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Christmas Contest #2 -Gyll

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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Gyll non riceveva spesso lettere o pacchi da casa, diciamo che nonostante ne sentisse la mancanza, aveva esplicitamente chiesto di non essere tartassata di gufi e letterine se non fosse strettamente necessario. Per tale motivo, quando Molly, la civetta bianca della mamma arrivò a bussare alla sua finestra, Gyll ebbe un sentimento di ansia che le strinse lo stomaco.
    Non voleva aprire quel pacco e quella lettera da sola, per tale motivo aveva cercato in lungo e largo Jessica, ma quella mattina la povera Prefetta era alle prese con le lezioni e tirocini fino a tardi.
    La mezza-veela aveva passato la sua giornata alle prese con la concentrazione durante le sue di lezioni, ma il pensiero era sempre a quello che l'era giunto dalle Isole, con la calligrafia della mamma ad indicare il suo nome su quella busta.
    Era elegante come sempre e il fatto che fosse lei a scriverla, voleva dire - con molta probabilità - che c'era qualcosa di importante da dirle. Certo, Natale era vicino e magari volevano sapere solo se l'avesse passato con loro o meno, ma questo non significava che non ci potessero essere delle notizie diverse al suo interno. Solitamente, per avere notizie immediate, la mezza-veela riceveva messaggi whatsapp che erano molto più rapidi e quel pacco, poi, voleva dire che aveva qualcosa da vedere e magari in quella lettera c'era la spiegazione a tutto.
    Non poteva aspettare Jeje, ormai l'aveva capito: il suo stomaco si stava ribellando all'idea di dover attendere la sera, e fu per questo che nel pomeriggio decise di farlo da sola. Cosa mai poteva succedere?
    La prima cosa che fece fu aprire il pacco, dove vi trovò una sciarpa di lana di un beige molto familiare: era il colore del nonno e il suo profumo si sentiva sul tessuto, Richard, il papà di Lorelain, la mamma. Gyll aggrottò la fronte, strano era che il nonno non le avesse mandato una scorta di cioccolato, piuttosto che quella sciarpa.
    Sicuramente la spiegazione era nella lettera, che non mancò di aprire con trepidazione. Si sedette sul suo letto e iniziò a leggerla:

    Cara Gillian,
    come va in Accademia? Qui le tue pecorelle stanno tutte bene e Frency ha partorito due cuccioli che sono quasi pasticcioni quanto te.
    Hai già deciso cosa farai per Natale? Sai, sarebbe bello che quest'anno tornassi da noi, non che non desideriamo che tu faccia il tuo viaggio per esplorare il mondo, ma nonno Richard vorrebbe averti qui.
    Sai, quella che hai trovato nel pacco e la sua sciarpa e ci teneva tanto a mandartela.
    La verità è che il nonno non sta bene, Gilly. I medici dicono che sta reagendo bene alle cure, ma noi tutti siamo preoccupati.
    Ci piacerebbe passare il Natale tutti in famiglia, così da fargli sentire il calore di un tempo, ricordi? Che ne pensi?
    Fammi sapere al più presto.

    P.S.: il nonno ti ha conservato una scorta di caramelle gommose e cioccolate nella tua stanza, qui.

    Con amore,
    la tua mamma

    Rilesse quella lettera diverse volte e gli occhi celesti scorrevano quelle righe come se stesse cercando una scritta nascosta dove diceva che la stava prendendo in giro.
    Pixie la guardava, quella pergamena, fingendo di capirci qualcosa, ma in realtà non sentiva altro che il profumo della mamma che aveva toccato quella lettera più e più volte.
    Richiuse la busta e la mise sotto il cuscino, quindi prese la sciarpa e se la passò tra le mani, per poi annusarla e sentirne ancora l'odore del nonno.
    Non riusciva a piangere, ma non riusciva nemmeno a ridere; era come se avesse perso completamente il controllo della situazione e non sapesse cosa fare.
    «Pixie, oggi impareremo a volare senza cadere dalla scopa.» - disse all'improvviso la mezza-veela, avvolgendo la sciarpa attorno al collo e uscendo dal dormitorio, con ancora indosso la sua divisa.

    Era arrivata allo stadio, era enorme e lei non aveva mai usato quello spazio da sola, senza alcun insegnante o solo per allenarsi. Conosceva bene il suo equilibrio, e la volare non era una delle cose che le riusciva alle perfezione. Era proprio quella sensazione di perdita del controllo che aveva provato poco prima, aveva bisogno di scaricare in qualcosa di razionale che effettivamente le faceva sentire la stessa emozione. Si mise al centro del campo, con la sua scopa in mano e Pixie seduta accanto a guardarla quasi incerta di cosa stesse per fare.
    Ficcò gli airpad nelle orecchie e fece partire una canzone
    «Early in the morning I still get a little bit nervous
    Fighting my anxiety constantly I try to control it
    Even when I know it’s been forever I can still feel the spin
    Hurts when I remember and I never wanna feel it again»

    Si mise, quindi a cavallo della scopa e guardò verso il basso «E ora che si fa?» - si chiese, stringendo il manico della scopa con le mani.
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    La sveglia suonò forte, rimbombandogli in quel cranio duro, assonnato.
    "Ma che cazzo?!" pensò, nero di rabbia. Perché mai gli dovevano venire sempre certe brillanti idee di mettersi quella fottuta sveglia infernale e impostarla ad un certo orario?! Si domandava perché cazzo non si godesse un po' la vita.
    Con occhi socchiusi buttò uno sguardo all'orologio: le 13.30. Vaffanculo! Aveva saltato le lezioni. Ma... ripensandoci bene, non aveva impostato alcuna sveglia per quell'ora una volta tornato nel suo dormitorio. L'aveva invece segnata per le 7.30 in punto del mattino.
    Chi cazzo si era permesso di cambiargli l'orario?
    "Giuro sul Grande Spirito che, come ti trovo, ti ammazzo di botte e ti faccio rimanere per terra, sanguinante! Brutto bastardo.".
    Oramai, era troppo tardi. Sarebbe rimasto al caldo, tra le sue coperte, per qualche istante ancora. Si gettò un cuscino sulla testa, nel tentativo di ritornare all'atavica oscurità del sonno, perché la luce filtrata dalle finestre della stanza gli aveva colpito violentemente i suoi occhi, tanto da provare dolore. Era ancora troppo intorpidito per pensare lucidamente, ma quando gli tornarono in mente le immagini della sera prima, seppur non molto chiare, gettò il cuscino da un lato e si alzò in fretta e furia. Raccolse bruscamente il telefono: avrebbe dovuto mandare un messaggio a Gyll. Gli doveva alcune spiegazioni. Cercò il suo nome tra i tanti che aveva in rubrica, lo selezionò e digitò l'SMS.

    Dobbiamo parlare.

    Una frase semplice, composta di due semplici parole. Era il suo modo per chiederle dove avrebbero dovuto incontrarsi. Sperava solo che fosse altrettanto rapida nella sua risposta. Nel frattempo, provvide a farsi una doccia e a prendersi un farmaco da banco per lenire il suo mal di testa. Si vestì come al suo solito, sobriamente elegante. Non avrebbe avuto lezioni quel pomeriggio, quindi, non aveva necessità di indossare la sua divisa.

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    Perdere il controllo.
    Ritrovarlo.
    Rendere tutto così difficile.
    Erano alcune delle sensazioni che Gyll stava provando dopo aver letto quella lettera della mamma. C'erano mille situazioni che si stavano accavallando e la mezza-veela stava valutando davvero l'opportunità di rientrare a casa durante le festività. Sicuramente non tirava un'aria migliore, ma almeno avrebbe staccato da quei corridoi, da quelle facce che la guardavano e da quella confusione che Gerald ed Adrien avevano creato in lei. Non poteva dimenticare quello ch'era successo la notte prima e a come si era sentita, ma questo complicava di più le cose: era stata bene, si era sentita leggera, spensierata, normale. Adrien era riuscito a farle dimenticare ancora una volta il disastro che la sua vita le aveva posto innanzi, creandone un secondo, ma del quale lei era ben consapevole.
    Ed ora si ritrovava con la scopa in mano, una sciarpa del nonno e Pixie che la guardava perplessa, mentre saliva a cavalcioni su quell'asta.
    L'unica cosa che ne fermò il tentativo di volo, fu il suono del suo telefono «Hm?» - mugugnò appena, mentre scavallava dalla scopa e prendeva il telefono lasciato a terra.
    Il cuore le balzò alla gola, per un attimo si sentì di soffocare: quella frase non prometteva mai niente di bene e Gyll non sapeva se se la sentiva di dover affrontare un qualcosa di simile... ad una rottura?
    E poi, dopo aver interrotto quel bacio la sera prima, ora osava anche proferire quella frase? Insomma, si morse il labbro e digitò solo una parola «Stadio.» - inviando al concasato quel luogo di incontro «Pixie, oggi la nostra giornata sarà orribile. Spera che non siano finiti i biscotti.» - sbuffò una finta risata, riprendendo a cavalcare la scopa e spingendo appena le punte.
    Si sollevò a mezzo metro dall'erba e sgranò gli occhi, mentre la schiena rimaneva piegata in avanti sul manico e le braccia rigide «Oh no. No. NO. No. Pixie... come si fa?!» - sentiva i suoi piedini perdere completamente il contatto e dondolare nel vuoto. Come si scendeva? Traballava su quell'asta, volare non era decisamente il suo forte.
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    Adrien Beauvais
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    Contrariamente a quello che si aspettava, la risposta di Gyll arrivò poco dopo: essendo una ragazza spesso con la testa tra le nuvole, credeva che avrebbe ricevuto risposta solo in tarda serata. Il punto di incontro fissato era lo Stadio. Voleva, forse, volare? Beh, in ogni caso, avrebbe preso una scopa della scuola, perché lui non ne aveva mai voluta una e mai aveva permesso ai suoi genitori di comprargliela. Ovviamente, era un buon volantino, perché non avrebbe mai permesso che una stupida scopa inficiasse il suo standard accademico. Dovevano parlare, sì, ma non sapeva cosa avrebbe dovuto dirgli Gyll. Presumeva non sarebbe stato felice, quindi, pensò che volare un po' avrebbe potuto rilassare gli animi, soprattutto il suo, che, conoscendosi, si sarebbe scaldato facilmente.
    Si guardò per un attimo: il suo vestiario era tutto sommato adeguato. E avrebbe dovuto farselo stare bene, anche se per una scopa non era il più adatto.
    Spruzzò sul collo, dietro le orecchie e sui polsi un pizzico del suo profumo preferito, Dior Sauvage, che, come leggeva sull'etichetta, "si apre con le note esperidate del Bergamotto di Calabria, selezionato appositamente per Dior per ottenere una nota più fruttata con sfaccettature amare e leggermente speziate. Contiene poi le note agrumate e balsamiche di Elemi, note speziate del Pepe di Sichuan e di Bacche di Rosa, note aromatiche di Lavanda del Vaucluse; note di Patchouli, Vetiver, Geranio si uniscono alle precedenti. La scia, decisa e fortemente legnosa, si caratterizza per la nota di Ambroxan, estratta dalla Ambra grigia preziosissima, che apporta note marine e animali, a ricordare gli spruzzi del mare". In esso c'era un po' di Gyll.
    Si sistemò rapidamente i capelli applicando la spuma per modellarli e contenerne il crespo e si incamminò verso lo stadio, con passo svelto e deciso. Non aveva voglia di incontrare nessuno e così fece. Prima di entrare nell'arena, raggiunse lo sgabuzzino della struttura e acciuffò una scopa qualunque. Non si sarebbe mai aspettato di vedere Gyll quasi ammazzarsi, mentre dondolava pericolosamente sul manico.
    Non urlò il suo nome, avrebbe potuto spaventarla. Si mise a cavalcioni sulla sua scopa e volò verso la ragazza.
    - Lascia fare a me! - le disse, per poi zittirsi completamente. Prese l'asta in legno, guidandola verso il basso, dolcemente. Una volta che furono a terra, non pronunciò una singola parola. Se voleva farlo incazzare, ci era riuscita nuovamente.
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    Lei non voleva sempre far arrabbiare Adrien, ma aveva la capacità di riuscirci anche senza fare nulla e questa cosa, se ci avesse riflettuto un po' di più, sarebbe stato un vero dispiacere nella testolina della mezza-veela. Eppure, lei non faceva niente di proposito per dar fastidio all'opale, riusciva solo a non pensare, come sempre, a quello che aveva faceva: Gyll era fatta dal 99% di impulso e dall1% di raziocinio, questo ormai lo sapevano anche i muri di quell'Accademia.
    Quando Pixie vide Gyll sollevarsi, prima battè le zampe in una specie di applauso, poi capì la situazione e iniziò a girare in cerchio sotto di lei, allarmata. Con la coda dell'occhietto, il panda vide arrivare Adrien, cosa che per Gyll era impossibile fare, soprattutto mentre cercava di stringere le cosce su quella scopa, come a volersi reggere più forte «Pixie. Pixie dove vai!» - disse la mezza, mentre notava con la coda del cristallo, la creatura correre via. Pixie arrivò ai piedi di Adrien e iniziò a gesticolare con quelle zampette, sollevandosi sulle posteriori, indicando la sua padrona e poi allargandole spaventata. Insomma, a modo suo stava chiedendo aiuto, no? Quelle due creaturine erano molto simili, una più goffa dell'altra, forse era per questo che si trovavano bene insieme. Dondolava in maniera sconnessa, rischiando quasi di scivolare sul lato destro, quando una folata di profumo le arrivò alle narici, facendola distrarre e «Oh-oh!» - stava quasi per cadere, ma l'intervento di Adrien la aiutò - tanto per cambiare - a non capitombolare a terra, riportandola con i piedi sul terreno. Smontò dalla scopa, con la fronte corrucciata; non era riuscita nemmeno quella volta a fare qualcosa di decente con quella scopa. Quindi si girò verso Adrien e lo guardò con quelle rughe d'espressione ad incresparle la fronte e il musetto imbronciato. Incrociò il suo sguardo, ma quando fece muro con il suo silenzio, l'espressione di Gyll si distese in stupore e timore, due emozioni che si mescolavano tra loro. Mandò giù a vuoto, quindi guardò Pixie «Ce la potevo fare benissimo da sola! Non c'era bisogno di chiedere aiuto!» - sgridò con rabbia la povera panda, mentre quest'ultima iniziava a squittire gesticolando e probabilmente dicendole qualche parolaccia «Prrrrr!» - le fece una pernacchia, incrociando le braccia sotto i seni e tornando a guardare Adrien «Grazie» - bofonchiò con un tono molto simile a quello di una persona che parla in una bottiglia. In un attimo, quindi, incrociò i piedi e spinse il sedere per terra, per sedersi sul terriccio del campo «Sì, lo so che ti ho fatto arrabbiare, ok?» - iniziò lei, ancora con il musetto imbronciato e le braccia incrociate «E anche tu l'hai fatto. Non mi piace quel dobbiamo parlare, non potevi dirlo in maniera diversa? Vediamoci, per esempio. Sarebbe sembrato meno da: ehi, sto venendo a dirti che non ti voglio più vedere, ciao addio.» - la voce della ragazzina aveva iniziato a parlare a raffica, presa dalla rabbia, dall'ansia, dall'adrenalina di quel volo andato in fumo e dal fatto che fosse arrivata quella lettera «Hai fatto la stessa cosa ieri. Hai smesso di baciarmi e nessuno te lo aveva chiesto. Come ti sei permesso?! E oggi questa cosa qui, ieri quell'altra. Domani cosa farai? Perché decidono tutti per me? Il nonno che ha deciso di non stare bene, la mamma che mi manda lettere, io che non ne faccio una buona. Sono un casino pazzesco e uffa! Possibile che tu non capisci che non devi fare così?» - mentre parlava prese dei fili d'erba, staccandoli dal campo «Non devi... non devi mandarmi via, ecco! Non osare! Sennò ti mando via io.» - disse lanciando quella manciata di fili d'erba contro Adrien, manco fossero delle bombe fumogene «Anzi, ciao. Vai via!» - e con il sedere fece mezzo giro su se stessa per dargli le spalle, afferrando Pixie e piazzandola in mezzo alle proprie gambe, mentre continuava a parlottare senza sosta, senza nemmeno prendere aria «Io voglio solo farne una giusta, dannazione. Tutta colpa tua, Pixie. Non stavo mica andando poi così male su quella scopa e comunque---» - niente, continuava senza freni, era davvero in ansia.
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    Adrien Beauvais
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    Quando Pixie raggiunse le gambe di Adrien e si sollevò sulle zampe anteriori, gesticolando verso il punto in cui vi era Gyll, il ragazzo si intimorì non poco. Pensò che se il Panda Rosso sembrava così frenetico, allora vi doveva essere qualche motivo serio, visto che la creaturina era, per la maggior parte del tempo, giocherellona o calma. Non l'aveva mai vista comportarsi in quel modo, ecco perché in lui scattò un segnale d'allarme.
    - Sta calma, Pixie! - le disse, con tono più duro di quanto avrebbe voluto pronunciare quelle parole. Era spaventato, per questo non pensava a controllarsi nei propri timbri.
    Una volta che avesse riportato Gyll a terra, la guardo imbronciarsi.
    "Per quale cazzo di motivo mette il broncio?! Argh, io non la capisco! Si è messa in pericolo, stava per spezzarsi il collo e ha il coraggio pure di fare l'imbronciata... Mi sembra James, a volte!".
    Gyll, alla pari di suo fratello, era una combina guai. E a farne i conti doveva essere sempre Adrien. Non gli piacevano per niente certe situazioni, eppure si ritrovava sempre ad affrontarle e a salvare il culo della gente. Okay, Gyll non era la "gente", però, vaffanculo, eh!
    Lo sfogo spropositato che Gyll scagliò contro Pixie fece aggrottare le sopracciglia al ragazzino. Cosa aveva da urlare con il piccolo panda? Aveva semplicemente seguito i suoi istinti, con grande approvazione di Adrien: se non avesse incontrato lui, sarebbe riuscita ad ottenere aiuto il più velocemente possibile, perché il tempo non sarebbe stato clemente con la sua... ehm, ragazza? Avevano fatto l'amore, era vero, ma potevano ritenersi ufficialmente insieme? Questo era un altro motivo per cui avrebbero dovuto parlare ed anche velocemente!
    Avrebbe voluto urlarle di lasciar perdere Pixie, ma continuò a punirla col suo silenzio.
    Era arrabbiata... per il bacio?! No, così andava male, molto male. Era arrabbiata, ma non le dava il diritto di infilarci in mezzo problemi che non lo erano affatto, visto che lui si era discostato dalle sue labbra per rispettarla, solo perché pensava che lei non volesse davvero baciarlo.
    Lasciò che gli lanciasse contro i poveri fili d'erba stracciati dal loro habitat e ascoltò tutta la tiritera che gli rivolse, tra cui il racconto che il nonno stesse male, che smosse leggermente le corde del suo cuore. Ma non lasciò che mostrasse empatia sul suo volto: costrinse i suoi lineamenti a rimanere impassibili, come la sua voce che fuoriuscì quando chiese: - Hai finito? -.
    Non era la frase più gentile, ma non voleva esserlo davvero.
    - Girati, Gyll. - le ordinò. Non gli piaceva che gli si voltassero le spalle, soprattutto se a farlo era una ragazza per cui sentiva di provare qualcosa.
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    Gyll non riusciva ad essere lineare nei suoi pensieri. Tutto quello che faceva era spinto da una percentuale molto alta di impulsività, una fiamma viva che ardeva costantemente senza preoccuparsi di cosa stava bruciando col suo passaggio. Quella lettere l'aveva scombussolata e ogni suo più piccolo tentativo di razionalizzare quello che la mamma le aveva scritto era andato a farsi un giro quando aveva compreso che, per l'ennesima volta, un pezzo della sua vita fosse fuori controllo.
    Non riusciva a capire perché ogni volta che credeva di aver fatto un passo avanti, di aver trovato la stabilità, tutto riuscisse a crollare in un istante, distruggendo ogni singolo tentativo di tenersi in piedi. Si sentiva un po' come un castello di carta, sempre instabile e pronto a crollare alla più piccola vibrazione.
    Le sembrava come se tutti decidessero per lei, come se ogni singolo giorno lei dovesse sottostare a delle decisioni che riguardavano lei ma di cui non era stata informata. Forse era per questo che aveva deciso di salire su quella scopa, pur consapevole del fatto che non sapesse volare.
    Lo aveva scelto lei: se si fosse fatta male sarebbe stata solo colpa sua e di nessun altro perché lei aveva messo il suo sedere su quella mazza.
    A proposito di mazze, Adrien anche quella volta fu tempestivo nel suo intervento e arrivò nel momento esatto in cui ormai Gyll aveva perso il controllo di quel minimo di sollevamento che la scopa aveva fatto. Pixie aveva richiesto il suo aiuto, preoccupata che Gyll potesse ruzzolare a terra. C'erano poche cose che interessavano il piccolo panda e una tra queste era proprio che la mezza-veela non si facesse del male. Quindi quando aveva visto Adrien, per lei era stata un'ancora di salvezza. Lo guardò mettere in sicurezza la biondina, quindi sospirò serena; se non fosse stato per lo sclero di Gyll probabilmente si sarebbe anche messa a dormire, ma la ragazzina aveva avuto la favolosa idea di sfogare su di lei il suo ennesimo fallimento di prendere decisioni.
    Il silenzio di Adrien durante il suo sclero fu apprezzato, ma allo stesso tempo odiato. C'era troppa carne al fuoco e Gyll non riusciva a gestire nemmeno quante volte dovesse ricordarsi di mangiare (sì, spesso dimenticava di farlo), figurarsi tutte quelle situazioni che si erano accavallate.
    E una di queste situazioni le stava parlando proprio in quel momento: Adrien aveva finalmente parlato e quando la mezza sentì la sua domanda, annuì piano con la testa. Si aveva momentaneamente finito di sclerare, ma non poteva garantire di aver terminato per tutto il giorno.
    Prese un respiro profondo e di nuovo si mosse, girando su se stessa per rivolgere il proprio corpo ad Adrien e non le sue spalle. Lo sguardo era posato in mezzo alle sue gambe, da cui Pixie si era spostata per andare a recuperare un filo d'erba che era volato. Da quella posizione, di tanto in tanto, sbirciava il ragazzo mentre le dita giocavano con il terreno erboso «Scusa...» - un mormorio sentito mentre di poco sollevava gli occhi celesti su di lui «...Adrien...» - lo chiamò in un sussurro flebile, scandendo piano quel nome come se fosse poesia «...so che sei arrabbiato con me e che mi odi, ma... Potresti sederti vicino a me?» - quella distanza la stava uccidendo, non sapeva bene il motivo, ma voleva averlo almeno un po' più vicino.
    Gyll McKenzy

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    Adrien Beauvais
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    Adrien non era proprio un tipo simpatico e questa era una delle proprie caratteristiche che ammetteva a sé stesso, infatti, non sapeva davvero cosa Gyll avesse visto in lui. Non avrebbe dovuto essere facile per la ragazza essere ordinata in quel modo, comandata “a bacchetta”, o quasi (perché Adrien avrebbe potuto costringerla a girarsi con la magia, ma non l’aveva fatto, prendendo la saggia decisione, per una volta, di astenersi da comportamenti impulsivi palesemente idioti), ma era incazzato dalla sua rabbia e non ne sarebbe stato travolto, perché l’unica cosa che realmente voleva fare era parlare. Cosa ci trovava di così strano in quelle parole? “Dobbiamo parlare” era semplice, conciso, era la sintesi di mille parole. Niente di strano o di nuovo. E, poi, Gyll sapeva che avrebbero dovuto farlo prima o poi. Cosa si aspettava? Per di più, stava minando alla sua pace interiore con quelle spalle voltate: Adrien era un ragazzo davvero paziente, non per niente aveva eccelso in Sciamanismo a Ilvermorny, ma essere trattato in quel modo non gli dava piacere, né gioia. Avevano condiviso molto la sera prima, ne era consapevole, quindi, quella semi-freddezza non gli andava a genio. E nemmeno quelle parole rinfacciate.
    Quando un flebile “Scusa” raggiunse le sue orecchie, il ragazzo raddrizzò le sue spalle che, inconsapevolmente, si erano leggermente incurvate in avanti.
    Maledetto linguaggio non verbale!” pensò, maledicendo sé stesso. Lui era una persona sicura di sé, no? In genere sì, ma nel caso di lei… beh, non sapeva che pensare. Che stesse diventando un rammollito? No! No. “L’amore non rammollisce, Adrien! Ficcatelo nella tua fottuta testa di merda!”. Ora la rabbia era rivolta verso sé stesso.
    Fu un balsamo per i suoi occhi vederle girare il busto, poi le gambe, fino a mostrare quel visetto dispiaciuto e continuamente imbronciato. Era peggio di una bambina piccola! Strappava con crudeltà quei poveri fili d’erba dalla loro casa. Ah, quante cose avrebbe dovuto insegnarle.
    Ruotò gli occhi alla sua richiesta, ma decise di sedersi al suo fianco. Dopo aver incrociato le gambe, prese Pixie tra le sue mani fino a condurla tra le sue braccia e cominciò ad accarezzarle prima la testolina, poi la pancia. Era sicuro sarebbero piaciute quelle coccole al piccolo panda rosso.
    - Io non ti odio, Gyll. – disse con fermezza, guardandola severamente e puntandole un dito contro, lasciando scoperta la pancia della creaturina, che, sicuramente, si sarebbe ribellata a quelle carezze mancate all’improvviso. – Non dire mai più una cosa del genere, è chiaro? -.
    Poi, accorciò la distanza che intercorreva tra lui e Gyll e le piantò un dolce bacio sui capelli.
    - Sai che mi piace andare dritto al sodo. Ieri mi hai detto che mi avresti parlato di qualcosa che ti turba. - affermò, prendendole una mano e stringendola tra le sue.

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