Che Merlino avevi in testa?!

Eve&Samuél

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    San Mungo
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    iagon Alley era sempre stato uno dei posti preferiti di Evelynn. Non era per nulla difficile vederla gironzolare nei meandri dei vicoli del quartiere magico, ne’ vederla uscire da Mielandia con una piuma di zucchero in mezzo ai denti. Insomma, essere adulta si, ma fino ad una certa! Quel giorno neon era essenzialmente diverso da tutti quelli che lo avevano preceduto, se non fosse stato per un piccolo particolare. Quel giorno Eve era andata a Diagon Alley con il preciso intento di comprare l’ultimo libro di una trilogia che stava leggendo, e di cui aveva seguito l’iter sin dal primo istante. Purtroppo però non era l’unica a seguire quella serie, e davanti al Ghirigoro si era creata una fila e una bolgia di gente tale che il ministero era stato costretto a mandare degli auror per tenere sotto controllo la situazione. Eve non avrebbe voluto essere nei loro panni. Non le era mai davvero interessata la carriera da Auror, ma immaginava che stare li fermi a controllare una massa di presone poteva essere paragonabile a quando in ospedale ti mettevano al controllo pazienti e dovevi startene ferma li a non fare nulla, a romperti le scatole e magari anche a beccarti qualche parolaccia. Stava guardando verso la line di Auror quando un movimento attirò la sua attenzione, facendole spostare lo sguardo verso destra. Lì un ragazzo se ne stava al alto della folla, con la divisa ben poggiata sulle spalle, e ciondolava guardando ora i colleghi, ora la folla. Eve stava per tornare a girarsi verso l’entrata della libreria quando un pensiero la colpì come un fulmine a ciel sereno. Quello…quello era Samuél! Samuél Starosta, il ragazzo che era stato ricoverato per un periodo di tempo al San mungo, in coma in seguito ad un Avada finito male. O bene, in base a come la vedi. Ad un certo punto Eve, che era stata incaricata di cambiare fisiologica e simili, visto che a quanto pareva il ragazzo non si sarebbe svegliato tanto presto, era entrata in stanza e l’aveva trovata vuota, empty, leer. Avevano cercato il ragazzo ovunque, anche chiedendosi come diavolo potesse essere sveglio e in grado di muoversi, ma non l’avevano trovato. La folla cominciò a spingerla verso l’entrata, ma lei ormai aveva dimenticato completamente il motivo della sua visita. La medimaga aveva preso il sopravvento sulla fan, e senza volerlo si ritrovò a camminare verso il ragazzo, con il profeta stretto in mano a mo di mazza. Quando si trovò a pochissimi metri di distanza, chiamò il suo nome, per poi avvicinarsi ancora e dargli una giornalaia in fronte.
    -Samuél! Samuél Starosta! Come Merlino ti viene in mente! Ci hai fatto venire un colpo! - altra giornalata - dovrei prenderti e smaterializzarti in ospedale in questo istante!
    Lo guardò con occhio critico, scannerizzandolo velocemente.
    -Come stai? Come sei stato? E che cosa diavolo ti ha detto il cervello?!
    Evelynn Mia Rowen


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    Samuel Starosta
     
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    Samuel Starosta
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    La fortuna aveva girato dalla sua, per una volta. Quella mattina aveva raggiunto il comando degli Auror prima ancora che il sole sorgesse: esplorato il mondo dei morti, quello delle ombre non lo rivoltava più come una volta. Quando il capo auror Bustre gli aveva chiesto di presidiare il Ghirigoro per l'intera giornata lui aveva accettato con un sorriso.
    «Mi ricorda lui» Sentiva premere sotto l'affilata giacca da auror una forma rettangolare, spessa, lì dove l'ultima scapola lasciava spazio a tutto il resto. Aveva accettato di porsi a guardia di una libreria, certo, ma ne aveva approfittato. L'idea di usare la sua posizione per chiedere in anticipo quel libro che tutti stavano cercando, neanche fosse un capolavoro inedito di George Martin, lo disgustava.
    Al contrario aveva optato per un piccolo libro sulle 'Fenici' prima che le fan si accalcassero. Tra tutte le creature magiche che avrebbe potuto addestrare, si era imposto come primo tentativo il più nobile dei volatili: l'essere che risorge dalle proprie ceneri proprio come lui aveva fatto in seguito all'Avada Kedavra.
    Già si vedeva quella sera seduto su una poltrona in pelle, luce soffusa da un candelabro d'argento, mentre la sinistra sorreggeva una tazza di the e la destra smuoveva le pagine una dopo l'altra. Gli occhi a divorare il contenuto del libro, l'olfatto a cogliere quella nota di antichità che accumunava i libri più antichi al profumo vissuto di Jamie Mors.
    «Mmmh? Auch» Senti una scarica di calore scivolargli dal capo al resto del corpo, una vera e propria doccia di lava e fuoco. Il palmo sinistro venne portato nel luogo dell'impatto a massaggiarlo.
    «Cos'è, Starosta, una tipa da una notte e via che non ti ha ritrovato a letto al suo risveglio?» Uno degli auror, probabilmente un suo collega, incrociò le braccia e se la rise nel notare la scena.
    «Buongustaio» Il terzo, coetaneo a sua volta, si trattenne dal dire altro.
    «...Non faccio queste cose, Hermann» Le palpebre calarono contro gli anelli d'ardesia, ora a trafiggere il primo dei colleghi che aveva preso parola.
    Un colpo di tosse e lo spagnolo fu libero di dedicarsi a pieno alla civile.
    «Auch...» Ennesimo colpo, ennesimo dolore. I palmi sollevati a mo' di scudo «Stavo bene, ora mi fa un po' male la testa, potrebbe smetterla?» Le dita affondarono nella chioma mentre le sopracciglia schizzavano verso l'alto, le guance a macchiarsi di rosa. «Comunque non so di che sta parlando... e non so chi sia lei... devo portarla in ospedale? Ha bisogno di una mano?» Che fosse una sua fan? La lega dei duelli e l'incontro con Skyler gli avevano dato i suoi quindici minuti di gloria, ma ora? Chi aveva davanti? L'unica medimaga di cui aveva memoria era Eilidh.

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    e mani di Evelynn corsero su entrambi i fianchi, una ancora avvolta intorno al giornale, gli occhi infuocati di indignazione mentre guardava i due ragazzi che avevano parlato.
    -Grazie mille, signori, per questa assoluta e completamente fuori luogo esposizione del vostro pensiero. - alternò lo sguardo da uno all’altro - continuate pure a fare il vostro lavoro, come io sto cercando di fare il mio.
    Si voltò a dargli le spalle, i capelli svolazzanti dietro di se, e rivolse ancora una volta il viso verso il ragazzo scomparso. O forse non proprio, considerando lo sguardo privo di qualsiasi riconoscimento. Certo, non che l’avesse davvero mai vista in faccia, ma aveva parlato di ospedale, come aveva fatto a non ricollegare? Alle parole del ragazzo serbo ricordarsi del giornale con cui lo aveva bacchettato poco prima, e si affrettò a ficcarlo alla bell’e meglio nella borsa.
    -Scusa, non avrei dovuto. - si passò una mano tra i capelli, cercando di mitigare l’imbarazzo che l’aveva assalita. Diamine, altro che medimaga…aveva appena preso a giornalate un ragazzo! Si riprese in fretta, tutto sommato, alle successive parole del ragazzo. Si ritrovò a sorridere, un sorriso gentile, e ad allungare una mano verso di lui.
    -Mi chiamo Evelynn Rowen, sono una Medimaga del San mungo - inclinò la testa leggermente verso destra, soppesandolo leggermente con lo sguardo. Che stesse mentendo? Non avrebbe avuto motivo per farlo… - sono io che dovrei portarti in ospedale per farti degli accertamenti, altroché!
    Si guardò intorno, notando che la folla era rimasta sempre la stessa. Bene, non sarebbe potuto scappare con la scusa del lavoro. Lo riguardò negli occhi.
    -Tu non mi conosci, io invece ho benissimo in mente la scena di te un’ora prima nel letto del reparto, e un ora dopo completamente sparito! - si portò una mano sul cuore, con uno sguardo rammaricato e rattristato dal ricordo di quel giorno. Lo paura che aveva provato, insieme al senso di impotenza, erano stati terribili - mi hai fatto prendere un colpo, Merlino benedetto! - fece un sospiro, corrucciando le sopracciglia con rabbia ritrovata - E se ti fosse successo qualcosa? Non puoi mica andartene così da un ospedale! E neanche dalla porta, perlopiù!
    Incrociò le braccia davanti al petto, imbronciandosi ma non alzando neanche un dito contro di lui, questa volta.Inclinò la testa e lo guardò, cercando di capire cosa gli passasse per la testa. Chissà, magari adesso avrebbe ricollegato i fatti, e sopratutto le avrebbe dato una spiegazione. Ah si, quella la voleva.




    Evelynn Mia Rowen


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    Samuel Starosta
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    Le guance dello Starosta si tinsero del colore che hanno le pesche più invitanti, come se fosse solo un bambino di fronte a una maestra arrabbiata. In un certo senso era andata proprio così. I medimaghi, tra cui Evelynn, gli avevano imposto di starsene nel letto, ad attendere, ma lui era uscito senza aspettare la ''campanella''.
    Mostrati gli artigli, i colleghi Auror bofonchiarono qualcosa. Il primo lanciò un occhiolino allo spagnolo, l'altro distolse lo sguardo; in una manciata di secondi s'inventarono una scusa sul dover badare alla folla e arretrarono con la coda tra le gambe.
    Evelynn Rowen sembrava avere gli artigli e se ne erano accorti, ma a Samuel sono sempre piaciuti i gatti.
    «Hey, no, scusa tu a me, non avrei dovuto io farti sentire in colpa» I palmi vennero rivolti di nuovo verso l'altra, quasi come se la medimaga gli avesse puntato addosso una pistola e lui avesse deciso d'arrendersi. Sentirsi in colpa gli veniva naturale, figuriamoci quando al posto di un'arma aveva contro il rimpianto d'essersi comportato male.
    Sua nonna non avrebbe approvato minimamente i suoi modi.
    Gli angeli che vegliano su di lui, unico motivo per cui non era ancora morto in questa o quella missione, avrebbero rivelato tutto all'anziana signora. Poteva esserne certo. Già la vedeva lì, con un rosario in mano, nel vano tentativo di esorcizzare il nipote oltre mare.
    «Samuel Starosta, piacere» D'istinto la mano destra colmò la distanza che li separava. La sinistra, invece, era ancora rivolta verso l'alto, perpendicolare al terreno sembrava alla stregua di un saluto nazista o un giuramento. Nel momento in cui le mani si strinsero una all'altra, il ragazzo si accorse di due cose. Primo, la pelle della Rowen, al tatto, gli ricordava i petali di una rosa; il che lo portò a sorridere. Secondo, l'altra sapeva già chi fosse; dunque le labbra da parentesi divennero un piccolo cerchio a testimoniarne l'ingenuità.
    Abituata a cogliere sintomi e reazioni, la giovane Evelynn non avrebbe avuto il minimo problema a catturare l'imbarazzo dello Starosta, o l'ingenuità delle sue parole.
    «È successo qualcosa? C'è stato qualche attentato?» Da un battito del cuore all'altro l'espressione dell'Auror mutò. La voce si era fatta dura, il linguaggio del corpo teso. Sembrava una tigre in procinto di scattare per addentare prede e criminali.
    Le spalle erano tornate dritte come lastre d'acciaio e ora la differenza d'altezza avrebbe portato il mago a guardare la strega dall'alto verso basso. La rigidità dei modi si sarebbe sciolta subito dopo quando la strega avrebbe fatto luce sul mare di nebbia.
    Da lupo a cucciolo, una strana luce avrebbe illuminato gli anelli d'ardesia dello Starosta, ora intrecciati allo sguardo iracondo della Rowen. «Ah, ora capisco» La mano sinistra venne portata alla fronte con una certa velocità producendo un rumore secco. «Il crimine non poteva attendere, mis scusi» Le mani scivolarono dunque dietro la schiena quasi a voler riconoscere d'aver lanciato una pietra di cui ora si vergognava. «Ero certo non mi sarebbe successo nulla, negli anni ho allenato il mio corpo a resistere a danni ben peggiori, e poi ho una certa abilità anche io con gli incanti curativi» Tentò di giustificarsi salvo poi accorgersi di aver mancato il punto del mio discorso «Se lei fosse stata in me, avrebbe atteso sapendo che qualcun altro... magari meno resistente... potesse essere stato scelto come vittima da un altro criminale?».
    Lui non ci sarebbe riuscito certamente. Eilidh si era mostrata gentile e attenta forse più del dovuto. La strega ne aveva testato i riflessi in quello stanzino salvo poi testarne memoria e capacità mentali. Non era da tutti scampare dall'Anatema che uccide perché beh, le parole con cui ci si riferisce alla più letale delle tre maledizioni è già tutto un programma.
    Si dice che vedere la morte in faccia porti a riflettere su tutti i momenti che ci si è lasciati alle spalle. Samuel aveva rivisto l'infanzia, gli anni di studio, e le poche missioni a cui aveva avuto l'onore di prendere parte. Al piacere dei successi aveva bilanciato l'amaro sapore dei rimpianti. Da piccolo era troppo timido, a Castelbruxo e Hidenstone troppo impegnato a studiare, e sul campo troppo passivo.
    Non si era goduto la vita e gli anni che aveva visto scivolargli davanti avevano saputo rimarcare questa verità.
    Non c'era tempo per restarsene a riposare, sia per il dovere che per il piacere.
    Ecco perché lui non avrebbe mai più scelto di attendere.

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    25 | medimaga | animals | ex corvonero | London
    Di certo la situazione non era delle più normali, questo Eve lo doveva riconoscere. Si era svegliata quella mattina con un solo obiettivo in mente e ora si ritrovava a fare tutt’altro, solo perché il suo cuoricino da medimaga aveva sussultato alla vista di un paziente scappato. “Che idiota”, avrebbero detto in tanti, ma era più forte di lei - lo era sempre stato - cercare di aiutare chi poteva. Diamine, si era subita uno dei suoi attacchi di dolore dalla sua cicatrice perché aveva dato la sua pozione per il dolore ad un amico…poteva andare altrimenti, la sua vita? Non sarebbe proprio potuta essere altro che una medimaga. E ora, dopo aver rimesso al loro posto due suoi compagni - merlino, quelle situazioni le davano troppo fastidio - gli occhi dispiaciuti di Samuel la stavano facendo quasi intenerire. Quasi, perché ancora non aveva ricevuto le spiegazioni che richiedeva.
    -Nessun problema, potevo di certo avvicinarmi in maniera diversa…
    Sorrise, portandosi dietro l’orecchio una ciocca di capelli e allungando la mano a prendere quella di Samuel, stringendo appena. La bocca del ragazzo si era aperta a formare una piccola “o” perfetta, segno che per il momento egli era davvero del tutto inconsapevole di chi fosse. Si presentò, per poi cercare di spiegargli l’accaduto…evidentemente utilizzando le parole sbagliate. Spalancò gli occhi all’evidente voglia di farsi valere del ragazzo, che aveva teso i muscoli e sembrava diventato una lastra di marmo. Scosse la testa, finalmente trovando le parole giuste per spiegare la situazione. Era un po’ mortificata, certo, e un po’ rammaricata da come se ne era andato. Aveva davvero temuto gli potesse essere successo qualcosa, con tutto che di certo lo avrebbero rivisto in ospedale poco dopo, fosse stato il caso. Tuttavia, alle successive parole di Samuel non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere. Una risata piena, cristallina, che la prese quasi in contropiede.
    -Oh Merlino, mi scusi! Non ridevo di lei, solo che il modo in cui l’ha detto…sembrava un eroe di qualche libro - si fece quasi seria, poi spostando la testa verso destra e lasciando che i capelli le scivolassero dietro - però, per quanto può conoscere il suo corpo…quello che ha passato non è certo una cosa normale, giusto?
    Riflettè quindi sulla domanda che lui le aveva posto, perdendosi qualche secondo negli occhi color mare che la guardavano, grandi e pieni di voglia di mettersi in gioco. Ev era anche una psicologa, e ormai sapeva come interpretare gli sguardi dei pazienti. C’erano persone sconfitte che lo sarebbero rimaste, persone che pur con tutto l’aiuto del mondo da volenterose si perdevano…e poi persone come Samuel, che avevano scritta in faccia la voglia di fare. Qualsiasi cosa, ma fare. Andare avanti.
    Scosse la testa.
    -Non penso, Samuel - rispose, senza rendersi conto di aver utilizzato il suo nome di battesimo - in realtà anche io mi sarei data una mossa. - ridacchiò - ma non puoi far parlare così una medimaga, andiamo!
    Spostò il peso da un piede all’altro, decidendo che il ragazzo aveva decisamente una personalità interessante.
    © code by LaNine e prelevabile Qui
     
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4 replies since 22/9/2021, 11:53   53 views
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