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.16 anniex CorvoneroDioptaseRaise your words, not your voice.Le cose con Brooks si erano appianate, ma non risolte. Lo sapeva lei, lo sapeva lui. Ogni minima cosa faceva scattare i due che, però, sembravano preferire la via del defilarsi ad usare le orribili parole che si erano visitati al villaggio. La Davidson provava ancora un forte disagio, soprattutto quando si era ritrovata a baciare uno del primo anno che -orrore, orrore- era anche un compagno di casata di O’Connor. E, a proposito del ragazzino, le aveva inviato un messaggio dandole appuntamento in guferia. Se le altre volte avrebbe finito col mollare qualsiasi cosa stesse facendo in quel momento per raggiungerlo, quel tardo pomeriggio Amalea preferì terminare il suo tema di pozioni sull’uso dei tentacoli di Murtlap e solo dopo raggiungerlo, con tanto di sosta al dormitorio per lasciare il materiale scolastico e prendere il mantello. Con le gote arrossate e il fiato un po’ spezzato a causa dell’infinita scala a chiocciola, la strega varcò la soglia dopo aver sospinto la porta priva di serratura, rimanendo sorpresa nel riconoscere il tanfo eccessivo che fino a quel momento aveva associato alla guferia di Hogwarts. Decise di inspirare a fondo per stordire le proprie narici e ad abituarsi all’olezzo. Riconoscere la figura dell’amico non fu affatto difficile, visto che era l’unico essere umano presente nella stanza. Mosse un passo verso il Black Opal arrestandosi solo perché una candida civetta delle nevi planò verso di lei, aggrappandosi con i suoi artigli al braccio sinistro che aveva teso in alto per puro istinto di protezione. «Ciao Georgette», bofonchiò mentre il suo famiglio prese a beccare i suoi capelli per ricevere attenzioni e magari anche del cibo. «Non ho nulla per te», rivelò quindi l’assenza di missive da inviare, sollevando lo sguardo sull’amico che sembrava coccolare un pennuto di chissà quale studente se non addirittura appartenente all’accademia. «Hai per caso dei semini con te?» domandò ad alta voce per sovrastare i sibili e turbamenti dei vari pennuti, saltando a piè pari le formalità del saluto visto che esano stati lontani solo per qualche ora. Alla parola semini Georgette si animò, volando in direzione del ragazzo, beccandolo all’orecchio fino a quando non gli avrebbe dato quel che voleva. «Magari fosse così facile anche per me», un’ammissione che preferì non indagare troppo a fondo. L’operato della civetta le permise di avvicinarsi senza pestare gli escrementi sul pavimento. «Castare un incantesimo autopulente sul pavimento no?» domandò rendendosi conto come, delle volte, la comunità magica scivolasse su delle vere e proprie minuzie. «Come mai qui?» avrebbe chiesto perdendo lo sguardo verso l’esterno, complice l’assenza di infissi e balconi vari. Doveva ammettere che il tramonto era sempre un momento emozionante se ci si prendeva cinque minuti del proprio tempo per osservare lo spettacolo gratuito e maestoso che la natura era capace di offrire.It is rain that grows flowers, not thunder.code ©#fishbone - pg ©#E.L..
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.16 anniex CorvoneroDioptaseRaise your words, not your voice.Era típico di Brooks dare un nome a tutte le cose e se queste erano fornite già di un soprannome non ci pensava su due volte nel trovarne un altro che secondo lui era più giusto. In realtà credeva lo facesse per una mera questione di possesso, anche se del tutto inconsapevole di farlo. Lo aveva fatto con i piccoli geki e lo fece lì con un pennuto che venne subito conquistato dal suo sorriso. E come dargli torto? Brooklyn Ryan O’Connor era una dannatissima calamita e lei lo sapeva perfettamente. Altrimenti perché stringere amicizia con uno come lui, passare ogni momento libero e non solo degli ultimi cinque anni? Erano l’uno l’ombra dell’altra, una caratteristica che poteva risultare opprimente ad una prima vista. In realtà i due erano molto liberi sui loro rapporti, tranne quando sembrava esserci con una terza parte un interesse che andasse al di là della mera conoscenza ed amicizia. La prova erano le varie avventure amorose di lui che Amalea aveva mal sopportato e i rimbrotti di lui quando lei lo metteva in secondo piano. Chi era tra i due la prima donna era difficile a dirsi. Forse più la Davidson e solo perché aveva quell’aria perenne da “c’è l’ho d’oro” seppur non poteva realmente permetterselo. Ma questo è un altro discorso. Ritorniamo alla guferia, al tanfo che emanavano gli escrementi degli uccelli, all’assenza di protezioni per qualcuno di sbadato come il Grifondoro. Non ci sarebbe voluto molto per prenderlo e spingerlo verso il vuoto, soprattutto se alla fine fosse riuscito a farle saltare nuovamente i nervi. Al momento era ancora al sicuro visto che era impegnato con il fare sostentamento al suo pennuto. Un paio di beccate qua e là e dopo un verso stridulo Georgette volò verso una trave tenendo d'occhio l'intero ambiente. «Vorrei proprio sapere da chi hai preso questo caratteraccio», come se non sapesse già che la colpa era solo la sua. Ad ogni modo la Dioptase si trovò a fronteggiare lo sguardo curioso del nuovo amichetto di Brooks, senza però impegnarsi nel trovare un minimo di empatia con lui. Non solo non ne era più di tanto interessata, ma era anche a conoscenza del carattere passionale della sua civetta delle nevi. Ne perse il contatto visivo, complici le solite mosse dell'opale che, prendendo la mano con la sua, la portò ancora più vicina al precipizio, fissando insieme il rosso mischiarsi all'arancio, al rosa e al giallo con un intensa sfumatura di viola a prendere largo. Si irrigidì nel sentire il braccio di lui avvolgerle la spalla per stringerla a sé, non tanto perché fosse la prima volta -oramai avrebbe dovuto farci l'abitudine- quanto più per il caledoscopio di emozioni che si ritrovò a provare. Dopo la chiacchierata con Nicholas quello che provava fu solo la conferma ai suoi timori: aveva una enorme cotta per Brooks, probabilmente da anni. Perché sentirsi intera e spezzata al tempo stesso era una cosa che solo lui aveva il potere di fare. Il fiato le si mozzò in gola, bruciandola, mentre le mani, sciolte dalla presa del ragazzo, finirono con lo stringersi in due piccoli paffuti pugnetti, un paio di contrazioni, il dolore nel sentire la pelle tendersi sotto la forza delle sue unghie a mezzaluna. «Sei come una sorella per me». Era addirittura peggio della friendzone. Dilaniata nell'anima cercò di ricomporsi ma soprattutto si impose di non provare a ferirlo né con la bocca né con la magia. «D'accordo», un mormorio dal sapore di sconfitta, mentre il viso si sollevò ancora più in alto, verso quel cielo che altro non era la rappresentazione personale del canto del cigno. «Sono pronta ad ascoltarti, non ti interromperò». Non ci sarebbe stato il bisogno di dita intrecciate, mani sul cuore, giuramenti o voti infrangibili. Lo sapeva lei, lo sapeva lui.It is rain that grows flowers, not thunder.code ©#fishbone - pg ©#E.L..
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.16 anniex CorvoneroDioptaseRaise your words, not your voice.Se Amalea si stava letteralmente struggendo per lui, iniziando a realizzare come il suo amore sarebbe stato sempre e solo a senso unico, la mente dell'altro era forse presa da altro che non fosse lei. Per fortuna che la Davidson non ne era a conoscenza o una scena madre, in pieno stile messicano, sarebbe stata imbastita in un battito di ciglia. Ma lì, di battiti, erano solo quelli del suo cuore che andavano perdendo potenza per poi prendere a correre con forza, tanto che aveva il serio timore di vederlo scappar via dalla gabbia toracina per pulsare dritta tra le mani di quel ragazzo che ora la stava fronteggiando per chiederle scusa. Vedeva come ci fosse sincerità nelle sue iridi color cioccolato, nonostante le sue braccia fossero incrociate sul petto un gesto che accomunava solitamente alla chiusura. Il rigurgito di offese risuonava un po' più lontano, ma forse quello che aveva ferito ancor di più la strega era stato vedere la sua schiena e non il suo sorriso, che lei... che neanche lei si era poi risparmiata nell'esecizio delle parole atto solo alle offese. Anche lei aveva qualcosa di cui scusarsi, ma proprio non riusciva a far uscire neanche un suono. Lei, che non si era girata del tutto, tornò a ruotare il viso verso quel sole che ormai non c'era più lasciando solo presenti le sfumature del blu e del viola. Era buffo come bastassero davvero pochi secondi per non vedere più qualcosa di unico ed irripetibile. Certo, sapeva che il sole sarebbe risorto anche l'indomani ma non sarebbe stato lo stesso. Tale discorso, ahimé, poteva essere applicato anche a loro due. Se solo si fossero soffermati a rivivere tutto dall'inizio avrebbero potuto notare che i loro di undici anni non c'erano già più, complici le avventure e la quotidianità che avevano finito con l'accumulare con il trascorrere del tempo. Non era forse lo stesso principio che governava il mutamento dei paesaggi? «Perché questa volta ero io a baciare qualcuno?» Le uscì diretta, senza applicare filtro cervello-bocca. Eppure non riuscì a provare rimorso per quello. «Ama e Brooks hanno resistito a tante cose, ad iniziare dalle ragazzine che ti facevi!» Si voltò verso di lui, dimostrando come nonostante le parole fossero dure la sua espressione viaggiava più sulla tristezza. «Pensi davvero questo? Perché ti ha dato fastidio che lo baciassi, Brooklyn?» Incalzò, stanca, con le spalle basse e strette. «E non dire perché poteva essere la sua fidanzata quella al suo fianco», continuare a rimarcarlo sarebbe stato un insulto all'intelligenza di entrambi. «Tu dici che hai paura che non fossimo più Ama e Brooks, ma forse non hai capito che quei due non esistono più», la voce ora le si stava incrinando pericolosamente, con Georgette che si accompagnò con un verso stridulo. «Più».It is rain that grows flowers, not thunder.code ©#fishbone - pg ©#E.L..
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.16 anniex CorvoneroDioptaseRaise your words, not your voice.Come per tutte le storie c'era sempre più di un punto di vista e se si era fortunati solo due. Quello poteva presentarsi benissimo con la raffigurazione di una monetina: il dritto e il rovescio, ma quante volte la monetiva cadeva in piedi? Le probabilità erano poche e rientravano sempre molteplici fattori.
Quel tardo pomeriggio -ormai sera- Amalea capì come quella monetina l'aveva illusa così tante volte da rimanere profondamente sorpresa dal lato di quel cerchio che non volgeva a suo favore. Aveva provato a resistere, ma gli argini si erano rotti suo malgrado e quello aveva portato ad una contaminazione tale che nulla sarebbe più stato lo stesso. E, per tornare alla metafora di prima, il paesaggio era appena cambiato. Di nuovo. Brooks sembrava un fiume in piena, straripando ovunque e trascinandosi dietro anni ed anni di non detto. E lei si trovava man mano inerme, stanca, sopraffatta. Tutto era iniziato quando udì il nome di quella ragazza che aveva occupato il cuore di Brooks per così tanto tempo da perderne il conto. Aveva sempre provato un fastidio per quella relazione e, con gli occhi ingenui di una ragazzina goffa e bisognosa di attenzioni, aveva sempre addossato la motivazione al fatto che l'amico sembrava un disco rotto visto che parlava sempre e solo di Marlee, scatenando in Amalea la paura di perderlo. Ma non l'aveva mai fatto comprendere il suo stato d'animo. Era sempre stata una buona amica, aveva ascoltato pazientemente -ovviamente per i suoi standard- ogni minima cosa, tacendo su quanto quello potesse farle male. Ora, con i nuovi occhiali forniti da Mc Callister poteva comprendere come la gelosia nascesse da qualcosa di ben più profondo e radicato in lei. Ma, come detto prima, O'Connor era inarrestabile, con riferimenti alla Serpeverde che tanto aveva avuto sul naso ma ben al di là del ragazzo che le era di fronte. Non si sorprese della richiesta della ragazzina, piuttosto la infastidì che l'altro non le avesse detto nulla. Quanto altro le aveva nascosto? E sapeva che lo aveva fatto perché teneva a lei, così come era perfettamente consapevole che, a parti inverse, avrebbe fatto lo stesso. «E credi che per me non sia lo stesso?» Il tono si alzò di qualche ottava, un passo venne fatto verso il ragazzo allontanando quella piuma su cui i suoi occhi si erano posati. «Credi che io non farei di tutto per te? Credi che io non ti a-» si fermò, rossa in viso, il petto che si alzava e abbassava freneticamente, gli occhi che le bruciavano quasi quanto la gola. E bruciò ancora di più per il grido di frustrazione che soffocò. «Forse dovresti fermarti a capire il perché» -cercò il suo sguardo- «perché non posso essere io a farlo per te». Lei era arrivata al suo motivo, ma lui? Sarebbe stato lo stesso? Stava forse cercando una flebile speranza tra le macerie di quello che erano stati?
Quella situazione stava pesando su entrambi e per quanto tenesse a lui, per quanto avrebbe dato la sua vita, sapeva che non sarebbe stata in grado di iniziare da capo, perché quello che desiderava davvero era sentire di nuovo la consistenza delle sue labbra, il suo sapore e perdersi fino a morirne. Ma baciarlo, lì, tra cacche di gufi, occhi gialli e l'olezzo più sgradevole del mondo e con il buio che pian piano li avvolgeva, sarebbe stata solo una ulteriore condanna. Per lei. Lo sapeva eppure finì con il prenderlo per il polso, intrecciare le loro mani per prima, e alzarsi sulle punte per raggiungere le sue labbra, fino a sfiorarle con le sue.It is rain that grows flowers, not thunder.code ©#fishbone - pg ©#E.L.. -
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.16 anniex CorvoneroDioptaseRaise your words, not your voice.Il sapore di casa, di qualcosa che si era perso e ritrovato, la consistenza di un sogno. Ed era solo un dannatissimo sfioramento di labbra. Nulla a che vedere con quello che si erano dati quando erano poco più che poppanti giusto per sperimentare.
Brooks non si era spostato, era rimasto lì con lei... ma lo era davvero o la sua mente era fuggita altrove? Era spaventata, timorosa che quel folle atto di coraggio venisse deriso o mortificato, eppure se ne era fregata delle conseguenze e aveva lasciato agire qualcosa che aveva covato a lungo.
Le mani di lui, delicate, si posarono sulle sue spalle. Per un attimo pensò che fosse per avvicinarla e stringerla in un uno dei suoi abbracci, invece la allontanò da lui. Colpo di frusta, neanche si fosse scottata con una tazza di early grey bollente. Provò ad indietreggiare, non intrecciando i loro sguardi, farlo sarebbe stato troppo doloroso. Ma non aveva pensato a come l'altro non avrebbe smesso così tanto presto di incoccare e scoccare le sue dannatissime frecce. La mano a carezzarle la guancia, lei che chiudeva gli occhi per il dolore che quel gesto le provocava. Lasciò cadere nel silenzio più totale quella domanda. Non sapeva neanche lei come iniziare quel discorso. Doveva forse dirgli che crescendo aveva compreso come non fosse solo l'amicizia a legarla a lui? Che aveva iniziato a provare un sentimento più intenso, più impetuoso e doloroso? Non sapeva neanche che nome dargli, perché quella parola che iniziava con la a era troppo persino per una amante delle parole come lei. Ciò che era indubbio risiedeva nel fatto che O'Connor gli piacesse e non in senso biblico. Aveva una profonda cotta per lui. Ma a lui probabilmente avrebbe solo suscitato ribrezzo nel pensare lontanamente un coinvolgimento altro con lei.
I cerchi chiari si sollevarono, pronti all'impatto con il più terrificante degli scenari, rimanendo sorpresa nel vedere qualcosa di ardente, languido. Lui la stava guardando davvero, forse per la prima volta come una donna. «Che...» si avvicinò, alzando il braccio con le dita a sfiorare il suo avambraccio, risalendo lungo le vene celate dalla stoffa della divisa, mentre in sottofondo il tubare dei gufi si alzava incessante, il palmo a premere per imprimere calore. La spalla, la clavicola, il collo e poi il tuffo verso la guancia sotto cui poteva avvertire un accenno morbido di peluria. «Che io non tenga a te», se l'avrebbe lasciata fare avrebbe passato le dita leggere a disegnare il contorno delle sue labbra. «Che io non ti voglia bene», si era avvicinata, sfilando le dita e lasciando una distanza tra loro davvero millimetrica. Sentiva il suo battito correre veloce e, probabilmente, l'avrebbe sentito anche lui visto che i loro petti erano praticamente uniti. «Che io non ti voglia con me». Questa volta non l'avrebbe baciato lei per prima. Voleva lasciare libero spazio a Brooklyn di fare quello che davvero si sentiva: andar via o baciarla.It is rain that grows flowers, not thunder.code ©#fishbone - pg ©#E.L.. -
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.16 anniex CorvoneroDioptaseRaise your words, not your voice.Era sull'orlo di un burrone e due erano le cose che poteva fare: indietreggiare e mettersi al sicuro o avanzare e tentare di volare, anche se c'era il rischio di cadere giù. E alla fine la strega spiccò il volo. Forse troppo presto, forse non aveva valutato bene tutte le tempistiche, forse semplicemente era scritto così nel suo destino: aveva spiccato il volo ma invece di innalzarsi aveva finito con il cadere giù, sempre più veloce, fino a trovare il fondo con il solo dolore a segnalare come fosse viva.
Nella realtà la messicana aveva preso un palo di quelli enormi, dritto per dritto, senza esclusione di colpi. Aveva compreso che non ci sarebbe stato nessun bacio ancor prima che lui la pregasse, in un sussurro, di non rovinare tutto. Peccato che quello che avevano era rovinato per sempre. Fatalista, aveva indietreggiato, sollevando appena le mani come a creare una barriera che le impedisse di toccarla. Non che ce ne fosse la necessità, visto che Ryan aveva indietreggiato ancora di più. Non erano mai stati così lontani pur essendo così, relativamente, vicini. La Davidson aveva appena ricevuto, ancora una volta, lo schiaffo crudele della realtà. Lei non sarebbe mai interessata a nessuno, lei non sarebbe mai stata all'altezza e meritevole del cuore di nessuno. Era stata una povera stolta a pensarlo. E lì, in piedi in quella dannatissima Guferia, Amalea sigillò quello che rimaneva del suo cuore, buttandone la chiave. «Non posso», un ultima volta si concesse di fissarlo negli occhi, dimostrando quanto dolorosa fosse tutta quella situazione. Un solo lampo, poi il giovane avrebbe avuto modo di scorgere lo sguardo di indifferenza che rivolgeva a chiunque capitasse sotto le sue grinfie. E si allontanò, dandogli le spalle, con una calma disarmante e snervante, forse, fino a quando sarebbe stata certa di non essere più sotto il suo sguardo. Poi, una volta fuori il suo raggio, la Davidson avrebbe iniziato a correre, con le lacrime a rigarle il volto e il solo desiderio di celarsi al mondo.It is rain that grows flowers, not thunder.code ©#fishbone - pg ©#E.L..