Un altro amore

Pacchetto Sanremo

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    Black Opal
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    Brooks era un folle.
    Aveva passato giorno e notte chiuso nel suo dormitorio, tra una lezione e l'altra, a costruire un plastico. Sì, avete capito bene.
    Era un castello di discrete dimensioni, forse era alto una cinquantina di centimetri. Sembrava proprio quello che si vedeva nelle fiabe. Aveva alte torri in argento e strade d'oro luccicante. Ovviamente non era oro massiccio, sarebbe pesato fin troppo.
    Era il giorno di San Valentino e lui voleva mettere in chiaro le cose una volta per tutte.
    Aveva litigato con Amalea, si erano baciati, avevano litigato di nuovo e si erano baciati ancora ed ancora. Ma quel tira e molla non poteva continuare ad andare per sempre, quindi aveva preso una decisione.
    Era lunedì ma decise di fare una cosa un po' folle.
    Scrisse un messaggio ad Amalea.
    "Tu ed io, villaggio, alle 17!" lo inviò e si affrettò a preparare gli ultimi preparativi. Aveva anche chiesto un favore immenso a Nick, visto che erano nella stessa casata. Gli aveva consegnato un pacchetto da recapitare ad Amalea una volta che l'avesse beccata in Sala Comune. Conteneva un semplicissimo ma elegante vestito nero non troppo scollato, sapeva che alla ragazza non sarebbe piaciuto, ed aveva allegato un bigliettino che diceva "mettilo, stasera".
    Lui aveva indossato una camicia a quadri, un paio di jeans neri e delle scarpe bianchissime. (x) Non sapeva se sarebbe stato elegante abbastanza, sperava che a lei sarebbe piaciuto.
    Mise il plastico in uno scatolone abbastanza grande e con parecchia difficoltà e l'aiuto di Popcorn, riuscì ad incartarlo in un involucro azzurro cielo di cui si era innamorato non appena l'aveva vista in una vetrina del villaggio. Ci vediamo dopo, fate i bravi! Salutò i due famigli, deciso a non portarli quel giorno, quindi lasciò la propria sala comune, camminando impacciato per via dell'enorme pacco, dirigendosi verso la strada che portava al villaggio, dove l'avrebbe aspettata. Non c'erano possibilità che non si incontrassero, dal momento che era l'unica strada percorribile, se si toglieva quella che passava in mezzo al bosco ed era certo che lei non l'avrebbe certo scelta. Deglutì, stranamente nervoso, posando il pacco a terra con delicatezza ed aspettandola, sperando davvero che non sarebbe mancata.
    Brooks O'Connor


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    Dopo aver lasciato l'aula di Divinazione, visto che avevano oltre un'ora e mezza di completa e totale libertà, Amalea aveva pensato bene di far ritorno in Sala Comune ed iniziare un nuovo libro, magari uno di quei gialli pieni di mille colpi di scena e cambi di scenario capace di non far comprendere chi fosse subito l'assassino ma anche per evitare di pensare alla confusa situazione sentimentale che la vedeva coprotagonista tra troppi protagonisti. Per non parlare del fatto che quel lunedì fosse proprio San Valentino. Non che fosse una grande amante di quella festa, ma forse una parte di lei sperava in qualcosa, anche la più piccola attestazione d'affetto da parte del suo Black Opal. Con una tazza di the caldo tra le mani, la copertina posata sulle ginocchia, aveva guadagnato la chaise longue più comoda dell'intera sala comune, pronta a far richiesta di un tomo quando uno del secondo anno le rifilò un pacchetto, facendole macchiare la camicia. «Ehi, ma che modi!» Gli urlò dietro lei, con lui già pronto ad incamminarsi verso i suoi dormitori, urlandole di rimando: «Non sono il fattorino tuo e di Mc Callister». Al cognome del suo ex confessore la strega si mise dritta, guardando quel pacco neanche contenesse una bomba pronta ad esplodere. Non avevano ancora avuto modo di parlare di quel triangolo-quadrilatero-esagono che c'era tra tutti loro, quindi non capiva perché mai dovesse inviargli qualcosa in quel modo. Usarla come scusa per parlarne no? Sbuffò, aprendo il pacchetto con estrema cautela -l'attenzione non era mai troppa- trovando un biglietto posato su una carta velina opaca. Mettilo, stasera. Che storia era mai quella? Lo mise sul coperchio capovolto e svelò il contenuto. Un vestito nero, dalla scollatura a cuore che le avrebbe coperto con delicatezza le spalle. «Che diamine sta succedendo?» Chiese a nessuno in particolare mentre il suo magifonino vibrava sul tavolino vicino a lei. Si sporse per prenderlo, trovandovi un messaggio di Brooklyn. Un appuntamento, tra mezz'ora, al villaggio e lei era fottutamente in ritardo. Ma perché faceva così? Corse nel suo dormitorio, guadagnando di fretta il bagno, dimentica dell'ora di relax copertina, libro e tisanina. Non riusciva a comportarsi diversamente quando si trattava di O'Connor.
    Doccia lampo, indossò l'abito, ai piedi un paio di anfibi e sulle spalle si gettò il pesante mantello decisamente più lungo della gonna del vestito che a stento le copriva metà coscia. Non si era fermata a guardarsi allo specchio per paura di trovare qualsiasi dannatissimo difetto -e ce n'erano, eh- perché Brooks aveva in mente qualcosa, tanto da proporle di saltare incantesimi insieme e vedersi al villaggio.
    Riuscì a camuffarsi tra un gruppetto di studenti del quarto anno che scendevano al porto per prendere una drakkar verso il loro tirocinio di quella sera e, per una volta, ringraziò il capo villaggio che aveva ristretto gli arrivi all'isola.
    Era in ritardo, ritardissimo e il fatto che non gli avesse dato un luogo specifico di incontro la stava mandando un po' nel panico. Gli avrebbe voluto inviare un messaggio ma aveva lasciato il dispositivo tecnologico in sala comune e onestamente non aveva capito una mazza se poteva usarlo anche al di fuori della scuola. Le guance arrossate dal freddo e dal moto, le labbra rese leggermente lucide da uno strato di burrocacao che stava eliminando a colpi di lingua, gli occhi chiari in cerca della figura di Ryan. Lo trovò. Era di spalle. Era impensabile per lei non riconoscere la sua camminata e quelle scarpette bianche nel cuore dell'inverno. Con tutta probabilità sotto il mantello i suoi vestiti sarebbero stati giudicati perfetti per una giornata primaverile e okay a Denrise il tempo era più clemente ma erano pur sempre a febbraio. Si avvicinò a lui proprio quando stava posando qualcosa a terra, decidendo di approfittarne per saltargli addosso a cavalcioni, stile koala, proprio come ai vecchi tempi. «Beccato!» Urlò nel suo orecchio, cingendogli il petto con le braccia ed inspirando il suo profumo sperava con discrezione. «Ehi, ma cosa c'è lì dentro?» Avrebbe poi chiesto indicando la scatola perfettamente incartata in un azzurro cielo che le stava facendo fin troppa gola.
    Amalea Davidson

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    Stava iniziando a temere che la ragazza non si sarebbe presentata, forse era arrabbiata con lui per come stavano andando le cose, forse pensava che a Brooks non importasse davvero di lei e che stessero solamente giocando. Ma si conoscevano da cinque anni e mezzo ed Amalea era una delle persone alle quali teneva di più, assieme a Nick, Marlee ed ovviamente Fitz. Non avrebbe mai voluto ferirla, anzi, stava cercando di fare di tutto per rimediare a quel terribile errore. Forse non la amava come amava Nicholas, ma sentiva di provare qualcosa di profondo per lei. Era infastidito quando qualche ragazzo le si avvicinava ed era triste quando non stavano insieme per troppo tempo... quindi era una buona base su cui lavorare. Gli piaceva tantissimo, quindi non avrebbero dovuto costruire nulla di farlo od organizzato, ma semplicemente dar sfogo alla loro passione da adolescenti, il resto sarebbe completamente venuto da sé.
    Aveva appena posato il plastico opportunamente impacchettato ed imballato con un sacco di pluriball e polistirolo -il che aveva reso il pacco più ingombrante di ciò che era realmente- quando sentì un peso sulla schiena che avrebbe riconosciuto tra mille. Doveva ammetterlo, quando aveva sentito un corpo piombargli addosso, si era spaventato ed aveva già pensato che potesse essere un assassino, ma quando sentì le forme di Amalea che, da sempre, si incastravano perfettamente con il suo corpo, rilassò visibilmente i muscoli e senza dire nulla, allungò le mani all'indietro e le saldò sulle cosce di lei per tenerla con sicurezza.
    Si comportavano sempre così da ragazzini, tra di loro, e non voleva che quella cosa tanto bella, cambiasse mai.
    Ehi, vuoi forse farmi diventare sordo? La rimproverò bonariamente, godendosi il calore delle sue cosce sulle mani. Sapeva benissimo di tutti i complessi che aveva sul proprio fisico, che non si piaceva per niente e che era sicura di non piacere nemmeno agli altri. Eppure... lui la trovava perfetta in tutte le sue imperfezioni. Non avrebbe cambiato la sua Ama per una ragazza "più magra" (almeno a detta sua), più alta, più attraente. Brooks vedeva incanalate in lei tutte le qualità che gli piacevano. Non si poteva certo negare che avesse un fisico diverso da Marlee, la sua ex, che forse era più slanciata, ma non era mai stato un fissato. Le trovava entrambe stupende ed entrambe gli erano sempre piaciute per com'erano come persone, non come "oggetti".
    Se la smettessi di urlarmi nell'orecchio, te lo direi, Impiastro ridacchiò lui, dandole un nuovo soprannome che, ovviamente, aveva una connotazione dolce. Si chinò perché scendesse ed una volta che avesse avuto i piedi per terra, si sarebbe avvicinato dandole un dolce e casto bacio sulle labbra, prima di indicare lo scatolone. Però... perché non lo scopri tu stessa? Propose, spostandosi in modo che avesse la visuale direttamente sulla scatola. Scartando l'involucro cielo, si sarebbe quindi imbattuta nel marrone della scatola e dopo averla aperta, tra polistirolo e pluriball, avrebbe potuto intravedere qualcosa di appuntito. Mh è un po' pesante, ti conviene rompere la scatola le suggerì, non vedendo l'ora di scoprire come avrebbe reagito. Ma fallo con delicatezza, eh! Non come tuo solito la rimproverò ancora, ridendo ed aspettando.
    Quindi, se il piccolo impiastro avesse rotto con calma i bordi della scatola, sarebbe stata sommersa dal polistirolo, ma avrebbe potuto vedere un castello principesco con alte torri scintillanti, le mura di cinta, i camminamenti, il ponte levatoio e qualsiasi cosa potesse immaginare in un castello. Le torri sembravano fatte d'argento e le strade d'oro. Brooks la osservò da sopra la spalla, attento. Ogni principessa ha bisogno del suo castello sussurrò non appena avesse visto cosa conteneva la scatola.
    Brooks O'Connor


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    Per una frazione di secondo Amalea aveva dimenticato di essere una seconda scelta, di essere vista come una sorellina ed era tornata ad essere semplicemente Ama, la ragazzina Corvonero, migliore amica di Brooklyn. E sembrava quasi che tutto quello che era successo tra loro due prima volta che vado messo piede a Denrise non fosse mai successo quando gli saltò alla schiena, urlandogli nell’orecchio. Poi, però, aveva sentito le mani fredde sulle sue cosce nude ed un calore diverso iniziò a diffondersi in tutto il corpo. Non era ancora abituata a quel traditore composto da muscoli, nervi, ossa, acqua e grasso che le ricordava come non vedesse più quel ragazzino come un semplice amico. Eppure nel sentirlo prima tendersi e poi rilassarsi dopo averla riconosciuta, la Dioptase continuò ancora a sentirsi un po’ Ama, solo Ama. «Io?! Ma se sei praticamente sordo da che ti conosco!» Ribatté con un sorriso smagliante che si perse, visto che era ancora in modalità koala, con l’aggiunta della curiosità nel voler scoprire a tutti i costi cosa si celasse in quella scatola che aveva portato con sé. «Io non sono un impiastro!» Un buffetto sul collo prima di scendere di nuovo con i piedi per terra e ritrovarselo finalmente di fronte. «Ehi», salutò, con le gote arrossate, ricambiando il veloce bacio a stampo con ancora un sorriso sulle labbra. Quel maledetto aveva la capacità di fare il bello ed il brutto tempo con lei. «Posso?» chiese unendo i palmi delle mani un paio di volte com’erano soliti fare i bambini alla vista di un regalo tutto da scartare.
    Si chinò nuovamente, studiando la scatola per trovare il modo di togliere la carta senza rovinarla, almeno per una volta, ma quando il Black Opal le diede il via libera, dapprima gli fece una linguaccia e poi iniziò a scartare. Carta, nastro adesivo, cartone, polistirolo esplosero nel bel mezzo della strada di un villaggio di un popolo che non era proprio amente famosa alle orecchie degli inglesi per essere accoglienti e pacifisti. Promise di raccogliere tutto al più presto, ma qualcosa di più importante andava affrontato: davanti a lei c’era un castello in scala, costruito pezzo dopo pezzo, con torri in argento e strade lastricate d’oro. «È bellissimo», si voltò verso l’irlandese gettandogli le braccia al collo in quello che voleva essere un abbraccio. «Prima il vestito, adesso questo…» si allontanò per guardarlo negli occhi. «Grazie, grazie, grazie». Parole interrotte dallo schiocco di baci che gli diede sulla guancia.
    Poi si rabbuiò, guardandolo mesta. «Io non ti ho preso niente», annunciò a bassa voce, perché non sapeva se quelli fossero doni per San Valentino o presenti che aveva preso perché aveva pensato a lei quando li aveva visti. «Magari potremmo andare a mangiare qualcosa in qualche locanda o scappare con la prima drakkar che troviamo al molo», iniziò a sciorinare le possibilità che avevano, allontanandosi per sistemare il caos che aveva fatto e buttare quello che non serviva più o era divenuto inutilizzabile in un cestino a loro vicino. «O avevi altri piani?»
    Amalea Davidson

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    Quando la sentì salire sulla sua schiena con un balzo, quando sentì la familiarità del suo corpo che si incastrava perfettamente con il suo, venne invaso da una sensazione che poche altre volte aveva provato. Si sentiva a casa, con lei. Conosceva praticamente tutto -tranne le cose da ragazzi che aveva confessato solo a Nick-, erano stati inseparabili fin dall'alba dei loro undici anni, quando Hogwarts era diventata la loro casa e lo sarebbe stata per i cinque anni avvenire, prima di Hidenstone.
    O forse faccio solamente finta per non ascoltare i tuoi noiosi pettegolezzi da ragazza esclamò in risposta, ridacchiando. Era quello che gli piaceva di loro, la normalità. Il fatto di poter tornare a scherzare come se nulla fosse mai successo, come se non ci fosse stata una situazione che li aveva tenuti separati per così tanto tempo.
    Certo che sei un impiastro, Impiastro la canzonò, rifiutandosi di mollare quel nuovo soprannome che aveva coniato per lei e che non l'avrebbe mai abbandonata. E che, ovviamente, solamente lui aveva la facoltà di usare.
    Dopo il bacio sulle labbra, gliene lasciò un altro sulla fronte ed annuì alla sua domanda. L'ho fatto per te... mi offenderei se non lo aprissi! Esclamò con una mezza risata, osservandola con dolcezza. Era la sua piccola e l'avrebbe difesa sempre, in qualsiasi circostanza.
    Le piacque. Lo vide da come le brillavano gli occhi.
    Accolse i baci, anche se un po' insoddisfatto. Non era ciò che voleva, quindi all'ennesimo bacio, ruotò appena la testa in modo che le loro labbra si incrociarono. Durò poco, solamente qualche secondo, ma fu intenso, molto più di quello precedente. L'ho costruito con le mie mani, mentre per il vestito... ammetto di aver sbirciato le tue ricerche su Magizalando ridacchiò il ragazzo, così come ridacchiò la narratrice a quel nome. Come detto, condividevano tutto, comprese le password per un sacco di siti.
    Ehi, calma... intanto fatti vedere disse, ignorando la sua affermazione sul non aver preso regali. Le afferrò la mano e le fece fare una piroetta per osservarla completamente, sentendo la gola improvvisamente secca nel notare come il vestito cadesse perfettamente sulle sue curve, stringendo nei punti giusti. Brooks era buono, dolce e sensibile, ma era pur sempre un ragazzo e non era cieco. La sua Ama stava sbocciando sotto il suo sguardo come una rosa, la più bella del prato.
    Sei bellissima, il vestito ti sta meglio di come mi ero immaginato. Con quelle parole, svelò dunque che se l'era immaginata più di una volta.
    Non ti preoccupare, non te li ho fatti sperando di avere qualcosa in cambio. Voglio solamente vedere un bel sorriso sulle tue labbra confessò, prima di coglierla alla sprovvista e caricarsela di nuovo in spalla, iniziando a correre lungo la strada che portava al villaggio. Forse Amalea pensava di essere troppo grassa o qualsiasi altra stronzata del genere, ma Brooks non la vedeva così, sentiva il suo peso addosso come avrebbe sentito quello di una piuma.
    Corse fino ad arrivare nei pressi del villaggio. No, non ho idee precise... ci sono tante cose che potremmo fare le sussurrò all'orecchio, trascinandola in un vicolo laterale dopo averla fatta scendere. La sospinse delicatamente contro il muro, mettendo entrambe le mani ai lati della sua testa come a voler che non fuggisse. Tante cose... ripeté, mentre le sue labbra collidevano con le sue. Ancora. Ed ancora.
    Brooks O'Connor


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    Quel pomeriggio sembrava essere uscito da una delle tante sceneggiature, che poi erano diventati veri e propri film mentali, che Amalea si era fatta circa la loro possibile relazione. Gli elementi della loro amicizia con l’aggiunta della parte sensuale, erotica, in un equilibrio perfetto. Brooklyn Ryan O’Connor era perfetto. Fossette, una zazzera di capelli tendenti al riccio che vivevano di vita propria, il sorriso perenne sulle labbra che coinvolgeva anche gli occhi, le mani grandi e forti, gli abbracci capaci di farti passare qualsiasi malanno nel giro di un paio di battiti di ciglia. Era innamorata di lui e da quando lo aveva ammesso a se stessa si sentiva finalmente libera. Libera di essere se stessa, di lasciarsi andare a battute, di mettere il broncio o qualsiasi altra stronzata riuscisse a partorire la sua mente da sedicenne. «Ehi, io non faccio pettegolezzi!» Il che era falso, visto che non si perdeva mai un gossip dai tempi di Hogwarts, finendo anche con il metterne in giro qualcuno, frutto di osservazioni e lavoro certosino. Era sempre riuscita ad osservare, comprendere, la vita degli altri, in particolar modo quella sentimentale, ma quando si trattava di lei, di lei e Brooks non ci riusciva. E forse il bello era proprio quello, perché riusciva a sorprendersi, a bearsi di quelle piccole attenzioni ed accortezze che il ragazzo aveva per lei. A restare davvero profondamente stupita nell’immaginarselo costruire quel modellino, pezzetto dopo pezzetto, solo per lei in un castello unico nel suo genere e che poteva rappresentare, nel futuro, le avventure che avevano vissuto sia ad Hogwarts che ad Hiddenstone. Ne era così grata che lo riempì di tanti piccoli baci sulla guancia, perdendo diversi battiti quando il rosso nero ruotò di poco il capo per lasciare che ad incontrarsi fossero le loro labbra. Un bacio a stampo, più intenso, con le labbra che cercavano di catturare quelle dell’altro. Durò poco ma fu capace, comunque, di rendere ancora più intense le guance arrossate, evento che peggiorò. «Non ci credo! Hai sul serio ancora il mio profilo segnato su Magizalando?!» E no, non stavamo parlando del fatto che si fosse salvato la sua wishlist, ma proprio delle sue credenziali per sbirciare i suoi preferiti. Il vestito però che le aveva regalato non era proprio quello che aveva contrassegnato con un cuoricino, era molto più bello, ed il fatto di sapere che lui avesse fantasticato su di lei e di come le sarebbe stato la fregò ancor di più. Il rossore ed il suo sorriso aumentarono esponenzialmente mentre lui le fece fare una giravolta su se stessa per apprezzare la stoffa nera che metteva in risalto i suoi punti di forza, nascondendo le imperfezioni. Lo strinse in un abbraccio dopo che la lasciò andare, scusandogli nel non avergli preso alcun pensiero, perché davvero non pensava di doverlo fare. Era stata presa alla sprovvista, proprio come in quel momento in cui decise di caricarsela in spalla, costringendo la dioptase ad afferrare il suo catalizzatore per puntarlo verso il dono di lui. «Accio castello di Brooks». E così, nelle vie del villaggio, era facile vedere due ragazzini alle prese con la felicità, un castello in scala a seguirli a breve distanza, fino ad un vicolo dove lui la lasciò andare solo per intrappolarla contro il muro, mentre il regalo finiva a mezzo metro di distanza da loro. Amalea sentiva il cuore batterle all’impazzata, mentre il ragazzo si chinava verso di lei, le mani sul muro giusto per rafforzare il concetto espresso a parole. La baciò. Non erano i bacini che si erano scambiati fino a quel momento. Comprese subito come questi sarebbero stati la sua dannazione, il suo inferno. Ricambiò il bacio, lasciando che le loro labbra si adattassero, schiudendole appena per incontrare la sua lingua. Un ultimo sguardo venne lanciato ad O’Connor, prima di abbassare le palpebre e perdersi del tutto in lingua, labbra e denti. Le mani, fino a quel momento inermi, si attivarono aggrappandosi dapprima alla camicia e poi cercando di intrufolarsi al di sotto perché voleva sapere la consistenza della sua pelle e non perché erano su una spiaggia e lui le avesse chiesto di spalmargli la crema solare sulla pelle. Si sollevò sulle punte per baciarlo meglio, mentre le dita passavano lungo la colonna vertebrale e poi giù verso il sedere e poi di nuovo su. Non era mai stata così con un ragazzo, non aveva mai provato quella sensazione di sentire il cuore batterle così forte tanto da credere che da un momento all’altro le sarebbe uscito dal petto. «Tante cose...», bisbigliò quelle che erano state le sue ultime parole. Parole che sapevano di promessa.
    Amalea Davidson

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    Forse anche lui ne era innamorato.
    Quando erano insieme, il suo cuore batteva più forte ed i suoi occhi erano focalizzati solamente su di lei, nessun altro. Forse semplicemente i sentimenti contrastanti per Nick e Marlee avevano semplicemente offuscato ciò che realmente provava per Amalea, ma in quel momento era tutto passato e preoccuparsene inutilmente sarebbe stato un totale spreco di tempo. Adesso erano lì, insieme, e non c'era altro che contava.
    Colpevole, vostro onore annunciò, sollevando una mano mentre l'altra la appoggiava contro il cuore. Ma giuro solennemente che l'ho fatto in buona fede. Sto dicendo la verità. Le sorrise, quel sorriso capace di far sciogliere anche i cuori più duri. Due fossette gli si formarono agli angoli della bocca, quindi le fece fare quel giro su se stessa per osservarla meglio. Era meravigliosa. Ed era palesemente arrossita, solo che Brooks ebbe la grazia di non farglielo notare.
    Si lasciò abbracciare liquidando con un cenno della testa le sue scuse. Non le voleva, non si aspettava niente, sapeva che non aveva alcun diritto di pretendere un regalo. Ma gli andava bene così purché la vedesse felice e nient'altro.
    Quindi la sollevò e corse. Corse. Corse fino a perdere il fiato.
    Arrivarono al villaggio seguendo il sentiero lastricato di pietre, con il castello oro ed argento che li seguiva a breve distanza, come un'importante reliquia. Probabilmente i denrisiani avrebbero avuto da ridire, non erano certamente molto fan dell'altrui felicità, tuttavia a Brooks non interessava nulla. La portò in un vicolo e la intrappolò, mentre il castello scivolava a terra, silente spettatore di quello spettacolo.
    La baciò con intensità, gioia, desiderio e bisogno di sentirla vicina.
    Non era il bacio che aveva dato a Nick a Bali, a stampo e senza malizia. Questo era molto più simile a quelli che per lungo tempo aveva riservato a Marlee e che ora erano tutti per Amalea.
    Sentì le sue mani fredde a contatto con la sua pelle bollente, le sentì percorrergli la schiena, toccargli ogni centimetro di pelle. Si lasciò andare ad un gemito roco contro le sue labbra. A Ryan non era mai successo, ma bastava quella vicinanza perché qualcosa in lui si muovesse, perché il suo sangue defluisse tutto verso il basso.
    I baci si fecero intensi, il bisogno così forte da far male. Le sue dita, speculari a quelle di lei, iniziarono ad esplorarla. Si posarono sotto la curva delle natiche, poco prima che il vestito finisse. Strinsero, rivendicarono il proprio territorio, la tirarono a sé finché il corpo della giovane non fu completamente complementare al suo. Avrebbe potuto sentire contro il ventre, il desiderio che in lui stava montando. Si staccò appena da lei, le labbra gonfie e rosse per via di tutti quei baci. Le spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, sorridendo. Un sorriso esteso, che coinvolgeva anche gli occhi. Ama... cazzo, sei perfetta le sussurrò, accarezzandole ogni curva con leggerezza, risalendole lungo i fianchi fino a tornare al viso ed incorniciarglielo con le mani. Ho perso fin troppo tempo ad essere un cieco coglione confessò, riferendosi al fatto che l'avesse sempre vista solamente come la sua sorellina da proteggere. Ma ora sei mia, mia e di nessun altro... sussurrò ancora, tuffandosi nelle sue labbra un'altra volta.
    Brooks O'Connor


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    Amalea aveva già avuto modo di baciare altri ragazzi, persino di farsi toccare, attraverso i vestiti, ma quelle esperienze sembravano effimere, sciocche, rispetto a quello che stava provando in quel momento. Sembrava come se qualcuno le avesse tolto, in uno schiocco di dita, la maledizione che la attanagliava sin dalla nascita. Si sentiva viva, bella, unica, importante mentre baciava, baciava davvero, quello che era il suo migliore amico. Perché nonostante tutto lui sarebbe sempre stato quello e poi, se Merlino voleva, il suo ragazzo. Lo sentì fremere quando gli posò le mani fredde sulla pelle nuda, il suo udito a concentrarsi su quel gemito roco che gli sfuggì dalle labbra, la sua lingua a rincorrere la sua e poi a farsi rincorrere. Si irrigidì appena quando sentì le sue di dita iniziare a sfiorarle la coscia e poi più su, fino al filo delle natiche, per afferrarla e stringerla di più a lui. Si lasciò andare come creta tra le sue mani, tornando a perlustrarlo, a vedere se c’era qualche centimetro della sua epidermide ancora priva della pelle d’oca che il loro contatto aveva causato. E poi aderirono, i loro corpi, come incastri di puzzle perfetti, avvertendo la sua eccitazione contro il suo ventre. Quanto a lei, se solo il ragazzino si fosse davvero avventurato sotto la sua gonna, avrebbe notato come le sue condizioni non fossero delle migliori. Il contatto tra le loro labbra finì, permettendo ai due ragazzi di vedere quanto fossero più invitanti, lucide e rosse per i baci che si erano scambiati. Sorrise, beandosi delle sue attenzioni, accompagnandolo nelle carezze fino a stringere i suoi fianchi mentre lui prendeva il viso tra le mani. «Lo siamo stati entrambi», sussurrò sulle sue labbra, perché anche lei per molto tempo aveva finto di non vedere, di non sentire, di non permettere a se stessa di comprendere quanto volesse tutto quello. E ora, sentire quelle parole di possesso, da una parte la spaventarono, dall’altra fecero accelerare -come se fosse possibile- ancor di più i battiti del suo cuore, mentre lui tornò a baciarla. Lo lasciò fare per qualche secondo, fino a quando non riuscì a prendere il controllo del bacio, portandolo a termine solo per rimarcare lo stesso concetto. «Tu», lo guardò apertamente, sfilando una mano da sotto la camicia per passargliela tra i capelli e indurlo a guardarla. «Tu sei mio». E fu il suo turno di baciarlo, lentamente, come a voler cementare quelle parole, mentre la mano scese seguendo il profilo della mandibola, fino a seguire i contorni del petto e poi sul suo fianco, che strinse per avvicinarlo ancora di più a lei, lasciando andare un gemito quando i loro bacini si incontrarono nuovamente. Era inesperta, non sapeva neanche se quelle mosse fossero giuste. Per Morgana, non aveva mai davvero afferrato l’asta di nessuno e in quel momento, nonostante l’imbarazzo fosse pronto a sopraffarla, voleva davvero scoprire cosa significasse toccarlo, muoverlo e vedere con i suoi occhi cosa sarebbe successo al corpo di lui. L’unico freno, quindi, era solo il fatto di essere sì in un vicolo appartato, ma col rischio di essere scoperti da un momento all’altro.
    Amalea Davidson

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