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    Non sapeva neanche lei perché l'avesse fatto ma, dopo uno sguardo fugace con Roberts prima che Long Prèe iniziasse a spiegare, avevano portato la giovane a prendere un pezzo di pergamena e a scribacchiare su poche cose.

    ore 21.00 Torre dell'Orologio

    Aveva lasciato poi scivolare il biglietto sul banco del ragazzo senza però dargli altri segnali. Dopo la lezione di magitecnica i giorni per la Davidson non erano stati facili. La presa di coscienza di essere innamorata del suo migliore amico grazie a Nicholas, il fatto di averlo baciato e poi essere stata rifiutata da O'Connor l'avevano definitivamente spezzata. Aveva iniziato a perdere peso, complice il salto dei pasti pur di non incontrarlo più del dovuto, oltre ad una mancanza di appetito dilagante. Neanche i suoi amati cavoli erano riusciti a risollevarle il morale. A saperlo prima che bastava avere una forte delusione in amore per iniziare ad eliminare grassi l'avrebbe fatto prima, anche se il costo non erano solo centimetri in meno su cosce e fianchi ma anche una rigida cortina che aveva alzato con tutti. Indistintamente. Una parte di lei avrebbe voluto fermare il riccio e avvolgergli le braccia al collo e tornare a com'erano prima, l'altra... voleva solo annullarsi.
    Però, la strega aveva compreso come quello non sarebbe stato il giusto modo per approcciarsi al mondo. Si stava isolando e il carico da novanta era solo e soltanto per le sue spalle. Doveva allargare gli orizzonti e non poteva gravare soltanto sul povero Mc Callister, non poteva essere il solo prete confessore. Ecco perché a pochi minuti alle ventuno si trovava in cima alla torre dell'orologio, dopo gradini su gradini che avevano dato colorito alle sue guance, mentre il ticchettio fungeva da semplice ninna nanna. Lo sguardo si perdeva sul paesaggio senza però avere l'ingerenza degli agenti atmosferici o la puzza di cacche di gufi e civette. Ora non le sarebbe restato altro da fare se non attendere.
    Amalea Davidson

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    Thomas S. Roberts
     
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    |thomas seanàn roberts|



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    uando aveva aperto la pergamena la prima cosa che aveva pensato era che chiunque l’avesse scritta aveva una calligrafia piuttosto ordinata ed elegante, e solo in un secondo momento aveva messo in fila le parole e collegato quello che la compagna di classe stava cercando di dirgli. La noia della lezione era stata rotta da quelle semplici parole e si era ritrovato a rivolgere alla ragazza un sorriso impacciato e un cenno del capo, giusto per essere sicuro che avesse capito la sua risposta.
    Non era abituato a quel genere di inviti, ma siccome avevano già parlato a lezione di Magitec della possibilità di vedersi per chiarire il loro primo bacio –non che per lui ci fosse chissà quanto da chiarire ma di certo non gli costava nulla parlarle in privato- era un po’ più pronto a quell’eventualità. Non abbastanza da non perdersi nei propri pensieri, mentre immaginava nella sua mente che cosa sarebbe successo, che cosa si sarebbero detti, che cosa avrebbero fatto.
    Che poi, davvero, per Thomas quel bacio era stato un fulmine a ciel sereno, ma preso da tutt’altri eventi non ci aveva perso dietro nemmeno poi così tanto tempo. Le prime lezioni, la ricerca di Emma e una serie di altri imprevisti gli avevano riempito la testa di così tante cose a cui pensare che non aveva avuto molto tempo per rimuginare a lungo su quel bacio, per quanto qualche volta ci avesse pensato e non avesse fatto altro che pensare a quanto fosse un modo strano per conoscere qualcuno.
    Tutto il tempo che aveva risparmiato a pensare a quell’avvenimento gli venne comunque sottratto dopo quella pergamena, con gli interessi: dalla lezione di Divinazione fino all’ora di cena non riuscì a pensare ad altro, passando dal darsi all’idiota a chiedersi se davvero ci fosse qualcosa da chiarire in merito. Non avrebbe certo cominciato a fare il geloso o pretendere qualcosa, insomma nemmeno la conosceva! Se anche la risposta forse era un’altra, e giaceva tra tutte quelle cose che si era intestardito nel voler negare, per il momento continuava a pensare di non sapere niente di una ragazza e non potersi affezionare così, partendo dal nulla.
    Ad ogni modo aveva ingurgitato la cena di fretta, in Sala Grande, e nonostante avesse passato le ore cercando di contare il tempo che gli restava prima dell’appuntamento per non fare una delle sue solite figure, comunque non aveva ottenuto grandi risultati. Non era proprio in grado di arrivare in orario, era più forte di lui, e sarebbe arrivato con qualche minuto di ritardo, senza fiato per aver corso per tutto le scale, Mr Erminio che spuntava come sempre dalla tasca della sua giacca. Avrebbe cercato per qualche istante la sagoma di Amalea nel buio e solo quando l’avesse trovato si sarebbe schiarito la voce, improvvisamente in imbarazzato per le condizioni in cui doveva riversare dopo una corsa come quella appena fatta. “Ehi! Eccomi, scusa il ritardo è che… non credo di avere una scusa in realtà, dicono tutti che essere in orario non è nella mia natura.” avrebbe provato solo a giustificarsi, buttando lì un adorabile sorriso impacciato.



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    Attese. In altre situazioni avrebbe preso il ritardo come affronto, dove dopo solo un giro di lancetta dei minuti di troppo avrebbe scaturito l'abbandono della postazione. Quella sera però attese perché non c'era nessun'altro ad attenderla. Inutile prendersi in giro: quell'anno tutto era cambiato. Lei, Brooks, il ritorno nella vita di lui di Marlee, il fatto che condividessero la sala comune e, probabilmente, non solo quello. Era dura permettersi persino di cedere uno sguardo verso di loro. Non voleva vedere. Non poteva farlo. Chiuse gli occhi, abbandonando la fronte sul freddo vetro che la divideva dal baratro. Il respiro caldo creava una piccola condensa. Altre volte avrebbe disegnato o scritto qualcosa, invece rimase con i pugni lungo i fianchi e gli occhi stretti dolorosamente.
    Avvertì la sua presenza prima ancora di sentirlo aprire bocca. Il fiatone era come un allarme in quel silenzio. «Eh?» si staccò da quel vetro per voltarsi, tentando di tirare su le labbra, finendo con avere dei pessimi risultati. «Non preoccuparti», continuò, avanzando verso il ragazzo e osservandolo fino a trovare un musetto carino sbucare dal suo taschino. Il pensiero volò a Yume e a come stesse soffrendo la separazione con la sua gemella. Non aveva mai impedito al suo geko del vento di muoversi libero per il castello ed incontrare Mirai, ma la sua testardaggine sembrava aver influenzato anche il suo animaletto che aveva lasciato nel suo letto. «Grazie per essere qui», i cerchietti chiari si sollevarono dall'ermellino fino ad incontrare quelli più scuri di Roberts. Si morse l'interno della guancia, alla ricerca di qualsiasi parola di scuse o anche solo un suono. Dopo tutto doveva esserci un motivo se l'aveva invitato lì su, su quella torre. «Ecco, io... scusami» si torceva le mani nervosamente, andando oltre la sua sagoma con lo sguardo. «Se ti ho baciato, dico», specificò, nel caso lui si fosse dimenticato o chissà che diavolo potesse aver pensato. «L'ho solo fatto per dimostrare al mio m», si bloccò, rossa in viso e poi subito pallida. «Per dimostrare ad una persona che anche io, beh, potessi essere attraente o baciare sconosciuti, presi a caso». E il primo che aveva incontrato era stato proprio lui, un'ottima spalla che non aveva fatto altro che reggere il suo gioco, lasciando che lo baciasse. «Sì, insomma, magari è stato il bacio più brutto della tua vita, ma, ecco, grazie. Davvero». Peccato che quel bacio aveva comportato diverse reazioni a catena, con O'Connor che le aveva dato della poco di buono, la confusione di quelle reazioni eccessive da parte di entrambi, la realizzazione di quello che provava per il suo migliore amico, grazie a Mc Callister, e infine il suo rifiuto. Già, perché in guferia la ragazza aveva fatto comprendere chiaramente come non potesse più essere Amalea Davidson, la sua migliore amica. Voleva di più, molto di più, ma a quanto sembrava per Ryan non era lo stesso. Si lasciò andare in un sospiro, sorridendo mestamente in direzione di Tom. «E scusami».
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    |thomas seanàn roberts|



    P
    er Tom quella situazione era del tutto nuova, aveva avuto diverse relazioni più o meno lunghe –più brevi che lunghe in realtà-, diversi baci e diverse prime volte, ma non era abituato a fare conquiste in quel modo, era più che altro in tipo di persona che sapeva tutti avrebbero evitato, almeno all’inizio. Parlava sempre troppo, faceva spesso la parte di quello strano, e per quanto non si reputasse del tutto sfigato o da evitare, comunque riconosceva che non era lui il primo che gli altri guardavano o cercavano.
    Non gli era mai successo di vivere qualcosa come quello che era successo con Amalea e se doveva essere onesto non aveva nemmeno capito troppo la dinamica del momento, ma aveva intuito che fosse una situazione eccezionale e alle volte riusciva davvero a tacere e tenersi qualche pensiero per sé, senza parlare troppo a sproposito. Riconosceva di avere qualcosa di fallato, di non essere proprio bravo ad azzeccare i momenti e le parole giuste, ma riusciva anche lui a capire quando qualcosa non andava e quando non era proprio il caso di dire cose fuori luogo. Okay, non succedeva troppo spesso, ma succedeva comunque!
    Le avrebbe dedicato un varo sorriso dispiaciuto, intuendo dall’espressione dell’altra che forse non stava troppo bene. Avrebbe inclinato la testa, sorpreso da quell’accoglienza, stringendosi nelle spalle. “Ma figurati, mi fa piacere…voglio dire, nessun disturbo!” provò a rincuorarla con gentilezza, sospettando che quello non sarebbe bastato a farla sentire meglio, per quanto non fosse proprio portato per quelle cose.
    Non si sarebbe definito empatico o portato per avere a che fare col prossimo, pensava da sempre di essere una frana nel consolare le persone e non riusciva proprio a pensare a qualcosa di giusto e tenero da dirle, anche perché non aveva idea di che cosa le stesse succedendo. Avrebbe ascoltato le sue parole, cominciando ad intuire qualcosa, guardandola sorpreso, le sopracciglia che schizzavano verso l’alto. “Oh no! Non l’ho mai pensato! Cioè, è la prima volta che mi succede una cosa del genere…che una sconosciuta mi prende e mi bacia dal nulla, è stato strano ma non brutto… affatto! Insomma può capitare, anche se beh non è molto carino che questa persona ti abbia portato a fare così, non mi sembra una cosa così difficile da credere che tu possa baciare chi vuoi.” replicò, come sempre senza riflettere troppo prima di parlare, ritrovandosi a schiudere le labbra sorpreso dalla sua ammissione, arrossendo all’istante. “Nel senso… non è proprio carino dirti che non puoi farlo, puoi, lo hai fatto con me e… beh oddio forse non ti consiglierei di replicare, le persone sono strane e non sempre reagiscono bene a queste cose, ma insomma hai capito no? Non devi sentirti costretta a dimostrare niente, o almeno questo è quello che mi ripetono da quando sono piccolo e non è sempre facile però è vero, almeno credo.” provò a riprendersi, senza sentire di avere avuto molto successo, e si schiarì la voce, cercando altro da dire.
    “Ha funzionato, comunque?” riuscì solo a chiedere alla fine e dannazione, perché non riusciva mai a dire la cosa giusta e se ne pentiva sempre quando era ormai troppo tardi?!


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    Thomas era un libro aperto: non celava nessuna emozione, nessun pensiero. Era limpido e cristallino e ciò lo reputava o come atto di grande coraggio o come la più grande incoscienza del mondo. Probabile che il Black Opal fosse proprio della seconda categoria. Però sapeva che quello che vedeva era sincero, genuino, privo di giochetti e tiri mancini. Il sorriso dispiaciuto era vero, lo sguardo che le aveva rivolto altrettanto, così come il sentirsi impacciato nell'affrontare qualcosa su cui avrebbero potuto sorvolare entrambi tranquillamente. Quel bacio non avrebbe mai alterato il loro rapporto in modo permanente, non come quello sfioramento di labbra che aveva causato una vera e propria carneficina. Rimase in silenzio, ad abbeverarsi delle sue parole, dei suoi silenzi, della pause e delle microespressioni. Una parte di lei si risollevò nel non sentire pregiudizi né nelle parole né nei toni che erano stati usati, tantomeno era stato tradito dalle bugie a causa del rossore che tinse la sua pelle. Probabilmente anche la sua era in fiamme se ripensava a quel bacio. «Se ti può consolare era la prima volta anche per me». Il pensiero che potessero essere fraintese le sue parole, si apprestò ad aggiungere altri dettagli, finendo con l'essere impacciata quasi quanto lui. «Il fatto di baciare uno sconosciuto in quel modo, non il primo bacio». Ormai aveva capito che con lui nei paraggi proprio non riusciva a dimostrarsi tutta d'un pezzo e l'unica speranza risiedeva nell'eventualità che fosse limitata solo ad una eventuale intimità. Probabilmente quella al mercato la sua unica manifestazione.
    Alla sua ultima domanda la strega sollevò lo sguardo spiazzata. In che senso aveva funzionato? Se ci si limitava al mero atto di poter attirare l'interesse e il favore di qualcuno sì, ma a quale prezzo?
    «Alla grande», si ritrovò a dire, con una punta di ironia impossibile da mascherare. «Il mio migliore amico, il ragazzo con me al villaggio, mi ha detto cose orribili e poi...» Non capiva neanche perché avesse toccato e richiamato alla memoria il litigio e quanto di duro le aveva detto. Se Thomas aveva sottolineato la sua libertà di fare quello che voleva -seppur cercando di non intaccare quella altrui- Brooks le aveva dato della puttana, rovesciandole addosso così tanto odio che la Davidson si era sentita morire. La maschera, che aveva cercato di indossare con l'ironia, si sgretolò. «No, non è andata bene per niente», gli diede le spalle, per appoggiare nuovamente la fronte a quel vetro così freddo che sperava riuscisse a lenire almeno in piccola parte il suo dolore. «Nulla è come prima», chiuse gli occhi, le mani strette a pugno. Non sapeva neanche se il ragazzino fosse rimasto o fosse scappato via da lei, probabilmente associandola alla pazzia. «Non più».
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    |thomas seanàn roberts|



    S
    i rendeva conto da solo di non essere sempre molto delicato e di parlare spesso a proposito, e non solo perché la sua madre adottiva aveva cercato di farglielo notare in più di una occasione. Sapeva di non essere proprio una persona portata ad interagire col prossimo, non sapeva essere molto empatico e alle volte finiva per dire cose che non pensava o esprimersi male solo perché preso dal momento. Eppure vedere Amalea così, anche se non la conosceva quasi per niente, rattristò anche lui, che alle volte si reputava insensibile o si sentiva troppo distratto per riuscire a dare il giusto peso alle emozioni altrui.
    Era chiaro che la ragazza non stesse bene, non sapeva se fosse colpa del loro bacio o anche di altro, ma era ovvio e palese che qualcosa la stesse facendo soffrire e lui non aveva idea di che cosa avrebbe potuto fare. Non la conosceva, non aveva il potere di trovare una soluzione ai suoi problemi, ed era abbastanza certo che scherzare o, al contrario, costringerla a parlare non fosse la chiave per aiutarla.
    Ma che fare? A parte le battute e i suoi discorsi infiniti e intricati, Thomas sospettava di non avere nessuna altra capacità utile alla causa. Provò a non andare nel panico –situazione che causava, in genere, ancora più problemi, balbettii e discorsi senza un finale ben preciso- e lasciare che la conversazione andasse avanti in modo naturale, provando a capire dove sarebbero andati a finire.
    Alle sue parole sgranò appena gli occhi, guardandola senza sapere cosa pensare: l’aveva baciata così male da farle pensare che fosse la sua prima volta? Cominciò a farsi abbastanza domande da dimenticare che era stato lui stesso a definirla “prima volta” poco prima. “Oh no, non era nemmeno il mio primo bacio! Non che ci sia niente di male, o grave nel baciare la propria prima persona a diciotto anni ma… niente del genere.” bofonchiò, arrossendo leggermente,
    Quando l’altra andò avanti si ritrovò ad inclinare leggermente la testa, ancora più sorpreso di che piega stesse prendendo quel racconto. “Perché il tuo migliore amico avrebbe dovuto dirti cose orribili? Insomma, è il tuo migliore amico… a meno che tu non gli abbia fatto un torto enorme non dovrebbe trattarti male…no?” domandò confuso, proprio lui che gli amici stretti li contava sulle dita di una mano e che era certo non gli avrebbero mai detto niente di terribile, li aveva scelti bene no? Beh più o meno, alle volte avevano detto cose che lo avevano ferito ma quella era un’altra storia.
    Nel vederla così impotente, mentre gli dava le spalle e si appoggiava al vetro, il ragazzo abbassò lo sguardo per un attimo, infilando le mani in tasca e avvicinandosi a lei. “Non sono molto bravo a consolare le persone… non è una giustificazione, dico davvero, finisco sempre per fare dei disastri, parlare a sprop- ecco vedi? Sto parlando di me, ma non è questo il punto. Mi dispiace per quello che è successo, anche se non so bene cosa sia ma non importa! Cioè mi importa eh, ma non sei obbligata a dirmelo, infondo sono uno sconosciuto. Uno sconosciuto che hai baciato ma sempre uno sconosciuto.” attaccò, sforzandosi di rallentare e prendere fiato. “Però insomma se è il tuo migliore amico il problema forse dovresti provare a parlargli. Se è stato stronzo non merita il tuo perdono immediato, ma se eravate legati forse vale la pena provare? Non saprei, alle volte si finisce per non fare delle cose per paura ma poi si sta ancora peggio ad aspettare che la paura passi…non so se mi spiego.”


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    Thomas era fatto così: parlava tanto, gesticolava, era così eccessivo da mettere paura. Però era un piacere per gli occhi e per l'anima, il che non guastava. All'ennesima emissione verbale la strega sorrise, mitigando di fatto l'imbarazzo che l'aveva colorata con morbide pennellate quando aveva precisato che non era stato il suo primo bacio. «Ma, per curiosità, parli sempre così o solo con me?» Una mano ad occultare la risatina che rimase comunque visibile negli occhi, che si sgranarono leggermente quando anche quell'affermazione poteva finire con l'essere fraintesa.
    «Quando sei imbarazzato o in difficoltà?» Delle volte specificare, risultando magari noiose, era meglio. E questo fu quello che accadde prima di rivelare come l'atteggiamento di Brooks non solo le avesse rovinato una giornata carina -ancor prima delle rivelazioni della Delaine- ma aveva finito con l'incrinare definitivamente il loro rapporto. «Perché è un idiota?» Una domanda che però non aveva poi motivo di avere una risposta. Non dal povero Opale, almeno, che vedendola poi accasciarsi contro il vetro della torre in cui erano, cercò di tirarle su il morale. Senza toccarla si era avvicinata a lui, riscaldandola con la sua sola presenza, in modo composto nonostante le parole che si rincorrevano. A conti fatti si stava offrendo come spalla su cui piangere, senza alcuna presunzione o dominio di sorta. Quell'altalena di emozioni e personalità sembrava essere anche peggio di quel che sembrava, forse andava solo a rafforzare l'immagine di sé che proiettava ogni giorno. I dubbi che Roberts pronunciava ad alta voce erano gli stessi che lei stessa si era posta. Perché non riusciva ad andare oltre e tornare da lui? Semplice, perché tutto era davvero complicato. Muovendo un bastoncino avrebbe finito col muovere anche gli altri, nonostante tutta l'accortezza e l'agilità che avrebbe potuto usare. Perché non era un bastoncino qualunque, era quello più interno, che collegava e sorreggeva gli altri. Toglierlo significava compromettere tutto ancor di più.
    «Non è solo perché ti ho baciato», la voce fievole, il fiato a condensarsi sul vetro e ad appannare la sua finestra sul mondo. «Cioè, è iniziato per quello», chiarì, con uno svolazzo della mano e le linee della bocca serrate tra di loro. «Ha dato di matto, Tom -posso chiamarti Tom?- e ha iniziato a fare una scenata assurda», scrollò le spalle, perdendo per un attimo l'equilibrio tanto che dovette compiere un paio di passettini per ritrovarlo. Lo sguardo su di lui solo per chiedergli il permesso di rimpicciolire il suo nome a sole tre lettere. Dopotutto gli stava raccontando la sua vita e la cosa più tragica che avesse mai vissuto. «Gli ho chiesto se fosse geloso e mi ha tipo derisa», una risata amara proruppe, spezzando il silenzio e morendo come un temporale estivo. «Non l'aveva mai fatto», l'incredulità accompagnava l'abbassamento naturale di una voce provata dal peso dei ricordi. «Però, in qualche modo abbiamo chiarito, e parlando con un amico...» Santissimo Nicholas Evan Mc Callister che sei nei cieli, «non lui, un altro», perché era così difficile destreggiarsi tra pronomi e soggetti sottointesi volti a proteggere la privacy? La sua ormai era andata a farsi un bel giro. «Ho capito che mi sono innamorata di lui e...» si girò, completamente, a fissarlo, quasi a volersi gustare la sua espressione una volta sganciata la bomba. «L'ho baciato». Le mani si sollevarono alte fino a sfiorare -in una linea immaginaria- il confine del mento.
    «Okay, mossa stupida, ma è stato il modo più veloce per farlo, per non morire nel panico», perché se lo ricordava quel senso di soffocamento, l'adrenalina partita per la paura, la speranza che aveva sentito quando lui non l'aveva allontanata ma, d'altronde, non l'aveva neanche ricambiata. «Lui... Brooks non prova lo stesso per me», si strinse nelle spalle, come se quel gesto potesse prevenire le lacrime e il dolore cui si sarebbe lasciata andare una volta al sicuro nel suo letto. «Aggiungi il fatto che la sua ex è venuta a studiare qui dagli States», che per carità lei era pure carina, ma ecco sembrava come se il destino si fosse incaponita con lei. Lei che era arrivata a lamentarsi praticamente con uno sconosciuto e poco importava se l'avesse baciato. «Scusami, ti sto riversando tutto addosso, quando in realtà tutto quello che volevo fare era scusarmi per essere stata così stupida con te e di averti baciato». Le braccia a proteggersi intrecciate sull'addome. «Di solito non sono così cupa e triste».
    Amalea Davidson

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    |thomas seanàn roberts|



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    om non era proprio sempre attento a tutti i dettagli, anzi diciamo pure che non lo era mai. Si faceva spesso trascinare dalle cose, si faceva prendere dai vari momenti, dalle emozioni, e finiva per riuscire a concentrarsi solo su una cosa per volta. Insomma, se era il primo ad andare contro ad ogni stereotipo di genere, di certo non era uno di quegli uomini che andavano contro il patriarcato e le convinzioni popolari ed erano dotati di multitasking, anzi.
    Aveva visto Amalea presa dal momento, così sofferente, e l’unica cosa a cui aveva pensato era cercare di porre rimedio come poteva a quella situazione, pur sapendo di non avere grandi poteri. D’altra parte lui di tutta quella storia ci stava già capendo poco, e già sapere che Brooks gli stava antipatico era un successo, per quel che lo riguardava. In quel momento non voleva incasinare ancora di più le cose, aveva annullato i propri pensieri e i propri sentimenti perché quelli di Amalea erano bastati a soffocarlo, ma ora che cominciava a vedere tutto il quadro nel suo insieme non riusciva proprio a rimanere neutrale.
    Come se non bastasse la sua agitazione, quando l’altra gli fece notare il suo strano modo di esprimersi finì per arrossire, guardandola con aria colpevole. “Faccio…cosa?! Parlare troppo? No, cioè sì…dipende. Mi viene naturale di solito, Mar dice che è una cosa che faccio da sempre e in effetti è così… succede se sono imbarazzato, ma anche se non lo sono, alle volte succ- … dovrei smetterla.” mugugnò alla fine, mordendosi la lingua per non perdersi in illazioni di poco conto, provando a smorzare la tensione del momento con un sorriso adorabile.
    Avrebbe dovuto glissare, non certo proferirsi in quel genere di commenti, perché dire che Brooks era un idiota non era un commento casuale, proprio no. Avrebbe allargato leggermente gli occhi, guardando l’altra sorpreso, nemmeno gli avesse appena riportato le parole di qualcun altro. “Cos…? O beh perché uno che ti tratta così lo è per forza, no? Non si fa così con i sentimenti delle persone, in generale… nessuno dovrebbe farlo.” provò a spiegare cercando di concentrarsi solo su Amalea e non cominciando a rivedere sotto le palpebre, ogni volta che le sbatteva, immagini di Brooks che stringeva Mar o che ridacchiava con lei, come due amanti che si ritrovavano da tempo.
    Gli venne una nausea improvvisa, e sentì addosso una notevole rabbia, anche per Amalea, non solo per Mar. Poi rabbia per cosa? Era convinto che lui non la meritasse, quello sì, come a quel punto non meritava nemmeno la ragazza che si stava confidando a lui perché l’aveva ferita abbastanza da ridurla in condizioni terribili. Che poi, che cosa ci trovavano in uno così?! E poi aveva insinuato che ci fosse qualcosa tra lui e Amalea, lo aveva fatto con un atteggiamento che lo aveva infastidito, come se volesse sminuirlo o metterlo con le spalle al muro, e ora ronzava così tanto intorno a Marlee…
    La ascoltò davvero, si impegnò per cercare di assimilare ogni sua parola ma i suoi pensieri ne mangiarono comunque qualcuna, mentre lui provava a figurarsi un quadro più chiaro e sensato della situazione, senza avere troppo successo. Più gliene parlava, più nella sua mente Tom non faceva altro che peggiorare il ritratto di Brooks, senza riuscire ad inquadrarlo del tutto comunque. Perché se aveva fatto così con Amalea significava che era innamorato di Marlee, ancora, eppure l’aveva lasciata dopo l’estate, e aveva una strana luce nello sguardo quando aveva nominato Amalea in Sala Comune. Non che lui ci capisse qualcosa di sentimenti, forse era solo pieno di giudizio, forse anche quando lei non c’era non poteva che considerarla…sporca? Sbagliata? Sciocca? Solo per un bacio?! Brooks non era certo un angelo, andiamo!
    “E’ un Black Opal, l’ho incontrato in sala comune.” buttò lì in un momento completamente casuale, dal nulla, come se quello fosse un dettaglio rilevante. Sospirò piano, e scosse la testa come a voler cancellare quel che aveva appena detto. “Scusa, so che non ti interessa ma… insomma ci ho avuto a che fare, e conosco la sua ex… E’ Mar. La mia migliore amica.” borbottò piano. “Mi spiace che tu sia in questa situazione, davvero, ma forse è davvero un idiota e anche se non penso si possa smettere di essere innamorati da un secondo all’altro, magari è meglio così… forse non è la persona giusta per te e basta.” provò a farle notare, con un leggero sorriso impacciato, e se non altro cominciava davvero a convincersi che Brooks non meritasse Amalea, come non meritava Mar.

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    Era difficile stare dietro a Roberts. Era una di quelle persone così attive era normale chiedersi se la cosa fosse patologica. «Forse solo uno come lui poteva accettare di baciarmi». Un secondo dopo si sentì già in colpa per aver formulato quel pensiero. Amalea non faceva altro che sminuirsi, armandosi del più forte degli spiriti autocritici realistici. Quello o il tentativo di dare del pazzo ad un povero ragazzo che non ha saputo dire di no. E Brooks aveva ragione, ha fatto bene a rifiutarla, perché lei era brutta ed insignificante per uno come lui. Non si doveva prendere per forza la Beauvois ad esempio. Ogni ragazza con cui il suo migliore amico era stato era bellissima, dalla pelle liscia luminosa, gambe lunghissime, magre sode, per non parlare di vite senza un filo di grasso e seni piccoli ma giusti per riempire le sue mani senza trasbordare. E poi Marlee era una dea, impossibile competere con lei che, tra le altre cose, era stata la prima per lui. Lasciò andare un sospiro, cercando di concentrarsi sulla risposta la domanda che lei aveva posto, sgranando gli occhi nel sentire quel diminutivo anche da lui. Magari sarà una sorella o una cugina che si chiama Margareth o Marlena. Insomma chi vuole chiamarsi come una mela? Lasciò che a rispondere per lei fosse un minuscolo movimento del capo prima di buttarsi nel racconto su Brooks. Brooks ed i suoi comportamenti privi di senso che finora erano stati solo per lei assurdi. Si sentì leggermente meglio quando Thomas le disse che in quel modo non ci sarebbe mai dovuti comportare. Una questione di poca delicatezza rispetto a prescindere di quanto avessero condiviso. Quello era solo una gravante a tutti gli effetti. «Già, lo penso anche io, ma che ci vuoi fare?» Domandò più se stessa che allo studente. Studente che con -gli- O’Connor condivideva la casa e non solo quella. La Mar di prima era proprio la Mar Brooks e lui era il suo migliore amico. Che Marlee per lui fosse quello che per lei era Brooks? Certo che il mondo è proprio piccolo. Una bozza di sorriso ad allontanare momentaneamente la voglia di piangere. Già perché Thomas Roberts disse a gran voce qualcosa che aveva già iniziato ad intravedere lei stessa nei suoi pensieri, ma che comunque non riuscì a prepararla alla forza di uno schiantassimo. Brooks non la meritava. E gli occhi dell’Opal sembravano sinceri quando lasciò andare quella sentenza. Chiuse le occhi cercando di recuperare i battiti preziosi. «È per lei che sei venuto ad Hidenstone?»
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    |thomas seanàn roberts|



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    vrebbe voluto essere in grado di consolarla, di aiutarla di più di quanto non stesse facendo, ma non era mai stato bravo ad aiutare il prossimo e in quel momento si sentiva ancora più incapace del solito. Avrebbe voluto che Rere fosse lì con lui in quel momento, lei era molto più brava in quelle cose, più attenta, più dolce, più empatica e lui senza di lei alle volte si sentiva nudo, spoglio. “Oddio, forse farle incontrare in un momento simile non sarebbe proprio la pensata del secolo…” riflettè poco dopo, in uno sprazzo di lucidità che non sapeva nemmeno lui da dove saltasse fuori.
    Per un solo secondo, senza alcuna ragione sensata, la sua mente glj suggerì che Amalea potesse essere la soluzione ad ogni problema. Lei era innamorata di Brooks, lui non era così entusiasta nel vedere Mar con il ragazzo... Se le cose fossero andate per il verso giusto si sarebbe potuto risolvere tutto in ben poco tempo. Si pentì quasi subito di quel pensiero, viste le condizioni di Amalea e come era stata trattata da quell’idiota non avrebbe nemmeno dovuto pensare una cosa simile, eppure…
    “No, no, no. Non pensarci nemmeno. Non è così che si risolvono le cose, non cambierebbe niente. E se poi Rere fosse comunque infelice? Magari davvero quel tizio è la persona giusta per lei… anche se non lo sembra affatto e conoscendola ne dubito fortemente.” cercò di rimproverarsi e di far tornare i pensieri su binari più sensati e meno folli, come se fosse davvero così semplice controllare la propria mente.
    Provò a focalizzarsi su Amalea, sulla sua reazione alle proprie parole, che non pensava fossero poi così tanto sconvolgenti. Forse lei non ci aveva mai pensato, ma come poteva meritarla qualcuno che la faceva soffrire così tanto? Non che Thomas fosse esperto di quelle cose, si poteva dire che fosse molto selettivo nelle sue amicizie, o forse era solo stato fortunato fino a quel momento. Non che Rere non lo avesse fatto soffrire, di recente, ma di certo non volontariamente, e forse a pensarci anche lui non era stato da meno.
    Si sforzò di non perdersi nei propri pensieri, che si stavano comunque facendo sempre più invadenti, e le parole di Amalea lo aiutarono a ritornare sulla terra. Sbattè un paio di volte le palpebre, per la sorpresa, e si ritrovò ad arrossire senza alcuna ragione apparente. “Cos…? No, no! Non lo sapevo, sono venuto qui perché stavo cercando la mia gem-…” cominciò, per poi bloccarsi a metà frase e cercare di non ammettere ad alta voce una cosa così importante. Aldilà del fatto che era un segreto, perché nessuno ancora conosceva il vero motivo della sua scelta, si era ripromesso di non dirlo a nessuno prima che Emma lo sapesse e non era proprio il caso di infrangere quella promessa. Si schiarì la voce, a vuoto, provando a riprendersi prima di esagerare. “… la mia strada, la mia strada. Non sapevo che Rere fosse qui, l’ho scoperto dopo lo smistamento… non ci sentivamo da un po’.” ammise alla fine, infilando le mano nelle tasche e stringendosi nelle spalle.


    PARLATO - ASCOLTATO - NARRATO
    bymars


     
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