Wildflower

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    |marlee "mar" beauvais|


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    S
    econdo le sue stime, era più di mezz’ora che faceva avanti e indietro sugli scalini. Ne faceva cinque o sei, si girava e li ripercorreva al contrario, tentando di mettere in ordine il casino che aveva in testa. Aveva parlato con Regina, poco tempo prima, e la sorella maggiore era riuscita farle promettere che ci avrebbe almeno provato a riprendere un po’ in mano la sua vita. E lei ci stava provando, seriamente, ma non era una cosa facile, e per quanto fosse sempre stata una persona estroversa - e di quello ne era certa - ultimamente aveva come perso la scintilla che di solito la aiutava a fare amicizia con gli altri. Il perchè ormai era noto anche alle pietre che componevano quella enorme scalinata: Thomas.
    Si sentiva in colpa, inutile negarlo. Aveva provato a lasciargli del tempo, sapendo che il ragazzo ne aveva bisogno per capire almeno un po’ tutta la situazione in cui si erano cacciati, ma quando aveva cominciato a capire che forse Tommy non le avrebbe più parlato aveva preferito adagiarsi sulle sue lacrime e lasciar perdere, perdendo una delle persone più importanti per lei. Era stata una sciocca, un’ignava. Non era riuscita a trovare la forza per parlargli nemmeno dopo essere stata brutalmente respinta in mezzo alla corrente della vita da sua sorella.Era più forte di lei, ogni volta che pensava “ora vado e gli parlo” le si affollava in testa un fiume di pensieri negativi, che la costringevano a chiudersi in se stessa e a rinunciare all’idea. Era proprio come su quei gradini, saliva e ristendeva, in un’eterna danza che sembrava non poter finire. Sospirò, sconfitta e amareggiata. Anche se fosse effettivamente riuscita a trovare il coraggio per parlargli, cosa avrebbe potuto dire?
    -Ehi si lo so che non ci parliamo da un po’, ma sono un’idiota. Però almeno se non volevi più avere nulla a che fare con me potevi dirmelo…non ma la sarei mica presa, sei solo la persona più importante per me, ma perderti non sarebbe stato fatto difficile! - proferì ad alta voce, mentre le sue parole si propagavano nello spazio ristretto della scala. Si passò una mano sugli occhi, quasi ridendo dall’assurdità della situazione - ma chi voglio prendere in giro…
    Probabilmente gli avrebbe urlato contro. O forse no, e sarebbe semplicemente scoppiata a piangere alla vista dei suoi occhi sicuramente gigantesche come quelli di un cucciolo. Si fermò, un po’ esausta da tutto quel movimento, e si accasciò su un gradino a caso, con la testa fra le mani. Non poteva andare avanti così, non poteva starsene ferma ad aspettarlo e non poteva di certo continuare a star male per una situazione perfettamente risolvibile, in bene o in male. Si tirò su, con rinnovata energia, che sis pensi nell’esatto momento in cui il pensiero più molesto di sempre le occupava il cervello: “E se poi ti dice che davvero non vuole più vederti?”.
    Marlee non si reputava un’idiota, ma era un periodo difficile e quello era il pensiero che l’aveva tenuta sveglia per giorni. In questa situazione era facile, perchè Thomas non le aveva detto addio di persona. Poteva ancora fingere di avere una piccola speranza, insomma. Ma se glielo avesse detto a voce, davanti a lei…di sicuro sarebbe collassata. Si fece scivolare lungo il muro, riapoggiandosi al gradino e chiudendo le mani sopra la sua testa nascosta tra le ginocchia. Che situazione di merda.



    PARLATO - ASCOLTATO - PENSATO - NARRATO
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    |thomas seanàn roberts|



    N
    on era corretto dire che Thomas aveva ripensato alla conversazione con Regina... si era ossessionato con quello scambio di parole. Non era solo il fatto che quella ragazza avesse un carisma invidiabile, e sapesse molto bene come farsi ascoltare, quantomeno da Thomas, erano più che altro le parole che aveva usato. Non sapeva se le avesse scelte con cura, se se le fosse preparate o se avesse improvvisato, di certo non riusciva più a dimenticarle e per quanto ci avesse provato proprio non era capace di pensare ad altro.
    Di certo il suo senso di colpa aveva cominciato a nutrirsi di quel discorso, non poteva smettere di sentirsi un idiota per aver permesso, ancora una volta, che il loro rapporto si allentasse, e non essere riuscito ancora a fare niente per rimediare.
    Ci aveva provato, aveva davvero cercato di riflettere sulle parole di Regina e pensare ad un modo per chiedere a Marlee di perdonarlo, ma nessuna soluzione sembrava sufficiente o "abbastanza" e qualsiasi piano gli saltasse in mente finiva per diventare, in breve tempo, sciocco o irrealizzabile. Aveva pensato a qualcosa in grande stile, anche se sapeva bene non appartenergli granchè, e aveva pensato a qualcosa di più semplice e sentito, ma la verità era che non sapeva proprio da che parte partire.
    Era stupido, aveva sempre detto di tutto a Rere, le aveva fatto confidenza intime, lo aveva visto nelle situazioni peggiori, perchè ora non riusciva ad affrontarla? Forse perchè questa volta i sentimenti che provava erano per lei, e avrebbe voluto che tutto fosse perfetto, avrebbe voluto farla sentire sempre bene, ed era sicuro di non esserne più in grado. Non aveva bisogno di Regina per rendersene conto, sapeva già di aver combinato un casino, ma le parole della ragazza avevano reso quel senso di colpa il suo chiodo fisso.
    In quel casino in cui era trasformata, come succedeva sempre in casi simili, la sua mente, aveva cominciato a pianificare il momento in cui avrebbe davvero raggiunto Marlee e avrebbe provato a chiarire la situazione. Aveva provato più di un discorso allo specchio, aveva anche cercato di immaginare il momento migliore per approcciarla cominciando a fare una lista di tutte le possibilità: a colazione sarebbero stati troppo assonnati, la Sala Comune era troppo affollata all'ora di pranzo, forse avrebbe potuto incrociarla verso il tramonto quando tornava in dormitorio... tutto preparato fino al millesimo, tranne che poi non aveva mai fatto la prima mossa.
    Ormai avrebbe dovuto saperlo che il destino spesso è infimo, avrebbe dovuto aspettarsi qualche sgambetto prima o poi ma era troppo preso dai suoi pensieri per pensarci sul serio. Stava percorrendo le scale, come sempre di corsa, come sempre in ritardo, quando arrivò proprio quel fantomatico sgambetto, sotto forma della voce di Marlee che si propaga per la tromba delle scale, chiara e decisa. Si fermò all'istante, il cuore che saltava in gola, bloccandosi proprio dietro l'angolo, comunque abbastanza vicino da sentire tutto il suo discorso, dritto fin dentro lo stomaco. Boccheggiò un paio di volte, incapace per qualche istante di reagire. Era per lui? Stava parlando con qualcuno? Per quel che ne sapeva poteva essere un discorso con Brooks, probabilmente lo era e lui stava origliando come un idiota e... "No, traditore!" finì per sibilare, quando Mr Erminio sgattaiolò fuori dalla sua giacca per andare incontro a Marlee, la sua amica che era stato costretto a perdere di vista per colpa del suo stupido padrone.
    Ormai la frittata era fatta e si ritrovò a schiarirsi la gola per poi entrare nel campo visivo della ragazza, sempre che non fosse scappata a gambe levate, trattenendo il respiro finchè non la vide sola. "Oh... ehm... ehi... Scusa? Giuro che non ti stavo stalkerando, stavo scendendo le scale... tutto bene?" domandò in leggero ritardo, quando si rese conto di come fosse rannicchiata sulle scale.


    PARLATO - ASCOLTATO - NARRATO
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    Edited by Thomas S. Roberts - 7/9/2022, 10:26
     
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    |marlee "mar" beauvais|


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    M
    arlee sentiva il mal di testa che si stava lentamente facendo strada nel suo cervello, probabilmente anche per colpa della stretta che le sue mani stavano facendo sulle tempie. Non sapeva davvero più cosa fare, per quella situazione. Thomas le mancava da morire, e lei si entrava come una piccola fogliolina in mezzo al vento autunnale, sbattuta di qua e di la. Sospirò ancora una volta, per poi lasciar andare le mani e tirar su la testa, consapevole che quella posizione non l’avrebbe aiutata per niente. E se invece non aveva sbagliato? Se invece a Tom quella situazione andava bene, e lei non aveva più nulla a che fare con la vita del ragazzo? Non pensava di poter accettare una cosa simile a cuor leggero, ma che altro poteva fare? Una voce spaventosamente simile a quella della sorella le tuonò tra i pensieri.
    “Cercarlo e parlargliene, magari?”
    Fece una smorfia, odiando il modo in cui anche se non presente Regina riusciva sempre a darle consigli azzeccati. Stava per alzarsi quando un piccolo rumore di passi la fermò, facendole girare lo sguardo verso l’alto. Mr Erminio era lì, e si stava avvicinando a lei quasi correndo. Si ritrovò a sorridere, mentre il pelo bianco dell’animale le scorreva tra le dita, e lo prese in braccio per portarselo di fronte al viso.
    -E tu che ci fai qui? Mi sei mancato! Sei sempre così morbido, Merlino, com’è possibile? - si fermò di botto, rannicchiandosi di nuovo su se stessa con l’ermellino in braccio e comprendendo una cosa che le era sfuggita. Il piccolo ermellino non si muoveva mai da solo, e dove c’era lui c’era anche Tom. Quindi, se le sue intuizioni erano giuste, lui doveva essere li vicino. Sentì il cuore salirle in gola, e il respiro farsi più accelerato. Che fare? Alzarsi e cercarlo, con la scusa dell’animaletto che teneva in grembo? Lasciare Mr Erminio li ed andarsene - perdendo però così l’occasione di rivedere Thomas? Non fece in tempo a deciderlo, perchè pochi secondi dopo lo vide girare l’angolo, bello come un arcobaleno in mezzo alla pioggia. Trattenne il respiro, rendendosi conto dell’errore quando il profumo di Thomas le rimase impigliato nel naso, e lo guardò con gli occhi leggermente spalancati un po’ intontita. Merlino, quanto le era mancato. Come aveva fatto a stare senza di lui tutto quel tempo? Come aveva potuto anche solo pensare di lasciarlo andare? Lo vide aprire la bocca, e fu solo grazie a quello che riuscì a capire cosa le stesse dicendo. Le sue orecchie, purtroppo, sembravano pensare che un fischio ininterrotto fosse molto più interessante delle parole di lui. Fece passare qualche secondo, accarezzando convulsamente la pelliccia dell’animaletto per poi posarlo a terra, lasciandolo libero di muoversi.
    -Oh, ehm, nessun problema…insomma la scuola è di tutti, no? Puoi…passare dove ti pare. - voleva darsi uno schiaffo in faccia da sola. “Oh ehm nessun problema?!” Da dove l’aveva tirata fuori, quella?
    Tirò fuori un sorriso fintissimo, annuendo vigorosamente poco dopo, e muovendo la mano destra di fronte molto velocemente.
    -Siiii, tutto benissimo! Sto alla grande, decisamente, chi sta male? Non io! - rise un po’ forzatamente - quindi, visto che sto benissimo, ma proprio alla grande, vado a farmi una passeggiata…nel giardino, si! Ci vediamo, eh?
    Si alzò in tutta fretta, sentendo le lacrime che cominciavano a far capolino dai suoi occhi, e si impose di rimanere calma almeno fino all’angolo dopo. Che gran bel lavoro che aveva fatto. Proprio una meraviglia, non avrebbe potuto farlo meglio. Diede le spalle a Tom, con il cuore ancora voltato verso di lui, e scese due scalini, dandosi della stupida ad ogni passo. Era andata nel panico totale, e gli occhi di lui, così espressivi, di certo non avevano aiutato. Chissà quando avrebbe potuto rivederli…

    PARLATO - ASCOLTATO - PENSATO - NARRATO
    bymars


     
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    |thomas seanàn roberts|



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    li bastò la vista di Marlee per fermargli il cuore nel petto e lasciarlo immobile, con la migliore faccia da pesce lesso che aveva in repertorio, immobilizzato da quella visione. Per prima cosa non riuscì a non pensare a quanto la ragazza fosse sempre bellissima, e quanto gli fosse mancato vedere quegli occhi, quei capelli, annusare il suo profumo e sentire la sua voce ogni singolo giorno dei mesi appena passati. Poi la sua mente cominciò ad andare verso una direzione nuova, imprevista, influenzata con ogni probabilità dagli incontri ravvicinati che aveva avuto con i Beauvois nell'ultimo periodo, e comincio ad analizzare ogni dettagli del suo corpo e della sua posa. Si rese così conto, con fin troppa facilità, di quanto sembrasse tesa e sofferente, di quanto i suoi occhi fossero spenti, le sue spalle inarcate, la sua posizione più dolorante che rilassata... quella non era la sua Marlee, e non era nemmeno capace di capire se fosse tutta autoconvinzione o se davvero il suo malessere fosse così evidente. Nel secondo caso perchè nessuno aveva fatto niente? Gli faceva rabbia anche solo pensarlo, ma dove diavolo era finito quel Brooks ora che lei ne aveva bisogno? Perchè nessuno l'aveva consolata?
    Era ovvio che gran parte della colpa fosse sua, che fosse lui la causa di tutto quel dolore, e trovarsi di fronte alle conseguenze concrete delle sue azioni gli causò un senso di nausea sempre maggiore, capace di bloccarlo ancora più del solito. Si ritrovò a fissare la scena di lei che stringeva Mr Erminio come se fosse un istante congelato nel tempo, come se fosse normale guardarli con gli occhi leggermente lucidi senza riuscire a reagire.
    Era un idiota, aveva avuto di sicuro più di una occasione per risolvere le cose e invece aveva aspettato di arrivare a quel punto, aveva permesso a Marlee di soffrire così tanto da ridursi in quelle condizioni prima di riuscire a fare qualcosa di effettivo e, diciamocelo, quell'incontro era più merito del Fato che suo. Quanto altro tempo avrebbe passato a tergiversare, se fosse stato per lui? Quanto ancora l'avrebbe fatta soffrire solo perchè non riusciva a decidersi? In quel momento non avrebbe avuto dubbi, alla risposta "sicuro di meritarla?" avrebbe detto di no, senza vacillare.
    Non l'aveva mai meritata, era qualcosa che si era già detto più volte e che forse lo aveva trattenuto di più, perchè non voleva costringerla in una relazione che non la facesse sentire bene e al contempo non riusciva a capire cosa avrebbe potuto offrirle. Erano sempre stati migliori amici, potevano esserlo ancora? Non era sicuro che fosse qualcosa che poteva garantirle, non era nemmeno più sicuro di essere stato "migliore" in qualcosa e sperava di poter risolvere qualche incertezza prima di affrontarla ma era ovvio che non fosse così.
    Si ritrovò, come capitava spesso, travolto dalle parole di Marlee, e insieme consapevole, fin nel profondo, che stesse mentendo. Continuava a non reputarsi perspicace ma questa volta faticò proprio a non notare l'evidenza, e per quanto in genere tutte quelle parole lo avrebbero spaventato o portato ad accettare il suo volere, illudendosi che la ragazza stesse dicendo la verità - perchè mentire proprio a lui?- si rese conto che agendo come sempre quel loop non sarebbe mai finito.
    "No!" urlò d'istinto, cercando di afferrarle un polso, irrigidendosi non appena si rese conto di non essere stato proprio delicato e attento. Si allontanò all'istante, come se potesse davvero sembrare uno pronto a farle del male, e alzò appena le mani in segno di resa. "Scusa..." si affrettò a dire, dispiaciuto e sorpreso dalla sua stessa reazione. "Io intendevo...puoi andare, se vuoi, ma mi piacerebbe... potremmo parlare? Se non hai di meglio da fare e non sei di fretta, perchè io non credo di stare bene... cioè non che il problema sia io... non che ci sia un problema!" si affrettò a dire, faticando a sillabare per bene le parole e dividere una dall'altra.


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    |marlee "mar" beauvais|


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    I
    l caso non esiste, aveva detto una volta un grande saggio. E Marlee non poteva fare altro che crederci con tutta se stessa, perchè non poteva essere altro che destino il loro ritrovarsi lì, faccia a faccia senza poter fare nulla per evitarlo. Impossibile che fosse un caso. Lo aveva cercato troppo, il momento in cui lo avrebbe rivisto, lo aveva sognato e temuto e voluto con tutta se stessa, ed evidentemente il fato aveva ascoltato. Sentiva il cuore che non riusciva a calmarsi, sentiva con una chiarezza impressionante tutte le sue terminazioni nervose, ogni piccolo movimento sulla sua pelle come triplicato. Stava anche cominciato a vivere la scena come a rallentatore. E poi, con una stupidità degna del più stupido essere sulla terra, si trovò in piedi, ad allontanare Thomas con le parole più false che era riuscita a trovare, scappiando come una codarda da quello che voleva. Perchè, in quei pochissimi secondi che aveva avuto tra il rivederlo e l’aprire bocca per dire stupidaggini, Marlee aveva capito che lei aveva bisogno di parlare con Lui. Aveva bisogno di chiarire, di trovare un punto in comune, di fare in modo che anche lui capisse che era stata una stupida, che lo stava lasciando andare senza volerlo, che in realtà lei avrebbe voluto combattere con tutte le sue forse, perchè per lei lui ne valeva la pena. Si era girata. Se ne stava andando. Stava definitivamente perdendo l’occasione, ed era anche sicura che quella sarebbe stata se non l’ultima una delle. Improvvisamente, una scossa elettrica le si propagò per tutto il corpo, partendo da dove le dita di Tom si erano posate, intorno al suo polso. Si voltò, scioccata non dalla presa ma da come il suo corpo aveva reagito. E da come stava reagendo in quel momento, non appena le dita di lui si erano allontanate da lei. Lo guardò, rattristandosi di quanto sembrasse impaurito dalle sue reazioni, quanto sembrasse inquieto nella sua stessa pelle.
    -Non…non scusarti, Tommy. Non mi hai fatto male. - fece un respiro profondo, e decidendo che un discorso del genere non poteva essere affrontato in piedi si accomodò sullo stesso gradino che aveva occupato poco prima, facendo cenno al ragazzo di sedersi accanto a lei.
    -Io…non volevo andare, in realtà. Avevo solo paura…di parlare con te. - alzò lo sguardo, portando gli occhi in quelli del ragazzo di fronte a lei, per poi sospirare - un problema c’è, in realtà. E io non sto bene. Scusa, se ti ho detto una bugia.
    Strinse le mani tra loro, improvvisamente di nuovo nervosa, la paura a mangiarle le viscere come un corvo affamato. Però non si poteva continuare così.
    -Tommy, io…sono stata una stupida. Scusa. E davvero, se vuoi che io esca dalla tua vita, cioè..se - sentì il cuore stringersi in una morsa, che la fece fermare per un secondo, a riprendere fiato - se preferisci non parlarmi più io…capirò, giuro. Scusa se ci ho messo così tanto per parlarti…

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    |thomas seanàn roberts|



    O
    rmai sapeva bene che non si fossero trovati così, lui non avrebbe mai avuto il coraggio di andarla a cercare e fare il primo passo. Continuava a sentirsi un codardo ed un idiota per questo, ovviamente, eppure non bastava per convincerlo a fare una vera mossa, fino a quel momento. Messo alle strette, dopo aver ricevuto direttamente in faccia la realtà delle cose, non poteva davvero rimanere immobile e lasciare che Marlee se ne andasse in quel modo. Quella fuga gli era sembrata definitiva, per un istante si era ritrovato il cuore nelle orecchie e aveva cominciato a pensare che se l'avesse lasciata andare ora non avrebbe più avuto la possibilità di riaverla indietro.
    Era già un miracolo che fosse ancora lì per lui, per quel che lo riguardava: era una bellissima ragazza, il cuore più puro che conoscesse, e non poteva essersene accorto solo Brooks. Prima o poi sarebbe arrivato qualcuno molto più coraggioso di lui, l'avrebbe presa e non l'avrebbe più lasciata andare e se c'era qualcosa che gli faceva venire la nausea era la prospettiva di vivere per sempre senza di lei. Non importava in che senso, non importava che nome avesse la loro relazione: non poteva pensare di farcela senza Rere nella sua vita, e ora che aveva capito la profondità di quel che provava non poteva ignorarlo.
    Il Fato aveva, di fatto, accelerato un processo naturale: prima o poi sarebbe dovuto succedere, quante probabilità c'erano che non si incrociassero mai tra le mura di Hidenstone? Una parte di Thomas gli era quasi grata, al destino, per avergli permesso almeno di buttare fuori quello che pensava, anche se, dannato lui, avrebbe potuto quantomeno concedergli qualche segnale preparatorio!
    Adesso che poteva incrociare il suo sguardo, Tom non potè proprio evitare di immaginare Marlee rannicchiata nel suo letto, spaventava, sofferente, in un quadro se possibile ancora peggiore di quello che Regina gli aveva gentilmente fornito. Poteva percepire la sua fragilità, il suo dolore, e anche se lui per primo era stato male, di fronte a quella realizzazione la sua sofferenza gli sembrò stupida e limitata. Davvero aveva permesso che Rere stesse così? Davvero non era riuscito a proteggerla nemmeno da quello?
    Cercò di convincersi delle sue parole, di rassicurarsi che non le aveva fatto davvero male, non in quel frangente almeno, ma la sua tensione non se ne andò del tutto, tanto che Mr Erminio fece ritorno nella tasca della sua giacca, provando a dargli un po' di conforto. Si sentì rigido anche mentre cercava di sedersi accanto a lei, ancora più impacciato e goffo del solito, cercando di trovare una posizione che gli permettesse di sentire il calore del suo corpo senza risultare invadente o pazzo. Non riuscì a dire niente per un po', in parte perchè voleva che fosse lei a parlare, a liberarsi di quel peso che la stava visibilmente schiacciando, e in parte perchè gli sembrava che le parole avessero perso ogni senso logico e che non ci fosse niente di adatto da dire in un momento simile.
    Che cosa poteva risponderle? Tutto era troppo piccolo e sciocco per una discorso come quello.
    "Non... non sei stata stupida." cominciò alla fine, stringendo le sue mani nel tentativo di spronarsi a continuare, il silenzio non era una risposta papabile in quel caso. "Io... temo che sia colpa mia, anzi lo so, almeno in parte. Non che pensi di essere tutto il tuo mondo !So...so che hai altri problemi, è che... è stata anche colpa mia, ti ho lasciata andare e... non volevo. Non voglio che tu te ne vada, non voglio parlarti più... No, aspetta, così suona al contrario, intendo che voglio parlarti ancora, per sempre, se lo vuoi anche tu. Non... non posso stare senza di te, non ci riesco proprio, non ti ho cercata perchè avevo paura di rovinare tutto... e forse l'ho rovinato lo stesso." si ritrovò a farneticare alla fine, cercando il suo sguardo ma non riuscendo a reggerlo per tutto il tempo.

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