The Hills

Adrien&Gyll - Special Contest Merry Christmas #2

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  1. Adrien Beauvais
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    Adrien Beauvais
    Black Opal | 17 anni
    Nonostante gli alcolici fossero vietati nell'accademia di Hidestone, non era poi così difficile fare contrabbando di qualche bottiglia di vodka o alcol, in linea generale. Bastava soltanto qualche buona conoscenza e il gioco era fatto: fortunatamente per Adrien, il suo compagno di dormitorio, oltre a farsi di spinelli, si era improvvisato contrabbandiere, perciò il ragazzo era riuscito ad avere una bella cassa piena di qualche bottiglia di vodka e rum. Avrebbe solo dovuto trovare il momento giusto per buttare giù qualche shottino in un posto tranquillo. Quale miglior posto se non le cucine? Certo, si potrebbe dire che, in realtà, quello è il posto più pericoloso di Hidestone in materia di ubriachezza, poiché il più affollato, ma appunto perché il più affollato era anche il più sicuro. Bastava che Adrien facesse un po' di gioco sporco, portando qualche regalino o qualche abito agli elfi domestici per minacciarli e sarebbe stato tutto tranquillo: le piccole creaturine verdi si sarebbero state zitte e lui avrebbe potuto fare tutto quello che voleva, ricevendo anche un certo servizio di qualità.
    Il primo dicembre fu un giorno normale, né triste, né speciale, ma aveva voglia di bere. Buttò un'occhiata al polso sinistro, al suo orologio in legno: le lancette segnavano le 23 in punto. Un ottimo orario per raggiungere le cucine senza che nessuno ficcasse il naso in questioni che non li riguardavano.
    Aprì la cassa che nascondeva sotto al suo letto e scelse una bottiglia di vodka, che infilò sotto al dolcevita. Poi, raccolse la sua bacchetta e lanciò su di una pietruzza un Incantesimo dell'Animalizzazione Materiale, trasfigurando la bottiglia in un piccolo gatto nero, cosicché non avrebbe dato nell'occhio e avrebbe avuto una scusa pronta se qualcuno lo avesse fermato.
    Si gettò una giacca sulle spalle, ma indossò una vestaglia per nascondere il rigonfiamento sotto la maglietta e, poi, dopo aver controllato di avere il magifonino in tasca, si incamminò verso la sua meta, con il gattino tra le braccia. Era leggermente in ansia, a dir la verità, perché aveva timore di essere scoperto da qualcuno e che quel qualcuno facesse poi la "spia". La perfezione di Adrien era inesistente, nonostante tutto quello che la gente pensasse di lui. Persino i suoi genitori non sapevano che si faceva le canne e che beveva fino ad ubriacarsi, a volte. Si domandava come avrebbero reagito se fossero venuti a saperlo, anche se non avrebbe davvero voluto che accadesse.
    I corridoi erano deserti, ma l'allerta era alta: il corpo di Adrien era teso, il battito del suo cuore accelerato, come i suoi respiri. Quando giunse alle cucine, si fiondò al loro interno senza troppi problemi. Al contrario delle sue previsioni, era presente solo un elfo domestico.
    - Dove sono tutti? - domandò all'improvviso, spaventando la povera creatura verdognola che fece volare in aria una teglia di metallo. Quello che rimbombò successivamente fu un grande fracasso.
    L'elfo si portò una mano sul petto.
    - Cosa desidera il signorino? - disse semplicemente, senza accennare un minimo a quello che era appena accaduto.
    - Solo sedermi qua! Stavi andando a dormire? - domandò.
    Notò lo sguardo dell'elfo cambiare in uno sospettoso, ma gli rispose comunque: - Si, signorino, Billy sta andando a dormire -.
    - Non è un problema che io stia qui, vero? -. Era una domanda di pura cortesia, con la quale voleva sviare Billy dai suoi sospetti. La creatura, però, cominciò a torcersi le mani.
    - Billy non può dare il permesso al signorino! -
    - Oh, ti prego, Billy! Vedi, lui è il mio micetto ed è scomparso per tutto il giorno. L'ho appena ritrovato (immagina il mio grande spavento!) e l'ho portato qui per dargli un po' di latte. Deve essere affamato! -
    L'elfo abbassò le sue orecchie.
    - Prendo tutto io e metto a posto, davvero! Non preoccuparti! -
    - Billy allora va a dormire. Buonanotte signorino! -
    - Buonanotte! -
    Era stato un gioco da ragazzi. Osservò l'elfo andare via e lasciarlo solo. Dopo aver dato un'occhiata alla porta d'ingresso ancora una volta, poggiò il gatto sul pavimento.
    - Aspetta qui, piccoletto, ti porto un po' di latte! -
    Dopo aver sbirciato in diverse credenze, finalmente trovò un pacco di piatti in plastica: ne prese uno, ci versò del latte e lo porse al gattino, che si leccò i baffi con quella sua piccola linguetta.
    Adrien pensò a Gyll e a quanto le sarebbe piaciuto vedere quella scena. Gyll? Ma perché stava pensando a lei? Certi pensieri non dovevano passargli nemmeno per la testa!
    Raccolse un bicchierino in vetro e ci versò un goccio del liquido alcolico, che tracannò.
    Nonostante l'alcol, Gyll era ormai un ricordo fisso nella sua testa. Ne bevve un secondo, poi un terzo, ancora un quarto, ma la ragazza non spariva. Ormai, da brillo era totalmente ubriaco. Gli sfuggì un singhiozzo.
    - Oh, Gyll. Ghyll. G-l-l - ripeté il nome più volte, cambiando pronuncia. Cosa sperava di ottenere?
    - Che caazzo mi faii peeensare? Mhhhh - mugugnò.
    - Doove seii, Gyll? -
    Raccolse il magifonino, che fece cadere a terra a causa delle sue mani incontrollabili. Per raccoglierlo, finì per rimanerci secco anche lui: steso sul pavimento, a pancia sotto, prese il telefono, cercò sui contatti il nome della ragazzina e premette il tasto per chiamarla. Il magifonino squillò.
    - Siii! - esultò, gridando.
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    La notte, si sa, era fatta per dormire. Era così che andava, no? Eppure, i problemi di sonno e iperattività di Gyll la tenevano sveglia anche quella sera, che pareva essere più lunga delle altre. Era in posizione veramente scomoda, nel suo letto in camera, mentre Pixie le dormiva poco sopra la testa, lei leggeva un libro, con le gambe sollevate e appoggiate al muro. Stava continuando quella lettura da un po' e l'aveva veramente rapita quel giallo, non era niente di speciale, più un classico, ma Gyll si era davvero immersa nella lettura che quasi non riusciva a distrarsi.
    Quasi.
    Già, perché per quanto la sua attenzione fosse dedicata tutta al suo romanzo, quando sentì il telefono vibrare a quell'ora, quasi sussultò. Non tanto per la vibrazione, ma quanto per il fatto che fosse strettamente connessa alla sua suoneria altissima, che avrebbe potuto svegliare tutte le sue compagne di stanza.
    Gyll balzò dal letto, facendo svegliare anche Pixie, che protestò appena, ficcandosi sotto il suo cuscino, quindi si gettò a capofitto sul suo comodino, rovesciando tutto quello che era sul ripiano e afferrando il telefono che le sfuggì dalle mani come una saponetta, quindi cercò di riacciuffarlo in volo e quasi morì d'infarto. Per fortuna abbassò la suoneria giusto in tempo, guardandosi poi intorno per notare se qualcuno si fosse svegliata: era salva.
    Quindi si dedicò a vedere chi la stesse stranamente chiamando a quell'ora, visto che Jeje era sicuramente andata a dormire, stando ai messaggi che si erano scambiate poco prima.
    «Adrien...» - mormorò prima ancora di rispondere, quasi stupita dal fatto che la stesse chiamando. Non tanto per il mittente, quanto per il fatto che non si aspettasse minimamente una chiamata da Beauvais. Si morse il labbro, quasi incerta se fosse un errore quella chiamata, quindi attese ancora un po', per vedere se Adrien chiudesse accorgendosi di un eventuale errore. Lasciò la carne delle labbra, ricordandosi le sue parole e il suo gesto di qualche notte prima e vedendo che il telefono continuava a squillare, si preoccupò di scendere in Sala Comune, sedendosi sul divano, scalza e con il suo pigiama rosso. Pigiò il tasto per rispondere e... «Ehi, Adrien...» - rispose in un sussurro, accucciandosi in un angolo del divano «... qualcosa non va?» - il suo tono era basso, caldo, dolce e ... preoccupato. Magari al ragazzo era successo qualcosa di grave e aveva bisogno di lei.
    Gyll McKenzy

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    Adrien Beauvais
    Black Opal | 17 anni
    Furono tredici o quindici gli squilli che seguirono a quel primo, o, almeno, così sembrarono ad Adrien. Probabilmente avrebbero potuto essere di meno o anche di più, ma il ragazzo non era più davvero così lucido da esser bravo in matematica in quel preciso istante. Era disteso sul pavimento, con la testa poggiata sul suo avambraccio destro, mentre la mano sinistra stringeva il magifonino che, ogni tanto, cascava sulle pietre levigate sotto di lui. E questo lo faceva ridere come non mai: solo un ubriaco avrebbe potuto trovare divertente una scena simile, perché altri si sarebbero preoccupati che lo schermo si fosse rotto o che il funzionamento del magifonino non fosse più al top, come al suo solito.
    Senza saperlo, la prima cosa che Gyll avrebbe sentito dall'altra parte della cornetta era proprio la sua forte risata.
    Quando il suo nome gli arrivò dritto alle orecchie, pronunciato da una voce dolce, chiaro e forte perché una delle sue dita aveva pigiato sul vivavoce, il ragazzo si rotoló sul pavimento, ridacchiando più sommessamente.
    - Gyyyll!! Cosa stai facendooo? - le domandò, con tono stridulo che avrebbe costretto chiunque a tapparsi le orecchie per evitare di sentirlo.
    «... qualcosa non va?»
    - Nooo, io sto bene, devi creedermii... -
    Il suo timbro sembrava una sviolinata suonata da uno che non capiva un cazzo di musica, di violini e archetti.
    Si rigirò nuovamente sul pavimento. Il gattino nero si era nascosto sotto una sedia. Lasciando perdere per un attimo il telefono, Adrien cominciò a chiamare il piccolino con tanti piccoli bacetti.
    - Ehiii, oiii, vieni quiiiii piccolinooo! -
    Allungò una mano per acciuffarlo, ma la creaturina corse via, miagolando.
    - Sei proprio uno stronzo ingrato, saii? - affermò, mettendo su un piccolo broncio.
    Leggermente deluso, riacciuffò, non si sa come, il telefono e si rivolse alla ragazza in attesa dall'altra parte del telefono.
    - Senti, Gyll, perché noon vieni quaa neeelle cucineee? -
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    Quello non l'era mai successo.
    Sì, avete capito bene. Ricevere la chiamata da un ragazzo ubriaco non l'era mai successo. Questo era decisamente fuori dal comune: Gyll non sapeva come mai, ma le reazioni che ebbe in primo attimo furono svariate; a partire dal leggere il nome di Adrien sullo schermo del suo telefono: perplessità, curiosità e forse anche un po' di serenità, se così si poteva chiamare quello che aveva percepito quando aveva visto il suo contatto. Poi era passata all'indecisione, al timore e all'imbarazzo quando aveva risposto, ma al sentire la sua risata, si fece stranamente travolgere - allontanando appena un po' il telefono dall'orecchio per la forza che quella risata aveva - e inizio a ridere appena anche lei «Ehi, che bello sentirti ridere» - disse sempre in un sussurro per non destare gli altri dai loro letti e ancora ridendo.
    A Gyll piaceva ridere e in quel momento si ricordò quanto fosse salutare farlo anche senza alcun motivo. Il tono di Adrien era diverso dal solito e questo le fece corrucciare un po' la fronte, ma senza cancellare quel sorriso che aveva sul volto «Stavo leggendo un libro e ora... beh, sto sul divano a parlare con un ragazzo che ride» - disse divertita e prendendolo appena appena in giro, con dolcezza. Il buon umore di Adrien l'aveva contaggiata e mentre ascoltava le sue parole, tirò su le gambe e le mise sotto il sedere, per mettersi più comoda. Sicuramente non potè dissentire da quello che Adrien disse, non pareva piangere o essere in pericolo, ma qualcosa in quella voce stonata le fece venire il dubbio che non fosse totalmente lucido, perchè sembrava tanto quando ad Hogwarts Jessica tornava ubriaca. Ma era possibile?
    Lo sentì iniziare a lanciare bacetti e riprese a ridacchiare tra sé, trovando adorabile quel suo modo di fare e divampandone anche al solo pensiero; il miagolio del gatto e il successivo commento del newyorkese le fecero soffocare una risata che la costrinse a portare una mano sulla bocca che dall'altro lato sarebbe potuto apparire solo come un respiro un po' più profondo. Quando Adrien tornò da lei, Gyll ormai era scivolata sdraiata sul divano, credendo che avrebbe passato la notte a sentire Adrien ridere al telefono e lei che avrebbe sicuramente chiuso gli occhi addormentandosi così; tuttavia, quando sentì quello squittire dell'altro e quella proposta, Gyll scattò seduta sul divano e guardò davanti a sé quasi stupita e con le guance rosse «Nelle cucine?» - domandò incredula e già si era alzata con i piedi nelle sue calze antiscivolo grige e il suo pigiama morbido rosa, costituito da un pantaloncino con la scritta dietro al sedere che riportava la parola MEOW e dei baffi e una maglia morbida con un cappuccio con orecchie da gatta, mentre cercava di capire come arrivare alle cucine senza farsi scoprire, riprese a parlare con il ragazzo «Ehi... io sto arrivando, ma resti al telefono con me fin quando non arrivo?» - miagolò la ragazza con una dolcezza disarmante, quasi come se avesse paura a fare quella richiesta. Quindi con fare furtivo uscì dalla sala comune, iniziando un lungo percorso con l'ansia di essere scoperta dalle ronde, nascondendosi nelle ombre per eventuali professori «Adrien... posso farti una domanda?» - e non attese nemmeno che lui potesse rispondere «... sei sicuro volessi chiamare me?» - che cazzo di domanda era? Insomma, l'insicurezza di Gyll si fece di nuovo strada, come se non fosse sicura ancora che Adrien non avesse sbagliato numero, nel frattempo affrettava il suo passo, le mancava poco e se Adrien avesse continuato a parlare lo avrebbe ascoltato con attenzione.
    Giunta alle porte della cucina, avrebbe aperto guardandosi furtivamente intorno e sarebbe entrata, richiudendola alle sue spalle con attenzione per non far rumore e chiudendo il telefono con un semplice «Buh.» - e un sorriso a trentadue denti, mentre si avvicinava al ragazzo sdraiato a terra e... beh, era Gyll, quindi si sarebbe sdraiata accanto a lui, volgendo lo sguardo celeste e sorridente verso il ragazzo.
    Gyll McKenzy

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    Adrien Beauvais
    Black Opal | 17 anni
    Sentì una risatina provenire dall'altro capo del telefono. Nonostante fosse tutto frastornato, riusciva ancora a comprendere qualcosina. Come la sua (seppur non lo sapesse), anche la risata di Gyll era contagiosa e fu proprio per quel motivo che si ritrovò a piegarsi in due sul pavimento e a stringersi la pancia con un braccio.
    - E' anchee belloo sentire teeee! - le rispose, in un raptus di sincerità. Non che Adrien non lo fosse, perchè lui era il più sincero del mondo, ma, nel caso di ragazze, era solito tenere per sé stesso i suoi pensieri.
    «Stavo leggendo un libro e ora...»
    Le parlò sopra: - Sono bellissimissimi i librii! -.
    «...beh, sto sul divano a parlare con un ragazzo che ride»
    E fu proprio quest'ultima frase a farlo ridere ancora di più.
    - Ma perché ridoo?! - si domandò.
    Nonostante quella sua ubriachezza, trovava strano trovarsi in quello stato e riusciva a porsi le stesse domande che si sarebbe posto da lucido. Cercò di contenersi, con qualche schiarita di voce, senza successo.
    Udì un respiro profondo provenire dal telefono.
    - Perché sospiiiri? Ti sto dando fastidio? -
    Il tono della sua voce era ora corrucciato, perciò la ragazzina avrebbe potuto intuire il broncio che aveva messo su nel frattempo, che si sciolse in una espressione più felice quando Gyll accettò la sua proposta.
    - Siii, nelle cucine!! Viieni?? -
    Ovviamente sarebbe stata al telefono con lei: che razza di domanda era?
    - E tu starai al telefono con mee? - chiese di rimando.
    - Alloraa, dicosavuoiparlare? - disse tutto d'un tratto, con parole tutte attaccate. - Io non lo so di cosa voglio parlare, voglio dire, vorrei parlare ma non so di cosa. E' proprio una bella serata, sai? Si vedono le stelle, la lun- ah, no, forse il sole. E' troppo luminoso per ess- ohhh! Una stella cadentee! -
    Spalancò la bocca mentre guardava il muro in pietra del soffitto. La cosiddetta stella cadente era una mosca - una semplice mosca, perbacco! .
    - Esprimi un desiderio! - le disse, con voce tutta stupida.
    Portò un dito sul mento, picchiettandolo per pensare.
    - Il mio desiderio è che venissi tu! E si sta avverando, Gyll! - (Come se non lo sapesse).
    Battè la mano sul pavimento tutto contento. Era quella la sua risposta alla domanda della ragazza. Quando la vide comparire, non poté fare altro che cercare di alzarsi, ma ricadde a terra come un sacco di patate.
    - GYLL!!!! Oh-oh -
    Quando si mise al suo fianco, la abbracciò forte, poggiando la nuca nell'incavo tra la testa e il collo. Sentì l'odore delicato dei suoi capelli.
    - Mi sei mancata, Gyll! Hai un buon profumo... -
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    Ma, esattamente, perché stavano ridendo? Insomma, entrambi lo stavano facendo perché l'altro rideva, questo era chiaro a tutti i lettori e anche a queste player, ma loro lo sapevano? Probabilmente no, ma c'era bisogno di saperlo? Assolutamente no. Almeno, per loro non pareva importante in quel momento; era bello - però - sapere che potessero ridere anche senza alcun motivo di fondo.
    Divampò di un rosso fuoco quando Adrien ricambiò il piacere di sentirla: che c'era di male, no? L'aveva detto anche lei quanto fosse felice di sentirlo, lui aveva educatamente ricambiato. Era tutto nella norma, non c'era che dire. Non se l'aspettava, ecco cosa c'era di strano. Insomma, non era normale che qualcuno le dicesse che fosse bello sentirla, come se lo fosse davvero. O lo pensava realmente? Ah, quante domande a cui nessuno avrebbe risposto. Nel frattempo continuavano a ridere entrambi, come due fessi e il bello era che uno lo faceva perché era ubriaco, l'altra perché... beh, perché era fessa, sì.
    Adrien interruppe il suo dire e Gyll lo lasciò fare, ipotizzando che l'idea che lui fosse ubriaco si facesse sempre più tangibile «Sì, decisamente!» - esclamò entusiasta, toccandosi un ciuffo di capelli e rigirandolo attorno all'indice della mano che non reggeva il magifonino.
    A quella domanda continuò a ridere anche lei «Non ne ho idea, ma fai ridere anche me e prima o poi sveglierò qualcuno che mi darà una padellata in testa.» - e lo disse ridendo «Anche se non penso ci siano padelle in Sala Comune.» - bofonchiò, mentre l'indice che giocava con i capelli, liberò il ciuffò portando il polpastrello al labbro e il cielo dei suoi occhi al soffitto, in un'espressione pensierosa. Adrien era decisamente strano quella notte, ma Gyll sembrava non farglielo pesare, trovandolo sicuramente interessante come la prima volta che si erano incontrati, seppur questo l'altro non l'avrebbe mai saputo.
    Sussultò all'idea che potesse pensare di donarle fastidio e scosse la testa. Ehi, un attimo, ma lui non poteva vederla «No! Assolutamente, nessun fastidio e...» - il tono della sua voce la rese appena appena corrucciata «... non avrai mica messo il broncio pensando che mi stavi infastidendo?» - chiese con una piccola risata a condire la frase.
    Allontanò il telefono dall'orecchio, stringendo appena appena gli occhi e ridendo ancora, ma quello stridulo tono l'era risuonato nel cervello. Era davvero così entusiasta al pensiero che lo stesse raggiungendo? «Oh...» - mormorò a quella domanda che le fece allargare le labbra in un O perfetta di stupore «... certo che sì. Così se qualcuno mi rapisce potrò avvisarti in tempo e ti potrò dire di non aspettarmi sveglio.» - rise per quella battuta che in realtà non sapeva nemmeno come l'era uscita fuori. Lo sentì poi parlare a raffica, come se non avesse necessità di prendere fiato e «UNA STELLA CAD---» - si accorse che stava urlando, quindi si guardò attorno e cercò tracce di ronde. Niente. Riprese in un sussurro «Una stella cadente? Ma... non eri in cucina? Non ci sono stelle lì, Adrien...» - stava ridendo ancora.
    Esprimere un desiderio non fu facile, dopo che sentì quello del ragazzo. Era come se le avesse lanciato addosso una secchiata di ghiaccio, che però invece di congelarla la fece divampare completamente, come se dai piedi stessero accendendo un rogo «Visto? Ho espresso il tuo desiderio!» - riuscì a bofonchiare, ma Adrien poteva sentire in quelle parole, un tremore nella voce, come se da quelle potesse percepire il suo rossore cosmico.
    Arrivata lì, si gettò a terra vicino a lui, trovandosi con la sua testa sul collo e il suo respiro alcolico addosso. Il rossore si fece sempre più forte anche grazie a quelle parole «M-mancata?» - disse sbattendo un paio di volte le palpebre, mentre una mano tentò di grattargli i ricci con dolcezza e un sorriso che non si cancellava dal volto «Profumo? Di cosa so? Tu sai di... hai bevuto?» - e non aveva un tono di rimprovero, rideva anche quella volta, con dolcezza «Bene ora che sono qui, come volevi, cosa vuoi fare? E... c'era un gatto prima?»
    Gyll McKenzy

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    Adrien Beauvais
    Black Opal | 17 anni
    Accarezzò dolcemente i capelli di lei con le dita lunghe e delicate, prendendone qualche ciocca per alcuni istanti, che arrotolò distrattamente lungo il suo dito indice. Sapevano di fresco e di lavanda, un profumo delicatissimo, che, però, gli bruciava le narici come se fosse prepotente. E Adrien, in quel suo stato di poca lucidità, lo adorava. Non sapeva, però, che, anche quando sarebbe stato più lucido di così, quell'odore le avrebbe ricordato sempre lei, seppur non ne avrebbe ricordato il motivo.
    La lasciò andare e si mise di fronte a lei, volto a volto. Le rispose con una frase che aveva letto non molto tempo fa e che gli era piaciuta così tanto che si era messo in testa di impararla a memoria.
    - "Il campo di lavanda mi guardava da lontano, e io gli porgevo gli occhi, quelli più leggeri dei sogni. Non so se raccoglievo verità in quella visione, ma so che le avrei difese sempre e comunque. Quel campo faceva suonare dentro la mia anima le mie note migliori". Di questo sai... -
    La sua voce si era fatta sempre più sussurrata. Si avvicinò di qualche centimetro in più, scorrendo il suo corpo contro le mattonelle in pietra del pavimento freddo. Il tocco nei suoi stessi capelli era incredibilmente rilassante. Il suo sguardo si tramutò improvvisamente da profondamente concentrato a profondamente felice.
    - Siii, ho bevuto qualche bicchierino di Vodka!! - le rispose, con un insolito entusiasmo. Le prese la mano, mentre cercava di tirarsi su a sedere. Poi, si alzò in piedi, traballante e molto instabile, ma tirò, comunque, il braccio di Gyll.
    - Vieni, ti faccio vedere una cosa! -
    Era insolitamente fanciullesco. Gyll ne avrebbe viste le fattezze bambine.
    Vide il piccolo gattino sotto una sedia e riuscì ad acchiapparlo.
    - Preso! UHHH! Questa volta non mi sei scappato!! -
    Gli fece qualche distratta carezza e lo consegnò alla ragazza.
    - Per te! Ti piace? -
    Nel frattempo, prese un altro bicchierino da liquore, seppur con qualche difficoltà, e versò un goccio di vodka al suo interno, porgendolo alla sua ospite. Poi, prese il suo, lo alzò al cielo e brindò: - Tazze e bicchieri alla salute del cavaliere...bicchieri e tazze alla salute di stò cazz- ehm, no, scusami! -. Rise, non poteva farne a meno. Forse avrebbe dovuto risparmiarsi quella volgarità, ma le scurrilità erano nel suo sangue. Un pò come la poesia. E poi era ubriaco e non poteva rispondere delle sue azioni!
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    Lascio che Adrien le toccasse i capelli, alla fine non c'era niente di male e non sarebbe stata la prima volta che lo faceva, giusto? Anche quella sera che l'aveva aiutata ad addormentarsi le aveva accarezzato la testa, ma questa volta sembrava diverso. Il suo tocco era dolce e premuroso, non vi era quel tono imperativo nel prendersi cura di lei che aveva usato quella notte, e pareva che tale modo aveva lasciato il posto a quella serenità sul volto, condita dalle sue risate contagiose, che forse era opera dell'alcol che aveva bevuto.
    Gyll rimase a guardarlo e lo lasciò recuperare le idee per rispondere alla sua domanda. Alla fin fine, ormai erano lì e forse ci sarebbero dovuti rimanere fino al mattino dopo, per non essere scoperti. Insomma, le ronde erano lì fuori e se li avessero beccati in giro sarebbero stati casini, quindi tanto valeva fare le cose con calma e rimaner chiusi in quelle cucine.
    Anche quella loro divertente vicinanza non la stava infastidendo, nonostante l'alcol che si sentiva da chilometri di distanza; lascio che si riempisse i polmoni con il suo profumo, curiosa di sapere cosa stesse annusando, di cosa sapeva per lui. In quel momento, Gyll non pensò a quanto potesse essere ambigua quella situazione e quali rischi avrebbe comportato se qualcuno li avesse visti. Non tanto le ronde, quanto l'idea di quelle voci sul suo conto che aumentavano. Era come se quel ridere di Adrien avesse donato una dose di menefreghismo alla mezza-veela, permettendole di dimenticarsi di quanto potesse preoccuparla il pensiero altrui.
    Quando quel suo contatto con i suoi capelli terminò, si ritrovarono faccia a faccia, con Gyll che gli sorrideva serena e divertita, come se non ci fossero pensieri alcuni a far capolinea in quella stanza, poi ascoltò le sue frasi e le guance si scaldarono.
    Rimase un attimo in silenzio, specchiandosi nel suo sguardo, quasi senza sapere esattamente come reagire a quella che sembravano versi di una poesia. Era completamente disarmata davanti a tali parole, l'avevano scomposta e ricomposta e lei riusciva solo a tenere vivo quel sorriso di spontaneità e leggerezza che stava dedicando ad Adrien «Mi piacciono le note della tua anima...» - rispose quasi senza pensarci (quale novità) pensando a quelle note come quelle che le sue risate intonavano, condite da quel tono di voce che variava dal deciso al pimpante e ricordando anche la melodia che aveva risuonato nel suo petto, notti prima, per calmarla, così come quel sussurro di parole che aveva usato per descrivere ciò che aveva sentito come suo profumo.
    Lasciò che si avvicinasse, continuando a toccargli i capelli. La conferma che avesse bevuto arrivò condita da altra felicità scomposta che Gyll accolse, cercando di stargli dietro «AH ahn! Lo sapevo!» - e rise come se avesse appena vinto una scommessa contro se stessa.
    Afferrò la sua mano, non tanto per scelta quanto più perché Adrien la pretese e lei non si oppose più di tanto, quindi si alzò barcollando con lui, non tanto perché fosse ubriaca quanto perché la tirò improvvisamente. Sgranó le celesti, cercando di rimanere in bilico e di frenare in tempo per non schiantarsi contro la sedia sotto cui Adrien si calò «Ma che stai - - - » - non fece in tempo a finire la frase che il concasato cacciò da sotto il mobilio un pelosetto. Il comportamento strambo di Adrien la stava mandando in confusione totale. Da una parte era preoccupata che avesse bevuto troppo, dall'altra osservava quel suo lato fanciullesco rispecchiandosi nella leggerezza del suo fare. Si chiese quanto fosse tutta causa dell'alcol e quanto quel suo lato fosse nascosto ai più per un moto di difesa.
    E se così fosse stato, apprezzava il fatto di essere lì, per scelta di lui. L'aveva cercata e forse lo aveva fatto solo perché sbronzo da fare schifo ma aveva cercato lei e... Il gatto era per lei? Cosa? Gyll allargo i laghi celesti e si mostrò stupita mentre guardava prima il gatto e poi Adrien.
    Gyll afferrò la creatura che si adagió tra le sue braccia acciambellandosi. Gyll ne accarezzò il testino, dedicandogli un po' di attenzioni e coccole poi avvicinò Adrien «Ma dici sul serio? Cioè... Perché? Io... Beh... Oddio grazie... » - quindi tenendo il gatto tra loro avrebbe buttato il braccio sinistro attorno al collo del ragazzo se avesse permesso, abbracciandolo mentre si sollevava sulle punte per farlo «Dovremmo dargli un nome. Direi che vista la situazione potremmo chiamarlo Vodka che te ne pare?» - inclinó il capo sulla destra e sorrise.
    Si dedicò ancora un po' al cucciolo, quindi, mentre Adrien si dedicava alla bottiglia e quando le porse il bicchiere lei fece per prenderlo. Insomma, un bicchierino non avrebbe fatto male a nessuno, no? Poi aveva fatto una gara con due denrisiani arrivando seconda e vincendo il trofeo migliore del torneo (?) quindi perché no. Senti il brindisi del ricciolo e «Ahahahahahahah» - lo scoppio della sua risata cristallina non poté essere fermato, quindi buttò giù il bicchierino e strinse un po' gli occhi per il sapore forte della vodka «Sei perdonato! Ma solo se mi concedi un altro bicchiere, che ne pensi?» - disse avvicinandosi appena, con un'espressione di un cerbiatto alla ricerca di attenzioni. Nel frattempo il gattino si era addormentato tra le sue braccia.
    Gyll McKenzy

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  9. Adrien Beauvais
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    Adrien Beauvais
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    Cosa aveva appena detto? Che le piacevano le note della sua anima? Le note dell'anima di Adrien? Ma... davvero?! Il ragazzo le aveva ascoltate quelle parole e aveva risposto ad esse con un lieve ghigno sul volto. Gyll avrebbe potuto chiedersi che cosa stesse a significare ma, in quel preciso istante, Adrien si sentiva trionfale e sarcastico allo stesso tempo. Come poteva piacere a qualcuno quando esprimeva totale oscurità, chiusura, cattiveria, insensibilità? Beh, non era davvero cattivo, ma freddo e non empatico sì. Se voleva ferirsi, Gyll aveva scelto la persona giusta. Ma non furono questi i pensieri che inondarono la sua mente in quel momento, troppo occupata dall'alcol. Si era perso stupidamente nelle fossette che comparvero sulle guance al sorridere della ragazza.
    Il nome che aveva appena dato al gattino gli piaceva davvero molto. Rigirò quell'appellativo più volte tra i suoi denti.
    - Vodka... vodka! Vo-d-ka... perfetto! - rispose, per poi piegarsi in due, con una mano sul ventre, e cominciare a ridere. La ridarella quella sera era troppa e non sarebbe finita lì.
    Dopo averle dato il bicchiere, non si sarebbe mai aspettato che la ragazza lo prendesse con così tanto entusiasmo e che ne richiedesse subito un altro.
    - Sei sicura? - le chiese.
    Se questa le avesse risposto di sì, Adrien le avrebbe versato un altro bicchierino di Vodka, ma il suo traballante incessante ne avrebbe versato un pò il liquido sul tavolo.
    - Ops! - esclamò, mentre trasformava le fattezze il suo volto in finta innocenza.
    Senza mai lasciare la bottiglia, si attaccò ad essa, come un vero e proprio ubriacone, per poi staccarsi improvvisamente e chiedere, in un momento di strana educazione: - Ti fa schifo se bevo dalla bottiglia?! Sai, a me non farebbe schifo se lo facessi tu! -.
    Ridacchiò e si gettò su una sedia.
    - Menomale che ho portato solo questa, sennò saremmo già ubriachi... - (come se non lo fossero già).
    - Gyyyll... poi conosci un incantesimo per la sbornia, eh? -
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    Gyll non rifletteva molto a quello che diceva e, per quanto cercasse di filtrare i suoi pensieri, le veniva sempre così difficile che non riusciva bene a capire come mai poi si ritrovava sempre in situazioni buffe o disastrose. Quello che aveva fatto ad Adrien era un complimento sincero e per quanto qualche notte prima fosse sembrato a tratti scontroso, aveva visto nei suoi gesti e nelle sue parole, una premura che a stento aveva riscontrato in Jessica negli ultimi periodi. Era riuscito a farla dormire, anche solo per quella notte e lei, questo, se lo sarebbe ricordato sempre. Certo, probabilmente non gli avrebbe mai detto quanto per lei quel suo intervento era stato importante, ma già il suo essere lì era una risposta positiva al fatto che la presenza dell'opale era ben accetta a quella mezza-veela che aveva sempre deciso di centillinare le sue amicizie su un palmo della mano. Aveva creduto che potesse nascere una sana amicizia con Blake, e la sola cosa che ci aveva trovato era un qualcuno che avrebbe evitato con tutta se stessa per un lungo periodo; ma era chiaro che forse non si era nemmeno impegnata troppo a guardarsi attorno. O forse non ne aveva proprio voglia.
    Invece Adrien era piombato a reclamare il suo silenzio, con quel fare strafottente e poco gentile ed ora l'aveva voluta per una sbronza. Questo per Gyll significava molto; cosa? No, non sapeva cosa significasse, sapeva quanto...
    Notò quel piccolo movimento delle labbra di Adrien, forse era una delle prime volte che lo vedeva avvicinarsi a quello di più simile ad un sorriso, se non proprio la prima volta da quanto si erano incontrati casualmente le precedenti sere. Le guance di Gyll non parevano a spegnersi di quella colorazione più rossastra rispetto alla sua carnaggione e per qualche secondo di troppo, rimase con quel sorriso semplice ad osservare il volto di Adrien.
    Il gattino fu quasi fatale per il cuoricino della mezza-veela che non era abituata a quelle sorprese che smorzavano il fiato. Rise quando Adrien ripetè il nome più volte «Sì, v-o-d-k-a.» - scandì bene le lettere, avvicinandosi appena a lui, sempre con quell'energia frizzante che la caratterizzava «Così mi ricorderò sempre chi me l'ha regalato e quando.» - un pensiero un po' contorto, certo, ma a chi interessava, alla fin dei conti? Lo vide ridere e non potè che farlo anche lei «Per Merlino» - esclamò cercando di riprendere fiato tra una risata e l'altra, mentre la mano scivolava nella tasca della sua felpa morbida ad afferrare la bacchetta «Ci sentiranno, se continuiamo così.» - quindi fece un giro lungo le pareti e puntandole «Muffliato.» - così da rendere le loro voci solo dei bisbigli qualora i suoi avessero attraversato le pareti. Non sarebbe servito a molto, se fossero stati scoperti - soprattutto da Ensor - ma almeno, adesso, avevano meno una freccia luminosa che diceva "ehiii siamo qui!"
    Sollevò un sopracciglio alla sua domanda, quindi spostò il peso del corpo sul lato destro e arricciò le labbra, prima di mettere su un broncetto che le fece gonfiare le guance «Non vorrai bere solo tu?» - bofonchiò, prima di mettersi a ridere e scuotere il capo. Vodka fu adagiato sulla sedia poco distanze, così che potesse essere comodo sul cuscini del mobilio, quindi lei si sarebbe dedicata a ---«Oh, no! Abbiamo sporcato tutto!» - e ancora rideva, nonostante quel disastro. Sollevò lo sguardo da cerbiatto sul concasato, cercando di impostare un'espressione di rimprovero che si trasformò subito in divertimento e stupore quando lo vide bere dalla bottiglia. Quindi si avvicinò a lui, sollevandosi sulle punte e cercando di arrivare alla bottiglia «Ehi tocca a me! Non vale se bevi solo tu!» - disse ridendo e poggiandosi a lui per arrivare alla meta, se glielo avesse permesso.
    «Solo questa? Davvero un peccato» - se avesse conquistato la bottiglia avrebbe bevuto, prima di scuotere la testa «Adesso non me ne viene nessuno, ma sono certa che è tutta colpa della vodka.» - disse ridendo e facendo una linguaccia al ragazzo «Mal che vada, rimaniamo qui fino a domattina, quando il coprifuoco sarà ormai passato e noi non saremo dei fuorilegge... sbronzi.» - non c'era niente da ridere, eppure lo stava facendo «Balliamo!» - disse, allungando una mano verso di lui, mentre faceva partire una canzone pop «Su, Adrien...» - non riusciva a spegnere quel sorriso dal suo volto, come se l'effetto di Adrien fosse maggiore di quello della sbronza.
    Gyll McKenzy

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  11. Adrien Beauvais
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    Adrien Beauvais
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    - Ti dispiacerebbe se bevessi solo io? Forse sarebbe meglio, non voglio che ubriachi quella testolina che c'hai - le disse ed era, forse, la cosa più vicina a un complimento che avesse mai pronunciato e che fosse mai uscita dalla sua bocca. Adrien non era conosciuto per complimentarsi con la gente: era raro persino che lo dicesse con le sue sorelle, possibilità pari a zero con suo fratello James. Non ne faceva e non ne riceveva, se non le lodi dei professori, che accettava con un certo orgoglio. Quale fosse il complimento che avesse voluto fare a Gyll quella sera non era ben chiaro nemmeno ad Adrien, ma poco importava, perché bastava guardare il rossore sulle sue guance per dire che apprezzava tutta quella situazione, seppur si sentisse leggermente in imbarazzo.
    - Abbiamo sporcato tutto! - affermó il ragazzo, ripetendo a pappagallo le parole della sua ospite, ormai brilla o, probabilmente, più che brilla. Avrebbero pensato dopo a ripulire, prima, però, che si alzassero gli elfi domestici, se non avessero voluto prima un bel cazziatone e poi una visitina dalla preside. Certo era che avevano scelto proprio un bel posto per ubriacarsi... bello per modo di dire, si intende. Quando vide Gyll alzarsi dalla sedia e avvicinarsi a lui, alzò il braccio più che poté, per evitare che la ragazzina le rubasse la bottiglia.
    - Ah, peccato! Sei troppo nana per riuscire a prenderla! - disse, ridendo osservandola alzarsi in punta di piedi per farsi più alta. Dopo un ultimo sorso, decise di dargliela vinta e le passò la bottiglia.
    - Solo questa, ma ne ho altre in dormitorio, per una nuooova serataaaa! Che ne dici? - chiese.
    - Ho anche del Rum, ma non so se ti piace... -
    Sospirò, con sguardo triste, quasi fosse la fine del mondo. L'alcol era capace anche di questo: trasformare persone totalmente assennate in pazze lunatiche.
    Come ne sarebbero usciti da quella sbronza? Non ne avevano idea al momento, ma non ne facevano preoccupazioni.
    A quel - Balliamo! -, Adrien si lasciò trasportare. Prese Gyll per un braccio e con una mano le strinse i fianchi.
    Una volta che fu partita la musica pop, però, si staccò da lei e prese il telefono.
    - Eh no! Questa non va bene! Ora ne metto io una bella! -
    La cucina fu invasa dalle note forti di The Hills dei The Weeknd.
    - Ora sì che possiamo ballare! -
    Cominciò a cantare a squarciagola il ritornello.
    - I only call you when it’s half past, five
    The only time that I’ll be by, your, side
    I only love it when you touch me, not feel me
    When I’m fucked up, that’s the real me
    When I’m fucked up, that’s the real me, yeah
    I only call you when it’s half-past, five
    The only time I’d ever call you mine
    I only love it when you touch me, not feel me
    When I’m fucked up, that’s the real me
    When I’m fucked up, that’s the real me, babe
    -
    Si avvicinò lentamente al suo corpo, stringendole la vita più forte: con un leggero strattone, le avvicinò la vita più vicino al suo Busto, fino a quando i loro volti non si sfiorarono.

    just fucked two bitches ‘fore I saw you
    You gon’ have to do it at my tempo


    Le punte dei loro nasi trovarono un contatto insolito.

    Always tryna send me off to rehab
    Drugs start to feel like it’s decaf


    Adrien la guardò negli occhi, scavando dentro la sua anima.

    I’m just tryna live life for the moment
    And all these motherfuckers want a relapse


    Il suo respiro toccò le sue labbra quando si chinò in un bacio profondo, inaspettato.



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    Incrociò le braccia sotto i seni, mettendo su un broncio ancora più ricalcato su quelle labbra di porcellana rosate, quindi si poggiò le nocche della propria mano sulla testina e rispose «Questa testina è già ubriaca di natura!» - l'autoironia non le mancava, questo era da farne vanto, semplicemente non la sfoggiava con tutti, per non dare agli altri del materiale per prenderla in giro; quindi sì, quella era una prelibatezza che a pochi era riservata, la sua autoironia e Adrien si sarebbe potuto ritenere fortunato se l'avesse saputo «E poi, non è mica giusto che tu non mi faccia bere. E se avessi sete?» - sbuffò fingendosi veramente indispettita, mentre lo osservava nascondendo un sorriso divertito che avrebbe fatto cascare la sua scenata da bronciosa (?). Aveva preso quello che aveva detto come un complimento, seppur fatto in maniera strana, ma lei prendeva tutto in maniera diversa da come una persona normale avrebbe fatto: anche quando Adrien aveva parlato del suo pigiama, aveva preso la sua frase come un complimento che manco tanto era.
    Quando le fece il verso, sgranò gli occhi e lasciò che le labbra si incurvassero di stupore, prima di ridere e spingergli appena appena il braccio, quasi a voler cercare un minimo di contatto fisico «Tu hai sporcato tutto!» - puntalizzò la ragazzina ridendo, brilla e spensierata, ma senza realmente riprendere il ragazzo.
    Sì, era quello di cui aveva bisogno, la leggerezza di una giornata inaspettata, lo stupore di qualcosa di nuovo che sembrava farle dimenticare tutto il contesto intorno - e anche il fatto che fossero fuori orario limite e che se qualcuno li avesse scoperti sarebbero stati guai. Aveva bisogno esattamente di quello che Adrien le stava donando: spensieratezza.
    Sì, era così che si sentiva; spensierata e con il solo obiettivo di ridere e condividere con il concasato quella follia - perché solo di follia si poteva parlare - di sbronzarsi a scuola.
    La sua sfida di prender la bottiglia non fece che alzare l'asticella del divertimento. Rideva come se qualcuno le stesse facendo il solletico, provò anche a saltellare per afferrare il vetro «Se voglio posso arrampicarmi!» - disse lei, cercando il suo sguardo, senza calare la parentesi sulle proprie labbra. Seguì la bottiglia alla sua bocca e rimase ad osservarlo, forse senza nemmeno accorgersene, fin quando non ricevette la bottiglia «Visto? Ho vinto!» - disse fingendosi un po' smorfiosa, cosa che le riuscì proprio male, non sapendo che cosa facesse davvero una persona smorfiosa; bevve un lungo sorso di quella vodka, mentre lui parlava. Era bello liberare la testa, Adrien era una compagnia perfetta e mai avrebbe pensato che riuscisse ad avere un'influenza tale da rendere quella violazione di coprifuoco, una serata che Gyll non voleva dimenticare.
    Sgranò gli occhi «Sei riuscito a non farti scoprire e a portare altre bottiglie in dormitorio?!» - era quasi incredula, quindi dovette bere di più, alzando ancora l'asticella del suo tasso alcolemico «Dico che ci sto! Me lo chiedi pure? Ma guai a te se inizi senza di me e... il rum mi piace!» - sì, il Rum le piaceva, quello del Canto della Sirena sicuramente; chissà cosa ci metteva Baker lì dentro!
    Passò in secondo piano qualsiasi argomento che potesse anche solo limitare il loro divertimento, come il farsi sentire da qualcuno o il come riprendersi da quell'ubriacata. Ma nulla poteva togliere a quei due ragazzi la possibilità di continuare a ridere e ... ballare, perché no?
    Il corpo di Gyll si fece trascinare senza troppa fatica, grazie alla sua statura minuta, ma anche alla sua ubriachezza che faceva in maniera tale da non renderla poi così rigida. Continuava a ridere, mentre non aveva la minima idea di come si ballasse la canzone pop che era partita.
    Ma Adrien ebbe una soluzione anche a questo: la lasciò appena un po' per cambiare melodia e lei riconobbe in quelle note una canzone che conosceva.
    Insieme a lui cantò il ritornello, mischiando la sua voce a quella del ragazzo «I only call you when it’s half past, five
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    When I’m fucked up, that’s the real me
    When I’m fucked up, that’s the real me, babe ~»
    - si piegò appena per ridere, due ubriachi che cantavano a squarciagola, che cliché, vero?
    Poi lo vide avvicinarsi, non battè ciglio e l'unica cosa che continuava a cambiare era il colore delle sue guance, ma forse era l'alcol, no? Si sentì stringere, una leggera spinta per avvicinarla e lei quasi inciampò nei suoi stessi piedi, per poi sfiorare il busto del ragazzo. La musica continuava mentre loro ondeggiavano su quel ritmo, i loro volti si sfiorarono e sentì la sua pelle accaldata probabilmente dalla sua ubriacatura. Quel contatto con il suo corpo era diverso rispetto a quando l'aveva abbracciata per farla addormentare; le sue braccia cercarono di aggrapparsi al suo collo, un gesto naturale come se fosse d'obbligo in quel momento, ma senza che si sentisse realmente forzata a farlo. Non riusciva a nascondere quel sorriso sereno, come se tutto fosse normale, anche quelle punte dei loro nasi che si sfiorarono. Scivolò appena a muovere la punta del suo naso, strusciandola su quella dell'altro per poi ridacchiare appena. Era tranquilla, si sentiva così leggera che forse nemmeno stava riflettendo su quanto fosse pericolosa quella loro vicinanza, quel respiro alcolico che si mescolava al suo altrettando sbronzo e gli occhi che lentamente si calvano, per poi riaprirsi a cercare lo sguardo dell'altro.
    Il respiro del Beauvais soffiò sulle labbra della mezza-veela, che quel giorno forse era uno degli unici in cui non aveva nemmeno una volta martoriato il suo labbro inferiore con i denti. Ma non ebbe il tempo di metabolizzare quella cosa, che le labbra di Adrien rubarono le proprie, facendole sgranare gli occhi e trattenere il respiro. In un primo momento si irrigidì, come se quel suo gesto l'avesse congelata; ma fu proprio il calore del suo corpo a scioglierla e lasciarle chiudere gli occhi.
    Fu quando le palpebre si chiusero e quelle labbra si mossero con quelle del concasato che la testa sbronza di lei, iniziò a giocarle brutti scherzi: quelle parole che sentiva bisbigliare dietro nei corridoi, lo sguardo d'odio di Aidan, i pettegolezzi che aumentavano a riempirle la testa, il corpo di Gerald, il suo volto, i suoi occhi e quella sensazione di protezione.
    Molto simile a quella che Adrien le aveva fatto provare in sala comune, ma comunque diversa.
    La testa si stava appensandendo di nuovo, ma le labbra non vollero staccarsi da quelle di lui, quasi come se fossero l'ancora che le permettesse di rimanere ancora in quel finto mondo di spensieratezza che aveva creato; Adrien avrebbe potuto sentire il battito del cuore di lei, se solo avesse voluto, aumentare a quel contatto, come se il suo corpo stesse reagendo a lui, accettandolo e invitandolo a non staccarsi.
    Adesso aveva il timore di farlo, aveva il timore di staccarsi da quelle labbra e fare i conti con la realtà; e se Adrien fosse solo venuto a conoscenza delle voci che la additavano come una stronza facile? Forse era per questo che l'aveva chiamata per star con lui. E lei... si era trovata in uno dei suoi soliti disastri, che non faceva altro che consumarla dentro con la confusione di ogni singolo respiro.
    Eppure perché non staccava quelle labbra, avrebbe potuto farlo invece di ricercare quell'inaspettato contatto. Il suo volto era completamente arrossato da quel gesto; un gesto che le stava piacendo e che lei stava ricambiando.
    Adesso era davvero un casino...
    Ne aveva fatto un altro...
    Le braccia attorno al suo collo si strinsero, come se si stesse aggrappando per non cadere nel vuoto, dove si sentiva di star per finire, come se gli stesse dicendo «Non lasciarmi scivolare giù...» - peccato che c'era una remota possibilità che Adrien fosse completamente all'oscuro di tutto quello in cui lei era coinvolta.
    Davvero.
    Un.
    Bel.
    Casino.
    Gyll McKenzy

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    Adrien Beauvais
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    Sentì il retro del suo collo essere cinto da braccia coperte da un materiale morbido, caldo, un po' come era Gyll: lei era così... "cuor di panna", ecco, tutto il suo opposto, perché Adrien era, in qualche modo, freddo, ossuto, distaccato. Aveva un cuore di ghiaccio, capace di sciogliersi improvvisamente al calore di una fiammata bruciante, come in quel caso. Il suo motto segreto era "O tutto, o niente!" e con Gyll aveva intenzione di prendersi tutto. Non era per la logica del donare/ricevere, ma con lei avrebbe fatto un'eccezione.
    Le sue dita si posarono sui suoi fianchi, stringendoli fermamente, ma non tanto da farle male - non avrebbe mai voluto.
    Piegandosi sulle sue labbra, non si sarebbe mai aspettato che si irrigidisse: fece scivolare una morbida carezza sulla sua schiena e stava per staccarsi da lei, quando Gyll ricambiò il bacio. Le sue labbra erano tenere, duttili, dal sapore alcolico e zuccherino insieme. Il respiro di lei era fremente, rapido, come il suo cuore che batteva forte nella cassa toracica, che Adrien sentiva sul suo stesso corpo.
    Ma le braccia attorno a lui si strinsero inaspettatamente: il Black Opal era nato per leggere le gesta non verbali degli arti e aveva intuito ci fosse qualcosa che non andasse.
    Tirò indietro le labbra, la guardò in volto, notando, con dispiacere, che c'era qualcosa che non andava: forse aveva frainteso lui? Non le piaceva? Ma sembrava che- no! Non avrebbe dovuto perdersi in pensieri inutili. La miglior cosa da fare era chiederle direttamente il motivo. Inchiodò i propri occhi nei suoi, quasi a volerne scrutare le verità nascoste.
    - Cosa c’è che non va? – chiese, portando una mano tra i suoi capelli, accarezzandoli dolcemente. Voleva offrirle sicurezza, tranquillità, non disagio. Per quando gli piacesse mettere a disagio le altre persone, questa regola non valeva per Gyll, infatti, non ne aveva tratto alcun piacere e non l’aveva neanche fatto apposta. Avrebbe aspettato che lei si spiegasse e, se fosse stato necessario, avrebbe nuovamente assunto la sua maschera dura, se l’avesse fatta sentire più libera di parlare.

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    La sensazione di serenità non l'aveva abbandonata prima di quello strano scherzo della sua testa. Quando aveva intrecciato le sue braccine attorno al collo di Adrien, forse doveva aspettarsi di quanto quel contatto avrebbe portato entrambi a finire di inciampare in un errore.
    Che poi, chi aveva stabilito che fosse un errore? Se solo non l'avesse voluto, non sarebbe andata da lui, a monte di tutta quella giornata. Certo era che non si aspettava di sentire il calore delle sue labbra sulle proprie e quegli attimi rapidissimi che susseguirono il loro primo contatto, furono una tempesta di sensazioni diverse tra loro a cui lei non sapeva dare un nome. Una stretta allo stomaco che non pareva lasciarla che aveva diverse accezioni, passando dall'ansia all'emozione; il calore della sua pelle mostrava quanto tutto ciò la stava mettendo in imbarazzo, ma non una timidezza dalla quale stava scappando, come se in fin dei conti ci si trovava bene stretta da quelle dita che si fecero sentire sui suoi fianchi. Senti quelle dita carezzarle la schiena e forse fu quello stesso tocco che aiutò il corpo della mezza-veela ad abbandonarsi a quel bacio inatteso; aveva un gusto strano, particolare; come se stesse assaggiando un dolce con una giusta dose di peperoncino, che si mischiava al sapore forte della vodka.
    E le piaceva, non lo avrebbe negato a se stessa e nemmeno a lui, se glielo avesse chiesto.
    Ma la sua testa, forse per la prima volta, iniziò a lavorare su qualcosa che aveva scordato per tutta la sera; quelli stessi motivi che le avevano tolto il sonno a cui Adrien aveva lavorato notti prima, adesso stavano tornando a martellare il suo piccolo cranio e quel bacio divenne forse l'unica ancora che la teneva ferma al pavimento, stretta al corpo di lui come se non volesse cadere. Era come se quelle labbra le avessero dato il paradiso, facendola scendere nell'inferno, in un solo frangente. E forse sarebbe stato anche un inferno piacevole, con Adrien, ma era pur sempre un inferno e quando lui si tirò indietro, Gyll riaprì gli occhi, che bruciavano per il calore della pelle di porcellana e si scontrò con il volto di lui, incrociando i loro sguardi. Schiuse le labbra piano, come se stesse cercando aria, stesse provando a respirare di nuovo, come se lui - staccandosi - avesse rubato tutto il suo ossigeno e l'avesse lasciata senza. Perché si era fermato? Perché la stava facendo scivolare giù?
    Che avesse percepito i suoi pensieri? Lo guardò come se stesse cercando in lui la risposta a quella distanza, poi le sue parole la portarono a mordersi il labbro inferiore. Non rispose subito, non sapeva cosa dire, nemmeno perché dire qualcosa. Era come se l'idea di confessargli quanto avesse paura, in quel momento, avrebbe rotto tutto quello che avevano passato quella sera.
    Sarebbe scappata, come aveva fatto diverse volte, se solo non avesse avuto il pensiero che con Adrien non voleva farlo. Sì, era così: lei non voleva scappare, non voleva che quel bacio si fermasse; ma sapeva che con lui - adesso - la situazione sarebbe stata ancora più incasinata di prima. Cos'erano lei e Gerald? Questo era il principale quesito che la stava martoriando e per una volta si accorse che il pensiero non sfiorò minimamente Aidan, come se non esistesse nemmeno.
    Sentì quelle carezze e a quei suoi gesti lei non potè che riprendere a respirare lentamente, lui stesso si sarebbe accorto di quanto quel tocco stava diventando salutare per la mezza-veela. Guardava quel volto, quella nuova luce che le aveva mostrato e tentò con le dita affusolate di sfiorare qualche riccio sulla sua nuca, dolcemente, facendo scivolare il tocco anche sulla sua pelle, delicatamente.
    Quel bacio era solo loro, lì dentro non c'era nessuno, vero? Si guardò attorno, quasi a volersene accertare, poi tornò a lui e al suo volto. La mano che avrebbe voluto giocare con i suoi capelli, provò a scivolare su quella pelle del viso, delineandone i lineamenti duri della sua mascella, fino a giungere con il polpastrello del pollice sulle labbra di Adrien e gli occhi celesti si spostarono sullo stesso focus. Possibile che già le mancava quel contatto? I suoi piedi si mossero appena in avanti, quasi come se quel misero spazio che li divideva fosse ancora troppo. Doveva allontanarsi, ma non voleva e non stava facendo niente per rompere quel disastro «Ho... ho solo paura...» - sussurrò lei, mentre cercava ancora di sentire il respiro di Adrien sulla propria pelle, sollevandosi sulle punte. Di cosa aveva paura? Di incasinare la sua vita, di rendere i suoi giorni un incubo, nell'attesa che potesse mettee chiarezza nella propria testa. Ma questo come avrebbe potuto dirglielo? Tra la sbronza e la voglia di baciarlo ancora, non riusciva a formulare bene quale fosse la sua paura reale «E quando hai smesso di baciarmi... ne ho avuta ancora di più...» - fu un flebile sussurro il suo, mentre socchiudeva gli occhi come se quella paura continuasse a tirarla verso di sé «Possiamo pensare domani a tutte le conseguenze e alle mie paure e... goderci questo attimo ...io e te? Fuori da quella porta non saremo mai soli, tutti guardano, tutti parlano... tu hai azzerato tutto questo, oggi, e voglio godermelo ancora un po'...» - era sincera, voleva tornare a morire su quelle labbra, senza pensare a niente, proprio come poco prima, se non a loro due che erano lì, e stavano bene. In un certo senso gli aveva detto di cosa aveva paura, del mondo la fuori. Era terrorizzata da quel mondo, oltre quella porta, dove non erano più da soli.
    Gyll McKenzy

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    Non puoi attraversare la vita, cercando di non farti male.
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    Black Opal, III anno

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