Ring of Power

Marina

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    San Mungo
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    Jacqueline De Lourant
    Medimaga | 28 anni
    Aveva sentito solo brutte cose su Denrise, non era un posto per una signorina d'alta classe come lei e, quei buzzurri tutto muscoli dei Denrisiani non erano il suo genere di clienti preferiti. Eppure dovette tapparsi il naso, ingoiare il rospo e prendere la nave per raggiungere quell'isola. Aveva saputo che all'osservatorio astronomico di Denrise era in vendita un oggetto alquanto unico e imperdibile e solo per quel motivo aveva trattenuto la bile e preso un biglietto per muoversi fino a lì. L'arrivo non era stato dei migliori, gli autoctoni erano ancora peggio di quanto lei si immaginava e solo grazie alle proprie capacità da Metamorfomaga si era riuscita a liberare degli "ammiratori" che la seguivano e la fischiavano. Solo una volta all'interno dell'Osservatorio Jacqueline si concesse un sospiro di sollievo. Si osservò attorno e superato il portone le sembrò di varcare un mondo diverso perché, attraverso sigilli di natura astrale, la temperatura dell'aria che la circondava cambiò autonomamente per divenire una fresca brezza che tanto le era cara nelle campagne parigine. Lì dove le pareti erano prive di finestre, si stagliavano alti verso il soffitto degli scaffali in marmo bianco che sembrano contenere oggetti di ogni tipo: dalle lenti alle mappe, dalle teche con ingredienti in salamoia ad antichi artefatti. Ovunque posava lo sguardo notava qualcosa di unico, e le conveniva acciuffarlo senza esitazione perché, dove prima si trovava un cannocchiale incantato dagli stessi dei, poteva ritrovare una mappa in grado di guidarla oltre i confini del mondo: così come il cielo sopra di noi muta attimo dopo attimo, lo stesso può dirsi della merce in esposizione. Jacqueline tuttavia aveva trovato con lo sguardo ciò che cercava, ciò per cui aveva quel viaggio e, non appena la Druida si sarebbe rivolta a lei le avrebbe detto. «Bonjour, vorrei quell'anello in osso.» Puntando il dito verso la teca che lo conteneva.

    «Parlato» - Narrato - "Pensato" | Scheda PG Stat.
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    Marina Stonebrug
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    Le enormi finestre che davano su Denrise e l'oceano che l'abbracciava facevano da tramite per il sole e la sua luce, ora piegata in sottili quanto affilate lame di luce. Una di queste, la più corposa, illuminava le spalle di Marina, rimarcandone i contorni quasi fosse una santa e quello il suo paradiso.
    Dall'altro lato del bancone si trovava un uomo dai capelli ramati e lo sguardo perso, la pelle piegata dal sole e la salsedine. Gli occhi erano velati da un velo di lacrima e in quelle iridi ora ridotti ad anelli sottili, la pupilla ricordava un pozzo che dava sugli inferi.
    La druida disegnò un arco con la mano e, ruotando il polso, una carta dei tarocchi le scivolò dalla manica fino alle dita. A una prima occhiata, la figura impressa sul cartone ricordava un angelo - se vista dritta - o un diavolo - al rovescio -.
    L'uomo, nel vedere un presagio tanto funesto, scoppiò in una serie di singhiozzi rigidi come un sasso che finisce tra una serie di ingranaggi. Marina non esitò a inclinare le spalle, portare le labbra accanto all'orecchio del rosso, e sussurrargli qualcosa che solo lui avrebbe udito.
    Con la stessa grazia e pathos di una crisalide che si spezza per rivelare una farfalla o delle nuvole che abbandonano il cielo per rivelare il più luminoso dei soli, le labbra dell'uomo si piegarono in un sorriso e il velo di lacrime scomparì come l'acqua versata in periodo di siccità. Lasciato l'uomo a metabolizzare quanto detto, Marina fu libera di dedicarsi al prossimo dei clienti.
    «Se lei è una sirena che ha perso la strada che porta nel ventre degli oceani temo di non poterle fornire alcun aiuto».
    Incantevole, indubbiamente, era il primo aggettivo che veniva alla mente pensando a Jacqueline De Lourant. Non si trattava di semplice bellezza o di carisma, quanto più di un fascino che non sapeva stancare lo sguardo.
    «Benvenuta nell'Osservatorio di Denrise».
    Continuò, superando il bancone con la grazia di un Tuono Alato che domina i cieli senza però temere terra o mare, per rivelarsi in tutta la sua altezza.
    Come un sole al centro del suo equilibrio, qualche oggetto si alzò in volo nella sua direzione, ma le bastò un colpo di bacchetta per richiamare a sé anche una sfera di vetro in cui fluttuava l'anello citato dall'altra.
    «Marina Stonebrug, piacere di servirla».
    La mano sinistra, con l'oggetto stretto tra le grinfie, esercitò una leggera esplosione e la barriera al suo esterno esplose, come fosse una bolla qualsiasi.
    «Conosce già le caratteristiche di questo artefatto o ha semplicemente un intuito per gli affari? Nel secondo caso, sono ancor più lieta di fare la sua conoscenza. Nel primo, sarò lieta allo stesso modo di descrivergliele».
    Avrebbe potuto darle un listino, ma il migliore era già lì; in carne, ossa, e sorriso rivolto verso Jacqueline.


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    Benvenuta, per qualsiasi dubbio o richiesta, non esitare a chiedere.
    Qui trovi anche il listino.
    Mi pare di capire che tu sia il player che muove anche Vath che, tempo fa, mi chiese dello stesso anello. Giusto?
     
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    Jacqueline De Lourant
    Medimaga | 28 anni
    Jacqueline fu piacevolmente sorpresa dall'accoglienza che Marina le riservò, un sorriso spuntò sulle labbra di lei quando sentì il complimento che la giovane ragazza le rivolse quel complimento paragonandola ad una Sirena. Si portò la mano sinistra ai capelli e, aggiustandosi una ciocca di capelli che le era andata fuori posto, inclinò il proprio capo verso sinistra scrutando la giovane di fronte a sé. Era carina, pelle color latte su cui alcune efelidi facevano capolino, una chioma scura che creava un perfetto contrasto con la pelle mentre gli occhi avevano il colore del mare. Un corpo slanciato che, probabilmente, univa una genetica favorevole ad anni d'esercizio. La ragazza era alta, forse quanto lei e, Jacqueline poté riconoscere con onestà che avrebbe potuto passare volentieri più di una notte sveglia in sua compagnia. «Merci, ammetto che son stupita di trovare un fiore tanto bello in una terra aspra come questa.» Disse, senza nascondere il fatto che non apprezzava per nulla le attenzioni degli autoctoni. Un sorriso, appoggiandosi con entrambi gli avambracci al bancone, mordicchiandosi leggermente il labbro inferiore e dondolandosi leggermente sulle gambe osservando i gesti di lei. «Grazie per il benvenuto, in effetti è la prima volta che mi trovo qui a Denrise ed è stata la fama del vostro osservatorio a farmi arrivare qui.» Osservò l'anello librarsi in aria e arrivare fino a loro e, con un sorriso, ascoltare la presentazione della donna. «Jacqueline De Lourant molto piacere, ma ti prego, dammi del tu, siamo praticamente coetanee.» Un sorriso e, la giovane Medimaga, avrebbe guardato verso l'anello contenuto nella teca, esaminandolo. Sembrava un anello in osso ma nonostante fosse Medimaga non seppe ricondurre la sua provenienza. Scosse il capo e, alzando lo sguardo verso di lei, le chiese. «In effetti mi son lasciata guidare dall'estetica, che cosa fa?» Le chiese, incuriosita dal dire di lei.

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    Edited by Jacqueline De Lourant - 12/5/2022, 22:28
     
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    Denrise
    Marina Stonebrug
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    Come figlia di Denrise, Marina portava in sé le più letali sfaccettature del mare. Il suo era un animo difficile da domare, ma che sapeva fornire ricchezza e sfarzi a chiunque riuscisse a ottenerne il rispetto.
    «Non peccherei di presunzione se assumessi che tra Porto e Osservatorio sia incappata in una rete di sguardi e commenti di pessimo gusto, dico bene?».
    Il sorriso passò dal gentile all'affilato, con un movimento tanto lento quanto ipnotico che avrebbe potuto ricordare il cammino di uno scorpione, o l'assalto di una vedova nera. Chiunque entrava tra i protetti dell'Osservatorio finiva anche tra i protetti di Marina, e chi vantava questo titolo - a sua volta - finiva per incutere timore nel grosso del villaggio. Lei portava il nome del mare e lei, in primis, riforniva ogni drakkar delle mappe o delle lenti attraverso cui i navigatori sapevano guidare capitani o capitane verso il successo.
    «Jacqueline De Lourant, strega dal valido intuito e non sirena dispersa nel più aspro dei villaggi».
    Un bagliore di candida eccitazione le attraversò gli occhi pericoloso come un leviatano tra i fondali, mentre il corpo sinuoso tornava a muoversi come una nuvola scossa dai venti. Raggiunse l'altra con passi felpati e ancheggianti, per poi continuare dritta verso l'altro lato del bancone, il corpo a piegarsi rivelando la carne bianca come il marmo e calda come il latte.
    Riemerse in superficie come un ricordo, sistemando i capelli dietro la spalla con un leggiadro colpo d'anca, con una bottiglia di vino e due calici, i cui steli pendevano dagli incavi delle mano.
    L'altra, quella che ospitava l'anello, sbocciò come un fiore e questo tornò a levitare a mezz'aria, quasi fosse un pianeta, avvolto da una densa barriera magica.
    «La storia di questo anello merita un buon vino, come la migliore delle compagnie, Jacqueline».
    Sillabò il nome come avrebbe fatto un diavolo tentatore, senza però privarsi del suo angelico sorriso.
    Un colpo secco liberò la bottiglia del Castillo Ygay Gran Reserva. Un tipico rioja invecchiato, 1986, acuto con acidità, leggero nel corpo, ma ricco di bouquet. Rubino scuro all'apertura, si sarebbe espresso tra ciliegia e ribes, arancia cotta e legno di sandalo. Lungo al palato ma mai banale, aveva tutte le caratteristiche delle migliori alleanze.
    La druida lo aveva raccolto dai resti dell'ultima caravella spagnola che aveva osato sfidare la nave in cui stava servendo da navigatrice.
    «Cento anni or sono, in concomitanza di un grande rituale astrale, la luna scomparve per un battito di ciglia. A migliaia e migliaia di chilometri di distanza, in Tibet, nello stesso istante, venne alla luce un cucciolo di Demiguise».
    Il vino venne versato in due calici, viola e freddi, in pietra d'ametista che sembrava essere stata lavorata dagli stessi dei.
    Il primo venne passato alla francese, il secondo Marina lo tenne per sé.
    «La creatura era stata macchiata dall'assenza di una luna che ne tutelasse l'essere, e come gli astri l'avevano ignorata, così il mondo fece nel resto della sua vita».
    Gli occhi, sibillini, incrociarono quelli di Jacqueline. La mano destra ricercò lo stelo del calice, per dare inizio a un primo brindisi con l'altra.
    «Dall'osso di quel Demiguise è stato creato questo anello. La natura della creatura si riflette nelle capacità del suo lecito possessore, il cui talento negli incanti di disillusione migliorerà vertiginosamente».
    Si sarebbe concessa un sorso a inumidirle le labbra.
    «Dandogli, a cicli periodici, la capacità di eludere sistemi di tracciamento».


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    Jacqueline De Lourant
    Medimaga | 28 anni
    Si sarebbe volentieri concessa in sacrificio sull'altare della lussuria per una ragazza come Marina, la Francese non appena la sentì parlare arrossì come una scolaretta e sentì un calore impadronirsi del suo basso ventre. «Quanti complimenti, merci Marina!» Si sentiva le guance in fiamme mentre, con indice sinistro, stava a giochicchiare con una ciocca di capelli color dell'oro. «Exactement, non è stato per nulla piacevole.» La voce della ragazza si era fatta leggermente più acuta, parlando con lei, mantenendo la melodiosa musicalità della propria lingua natia. «Ma ora è tutto passato e, se quello era il prezzo per poter stare in tua compagnia, sarei ben disposta a pagarlo più di una volta.» Si sarebbe rialzata e, con la giovane Druida accanto, il suo profumo con una deliziosa nota di vaniglia con tonalità balsamiche, avrebbe potuto deliziare i sensi dell'altra con profonde note calde e misteriose. Avrebbe fatto di tutto per poter avere un assaggio di quella pelle color del latte ma, per il momento, Jacqueline dovette accontentarsi di un bicchiere di vino. Da Francese amava il suo Borgogna e, quando Marina estrasse una bottiglia Jacqueline avrebbe spalancato la bocca in sorpresa, le labbra avrebbero formato una o perfetta. «Castillo Ygay Gran Reserva! Magnifique.» Avrebbe atteso il calice di vino e, con fare esperto, avrebbe osservato il colore del vino sollevando il calice per lo stelo, andandolo poi ad annusare e, non senza brindare assieme alla Druida, assaggiarlo. Ascoltò interessata la narrazione di Marina e quasi sbuffò, irritata con sé stessa, per non aver riconosciuto l'osso del demiguise. «De toute évidence, Demiguise, avevo riconosciuto che era osso ma non avevo idea che fosse di quella creatura nello spécifique.» Ammise, osservando l'anello ancora da distante. «Qual'è il suo prezzo?» Chiese, infine, alla Druida che le era accanto.

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    Denrise
    Marina Stonebrug
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    Un sorriso prezioso come uno zaffiro trovò spazio in quelle guance d'avorio che anticipavano due occhi del medesimo colore della pietra appena citata, seppur inquinati - o benedetti - da una fervida ambizione.
    Più di una volta Marina aveva ricevuto elogi per la capacità con cui la sua lingua sapeva muoversi, in più di un contesto, per tessere trame di piacere ed elogio. Fu lieta di scoprire come, contro ogni prospetto, anche l'Inglese - termine usato dai Denrisiani per indicare chiunque non rientrasse tra i figli della loro terra - condividesse la stessa capacità.
    «Oh, devo essere grata agli dei, allora, per aver ricevuto il compito di farti rivalutare quanto una terra come Denrise possa offrire. Ha mai visitato la Foresta Eterea?».
    Una candido sorriso a incurvarle le labbra nel volto angelico, mentre i gomiti finirono per premere contro il bancone e lo sguardo dello stesso blu dei mari a ricercare quello dell'altra.
    «La volontà del capo-villaggio è legge su acciaio, e né la pioggia, né la magia può piegarla, ma sono certa che per una persona del tuo calibro potrei cercare spazio e respiro tra una sua frase e l'altra».
    Rispettava, e temeva, Sigurd. Eppure, i denrisiani erano un un popolo di uomini e donne libere, impossibili da domare come le tempeste più devastanti, le stesse che - però - conservano anche il più vivo e intenso dei fascini. Fascino che, ora, riconosceva nelle sinuose movenze dell'altra.
    Offerto il vino e godendo di quell'ottima compagnia, avrebbe poi continuato.
    «Da quel che mi è stato rivelato da Grundi, uno dei carpentieri dell'isola, il segreto per riconoscere l'osso di Demiguise da quello di tanti altri animali è quello di osservarlo contro luce».
    La mano sinistra si sollevò, lasciando che la sfera contenente l'anello entrasse nel fiume di luce che faceva capolino da una delle tante finestre.
    I raggi di sole bagnarono l'artefatto riflettendosi in questo come se fosse composto da glitter.
    «A quanto pare ci sono dei cristalli che servono alla creatura per riflettere i colori e mimetizzarsi nel migliore dei modi, anche se forse questa è solo speculazione. È interessata alle arti antiche che oltre mare prendono il nome di... magitecnica?».
    Una collaboratrice sarebbe stata indubbiamente interessante. Poi, se della bellezza di Jacqueline, sarebbe stato anche meglio.
    «Fanno 800 galeoni, ma poiché riconosco che finiremo per contrattare, e lei immagino abbia cose più urgenti da fare, le dirò direttamente che posso venderglielo anche a 400, senza scendere però di un singolo galeone».


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    Jacqueline De Lourant
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    Quel sorriso l'avrebbe voluto vedere più spesso, su un morbido materasso, in sala da pranzo e in qualsiasi altro posto. «Non l'ho mai vista…» Esordì, anche se il suo pensiero era rivolto verso un'altro tipo di foresta. «La visiterei volentieri in tua compagnia.» In effetti Jacqueline non l'aveva mai fatto… nella natura. Nel bel mezzo della foresta su un morbido letto d'erba o, ancora meglio, profumato muschio…si, forse si sarebbe lasciata andare ad una esperienza più "selvaggia" con Marina. Jacqueline riusciva a percepire la sua aura di potere, se già tra le mura dell'osservatorio astronomico la donna emanava quella forza, si chiese cos'avrebbe visto nel pieno del suo elemento. La Medimaga notò come anche l'altra stesse cercando il proprio sguardo e, sorridendole e mostrando i denti candidi come il più perfetto degli avorii, sostenne e affondò lo sguardo in quello allocromatico della donna. La giovane ascoltò la spiegazione dell'altra riguardo l'osso di Demiguise e, sollevando la mano sinistra a racchiudere la sua, le si avvicinò da dietro. La mano destra le si sarebbe posata sul fianco di lei, un tocco delicato e sensuale mentre con il seno avrebbe premuto la schiena di lei, il mento infossato nell'incavo della spalla di Marina ad osservare l'anello e la rifrazione della luce su di esso. L'effetto glitter le provocò un risolino divertito. «C'est magnifique.» La voce ormai ridotta ad un sussurro sensuale. Sul prezzo un sorriso candido quanto la sua anima nera le spuntò sul volto, quando Jacqueline voleva qualcosa la “Petite Princesse” doveva ottenerlo, costi quello che costi. «En fait non. È un piacere passare del tempo con te. E contratterei sul prezzo solamente per allungare quel tempo.» Si staccò a malincuore da lei e la mano sarebbe andata alla borsetta estraendo il portafoglio e mettendo mano ai Galeoni.

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    Marina Stonebrug
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    Solo gli spiriti più audaci oserebbero fondere le loro anime di fronte agli occhi degli dei. Non si tratta di eresia o ignoranza, ma di un atto di coraggi che in pochi saprebbero portare a termine, e mai prima di una serie di curve di piacere.
    A ogni modo, gli affari sono affari e lei, come denrisiana, ha il sacro dovere di valorizzare la sua terra e la sua cultura.
    Quale mezzo migliore per farlo, però, se non vivere la stessa terra? In ogni angolo? In ogni modo?
    Le parole sanno essere piacevoli, ma ci sono mezzi migliori per rimanere impressi.
    «Riconosco ora che, e perdonami il paragone, più che una sirena ricordi forse una succuba».
    Le parole si erano spogliate di qualsiasi accezione negative mentre un brivido aveva risalito i fianchi invitanti della druida per soffermarsi sulle labbra, ora arricciate in quello che appariva un sorriso carico di iniziativa.
    Il seno di Jaqueline contro la schiena di Marina era una fonte di calore che questa non poteva ignorare, quasi fosse un fuoco che, se lasciato libero, avrebbe potuto divorarla. Lei, però, degli elementi era esperta, e tra questi il suo preferito era la carne umana.
    Così facile, e piacevole, da piegare sotto le sue abili mani.
    «Do per scontato, allora, che avremo modo di incontrarci nuovamente a Londra. Cercavo da un po' un motivo per salpare».
    La mano destra avrebbe sfiorato il legno della bacchetta, lasciando il corpo di Jaqueline libero di muoversi, per poi accarezzare la sfera di magia che proteggeva l'anello. Una prolungata scarica di magia divampò contro l'artefatto, graffiando via rune invisibili, utili probabilmente ad avvelenare eventuali ladri troppi incauti.
    Quando l'oggetto fu libero di fatture, Marina lo lasciò scivolare sul palmo dell'altra, per poi lasciare che l'osso abbracciasse l'anulare. Solo in seguito avrebbe accettato i galeoni.
    «È stato un piacere, Jacqueline».


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