Fatti non foste per viver come bruti

Vath, Adrien e i suoi genitori

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    Una giornata intera in ufficio era una rarità per il Ministeriale di quei tempi, non c'era giorno che non gli si veniva inserito in agenda un'appuntamento dell'ultimo minuto con chissà quale personalità di spicco nel campo della Sostenibilità e della Transizione Ecologica: scienziati, Magibiologi e Magiecologi, che si preoccupavano ognuno del proprio orticello cercando di preservare questa pianta rispetto a quella tra o quell'animale o creature magiche. Aveva passato due mesi di intenso studio e nemmeno aveva intaccato la vasta mole di informazioni che una sola persona doveva avere riguardo a quegli argomenti, si era così concentrato sul campo commerciale e le leggi ad esso collegato per risparmiare tempo e far sì che il proprio lavoro si avviasse in maniera celere. Non era propriamente esperto di tutte queste cose e così si era fatto aiutare da un team formato da persone d'esperienza provenienti dal Quarto, Quinto e Secondo livello per far fronte alle difficoltà che si paravano loro davanti. L'obiettivo di Vath era quello di creare un team, una squadra affiatata, di persone esperte ognuna nel proprio settore di modo ché potessero mettere quella conoscenza a disposizione di tutti gli altri. L'uomo sapeva che quel giorno non aveva impegni pregressi all'interno del Ministero e così, sollevata la cornetta, chiamò la propria segretaria Lizzie. «Lizzie, buongiorno sono Vath. Perdona il disturbo, è confermato che per oggi io non abbia appuntamenti? Stavo pensando di fare un salto a Diagon Alley per passare da Olivander.» Avrebbe detto, ascoltando poi la risposta della ragazza messa in vivavoce mentre lui si alzava dalla scrivania per andare a prendere la giacca del completo posata sull'appendiabiti. «Mi dia solo un secondo signor Remar… Si, le confermo che non ha nessun appuntamento fissato per o… Buongiorno, ufficio del Signor Remar, desiderate?» Il ministeriale avrebbe udito lo squillo del secondo telefono indossando nel frattempo la giacca e, avvicinandosi alla scrivania avrebbe chiuso la chiamata, chiedendosi cosa ci fosse di nuovo e se avesse dovuto fermare la musica che il grammofono a tromba spargeva in sottofondo.



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    Edited by Vath Remar - 26/7/2022, 17:55
     
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  2. Adrien Beauvais
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    CRETINO
    Stupido, imbecille.
    A seguito di quanto affermato dal signor Remar durante il loro incontro a Londra, Adrien aveva, seppur con grande fastidio, chiamato suo padre e messo al corrente della situazione. Era andata così: era nei giardini di Hidestone, con una sigaretta accesa tra le dita, che si portava ritmicamente alle labbra mentre il suo sguardo serio e, insieme, innervosito era puntato sullo schermo del suo cellulare, su cui compariva il nome di “Papà” e il numero annesso. Non avrebbe voluto sentirlo: piuttosto, sarebbe entrato in una rissa con Blake Barnes più che parlare con quella carogna di suo padre, tuttavia, si costrinse a premere il pollice sullo schermo e a far partire la chiamata. Dopo qualche abbondante squillo, la sua voce profonda raggiunse le orecchie del ragazzino.
    - Pronto? -
    - Sono io, Adrien. – rispose il Black Opal, con tono distaccato.
    - Adri! Che sorpresa! Dovresti chiamare un po' più spesso, ci fai stare in pensiero -
    Adrien sogghignò. “Come se poteste stare in pensiero… che bugiardi…” pensò.
    - Papà, non è una chiamata sociale questa. Devo dirti una cosa. -
    - È successo qualcosa? – sentì domandare l’uomo preoccupato dall’altro capo del telefono. Come se nulla fosse accaduto, lo studente continuò il suo discorso, preferendo non dargli alcun tipo di conforto.
    - Il signor Remar è un ministeriale che mi sta tenendo delle lezioni private di lingue. Vi vuole incontrare, te e la mamma. -
    - Ma… -. Si fece largo un minuto di silenzio, seguito da un sospiro profondo. – Adrien, si può sapere perché noi non sappiamo mai di certe cose? Io e tua madre- -
    - Tu e mamma non vi siete guadagnati l’onore di sapere quello che faccio. Quindi, accontentatevi -
    - Vedi di abbassare i toni, ragazzino -. Adrien strinse i pugni. – Stai parlando a tuo padre. Non puoi permetterti di comportarti in questa maniera- -
    - Il dipartimento è quello di Cooperazione Magica Internazionale. Chiama per prendere appuntamento. -
    E chiuse la chiamata, senza lasciar a suo padre tempo e spazio per ribattere.
    Adrien non sapeva come si sarebbe comportato l’uomo in seguito, ma ciò di cui era certo era che sarebbe venuto a Londra per tirargli le orecchie e per parlare con Vath Remar.
    In effetti, Lizzie si sarebbe ritrovata a rispondere ad una chiamata dagli USA.
    - Buon pomeriggio. Sono Lawrence Beauvais. Mio figlio, Adrien, mi ha riferito che il signor Remar voglia conoscere me e mia moglie. Avrei anche da proporgli un affare, perciò vorrei prendere appuntamento -




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    ADRIEN BEAUVAIS
    I cretini sono sempre più ingegnosi delle precauzioni che si prendono per impedirgli di nuocere.
     
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    L'ufficio di Vath era quasi come una seconda casa per Vath e, il Ministeriale, aveva cercato di renderlo il più accogliente possibile personalizzandolo al massimo delle sue possibilità. Certo era che il suo ego veniva molto alla luce con i vari ritagli della Gazzetta del Profeta che lo riguardavano o video trasmessi, senza volume in loop, delle sue varie gesta televisive su un monitor. Preso il proprio bastone da passeggio con all'interno la sua bacchetta magica Vath uscì dall'ufficio raggiungendo l'anticamera riservata all'ufficio di Lizzie che aveva appena riagganciato la cornetta del telefono. «Ebbene?» Chiese, aggiustandosi il look impeccabile, un abito sartoriale dalle tonalità color cobalto. Con tanto di cravatta tono su tono. «Mi si è aggiunto qualche impegno oggi?» La ragazza annuì e disse. «Si ha chiamato il signor Beauvais, gli ho fissato un appuntamento tra mezz'ora.» Lo sguardo di Vath cadde sul suo orologio da polso, un Pound in metallo con chiusura deployante che, grazie ai suoi agganci e ai progetti di Krasus Thunderbolt erano riusciti a sviluppare e mettere sul commercio. «Hai fatto bene, tra mezz'ora hai detto? D'accordo sarò qui per tempo, se Adrien arriverà prima di me fallo accomodare pure nel mio ufficio Lizzie.» Un sorriso da parte di Lizzie e si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «No Mr. Remar, Mr. Beauvais senior. Lawrence Beauvais e la sua consorte, volevano incontrarla per proporle un affare.» Spiegò mentre Vath si sarebbe diretto verso l'uscita dell'ufficio, era felice che Adrien avesse mantenuto la parola e l'avesse detto ai genitori. «D'accordo Lizzie, grazie. Ci sarà bisogno di una terza poltrona allora. Nel caso, comunque, falli attendere e offri loro qualcosa, se arrivano prima di mezz'ora chiamami e falli entrare solo allo scoccare del trentesimo minuto. A dopo.» Avrebbe approfittato di quella mezz'ora di tempo per trovare da Olivander un'olio per lucidare la propria bacchetta e tenerla perfettamente in ordine e poi sarebbe rientrato in ufficio.

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  4. Adrien Beauvais
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    Stupido, imbecille.
    Adrien, quel giorno, aveva un doppio appuntamento: il primo con i suoi genitori, il secondo con Vath Remar. Non era sicuro quale dei due lo rendesse più nervoso. La sua ansia si era manifestata nella moltitudine di sigarette che aveva fumato a partire dall’inizio di quella mattinata, per lui da dimenticare. Non vedeva l’ora che finisse, e pure in fretta.
    Lancerei persino quel cazzo di incantesimo per cancellarmi la memoria! Fanculo a tutti!” pensò, mentre spegneva il mozzicone tra le sue dita su un muro. Gli passò anche per la mente l’idea che, forse, farsi una cannetta non sarebbe stato male, ma poi… chi voleva sentire quella testa di cazzo di suo padre, sua madre e il signor Remar? Non sarebbe riuscito affatto a sopportare tutti e tre contemporaneamente. Già era tanto che si sarebbe presentato, mantenendo la parola data al ministeriale.
    Un messaggio gli fu notificato alle 9:32: era da parte di suo padre.

    Ci vediamo tra un quarto d’ora davanti al Ministero. Non fare tardi.


    Perfetto! Fottutamente perfetto!”. In quel messaggio c’erano molte cose che non andavano: i punti a fine di ogni frase, l’ammonizione velata, il non saluto… insomma, suo padre era incazzato nero con lui. Di solito, avrebbe digitato un “Ciao Adri”… e lì non ve n’era traccia.
    Era martedì e, per fortuna, aveva lezione molto tardi quella mattinata: una, infatti, era stata cancellata, ma non aveva prestato molta attenzione al motivo. Tuttavia, aveva comunque il permesso per uscir dalla scuola per un certo lasso di tempo.
    Alle 9:50 si presentò davanti al Ministero, con indosso una camicia bianca e un pantalone nero, in un abbinamento davvero molto classico. Adocchiò subito i suoi genitori, i quali erano già lì: sua madre si guardava attorno con la borsetta su un braccio, mentre suo padre buttava uno sguardo all’orologio al suo polso. Erano entrambi ben vestiti.
    Si avvicinò, teso. Perché doveva incontrarli? Perché non poteva scappare via e allontanarsi per sempre da tutto?
    La prima cosa che accadde fu che sua madre gli si buttò addosso non appena lo vide, stringendolo in un forte abbraccio, che Adrien non ricambiò e di cui suo padre se ne rese conto. Gli rivolse uno sguardo da far paura. La donna lasciò il figlio con il cuore spezzato.
    - Scusami, Catherine. Io e Adrien dobbiamo fare due chiacchiere -
    Detto ciò, Lawrence prese il figlio per un braccio e lo trascinò fino ad un angolo di una stradina non trafficata. Lo spinse lì.
    - Ma si può sapere che hai?! Come ti permetti a trattare così tua madre, eh? -
    Adrien scrollò le spalle e abbassò lo sguardo. L’uomo, non potendone più di quell’atteggiamento, si permise di tirargli uno scappellotto, a cui il ragazzo rispose con un – Ahia! -, e di prendergli il mento, costringendolo a guardarlo.
    - Ora mi hai rotto davvero, Adrien. Vedi di darti una regolata, altrimenti, giuro che ti prendo e ti riporto a New York con me. E non ci saranno piagnistei a farmi cambiare idea, hai capito? -
    Quando suo figlio non gli diede alcun cenno di assenso, Lawrence strinse la presa e gli puntò l’indice contro.
    - Hai capito, Adrien?! -
    A quel punto, il Black Opal, già stanco di tutto, esclamò un – Si -, al quale fu lasciato andare.
    - E ora muoviti. -
    I due raggiunsero Catherine, la quale era in apprensione, ma Adrien non se ne curò. Fece strada ai due tra i tanti corridoi del Ministero, fino all’ufficio di Vath Remar, a cui bussò alle 10 in punto.


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    I cretini sono sempre più ingegnosi delle precauzioni che si prendono per impedirgli di nuocere.
     
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    Era ritornato al Ministero alle nove e quarantacinque mettendoci pressoché poco meno di quindici minuti per la sua visita da Olivander per prendere quell'olio lubrificante e ritornare al proprio ufficio. Per poco si era perso quella scena familiare tra i Beauvais ma c'era da star certi che Vath, a quell'incontro, era arrivato sgombro da ogni preconcetto. Sorrise a Lizzie quando, entrando nel proprio ufficio, notò la terza sedia di legno, con seduta e schienale imbottito della stessa identica foggia delle altre due. «Ti ringrazio Lizzie, sei stata veramente celere nel trovare una nuova sedia per il mio ufficio.» Avrebbe atteso, seduto alla scrivania l'arrivo dei tre Americani, riponendo con cura il proprio acquisto nel cassetto della scrivania e, quando Lizzie annunciò il loro arrivo, si alzò per andare ad accoglierli. Andò ad aprire la porta e, sorridendo ai nuovi giunti, avrebbe porto a tutti e tre la mano, invitandoli ad accomodarsi. «Benvenuti signori Beauvais, grazie per aver accolto la mia proposta d'incontro. Sono Vath Remar.» Era sempre stato convinto che il miglior modo per impressionare ospiti e dignitari stranieri sull'opulenza e la magnificenza dell'Inghilterra fosse presentandosi in maniera impeccabile, se stesso in primo luogo e l'ufficio in secondo. Pavimento, pareti e parte del soffitto erano fatti di parquet, il rovere con il suo colore caldo rendeva l'ambiente accogliente. Appena entrato ci si trovava di fronte la scrivania, posizionata su un tappeto che Vath stesso aveva preso durante i propri viaggi. La scrivania, anch'essa di rovere era massiccia e compatta, su cui erano posati ordinatamente i documenti. Di fronte alla scrivania stavano tre sedie di legno, con seduta e schienale imbottito, mentre dietro di essa, una poltrona in pelle nera. Due librerie a muro riempivano lo spazio negli angoli, creando così un ovale, in mezzo ad esse si trovava un camino di marmo bianco su cui in bella vista campeggiavano più di una cornice dove era ritratto su un paio di articoli di giornale Vath. Su un monitor, in videotape, venivano riprodotte in loop le varie partecipazioni televisive a cui aveva preso parte. Alla sinistra della scrivania una finestra magica dava su un giardino che in fondo non era altro che il giardino di casa propria, un modo per potersi sentire a casa anche durante le ore di lavoro. A destra, separato dal resto dell'ufficio da un muretto, su cui poggiava un vaso Ming, con due colonne a sostenere l'arco si trovava quanto necessario per poter offrire qualcosa ai propri ospiti, oltre a quello, un grammofono a tromba che dolcemente continuava a spargere per tutto l'ufficio un brano del Maestro, Herr Mozart, e un mobiletto con vari dischi di musica classica.

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    Edited by Vath Remar - 26/7/2022, 23:54
     
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  6. Adrien Beauvais
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    CRETINO
    Stupido, imbecille.
    Prima che la porta fosse aperta da Vath Remar, il padre di Adrien rivolse a suo figlio uno sguardo da “comportati bene o ci saranno conseguenze”, a cui l’opale non rispose affatto, se non, a sua volta, con uno sguardo infastidito che gli costò la visione dell’uomo che stringeva le labbra in una linea sottile. Sapeva che il suo atteggiamento era motivo di rabbia, ma non gli importava nulla di quello che poteva pensare suo padre. Lui era adulto, legalmente maggiorenne, perciò lui non poteva nulla e non gli avrebbe dovuto rompere il cazzo. Facile a dirsi, eh Adrien? Ma difficile a farsi…
    Non appena il signor Remar si fece vivo con la sua presenza, Lawrence mise su un sorriso cordiale, invece, Adrien raddrizzò le spalle che aveva incurvato.
    - Buongiorno – salutò Adrien, con poco entusiasmo, anzi, del tutto inesistente.
    I tre si fecero strada nell’ufficio dell’uomo: l’unico a sedersi, tuttavia, fu proprio il ragazzino, in una posa sgarbata. Il signor Lawrence porse la sua mano la ministeriale.
    - Lawrence Beauvais – si presentò. Fece altrettanto sua moglie, Catherine. L’uomo prese posto sulla sedia a fianco di quella di suo figlio ed ebbe tutti i modi per allungare una gamba e dargli un piccolo calcio sulla caviglia, per intimargli di sedersi composto. Ovviamente, Adrien non l’ascoltò e continuò a rimanere in quella posizione, con un sorrisetto compiaciuto sul volto.
    Lawrence si schiarì la voce, prima di iniziare a parlare: - È stata una sorpresa sapere da mio figlio che lei stia dando ad Adrien delle lezioni private di lingue. Presumo sia da un bel po' che vadano avanti… mi rammarico profondamente che mio figlio – rivolse il suo sguardo ad Adrien. - non ci abbia detto nulla. Ovviamente, la ripagheremo con una cospicua somma di denaro, signor Remar, può esserne certo. -
    - Signor Remar, è davvero un piacere per noi fare la sua conoscenza – si intromise Catherine, cercando di dare un tono più amichevole alla conversazione.
    - Mi scusi, ho dimenticato i convenevoli. Sa, quando ci sono di mezzo i figli, si perdono tutte le buone maniere… -
    A quelle parole, Adrien non poté che sbuffare divertito.


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    ADRIEN BEAUVAIS
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    Il Ministeriale sorrise ad Adrien e ricambiò il saluto monocorde del ragazzo con entusiasmo. «Buongiorno Adrien, come stai?» Esiste un detto: “La troppa confidenza toglie la riverenza.” Sì Adrien Beauvais era legalmente adulto ma ciò non significava che ne possedesse la mentalità. In quel momento più che un adulto maturo e responsabile ciò che Adrien sembrava era un ragazzino scostante e dispettoso incapace di comprendere il luogo e i modi giusti da tenere dove in quel momento si trovava. Vath poté osservare come il ragazzo stesse tenendo un comportamento ai limiti dell'accettabile, eppure non aveva mai tenuto una condotta simile in sua presenza e si chiese se il ragazzo facesse così solo per far dispiacere ai propri genitori. La rapida occhiata che gli rivolse, seguito da un casuale schiarirsi della voce, cambiò immediatamente quando ritornò ad incontrare lo sguardo dei signori Beauvais. Come ospite Vath fece gli onori di casa, cennando verso le due poltrone e dicendo. «Prego, accomodatevi pure, posso offrirvi qualcosa? Del thè, acqua o preferite un caffè?» Andò quindi a sua volta a sedersi sulla poltrona in pelle nera incrociando le dita delle mani e ponendo quest'ultime sulla scrivania ascoltando con estrema attenzione ciò che il padre di Adrien andò a dirgli. «Arabo per l'esattezza. Vostro figlio mi ha espresso il desiderio, la volontà, di poter intraprendere uno stage formativo presso l'ufficio Cooperazione Magica Internazionale una volta che avrà raggiunto il terzo anno dell'Accademia di Magia e Stregoneria di Hidenstone.» Esordì, tenendo un sorriso pregno di cordialità sul volto. «Ovvio è che, per richiedere ciò, serviranno comprovati risultati tramite il Giudizio Eccelso per Maghi sulla Magie Avanzate altresì conosciuti come G.E.M.M.A. Ma vostro figlio sembra intenzionato ad impegnarsi per raggiungere tale obiettivo e sarei più che disposto ad offrirmi come suo Tutor.» Il sorriso si sarebbe allargato ulteriormente alle parole del padre di Adrien, il signor Lawrence, quando propose di pagarlo. La bacchetta sarebbe scivolata dolcemente fuori dal bastone da passeggio e Vath l'avrebbe puntata verso il mobiletto, un set di piattini e tazzine di ceramica bianca dalla bordatura in oro si sarebbero sollevate fluttuando verso la scrivania per poi poggiarsi delicamente su di essa. «Non mi fraintenda Mr. Beauvais, se mi sono offerto di spendere il mio tempo assieme a suo figlio per insegnargli una lingua non l'ho certo fatto per un corrispettivo in denaro. Mi riterrei offeso se provasse a pagarmi.» Disse, serafico, senza abbandonare il proprio sorriso e anzi accennando anche una leggera ed educata risata. «Tuttavia aveva accennato alla signorina Tullson che aveva una proposta da farmi, sono tutto orecchie.» Il set in ceramica nel mentre si stava disponendo per offrire ai quattro un buon thè, la teiera iniziò a fischiare e Vath richiamò con un altro gesto della bacchetta una scatolina in legno di ciliegio intarsiata con motivi floreali in alloro dove all'interno c'erano varie sacche di foglie di thè. «Da sinistra: Darjeeling the nero indiano, Sencha giapponese, the nero giapponese, Matcha cinese, Gunpowder...» A un suo cenno una manciata delle caratteristiche palline si levarono in volo, andando a finire dentro a una delle bustine da the in seta contenute nella parte superiore delle scatoline; «...e Earl Grey.» La suddetta sacchetta si richiuse prima di andare a posizionarsi delicatamente nella tazza di Vath, che la teiera aveva nel frattempo riempito di acqua fumante.

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    Edited by Vath Remar - 12/8/2022, 10:31
     
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  8. Adrien Beauvais
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    CRETINO
    Stupido, imbecille.
    - Credo che del thé sarà ottimo, la ringrazio – disse Lawrence, parlando anche per sua moglie, la quale sorrise. L’uomo, infatti, conosceva a memoria le preferenze di Catherine, non solo perché ci lavorava assieme, ma, soprattutto, perché l’amava. Il padre di Adrien non era un uomo cattivo o di cattive intenzioni, ma era fin troppo assorbito dal suo lavoro e, soprattutto, aspirava continuamente ad un guadagno eccellente, il che l’aveva fatto comportare da tutto, tranne che da padre.
    Il diciottenne, dal canto suo, seduto com’era, ovvero stravaccato, sulla sedia, non accennava a cambiare posizione, né a comportarsi decentemente. Le minacce di suo padre non lo spaventavano, anche se sarebbe stato meglio dire che non lo spaventavano del tutto, perché una cosa era certa: l’uomo aveva permesso il suo concepimento era di parola.
    - Per me nulla, grazie – affermò semplicemente, guadagnandosi una grossa occhiataccia da parte di suo padre per la sua informalità.
    - Adrien. – lo chiamò l’uomo, a denti stretti. Era un monito quello, lo sapeva. Adrien fece finta di non aver sentito e continuò nella sua “spedizione” improvvisata di osservazione di tutto tranne di quello che, effettivamente, doveva guardare.
    - È davvero onorevole da parte sua, signor Remar, voler seguire mio figlio per tale insegnamento. L’arabo è una lingua assai complessa, ma è un’ottima scelta quella che ha fatto Adrien, visto che la nostra azienda allarga i suoi orizzonti e avrà presto bisogno di un impresario che sappia dialogare con i capi di altre imprese di livello mondiale. E assolutamente mi riterrò offeso io se lei non accetterà il pagamento che le spetta. Ha speso fin troppo tempo gratuito e, come uomo in affari, so molto bene quanto il tempo sia prezioso. Quindi, mi dia almeno la possibilità di ripagarla! -
    Lawrence era cordiale, a differenza di Adrien, il cui sguardo si fece sempre più cupo.
    - Non ho mai provato il Sencha giapponese, a dir la verità – udì distrattamente sua madre esprimere quella preferenza. La sua mente era così carica che gli sembrava che fosse in preda ad un blackout totale.
    Quando, poi, Vath Remar diede accenno a qualcosa legato agli affari che suo padre voleva sottoscrivere con il suo mentore, si alzò di scatto dalla sedia. Virò lo sguardo su Lawrence, che, come la donna al suo fianco, aveva sul volto una espressione sconcertata.
    - Io non voglio fare l’imprenditore. -
    Aveva sputato finalmente il rospo.
    - Non voglio diventare il capo dell’azienda, come devo fartelo capire? -
    - Adrien – si intromise il padre. – Prima di tutto, siediti -. Gli indicò la sedia. – Subito. -
    Il diciottenne rimase dov’era.
    - Bene. – affermò duro il genitore e si alzò dalla sedia, battendo due mani sulle ginocchia. Porse la mano a Vath Remar, per salutarlo.
    - Mi dispiace, signor Remar, ma sono costretto a interrompere questo incontro e a doverlo rimandare. Ho bisogno di avere una chiacchierata urgente con mio figlio che, come vede, si ostina a comportarsi in tutti i modi tranne che in maniera matura. Chiamerò la sua segretaria, per prendere un nuovo appuntamento. Sono davvero dispiaciuto… -
    A quelle parole, Adrien si diede alla fuga. Aprì la porta, spalancandola con un forte botto e si precipitò verso l’esterno del ministero, da cui si smaterializzò. Nessuno avrebbe saputo dove fosse andato, se non una sola persona, quella a cui si sarebbe rivolto.




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    Il Ministeriale alla scelta del thè da parte della signora Beauvais fece un gesto con la propria bacchetta e nelle tazze dei genitori del Black Opal venne versata l’acqua bollente, in questo modo la temperatura dell’acqua sarebbe scesa e si otteneva la corretta dose d’acqua. Depositato un paio di cucchiaini in una seconda teiera Vath avrebbe versato l’acqua di entrambe le tazze nella teiera per poi lasciarlo in infusione per un minuto. Questo procedimento sarebbe servito per far abbassare ulteriormente la temperatura del liquido a circa 70° ottenendo così un sencha ottimale. Solo a quel punto l'uomo servì il tè sencha ai propri ospiti riempiendo le tazze a poco a poco in modo che il tè si sarebbe distribuito uniformemente. «Ecco a Voi Signori Beauvais.» Disse, attento a rispettare la scelta della coppia. Si sarebbe schiarito nuovamente la voce e, ritornando con lo sguardo sul padre di Adrien, avrebbe sorriso all'uomo. «D'accordo, Signor Beauvais, dato che ci tiene molto a ricompensarmi per le lezioni impartite ad Adrien chi sono io per sottrarmi al senso di dovere di un padre?» Esordì sistemandosi i polsini della camicia, il tutto tuttavia venne interrotto dallo sfogo di Adrien che, inveendo contro il padre, si alzò dal suo posto uscendo dall'ufficio. «Signor Beauvais, Lawrence se mi permette, posso comprendere che il suo desiderio sia che Adrien segua le sue orme e prenda le redini dell'azienda di famiglia. Ho già vissuto questa situazione in prima persona, mio padre è un affermato Pozionista e non c'era più grande gioia per lui che io proseguissi la sua professione. Tuttavia se posso permettermi un consiglio, anche alla luce di ciò che è appena avvenuto, non cerchi di forzare Adrien verso un percorso che non sente suo ma lasci che segua la strada più consona a lui. È tutto ciò che le chiedo e, se mi promette di farlo, riterrò il suo debito saldato nei miei confronti. Arrivederci.» Gli avrebbe detto, alzandosi e tendendo la mano verso di lui. Solo quando si sarebbero congedati tutti accompagnandoli alla porta avrebbe degustato il proprio thè sospirando per la situazione creatasi.

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  10. Adrien Beauvais
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    Il signor Lawrence Beauvais conosceva abbastanza il figlio da sapere che fosse imprevedibile, ma mai si sarebbe aspettato una simile reazione: non solo si era comportato come un grande immaturo e un infantile durante tutta la riunione, ma aveva anche avuto l’audacia di contraddire una decisione di così grande importanza come quella per cui Adrien avesse dovuto prendere in mano le redini dell’azienda di famiglia. Si domandava perché continuasse a fare tutte quelle storie: dopotutto, doveva considerarlo un onore.
    E quella che gli aveva appena fatto fare era una bella e grossa figuraccia. Come si era permesso di trattare suo padre e sua madre in quel modo di fronte al signor Remar? E come si era permesso di fare tutta quella scenata e sbattere la porta di ingresso con violenza?
    No, non andava affatto bene. Da quando aveva iniziato la scuola, era diventato più insolente e menefreghista. E Lawrence ne aveva davvero abbastanza. L’avrebbe portato via con sé e avrebbe dovuto mettere fine alle lezioni con il signor Remar. Se n’era approfittato troppo del buon cuore di quell’uomo. Ora suo figlio avrebbe dovuto pagarne le conseguenze.
    Dopo aver urlato in maniera abbastanza incazzata il nome di suo figlio non appena questi avesse lasciato la stanza in quella maniera, con occhi increduli ma, allo stesso tempo, contriti, si voltò verso il ministeriale.
    - Sono profondamente dispiaciuto per il comportamento di mio figlio… gli parlerò… - disse, ma l’uomo che gli aveva accolti aveva tutt’altro discorso da proporgli.
    - Prego – rispose il signor Beauvais, dandogli il consenso per chiamarlo per nome. Ascoltò quel che aveva da dire e, sinceramente, non capiva proprio come potesse mettere il naso nei suoi affari e in quelli della sua famiglia.
    - Capisco la sua premura, signor Remar, ma la pregherei di lasciar gli affari e i problemi di famiglia al mio giudizio. -
    Salutò l’uomo con una stretta di mano e lo stesso fece sua moglie e i due uscirono da quell’ufficio con mille pensieri per il capo.
    Una volta che fossero stati sulla piazza su cui dava il Ministero, Lawrence avrebbe detto a sua moglie di tornare a casa, che ad Adrien ci avrebbe pensato lui. La prima cosa che fece, dopo che Catherine si fosse smaterializzata, fu chiamare al telefono il figlio. Avrebbe insistito fino a quando non avesse ottenuto risposta.



    18 ANNI
    BLACK OPAL
    SCHEDA PG
    STATISTICHE
    ADRIEN BEAUVAIS
    I cretini sono sempre più ingegnosi delle precauzioni che si prendono per impedirgli di nuocere.
     
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