Non si può scappare dalle conseguenze delle proprie azioni

Adrien&Vath

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  1. Adrien Beauvais
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    Erano passate circa due settimane da quanto era accaduto dopo l'arresto di Adrien. Non aveva contattato Vath Remar, non gli aveva mandato alcun messaggio, né l'aveva chiamato. Non aveva avuto la faccia di presentarsi nel suo studio: l'aveva combinata proprio grossa. Troppo. Aveva davvero esagerato. Quanto cazzo era grande la sua mania di protagonismo? Ma era il suo nome? Non sapeva nemmeno lui, a volte, di cosa stesse parlando. Aveva sentito troppo la pressione sulle sue spalle ed aveva ceduto. Fumarsi le sigarette e, poi, anche le canne, era un modo per scaricare la sua tensione. Non aveva altro modo. Uno abbastanza sano che ultimamente stava riscoprendo era la boxe: si allenava assiduamente, alternandosi tra Blake Barnes e suo fratello James. Ma, mentre con il primo poteva parlare più liberamente, con il secondo era costretto a tenersi tutto dentro. Ed era stremato. Non voleva sentirsi così ma, purtroppo, era una sensazione che non derivava solo da lui stesso. Erano le colpe dei suoi genitori ad addossarsi su di sé e su Regina. Gli dispiaceva un sacco per sua sorella, per averla gravata di un ulteriore peso, dispiacere e delusione. A maggior ragione, avrebbe avuto tutti i motivi per allontanarsi da lui. Ma non l'aveva fatto. E per questo motivo, l'amava ancor più intensamente.
    Quella notte, passata insonne, aveva preso la saggia decisione di affrontare le conseguenze delle sue azioni e di chiedere scusa al Signor Remar per il suo comportamento abominevole. Era stato fin troppo paziente con lui.
    La mattina seguente, vestito con la sua uniforme scolastica, durante qualche ora di buco, uscì dal castello per recarsi al Ministero, dopo aver chiesto il permesso per poterlo fare. Aveva con sé ancora la sua borsa di scuola.
    Entrato nella cabina telefonica di Londra che lo collegava al Ministero, digitò la serie numerica 6-2-4-4-2 sulla tastiera del vecchio telefono. Fu subitamente catapultato nell'atrio della struttura. Raggiunse il piano dove sapeva fosse situato lo studio di Vath Remar. Era sicuro che quello fosse il suo orario di pausa, quindi, non l'avrebbe disturbato.
    Si avvicinò alla porta in legno e alzò un pungo per bussare ma, prima, prese un respiro profondissimo. Era agitato, pallido, sudaticcio per l'ansia che gli faceva battere il cuore all'impazzata. A differenza del suo stato d'animo, il rumore delle sue nocche sulla porta fu secco e deciso.
    17 Y/O - BLACK OPAL - STUDENTE - PUROSANGUE

    Vath Remar
     
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    Il silenzio era tutto ciò che Adrien aveva ottenuto da Vath nel corso di due settimane, né un messaggio, né una chiamata. Come gli aveva detto quel giorno di due settimane prima, dopo che era stato portato al suo ufficio, Aiden non avrebbe ricevuto nient'altro da parte sua per il successivo mese. Quella comparsata che aveva fatto Aiden al Ministero, certamente non programmata da parte del Ministeriale, sembrava una buona idea per sistemare le cose o prendersi la responsabilità delle proprie azioni. Quando bussò non ci volle molto che una voce femminile rispose con un "avanti", una ragazza abbastanza giovane si presentò al di là della porta, indossava un tailleur nero elegante e, al di là della scrivania, stava terminando di scrivere qualcosa al proprio Charming Computer. «Buongiorno!» Esordì la ragazza con voce calda, rivolgendosi al ragazzo un sorriso, guardando la divisa di Hidenstone. «Io sono Lizzie. Posso fare qualcosa per lei?» Adrien poteva avere il dubbio di trovarsi nell'ufficio sbagliato eppure, era certo che aveva letto bene la targhetta sulla porta? Nella confusione di quel momento Adrien avrebbe potuto ricordare come, in effetti, avesse controllato la targhetta e quella recitava chiaramente Vath Remar Funzionario Scelto per l'ufficio Cooperazione Magica Internazionale. La giovane, in effetti si sarebbe rivelata come la segretaria personale del ministeriale, e con il computer aperto su un programma per controllare gli appuntamenti chiese. «Ha un appuntamento? Di chi devo dire?» Se Adrien si fosse presentato per nome e cognome, infatti, avrebbe osservato il volto della ragazza farsi triste e, scuotendo il capo, avrebbe risposto in maniera negativa. «Mi dispiace Mr. Beauvais, il signor Remar al momento non può riceverla. Tuttavia mi ha informato che, se fosse passato, gli ha riservato un appuntamento tra due settimane alle ore 14:00.» Se il Black Opal avesse prestato attenzione, si sarebbe accorto come, nella data scelta per il suo appuntamento con Vath il ministeriale avesse fatto apposta passare un mese dall'appuntamento a quel giorno al Quartier Generale Auror.

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  3. Adrien Beauvais
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    La porta fu aperta, come presumeva che accadesse, ma, invece di trovarsi davanti Vath Remar, ad accoglierlo c'era una donna non molto alta, con un perfetto tailleur nero e capelli lucenti. Non sapeva riconoscerla: che Vath Remar avesse una fidanzata? Fino a quando avevano avuto le loro lezioni e lui si era presentato alla porta di quell'ufficio per scambiare due parole con il Ministeriale, nessuna donna aveva aperto la porta dello studio dell'uomo, tantomeno accolto gli ospiti.
    - Buongiorno. - rispose, di rimando.
    La donna si presentò come Lizzie. Quando capì che fosse la segretaria dell'uomo, una fitta al cuore si presentò forte, perché un ricordo gli tornò alla memte: aveva visto la stessa ragazza il giorno in cui aveva litigato con il ministeriale, ma non ci aveva fatto più di tanto caso. Lei, tuttavia, avrebbe dovuto già riconoscerlo.
    - Ho bisogno di vedere il signor Remar - disse.
    - Sono Adrien Beauvais -
    Fu scosso dall'esigenza per cui avrebbe dovuto avere un appuntamento... lo sapeva benissimo che l'uomo era in pausa e avrebbe potuto riceverlo tranquillamente, ma sicuramente non voleva né vederlo, tantomeno sentirlo. Sospirò rattristato.
    - Va bene, ma potrebbe consegnare questa per me? - le domandò, porgendole una busta bianca, recante il nome del mittente e quello del destinatario. Se Lizzie avesse accettato di consegnarla e l'uomo l'avesse aperta, il testo scritto sarebbe stato il seguente:

    Signor Remar,
    forse non valgono nulla queste mie parole e non pretendo il perdono da parte Vostra. Non ne sono meritevole, lo ammetto io stesso. Sono stato scortese, anzi, un grande ineducato nei Vostri confronti che mi avete permesso di sedere ad alcune lezioni, seppur Voi non avesse nessun obbligo nei miei confronti. Ai miei peccati, si sommano l'ingratitudine e l'infantilismo. Mi dispiace per come mi sono comportato, non avrei dovuto.
    Spero di risentirvi presto.
    Adrien Beauvais


    [Due settimane dopo, ore 14:00]


    Esattamente due settimane dopo, Adrien si era presentato nuovamente alla porta dell'uomo. Si era vestito meglio che poteva, aveva pettinato i suoi capelli perfettamente. Non si sarebbe comportato come l'ultima volta, ne era sicuro.
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    Vath Remar


    Edited by Adrien Beauvais - 18/4/2022, 00:24
     
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    Aveva detto un mese senza lezioni e così era stato, nonostante il ragazzo fosse venuto a trovarlo al Ministero della Magia Vath non lo aveva ricevuto. Quel giorno tra l'altro aveva un'importante riunione alla Confederazione Internazionale dei Maghi e, di conseguenza, non avrebbe comunque potuto ricevere Adrien Beauvais. Come avrebbe imparato strada facendo il giovane Black Opal, se il Funzionario Scelto per l'ufficio Cooperazione Magica Internazionale diceva una cosa quella era e nulla lo avrebbe fatto smuovere dalla parola data, nel bene e nel male. Nonostante tutto non aveva completamente tagliato i ponti con il rampollo dei Beauvais, la lettera che il ragazzo gli aveva lasciato l'aveva letta e, indeciso se rispondergli o meno, aveva valutato le parole scritte dal ragazzo. Quel giorno aveva preso appuntamento, aveva riservato un'ora della sua giornata lavorativa ad Adrien per sentire sia quelle parole scritte nella lettera a voce ma, soprattutto, dette in arabo. Avrebbero infatti conversato nella lingua mediorientale e Vath avrebbe notato sì ci fossero stati eventuali progressi da parte del Black Opal. Alle due spaccate aveva dato ordine a Lizzie di far entrare il ragazzo e, prima ancora che questi potesse aprir bocca, Vath avrebbe esordito aprendo lui la conversazione in arabo. «Sabah alkhayr ya 'adrien.» Disse assumendo le classiche intonazioni della lingua araba. «Min fadlik ajlis.» Una volta che Adrien avesse ottemperato alla richiesta di Vath, sedendosi, l'uomo estrasse dal cassetto una lettera, Adrien avrebbe indubbiamente riconosciuto la propria grafia e sicuramente si sarebbe chiesto che cosa il Ministeriale gli avrebbe detto a riguardo. «Laqad talaqayt khitab aetidhar alkhasi bika.» Posò il foglio sulla scrivania e, allungandoglielo con la mano, proseguì. «'uriduk 'an tutarjimaha 'iilaa alearabiat thuma wasanatahadath eanha eindama tantahi.» Una richiesta semplice, una traduzione a cui Adrien avrebbe dovuto adempiere nel corso di quell'ora assieme a Vath.

    /«Buongiorno Adrien.»
    «Per favore siediti.»
    «Ho ricevuto la tua lettera di scuse.»
    «Voglio che lo traduci in arabo e ne parleremo quando avrai finito.»

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  5. Adrien Beauvais
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    Adrien fu accolto nuovamente da Lizzie.
    - Buongiorno! - la salutò, educatamente. Buttò un'occhiata al suo orologio da polso, un woodwatch finemente intagliato. Erano le 13:55. Aveva conosciuto abbastanza bene Vath Remar per sapere che apprezzava la puntualità e che avrebbe consentito il suo ingresso in ufficio alle 14 spaccate. Così, infatti, avvenne: la porta della stanza attigua fu spalancata dal ministeriale all'orario da lui deciso. Stava proprio per enunciare un "Buongiorno", quando l'uomo lo salutò in arabo. Gli occhi di Adrien si spalancarono leggermente: avrebbero parlato in arabo?
    - S-sabah alkhayr sayid Remar - balbettò, sconcertato da quello che stava avvenendo. Pensava che sarebbe stato accolto da parole fredde e di rimprovero in lingua inglese, ma, effettivamente, non era quella l'intenzione del ministeriale.
    Prese posto sulla sua solita sedia, proprio quella seconda che aveva fatto cadere la volta precedente. Rivolse il suo sguardo verso il punto del tavolo che aveva spaccato con un pugno, ora intatto e immacolato. Non si rese conto che l'uomo avesse estratto la lettera da un cassetto in legno, fino a quando non gli fu posta davanti agli occhi.
    Annuì, con il volto abbassato verso i suoi piedi e sguardo contrito. Non pronunciò alcuna parola, era troppo imbarazzato per farlo. Ma quella vergogna si manifestò palesemente sul suo volto, facendo arrossire le sue guance, quando gli fu dato l'ordine di tradurre la sua stessa lettera di scuse.
    Aprì il foglio e posò gli occhi sulla sua scrittura. Si schiarì la voce.
    - alsayid Remar - cominciò.
    - La...laeala- kalami hadha la yusawi shyyan wala 'atawaqae mink almaghfirata. 'ana la 'astahiqu dhalik , 'aetarif bi-bi-bidhalik binafsi. laqad kunt wqhan , hcan, ghayr mutaealim tijahak lidarajat 'anak samaht li bialjulus fi baed aldurus , hataa law lam yakun ladayk 'ayu ailtizam tajahi. 'iilaa khatayay , 'udis aljuhud waltufulatu. 'ana asif ealaa altariqat alati tasarafat biha , la yanbaghi 'an 'afeala. 'atamanaa 'an 'asmae radak quariba. -
    17 Y/O - BLACK OPAL - STUDENTE - PUROSANGUE

    Vath Remar

    'Buongiorno, Signor Remar!'

    Versione corretta:
    alsayid Remar ,
    laeala kalami hadha la yusawi shyyan wala 'atawaqae mink almaghfirata. 'ana la 'astahiqu dhalik , 'aetarif bidhalik binafsi. laqad kunt wqhan , hqan , ghayr mutaealim tijahak lidarajat 'anak samaht li bialjulus fi baed aldurus , hataa law lam yakun ladayk 'ayu ailtizam tajahi. 'iilaa khatayay , 'udif aljuhud waltufulatu. 'ana asif ealaa altariqat alati tasarafat biha , la yanbaghi 'an 'afeala.
    'atamanaa 'an 'asmae radak qariba.
    Adrien Beauvais
     
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    Il ministeriale si alzò dal proprio posto e, mentre Adrien traduceva la propria lettera in arabo prese a passeggiare lungo il proprio ufficio. Quel giorno un completo elegante dai toni più chiari avvolgeva il corpo del Funzionario Scelto per l'ufficio Cooperazione Magica Internazionale, il grigio dell'abito risaltava sul bianco della camicia in seta. L'uomo andò alla propria libreria e, preso un libro iniziò a sfogliarlo, ad Adrien poteva sembrare che non stesse prestando attenzione alle sue parole eppure, non appena sbagliò termine, Vath fu pronto a correggerlo. «Bidhalik.» Disse, senza sollevare lo sguardo dal libro, sì schiarì la voce con un paio di colpetti di tosse. «Bidhalik.» Ripeté, con più lentezza, cercando di fare intendere al ragazzo la giusta pronuncia. «Yajib 'an yakun alsawt 'aseab , fahu Q walays C.» Gli spiegò, ripetendo più volte il termine errato per farlo assimilare allo studente. «Karir mari: Hqan.» Lo sguardo di Vath si posò sulla schiena del ragazzo mentre, una dolce melodia di Debussy, faceva da sottofondo musicale durante l'incontro. Mise il segnalibro nel punto trovato chiudendolo e, portando il tomo alla scrivania, lo posò in attesa che il ragazzo terminò la traduzione. Un nuovo errore giunse da parte di Adrien e, Vath, con pazienza lo corresse. «'udif» Sul finale della traduzione Adrien commise un altro errore che il Dipendente del Ministero gli fece notare. «Qariba.» Si sedette nuovamente alla scrivania e preso un foglio di carta trasse fuori dal proprio taschino la stilografica. Con grafica elegante, Vath avrebbe vergato di proprio pugno la stessa lettera che Adrien aveva appena tradotto.

    السيد ريمار ،
    لعل كلامي هذا لا يساوي شيئًا ولا أتوقع منك المغفرة. أنا لا أستحق ذلك ، أعترف بذلك بنفسي. لقد كنت وقحًا ، حقًا ، غير متعلم تجاهك لدرجة أنك سمحت لي بالجلوس في بعض الدروس ، حتى لو لم يكن لديك أي التزام تجاهي. إلى خطاياي ، أضيف الجحود والطفولة. أنا آسف على الطريقة التي تصرفت بها ، لا ينبغي أن أفعل.
    أتمنى أن أسمع ردك قريبا.
    أدريان بوفيه


    Porgendo poi il foglio ad Adrien disse.
    «Allughat alearabiat hi lughat taktub min alyamin 'iilaa alyasar , dae dhalik fi aliaetibar eind kitabat almustanadat bihadhih allughati.» Apri il libro e gli mostrò l'alfabeto arabo.


    /«Il suono dovrebbe essere più duro, è Q, non C.»
    «Ripeti con me:»
    «L'arabo è una lingua che si scrive da destra verso sinistra, tienilo a mente quando andrai a comporre documenti in questa lingua.»


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  7. Adrien Beauvais
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    Mentre traduceva, il Ministeriale cominciò a camminare avanti e dietro lungo l’uffio, fermandosi di tanto in tanto presso la libreria della stanza, da cui raccolse un libro che cominciò a sfogliare: quell’atteggiamento gli fece venire non poca ansia, forse da prestazione, che si manifestò con il saltellare della gamba sinistra sotto al piano del tavolo. Fu proprio quella a condurlo a sabgliare la pronuncia di alcuni termini, che sapeva benissimo come andavano pronunciati.
    - Bidhalik – ripetè dopo Vath, cercando di correggersi. Man mano che continuò, si sentiva sempre più frustrato dalla sua mancanza di concentrazione per la sopraffazione di timori che, in quel momento, andavano ben oltre la traduzione. Avevano litigato un mese prima, per l’amore del cielo! E l’uomo non ne aveva fatto menzione, se non tramite la traduzione di quella sua stupida lettera. Probabilmente non aveva apprezzato? Era questo che si domandava costantemente nella sua mente, distrazione che comportò il secondo errore.
    - Hqan – affermò, prestando attenzione a far sentire bene la C. La musica di Debussy di sottofondo non aiutò a calmare i suoi nervi. Non aveva intenzioni di esplodere, anche perché non si sentiva in vena e aveva paura di rovinare tutto, questa volta sul serio.
    La terza correzione arrivò prontamente: - ‘udis- ehm, scusi, ‘udif -. Quell’errore lo aveva tradito.
    “Testa di cazzo!” si insultò mentalmente. “Concentrati!”. Si portò il palmo della mano destra a sostenere il capo: le dita trattenevano i capelli con vigore, che si fece violento quando sbagliò per l’ennesima volta. Chiuse gli occhi, infastidito contro sé stesso.
    - Qariba – enunciò, con più forza del necessario. Il Ministeriale avrebbe potuto tirargli uno sguardo omicida. Prese un respiro profondo.
    - Non… non è contro di lei, lo giuro. È contro… me stesso. -
    Prese mentalmente nota delle istruzioni sulla scrittura araba e raccolse il foglietto che gli porse, ripiegandolo e ponendolo in una delle sue tasche.
    Volse il suo sguardo verso l’alfabeto che l’uomo gli mostrò. Sperava solo che parlassero dell’argomento “comportamento di Adrien” il prima possibile. Stava diventando una tortura.
    17 Y/O - BLACK OPAL - STUDENTE - PUROSANGUE

    Vath Remar
     
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    Si schiarì la voce e, conclusa, la traduzione della lettera, come promesso avrebbero parlato del comportamento che Adrien aveva tenuto sia nel corridoio del Quartier Generale degli Auror e nel suo ufficio. «'iidhan ma rayuk fi sulukiki?» Avrebbe ascoltato le parole di Adrien e, una volta che ebbe finito di parlare disse. «'iidha kan bi'iimkani 'iikhbaruk birayi , aladhi marart bih qabl sanawat , yumkin 'an takun almaswuwliaat masdar qalaqi.» Prese un respiro, lasciando modo di tradurre le proprie parole da Adrien e, in caso non avesse capito, glielo avrebbe ripetuto per poi proseguire. «alqalaq aladhi yajib ealayk , mae dhalik , 'an tatakhalaa eanh min 'ajl maslahatika. 'iinaha mashaeir salbiat tuathir ealayk wataquduk liairtikab hadhih al'anwae min al'akhta'i.» A quel punto fece un paragone con l'Adrien che si trovava di fronte in quel momento e lo stesso identico ragazzo con cui aveva condiviso un pranzo mesi prima. «ma ra'aytuh fi alyawm al'awal fi Diagon Alley hu rajul , ealaa alraghm min thiqal almaswuwliaat , la yatakhalaa ean muhawalat badhl qusaraa juhdih ealaa alraghm min kuli shay'in.» Avrebbe proseguito, lodandolo per il comportamento che aveva tenuto in quell'occasione. «fata fakhur , mali' bialraghbat fi aleamal waltaealumi: alwuque fi shabakat almukhadirat lays min shaniki.» A quel punto e solo allora, avrebbe deviato l'argomento sul vero problema. «hataa law kunt rjlaan fkhwran , fala shay' yamnaeuk man talab almusaeadat , fahadha lays defan ، 'iidha kan bi'iimkani fiel shay' lak fala tataradad fi alsuwali.» Non voleva fare sì che pensasse che non lo capisse e, aprendosi un poco nei suoi confronti, Vath gli rivelò. «kunt fi wade mumathil fi eamay alkhamis eindama tuufiy jidiy li'abi.» Si sarebbe accomodato meglio sulla propria poltrona, ascoltando ciò che il ragazzo avesse avuto da dire in merito.

    /«Allora, che ne pensi del tuo comportamento?»
    «Se posso dirti la mia opinione, che ci son passato anni prima di te, le responsabilità possono essere fonte di ansia.»
    «Ansia che tuttavia dovresti cercare di mettere da parte per il tuo stesso bene. Sono emozioni negative che ti influenzano e ti portano a commettere quel tipo di errori.»
    «Ciò che ho visto il primo giorno a Diagon Alley è un ragazzo che, nonostante il peso delle responsabilità, non si piega cercando di fare del suo meglio nonostante tutto.»
    «Un ragazzo orgoglioso, pieno di voglia di fare e imparare: cadere nella rete delle droghe non è un qualcosa che ti appartiene.»
    «Anche se sei un ragazzo orgoglioso nulla ti vieta di chiedere aiuto, non è una debolezza, se posso fare qualcosa per te non esitare a chiederlo.»
    «Ero in una situazione simile durante il mio quinto anno, quando morì mio nonno paterno.»


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  9. Adrien Beauvais
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    Il ministeriale si schiarì la voce, il che, secondo Adrien non era esattamente un buon segno, perché avrebbe potuto essere il segnale d’inizio di una ramanzina senza precedenti. Se la meritava, dopotutto, e lui lo sapeva. Doveva comunque stare attento: Vath Remar non sapeva ancora degli episodi accaduti a scuola, come la rissa in corridoio con Aidan Hargraves. Non sapeva dello stato in cui l’aveva trovato Regina e degli schiaffi, nel vero senso delle parole, che aveva ricevuto da lei, come le sue parole dure. Erano state quattro settimane terribili, dove aveva avuto a che fare con la sua rabbia piena e la sua impulsività. E non sapeva ancora nemmeno Adrien delle canne che avrebbe cercato di comprare da uno spacciatore a Camden Town, con cui avrebbe avuto un’altra brutta zuffa e di cui si sarebbe fatto “carnefice”, picchiandolo brutalmente fino a fargli uscire del sangue dal naso, quando questi si fosse rifiutato di abbassare il prezzo del pacchetto. Non sapeva che, cercando di riprendere in mano la sua "non vita", fatta di droga, avrebbe conosciuto un’altra persona che, probabilmente, l’avrebbe aiutato con i suoi problemi: un uomo inglese, che avrebbe incontrato quella sera a Camden Town, dopo che questi avesse finito con l’attività di volontariato a cui si dedicava regolarmente. Si sarebbe chiamato Andrew Barber.
    Non poteva dar voce a tutte quelle vicende, altrimenti il Ministeriale l’avrebbe sbattuto fuori dall’ufficio, ordinandogli di non tornare mai più, perché non avrebbe mai più voluto vedere la sua faccia. Sarebbe stato umiliante, ma era ancor più umiliante sapere di non essere totalmente pulito in coscienza davanti a quell’ufficiale del Ministero, a sua insaputa.
    Abbassò il capo e si guardò le scarpe: era seriamente contrito e aveva capito i suoi sbagli, ma non riusciva proprio a perdonarsi. Per accettare il perdono di Vath Remar, avrebbe prima dovuto volgerlo a sé stesso a partire da sé.
    Il mese di distacco dalle precedenti lezioni si fece sentire: per Adrien era difficile articolare bene le sue frasi dal nulla, quindi decise di rispondere alla domanda in lingua inglese. Si schiarì la gola.
    - Mi dispiace… - si zittì per un momento, riflettendo sulle parole da utilizzare, poi riprese: - Sono stato accecato dalla rabbia, in un atteggiamento infantile. Mi scuso davvero, non avrei dovuto comportarmi così. E… mi dispiace per aver distrutto in parte il suo ufficio… -
    La risposta del ministeriale colpì Adrien: alzò lo sguardo improvvisamente, puntandolo sull’elegante uomo, il quale avrebbe notato i suoi occhi spalancati. Come aveva fatto a comprendere che la causa delle sue azioni fosse l’ansia e la preoccupazione derivata da un fardello di responsabilità?!
    - C-come ha fatto a capirlo? – gli domandò, leggermente balbettante per lo sconcerto.
    - Lo so… - affermò, voltando il capo in basso, verso un punto impreciso, ancora una volta. – Il problema è che- -
    Non riuscì a terminare la frase: non era abituato ad esprimere le sue emozioni, almeno che non fossero negative, e i suoi fallimenti, come anche i suoi bisogni. Su questo lato, aveva bisogno di qualcuno che lo spingesse a parlare, a mettersi a fuoco e sputar fuori tutto ciò che pensava di sé stesso, anche su carta, nero su bianco, se fosse stato più facile per lui.
    Se Vath Remar l’avesse incitato a parlare, avrebbe ripreso la sua frase.
    - I-il problema è-è che… non credo di esserne capace… forse… -. Prese un respiro profondo. – Secondo lei, dovrei andare da un magipsicologo… ? -
    Era davvero una buona domanda, quella, perché l’aveva afflitto per così tanto tempo durante i giorni successivi al caos che aveva combinato e, soprattutto, dopo la dura reazione della sua gemella.
    Nonostante il rimprovero, il signor Remar era capace di rivolgergli anche complimenti: gli sorrise tristemente.
    - Ma non so se ne sono capace… capisce? -
    Frustrato, si passò una mano tra i capelli ricci, che, grazie alla mousse utilizzata in giusta quantità, non si mossero o scomposero.
    - E’ difficile uscirne… io voglio farlo, ma è troppo… complesso… -
    Sospirò e, in seguito, disse a bassa voce, spostando gli occhi sul bordo del tavolo: - Forse avrei bisogno di una mano… -.
    Aveva compiuto un altro grande passo: chiedere aiuto. Non l’aveva mai fatto fino a quel momento. Vath Remar doveva sentirsi orgoglioso di sé stesso per essere riuscito in quell’impresa.
    «kunt fi wade mumathil fi eamay alkhamis eindama tuufiy jidiy li'abi.»
    Fu una sorpresa inaspettata che l’uomo avesse deciso di aprirsi in quella maniera.
    - Come? Lei?! -
    Il ministeriale era così raffinato e tutto d’un pezzo, fortemente credente nella morale, che il Black Opal non avrebbe mai potuto credere che fosse stati “abbattuto” dal peso delle responsabilità.
    - Ehm… mi scusi. Non volevo essere impertinente… -

    17 Y/O - BLACK OPAL - STUDENTE - PUROSANGUE

    Vath Remar


    Edited by Adrien Beauvais - 28/4/2022, 11:27
     
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    Il Ministeriale accolse con un cenno di assenso le scuse del ragazzo. Sapeva quanto fosse dura per lui ammettere l'errore commesso tuttavia fu ancora più fiero del ragazzo di fronte a sé quando ammise il bisogno di chiedere aiuto. «Come l'ho capito?» Un sorriso sarebbe comparso sul volto del Funzionario Scelto per l'ufficio Cooperazione Magica Internazionale che, a seguito di quelle parole, avrebbe riso leggermente. «So che non sembra eppure, che tu voglia crederci o meno, sono stato giovane anche io.» Si sarebbe alzato dalla propria poltrona, facendo il giro della scrivania e, sedendosi accanto al ragazzo, avrebbe voltato la sedia verso di lui. «Il fatto che tu, in questo momento, stia chiedendo aiuto ti fa onore e dimostra come, nonostante tutto, tu cerchi costantemente di migliorare. Mia cugina lavora al San Mungo come Medimaga e potrei chiederle di fornirmi alcuni numeri di suoi colleghi Magipsicologi che potrebbero darti una mano e, se vuoi, posso metterti in contatto con loro.» Con garbo e delicatezza pose la mano sulla spalla di Adrien e, guardandolo, gli avrebbe detto. «Quello che posso dirti è che, quel fatto, mi aveva completamente abbattuto. Era successo mentre ero ad Hogwarts, avevo appena iniziato il mio quinto anno, ero stato appena promosso Prefetto Serpeverde e non potevo essere più felice di ciò e poi…» Un lieve sospiro, lo sguardo virò sul caminetto in marmo bianco, uno schiocco di lingua sul palato e ritornò con lo sguardo su Adrien. «I miei genitori non venivano mai ad Hogwarts, vederli lì, insieme, già preannunciavano problemi. Vedere poi questo bastone da passeggio, è stato il colpo finale.» Disse, tenendo il bastone nella mano libera che non era posata sulla spalla di Adrien. Togliendo il contatto della sua mano Vath andò a dirgli. «Il mio rendimento scolastico, praticamente immacolato, calò visibilmente. Per qualche mese avevo addirittura iniziato a fumare, vizio che, per fortuna, mi son tolto dopo pochi mesi.» Si schiarì nuovamente la voce e, alzandosi, si sarebbe portato all'appendiabiti e, estratto il portafoglio, avrebbe mostrato al ragazzo una foto di lui insieme a suo nonno.

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  11. Adrien Beauvais
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    Il sorriso del Ministeriale, a differenza della schiaritura di voce, era un segnale totalmente positivo. Adrien rise a quelle parole: non aveva collegato l’alta sensibilità del signor Remar al fatto che, da giovane, avesse potuto vivere esattamente le stesse emozioni. A volte, gli sembrava che gli adulti non avessero mai avuto un passato e che fossero nati e sempre rimasti adulti, come, ad esempio, i suoi insegnanti. Secondo il Black Opal, quando si fosse studenti, questa sensazione era qualcosa di altamente probabile. Intrecciò le dita, poggiando le mani in grembo, tuttavia, non resistette a lungo in quella posa, perché, poco dopo, cominciò a giochicchiare con i suoi due indici, per scaricare la tensione e il nervosismo, verso cui rivolse gli occhi, non per maleducazione, ma per pura vergogna.
    Gli rivolse un sorriso, mentre le sue orecchie arrossivano dall’imbarazzo. Perché non si era fatto crescere i capelli lunghi?! Almeno avrebbero fatto da tendina in quei casi di mostra delle proprie emozioni. Non era abituato ad essere così suscettibile, ma con Vath Remar ogni regola del ragazzino si capovolgeva. I suoi fratelli avevano imparato a leggere attraverso di lui per capire cosa stesse succedendo nella sua testa, mentre i suoi genitori non avevano capito proprio un emerito caz- niente, altrimenti non avrebbero trattato lui e Regina come muratori, a cui affidare ogni carico.
    Con la coda dell’occhio, vide l’uomo spostare la sedia di fronte a lui e sedersi su di essa. Non era ancora pronto per affrontare un Magipsicologo, era difficile per lui dare approvazione su qualcosa che andava contro quello che per il ragazzino, fino a quel momento, era stata la normalità. Tuttavia, doveva fare uno sforzo, prima di tutto per sé stesso e, successivamente, per Regina, James e Marlee. Forse avrebbe dovuto contare anche Gyll, la sua ragazza. Lui voleva bene ai suoi genitori (chi figlio non ne avrebbe voluto), ma era troppo amareggiato per aver scaricato ogni responsabilità di crescita dei fratelli minori sulla coppia di gemelli più grandi.
    - Ecco, bene… per me è… difficile… -
    Sospirò appena, volgendo lo sguardo, ancora abbassato e che non aveva mai alzato a guardare il Ministeriale, verso le sue ginocchia. Un groppo gli si formò in gola, da cui sentì di essere quasi soffocato, mentre gli occhi cominciarono a bruciargli di lacrime non versate.
    - Regina è come me… - affermo, poi aggiungendo un – E’ la mia gemella… I nostri genitori hanno sempre lavorato e ci hanno affidato le cure dei nostri fratelli più piccoli sin da quando avevamo circa otto anni. Noi due abbiamo imparato presto che non… -
    Prese un respiro profondo, cercando di evitare di scoppiare in lacrime. Con voce incrinata continuò: - …non avremmo dovuto chiedere aiuto a nessuno per i nostri b-bisogni, semplicemente perché non c’era n-nessuno ad accoglierci… -
    I suoi genitori non erano persone crudeli, ma erano stati sicuramente negligenti. Il troppo lavoro li aveva sottratti alle attenzioni fondamentali.
    - Quando sono nati i miei fratelli minori, loro hanno rivolto tutte le loro attenzioni verso i piccoli della casa Beauvais ed io e Regina- -
    Non terminò la frase. SI asciugò con la manica della felpa una lacrima sfuggitagli da un occhio.
    - M-mi s-scusi… non è mia i-intenzione p-pi-piangere come u-un b-bambino… -
    Cercò di ricomporsi ma con scarso successo: lui non aveva mai pianto, soprattutto davanti agli altri. Lasciò che il ministeriale poggiasse una mano sulla sua spalla. Fortunatamente per l’orgoglio di Adrien, non diede atto ad un nuovo gesto affettuoso, altrimenti avrebbe visto la corazza di Adrien cedere completamente sotto al suo tocco. Vath Remar, infatti, si stava dimostrando più padre del signor Beauvais stesso.
    - C-comunque va bene… gliene sarei grato se chiamasse e potesse darmi un recapito telefonico… -
    Era il passo in più che si era costretto a compiere, per il suo bene.
    Non appena Vath Remar sembrò aprirsi a lui, confidandosi di alcuni episodi accadutigli da bambino, il Black Opal lo guardò, finalmente, per la prima volta dopo quello sfogo.
    - Mi dispiace per suo nonno… deve essere stato terribilmente doloroso perderlo… -
    Sotto la dura corazza, si nascondeva un ragazzino molto sensibile. Raccolse la foto che il ministeriale gli porse e la osservò attentamente: un bambino biondo, sorridente e palesemente felice, era seduto affianco a un uomo anziano.
    - Io non ho mai conosciuto i miei nonni… - rivelò.
    17 Y/O - BLACK OPAL - STUDENTE - PUROSANGUE

    Vath Remar
     
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    In quel momento qualcosa si ruppe in Adrien e Vath poté vedere la corazza del ragazzo sgretolarsi. Un'apertura interessante che Vath accolse con una carezza del polpastrello sulla spalla di lui: era conscio che, qualcosa di più, avrebbe potuto fare scattare il Black Opal. Il ragazzo si era aperto a tal punto da spiegare al Ministeriale quali fossero le ragioni di quella pressione che gravava sulle sue spalle, molte famiglie magiche purosangue erano completamente immerse nei loro lavori tanto da trascurare la famiglia, e Vath non poté fare altro che annuire. Seppur altero e poco incline alle dimostrazioni di affetto Andrew Richard Remar era stato un padre che non avrebbe fatto mancare al figlio unico quel senso di affetto che, in privato, gli mostrava. Si schiarì la voce ed espirando Vath andò ad offrire la propria pochette in seta al ragazzo. «Ci vuole coraggio e senso del dovere per badare ai propri fratelli. Tu e tua sorella vi siete sobbarcati una responsabilità che sarebbe dovuta essere dei vostri genitori, tenendo ben salda e unita la vostra famiglia.» Il tono di voce, calmo e confortevole, avrebbe lasciato le labbra di Vath, che proseguì. «Sono figlio unico e non posso sapere cosa significhi l'affetto fraterno. Posso immaginare che, tra voi, siate molto uniti e questo legame si è venuto a rafforzare proprio a causa di questa mancanza da parte dei vostri genitori.» Vide come il ragazzo si fosse profondamente vergognato per il comportamento tenuto durante il precedente incontro e, Vath, cercando di farlo con tutta la delicatezza possibile, avrebbe posto due dita sotto il mento di Adrien, provando ad alzargli il volto per guardarlo negli occhi. «Quanti alla vostra età si sarebbero sobbarcati una responsabilità simile? Non molti e questo deve essere motivo di vanto per te.» Con altrettanta delicatezza avrebbe lasciato il mento del ragazzo e, sorridendogli, Vath avrebbe raccontato. «Quel bastone, ti ho raccontato come l'ho avuto ma non come è arrivato fino alla mia famiglia, vorresti ascoltare questa storia?» Chiese osservandolo.

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  13. Adrien Beauvais
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    Proprio come aveva detto Vath Remar, ci era voluto coraggio e senso del dovere, ma anche determinazione e una forza senza precedenti. I suoi genitori avevano tolto loro, ad Adrien e a Regina, la possibilità di avere un'infanzia spensierata, che, se coloro che avrebbero dovuto garantirgli la libertà avessero agito diversamente, avrebbero potuto vivere appieno. Tuttavia, non era andata così e in quel periodo della sua vita stavano venendo al pettine tutti i nodi che erano stati accumulati nel corso degli anni. Tra questi, emergeva proprio l'abbandono familiare: dov'erano stati sua madre e suo padre quando aveva cominciato a nutrire sentimenti contrastanti verso sé stesso?! Dov'erano stati quando aveva cominciato ad essere ancora più scostante e arrabbiato con il mondo?! Non si erano mai posti alcuna domanda su questo, perché non si erano mai accorti del cambio di carattere di Adrien che, invece di esser migliorato, era peggiorato di molto. Erano stati solo bravi a rimproverarlo o a metterlo in punizione quando sbagliava, senza avere alcun dialogo costruttivo sugli errori del figlio con il figlio. Erano talmente presi dal loro lavoro del cazzo che non avevano aperto gli occhi sull’evidenza di un ragazzo che si stava lentamente dando alle canne e, da lì, alle droghe. Non l’avevano mai beccato a fumarsi una sigaretta o l’erba, solo perché i loro nasi erano concentrati su totalmente altro rispetto a quello a cui, invece, avrebbero dovuto prestare tutta la loro attenzione. Forse era per il desiderio di avere finalmente dei genitori che aveva deciso, una volta diplomato a Ilvermorny, di entrare nell’azienda di famiglia o, forse, era perché sentiva la pressione sulle sue spalle messa da suo padre, convinto che avrebbe dovuto essere lui a portare avanti il cognome Beauvais in riferimento alle bacchette americane. Alla fine, tuttavia, se n’era allontanato e aveva raggiunto Hidestone perché il suo sogno era tutt’altro che quello che volevano per lui i suoi genitori. Era stanco di logorarsi ed era stanco delle loro disattenzioni. Paradossalmente, il signor Remar si stava comportando più da padre, per lui, che il signor Beauvais: il primo non aveva alcun obbligo nei suoi confronti, eppure… l’aveva punito, sì, ma non gli aveva tolto la sua presenza, né l’opportunità di un dialogo sui suoi errori. Adrien gli era grato per questo: si stava dimostrando essere l’unico adulto costante nella sua vita e, per una volta, ne era davvero felice. Adrien non era mai stato felice: soddisfatto, certo, quando prendeva bei voti e concludeva qualche affare per lui vantaggioso, ma mai aveva provato quel sentimento. Nemmeno quando aveva fatto l’amore con Gyll, non che lei non fosse la ragazza giusta, perché per Adrien lo era ancora.
    Adrien annuì, ma non alzò il suo volto. Aveva paura che, se l’avesse guardato, sarebbe potuto crollare, infrangendo in mille pezzi la sua maschera sempre ben salda sul suo volto, perché Vath ne avrebbe avuto il potere. Era l’unica persona che, durante l’arco di tutta la sua vita, gli aveva mostrato gentilezza: per Adrien, infatti, c’erano state solo due tipi di parole: di disprezzo/rabbia e di complimento. Ma non se la prendeva con i suoi fratelli per questo: era stato proprio il Black Opal a porre verso di loro alcuni paletti. Voleva proteggerli da sé stesso, dalla sua cattiveria, dalla sua rabbia, che avrebbe fatto loro più danni rispetto a quanto ne faceva ad esterni. Li amava troppo per far loro del male.
    Alla fine, il suo sguardo fu costretto a virare verso il ministeriale a causa dalla mano di quest’ultimo che gli alzò delicatamente la testa, grazie alla presa sul suo mento.
    Nessuno si sarebbe sobbarcato di quella responsabilità o, forse, tutti, se schiacciati dal peso di una famiglia totalmente assente. Si limitò ad accennare un sorriso, mentre i suoi occhi acquosi mostravano quanto si stesse trattenendo dal piangere. Qualsiasi parola o storia sarebbe stata una manna dal cielo, perché l’avrebbero aiutato a distrarsi. L’uomo aveva visto abbastanza di quel sé messo a nudo: non aveva voglia di mostrarsi ancora di più rispetto a quanto era stato dato a vedere.
    - – affermò, secco, accompagnato da un cenno del capo. Si aggiusto meglio sulla sedia e, raccolto un fazzoletto dal pacchetto che aveva nella tasca dei suoi pantaloni, cercò di ricomporre il suo volto angosciato.

    17 Y/O - BLACK OPAL - STUDENTE - PUROSANGUE

    Vath Remar
     
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    Vath non avrebbe aggiunto altro, non sarebbe stato lui la fonte del crollo emotivo di Adrien. Il ragazzo era lì lì per cedere al pianto e il ministeriale non avrebbe fatto sì che gli argini delle sue palpebre straripassero come una diga abbattuta. Il Black Opal raggiunse con la mano un pacchetto di fazzoletti e sistemato rispose affermativamente alla domanda. «Günther Schröder era uno tra i più importanti sostenitori di Gellert Grindelwald. Tedesco d'origine, durante tutto il periodo tra il primo e il secondo conflitto aveva servito come spia tedesca. Grindelwald era potente Adrien, una potenza che solo Albus Silente è riuscito ad eguagliare e superare, ma anche i suoi sostenitori non erano da meno. Günther era un esperto di Incantesimi e Trasfigurazione ed era inoltre un metamorfomagus, un mago che può cambiare aspetto a suo piacimento senza l'uso della Magia. Era riuscito ad infiltrarsi a Londra e agiva dall'interno del paese per passare informazioni a Grindelwald. Un fantasma, ecco cos'era, il suo stesso corpo mutava e poteva essere dalla splendida segretaria dal sorriso facile al burbero ministeriale degli indicibili lo chiamavano Die Verwandlungskünstler, il trasformista, era quello il suo nome in codice. Si lasciava alle spalle una scia di morte e desolazione che mio nonno, solo sfruttando tutte le sue doti magiche e un vecchio collega, con cui lo stesso Günther si era ritrovato a collaborare, che morì assassinato dallo stesso. Vedi Adrien, Günther aveva una certa metodologia, solo seguendo quei piccoli dettagli mio nonno era riuscito a scovarlo. Dovette ringraziare anche a tutti i piccoli rettili che lo hanno aiutato lungo tutto il viaggio fino ad Aberdeen, gli sussurravano indicazioni e le varie forme che quel mago assumeva per depistarlo.» Vath avrebbe fatto una pausa. Lui era solito ascoltare questo racconto del nonno, da bambino, con un'espressione di perenne rapimento disegnata sul volto, seduto sulle sue gambe, disteso per terra o nel letto come racconto della buonanotte. «“I duelli Magici caro Vath, non sono come quelli con la spada dei tuoi amati racconti Arturiani dove l'onore è al centro dove puoi sentire l'avversario cadere sotto i tuoi colpi e il suo sangue bagnarti le mani…” era solito commentare così il duello che era stato eseguito tra loro. No Adrien, ho potuto vederlo con i miei occhi purtroppo, un incantesimo è lanciato con l'intento di mettere fuori combattimento il proprio avversario nel minor tempo possibile, a distanza di sicurezza e con poco contatto emotivo. E così avrebbe fatto quella volta mio nonno, se solo quel tedesco non lo avesse colpito alla gamba con un incantesimo oscuro, lo fece vacillare mancando l'obiettivo, infame e subdolo vigliacco, si era cambiato nuovamente d'aspetto apparendo come un ornitologo dai folti baffoni. Non appena l'ebbe riconosciuto estrasse la bacchetta e colpí mio nonno alla gamba, tranciandogli sul colpo il legamento... ha avuto almeno la soddisfazione di vederlo crollare su se stesso, arso vivo. Il fuoco purifica sempre Adrien, mio nonno tuttavia rimase con la gamba lesionata e, da qui, il bastone da passeggio.» Terminò, certo di aver suscitato con quel racconto, l'interesse di Adrien.

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  15. Adrien Beauvais
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    Era strano per Adrien sentirsi raccontare una storia: nessuno l’aveva mai fatto per davvero. Prima di tutto, i suoi genitori non avevano mai avuto abbastanza tempo per tali “sciocchezze”, anche se Adrien non li considerava tali. Troppo assorbiti dal loro lavoro, non si erano mai presi la briga di narrare ai propri piccoli le avventure di famiglia e Adrien e Regina erano davvero troppo bambini per inventarsi, al tempo, delle storie da raccontare ai due gemellini, Marlee e James. Erano cresciuti tutti un po' così: accontentandosi dei tremila giocattoli che la loro mamma e il loro papà li compravano per sopperire alla loro mancanza, ma che, effettivamente, non coprivano affatto. La solitudine, infatti, viaggiava beatamente, senza condizionamenti. E le conseguenze di quelle azioni avevano avuto i loro postumi: testimonianza ne era il carattere di Adrien, il suo modo di atteggiarsi e porsi in azioni, come anche il suo modo di pensare.
    Strinse le mani sul suo grembo e si schiarì la voce, alla fine del racconto da parte di Vath Remar, indicando di voler dire qualcosa.
    - Credo che… lei sia stato molto fortunato – affermò, guardando l’uomo di sottecchi, sguardo che gli conferiva l’aspetto di un bambino in attesa di una qualche punizione per la marachella appena compiuta. – Signore. – aggiunse, poco dopo essersi reso conto della sua mancanza. Non avrebbe mai più voluto esser maleducato con il ministeriale, non dopo quanto fatto per lui.
    - Mi dispiace molto per suo nonno… - espresse, con sentita amarezza. Lui non poteva capire il dolore di una perdita perché non aveva mai conosciuto i suoi nonni, né aveva perso qualcuno durante tutto l’arco della sua vita, almeno fisicamente, ma poteva ben immaginarlo. Se già il distacco morale era di per sé doloroso, poteva capire cosa si provasse con la morte di una persona cara.
    Non espresse, tuttavia, quei suoi pensieri: ormai era radicato in sé l’istinto a chiudersi a riccio e non ad aprirsi. Per quel giorno, comunque, aveva già fatto abbastanza. Le sue spalle erano accasciate, la schiena incurvata, gli occhi, invece, erano cerchiati da occhiaie scure.

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    Vath Remar
     
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