive le sue attenzioni era estremamente complesso e richiedeva un dispendio di energie non trascurabile.
    Fino a quel momento, Lilith era riuscita ad interessarlo abbastanza, ma sarebbe bastata una disattenzione di troppo a far sgonfiare la vela sulla quale navigavano le attenzioni del sud coreano. Non che la cosa le dovesse interessare, ad ogni modo, si trattava esclusivamente dell'espressione del carattere di lui.
    E la Dioptase aveva ragione di credere che le avrebbe guardate eccome, le foto compromettenti, qualora fossero state spacciate in giro. Ma darle soddisfazioni di sorta non sarebbe stato nel suo stile.

    Preferisco vederle dal vivo certe cose. Solitamente in digitale non rendono.

    E in realtà stava mentendo. Come ogni sedicenne che si rispetti bazzicava su PornHub più spesso di quanto avrebbe voluto ammettere, ma dopotutto era giustificabile. A quell'età era l'ormone a farla da padrone e c'era ben poco che un giovane uomo potesse fare se non cercare di darsi un contegno in presenza di una vera ragazza in carne ed ossa.
    E lui di contegno ne aveva da vendere, complice i suoi modi di fare apparentemente pacati e riservati.
    Ad ogni modo, non aveva alcuna voglia di continuare a parlare di Miguel Andor. Avevano dedicato al Black Opal fin troppo tempo e sprecato per lui una quantità indegna di parole, almeno a parer suo, dunque glissò sull'argomento con una scrollata di spalle mentre la bocca restava impegnata con la caramella al caffè che pian piano andava consumandosi.

    Sono pochi i babbani che ci credono davvero, in realtà. E non metto in dubbio che qualche fantasma possa anche non essere niente male... l'importante è che lo siano lontano da me.

    Sembrava abbastanza intransigente sull'argomento. Gli spettri lo mettevano in difficoltà e lui tendeva a non indugiare né a parole né con la mente su tutti quegli argomenti che non gli andavano a genio.
    Così come cercò di fare con il fremito che lo colse per quello scambio intimo di confidenze apparenti, che altro non era se non l'ennesimo sarcastico scambio di battute tra loro.
    Non gli era chiaro se Lilith stesse semplicemente cercando di prenderlo in giro o di provocare un qualche genere di reazione in lui, fatto sta che non mollò la presa provando a restituirle la stessa moneta. Non era neppure sicuro di riuscire ad avere su di lei almeno la metà dell'effetto che i mormorii di lei avevano avuto su di lui, ma cercò di non focalizzarsi eccessivamente sull'eventualità di non farle alcun effetto.
    Era probabile che fosse così, ma non le avrebbe dato modo di dirglielo in faccia per poi sprofondare dalla vergogna.
    Alle volte preferiva illudersi.

    La noia ribadì in risposta alla sua domanda, poco dopo che ebbero ripreso a camminare o perché devo aspettare troppo per fare le cose che mi piacciono veramente.

    Non ebbe in realtà modo di argomentare il suo pensiero che la porta d'ingresso all'ufficio della Ivanova si fece troppo vicina per i suoi gusti. Cominciò a muoversi di soppiatto, permettendo così a Lilith di fare le sue mosse per consentire loro di attraversare quel "cerchio di fuoco" restando illesi.

    Se ci sgama faccio finta di essere in punto di morte. Fingi di rianimarmi.

    Le lanciò quel sussurro ironico mentre la osservava mettersi all'opera per garantire a entrambi un attraversamento privo di problemi e si lasciò trascinare da lei per il polso senza opporre alcun genere di resistenza. Lasciò piuttosto scivolare le dita al di sotto della manica del suo indumento superiore, sfiorandone la pelle del polso senza dar alcun peso al gesto.
    Scampato il pericolo, tirò un sospiro di sollievo e lasciò scivolare via le dita in una carezza non voluta.
    Lasciò che la Dioptase gli facesse strada, quindi la seguì all'interno, sollevando il mento per dare una primissima occhiata in giro. Non aveva la più pallida idea di dove fossero, ma la gentile introduzione della ragazza lo aiutò ad orientarsi.
    Piegò le labbra per emettere un basso fischio di apprezzamento, quindi mosse qualche passo all'interno di quello spazio.

    Forte, a Mahoutokoro non c'è niente di simile. Eviterei le letture per stasera, se sei d'accordo.

    Commentò, circa la possibilità di consultare volumi sulla cittadina di Denrise. Non gli sembrava proprio il momento adatto per dedicarsi allo studio né ne aveva voglia.

    Qui ci porti tutti quelli con le facce che ti piacciono di più?

    Tornò a provocarla bonariamente, gironzolando attorno con gli occhi dal taglio sottile che si alternavano tra lei e le mura del luogo nel quale erano. Si accostò dunque alla rampa di scale che portava al piano superiore, tornando a voltarsi una volta giunto in prossimità del primo gradino e tirando fuori la mano destra dalla tasca della felpa ponendola a palmo aperto verso l'alto.
    Un tacito invito a fargli strada.

    Si va?

    Piegò leggermente il capo verso la spalla sinistra, assottigliando le labbra nell'ombra di un sorriso.

    E mentre andiamo mi spieghi anche perché mi hai portato proprio qui.

    Lui non era uno che faceva le cose per caso e si aspettava che gli altri facessero lo stesso con lui, tuttavia non poteva esserne certo. Sperava proprio di non essersi fatto un'idea sbagliata di Lilith.
    Gli era sembrata una ragazza che faceva sempre tutto per un motivo e sperava vivamente di avere ragione.
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    La verità era che per una volta nella sua carriera accademica, Lilith si stava comportando con naturalezza, senza doversi impostare troppo per il ruolo che ricopriva, senza pensare a cosa dire e cosa non dire. Insomma, era semplicemente Lilith Clarke, che fosse un bene o un male, non importava, quello che davvero le interessava era che per una volta, solo per una singola volta, non doveva crearsi problemi di cosa fosse giusto o non giusto fare.
    Non aveva mai violato le regole e questo l'aveva portata a caricarsi di responsabilità tali da essere quella mal vista da tutti per il suo attaccamento al regolamento scolastico. Quella notte, invece, era stata la prima a far uscire uno studente senza alcun permesso e lo stava portando in giro per la scuola. Era tutta una contraddizione, se questo veniva accostato al nome della Clarke. Non ci avrebbe creduto nessuno, se quella cosa fosse stata raccontata e alla fine dei conti, probabilmente, era anche un bene, così se a JH fosse venuto in mente di spifferare ai quattro venti quella strana avventura notturna, nessuno gli avrebbe dato credito. Il perché avesse scelto proprio JH era dovuto - probabilmente - al fatto che nei bagni era sembrato uno dei primini più interessanti che aveva visto quell'anno e voleva conoscerlo. Si era quindi concessa questa trasgressione, senza rifletterci sopra abbastanza per poter desistere.
    Ed ora, eccola là, a sollevare un sopracciglio mentre guardava JH confessarle della sua continua noia «Bene, mi impegnerò a tenerti sveglio, allora.» - più che una promessa sembrava quasi una minaccia, vista l'espressione accesa che assunse la Caposcuola.
    Il tasto che toccava la questione delle foto era davvero comica. Lilith non avrebbe creduto nemmeno una volta che JH non guardasse le sue foto, ma allo stesso tempo era curiosa di ascoltare quelle punzecchiature che ormai erano diventate quasi prassi del loro strano incontro. Audace ancora una volta, lasciò Lilith spiazzata per un breve istante, che sperava non fosse stato notato, nonostante, quella volta, i suoi capelli sfumarono sul rosso, così come le sue guance.
    Sbuffò, quello era quasi un segno di disagio, come se volesse soffiar via una situazione che l'aveva lasciata senza parole. Ma lei era pur sempre Lilith Clarke e non mollava la presa, per nessuna ragione al mondo «Non vorrei poi doverti portare a far visita in infermeria, in caso di svenimento. Non so se riusciresti a reggere una tale esperienza dal vivo.» - gli fece un occhiolino, trasgredendo nuovamente alla sua regola di non parlare più di sesso con nessuno, seppur in maniera allusiva.
    A quanto pare Joo-Hyuk Kwon stava riuscendo, in una sola volta, a far cadere la compostezza della Caposcuola senza nemmeno impegnarsi tanto.

    Per quanto Lilith fosse aperta ad ogni tipologia di generazioni di maghi e streghe, che fossero babbani o meno, non le importava; tuttavia, la questione dei fantasmi era qualcosa che non riusciva nemmeno a comprendere, anche se era attratta dal sapere il motivo per cui venissero così denigrati dai babbani. Aggrottò la fronte, giusto per cercare di comprendere quello strano pensiero che i babbani continuavano a predicare. Rimase in silenzio per pochi istanti, mentre continuava a camminare, ma nel frattempo cercava di rimettere insieme i pensieri «Sai, non ho mai capito perché a volte i babbani hanno paura di ciò che a noi sembra normalità o condannano la magia. So che ce ne sono ancora tanti, di questo tipo. E' vero?» - beh, come dire: la curiosità è donna! E JH aveva riacceso quella nebbia che avvolgeva il mondo dei babbani, per Lilith «Comunque, mi assicurerò che i fantasmi del castello non ti molestino troppo. Alcuni sanno essere davvero insistenti.» - addolcì il tono, per qualche istante, mentre cercava di nuovo il contatto visivo con il suo sguardo.

    Il rossore che aveva provocato quel sussurro del primino, riuscì per pochi istanti a dare a lui le redini di quel gioco, senza che nemmeno se ne accorgesse. Lilith fu stupita di come fosse riuscito a farle sentire, seppur solo per un istante breve, un brivido dietro la nuca che scendeva lungo tutta la schiena. Era come se Kwon fosse riuscito a prendere alla sprovvista la Dioptase, che non si aspettava un contrattacco immediato. Lasciò cadere quella sensazione senza controbattere, forse permettendo anche di prenderla un po' troppo, quindi scrollò le spalle e continuò ad ascoltare durante il loro cammino.
    «E cosa ti piace veramente?» - quella era forse la domanda più diretta che lasciava intendere la volontà della riccia a conoscere un po' di più dell'orientale.
    Tuttavia, ora che erano arrivati ad un nuovo punto interessante del loro chiacchierare, dovettero rimandare a causa della presenza della vicepreside. Lilith la maledisse un po', era davvero curiosa di sapere cosa fosse ciò che piacesse a Kwon, ma alla fine stava solo allungando il tempo in cui quella domanda avrebbe avuto risposta, nevvero? Rise al suo sussurro e contraccambiò con un semplice «Mi preoccuperò della tua respirazione bocca a bocca.» - lo punzecchiò di nuovo, prima di mettere in atto una scivolata verso la loro meta che fosse senza problemi.
    Il contatto con il polso di JH fu istintivo, come se - ancora una volta - la Caposcuola non stesse pensando a come comportarsi o cosa avrebbe dovuto fare realmente. Probabilmente avrebbe dovuto iniziare a concentrarsi proprio su questo, perchè quando quel contatto venne accentuato dall'orientale, la reazione che poco prima aveva avuto con il suo bisbigliare, tornò vivida e questa volta poco sfuggente. Le ciocche ripresero a tingersi di rosso, quasi come a voler rivelare che qualcosa la stava colpendo, senza però svelare se fosse in positivo o negativo. Sentì quelle dita sfiorarle la pelle e istintivamente le dita attorno al suo polso si strinsero appena, come se avesse il timore di cadere, mentre il respiro veniva trattenuto.
    Tornò a prendere aria solo quando quella presa venne allentata fino a scomparire. Si sentì quasi sollevata a dover fare strada per portare l'opale a destinazione, così aveva altro di cui occuparsi e potè scrollarsi di dosso, ancora una volta, quel brivido strano che le aveva fatto venire la pelle d'oca.

    Fu contenta di sentire quel fischio di apprezzamento per il luogo, quindi rise leggermente quando declinò l'idea di leggere qualcosa, portando il peso del corpo sulla gamba destra, sbilanciandosi appena e incrociando le braccia sotto i seni. Lì dentro erano al sicuro da qualsiasi docente stesse di ronda, questo non era che un bene.
    Soffiò una risata, che si trasformò in un ghigno sulle sue labbra «Solo quelli che superano la sufficienza.» - rispose sarcastica, mentendo sulla questione, ben conscia che lui fosse il primo che si portava a zonzo durante una ronda solo per mostrargli la scuola.
    Lo osservò mentre scrutava la stanza, quindi ne seguì con lo sguardo i passi verso la scala. Annuì, poi, spingendosi anch'essa verso i gradini e superando la figura del ragazzo «La scala è un po' stretta, quindi stammi dietro e attento a non cadere.» - lo prese ancora una volta in giro, guardandolo con la coda dell'occhio mentre iniziava a salire i primi scalini «Oh, come siamo curiosi, signorino Kwon.» - borbottò lei a quella pretesa lecita dell'altro. Non rispose subito e continuò a salire le scale, un passo dopo l'altro, superando le prime due rampe e ritrovandosi nella torre di cristallo dove le pareti delle scalinate erano trasparenti e lasciavano l'idea di fluttuare nell'aria «Questo posto è sublime. Non è quasi mai affollata e poi è in alto, sembra quasi che tutto quello che accada in questa torre rimanga sospeso nel tempo, qui, senza uscirne mai.» - disse calando di poco il tono, mentre superava l'ultimo scalino della quinta rampa. Si fece da parte e mostrò quella che era la vetrata che lei più preferiva: il quadrante dell'orologio che si affacciava su tutto il castello e allargava l'orizzonte fino al villaggio «Qualsiasi cosa...» - mormorò guardando verso l'esterno con un sorriso sereno sul volto, come se lo stesse ripetendo più a se stessa che a JH.
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    Non riusciva a capire se le provocazioni di Lilith fossero fini a loro a stesse o se stesse cercando di arrivare a provocare un qualche genere di reazione in lui. Ad ogni modo, le reazioni del sud coreano erano talmente intime e nascoste che ben poco trapelava dai suoi gesti e dalle sue parole.
    Sembrava navigato e sicuro di sé, ma non lo era davvero. Aveva avuto le sue esperienze con le ragazze, ma non aveva mai valicato chissà quale limite. Avrebbe saputo gestire un'eventuale situazione senza lasciarsi cogliere impreparato, ma non era sicurissimo di essere in grado di gestire più di quanto non avesse già vissuto.
    La "minaccia" altrui venne accolta con un'espressione fintamente scettica. Uno scetticismo guidato dal silenzioso studio che il Black Opal stava facendo della Caposcuola.

    Non mi sottovalutare, Clarke.

    La verità era che non sapeva neanche lui se sarebbe stato in grado di reggere effettivamente determinate cose, specialmente se si parlava di una ragazza bella, più grande di lui e del calibro della Dioptase. Ma ancora una volta cercò di non dare spazio alcuno all'insicurezza, poiché quest'ultima - in realtà - non faceva parte di lui.

    Potrei stupirti.

    Probabilmente si sarebbe pentito ben presto di tutte le provocazioni che stava lanciando a Lilith, ma ormai viaggiava in corsa su binari sconosciuti e non aveva alcuna intenzione di tirare il freno.
    Se voleva ambientarsi, se voleva riuscire a ritagliarsi un posto sicuro tra quelle mura, avrebbe dovuto osare e mettere in chiaro il suo posto lì dentro. Ormai sembrava averlo capito.

    Sì, la maggior parte è gente bigotta.

    Una punta ben vistosa di fastidio lo colse durante quel ragionamento circa i babbani che mal tolleravano la magia. Era stato vittima di abusi da parte dei suoi stessi genitori in virtù della sua natura di mago e si portava dietro traumi infantili che non era ancora riuscito a superare.
    Ma non era quello il momento di affrontare quel genere di argomento e nessuno, in realtà, sapeva cosa gli era successo da bambino. Non si apriva mai a riguardo, il dolore ed il fastidio gli impedivano di sfogarsi e lasciarsi andare a confessioni su quella fase della sua vita.

    E alcuni di loro non sono neanche disposti anche solo ad accettare l'eventualità che esista il mondo magico. Manco fosse una cosa spaventosa.

    Era fiero di ciò che era soprattutto grazie ai suoi genitori adottivi, che lo avevano accolto e avevano lenito - con le loro amorevoli attenzioni - tutto il dolore che i suoi genitori biologici gli avevano causato.
    Non aveva paura dei fantasmi, ma starci alla larga sarebbe stato meglio. Dedicò dunque un'ombra di sorriso alla promessa della Dioptase prima di tornare ad incamminarsi verso la meta di quella sera.

    Magari poi facciamo un gioco per farti scoprire cos'è che mi piace. Farti l'elenco della spesa è... noioso.

    Il sopracciglio destro si inarcò verso l'alto in una smorfia piccata. Non aveva alcuna voglia di rendere quella loro serata pallosa e, a proposito di noia, non aveva alcuna intenzione di trasformare le loro conversazioni in un groviglio di banalità e cliché.
    Non percepì le reazioni del corpo di Lilith al tocco tiepido delle sue dita. Si era ancorato alla sua figura per necessità di non farsi sgamare e aveva inconsciamente cercato un contatto più approfondito con la sua pelle quasi che la cosa lo facesse sentire più sicuro.
    Non era abituato a lasciarsi trasportare, piuttosto faceva il contrario, e la presa ferma delle sue dita contro il battito del polso di lei gli dava l'impressione di avere la situazione in pugno anche se non era lui che stava effettivamente guidando quella traversata.
    Superato l'ostacolo della Ivanova e giunti in salvo tra le mura della torre, rilassò le spalle e il respiro, cominciando a guardarsi attorno con fare incuriosito.

    Ah beh, allora non dovremmo essere tanti.

    Ironizzò circa il fatto che la stragrande maggioranza degli studenti che aveva incontrato fino a quel momento erano riusciti a malapena a rendersi presenti ai suoi occhi. Figurarsi a quelli della famosa e chiacchierata Caposcuola.
    Proferì quelle parole mentre ancora continuava a guardarsi attorno, avvicinandosi infine alla rampa di scale e permettendo a lei di fargli strada.
    Le stette dietro, concentrandosi su ciò che aveva attorno, premurandosi di starle abbastanza vicino da garantirsi di poterla afferrare qualora fosse inciampata sulla ripidità delle scale.
    In effetti, quel posto sembrava al di fuori del tempo e dello spazio.

    E perché dovresti volere che qualcosa rimanga sospeso nel tempo?

    Le pose quella domanda senza il minimo accenno di provocazione stavolta, non la stava neanche guardando direttamente, tenendo piuttosto gli occhi impegnati a scrutare il panorama buio intravedibile oltre le vetrate che costituivano quella stanza.
    Non era molto per la staticità, Joo-hyuk, la famosa noia tornava alla ribalta quando lo scorrere del tempo si faceva lento ed estenuante.
    Tuttavia, doveva ammettere che starsene lì, immerso nel silenzio di quel singolare luogo, gli dava una sensazione di tranquillità difficile da spiegare.
    Tornò a guardarla poco dopo, scrutandone silenziosamente il profilo e andando poi a sfilarsi la felpa scura con il cappuccio che indossava, restando con indosso una banale t-shirt nera. Lanciò distrattamente l'indumento ai suoi piedi, sedendosi poi sul pavimento e spingendo dunque la schiena ad incontrare il pavimento di cristallo.

    Dai, ti ho promesso un gioco.

    Piegò il braccio sinistro dietro la testa, utilizzando la felpa come cuscino e lasciandone uno stralcio anche per lei, facendole cenno di distendersi di fianco a lui con il palmo della mano destra a pattare un paio di volte il cristallo del pavimento.
    Gli occhi sottili di lui continuavano a fissarla dal basso, mentre attendeva di capire se la Clarke fosse propensa ad accettare il suo invito a meno.

    Però cominci tu. Raccontami due cose di te... una vera e l'altra no. Se non indovino quella vera devo pagare pegno.

    Il sopracciglio destro tornò ad incurvarsi verso l'alto in un cipiglio provocatorio, mentre il palmo della mano destra insisteva contro il pavimento.
    Sarebbe poi rimasto lì, con le braccia piegate a sostenere la nuca e gli occhi neri fissi sulla figura ancora in piedi della Dioptase. Era proprio curioso di capire quanto la ragazza fosse disposta a raccontarsi e rischiare.
    Joo-hyuk
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    Era così facile controbattere alle parole di JH, che ormai Lilith non prestava nemmeno più troppa attenzione in quel che diceva. Era come se non avesse nulla da perdere e niente da guadagnare, oltre al fatto che avesse deciso che mettere in chiaro fin da subito il suo carattere sarebbe stato meglio per chiunque l'avesse avvicinata. Era forse stato questo l'errore che aveva fatto con i più che le avevano girato intorno: Blake, Jessica, Aidan... e ce n'erano altri che probabilmente nemmeno ricordava, che avevano conosciuto prima la parte socialmente accettabile di lei, poi quella che li aveva fatti scappare.
    Ora che aveva perso tutto, avrebbe dovuto ricominciare da capo, ma non si stava impegnando in questo; JH era piovuto dal cielo, nel bagno delle ragazze e Lilith aveva solo raccolto l'occasione, ritrovando in lui una compagnia semplice e che la incuriosiva molto.
    Non riusciva a capire nemmeno cosa pensasse o come stesse reagendo a lei. Era uno scudo impenetrabile e a Lilith faceva arrabbiare non sapere quanto stesse pensando l'altro. Era più difficile di qualsiasi altro primino aveva incontrato e, probabilmente, era questo che l'aveva spinta a coinvolgerlo in quella trasgressione. Il suo guardarlo era un continuo scrutarlo, studiarlo e metterlo alla prova. Voleva trovare quella breccia nel muro per farlo crollare, interessata a vedere cosa ci fosse dall'altra parte.
    Per quanta esperienza avesse con gli studenti e con le relazioni sociali e di qualsiasi altra natura (?), la riccia si stava riscoprendo incerta di riuscire a reggere l'attenzione su di lei, reputandosi ben poco interessante rispetto a quanto pensasse il restante della scuola. Chiacchierata, certo, ma poco interessante nella realtà.
    Comunque sia, ritornando al presente, l'orientale non stava sicuramente aiutando a non stuzzicarlo, punzecchiando a sua volta la caposcuola che si sentiva in dovere di controbattere «Attenzione, potrei metterti alla prova...» - la sua espressione parlava più di quella frase: era divertita da quel battibeccare e se lui avesse continuato, avrebbe trovato sicuro pane per i suoi denti e non sembrava una che si tirava indietro, stava solo valutando quanto lui potesse fare retromarcia, invece.
    Ancora una volta il ragazzo si spinse oltre quella linea che divideva entrambi dal commettere un passo falso e cedere la partita all'altro, ma non volevano mollare «Lo spero» - rispose secca e quasi non accorgendosi della celerità con cui aveva soffiato via quelle parole, in direzione di JH. Stavano correndo in discesa ripida, uno slalom sugli scii che poteva provocare solo una valanga se nessuno dei due si fosse fermato. E sembrava proprio che entrambi avessero deciso di arrivare primi.

    Quando l'argomento virò sulla questione babbana, Lilith lo lasciò parlare, ascoltando con attenzione quel pensiero che condivideva cogliendo quel fastidio che l'altro provava circa l'argomento. Forse aveva toccato un tasto dolente e non voleva rendere quella passeggiata un momento di fastidio, se l'era proposta come regola fondamentale, solo che non riuscì a frenare un unico pensiero, che venne soffiato via quasi in un bisbiglio, come se fosse sfuggito alla sua mente prima che le sue labbra potessero arrestarsi «Eppure, da piccoli credono tutti alla magia e alle fate…» - fu solo un barlume di dialogo, come se stesse riflettendo ad alta voce, lasciando poi cadere il discorso con quella promessa, restituendo un sorriso che non aveva bisogno di aggiungere altre parole.
    Sollevò un sopracciglio all'idea del gioco, quindi sbuffò una risata scuotendo il capo «Sai che vinco sempre nei giochi, vero?» - e anche se non vinceva, c'era sempre una parte che equivaleva ad un premio per lei, doveva solo trovare ciò che più meritava «Comunque ci sto.»
    Poco dopo quella fuga dalle grinfie della Ivanova, che ignara stava correggendo i suoi compiti, Lilith e JH si ritrovarono a destinazione. Lì, la Caposcuola, sembrava respirare aria di casa. Si muoveva in quell'ambiente come se lo frequentasse sempre, meglio di come faceva per i corridoi, ormai conosciuti a menadito.
    Rise divertita a quel commento e sollevò gli occhi al soffitto, roteandoli appena «Vi contate sulle dita di una mano, effettivamente. Sono una piuttosto esigente…» - una mezza verità, o una mezza bugia, dipende da come si vede il bicchiere, se mezzo pieno o mezzo vuoto. Tuttavia lì sopra non aveva portato una grande quantità di ragazzi, a dirla tutta, di sua spontanea volontà Joo-Hyuk era il primo che arrivava fin lì con lei.
    Non vedeva l'ora di salire ai piani superiori e godersi qualche attimo di tranquillità. Ogni volta che saliva in un posto alto, sentiva come mancarle il terreno da sotto i piedi e questo le dava un senso di libertà e leggerezza, forse per questo tutti i posti in cui si rifugiava erano sopraelevati, ad esclusione della stanza in disuso, che era scenario di ben altri ricordi.
    Mentre salivano sentiva pian piano la testa alleggerirsi e anche rispondere alla domanda dell'orientale fu più semplice di quello che credeva «Perché a volte è bello fermare il tempo e fingere che quel momento duri in eterno.» - rispose con lentezza, ma con consapevolezza di quella frase: era come se quella torre avesse il potere di raccogliere tutti gli attimi, i frangenti, frammentarli e conservarli al suo interno, con il ticchettio delle lancette che faceva da nenia «Ti piace il panorama da qui?» - quella fu - forse - una delle domande più semplici che aveva posto all'opale, con una disarmante leggerezza nel tono che quasi lei stessa non si sarebbe riconosciuta «La senti questa leggerezza sospesa?» - non sapeva se JH avesse capito a cosa si riferisse, ma spiegarlo in altri termini sarebbe stato complesso anche per lei.
    Con la coda dell'occhio guardò Kwon sfilarsi la felpa, non comprendendo cosa realmente volesse fare, quindi rimase in silenzio e attese, lasciando che decidesse lui quando coinvolgerla in quello che aveva in mente.

    Non servì poi tanto tempo. Lilith lo guardò, dall'alto, mentre se ne stava steso su quel pavimento. Gli occhi si strinsero, come se stesse focalizzando sulle sue parole il proprio sguardo «Hm?» - un mugugno di curiosità, mentre si chiedeva cosa avesse in mente con esattezza quel ragazzino che si era portata dietro in quella ronda «Chi sceglie il pegno?» - domandò non lasciando poi troppo tempo tra la sua decisione e l'inizio del gioco. Acconsentì a stendersi accanto a lui, sollevando i suoi ricci e passandoli oltre la felpa, così da spargerli indietro «Due cose… una vera e una falsa…» - cercò di riflettere un attimo, provando a trovare qualcosa di soft con cui iniziare quel gioco a conoscersi che in realtà, a suo parere, era iniziato ben prima di quel passatempo «Fuori da qui voglio fare l'auror e spiccare al Ministero.» - quella era la sua prima frase, poi proseguì, senza lasciare troppa pausa tra le due sentenze «Sono figlia unica, e sto benissimo così.» - il suo voltò che fino ad ora guardava il soffitto, si girò piano verso quello del ragazzo disteso accanto a lei, con la complicatezza di dover trattenere una risata e rivelare quale fosse la sua prima bugia.
    Lilith Clarke

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    Non aveva bisogno di suggerimenti ulteriori circa il fatto che quel loro incontro stava cominciando a prendere una piega inaspettata.
    Molto probabilmente, nel momento in cui Lilith aveva deciso di svegliarlo nel cuore della notte non aveva di certo in mente che la serata avrebbe avuto quella particolare evoluzione, così come il sud coreano - che si portava ancora in viso le tracce del sonno nel quale aveva vagato fino a qualche minuto prima - era stato incapace di prevedere le mosse di lei.
    Aveva deciso di vivere quei momenti nella maniera più spontanea possibile, seppur avesse sempre ancorata addosso la rigidità di chi fa molta fatica a lasciarsi andare.
    Fare breccia dentro di lui era un'impresa che in pochissimi avevano tentato fino a quel momento, fallendo miseramente per di più.
    E che volesse realmente essere messo alla prova era ormai abbastanza chiaro, se non altro perché continuava a provocarla quasi che si aspettasse di vederla reagire in maniera più prorompente e meno impostata. Tuttavia Lilith Clarke stava reagendo ai suoi colpi con una fermezza più unica che rara.
    Probabilmente l'asso più prezioso nella manica del sud coreano era il suo essere disinteressato.
    Era genuino e dolorosamente vero, nel bene e nel male.

    Ah, non ti ha già stupita il fatto che hai deciso di portare a zonzo me e non Miguel?

    L'ironia nel suo tono di voce era lampante, ma sotto sotto stava cercando di stuzzicarla a tal punto da farla arrivare a rivelargli cose che probabilmente nella testa di lei neppure c'erano.
    Accettare di essere stato "scelto" per caso non gli sembrava un'opzione praticabile né pareva intenzionato ad accontentarsi di suggerimenti spicci.
    Ad ogni modo la sua domanda non esigeva una reale risposta, se non altro perché stava cominciando ad intuire che se voleva riuscire ad ottenere risposte un po' più di pancia non gli sarebbe bastato continuare a sfinirla provocandola, ma avrebbe dovuto cercare una strada alternativa.

    Sì, ma a quanto pare un conto sono le favole e un altro la realtà. Certe volte il diverso spaventa talmente tanto che ci si mette un attimo a rovinare tutto.

    Allusivo ed anche largamente criptico, aveva in viso l'espressione di chi stava più che altro riflettendo ad alta voce. Raccontarsi non faceva per lui, tant'è che ogni volta che gli capitava di parlare di una qualsiasi fase della sua vita pareva quasi che stesse raccontando l'estistenza di qualcun altro.
    Cercò di sopprimere il fastidio che evidentemente provava con una scrollata di spalle e gli occhi che corsero a cercare quelli di lei con il disperato bisogno di agganciarsi a qualsiasi altra cosa. E trovò nella Dioptase la complice perfetta per far andare avanti quella serata senza ulteriori divagazioni dolorose.

    Anch'io sono piuttosto bravo. Continui a sottovalutarmi.

    Aggiunse a riguardo del gioco che le aveva preannunciato, vestendosi di una certa dose di fretta, quasi che non vedesse l'ora di cominciare a spendere il suo tempo mettendo in atto il gioco che aveva effettivamente in mente.
    L'accoglienza in quel nuovo spazio gli consentì poi di lasciarsi scivolare addosso tutta la tensione che aveva accumulato fino a quel momento: un po' per il fastidio a riguardo del discorso sui babbani, un po' per l'ansia di farsi scoprire dalla Ivanova e un po' per quel contatto fisico tra loro che gli aveva regalato una scossa difficilmente ignorabile.
    Tra quelle mura tutto pareva essere cristallizzato come in una fotografia di un tempo lontano. Perfino il modo di parlare di Lilith gli sembrava diverso e l'aria che respirava era satura di odori nuovi e piacevoli. Gli sembrava quasi di avere il naso nascosto tra le pagine ingiallite di un vecchio e prezioso volume.

    Dipende dal momento, immagino.

    Non voleva credere che Lilith avesse il desiderio di fermare un momento qualsiasi nel tempo e nello spazio, gli piaceva pensare che selezionasse gli istanti così come aveva fatto con lui. Con una buona dose d'istinto, ma estrema attenzione.
    Addentrandosi sulle scale avvertì quasi i polmoni aprirsi ed il respiro farsi più profondo davanti alla vastità dell'orizzonte che gli stava davanti.
    La vista era da mozzare il fiato.

    Mhm.

    Rispose una volta soltanto ad entrambe le sue domande, mugugnando un assenso fin troppo silenzioso. Avvertiva la presenza tiepida di Lilith di fianco a sé, ma si sentiva talmente minuscolo in quella cornice che gli venne spontaneo chiedersi se non si trovasse in un sogno piuttosto che in un'ala del castello.
    Distendersi sul pavimento fu la naturale conseguenza della sua necessità di diventare un tutt'uno con ciò che gli stava attorno e riuscì a sganciarsi con gli occhi dalla figura della Dioptase solo nel momento in cui la ragazza gli si sdraiò di fianco.
    Il suo braccio destro, nudo al di sotto del taglio corto della manica della t-shirt che vestiva, rimase a contatto con il sinistro di lei. Un contatto che non aveva cercato, ma che risultò forzato dalla posizione di entrambi. Non si scompose, mentre la sua pelle sfrigolava al tepore di quel tocco.

    Lo scegli tu.

    Gli occhi neri, parzialmente nascosti dietro il taglio strettissimo delle palpebre, rimasero fissi sul soffitto di cristallo, specchiandosi nel buio del cielo.
    La ascoltò in silenzio, percependo il movimento della sua testa che ruotava verso di lui. Poteva giurare di riuscire ad avvertire il respiro altrui lungo il suo profilo. Non si mosse ed il fiato gli si spezzò nel petto mentre rifletteva sulle due opzioni che gli erano state proposte.

    Mmmh. Per quanto ti ci vedrei bene a fare l'auror dittatore... forse sei figlia unica?

    In realtà le due cose gli sembravano verosimili nella stessa misura, dunque dovette necessariamente azzardare un salto nel vuoto.
    Solo a quel punto lasciò che il capo piegasse appena verso destra, portando il suo viso pericolosamente vicino a quello di lei. Trattenne il fiato, quasi che non volesse invadere il suo spazio vitale con il proprio respiro.

    Prima di dirmi se devo pagare pegno, tocca a me.

    Si interruppe dopo aver comunicato quell'ennesima regola che aveva inventato sul momento. Le iridi scure scivolarono verso le labbra di lei ed il braccio a contatto con il suo si contrasse in un movimento quasi impercettibile.

    Non ho ancora dato il mio primo bacio.

    Tornò a riagganciarsi ai suoi occhi un istante dopo essere tornato a parlare e le parole sgusciarono fuori dalle sue labbra prima ancora che potesse pensare ad un qualcosa di un po' più elaborato da dire. Cervello e lingua parevano incapaci di comunicare razionalmente in quel momento, ma se ne accorse un secondo dopo di troppo.

    Il mio segno dell'oroscopo cinese è il cane.

    Si affrettò ad aggiungere quella seconda frase mentre tornava a puntare gli occhi scuri al soffitto.
    Era abbastanza sicuro di essere riuscito a non arrossire - anche grazie al fatto che il suo incarnato glielo rendeva difficile - ma il calore che sentì divampare alla base del collo lo costrinse a deglutire profondamente mentre provava a stemperare la tensione fissando la volta scura sopra di loro.
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    Il tragitto che portava alla Torre era diventato un palleggiarsi quella freccia che viaggiava da un arco all'altro, senza realmente andare a segno. Lilith non ricordava nemmeno quando era stata l'ultima volta che qualcuno le avesse tenuto testa in quel modo, ma doveva ritenersi davvero brava, sembrava si fosse tenuta in allenamento e non avesse perso la mano. JH riusciva a rimbalzare ogni sua puntata, sembrava un muro di gomma e lei doveva districarsi tra lo schivare e rimandare la palla indietro. Non pensava che quella strana ronda prendesse quella piega, si aspettava qualcosa di più noioso, forse. O qualcosa che l'avrebbe portata a fare il giro del corridoio per poi rimandare a nanna l'opale. Invece, tra un palleggio e l'altro, si stava incasinando da sola senza nemmeno accorgersene e - se avesse avuto un barlume di razionalità - comunque non si sarebbe tirata indietro, ora che ci era cascata a piè pari. Cercava di mantenere quella compostezza che il ragazzo stava minando in ogni attimo, non sapeva più se era lei a testare il ragazzo o viceversa e questo la rendeva un po' nervosa, come se avesse paura di far cadere quel velo di rigidità che le aveva fatto prendere la reputazione della stronza di Hidenstone. Un sopracciglio scattò verso l'alto alle sue parole

    «Bell'idea. La prossima volta che dovrò scegliere tra te e lui, so già dove ricadrà la mia decisione.»

    Arricciò le labbra, tenendo lo sguardo fisso sul percorso, come se volesse evitare il suo sguardo per non ridere e lasciargli intendere che la scelta sarebbe andata ben lontano dalla scimmia ammaestrata che era Miguel. Se JH voleva sapere se la sua fosse stata una casualità, ora aveva la certezza che lui si trovasse lì solo perché la riccia aveva deciso così e non per pura noia o indecisione su chi potesse farle compagnia.
    Difficile non condividere il suo pensiero sui babbani, ma ancora una volta si ritrovò a credere che quelli non avessero capito nulla di ciò che valeva la pena conoscere; per loro era come giocare a mosca cieca, trovavano qualcosa di diverso e questa diventava un errore, una negazione e un divieto, un modo per denigrare gli altri. Non avrebbe mai apprezzato quel comportamento.
    Ma non commentò oltre, trovando necessario cambiare argomento percependo lo stato di agitazione che provava l'altro. Forse non era quello il momento per premere la conoscenza dell'esperienza babbana dell'orientale; sarebbe sicuramente arrivato, ma non oggi, non quella sera. Gli occhi chiari della riccia si incrociarono con quelli diversi di Kwon. Gli concesse un sorriso, sincero e divertito allo stesso tempo, la lingua schioccò sul palato, lasciando fuoriuscire uno sbuffò da quelle labbra.

    «O forse sto testando quanto sei disposto a perdere...»

    Erano due giocatori che non volevano lasciare all'altro la vittoria, un po' per orgoglio, un po' - probabilmente - perchè era diventato necessario quel loro scambio.
    Certamente la sala dov'erano fu un ottimo cuscinetto per allentare le tensioni di entrambi, come se fosse una zona franca dove potessero prendere respiro dalle loro frustate.
    Salire quelle scale come aprifila, inoltre, aiutò Lilith a distogliere lo sguardo dall'orientale, ricercando la stabilità che il contatto con la sua pelle aveva irrimediabilmente minato; come una scarica elettrica che sentiva ancora viaggiare a bassa frequenza nelle proprie vene.

    «Hm-hm.»

    Un mormorio, ad affermare che non tutti i momenti erano da lasciare lì sospesi. C'erano attimi che andavano cancellati ed altri che dovevano rimanere vivi nel tempo e nello spazio, cristallizzati in un posto sicuro, qual era, per lei, la Torre dell'Orologio, emblema del tempo scandito in quell'Accademia.
    Era contenta di aver trovato un posto che sembrava piacesse anche a lui, quel suo assenso non fece altro che allentare quella stretta allo stomaco che Lilith non si era accorta nemmeno di avere; temeva forse di aver sbagliato posto da mostrargli? Un azzardo rischioso già solo nel tragitto, ma ora che sapeva che n'era valsa la pena, forse sarebbe andato tutto in discesa.
    Forse.
    O forse no.
    Accettando di distendersi accanto a lui, non aveva minimamente pensato a quanto le distanze sarebbero state diverse, adesso. Il contatto con il suo braccio fu una nuova scarica che Lilith cercò di ignorare, provando a rimanere composta e mostrando una sicurezza di cui era abituata vestirsi. Evitò di guardarlo, almeno per i primi attimi, trovandosi a rispondere sovrappensiero a quella regola di cui aveva chiesto chiarimento.

    «Interessante.»

    Così come fu non calcolato il suo voler ricercare sguardo sul volto dell'orientale, studiandone per qualche secondo di troppo il profilo, mentre lui era intento a guardare il soffitto. Si morse il labbro inferiore, come se questo potesse evitarle di respirare così che non avrebbe infastidito il suo riflettere. Sgranò gli occhi alla sua risposta e stava quasi per reagire, quando venne subito fermata dal suo voltarsi in sua direzione, cosa che Lilith non aveva minimamente calcolato, trovandosi fin troppo vicino a quello sguardo tagliato e sentendo ancora l'odore del caffè che la caramella di poco prima gli aveva lasciato in bocca.
    Un profumo che sembrava avere altre fragranze. Il suo parlare la distrasse, mentre il soffio tiepido delle sue parole le rivelò un'altra regola, che però adesso stava passando stranamente in secondo piano. Trattenne il respiro notando i suoi occhi scuri scivolare verso le proprie labbra e di nuovo i denti presero in ostaggio il labbro inferiore, come se volesse tenersi attaccata alla realtà. Stesso motivo la spinse ad allargare le dita della mano con cui terminava il braccio a contatto con lui, rischiando di sfiorare - con il proprio mignolo - quello dell'altro. Sentì le sua prima frase, ipotesi che Lilith non aveva vagliato ancora per niente, quindi a scendere sulle labbra dell'orientale, furono i suoi occhi chiari, adesso, ritrovandole fin troppo vicine e chiedendosi - per un attimo - se avessero lo stesso sapore della caramella che gli aveva regalato.
    Lasciò che JH ritrovasse il suo sguardo, mentre sentiva lo stesso tepore del suo fiato, appoggiarsi sulle guance che probabilmente si erano colorate di un rosato più scuro.
    La sua seconda frase fu forse troppo lontana, dovette concentrarsi molto di più di quanto pensasse, per cercare di ripetere in mente le parole che aveva detto l'altro, affinché fossero sistemate in sintassi che potesse avere un senso logico. Questo era stato possibile grazie anche alla rottura di quel contatto, che lei imitò poco dopo, ritrovandosi a guardare il soffitto anche lei.
    Qualche attimo di silenzio, come a voler ricercare sicurezza.

    «Secondo me... non sei dell'anno del cane. Oddio, non so in realtà che segno potresti essere. Sei del 2006, giusto? Ti ci vedo molto più nel segno della scimmia. Se ho perso lascio a te l'onore di iniziare a decidere un pegno.»

    Rise appena un po', inclinando di nuovo il capo per guardarlo, prima di ricordarsi cosa avesse detto riguardo il suo essere un auror hitleriano.
    Si sollevò appena, facendo leva sui gomiti.

    «Auror dittatore a chi?!»

    Rideva, leggera e spontanea, così come spontanea fu la reazione che la portò ad allungare il braccio destro verso il suo fianco sinistro, sporgendosi verso di lui, tentando di fargli il solletico.

    «Ho due fratelli, gemelli! Quindi hai sbagliato!»

    Rivelò, continuando a solleticarlo, se non l'avesse lanciata giù dalla Torre. E quel ridere non si arrestò, ritrovando quella semplicità che in quei giorni aveva dimenticato.
    Lilith Clarke

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    La consapevolezza di conoscere a malapena il nome e la casata di appartenenza della ragazza con la quale si stava accompagnando era forte in lui. Eppure non riusciva ad imbrigliare la curiosità dirompente che aveva nei suoi confronti.
    Limitarsi a occhieggiarla di soppiatto e studiarne gli atteggiamenti stava cominciando a diventare quasi limitante, man mano che i minuti assieme a lei si accumulavano. Le provocazioni altrui stavano assumendo le sembianze di un pericoloso strumento nelle sue mani, poiché aveva la sensazione di poter andare avanti per ore senza stancarsi, costringendola così a rimanere al suo fianco nella necessità di giocare quella partita che nessuno dei due aveva intenzione di perdere.
    Anche il fastidio che aveva provato nei confronti di Miguel Andor scivolò via da lui, soppiantato dal desiderio di lasciarsi la sala comune alle spalle e capire dove quella serata l'avrebbe condotto.

    Il giorno in cui ti lascerò vincere al massimo sarà perché mi sarò annoiato di continuare a giocare.

    "Perdere" non era un termine che faceva parte del suo vocabolario. Era ancora molto giovane e inesperto, ma l'intensità con la quale affrontava qualsiasi situazione - anche la più banale - lasciava intendere moltissime cose sul suo conto.
    Era una persona risoluta; una persona che non ostentava mai la sua capacità di elaborare razionalmente le situazioni per poi optare per la strada più appropriata. Dava l'impressione di sapere sempre cos'è che stava succedendo e di avere sempre solidi motivi per comportarsi come si comportava e dire le cose che diceva.
    Non vacillava, non tremava, non si spogliava mai dalla corazza che vestiva sulle emozioni.
    I flebili dettagli che lasciava trapelare erano sottili quanto un raggio di sole oltre una strettissima feritoia. Il resto permaneva nel buio del suo intimo.
    Forse era per questo che si trovò terribilmente a suo agio tra le mura di quel posto così discreto. Lontani dal resto della popolazione dell'accademia potè tirare un sospiro di sollievo e lasciarsi guidare verso uno dei posti più incredibili che avesse mai visitato nella sua breve vita.
    Il contatto del suo corpo con il pavimento freddo portò la sua pelle ad arricciarsi in riverberi di pelle d'oca che si spensero in pochi istanti. Poteva avvertire il fresco del cristallo aggrapparsi alle fibre di cotone della sua maglietta, incollandosi poi alla sua pelle accaldata, creando un contrasto netto con il punto nel quale i loro corpi finirono con l'unirsi.
    Un contatto innocentissimo, che lo costrinse tuttavia ad allacciare le gambe all'altezza delle caviglie e stringere le ginocchia nel tentativo di scacciare la debolezza che ne percorse le ossa in una calda scarica di piacere.
    Gli sembrava più che legittimo che a scegliere la penitenza fosse lei - qualora avesse dovuto scegliere l'opzione sbagliata - e attendere che Lilith si facesse venire in mente cosa rivelargli della sua vita si tramutò quasi in un'attesa estenuante.
    Per qualche ragione che non avrebbe saputo spiegare, voleva sapere.
    Non si aspettava che la Dioptase si sbottonasse in maniera eccessiva ed infatti le sue aspettative non vennero disattese. Se da una parte si era rapidamente preparato alla cosa, dall'altro avrebbe segretamente voluto che Lilith si aprisse un po' di più, ma si trattava di una pretesa che neppure lui avrebbe mai accettato, dunque non aveva alcuna intenzione di lamentarsi.
    Dovette sforzarsi di lasciar perdere la sagoma delle sue labbra perché non aveva nessuna intenzione di autoflagellarsi chiudendosi in una situazione che poteva sembrare un perfetto cliché. Senza contare che resistere all'impulso di sporgersi e sfiorarne la bocca con la propria gli sarebbe costata una dose di energie sempre crescente.
    Energie che probabilmente neanche aveva.
    Proseguire in quel giochino era la via di fuga perfetta.

    Ah ah ah.

    Simulò una risata sarcastica tutta di pancia, nell'udire quell'allusione alla scimmia. In verità era davvero divertito dalla situazione, tant'è che le labbra piene rimasero piegate nell'ombra di un sorriso mentre la occhieggiava solo con lo sguardo, stando ben attento a non torcere del tutto il volto in sua direzione.
    Aveva parecchio autocontrollo, ma conosceva benissimo anche i suoi limiti.

    Scimmia e frigido? Stronza due volte proprio.

    Il fatto che Lilith potesse essere convinta del fatto che lui fosse uno con scarsa esperienza avrebbe dovuto far scampanellare un qualche tipo di allarme nella sua testa, ma in realtà la situazione lo divertiva.
    Non era una persona insicura e, piuttosto che ostentare ciò che era, preferiva far parlare i fatti. Un po' come stava facendo in quel momento, convinto del fatto che il suo corpo - in qualche modo tutto suo - stesse parlando al posto suo.
    Le dita si contrassero nel momento in cui avvertì il mignolo di lei sfiorare il profilo della sua mano destra, ma non si mosse.
    Arricciò piuttosto le labbra in una smorfia concentrata, mentre cominciava a pensare al pegno da farle pagare, se solo non fosse che Lilith sembrava avere altri piani.
    Nel momento in cui le dita di lei raggiunsero il tessuto della sua maglietta non potè fare a meno di contrarre i muscoli dell'addome, cercando di afferrarle entrambi i polsi mentre stringeva le labbra nel tentativo di soffocare una risata.

    Non ci provare, ti soffoco.

    E solo a quel punto fu costretto a scoppiare a ridere, regalandole per la prima volta un assaggio della sua risata cristallina. Non c'era nulla di costruito né accentuato. Era l'espressione più genuina del suo modo di sentirsi a suo agio in quei momenti.
    La presa sui polsi altrui era incredibilmente salda - seppur non dolorosa - nonostante stesse esercitando solo una minima parte della sua reale forza. Anni di taekwondo l'avevano temprato nello spirito e nel corpo, quindi era in grado di esprimere una potenza apparentemente anomala se ci si limitava a guardarlo da lontano.
    Restò disteso mentre la Dioptase lottava per continuare a solleticarlo e gli venne quasi spontaneo esercitare una pressione tale da cercare di trascinarsela addosso dopo averle fatto perdere l'equilibrio.
    Il contatto fisico non lo disturbava, contrariamente a quanto ci si sarebbe potuti aspettare.
    Qualora fosse riuscito nel suo intento di farla cascare addosso a sé si sarebbe immobilizzato. Non la conosceva abbastanza da poter prevedere una sua reazione e a quel punto non avrebbe dovuto neppure essere più in grado di guardarla in viso, piantando piuttosto gli occhi sul soffitto al di là della sua spalla.

    Anni di arti marziali. Se ti muovi sei finita.

    Stava sorridendo e se ne sarebbe potuta accorgere anche solo dal suono calmo della sua voce.

    Sbagliato, comunque. Sono nato nell'anno del cane e il primo bacio l'ho dato a 13 anni.

    Solo a quel punto avrebbe allentato la presa sul suo corpo, slacciando le proprie dita dai suoi polsi permettendole di allontanarsi qualora l'avesse desiderato, dopo averle incastrato addosso l'alone del suo odore che sapeva di fresco.

    Pegno.

    Esordì a quel punto, accogliendo l'invito altrui a decidere per primo.

    Una sera mi porti nel dormitorio dei Dioptase e mi fai vedere la tua camera.

    Sembrava quasi che ci stesse prendendo gusto nel trasgredire le regole imposte dall'accademia.
    Ma, in realtà, la sua curiosità risiedeva più nella necessità di poter associare un luogo a tutti quei momenti in cui avrebbe potuto immaginarla completamente sola, intenta ad avere a che fare con se stessa. I suoi occhi neri tornarono ad incrociare il soffitto mentre nella sua mente vagava la sfocata immagine di ciò che avrebbe voluto osservarla fare.
    Sola e nuda, accarezzata solo dal tessuto leggero del lenzuolo, le stesse dita che lo avevano sfiorato pochi istanti prima a scivolare tra le sue cosce.
    Scosse il capo mentre strizzava gli occhi nel tentativo di scagliare via quell'immagine che si era prepotentemente fatta spazio nei suoi pensieri senza alcun motivo di esistere.

    Io invece?

    Tornò a cercare i suoi occhi mentre le domandava cosa avrebbe dovuto fare per pagare pegno.
    Quello che avrebbe dovuto fare per espiare la colpa di avere i pensieri accartocciati attorno a momenti che non gli appartenevano sarebbe rimasto un mistero.
    Joo-hyuk
    Kwon

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    If I was you, I'd wanna be me too.
    "

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    Era decisamente un modo diverso di fare conoscenza, quello che avevano intrapreso JH e Lilith. Lei era sempre stata abituata ai metodi convenzionali: saluti, domande a caso, arrivederci e altro incontro successivo. Invece, fin dalla prima volta che si erano incrociati, le cose erano andate decisamente per una via diversa. A prescindere dal fatto che fosse l'unico primino con cui si era soffermata a parlare un po' di più, il ragazzo riusciva a mantenere attorno a sé quell'aura di mistero che Lilith voleva cercare di dissipare, come se fosse necessario per sé venire a conoscenza di chi fosse veramente il Kwon.
    Aveva voglia di addentrarsi sempre più nel voler sapere, trovandosi legata ad una compostezza che iniziava a starle stretta; era come se necessitasse di addentrarsi di più, di scavare dentro e di scoprire cosa ci fosse al di là di quegli occhi dal taglio sottile.
    Anche quelle provocazioni stavano diventando via via più indispensabili, come se ad ognuna di esse corrispondesse una freccia in più al proprio arco e viceversa.
    Tentava con ogni sua domanda di oltrepassare il limite di quella precedente. Anche tornare su Miguel aveva il suo perché, ma Lilith non riusciva a capire quale funzione, ora, stava assumendo il ragazzo che aveva usato per portar fuori dalla Sala Comune Joo-Hyuk. Necessitava di sapere, ma era ben consapevole che doveva aspettare. Doveva studiare ogni suo sguardo, ogni singola parola, affinché lei non facesse un passo falso e si lasciasse troppo scoprire, rispetto a quello che avrebbe dovuto realmente.
    Sospirò, stringendosi nelle spalle con un alzatina di sufficienza, quindi sorrise leggermente.

    «Sono più convinta che il giorno in cui ti lascerò vincere sarà perché io avrò smesso di giocare con te.»

    Il tono era ironico e con la coda dell'occhio volle provare a vedere una sua reazione, come se fosse stata calcolata - quella frase - affinché ce ne fosse una, ben consapevole di quanto stava risultando difficile averne di reazioni da lui. La scelta di parole del ragazzino fu rimandata indietro, comprensibilmente aveva glissato il termine perdere come se volesse ricalcare su quanto fosse notevole da parte sua, la scelta delle parole che aveva usato.
    Era complesso quel processo di conoscenza, ma sembrava che entrambi lo vestissero bene. La riccia stava riuscendo a tenergli testa e viceversa, mentre dentro, la metamorfa, sentiva di essere entrata in loop di dipendenza da quel loro confronto continuo.
    Stimolare l'interesse di Lilith non era facile, guardava dall'alto tutti e riusciva a parlare con pochi, se non per necessità altrui quali fossero compiti, richieste o simili. Kwon era riuscito a richiamare l'attenzione dell'altra, l'aveva smossa a giungere fin dietro la porta della sua sala comune e a ingegnarsi per farlo uscire da lì.
    Era troppo anche solo pensarlo e, per chi conosceva davvero Lilith, si sarebbe stupito di quanto impegno ci avesse messo per un giro del castello notturno, violando anche i suoi sani principi di legalità in quanto rispetto delle regole.

    La leggerezza sospesa della Torre, forse venne in loro aiuto per ritrovarsi ad iniziare quel gioco che sembrava un braccio di ferro a chi aveva scorto più dell'altro. Per quanto fosse lei a decidere cosa rivelare, Lilith aveva il timore che Joo-Hyuk le sarebbe potuto entrare dentro, in profondità, scoprendo di lei molto più di quanto nascondeva sotto la propria divisa.
    Avere una conversazione stesi su quel pavimento aveva i suoi pro e i suoi contro e Lilith ne aveva scoperti almeno uno per ognuno: poteva scappare al suo sguardo, così come avrebbe potuto guardarlo di nascosto senza che lui se ne accorgesse, ma allo stesso tempo, lo spazio tra di loro era limitato rispetto all'ampiezza della stanza e questo aveva comportato quelle piccole scosse che avevano elettrizzato la pelle della riccia, quando le braccia si sfiorarono. Era un piacevole connubio tra una sensazione di imbarazzo e il calore del suo corpo che creava assuefazione. Si costrinse a guardare il soffitto, per cercare di focalizzare la sua attenzione su altro, piuttosto che su i formicolii che avvertiva lungo il corpo debole alla tentazione di ricercare ancora più contatto con l'orientale.
    Forse il dover cercare due frasi da rivelare, era stato un ottimo esercizio per tentare di distrarre e ingannare la propria mente, per quanto vennero fuori con difficoltà ed estrema lentezza.
    Non fremeva dalla voglia di affibiargli un pegno, ma sentiva la frenesia di sapere, di conoscere cosa lui avrebbe rivelato di se stesso e quanto di quello sarebbe stato vero. L'attesa sembrava lunghissima, ma l'odore di caffè, così vicino al suo volto, e quelle labbra che si muovevano nel parlare, aveva fermato per qualche secondo di troppo lo scorrere normale del tempo, rendendolo più lento, ma sopportabile. Mandò giù a vuoto, ringraziando JH di essersi voltato verso il soffitto, anche solo per darle tregua e respiro, in quella situazione dove si era ritrovata quasi incantata dal movimento della sua bocca, rischiando di ricadere nella banale scena di un film romantico. Socchiuse per un attimo gli occhi, quasi a voler ricercare la concentrazione, per poi riaprirli al suo secondo enunciato, su cui ricadde la scelta della Caposcuola.
    Il gioco che stavano facendo sembrava quasi un deterrente per intervallare quegli attimi di sguardi e Lilith ne fu grata. Sollevò un sopracciglio, guardandolo di sottecchi, mentre simulava quella risata.

    «Non sei simpatico.»

    Disse trattenendo lei stessa una risata, che l'avrebbe tradita sul tono serio che aveva impostato, anche se, qualora JH si fosse voltato a guardarla, avrebbe potuto vedere le labbra arricciate in un sorriso nascosto. L'iride si spostò verso di lui, a cogliere quel sorriso che era rimasto sulle sue labbra, dando un aspetto diverso a quel profilo.

    «Se vuoi mi impegno per esserlo un po' di più.»

    Lo punzecchiò con il tono di chi poteva essere realmente più stronza di quello che era.

    «E poi... mica è colpa mia se sei frigido.»

    Sembrava non voler mollare la presa in giro, quasi come se fosse divertita dall'idea che potesse sembrare ai suoi occhi una stronza.
    Stronza come stronze erano le vibrazioni che sentiva ogni volta che i loro corpi si incontravano in un punto qualsiasi.
    Eppure, nonostante quelle scariche elettriche, la ricerca di contatto venne accentuata senza nemmeno rifletterci troppo, istinto e irrazionalità spinsero la ragazza a sollevare il busto per tentare di solleticare l'orientale, mettendosi in ginocchio per avere più spazio di tortura.
    Fu fulmineo, l'altro, ad afferrarla per i polsi. Lilith sgranò gli occhi, non cancellando il sorriso che si era acceso sul suo volto, quindi incastrò prepotentemente le sue iridi cristallo negli occhi tagliati di lui. Uno sguardo vispo, uno sguardo di chi non aveva intenzione di mollare e a quella minaccia un sopracciglio scattò verso l'alto.
    Rimase per qualche istante ferma e in silenzio, con gli occhi che continuavano ad essere puntati nei gemelli altrui, quindi lentamente si calò verso il suo volto, ancora una volta pericolosamente vicini.
    «Vediamo...»

    Gli sussurrò piano, come un soffio sulla sua pelle che mischiava il suo profumo con quello del balsamo all'albicocca dei suoi capelli, che ora cadevano lungo i lati della faccia. Rise, quindi, risollevandosi e ritrovandosi a guardare stupita la sua risata.

    «Wow.»

    Un pensiero che per fortuna non trovò voce, così da non doverlo giustificare, ma che sicuramente si sarebbe affacciato nel suo sguardo che vibrò appena alla vista di quel faccino che rideva divertito. Inconsapevole, la riccia arrossì a quel suo ridere, come se fosse imbarazzata davanti a quella sincerità scoppiata all'improvviso sul suo volto e si ritrovò quasi travolta dal suo ridere, che lo fece anche lei, contagiata dalla genuinità di quel momento. Sentiva le sue dita stringere sui propri polsi, nuovamente quel contatto inatteso, ma che stava diventando piacevole ricercare. Lottò contro quella presa per tentare di arrivare ai suoi fianchi per continuare l'opera di solletico, anche solo per vederlo ridere ancora una volta in quel modo, pensiero che balenò per un breve istante nella testa della dioptase, che subito cercò di ricacciarlo indietro.
    Tentativi, i suoi, vani che non fecero altro che sfiancarla piacevolmente, prima di ritrovarsi vittima del suo nemico. Sgranò gli occhi, non avendo minimamente calcolato che potesse contrattaccare in un qualsiasi modo; venne a mancarle l'equilibrio e cadde su di lui, ritrovandosi con il volto nascosto nell'incavo del suo collo. Gli occhi rimasero chiusi e il fiatone di quella leggera lotta le faceva sollevare il petto, ora a contatto con quello dell'altro. Rise, nascosta in quel leggero buio e prese un grande respiro.
    Le narici si riempirono del suo odore, confondendola per istanti che parevano interminabili. Le guance erano accaldate e non era stata l'agitazione del solletico a farle scaldare, quanto quella sensazione di tepore che aveva trovato in quello spazio dov'era cascata. Sentì la sua voce. Estremamente vicina e rise.

    «F.r.i.g.i.d.o.»

    Scandì quelle lettere solo dopo aver ricercato il suo orecchio, che avrebbe dovuto essere impresa facile, salvo un eventuale schiantesimo da parte dell'altro che l'avrebbe sballottolata lontano.
    Tentò lentamente di provare a far scivolare di nuovo la mano ancora ferma nel suo polso verso il suo fianco, così, giusto per provocarne una nuova reazione, mentre rideva ancora nascosta in quello spazietto.

    «Comunque non vale.»

    Iniziò, sentendo come la presa veniva allentata e i suoi polsi trovarono una temperatura più fredda rispetto a quella di cui si erano beati pochi istanti prima. Scivolò appena con il bacino, a poggiare il sedere a terra di nuovo, rimanendo però col busto dov'era, posizionandosi con la testa appena sotto il suo mento, se lui avesse concesso, rivelando senza problemi quanto si trovasse comoda in quella posizione.

    «E' impossibile che tu non sia una scimmietta.»

    Sorrise, sollevando di poco il capo, qualora fosse potuta rimanere lì, a guardare il suo volto, un istante breve, prima di tornare a guardare il colore della sua t-shirt.

    «Ti piacerebbe.»

    Rispose con sarcasmo al suo pegno.

    «Non ti hanno raccontato del divieto di entrare nelle stanze dei sessi opposti? Però se sei curioso di vedere la mia stanza, potrei farti delle foto o...»

    Ancora una volta il celeste si sollevò.

    «... potresti venire a vedere la mia vera camera.»

    Accennò un angolo delle labbra a sollevarsi, quindi rimase un attimo in attesa, cercando di capire cosa gli passasse per la testa e perchè fosse curioso di conoscere la sua stanza. E fu in quella pausa di silenzio che si chiese il motivo di quel divieto stupido; tuttavia l'alternativa di casa sua non era da scartare. Si ritrovò in un frangente a pensare quanto sarebbe stato bello poterlo far entrare in stanza, sicuramente affrontare quel gioco sul suo letto, mostrargli come l'aveva arredata e vederlo ambientarsi in quelle che erano le quattro mura dove si rifugiava nei weekend. E poi stuzzicarlo, fino a prenderlo in giro e ritrovarsi così, proprio su di lui, sfiorare il suo viso, sentire il calore delle sue mani stringerle i polsi, fermarla e...

    «Eh?»

    La sua voce interruppe quell'escalation di pensieri che la fece arrossire leggermente.

    «Ma che cazzo, Lilith.»

    Si rimproverò mentalmente, riprendendo un attimo il raziocinio.

    «Ah, sì. Il tuo pegno... vediamo...»

    Si concentrò avvicinando la mano sinistra al proprio mento.

    «Devi offrirmi una cena. Scegli tu dove, fuori da qui.»

    Sì, puntava alto, ormai JH avrebbe dovuto esserne consapevole.
    Lilith Clarke

    "
    La cosa bella dei rapporto è che dimentichi come sono iniziati.
    "
    Dioptase, Prefetto

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