Take on the World

Mar&Tom

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    |marlee "mar" beauvais|


    16|NYC|TWIN|Black Opal

    L
    e gambe di Marlee si muovevano da sole, e scandivano il ritmo sul selciato regolarmente, andando a tempo con i suoi respiri. Stava correndo da un po’ ormai, e l’ultimo sole bagnava la sua pelle, rendendola caramellata. Si passò una mano sulla fronte, fermandosi intorno ai pressi del giardino e riprendendo fiato. Non aveva molti pensieri per la testa, o preoccupazioni, per quel che poteva sembrare, ma correre le liberava da sempre la mente.Si girò e cominciò a camminare verso il castello, desiderosa di farsi una doccia. La testa scelse quel momento per ripensare al cambiamento che aveva vissuto da poco, a come avesse ritrovato persone che non pensava avrebbe rivisto, a come era tutto più bello ora che aveva tutti vicino a lei. La cosa che però le premeva più capire - perché il ragazzo poteva pensare che lei non l’avesse notato, ma non poteva essere altrimenti, visto e considerato che ultimamente, per qualche motivo, stava sempre ad osservare tutto di Thomas - era perché il suo migliore amico quel giorno in sala comune fosse stato così antipatico nei confronti di Brooks, e viceversa ovviamente, e sopratutto perché quell’estate non l’aveva calcolata. Aveva parlato sia con Brooks che con Amalea della questione bacio e simili, perciò per quello non aveva più domande da fare. Non che fossero fatti suoi, ma…Insomma, per lei le parole ricevute in sala comune non erano abbastanza, e c’era qualcosa che le puzzava. Tom era troppo importante per lei per poterlo perdere, o condividere - si diede della stupida, Merlino era stato solo un bacio, e neanche lei se ne era stata proprio ferma con le meni in mano - e voleva vederci chiaro. I suoi pensieri, per un attimo, si interrogarono sul perché stesse dando così tanta importanza a cose del genere. Insomma, erano affari di Tom, lei non centrava assolutamente nulla eppure si sentiva così…così…spalancò gli occhi. Si piazzò una mano in faccia, precisa sul naso. Entrò di volata in sala comune, si fece una doccia senza riuscire a smettere di pensare a quello che aveva appena capito, si infilò una tuta calda e si rifiondò fuori, prendendo la strada verso l’osservatorio. La testa un rumore costante. “Gelosagelosagelosa”
    Scosse i ricci a destra e sinistra, passandosi una mano tra di essi, cercando di farla star zitta. Non poteva essere gelosa. Non poteva. Morgana, non poteva piacerle il suo migliore amico! Cos’era, una di quelle storie cliché? Sorrise di traverso. Non lo sarebbe mai stata, considerando che Tom di sicuro non la vedeva coma nient’altro che una sua cara amica. Fece gli scalini due a due, uscendo nel venticello che tirava leggero in cima alla torre. Si strinse le braccia con le mani, quasi rimpiangendo la decisione, per poi avvicinarsi al grande telescopio. Lo osservò per un po’, e stava quasi per poggiarci sopra l’occhio quando ci ripensò. Si mise seduta per terra, non sentendo neanche il freddo, e alzò lo sguardo a guardare le stelle che stavano cominciando a spuntare nel cielo.
    “Che sciocca che sono” pensò, con le lacrime che andavano a raccogliersi ai lati degli occhi, senza però cadere, “conoscendomi, andrò a rovinare tutto. Lo faccio sempre.”
    Non era solita fare pensieri simili, anche perché i suoi fratelli erano oltre che sempre pronti ad ascoltarla, anche bravissimi nel tirarla su di morale. Tuttavia, quella situazione le aveva messo tristezza. Pensare che le piaceva Thomas - Merlino, lo aveva ammesso davvero - e proiettare il pensiero sul fatto che sicuramente lui si sarebbe allontanato la stava logorando. Una lacrima solitaria le scese dall’occhi destro, rigandole la guancia, e lei non si prese neanche la briga di asciugarsela. Sospirò.


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    Thomas S. Roberts, 30 OTTOBRE
     
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    |thomas seanàn roberts|



    C
    he Hidenstone sarebbe stato un cambiamento lo sapeva già quando aveva iniziato ad insistere per farsi trasferire nell’Accademia. Dopotutto aveva scelto quella strada anche perché sentiva la necessità di dare una scossa alla sua vita: poco contava che ne avesse sempre bisogno, a intervalli più o meno regolari, ma quello che si augurava era davvero di trovare quello di cui sentiva tanto la mancanza, più o meno da sempre. Quel qualcosa, o meglio qualcuno, era Emma, o almeno era convinto che fosse Emma: aveva senso, dopotutto non aveva mai conosciuto la sua famiglia naturale e sentiva la necessità di dare un volto a una parte di sé che, fino a qualche tempo prima, nemmeno sapeva esistesse.
    Da quando aveva scoperto di avere una gemella niente era stato più lo stesso, tutte le sue domande irrisolte avevano trovato risposta in quella assenza, che fosse la cosa più sensata o meno. Il suo obbiettivo era quindi stato cercare e trovare la bionda, aveva speso tutte le sue energie, giorno e notte, per quella unica quest, e aveva attribuito ogni suo malessere o dubbio al fatto che una parte di lui, la sua gemella, fosse chissà dove senza sapere della sua esistenza.
    Così i brutti voti, la bocciatura, il casino che si ritrovava in testa, le sue miliardi di insicurezze, ogni suo malessere, tutto era colpa del fatto che lui ed Emma fossero stati separati quando erano troppo piccoli e non si fossero più ritrovati. Inutile dire che la sua mente aveva cominciato a fantasticare sulle possibili conseguenze di quella divisione, ricamando su leggende e detti popolari, cominciando a credere a tutte le storie sul filo invisibile che legava due gemelli per tutta la vita, tirandosi troppo quando erano distanti.
    Nel suo focalizzarsi solo su quella ricerca, aveva finito per mettere da parte anche una serie di altri sentimenti ed emozioni con cui, però, ora doveva fare i conti, volente o nolente. La scusa di Emma cominciava a vacillare, ora erano sotto lo stesso tetto, la sua ricerca era finita ed era stato costretto ad un faccia a faccia con tutto quello che aveva deliberatamente ignorato fino a quel momento. In particolare, dopo aver scoperto che Marlee era ad Hidenstone e, per di più, era stata smistata nella sua stessa casata, tutto sembrava essere cambiato.
    Era stato felice, entusiasta, a primo impatto: era certo di non essersi sentito così felice negli ultimi tempi, probabilmente dall’ultima volta in cui l’aveva vista. Con Rere era sempre felice, più di una volta si era ritrovato a pensare che la ragazza avesse segnato un prima e un dopo nella sua vita, rendendo tutto migliore da quando ci era piombata in mezzo. Era la sua migliore amica no? Era normale sentirsi così, anche se alle volte quando era con lei il cuore batteva troppo forte e lo stomaco si intrecciava tanto da fare male era sicuro che fosse solo merito del loro legame così stresso.
    Alla gioia improvvisa era seguito però ben altro, subito dopo: se per un attimo aveva dimenticato il motivo per cui si era allontanato da lei per tutta l’estate, poco dopo quel “motivo” aveva fatto il suo ingresso in Sala Comune e aveva rovinato ogni cosa. Brooklyn era la ragione della maggior parte del suo malumore e della sua tristezza, nell’ultimo periodo: ogni volta sembrava capace di arrivare nel momento peggiore, e quando incrociava anche solo per sbaglio la sua figura nei corridoi, non poteva fare a meno di ricordare le foto con Mar, dove entrambi sorridevano a dismisura, o il modo in cui si era abbracciati non appena si erano rivisti. Rere lo aveva detto no? Averlo lì era un notevole glow up.
    Per Thomas non era normale pensare che l’arrivo del proprio ex fosse un glow up, pensava che lasciarsi significasse prendere le distanze, ma tutto era diventato molto più chiaro quando, quasi per caso, li aveva visti in un momento solo loro, dove si scambiavano un bacio appassionato, qualcosa che era più che chiaro non avrebbe dovuto avere spettatori. Da quel momento non riusciva a togliersi di dosso il senso di colpa, per aver visto qualcosa di così personale e intimo, e qualcos’altro che aveva addirittura diminuito il suo appetito e aveva influenzato il suo solito buon umore.
    Non ci pensava sempre, riusciva anche ad essere di nuovo spensierato, ma gli bastava incrociare lo sguardo di Marlee, o vederla in giro, per ricordarsi tutto quanto e tornare a rabbuiarsi. Si era anche chiesto se non fosse il caso di parlargliene, se dirle quel che aveva visto non avrebbe risolto il problema, ma qualcosa gli diceva che non fosse solo l’essere stato spettatore involontario a causargli tutto quel malessere.
    Perso nei suoi pensieri, che sembravano moltiplicarsi ogni secondo, si ritrovò a vagare per Hidenstone senza alcuna meta, lasciando che fossero i piedi a guidarlo. Era così distratto dal casino che aveva in mente che si accorse della presenza di qualcuno solo quando cominciò a calpestarne l’ombra, fortunatamente abbastanza lontana dal soggetto da dargli qualche istante per elaborare chi fosse.
    “Rere?” si ritrovò quindi a domandare, sorpresa e confusione ben presenti nella sua voce.



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    |marlee "mar" beauvais|


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    I
    l chiarore delle stelle la avvolgeva con pigrizia, scivolandole sulla pelle del viso ormai macchiata da solchi chiari, a testimonianza delle lacrime che le avevano rigato il viso. Dopo la prima, infatti, non era riuscita a fermarsi, e aveva cominciato a singhiozzare come una bambina. Si passò una mano sulla guancia, levando lacrime che riascesero per la stesa strada, ignare del fastidio che stava cominciando a provare. Nel farlo, si sfiorò le labbra, e si fermò per un attimo, ricordano il calore di quelle di Brooks. Scosse forte la testa. Che idiota che era stata. Certo, l’affetto che provava per il riccio non sarebbe cambiato, gli voleva ancora un bene dell’anima e sempre gliene avrebbe voluto. Ma si era illusa che ci fosse ancora qualcosa sotto, che il cuore le battesse all’impazzar per lui. E invece erano altri occhi, un altro sorriso a farla sentire letteralmente tre metri sopra al cielo. Ne avevano parlato, con Brooks, ed erano arrivati alla conclusione di rimanere amici. Non solo per lei, ovviamente, anche perché anche nel cuore del moro c’era qualcun altro. Ecco, due idioti. Non era pentita di quello che aveva fatto, non era solita pentirsi di cose che l’avevano fatta felice al momento, ma ora…Portò le ginocchia al petto, abbracciandosele e tirando su con il naso. Le lacrime avevano fortunatamente smesso di scendere, e poteva sbattere le palpebre senza paura che ne cadessero altre. Non si asciugò le guance, non ne aveva bisogno considerato che non l’avrebbe vista di certo qualcuno, e si limitò ad alzare lo sguardo. Doveva dirlo a Tom. Doveva dirgli che aveva baciato Brooks, che avevano…no, quello no. Solo che…come poteva? Come poteva guardarlo negli occhi e dirgli che aveva baciato il suo ex ragazzo e che grazie a quello aveva capito che in realtà non era Brooks a piacerle ma beh, lui? Sconsolata scosse di nuovo la testa. Stava per chiudersi a riccio, per cercare di tenere fuori tutti quei pensieri quando una voce la fece sobbalzare. E non tanto per il fatto che l’avesse presa alla sprovvista, quanto piuttosto per il possessore di questa. Alzò gli occhi, puntandoli in quelli sorpresi di Tom, e se li ritrovò di nuovo inaspettatamente lucidi. Spostò lo sguardo velocemente, cercando di non farglielo notare, e tirò fuori un sorriso un po’ masticato.
    -Ehi, Tom - provò, ma la voce le uscì scricchiolante e accartocciata come una vecchia foglia. Si schiarì leggermente la voce, stringendo di più le braccia intorno alle gambe e guardando ovunque tranne che lui. Riprovò.
    -Ehi Tom, come mai da queste parti?


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    |thomas seanàn roberts|



    S
    e si reputava piuttosto negato per i rapporti umani comunque di una cosa era certo: per Rere avrebbe fatto qualsiasi cosa. Non era un mistero, anche in passato aveva sempre cercato di farle capire quanto tenesse a lei e quanto fosse disposto a fare per farla sentire bene, anche andare oltre i suoi evidenti problemi nell’interagire col prossimo in modo normale e senza portarsi dietro troppo disagio. Certo, questo non significava che non fosse sé stesso, anzi: con la ragazza finiva sempre per blaterare, anche più del solito in alcuni casi, sapeva essere impulsivo, entusiasta, sempre un po’ troppo sopra le righe per quelli che erano i suoi stessi desideri, ma quando era con lei Marlee veniva prima di tutto.
    Si era sempre sentito così bene con lei che il minimo che poteva fare era lottare perché lei si sentisse allo stesso modo. E forse anche per questo gli era venuto naturale tirarsi indietro quando era arrivato Brooks: non appena aveva capito che la ragazza aveva qualcun altro capace di renderla felice, l’unica cosa che era riuscito a fare era stato farsi da parte. Gli piaceva, quel Brooklyn? Hell, no. Aveva qualcosa nella sua espressione, nel suo modo di porsi, anche nelle domande che gli aveva fatto, che sembravano fatte apposta per metterlo a disagio, che gli facevano storcere il naso. Per non parlare dello strano pizzicorio dietro alla nuca che gli aveva causato vederli così avvinghiati assieme, così stretti… solo al pensiero una lieve nausea tornava a risalirgli la gola.
    Thomas era proprio negato con i sentimenti, lo confondevano molto spesso e nella maggior parte dei casi non sapeva come interpretarli e come districarsi tra tutto quello che provava. Così molto spesso cercava di ignorarli, o almeno soffocarli, e alla fine spesso esplodeva in momenti random, perché raggiungeva il suo limite e non sapeva come altro liberarsi di quel che provava.
    Rere era sempre stata diversa sotto quell’aspetto, o almeno nella mente di Tom lei era molto più brava a gestire quell’aspetto della sua vita, gli era sempre sembrata molto più brava, brillante, sempre allegra e sorridente e bilanciata, di certo molto più di lui. Insomma, chiunque adorava Marlee, nessuno poteva dire di trovarla strana o fastidiosa, nessuno poteva pensare di non tollerarla. Lui la adorava, da sempre, e dubitava che gli altri potessero provare qualcosa di diverso.
    Era abituato, appunto, a vederla sempre raggiante ma quando questo non accadeva non poteva fare a meno di accorgersene subito: qualcosa cambiava nell’aria quando Rere non era di buon umore, e in quel momento gli sembrò così triste che l’aria si fece più rarefatta e lui accelerò il passo per affiancarla, preoccupato. “Ehi… che succede?” domandò diretto, preso dalla fretta di capire che cosa l’avesse ridotta in quel modo.



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    |marlee "mar" beauvais|


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    E
    ra difficile che Marlee stesse così male per qualcosa. Evidentemente, però, Tom era così importante che la sola ipotesi di non poterci più stare vicina la stava spezzando, da dentro, con forza, e la ragazza non riusciva a capire cosa fare per poter stare meglio. Definire il suo stato d’animo con una parola diversa da “Panico” sarebbe stato difficile, oltre che sbagliato. Aveva sentito i passi di Thomas farsi più vicini, e sentiva la presenza del corpo del ragazzo così vicino al suo che faceva quasi male. Avvertiva il bisogno di allungare una mano, per prendere la sua, per farlo sedere accanto a lei e poterlo sentire ancora più vicino. Ebbe un piccolissimo spasmo alla destra, quando si fece violenza mentale per non farlo. Quando poi le arrivò alle narici il suo profumo, dovette soffocare un singhiozzo. Fatalista, il suo cervello non riusciva che a pensare al fatto che lo avesse perso, che avesse rovinato tutto. Come avrebbe fatto a guardarlo in faccia? Tom era sempre stato uno dei suoi punti fermi, quelli che a dispetto di qualsiasi cosa è sempre lì, per te, e non si muove. Le braccia di Tom erano il posto perfetto dove rifugiarsi - dopo una brutta litigata con i fratelli o con i genitori, ad esempio - e Marlee non se lo faceva mai ripetere due volte prima di fondarcisi dentro, quando era scossa. E lei - certo, si, con la scusante che non aveva idea di provare tutto quello per il suo migliore amico - cosa aveva fatto? Si domandò distrattamente se anche Brooks avesse i suoi stessi problemi. Spostò lo sguardo, portandolo in quello del ragazzo, e sbatte in fretta le palpebre. Merlino, che patetica. Stava piangendo come una ragazzina per qualcosa che avrebbe fatto male a Tom, che lo avrebbe fatto star male. Non avrebbe dovuto essere arrabbiata con se stessa, piuttosto che triste? Occhi negli occhi, Mar si ritrovò a estraniarsi per un attimo dal mondo circostante. Guardava il ragazzo e non riusciva che a pensare a tutte le volte che avevano riso insieme, le braccia di lui intorno le sue spalle, o a tutte le volte in cui si erano ritrovati a fare discorsone sotto le stelle che finivano sempre con qualche battuta e risata. Ricordò la sensazione di felicità costante che provava da sempre accanto al ragazzo, come se la sua presenza riuscisse a calmare, rasserenare e fa contenta ogni parte di lei. E lei, da bravissima stupida, se ne rendeva conto solo adesso. Tirò su con il naso, tornando nel presente.
    -Io… - (mi piaci, ho baciato Brooks perché non sapevo ancora cosa volessi per davvero, mi sono resa conto che voglio te, scusami, puoi perdonarmi, mi dispiace se ti ho deluso) - ti capita mai di non sapere cosa vuoi, e rendertene conto solo dopo aver fatto una stronzata?
    Si girò ancora verso la balconata, alzandosi in piedi e avvicinandosi ad essa. Si rigirò verso il ragazzo, con i capelli che svolazzavano al vento e gli occhi lucidi.
    -Mi dispiace così tanto, Tom… - sussurrò, non sicura se volesse che lui la sentisse o meno, e non volendo altro che le sue braccia a circondarla.


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    |thomas seanàn roberts|



    E
    ra abbastanza sicuro di non avere mai visto Mar ridotta in quel modo, e quando si ritrovò a specchiarsi nei suoi occhi ne fu certo. Lei era l’unica persona con cui gli sembrava di poter condividere ogni sentimento: quando lei soffriva, soffriva anche lui, e lo stesso capitava per qualsiasi altra emozione, sempre e comunque. Aveva sognato di poter provare la stessa sintonia con Emma, ma stava scoprendo che quel legame era ancora diverso da quello che aveva con la Black Opal, non peggiore ma diverso, come se il rapporto con Rere fosse impossibile de replicare o tessere con chiunque altro.
    In quel momento si sentì morire, la ragazza sembrava così affranta che si ritrovò a sperare di poter essere diverso, di essere molto più bravo a gestire situazioni come quella, solo per riuscire a farla sorridere di nuovo nel minor tempo possibile. Non sopportava di vederla così ferita, così persa, non era mai successo prima e si sentiva un egoista a volerla sempre vedere felice e contenta, come se fosse possibile. Anche la ragazza aveva il diritto di stare male, certo, ma lui avrebbe voluto in tutti i modi proteggerla da tutto e tutti, anche dai suoi pensieri e dalle sue preoccupazioni.
    Avrebbe corrucciato le sopracciglia alla sua domanda, inclinando appena la testa. “Lo sai che sono un disastro quindi sì, sì certo…” sussurrò piano, in un ultimo debole tentativo di sorriderle, come se quello potesse migliorare le cose.
    Ammetteva da solo come alle volte, proprio quei sentimenti che tanto odiava, risultavano molto difficili da controllare e finiva per sentirsi sopraffatto anche da cose sciocche, o tendesse ad allargare dettagli apparentemente innoqui. In quel momento il vento che sfiorava i capelli di Rere, i suoi occhi lucidi, il fatto che fosse così vicino alla balconata lo mandarono nel panico: sapeva che non era da Mar reagire in quel modo, che la ragazza non si sarebbe mai fatta del male in modo così plateale, ma l’ansia lo avvolse lo stesso, portandolo a fare uno slancio deciso e avvolgerla tra le proprie braccia, stringendola a sé prima di rendersene conto.
    Era stato un gesto così spontaneo e naturale che non aveva preso le misure in modo corretto, così aveva finito per stringerla a sé forse con troppo trasporto, ritrovandosi i suoi capelli in faccia e finendo per arrossire violentemente subito dopo. “S-Scusa…” borbottò piano, a mezza voce, cercando quantomeno di lasciarla respirare.
    “Io non lo so cosa è successo…ma possiamo trovare una soluzione. Io faccio un sacco di cavolate, di sicuro ci sarà un modo per risolvere tutto.” provò a dirle, cercando di superare l’imbarazzo per quel contatto così prolungato e improvviso che sperava non risultasse troppo strano. Non era mai successo, lui e Mar si erano sempre comportati come veniva, era già capitato che si abbracciassero e non capiva nemmeno lui perché in quel momento tutto sembrasse diverso, come se toccarla in quel modo non fosse qualcosa che gli spettava.
    “Forse vorrebbe Brooks al posto mio. Forse avrei dovuto chiederle se posso farlo ancora…” cominciò a pensare e solo per colpa di tutti quei dubbi cercò di allontanarsi appena, provando ad agire con non chalance e non sembrare troppo idiota. Ci mancava solo che quel Brooklyn facesse una scenata a Mar per colpa sua…!


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    |marlee "mar" beauvais|


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    S
    eguì con lo sguardo le sopracciglia del ragazzo, aggrottate in confusione. Temette per un attimo che il ragazzo non capisse, ma poi fece qualcosa di ancora peggiore. Cercò di farla ridere. Con quella purezza, con quella gentilezza d’animo che lo caratterizzavano da sempre, che non lo avrebbero mai lasciato. Si ritrovò a emettere un singhiozzo strozzato, in quel momento, e scosse la testa per fargli capire che non era vero, che non era un disastro, che semmai il disastro in quella situazione era lei, che si era comportata da egoista. Si ritrovò a guardarlo ancora una volta, calamitata da quello sguardo che aveva il potere di calmarla, di farla sentire al sicuro. Non quella volta. Quella volta rifiutò con tutta se stessa di lasciarsi aiutare, di farsi lenire il dolore. Non se lo meritava. Merlino, si stava comportando come se il bacio con Brooks avesse qualche rilevanza, per Tom, e non come se ne avesse avuto solo per lei. Una minuscola parte di se pensava che davvero lui avrebbe ricambiato i suoi sentimenti, e subito dopo, oltre a darsi la bastonata in faccia da sola (“Come fai a piacergli, idiota?”) le veniva anche in mente che se qualcosa per lei lo avesse provato, si sarebbe spento come un fuocherello lasciato sotto la pioggia, quando gli avrebbe detto del bacio con Brooks. Si avvicinò alla balconata, trattenendo le lacrime e scusandosi in quel modo patetico, quando vide il lancio passare negli occhi del ragazzo. Stava per dirgli che non si doveva preoccupare, che non si sarebbe fatta del male, quando lui la raggiunse con due passi, circondandola con le braccia e stringendola a se. Il respiro le si bloccò in gola, le guance si colorarono di rosso, e la testa cominciò a girarle. Le braccia del ragazzo erano così…calde, e accoglienti, e giuste, che superato il piccolo shock iniziale si ritrovò a sollevare che le sue, leggere, posandole intorno alla vita del ragazzo. Scosse la testa alle sue scuse, poggiandogli la testa sulla spalla e facendo il primo vero respiro da quando aveva messo piede li sopra. Ascoltò le sue parole, lasciando che l’avvolgessero come una coperta calda. Si sentiva così bene, così giusta, che era difficile lasciarlo andare. Era diverso da tutte le volte in cui si erano abbracciati, forse perché ora aveva la consapevolezza di quello che provava, forse perché ora sentiva ogni piccolo centimetro di pelle che era a contatto con quella di lui, sentiva con minuziosa precisione ogni polpastrello poggiato sulla sua schiena, la guancia di lui poco sopra la sua testa, i muscoli delle braccia che la circondavano. Sentì che si allontanava leggermente, e tutto le ricadde addosso come una doccia gelata.
    No, decise. Non posso lasciarlo andare. Non voglio lasciarlo andare. Fece resistenza e se lo avvicinò nuovamente, con leggerezza, e riprese la posizione che aveva in precedenza, con la testa posata sulla sua spalla.
    -Non…non andare via, Tommy… - fece un grande sospiro, per poi raccogliere il coraggio e alzare la tesa, per guardarlo negli occhi. Si rese conto in quell’istante di quanto in realtà fossero vicini, e questo la fece arrossire su tutto il viso, colorandole le guance e facendole brillare leggermente gli occhi ancora un po’ lucidi.
    -Io…devo dirti una cosa, anzi - si morse leggermente il labbro- devo dirtene due.
    Si mosse leggermente, distanziandosi di qualche centimetro per permettere all’altro di stare più comodo. Sentì la tristezza che la riempiva di nuovo, e si ritrovò ad accarezzargli la schiena, come a volersi imprimere la sensazione addosso, per quando - inevitabilmente, come pensava - lui se ne sarebbe andato.
    -La prima cosa…è che ho baciato Brooks, l’altro giorno.

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    Edited by Marlee Beauvais - 15/10/2021, 13:55
     
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    |thomas seanàn roberts|



    N
    on poteva dire di amare la routine, in realtà era abbastanza confusionario e incasinato da riuscire sempre a distruggere ogni piano, ma c’era qualcosa negli imprevisti che lo metteva sempre in allarme, soprattutto se si trattava di qualcosa del tutto imprevedibile. Se era un evento improvviso, qualcosa che cambiava le sue abitudini, non gli dispiaceva troppo, ma quando accadeva qualcosa di impossibile, come vedere Marlee così sofferente, gli sembrava che il mondo intero potesse collassargli addosso. Doveva ammettere che non era successo molte volte, e tutte quelle che ricordava avevano bene o male a che fare con la ragazza: ricordava quando temeva si fosse rotta la testa, e invece era solo scivolata ma senza farsi troppo male, o quella volta in cui aveva panicato perché era convinto che avrebbero espulso Rere per colpa sua e invece l’avevano chiamata per tutt’altra ragione. Era tutto sempre e comunque legato a lei, in un modo o nell’altro, come tutti quanto sembrava esserlo ora che era ripiombata nella sua vita.
    Era come se la sua assenza avesse peggiorato una situazione già strana, e l’avesse resa ancora più assurda: come diavolo aveva fatto un’estate intera senza di lei? Si era distratto con Emma, certo, ma ora che erano di nuovo assieme gli sembrava di aver solo perso tempo, di aver perso momenti preziosi che non sarebbero tornati indietro e che forse aveva regalato a quell’idiota di Brooks, come se non gliene importasse niente.
    Si era già chiesto, ormai fin troppe volte, se Mar avesse pensato di sostituirlo, se ora Brooks non avesse preso il suo posto, oltre che quello del suo ragazzo. Dopotutto aveva lasciato un posto vuoto o no? Era diritto della ragazza occuparlo con qualcun altro, non avrebbe potuto biasimarla. Eppure in quel momento, con Rere stretta tra le braccia, quella sua teoria sembrò avere un po’ meno senso e lui si sentì colpevolmente sollevato.
    “Idiota. Egoista e idiota.” si rimproverò, senza riuscire però a cambiare quello che provava nemmeno per sbaglio. Quel senso di vaga vittoria, quella sensazione da “1 punto per Tom, 0 per Brooks” sparì del tutto solo nel momento in cui Mar tornò a parlare, implorandolo di non andarsene e portandolo a stringerla di nuovo a sé, scuotendo piano la testa. “Non vado da nessuna parte…stavo solo provando a non soffocarti…” sussurrò, abbozzando un mezzo sorriso ma tornando poi in silenzio, seppur fosse strano per lui, lasciando che la ragazza avesse tempo per riprendere fiato a tornare a parlare, se era quel che voleva.
    Corrucciò le sopracciglia quando la prima cosa che disse fu che doveva dirgli due cose. Era per questo che era così agitata e sofferente? Perché doveva parlargli?! Non aveva alcun senso, Tom non riusciva a ricordare una sola volta in cui la ragazza avesse detto qualcosa di sbagliato, o in cui avessero litigato abbastanza da portarla a preoccuparsi fino a quel punto. “Puoi dirmi tutto, Rere, lo sai… non hai bisogno di stare così…” provò a ricordarle, confuso, con l’aria di capire che cosa volesse dirgli che cominciava ad impossessarsi di lui.
    Sospettava che nemmeno spaccandocisi la testa sopra sarebbe mai riuscito a capire che cosa potesse ridurla in quelle condizioni, non c’era niente di così terribile a cui riusciva a pensare, anche se ammetteva che se gli avesse detto che lei e Brooks erano tornati assieme avrebbe faticato a mantenere un aspetto neutrale, o addirittura allegro. “Ma se il loro riavvicinamento la fa sentire così è davvero una bella cosa?” si chiese, cercando di essere obbiettivo e non guidato solo dalla chiara antipatia che nutriva per l’altro Black Opal.
    Le parole di Mar andarono un po’ ad alimentare i suoi sospetti, portandolo a sentire la gola chiudersi. Provò comunque a non sembrare troppo colpito, concentrandosi su di lei più che su sé stesso. “Mmmh… lo so, vi ho visti.” borbottò, con l’obbiettivo di rincuorarla salvo poi rendersi conto di quanto risultasse strano quel che aveva appena detto. “…Non che io vi segua o altro! Ero solo in giro, in quel momento, stavo passando per quella zona e… vi ho visti.” specificò, fingendo non chalance addirittura stringendosi nelle spalle, rendendo la reazione comunque eccessiva. “E’ la tua vita Rere, non tocca a me dirti chi devi baciare o…con chi devi stare.” aggiunse, questa volta faticando a formulare le parole e farle uscire dalle labbra, una forza dentro di lui che provava a trattenerle.


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    Edited by Thomas S. Roberts - 17/10/2021, 23:09
     
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    |marlee "mar" beauvais|


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    ’aria d’ottobre, di notte, non profumava d’autunno come di giorno. Scendeva la temperatura, e anche i profumi migravano verso qualcosa di più glaciale, come a voler dare un assaggio di quello che sarebbe stato l’inverno. Marlee in quel momento, si sentiva in piena estate. Stretta a Tom, non sentiva neanche più le lacrime scendere, e si sentiva di nuovo in pace con se stessa. “Al diavolo tutto” pernsò, “non gli dico nulla. Di niente. Me ne rimango qui e basta”. Per il tempo di un battito pensò di baciarlo. Insomma, Tom era sempre stato il suo posto felice, e quello era un dato di fatto. Era una persona particolarmente allegra, certo, e alla mano con tutti, ma quando era con Tom si ritrovava a ridere più spesso, più a lungo. Brooks era stata una parentesi tanto bella quanto distante, considerato il fatto che si vedevano così poco che ad un certo punto era diventata quasi una sofferenza. Ma Tom…era sempre stato li, con lei, a consolarla con le stronzate e a farla ridere, a dispensare consigli - utili o meno, quello era da vedere…”Si Rere, secondo me se richiami il libro che hai lasciato in dormitorio con un Accio non succede nulla”. Tale libro era finito in faccia alla prof di trasfigurazione - a sorbirsi tutti i racconti delle litigate con i fratelli…insomma, era una costante nella sua vita, e l’enormità della rivelazione avuta poco prima le pesava addosso me un macigno. Sarebbe stata pronta a rovinare anni di amicizia?
    Tom la strinse di nuovo, alla sua richiesta di non andarsene, e lei annuì alle sue parole, sorridendo leggermente. Cercando di non sembrare una matta, si ritrovò ad annusare il collo del ragazzo, lasciando semplicemente che il suo profumo le entrasse nel naso. Era come trovarsi in una giornata di sole dopo una settimana di pioggia costante. Si alzò, pronta a parlare, e notò la confusione passare sul viso del ragazzo. Annuì, sentendosi gli occhi minacciosamente pieni di lacrime ancora una volta, e spostò gli occhi dai suo, guardandogli la spalla.
    -Io…lo so che posso dirti tutto, Tommy, ma non…ecco…
    Prese un bel respiro, mordendosi la guancia destra per non scoppiare a piangere di nuovo. Certo che non capiva, povero, lo aveva trascinato in questa spirale di preoccupazione e lacrime per una sciocchezza…Merlino, che stupida che era. Riordinò i pensieri, e cercando di non pensare alle conseguenze probabili delle sue azioni decise di cominciare dicendogli di Brooks, per poi spalancare gli occhi alla sua risposta.
    -C..cosa?
    Si ritrovò a dire, un po’ senza parole, non afferrando del tutto il significato di quelle parole. Li aveva visti…aveva visto il modo il cui si erano avvinghiati, stretti, come a cercare un ancora nell’altro? O aveva notato come le mani di entrambi fossero ovunque tranne che sui fianchi? Sbiancò. Annuì come un automa, allentando leggermente la presa sul ragazzo e smettendo di passare le mani sulla sua schiena.
    -Ah, si, capito. Cioè, non fa nulla, ci mancherebbe. - Merlino, avrebbe vomitato. Tom aveva addirittura alzato le spalle, in segno di totale indifferenza, e lei si sentì un po’ morire dentro. Abbiamo cuori fragili, noi esseri umani, come fiori di carta. Non ci vuole mai niente perché si rompa un angolino, ed è sempre difficile poi tornare a fare la piega senza che lo strappo si veda. La successiva frase di Tom ebbe il potere di farla allontanare leggermente ancora una volta, con un sorriso un po’ di plastica sul volto.
    -No, certo che no…insomma, voglio dire, non è che te ne possa interessare qualcosa, certo. - sua madre le ripeteva sempre “se non dici ciò che provi, perdi ciò che ami”, e lei si ritrovò a maledire la voce nella sua testa, che aveva deciso in quel momento di ricordarle proprio quella frase. Il silenzio riempì lo spazio, rendendo tutto un po’ ovattato, e Marlee si ritrovò a rabbrividire leggermente. Lo guardò di sfuggita, sorridendo forzatamente e sperando che lui non se ne accorgesse, scostandosi dal suo abbraccio e sedendosi con la schiena poggiata alla ringhiera. Provò a sviare il discorso, rendendosi conto che non era pronta a buttare all’aria anni di amicizia per un suo capriccio.
    -Comunque sia, abbiamo parlato un sacco, e sono piuttosto sicura che a Brooks piaccia Amalea. - si passò una mano sotto gli occhi, sorridendo stavolta per davvero, come si notava dal luccichio dei suoi occhi, contenta per il moro - probabilmente farà qualcosa di estremamente plateale per dirglielo, proprio alla Brooks. Spero davvero lei dica di si, in caso. Sarebbero una bella coppia, non trovi?
    Sollevò lo sguardo verso il cielo. Persino le stelle sembravano ridere di lei.

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    Tom non si era reso conto del peso di quel che aveva appena detto, sapeva solo che avrebbe voluto far sentire Marlee al sicuro, sempre e comunque, e aveva paura che farle sapere che lei Brooks lo tollerava a stento ed era certo non la meritasse l’avrebbe allontanata e basta. Era quello che quell’idiota voleva no? Sembrava averci provato anche quando erano tutti in Sala Comune, assieme, quando provava a infilare il dito in situazioni che non lo riguardavano, e sicuramente baciare Mar come aveva fatto non poteva che essere una fase due di un piano ben articolato. Dopo aver parlato anche con Amalea, dopo averla vista sofferente e aver sentito le sue confessioni, non poteva certo averlo rivalutato.
    Insomma, stava consolando una Marlee distrutta e nella sua testa quella era solo colpa di Brooks, come poteva fare altrimenti? Non voleva e non poteva ammettere quel che pensava, non voleva farla sentire giudicata perché, più che vederla con qualcun altro, lo terrorizzava il fatto che potesse detestarlo, che smettesse di fidarsi di lui e che non lo volesse più intorno. Cominciò a maturare uno strano pensiero, che se avesse accettato la presenza di Brooks sarebbe stata una cosa momentanea, che prima o poi anche lei avrebbe capito che c’era di meglio, e che Tom ci sarebbe stato sempre per lei e… che cos’altro? Cosa sperava di ottenere così? Non lo sapeva nemmeno lui, forse sperava di prevalere alla fine, ma perché avrebbe dovuto desiderarlo tanto?
    Sentì che la risposta stava venendo a galla da sola, che c’era una rivelazione che non aveva ancora scoperto, ma preso dal momento, annebbiato dalla tristezza e dal profumo famigliare di Rere, lasciò da parte anche quella, concentrarsi sul resto. Quando la sentì allontanarsi si trattenne a stento dal bisogno di stringerla di nuovo a sé, corrucciando le sopracciglia mentre la vedeva allontanarsi, reagendo alle sue parole in un modo imprevisto. Lui stava cercando di sollevarla dal suo peso, di dirle che sapeva già tutto, che se voleva stare con Brooks non l’avrebbe giudicata…cosa stava sbagliando? Provò a cercare il suo sguardo, sfuggente, boccheggiando alla ricerca delle parole giuste.
    “Io… davvero, non volevo intromettermi e …mi dispiace se ho detto qualcosa di sbagliato in Sala Comune, è che… non sono sicuro che Brooks sia nelle mie corde, ma non è un problema! Non lo odio, o niente del genere.” provò a dire, anche se sentiva di aver appena mentito, almeno in parte. Si ritrovò a sbarrare gli occhi però, poco dopo, le sopracciglia che da corrucciate schizzarono verso l’altro, guardandola come se avesse appena parlato in aramico.
    Che cosa diavolo stava facendo?! Forse parlavano lingue diverse, e all’improvviso la traduzione simultanea era saltata? O era finito in una strana dimensione parallela? Guardò Mar come se avesse tre occhi, spiazzato.
    “Co- Come non mi interessa niente…” sussurrò piano, cominciando a temere di aver appena fatto l’errore di cui aveva tanta paura e averla persa lo stesso –okay, stava esagerando forse- anche quando provava a farle del bene. “Ma certo che mi interessa, ovvio! Insomma… sei tu Mar, mi interessa tutto quello che fai, mi interessa anche di che colore hai messo i calzini oggi perché spesso si abbina al tuo umore e… gli hai messi viola per caso? Non è mai un buon segno. Intendevo che, sì insomma che se vuoi baciare Brooks puoi farlo, che non voglio che tu ti senta giudicata... che cosa c'entra che non mi interessa?! Io... sembri così disperata, insomma se pensavi avrei dato di matto non lo sto facendo! Perchè avrei dovuto?! Io sono calmo, calmissimo. ” cominciò a straparlare, come lui solo sapeva fare quando temeva di aver sbagliato, finendo sempre per peggiorare ancora di più le cose.
    Sentirla allontanarsi da lui, vederla mentre prendeva le distanze, non fece altro che aumentare la morsa alla bocca del suo stomaco, rendendogli quasi difficile respirare per qualche istante, mentre guardava la schiena di Marlee e non riusciva a capire come fossero passati da un momento così intimo e prezioso a…quello. Abbassò le spalle, deglutendo a vuoto, realizzando con parecchio ritardo quel che l’altra aveva appena detto. Non appena riuscì a mettere insieme le parole che aveva pronunciato e dargli un senso inclinò la testa, confuso. “Innamorato di Am-… come scusa?” domandò, ancora più confuso, sentendosi all’improvviso all’interno di una strana sceneggiatura, forse scritta da qualcuno di incompetente. “Ma se l’ha trattata come una stupida quando ha baciato me? Lei lo ha fatto per farsi valere, lui l’ha presa in giro, poi è venuto a baciare te… non ci sto capendo più niente.” decretò alla fine, passandosi una mano tra i capelli, teso.

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    l mondo stava lentamente cambiando asse, o pianeta intorno a cui girare, o polarità. Qualcosa stava succedendo, perché altrimenti Marlee non capiva come fosse possibile tutto quel macello. Sembrava come se ad una certa avessero cominciato a parlarsi attraverso un vetro, con una lettura di labiale pessima e una risoluzione ancora peggiore. Non…non stava capendo il comportamento del ragazzo, non riusciva a collegarlo al suo solito modo di fare. Sembrava teso, forse anche un po’ infastidito. Si, ma da cosa? Cos’era che lo portava a guardarla in quel modo, corrucciato? Come faceva a spiegargli che non stava male per qualcosa che aveva fatto, ma letteralmente per qualcosa che non sapeva neanche se sarebbe mai successo? Le scuse che uscirono dalla sua bocca fecero spostare leggermente la testa di Marlee sulla destra.
    -Ecco vedi, questa è una cosa che voglio chiederti dal giorno in sala comune - alzò un poco lo sguardo - quest’estate…sei stato così distante per Brooks?
    Non aveva senso, per lei. Insomma, poteva non stargli simpatico, per carità, ma perché allontanarsi anche da lei? Sentiva di aver perso così tanto tempo, senza di lui…Si ritrovò presa in contropiede dalla risposta di Tom, subito dopo, che la fece arrossire furiosamente. Lei…era importante per Tom, e questo lo sapeva. Ma le sue parole sembravano delineare un altro tipo di importanza, una così profonda che lei non ci sperava neppure…Lo guardò negli occhi per qualche secondo, imprimendosi nei suoi tutta la genuina confusione che li animava. Marlee davvero non capiva. Un attimo sembrava paradiso e quello dopo inferno, in un giro di giostra orribile, dalla quale non vedeva l’ora di scendere. Alzò un sopracciglio e si guardò i calzini, sentendo le orecchie andare a fuoco quando notò fossero effettivamente viola. Cercò di tranquillizzare il ragazzo, che aveva cominciato a parlare a raffica.
    -Io…si, insomma, calzini viola a parte che come fai a ricordartelo me lo dirai un altra volta, non intendevo dire che non ti importa di me - sospirò - so che non è così. E so anche che non mi giudicheresti mai, Tommy, ne sono certa di questo. - posò la mani sulle sue spalle - Il fatto del “non interessarti” è legato ad altro, ecco. - abbassò la testa, d’un tratto conscia di essere entrata in territorio minato. Sentire Tom così teso stava facendo male anche a lei, e non voleva aumentare la sofferenza facendo discorsi impossibili. Si allontanò, sentendo un peso sul cuore non indifferente, con tutti i muscoli che urlavano, indignati, che volevano tornare tra le braccia del ragazzo. Si sedette, e lo guardò processare quello che gli aveva appena detto. Spalancò gli occhi, sorpresa dal fatto che nessuno lo avesse capito - certo, lei conosceva meglio Brooks, ma anche Amalea oramai avrebbe dovuto sapere come si comportava il ragazzo…o forse, come più probabile, gli occhi vedevano solo quello che volevano. Sorrise a Tom, leggermente, legandosi nel frattempo i ricci che avevano ricominciato a svolazzare nel vento.
    -È cosi! Lui forse se ne è reso conto, e spero tanto se ne renda conto anche lei…- alzò le spalle alla successiva affermazione - Ha trattato Amalea così perché era geloso, geloso marcio! Solo che non lo sapeva ancora. Certo, che fortuna, trovare proprio te in mezzo alla massa di studenti da baciare… - si morse la lingua, maledicendosi. Non era quello il momento per la gelosia! - Brooks è…particolare, quando si tratta di sentimenti. Un po’ come me. - lo guardò, rialzandosi d’un tratto in piedi e poggiandosi con la schiena alla ringhiera, a pochi centimetri da lui - spesso ci rendiamo conto di quello che vogliamo solo quando pensiamo sia troppo tardi. - girò la testa a guardare il telescopio e sorrise - io e Brooks ci siamo baciati perché volevamo, certo, ma anche perché speravamo di ritrovare uno nell’altra la nostra metà, come era stato prima.
    Il vento stava calando d’intensità, e quando Marlee girò lo sguardo per riportarlo in quello del ragazzo si ritrovò a pensare che fosse bello. Non ci aveva mai ragionato prima - ovviamente lo aveva sempre pensato, solo che prima era…diverso - ma ora lo vedeva chiaramente. Alzò una mano e la passò nei capelli di lui, scompigliandoli e sentendone la morbidezza tra le dita. Riprese il discorso, spostando la mano e riportandola giù, al suo posto.
    -Non è stato così. Io e Brooks siamo stati la persona l’uno dell’altra per un periodo, certo, ma è passato del tempo. Non lo siamo più. - sorrise - lui ha Ama. E io…- lo guardó dritto negli occhi, con le guance rosse a fare da contorno.


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    Edited by Marlee Beauvais - 19/10/2021, 01:33
     
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    |thomas seanàn roberts|



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    Proprio perché era così spaventato e impreparato di fronte a qualsiasi genere di emozione, l’evitamento era la sua strategia preferita, e così finiva per non mettersi mai faccia a faccia con quel provava. Se era in ansia cercava di tenersi impegnato, se era triste affogava i dispiaceri nel gelato, se era arrabbiato andava a farsi una corsa, ma non analizzava mai che cosa lo aveva portato a sentirsi in un determinato modo. Era la sua via di fuga dalla realtà, il suo modo per reagire a quasi tutto, perché quando non faceva così si sentiva affogare, peggiorava la situazione e gli sembrava di rendere tutto ancora più terribile e spaventoso.
    Ed eccolo lì, a fissare Marlee mentre lei gli rivolgeva la domanda del secolo, quella che lui non aveva mai avuto il coraggio di porsi ma che fece crollare all’istante tutte le sue idee e le sue certezze. Era sicuro di essersi allontanato da Rere perché era distratto da altro, e perché pensava che stesse bene con Brooks e tanto bastava, ma non si era chiesto per quale ragione avere Brooks significasse che non potesse esserci anche lui. Ed ecco la rivelazione: lui non voleva dividerla con nessuno. Non voleva che ci fosse Brooks al suo posto, non voleva che la stringesse, la baciasse o facesse tutte quelle cose da fidanzatino modello che aveva visto su Instagram. Lui non voleva che nessuno facesse quelle cose a Mar… ma non aveva senso! Non era mai stato egoista, sapeva di volerla vedere felice, era tutto ciò che aveva desiderato, ma come poteva volerlo e al contempo non riuscire ad immaginarla con qualcuno al suo fianco.
    Si ritrovò a schiudere le labbra, pronto a parlare, ma rallentato dalle realizzazioni che lo stavano travolgendo. “Sì… No… non lo so.” bofonchiò alla fine. “Sì, perché mi sembrava che lui ti bastasse e che non avessi più bisogno di me… No perché se fosse stato chiunque altro forse avrei fatto lo stesso… Non lo so perché l’ho fatto Mar, è che… non volevo intromettermi, ero di troppo…” provò a spiegare, anche se non sembrava affatto la spiegazione più calzante era comunque un passo avanti: si sentiva di troppo, in effetti, perché Brooks gli stava rubando il posto.
    E lì venne l’altra realizzazione: lui avrebbe detestato chiunque avesse fatto come Brooks, perché il problema era che lui voleva quel posto. Non ci aveva mai pensato prima, non l’aveva mai vista sotto quella prospettiva e… ovviamente andò nel panico. La ragazza avrebbe potuto vedere tutte le fasi della realizzazione mentre sgranava gli occhi, arrossiva di colpo e boccheggiava aria a vuoto nel tentativo di dare un senso a tutti quei pensieri. Le parole della ragazza non fecero altro che aumentare il peso di quel che aveva già sulle spalle, rendendo tutto ancora più concreto, e ancora più sensato.
    Non si stava sognando tutto, non era solo lui che stava impazzendo, ma comunque non aveva alcun senso! Erano amici da quando aveva memoria, si erano conosciuti al primo anno di Ilvermory ed erano diventati inseparabili, Tom sapeva che nessun altro sarebbe stato come lei e si era sempre impegnato per coltivare il loro rapporto e non perderla. Solo nell’ultimo periodo aveva cominciato a intuire che niente di quel che provava per chiunque altro era solo lontanamente paragonabile a quel che provava per lei, ma ancora pensava che fosse tutto insito nella profondità della loro amicizia, non certo in altro. Ed ecco che ora invece veniva messo di fronte alla possibilità che quella non fosse per niente un’amicizia qualunque, o magari non era un’amicizia e basta.
    La guardò perso quando si allontanò da lui, la distanza che colpiva ancora più forte in un momento così delicato. “Non… non ho mai detto che non mi interessi.” riuscì a dire alla fine, ancora sconvolto, ignorando del tutto il discorso su Brooks perché troppo impegnato ad elaborare il resto, cogliendo però solo una parola chiave, che completò il suo puzzle confuso: gelosia. Ecco cosa provava ogni volta che vedeva Mar con Brooks, in foto o dal vivo: lui era sempre stato geloso. Sbattè diverse volte le palpebre, non riuscendo a risolvere da solo tutti i suoi enigmi, gli sembrava che i suoi pensieri non avessero né capo né coda.
    “Rere…” si ritrovò a chiamarla senza nessuna ragione precisa, come se fosse troppo lontana anche se era comunque a portata d’orecchio. “Io…ti interesso quindi?” finì per chiedere, partendo da una delle mie domande che aveva in testa. "Non ho mai detto che non mi interessi..." sussurrò poco dopo, apparentemente senza una ragione ma nella sua testa stava provando a seguire un filo conduttore, che non sapeva nemmeno dove potesse portarlo.

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    |marlee "mar" beauvais|


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    ’intera situazione sembrava surreale. Marlee non era ancora sicura se fosse un surreale fiabesco o un surreale più tipo Horror, ma era certa che non poteva essere tutto reale, su quella terrazza. Si sentiva leggermente confusa, e allo stesso tempo su di giri, non riuscendo bene a canalizzare l’una o l’altra sensazione. Il pianto era ormai dimenticato, sostituito da una specie di miscuglio irreale di emozioni piantate nel suo stomaco. Ancora non riusciva a capire bene cosa l’aveva portata li sopra, quella sera, così come non capiva bene come ci fosse finito Tom, ma a chi importava? La cosa veramente importante era il famoso hic et nunc, il qui e ora, il piano cartesiano formato dalle loro vite che si andavano ad intrecciare in maniera differente da quello che avevano sempre fatto. Si ricordò il primo girono ad Ilvermorny, lei che stringeva la mano del gemello convulsamente, per poi inciampare e finire addosso proprio al ragazzo più grande. Si era scusata, e da li non si era più mossa. Avevano parlato, sempre, ovunque, di qualsiasi cosa, e sperare di trovare qualcosa di così prezioso non aveva mai sfiorato la mente di Marlee. Aveva cominciato senza volerlo a creare una categoria a parte, per Tom, e Brooks era l’unico che c’era andato tanto vicino da sfiorarla. La domanda che pose al ragazzo, all’inizio, era pura e semplice curiosità. Le aveva fatto dimenticare la situazione precaria in cui stava, e l’aveva distratta abbastanza da fargliela chiedere. Non si aspettava di certo di mandare il ragazzo in confusione! Strinse leggermente la presa sulla sua maglia, e scosse lentamente la testa. Non voleva che Tom si sentisse così, perché effettivamente per lei la sua presenza non era mai un “di troppo”, ma metteva sempre qualcosa in più a tutte le situazioni.
    -Ehi, io avrò sempre bisogno di te…come farei se tu non fossi qui, mh? - lo guardò negli occhi, sperando che i suoi avessero perso la lucidità che li aveva caratterizzati fino a quel momento - non sarai mai, mai, mai di troppo, Tommy, non per me.
    Evidentemente, tuttavia, le rivelazioni non erano finite per Thomas, e Marlee lo guardò mentre qualche verità a lui sconosciuta fino a quel momento gli passasse sul viso, facendolo arrossire adorabilmente e sgranare gli occhi. Lei, di tutta quella epifania, aveva potuto vedere solo l’esterno, e non aveva idea di cosa effettivamente avesse capito il ragazzo. Non potè negare a se stessa che una piccolissima parte di se sperava in qualcosa di forse irrealizzabile, e si allontanò lasciando il calore confortevole delle braccia di lui. I successivi secondi furono strani, per la ragazza. Tom aprì bocca, portando alla luce una frase tanto bella quanto potente - per quanto fosse anche poco indicativa - e a Marlee sembrò come la scena di un film bobbano, quando si sente tipo una goccia d’acqua e la scena si blocca, si quieta. Lo guardò con gli occhi grandi spalancati, le guance rosse che tradivano la contentezza provata al sentire quelle parole. Certo, non significavano nulla, o magari significavano tutto, ma Marlee in quel momento riusciva solo a concentrarsi su piccole cose, e tutti quei pensieri non la sfiorarono minimamente. Non parlò, lasciò che gli occhi parlassero per lei. Anche perché non credeva sarebbe stata in grado di trovare delle parole giuste da dire, in quel momento. Sentiva il cuore che le batteva nel petto, più veloce del normale, e si chiese mille volte come avesse fatto ad essere così cieca, Merlino, a non capire prima cosa provasse per quel ragazzo meraviglioso che aveva davanti. Quando questo pronunciò quel piccolo soprannome che aveva sempre amato, la scena riprese a scorrere. Al suo chiamarla lei si avvicinò leggermente, sussurrando un “Tommy” di rimando, per poi aprire la bocca e richiuderla un paio di volte, a vuoto. Quasi perse il sussurro del ragazzo, concentrata com’era a decidere cosa rispondergli. Si ritrovò a sorridere, arrossendo e abbassando la testa per un attacco di timidezza improvvisa.
    Merlino, e ora? pensò, cercando di decidere cosa fare, con la stessa paura che l’aveva portata a disperarsi poco prima che le premeva in gola. Chiuse gli occhi. Fece un respiro profondo. Prese la mano destra del ragazzo tra le sue, stringendola leggermente.
    -Si, Tommy, mi interessi. Come persona, come amico, e…come qualcosa di più di tutto questo. - alzò gli occhi, cercando di incontrare i suoi - l’ho capito da poco, sono una sciocca…ho dovuto baciare Brooks per rendermi conto che non era lui la persona che volevo. - sospirò - so che è tanto, tutto insieme, e che probabilmente non sarà neanche lo stesso per te. Non - dovette ingoiare a vuoto un paio di volte - non devi preoccuparti, non devi rispondermi o scusarti di qualcosa. Volevo…ecco, mi sono detta, ormai il gioco è fatto, diglielo Marlee cosa ti costa! E ecco, insomma, sono passata dal piangerci su per l’ansia al dirtelo. Una meraviglia, direi.
    Si ritrovò a straparlare, e si dovette mordere le labbra con forza per smetterla, certo, ormai il danno era fatto, ma meglio limitare quelli secondari il più possibile.


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    om non era proprio tipo da commedie romantiche, ma aveva la sensazione che quella scena sarebbe stata perfetta in uno di quei film smielati che ogni tanto sua madre guardava in TV, finendo pure per commuoversi ogni volta sempre sulle stesse scene. Non era di certo un esperto, ma era abbastanza sicuro che quello fosse un momento troppo surreale e assurdo per fare parte della vita vera, e forse aveva visto qualcosa di simile solo nei suoi fumetti, in quelle storie che spesso saltava o che leggeva distrattamente, di certo non con attenzione sufficiente a capire come facessero i protagonisti a uscirne sempre vivi e più forti di prima. Perché lui in quel momento stava vedendo tutte le sue certezze crollare e non era troppo sicuro di riuscire a uscirne vivo, ancora meno più forte di prima.
    Mar era stata, fin dal primo momento in cui si era scontrati –letteralmente-, una certezza nella sua vita, un punto fermo che non aveva mai messo in dubbio. Il loro rapporto era nato e cresciuto in modo naturale, inarrestabile, e lui era stato preso così tanto da qualcosa di così bello e inaspettato che aveva lasciato che tutto seguisse il suo corso, lasciandosi trasportare. Finchè erano stati assieme, a Ilvermory, la sensazione era sempre stata quella che loro due fossero soli, nella loro bolla: c’era stato qualche flirt, quando era diventato grande, qualche persone che era arrivata e poi sparita nel nulla, ma niente che fosse mai costante, niente di importante. Alle volte si era anche trovato a nascondere alla ragazza qualche piccola scappatella, sul momento senza nemmeno sapere perché: Mar sarebbe stata sempre felice per lui, questo lo sapeva e si era illuso che valesse anche il contrario, ma era lui a sentirsi in colpa, alle volte, come se ammettere che aveva visto qualcuno o si era scambiato qualche effusione potesse rappresentare uno smacco al loro rapporto, come se potesse essere un torto fatto direttamente all’altra. Dopotutto non c’era mai stato niente di abbastanza importante da minacciare davvero la posizione di Rere.
    Ed ecco che ora tutte quelle sensazioni cominciavano a trovare un loro senso, per quanto assurdo e impensabile. E se Rere gli fosse sempre sembrata così importante e diversa da tutte le altre perché era più di una amica, più di qualsiasi altro? Gli sembrava una di quelle assurde varianti delle sue storie a fumetti preferite che ogni tanto uscivano, esplorando mondi alternativi dove un minuscolo dettaglio cambiava ogni cosa.
    Ed era così, in quel momento: una minuscola rivelazione stava cambiando tutto, nella sua testa. All’improvviso quel che aveva provato verso Brooks, quel che per tutta l’estate aveva passivamente silenziato, tutte quelle sensazioni che ora avevano un posto, un nome forse e di certo un senso. Si era sentito tagliato fuori perché lo aveva voluto lui, perché non era al posto di di Brooks e la cosa lo aveva fatto stare male. Perché voleva essere lui a rendere Rere felice in quel modo, e lei aveva scelto qualcun altro invece, facendolo sentire invisibile come si sentiva spesso, ma mai con lei prima di quel momento.
    Perché Brooks per lui non sarebbe mai stato all’altezza, perché voleva essere lui quello che la faceva ridere e sentire al sicuro, anche se non sapeva se avrebbe mai davvero funzationato e di certo non era infallibile ma forse avrebbe sempre voluto almeno provarci.

    Se non fosse stato per la presa leggera ma decisa dell’altra era sicuro che non sarebbe riuscito a stare fermo nemmeno per un secondo, preso dal bisogno urgente di muoversi, che lo portò comunque a giocherellare nervoso con l’orlo della giacca, con le dita della mano libera.
    Sentire quelle parole così decise, così chiare, in parte rischiarò la sua confusione, e in parte contribuì a farlo sentire ancora più confuso, ancora più impotente. Perché Mar parlava con sicurezza, sembrava già sapere ogni cosa mentre lui non aveva avuto la sua stessa illuminazione… i suoi sentimenti erano altrettanto validi e veri? Poteva davvero sentirsi così, era tutto reale o avrebbe finito per farle solo del male? Non meritava niente che non fosse il meglio, meritava solo di essere felice e serena e amata da qualcuno…quel qualcuno poteva essere davvero lui?!
    Non la meritava, con ogni probabilità, ma stava provando troppe cose tutte insieme per pensarci in quel momento. L’unica cosa che riuscì a fare fu passare il pollice sul suo labbro inferiore e liberarlo dalla morsa dei suoi denti e le uniche parole che riuscì a spiccicare, preso nella confusione generale, furono un leggero “Io…non sono proprio sicuro…di non provare niente.”
    Poteva voler tutto e nulla, certo, ma in quel momento in suo cervello era in blackout, e Mar avrebbe potuto capire la sua confusione dalle sue dita che non riuscivano a stare ferme e dal suo respiro accelerato, che non sapeva nemmeno lui per che cosa stesse.
    “Potresti tipo…non allontanarti più?” borbottò poco dopo, cercando di riprendersi e allontanare almeno le dita dalle sue labbra, impegnato in parte a cercare di sbrogliare i suoi pensieri.


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    a sera era avanzata, mangiando minuti e raggi solari. La luce della luna si intrecciava ai capelli di Tom, giocandoci, scivolandogli sul viso e illuminandogli gli occhi. Marlee si ricordò di una scena simile, un paio di anni prima. Erano in una terrazza simile a quella in cui erano in quel momento, e stavano chiacchierando tra di loro con tranquillità, senza pensare a nulla. Lo aveva guardato negli occhi e li aveva visti illuminati dalla luna. Era difficile già allora immaginare Marlee senza Thomas accanto, come era difficile pensarli da qualche parte tranquilli e non ad infilarsi in qualche guaio. Lei stava cominciando a realizzarlo solo in quel momento, ma la verità era che tutto quello era sempre stato li, presente nelle loro vite, un filo che li univa e che era cresciuto mentre crescevano loro. Marlee si reputava una ragazza abbastanza romantica - anche se non sembrava proprio esserlo - ma mai avrebbe creduto di ritrovarsi in una situazione del genere, con lei accanto al migliore amico confessando quello che provava per lui, dopo averlo capito circa due ore prima. Non si poteva certo dire che la ragazza fosse tipo da tenersi qualcosa per se, sia chiaro. Raramente le persone non sapevano cosa stava succedendo nella vita di Marlee, anche se le cose importanti tendeva a non sbandierarle in giro, rivelandole solo alle persone più care. E Tom..beh’, oltre che ad esserle caro, era anche il soggetto di quei pensieri, quindi perché schermarglieli? Giusto? (Evidentemente no, visto che aveva avuto una crisi di ansia proprio per quel motivo).
    Guardava Tom negli occhi, mentre parlava, e poteva vedere ogni piccola sfaccettatura delle sue emozioni. La confusione se lo stava mangiando vivo, ma - come sempre, sempre, sempre - pensò quasi prima a lei che a se stesso, portandole una mano al viso e facendole castrale il labbro che aveva intrappolato tra i denti. Marlee rimase immobile per il tempo di due respiri, al tocco delle mani di lui, che ora sembravano così nuove ma sempre le stesse e morbidissime, e fu tentata di alzare la sua, di mano, e trattenerlo li davanti le sue labbra, giusto per potergli dare in bacio su quei polpastrelli tanto delicati sulla sua pelle. Non lo fece semplicemente perché Tom era riuscito a mettere insieme i pezzi di una frase, con la confusione che gli si leggeva in viso. Marlee sollevò la punta delle sopracciglia, in pensiero per lui. Di certo con la sua confessione non voleva metterlo in difficoltà, ne confonderlo ulteriormente. Si sentì arrossire alle sue parole, e posò le mani su i fianchi di lui, avvicinandosi leggermente e annuendo.
    -Ehi, shh…è okay, mi basta, non devi ucciderti il cervello per capirci qualcosa esattamente in questo momento. Non volevo metterti in difficoltà, Tommy, scusami. È che non riuscivo a smettere di pensare a te, prima…- abbassò un secondo lo sguardo - È già tantissimo per me che tu non te ne sia andato orripilante dal fatto, o che non mi abbia dato della stronza per aver rovinato la nostra amicizia…piangevo per quello prima, sai? Cioè, anche per quello, non solo. - si morse leggermente la lingua. Sperava almeno di averlo aiutato a riprendere un po’ il controllo. Alle sue successive parole sorrise, e annuì piano. Si fece spazio tra le sue braccia, abbracciandolo alla vita e lasciando che le braccia di lui si posassero intorno a lei. Alzò lo sguardo a incontrare il suo, sentendosi il cuore in gola, nello stomaco, nelle orecchie, sentendolo tanto forte che sperava lui non riuscisse a sentirlo.
    -Così…va bene?



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