Incontri casuali, ma fortunati

Adrien&Vath

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    Vath osservò il comportamento del rampollo della famosa famiglia di bacchettai americani, sorrise e prendendosi il tempo necessario per pranzare con calma ascoltò il ragazzo complimentarsi con lui per le lingue conosciute. Dunque era quello l'ascendente che Vath esercitava sulle nuove generazioni? Il Ministeriale aveva già ricevuto altre proposte del genere nel corso degli anni e solo in quell'ultimo periodo aveva accarezzato l'idea di poter plasmare quei giovani che a lui guardavano con fiducia verso ciò che più interessava loro. Il Funzionario Scelto per la Cooperazione Magica Internazionale non avrebbe mai abbandonato il proprio posto al Ministero in favore di un posto lavorativo come docente. L'idea di continuare la carriera politica era così ben radicata nella sua mente da non fargli pensare ad un cambio di rotta professionale. Era bravo nel suo lavoro e sapeva di esserlo, un paio di colpetti di tosse per schiarirsi la voce e, posando forchetta e coltello per poi pulirsi la bocca con il tovagliolo, disse. «Il mio tempo, per quanto io lo sfrutti con oculata parsimonia, non è molto Mr. Beauvais. Ho già ricevuto alcune candidature da parte dell'Accademia di Magia e Stregoneria di Hidenstone per tirocini formativi presso l'ufficio Cooperazione Magica Internazionale. Premettendo questo deve comprendere che anche il suo compagno di casata Harry Wood ha fatto una richiesta simile mesi fa. Questo glielo dico non per mettervi in competizione l'un l'altro né è mia intenzione scoraggiarvi se, i nostri incontri, non potranno tenersi con una certa regolarità.» Una pausa, lasciando il tempo all'americano di assorbire le parole che gli aveva rivolto e comprendesse che, sì, gli avrebbe dato delle lezioni, un ultimo boccone del cibo, raccogliendo con esso tutte le briciole rimaste nel piatto mangiandolo con calma in attesa di cogliere un guizzo di comprensione nello sguardo di Adrien Beauvais. «Sapete già quale lingua desiderate studiare?» Chiese mentre posando entrambe le posate sul piatto terminava il proprio pasto.

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  2. Adrien Beauvais
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    Adrien Beauvais
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    Alle prime parole, Adrien pensò che fosse stato tempo perso, che tutto il piano che aveva progettato con cura non fosse servito a niente. Non poteva sbagliarsi di più. In effetti, Vath Remar gli aveva appena concesso il suo tempo, dopo aver tergiversato abbastanza su Harry Wood e sulle varie richieste che gli erano giunte per la medesima ragione per la quale il ragazzo aveva avanzato tale richiesta. Ci mise un po' ad elaborare quell’accenno di assenso. Era, per la prima volta, senza parole, lui, che non ne era mai stato a corto, perché sapeva sempre come controbattere. Il suo volto, che precedentemente aveva assunto un’aria di tristezza, si illuminò all’improvviso, come se mille luci di natale fossero state arrotolate attorno alla sua testa e i led si fossero accesi d’un tratto. Era davvero, davvero contento!
    Gli porse la mano per sugellare quel patto, mentre si allargava sul suo viso un ampio sorriso.
    - Grazie, signor Remar! Ne sono davvero felice! -
    Era vero. Non aveva mai provato così tanta contentezza in vita sua, nemmeno quando aveva preso la decisione di trasferirsi in Gran Bretagna e frequentare l’accademia di Hidestone. Ma da quale lingua iniziare? Non era veramente sicuro, perché lui voleva saperle tutte (cioè, “tutte” era un parolone e lui lo sapeva, ma coltivava, in segreto, l’aspirazione di impararne il più possibile). Tuttavia, doveva compiere una scelta e in fretta.
    - Non c’è alcun problema per le lezioni. Sarò pronto quando Lei sarà disponibile! -
    Prese l’ultimo boccone della sua carne e si pulì gli angoli della bocca con un fazzoletto, con una espressione corrucciata dal pensare. Forse, avrebbe potuto cominciare dall’arabo? Era una delle lingue più difficili, perché sintatticamente, ortograficamente e foneticamente lontana dalle due lingue che lui parlava, il francese e l’inglese. Pensò, però, che essere ancora molto giovane, questo avrebbe giovato nell’apprendimento.
    - Ho pensato all’arabo – disse, con sicurezza.
    Entrambi avevano concluso il loro pasto: l'incontro stava volgendo al termine.


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    L'arabo. Di tutte le lingue che Vath aveva imparato Adrien Beauvais era determinato ad imparare quella. Una scelta coraggiosa o, molto più probabilmente, ragionata con oculatezza. Si ricordava di come all'età di diciassette anni, più o meno nello stesso periodo di Adrien, avesse iniziato a interessarsi del linguaggio arabo. Iniziare da autodidatta non era stata una passeggiata e, immedesimandosi nel Black Opal capiva perfettamente per quale ragione la scelta era ricaduta su di lui: un completo sconosciuto, incontrato per caso quella stessa mattina lungo la strada di Diagon Alley. Dovette trattenersi dal ridacchiare quando la motivazione gli sovvenne: Vath gli aveva dato il proprio biglietto da visita, alcune domande erano state poste a riguardo di cosa si occupava e la passione per le lingue straniere gli aveva fatto comprendere che Adrien aveva sicuramente visto che con lui poteva avere un buon trampolino di lancio per entrare al Ministero. Il cameriere venne a ritirare i due piatti e, poco dopo, il dolce ordinato da Vath arrivò. Prese il biscotto in mano mentre, lasciandolo leggermente sospeso in aria, la sua mente stava valutando da cosa avrebbe potuto iniziare a spiegargli per aiutarlo a prendere confidenza con l'arabo. Il Ministeriale avrebbe dato un morso al biscotto, staccando un pezzo di Chocolate chip cookies, avrebbe masticato compostamente e, deglutito, avrebbe detto al ragazzo. «Sarà lungo, non voglio negarlo, per parlare in modo accettabile l'arabo serviranno come minimo un paio d'anni di studio intensivo.» Un nuovo morso al biscotto, portando lo sguardo su quello dello studente, deglutendo il boccone prima di continuare. «Le direi di fare due appuntamenti settimanali, martedì sera, dalle venti alle ventidue; scriverò in caso alla Preside Burke per farle accordare uno speciale permesso per assentarsi dall'Accademia in quelle serate e organizzare il rientro tramite Metropolvere, e Sabato pomeriggio, dalle quindici alle diciassette. Possono andare bene?» Disse, sussurrando la parola Metropolvere, si infilò in bocca il biscotto restante masticando il tutto per poi pulirsi la bocca con il tovagliolo. Il pranzo era terminato e, dando un'occhiata all'orologio da polso, avvicinò la mano al bastone da passeggio.

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    Edited by Vath Remar - 17/3/2022, 10:44
     
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  4. Adrien Beauvais
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    Adrien Beauvais
    Black Opal | 17 anni


    Osservò con acutezza il ministeriale perché voleva capirne le impressioni che gli aveva fatto. Il sorrisino che sbocciò sul viso dell'uomo confermò ad Adrien che avesse appena intuito qualcosa, probabilmente sul suo conto, ma non ne era assolutamente preoccupato: se avesse messo insieme i pezzi del puzzle e avesse visto la trama del piano iniziale del ragazzo, era tanto meglio per Adrien, perché gli consentiva di proseguire sulla strada dell'onestà. Vath Remar si stava trattenendo dal ridacchiare, lo sapeva. Si permise di affermare un educato, ma spiritoso: - Non so a cosa Lei stia pensando, ma può ridere, se vuole! -.
    Probabilmente ne era lui la causa, ma, in quel frangente, non gli dava fastidio. Era felice, per una volta, di essere riuscito a decifrare con così grande risultato le espressioni dell'uomo e i gesti non verbali.
    Assieme al piatto di biscotti, fu portato anche il suo gelato.
    Avvicinò la coppetta a sé e, dopo aver raccolto con il cucchiaino una pallina di gelato, se lo porto alla bocca.
    - Mhh! - esclamò, spalancando gli occhi per la bontà del dolce. - È davvero spettacolare! -.
    Sorrise apertamente.
    - Signor Remar, non la ringrazierò mai abbastanza per avermi portato in questo locale! -
    Era la verità: ciò gli aveva permesso di assaporare le pietanze tipiche della Gran Bretagna che, in America, non aveva avuto l'occasione.
    - È proprio per questo motivo che vorrei imparare l'arabo: è molto complesso e lontano dalla struttura sintattica dell'inglese e del francese, le due lingue che parlo - non nego che la stessa complessità la abbiano il cinese o il giapponese -.
    Per quegli orari, andavano benissimo. Il martedì sarebbe stata più dura, ma era pronto a dare il massimo di sé stesso e a spingersi oltre i suoi limiti.
    - Sono d'accordo! Ma dove si terranno? - chiese, dopo aver espresso il suo assenso.
    Osservò l'uomo dare uno sguardo all'orologio al suo polso, cosa che fece di rimando anche lui.
    - Noto si sia fatto tardi! -


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    Così accorto e posato, Vath faceva della sua imperturbabilità un marchio distintivo, quasi apparendo ai più freddo e distaccato. L'uomo aveva un perfetto controllo di sé stesso, frutto di anni di costante pratica eppure, in alcune rare occasioni, la maschera di spietata freddezza calcolatrice calava e lasciava intravedere l'uomo sotto di essa. Non c'era ragione alcuna nel vestire dinanzi al ragazzo quella maschera e, se di fronte ad un uomo adulto sconosciuto non un singolo muscolo facciale si sarebbe mosso, con Adrien Beauvais gli angoli della bocca si sarebbero addolciti verso l'alto a formare un sorrisetto divertito. «No, mi è venuta in mente una barzelletta che mi ha raccontato un collega.» Si schiarì la voce e, osservando il ragazzo, sussurrò. «Due squadre di nani devono fare una partita di Quidditch. Arrivano al campo ma non ci sono gli spogliatoi, per cui chiedono al titolare del locale adiacente al campo se possono cambiarsi in bagno. Il tizio acconsente e i nani vanno in bagno per indossare le divise. Nel frattempo nel locale entra il signor Bagman con degli amici, ordina un drink e si siede. I nani, che nel frattempo si erano cambiati escono dal bagno con le loro magliette rosse e azzurre e Ludo, vedendoli passare senza neanche pensarci, si mise a gridare al barista. "Oooohhh!! Barman, ti stanno smontando il biliardino!!!"» Presenza scenica, una certa dose di faccia tosta e le parole giuste al momento giusto, Vath non avrebbe mai ammesso che stesse ridendo del ragazzo. Se il ragazzo avesse capito la barzelletta Vath avrebbe riso assieme a lui per poi tornare serio e dire al ragazzo. «Aspetta a ringraziare, prima viene il conto.» Si sarebbe alzato, infilandosi il soprabito e afferrando il bastone da passeggio. Il Ministeriale si trovò ad annuire ad Adrien, confermando ciò che lui aveva detto. «Si, non nego che anche il giapponese abbia una certa difficoltà ma in fondo lo hanno tutte le lingue che non condividono il ceppo latino.» Alla domanda su dove si fossero tenute le lezioni Vath sorrise, aveva pensato in prima istanza di far venire il ragazzo nel suo ufficio al Ministero della magia ma, subito dopo un attimo, aveva scartato quell'idea. Non sarebbe stato pratico né per lui che per lo studente di Hidenstone raggiungere Londra ad un'ora come quella che aveva programmato per il martedì senza contare che la maggioranza dei dipendenti sia il martedì sera che il sabato pomeriggio avevano altro da fare che chiudersi in ufficio e, grazie a ciò, il Ministero aveva potuto dispiegare solo una minima quantità di Guardiamaghi per sorvegliare la struttura. «Avremo spazio in abbondanza nel mio studio privato, a casa mia a Canterbury.» Rispose con sicurezza, attendendo che anche il ragazzo fosse pronto per avviarsi insieme a lui verso la cassa. «Scriverò alla Preside Burke direttamente questo pomeriggio stesso, inoltrando quelle richieste per permetterle di assentarsi dall'Accademia in quegli orari concordati.» Poi, facendosi più vicino, sussurrò al ragazzo. «Suppongo che lei abbia già fatto uso della Metropolvere e sappia ampiamente come funziona.» Disse estraendo dalla tasca il portafoglio e pagando la sua parte di conto. Una volta fuori dal locale avrebbe teso la mano verso il ragazzo per congedarsi da quell'incontro e ritornare al Ministero.

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