Colleghi

Aaron&Jacquiline

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    Jacqueline De Lourant
    Medimaga | 28 anni
    Poteva essere carino, importante quanto voleva al S. Mungo e probabilmente un suo superiore, ma con lei aveva proprio sbagliato atteggiamento e la ragazza non perdonava né dimenticava. Jacqueline notò come lo sguardo del collega andasse a fissarsi sull'orologio, come se lei fosse un perdita di tempo o che non meritasse la sua attenzione. “Ma vaffanculo va!” Fu il pensiero della ragazza che alzandosi avrebbe spostato delicatamente la sedia su cui sedeva. Le parole che le aveva rivolto sottolineavano ulteriormente come, l'incapacità di ascolto dell'altra persona, cozzava contro la sua visione del mondo senza trovare spazio di dialogo o di comprensione da parte del Barnes. “Pieno di sé fino al midollo, le uniche cose che lo hanno portato avanti sono state il suo bel faccino e il suo gonfio conto alla Gringott.” Pensò, prendendo in considerazione l'idea che non potesse piacere a tutti, forse il poveretto preferiva le melanzane rispetto ai tuberi, vedendosi così snobbata. Eppure, se fosse stato realmente gay, non avrebbe dovuto fare difficoltà a comprendere ciò che lei stava provando a dirgli con vari giri di parole. Era stanca di ripetersi e non c'è peggior sordo di chi non vuole ascoltare, che si tenesse la sua ragione ben sapendo che non fosse altro che la ragione degli stolti. Certo, avevano una marcia in più le donne, ma di certo avere una vagina tra le gambe non le rendeva delle Legilimens in grado di comprendere ciò che altri stavano pensando. Solo allora Jacqueline inclinò il polso per guardare di rimando l'orologio, più per controllare l'ora che per reale noia, forse si era concessa una pausa un po' più lunga di quella che doveva ma per far comprendere le proprie ragioni erano minuti ben spesi. «Non è che facciamo tardi?» Chiese al collega non avendo ancora capito se fosse smontante dalla notte o di turno assieme a lei. Sarebbe ritornata sull'argomento, cercando un modo più che chiaro di spiegare il proprio punto di vista. Sapeva di non poterlo costringere a pensarla allo stesso modo, avevano opinioni ed esperienze diverse ed era normale, in una discussione, cercare di farsi comprendere senza tuttavia prevaricare l'una sull'altro. «Non ho un metro di giudizio e non voglio apparire superficiale rispondendo con una classica visione Disneyana del Principe Azzurro né voglio fare esempi con un cavaliere dall'armatura scintillante pronto a salvarmi. Mi spiace ma se mai mi dovessi identificare con qualcuno dei personaggi Disney di certo la mia scelta non ricadrebbe mai sulle principesse. E mi dispiace che non riesco a spiegarmi.» Che poi da piccola venisse chiamata la "Petite Princesse" quello era tutto un'altro discorso. «Per esempio, abbiamo appurato che tua madre per amore ha preso quella scelta drastica ma, invece, tu che cosa faresti per amore? Come lo interpreti l'amore?» Delle domande lecite dato che, fino ad ora, era stata lei a parlare di cosa fosse per lei quel sentimento. Avrebbe proprio voluto ascoltare la risposta del collega ad una domanda così difficile perché, di fronte all’amore, sentimento che può travolgere ogni persona con grande forza, ci si sente spesso vulnerabili e allora si ha il bisogno di dare una definizione, una forma precisa ad un sentimento per il quale, a volte, si perde il controllo. Buon per lui che sapeva cosa ci voleva per farlo emozionare, un privilegio che Jacqueline ancora non aveva ricevuto, certo c'erano stati dei flirt occasionali, uno concluso in bellezza con Soraya al “Le Vie en Rouge”, Marina quando era andata ad acquistare quell'anello che tuttora portava. Ma niente di così eclatante o che fosse paragonabile a quello che le era sembrato di capire dalle parole di Aaron. E proprio ripensando a quelle due occasioni Jacqueline si sentiva di poter esprimere il pensiero che le sovvenne in mente per rendere cristallino il proprio pensiero. «Quando ci si innamora non ci si innamora mai in toto ma c'è sempre quel piccolo particolare che ti fa scattare la scintilla. Il tono di voce, uno sguardo, il sorriso e dopo ci si innamora del resto, della persona in sé, suppongo.» Disse in un misto tra affermazione e domanda come se non fosse sicura delle proprie parole. Cercando di non venire fraintesa per l'ennesima volta perché, davvero, non aveva più idea di come farsi capire.

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    Che denota ambizione, intraprendenza o, anche, eccessiva presunzione.
    Aaron era uno che si annoiava spesso e volentieri. Era una persona che nell'ascolto ci metteva sempre tutta la buona volontà e lo aveva fatto anche con lei. Fino a quando aveva cominciato a non capire quello che lui chiedeva ed a voler avere anche ragione, in maniera presuntuosa ed avendo un'espressione arrogante e saccente. Aaron, nonostante se lo potesse davvero permettere, non lo era mai stato. Comunque fece un respiro profondo e cercò di raddrizzare la sua voglia di essere li. Quando lui guardò l'orologio e lei le chiese se erano in ritardo, Aaron alzò un sopracciglio. Ma perchè dovevano andare insieme da qualche parte? Oddio che cosa complessa. No, io non devo andare da nessuna parte, tu? Insomma in che senso "facciamo tardi"... per cosa? Lo stava rifacendo. Lei non sapeva neanche dove si trovava di casa e lui era lo stronzo. Comunque alla fine non disse niente, non c'era modo di sfuggire a certe persone. Poi ascoltò tutto il suo discorso sulle principesse disney ed aprì la bocca più volte per parlare, ma alla fine non disse niente. A quella domanda però riflettè un momento. Io credo nell'amore puro, quello vero, quello fatto di complicità e sacrifici, quello dove non serve niente se non l'altro. Io farei di tutto per riuscire a trovare la mia anima gemella. Ci credo, ci ho sempre creduto. Ho avuto parecchie storie dove ho investito moltissimo, ed alla fine niente. Quindi al momento mi accontento di un bicchiere di vino, una bella donna, una chiacchierata sana e risate. Non lo cerco più. Comincio a pensare che non ne valga davvero la pena. Ecco, così si capiva la differenza di quello che era l'amore come lo intendeva lui e quello che invece si faceva generalmente? Comunque, non voleva neanche troppo rifletterci su, anche perchè era seriamente massacrato e non aveva intenzione di discutere. Non era uno che discuteva spesso, infatti per lui quello era stato solamente un mettere i puntini sulle i e nient'altro. Alla fine non la conosceva ed Aaron non era uno che si metteva a giudicare il foglio dalla copertina. Mi dispiace, ma io sono stato innamorato, innamorato veramente ed ero innamorato completamente. Avrei dato la vita per lei e l'avrei tolta. L'amore non è qualcosa che si vive a metà, o sei innamorato o non lo sei, o ti emozioni o non ti emozioni. Vuoi sapere a me cosa mi fa tremare il cuore e che mi fa interessare, quantomeno ad una donna? La dolcezza. é qualcosa alla quale io non riuscirei mai e poi mai a rinunciare. Ovviamente la dolcezza può essere manifestata in tantissimi modi, ma è la mia debolezza. Boh, forse, semplicemente avevano due modi di esprimersi che non collimavano affatto. Come se i due parlassero la stessa lingua ma non si capissero. Era esattamente quella la sensazione che aveva in quel momento. Non c'era niente da fare.
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    Aaron Barnes
    Più alto vola il gabbiano, e più vede lontano.
     
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    Jacqueline De Lourant
    Medimaga | 28 anni
    Il sopracciglio di Jacqueline si sarebbe arcuato ancora un poco di più verso l'alto alla risposta dell'altro. C'era davvero un problema comunicativo tra loro e non era così difficile da capire una domanda simile. «Per il turno, siamo al San Mungo anche se il bar può sviare… Fai mattina o sei smontante dalla notte?» Disse, esasperata da quella moltitudine di incomprensioni. Ma che diavolo, era mai possibile che tutti quelli con cui avesse a che fare fossero così lenti di comprendonio? A volte le sembrava di essere un treno ad alta velocità mentre gli altri dei macinini a vapore. Sbadigliò, incapace come sempre di trattenere la propria stanchezza quando faceva il turno di mattina. Svegliarsi presto spesso le causava delle occhiaie che si trasformavano in, più che borse, valigie sotto gli occhi. Alzarsi prima dell'alba, in piena notte, mentre tutti stanno dormendo beatamente per presentarsi sul lavoro solo perché i turni erano stati settati su tre turni da otto ore, se non addirittura su due da dodici ore, era qualcosa di aberrante. Non aveva neanche iniziato il turno da poche ore che, di già si sentiva uno straccio sbadigliando a profusione. La ragazza avrebbe ascoltato il discorso di Aaron per capire il proprio punto di vista, annuendo alcune volte alle parole del collega Magipsicologo, e una volta compreso il suo punto di vista accantonarlo. Le informazioni a cui lei prestava attenzione erano prettamente quelle a cui si poteva trovare una pratica utilità: qualcosa da cui, in futuro, avrebbe potuto ricavare un sostanzioso guadagno personale. Schiarì la voce, esibendo un sorriso sul volto di porcellana, e annuì in maniera più convinta. «Sì, posso essere d'accordo con te. A volte una piccola dolcezza da parte di qualcuno è tutto ciò che serve per sciogliersi ed essere più rilassati. Una carezza, una ciocca di capelli messa a posto, capisco perfettamente.» La ragazza avrebbe messo la mano nel proprio camice estraendo il Magifonino che aveva iniziato a vibrare e, una volta sbloccato, leggere il messaggio.

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    Finalmente era finita quella agonia. Quando Jaqueline diede quella risposta Aaron non seppe davvero che dire. Ma perchè parlava al plurale quando non sapeva neanche che ruolo avesse in quell'ospedale? Veramente gli sembrava che quella ragazza non capisse la sua stessa lingua, ma non disse niente. Quella conversazione doveva finire già un sacco di tempo fa perchè non aveva alcun senso. Lo aveva fatto parlare a vuoto senza veramente neanche capire quello che voleva dire. E lui che aveva pensato di conversare con una ragazza tanto bella quanto simpatica ed intelligente. Niente, a volte era proprio vero che più erano belle, meno riuscivano ad avere una conversazione quantomeno ad un certo livello. Ironico pensare che anche lei stesse pensando la stessa cosa, ma sicuramente i due si sarebbero comportati a modo ed in maniera diplomatica per quanto possibile. Aaron era un bravo ragazzo e soprattutto era una persona rispettosa che aveva una certa reputazione da mantenere. Era uno dei maghi con il cognome più antico di Londra e forse del mondo magico, era uno che aveva soldi, talmente tanti che non era veramente possibile quantificarli ed era uno paziente. La pazienza era sicuramente qualcosa che gli apparteneva fin da quando era un bambino. In fondo aveva cresciuto suo fratello, no? Non rispose a niente che la ragazza disse andando a guardare anche lui il suo telefono ed ancora il suo orologio, fino a quando alla ragazza squillò il telefono e lui fece un sospiro di sollievo interno. Sorrise appena alla bionda. Credo che si sia fatto davvero tardi adesso. Aggiunse poi alzandosi da quel tavolino e sorridendole appena. é stato un piacere conoscerti! E spero che ti troverai bene qui al San Mungo! Aggiunse senza peanche pensarci un pò. Voleva solamente fuggire, non aveva mai avuto una conversazione tanto sgradevole nella sua vita, a dire il vero. Insomma era veramente pazzesco come ci si poteva ricredere immediatamente su di una persona. Era quasi sconvolgente il fatto che uno come Aaron volesse fuggire a gambe levate da un tavolino di un bar, lui che conversava e faceva amicizia anche con le pietre. Sorrise ancora alla ragazza. Allora alla prossima! Aggiunse poi salutandola un pò in imbarazzo con la mano e poi andando a pagare e delilandosi. Si, era meglio in quel modo. Doveva andare via quando aveva deciso di farlo, inutile procrastinare conversazioni che non avevano senso.
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    Jacqueline De Lourant
    Medimaga | 28 anni
    Essere una francese a Londra stava a significare che, per quanto avezza alla società magica, alle famiglie purosangue e alle usanze francesi, aveva una serie di lacune su ciò che erano gli usi e i costumi degli abitanti d'oltremanica. Basti pensare all'humor inglese, che lei non capiva e anzi, ogni volta che sentiva una di quel tipo di battute inarcava il sopracciglio come a sottolineare che non avesse compreso l'ironia. Lestrange, Delacour e molti altri cognomi Francesi erano quelli che conosce riguardo alle famiglie purosangue. Jacqueline abbandonò il cellulare rapidamente e un leggero sospiro sfuggì dalle sue labbra, la ragazza non era particolarmente soddisfatta dell'incontro ma, purtroppo, così era andato. Forse su quella discussione si era sollevato un velo d'incomprensione che era pressoché impossibile da dipanare. La Medimaga si schiarì la voce portando entrambe le mani sul camice bianco nel vano tentativo di lisciare le pieghe che si erano formate mentre era seduta al tavolino. Alla fine, in un mondo così vasto, era impossibile farsi piacere a tutti e la francese dovette riconoscere che Aaron era una di quelle persone con cui certamente non era riuscita a trovare un feeling. Sorrise nuovamente alle parole del Magipsicologo annuendo. «Oui, sì, è stato un piacere anche se devo ammettere che è stato un incontro particolare.» Iniziò a dire riassumendo con quelle parole l'incontro appena svolto. «De tout evidence, sicuramente prima o poi ci dovremmo affacciare nuovamente sull'argomento. Un sano scambio di opinioni è la base per un buon feeling tra colleghi.» Continuò a dire mentre l'interfono dell'ospedale si accese per mandare un messaggio. «La Medimaga De Lourant è gentilmente pregata di presentarsi in obitorio.» I morti a quanto pare la reclamavano e Jacqueline alzò le braccia con fare quasi sconsolato. «Mi spiace ma a quanto pare anche io ho qualcosa da fare. Arrivederci Aaron Barnes.» Accennò un sorriso e, alzando la mano in saluto, Jacqueline eseguì una leggera piroetta sulle punte delle scarpe per poi allontanarsi a grandi passi in direzione delle scale per raggiungere il proprio reparto.

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