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.Non una chiamata, non un messaggio e neanche un dannatissimo gufo. Niente di niente, un silenzio radio assordante. Aveva persino scaricato una di quelle app social, una di quelle dove si mettevano foto su foto con mille filtri, colori e frasette motivazionali. I suoi follower erano pochi, giusto più del numero di immagini che pubblicava -due, se consideriamo il musetto in primo piano di Mushu mentre lecca Rain- e in quelli che seguiva, tolte le pagine di curiosità, quelle dei video dei gatti e pagine di informazioni, vi erano Cameron, che ormai non pubblicava niente da settimane, e Lucas. E fu proprio il suo profilo a comparire in homepage, con le gambe aperte per lasciare spazio al suo gattone, con in sfondo quello che sembrava il lago nero. Sotto, i minuti indicavano come ne fossero passati solo tre dall’invio. Forse lo avrebbe trovato ancora lì, dopotutto la distanza tra lì e le serre non era neanche troppa. Si tirò su il cappuccio della felpa nera che aveva lasciato aperta su un paio di short di jeans scuri, con il solo top bianco a dare un po’ di luce a tutta quell’oscurità. Le scarpe da tennis -indovinate un po’? Un paio di classiche converse basse bianche e nere- non lasciavano impronte sull’erba umida, così come il suono dei suoi passi era flebile, man mano che si avvicinava alle sponde del lago, mentre cercava di ricostruire in quell’immagine un po’ sfocata dei dettagli che potessero aiutarla a comprendere dove fosse. Non sapeva neanche perché lo stava raggiungendo di sua sponte, aveva semplicemente lasciato che i piedi la guidassero fin lì, non così lontani dal luogo in cui era stata rapita al suo primo secondo anno. «Nessuna canna stasera?» avrebbe cercato di coglierlo di sorpresa, prima di sedersi accanto a lui, senza neanche chiedergli il permesso, allungando una mano in direzione di Zeus affinché si abituasse al suo odore prima di carezzarlo dietro le orecchie.Elisabeth
Lynch"Sometimes you have to stand alone. Just to make sure you still can."
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.Forse il prossimo passo era il dar fuoco al mondo intero, visto che sembrava che i ruoli tra i due ex si fossero invertiti. Ma, una differenza tra i due c’era ed era anche sostanziale: Liz non stava stalkerando Jones per saperne ogni singolo movimento e presentarsi da lui con fare casuale, bensì era stata la sorte a darle una spintarella per non passare l’ennesima serata in totale solitudine.
Due anime sole che si sarebbero fatte compagnia alle rive del lago. Più un gatto, ovviamente.
La soddisfazione di essere riuscita a coglierlo di sorpresa fu tanta. Le spalle che si sollevarono, la mano che volò al petto per tentare di rallentare i battiti. Ma, in particolare, fu il sollievo di non vederlo con alcuna sostanza stupefacente a penzolargli dalle labbra o lo sguardo vitreo che aveva dopo averne fumata un po’. Era Lucas Jughead Jones, il suo vecchio Lucas, e questo le andava bene. «E non sei morto? Mi deludi», scherzò, lasciando che Zeus si prendesse il carico di coccole che voleva dargli. Ne avrebbe ripagato le conseguenze una volta tornata nel suo dormitorio, con le scenate di gelosia di Mushu. «Oh, non è un caso che stasera ti abbia trovato», ammise con candore, continuando a passare i polpastrelli sulla testolina morbida del felino. «Ho visto la foto su instaqualcosa e ho pensato di raggiungerti», la pura e semplice verità, non c’era un animo da stalker in lei. «Lo giuro, stavo vedendo se c’era qualcosa di interessante e mi è apparsa la tua foto», chiarì, mentre Zeus con piccoli colpi della testolina le fece capire di voler essere lasciato libero perché tirato da qualcosa. Un colpo della coda al suo avambraccio ed eccolo partire alla caccia di qualcosa. Lei, in tutta risposta, incrociò le gambe e tirò verso i polsi e poi le dita le maniche della felpa che l’avvolgeva. Forse fu quel movimento ad attirare lo sguardo di Jones, forse semplicemente la stava già osservando, fatto fu che perse un battito quando lui la stuzzicò con un commento su di essa. Abbassò lo sguardo e comprese come dalla pila di vestiti avesse preso proprio la felpa che anni prima lui le aveva dato per proteggere la sua nudità. Ad onor di cronaca ne aveva avuta anche una grigia da Evans ed anche quella faceva ancora parte delle opzioni per creare un outfit comodo e senza impegni. Ma tornando a quella che la proteggeva dalla brezza leggera del lago, dovette ammettere con rammarico che ormai il profumo dell’ametrino non ci fosse più, sbiadito nel tempo e nei lavaggi ma non dalla sua memoria. «Grazie, la trovo davvero comoda e funzionale, anche se mi sta un po’ grande», occhieggiò divertita prima di volgere lo sguardo all’orizzonte. Il silenzio tornò ad avvolgerli, mentre le iridi cerulee sottili studiavano il riflesso della luna, non ancora piena, sullo specchio d’acqua fintamente calma. «Come mai Lucas Jones se ne sta di sabato sera, solo soletto, in riva al lago?» Quella, in effetti, era più un’attività tipica della cara e vecchia Lynch e non del nuovo Jones che aveva una vita decisamente più movimentata rispetto a quando si frequentavano. «Non c’era nessuna serata ad attenderti al villaggio?»Elisabeth
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.Il fatto che, dopo tanto, riuscisse a scherzare su una cosa come la prematura dipartita di qualcuno cui voleva bene era un passo avanti notevole. Ma questo non significava che fosse altrettanto facile immaginarsi Jones pallido e privo di vita. «Ehi!» Gli diede una gomitata affettuosa, prima di iniziare il percorso “ruffianiamo Zeus”, che passò a pieni voti, dati i miagolii soddisfatti del felino. Era in effetti una tecnica utile per rilassare i nervi quando bisognava vuotare il sacco, persino per lei che dello spiattellare la verità o i fatti ne aveva fatto un elemento distintivo. «Non sapevo che fossi passato al lato oscuro del sentirsi rassicurare su quanto vali», disse, sorridendo apertamente ed assumendo una posizione comoda nonostante non fossero nei pressi di un tronco contro cui rilassare la schiena. «Lo sai che sei interessante già da solo, non c’è bisogno che te lo dica anche io», pronunciò sempre divertita, dandogli però quello che voleva, certezze. Perché nonostante i loro trascorsi doveva essere sincera e ammettere che comunque Jughead avesse delle qualità che erano state in grado di attirare la sua attenzione. Poi, come ogni cosa che toccava, aveva finito col rovinarla. Socchiuse gli occhi, cercando di passare un colpo di spugna ai suoi sensi di colpa, non tanto per cancellarli, quanto più per renderli meno vividi come in quel momento.
E Lucas Jones, anche senza saperlo, le venne in aiuto occhieggiando una felpa che lui conosceva fin troppo bene, visto che era la sua. «Io aspettavo altri muffins», si passò la mano sul ventre piatto, sussultando nel sentire le sue dita sul fianco in quello che era un vero pizzicotto. «Ahia!» In realtà non le aveva fatto male, anzi, ma se riusciva a farlo sentire in colpa almeno un po’ l’avrebbe soddisfatta alla grande. Poi, avvolgendo il bianco col nero, ammise qualcosa che aveva sempre avuto nel suo inconscio senza mai esternarlo. Forse qualche residuo dei tempi che furono. «Sai, mi piacerebbe averla in altri colori e no, non con il vestis», perché in quello poteva riuscirci anche lei, mentre per quanto riguardava quell’odore fatto di profumo, pelle e sudore era consapevole di non riuscire a riprodurlo. E rimasero in silenzio, lasciando che li avvolgesse come una coperta che non li strinse o costrinse, anzi era dannatamente piacevole starsene in quella bolla di calma e tranquillità. Cosa che venne da lei, per chiedere come mai fosse lì e non a sballarsi come faceva negli ultimi tempi. Ma dietro l’abuso di sostanze stupefacenti ed alcol, c’era ancora il suo Jughead, bisognava solo ricordarlo a lui e lasciarlo emergere, proprio come fece in quel momento. «Vuoi forse dire che per quanto aspiriamo al cambiamento alla fine questo non avviene del tutto?» Una domanda forse un po’ troppo profonda ma che si basava sull’esperienza -seppur breve equiparata ad un adulto- che gravava sulle sue spalle da battitrice. Il suono della risata di lui, quando toccò il villaggio, fu un toccasana. Da quanto tempo non udiva una risata provocata da lei? Intorno avvertiva e sentiva solo giudizi ed odio, non qualcosa di leggero e rilassato come quel momento che cercò di alimentare il più possibile, ancorandosi con le unghie e con i denti. «Se vien dalla campagna non saprei dirti, anche se penso più alle montagne e alla foresta», il capo a reclinarsi indicando proprio quelle parti dell’isola che, nelle giornate più difficili, continuavano ad esercitare un certo peso su di lei. E la quiete tornò nuovamente, con i miagolii di protesta di Zeus che si persero man mano, mentre i due ragazzi continuavano a fissare in modi diversi il satellite che rischiarava con la sua luce la natura circostante. Sobbalzò, nel sentire il suo nome, voltando il capo con fare scettico visto che raramente l’altro usava appellarla col nome per intero. «Mh?» Lo spronò a continuare, oltre a dargli la certezza che fosse pronta ad ascoltarlo qualsiasi cosa volesse rivelarlo. E lo fece, solo che non si aspettava un quesito del genere. «Stai cercando di dirmi qualcosa?» Poi, cercando di focalizzarsi sulla forma animale e selvaggia una lampadina nella sua mente da serpe-corva si accese. «Hai forse trovato la ricetta per diventare animagus?» Lo scintillio negli occhi a segnalare come si sarebbe beccata le peggiori punizioni pur di riuscire a divenire animagus. Eppure, continuando ad ascoltare nella mente quel quesito, la ragazza comprese come fosse ben lontana da quello che intendeva l’ametrino. Sollevò lo sguardo sulla luna e accertarsi che fosse piena le diede l’idea che non fosse un licantropo. Non ancora almeno. Quindi, cosa stava cercando di dirle? Ad ogni modo, dopo un profondo respiro e lo sguardo fisso in quello di lui, cercò di articolare un pensiero onesto. «Certo, cambierebbe parte della tua personalità… però, ecco, so che sarai sempre tu, anche con una nuova faccia» e nel dirlo allungò una mano che posò sul suo avambraccio, volta a tranquillizzarlo.Elisabeth
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.Ci sono persone con le quali, per quanto ampli siano i trascorsi e l'acqua passata sotto i ponti, finirai sempre col ritrovare un'affinità, una vicinanza. Per Liz quella persona era Lucas Jones. Gli aveva fatto del male, ne aveva avuto il timore, ma era pur sempre il primo ragazzo che aveva voluto, per cui aveva provato dei sentimenti, il suo primo bacio. Due vite che avevano visto i loro fili intrecciarsi e poi sbrigliarsi, ingarbugliarsi, perfino con piccoli nodi ad ostacolarli, ma che in qualche modo erano ancora uniti. Lì, sulle sponde del lago, tra discorsi leggeri ed altri fin troppo filosofici e moraleggianti, Liz e Lucas tornavano a scoprirsi, a scherzare tra loro, a lasciare che si creassero nuove trame. «Fragilina a chi?» Da quanto non usava un tono così leggero, privo della pesantezza che si trascinava dietro neanche fosse una lumaca con la sua casa. Il vissuto però le concedeva ancora il privilegio ed il lusso di sfoggiare capi di abbigliamento che avevano sperimentato fatti ed avvenimenti degni di nota, ma che al momento non era così saggio rinvangare. Però chi era lei per sottrarsi nello scagliare qualche frecciatina qua e là, nonché a servirsi di espedienti per non dover fornire risposte dirette? «Sicuro che troverei qualcosa? Ultimamente mi sembra alquanto trafficato il tuo armadio». Se l'altro fosse andato alla ricerca di fastidio o gelosia non ne avrebbe trovata, perché effettivamente questa narratrice non si ricorda quanto sappia a proposito dei suoi intrallazzi con Jessica e Liv, se non vecchie supposizioni in un pomeriggio non qualunque a casa di lui.
Ecco perché poi si finisce con l'affrontare cose più grandi di loro, ma anche delle persone più sagge che avevano provato ad indagare nel corso dei secoli. Un piccolo loro contributo, invero, non avrebbe fatto male a nessuno, ben lontani dal divenire oggetti di studio e di critica. «Quelle sono le varie piccole parti che compongono la tua personalità, ci sta che in un momento prevalga una piuttosto dell'altra», perché per quanto ermetici e complicate fossero le loro interazioni alle orecchie degli altri, finivano sempre col trovarvi un significato chiaro e cristallino. Alquanto inquietante, come le narratrici ben sanno. «Ma io parlo più di cambiamenti radicali, non di limature. Cioè se la metti così sembra quasi che la parte tempesta abbia legato la quiete mani, piedi e bocca» continuò per la sua strada, con le dita a contare parti di corpo chiamate in causa, arrestandosi solo per aggiungerne un'altra: «Forse anche occhi». Stesse dita che finirono con l'accarezzare il suo ginocchio piegato, segno di quanto stesse ancora pensando su quanto lui avesse detto. Quiete e tempesta, due facce della stessa medaglia, che venivano chiamate in causa in base alla percezione che l'anima aveva in merito agli eventi che andavano verificandosi. «O semplicemente hai ragione tu. Non lo so più», scrollò le spalle, consapevole che per quanto desiderasse possedere verità assolute nelle proprie tasche ne era drammaticamente sprovvista. Perlomeno in merito a tale questione, perché poi quello che ne seguì finì con l'essere una lotta al trovare la risposta giusta in base alle sue conoscenze prettamente scolastiche. L'ipotesi sull'animagia venne scartata, con grandissimo dolore dell'Opale che già si vedeva pronta a carpire e realizzare le formule che le avrebbero permesso di cambiare forma. Ad ogni modo lo aveva tranquillizzato non solo a parole ma anche con quel tocco sul braccio che recepì come via libera per prendere la mano nella sua. Scartata l'ipotesi di divenire un coleottero, la Lynch riabbracciò l'altra intuizione che aveva avuto sulla licantropia, ma non capiva quanto fosse realistica una cosa del genere e se l'altro la stava cercando volutamente. «Tu sei scontroso in alcuni momenti» rivide correttamente la sua frase, rimanendo salda al suo posto percependo quanto lui si stesse avvicinando, a come il braccio di lui le stesse cingendo i fianchi. Il respiro di lui a scontrarsi con quello di lei a sussurrare una domanda che finì con l'infrangersi contro il suo orecchio. Che gioco stavano giocando? Cosa stava provando a dirle davvero?
Il freddo tornò come un pugno, subito dopo averlo sentito respirare il suo profumo e vedendolo stendersi a fissare la luna. Lo imitò, posando il braccio più lontano da lui sotto la nuca a mo' di cuscino. Anche lei fu attirata dalla luce argentea di quell'ammasso di materia capace di sconvolgere ogni cosa sulla Terra, sugli animali e gli esseri umani. Sembrava quasi non avere più dubbi. Doveva provarci con la seconda ipotesi. Lasciò andare un sospiro che si rese conto di aver trattenuto da quando si era avvicinato troppo a lei. «Il satellite avrebbe un ruolo più che dominante?» Ancor prima di dargli la possibilità di rispondere, la Lynch continuò a parlare a bassa voce. «Hai presente quando ti rimprovero quando abusi di alcol e droghe?» Voltò il capo verso di lui studiandone le eventuali reazioni. Era fin troppo rompi pluffe con tutto, ma sul fumare era stata alquanto chiara sui suoi pensieri da puritana. «Ti alterano, ti cambiano, ma io so che dietro, da qualche parte, ci sei sempre tu». Chiuse gli occhi, ritornando con il viso a puntare verso il cielo illuminato dalla Luna. «Saresti sempre tu, anche in una forma diversa, con istinti diversi e la lucidità a farsi esorcizzare», un risolino accompagnò la parte finale del suo discorso. Non era di divertimento, quanto più di nervosismo, tensione, pizzico di paura dell'ignoto. «Ma sei sempre Jug». Nessun nome pronunciato per intero, quello lo avrebbe lasciato agli sconosciuti. Aveva reclamato quel diminutivo che era il cuore vero del ragazzo che era steso accanto a lei sull'erba umida. La mano più vicina al suo corpo si allungò fino a cercare la sua, lasciando scivolare le dita nelle sue fino ad intrecciarle, qualora lo avrebbe permesso. «Lo sai che mi puoi dire tutto, senza censure. Non le abbiamo mai usate, neanche quando sapevamo che avrebbe fatto male», una strizzata a voler rinnovare quel patto. «E sai che sarò sempre qui, quando vorrai parlarne, ma parlarne davvero».Elisabeth
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