Ogni giorno è una scoperta

Brooks&Amalea - Role Contest

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    Brooks O'Connor
    Io. Te. Guferia. Dieci minuti. Questo il messaggio che aveva inviato alla sua migliore amica, mentre i suoi passi risuonavano lungo le scale che lo avrebbero portato nell'ampio stanzone del piano della torre dal tetto appuntito. Aveva dato appuntamento ad Amalea perché voleva farle vedere una cosa che aveva scoperto tempo addietro, facendosi un giretto proprio lì. Si fermò per qualche secondo ad osservare quegli archi gotici che garantivano una vista spettacolare del mondo attorno a loro. Mancava circa mezz'ora al tramonto, quindi sperava che la sua amica fosse puntuale. Si avvicinò ad un Trespolo quasi al centro della stanza, dove appollaiato vi era un gufo candido come la neve ma con due occhi azzurri come l'oceano infinito, che lo osservavano svegli e curiosi, abbassandosi ogni tanto per puntare il pacco di semini che il giovane aveva in mano. Aveva conosciuto quel gufetto senza nome -che lui aveva appellato "Bianchetto"- poco tempo prima, facendosi un giro all'esplorazione del Castello. Era docile e ben accettava la compagnia, così come le carezze... specialmente se gli veniva offerto un qualche sostentamento, quindi Brooks si versò metà dei semini sulla mano, allungandola verso Bianchetto ed attendendo che si servisse, mentre l'altra metà l'avrebbe conservata per Ama, cosicché provasse anche lei ad interagire con il dolce gufo. Una volta che egli avrebbe finito di becchettare con delicatezza dal proprio palmo, Brooks gli rivolse un sorriso ed una carezza sulla testolina bianca, ricevendo in cambio quelle che lui interpretava come le fusa dei gufi. Speriamo che Ama arrivi. Sono sicuro ti piacerà, è molto dolce e simpatica. Quando dorme. Rise da solo di quella battuta trita e ritrita, senza smettere di sfiorare il rapace con le dita. Intanto, la sua mente volò all'amica finita in una Casata opposta alla sua ma con la quale condivideva un legame speciale, impossibile da rompere. Fin dal loro primo anno ad Hogwarts, era stata in grado di farlo ridere anche nei momenti peggiori, anche quando aveva voglia di starsene da solo, per quanto quei momenti fossero stati e fossero tutt'ora estremamente rari. L'unica pecca era che lei e Fitz proprio non riuscivano a trovare un punto d'accordo, evitandosi per la maggior parte del tempo. Vabbè che il gemello evitava un po' tutti. Mentre formulava questi pensieri, si perse ad osservare fuori, nell'attesa.
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    Le cose con Brooks si erano appianate, ma non risolte. Lo sapeva lei, lo sapeva lui. Ogni minima cosa faceva scattare i due che, però, sembravano preferire la via del defilarsi ad usare le orribili parole che si erano visitati al villaggio. La Davidson provava ancora un forte disagio, soprattutto quando si era ritrovata a baciare uno del primo anno che -orrore, orrore- era anche un compagno di casata di O’Connor. E, a proposito del ragazzino, le aveva inviato un messaggio dandole appuntamento in guferia. Se le altre volte avrebbe finito col mollare qualsiasi cosa stesse facendo in quel momento per raggiungerlo, quel tardo pomeriggio Amalea preferì terminare il suo tema di pozioni sull’uso dei tentacoli di Murtlap e solo dopo raggiungerlo, con tanto di sosta al dormitorio per lasciare il materiale scolastico e prendere il mantello. Con le gote arrossate e il fiato un po’ spezzato a causa dell’infinita scala a chiocciola, la strega varcò la soglia dopo aver sospinto la porta priva di serratura, rimanendo sorpresa nel riconoscere il tanfo eccessivo che fino a quel momento aveva associato alla guferia di Hogwarts. Decise di inspirare a fondo per stordire le proprie narici e ad abituarsi all’olezzo. Riconoscere la figura dell’amico non fu affatto difficile, visto che era l’unico essere umano presente nella stanza. Mosse un passo verso il Black Opal arrestandosi solo perché una candida civetta delle nevi planò verso di lei, aggrappandosi con i suoi artigli al braccio sinistro che aveva teso in alto per puro istinto di protezione. «Ciao Georgette», bofonchiò mentre il suo famiglio prese a beccare i suoi capelli per ricevere attenzioni e magari anche del cibo. «Non ho nulla per te», rivelò quindi l’assenza di missive da inviare, sollevando lo sguardo sull’amico che sembrava coccolare un pennuto di chissà quale studente se non addirittura appartenente all’accademia. «Hai per caso dei semini con te?» domandò ad alta voce per sovrastare i sibili e turbamenti dei vari pennuti, saltando a piè pari le formalità del saluto visto che esano stati lontani solo per qualche ora. Alla parola semini Georgette si animò, volando in direzione del ragazzo, beccandolo all’orecchio fino a quando non gli avrebbe dato quel che voleva. «Magari fosse così facile anche per me», un’ammissione che preferì non indagare troppo a fondo. L’operato della civetta le permise di avvicinarsi senza pestare gli escrementi sul pavimento. «Castare un incantesimo autopulente sul pavimento no?» domandò rendendosi conto come, delle volte, la comunità magica scivolasse su delle vere e proprie minuzie. «Come mai qui?» avrebbe chiesto perdendo lo sguardo verso l’esterno, complice l’assenza di infissi e balconi vari. Doveva ammettere che il tramonto era sempre un momento emozionante se ci si prendeva cinque minuti del proprio tempo per osservare lo spettacolo gratuito e maestoso che la natura era capace di offrire.

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    Brooks O'Connor
    Amava gli animali ed avere l'accesso ad un posto come la Guferia, lo esaltava. Presto avrebbe dovuto fare un salto anche alla Riserva, dove sapeva esserci un posticino incantevole, un fiumiciattolo percorribile a nuoto sia d'estate che d'inverno grazie ai particolari sassi presenti sul fondo. Si era affacciato nella finestra presente nella stanza, osservando il mondo sotto di lui e scoccando ogni tanto un'occhiata al suo magifonino, che ormai stava per superare l'orario dell'appuntamento. La cosa non andava bene perché ci sarebbe bastato poco ed avrebbero oltrepassato il tramonto senza vederlo insieme come avrebbe voluto lui. Aveva bene in mente il loro scambio di battute al Porto e sapeva con certezza che, sebbene la situazione sembrava essersi ristabilita, non sarebbe certo bastato un bigliettino portato da Popcorn.
    Persino lo scoiattolo pareva saperlo, infatti anche lui era mogio mogio sulla sua spalla ad attendere l'arrivo di Amalea.
    Andò quindi a dar da mangiare a Bianchetto, coccolandolo nell'attesa che arrivasse l'altra, che comunque non ci mise poi così troppo, venendo accolta in primis dal proprio famiglio, Georgette, che gli planò a pochi centimetri dalle orecchie, rischiando di mutilarlo.
    La osservò per un attimo come incantato, perdendosi quasi la sua domanda e non rispondendo subito, lasciando che fosse il famiglio di lei a rispondere, visto che planò verso di lui iniziando a becchettargli l'orecchio e costringendo Bianchetto a svolazzare sul proprio trespolo. Certo, certo... ho qualcosa anche per te, non ti preoccupare annunciò, carezzando la bella pennuta ed allungando la mano con i semini, lasciando quindi che si servisse anche lei, ormai però totalmente distratto dalla ragazza che era appena entrata.
    Ciao anche a te, Ama la salutò con un mezzo sorriso, avvicinandosi con i due uccelli al seguito. Beh intanto volevo farti conoscere Bianchetto. Non so se si chiami realmente così, ma è tutto bianco, quindi... fece una pausa, mentre il gufo chiamato in causa, tornò a posarsi sulla propria spalla, rivolgendo lo sguardo giallo e curioso verso la ragazza, emettendo bassi versi. Inoltre... beh, da qui si gode di una vista mozzafiato, soprattutto di notte le spiegò, allungando la mano per prendere la sua ed avvicinarsi ad una delle ampie finestre, indicando il cielo che ormai stava abbandonando il proprio colore azzurro cristallino per lasciar spazio ad uno più rosato. Una volta lì, le avrebbe avvolto un braccio attorno alla spalla, stringendola al proprio petto. Sei come una sorella per me e non voglio che ci sia nessun attrito, perciò... possiamo parlare? Le domandò, sorridendo appena e guardando l'orizzonte.
    16 y.oStudenteTwinI annoFrom Ireland
     
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    Era típico di Brooks dare un nome a tutte le cose e se queste erano fornite già di un soprannome non ci pensava su due volte nel trovarne un altro che secondo lui era più giusto. In realtà credeva lo facesse per una mera questione di possesso, anche se del tutto inconsapevole di farlo. Lo aveva fatto con i piccoli geki e lo fece lì con un pennuto che venne subito conquistato dal suo sorriso. E come dargli torto? Brooklyn Ryan O’Connor era una dannatissima calamita e lei lo sapeva perfettamente. Altrimenti perché stringere amicizia con uno come lui, passare ogni momento libero e non solo degli ultimi cinque anni? Erano l’uno l’ombra dell’altra, una caratteristica che poteva risultare opprimente ad una prima vista. In realtà i due erano molto liberi sui loro rapporti, tranne quando sembrava esserci con una terza parte un interesse che andasse al di là della mera conoscenza ed amicizia. La prova erano le varie avventure amorose di lui che Amalea aveva mal sopportato e i rimbrotti di lui quando lei lo metteva in secondo piano. Chi era tra i due la prima donna era difficile a dirsi. Forse più la Davidson e solo perché aveva quell’aria perenne da “c’è l’ho d’oro” seppur non poteva realmente permetterselo. Ma questo è un altro discorso. Ritorniamo alla guferia, al tanfo che emanavano gli escrementi degli uccelli, all’assenza di protezioni per qualcuno di sbadato come il Grifondoro. Non ci sarebbe voluto molto per prenderlo e spingerlo verso il vuoto, soprattutto se alla fine fosse riuscito a farle saltare nuovamente i nervi. Al momento era ancora al sicuro visto che era impegnato con il fare sostentamento al suo pennuto. Un paio di beccate qua e là e dopo un verso stridulo Georgette volò verso una trave tenendo d'occhio l'intero ambiente. «Vorrei proprio sapere da chi hai preso questo caratteraccio», come se non sapesse già che la colpa era solo la sua. Ad ogni modo la Dioptase si trovò a fronteggiare lo sguardo curioso del nuovo amichetto di Brooks, senza però impegnarsi nel trovare un minimo di empatia con lui. Non solo non ne era più di tanto interessata, ma era anche a conoscenza del carattere passionale della sua civetta delle nevi. Ne perse il contatto visivo, complici le solite mosse dell'opale che, prendendo la mano con la sua, la portò ancora più vicina al precipizio, fissando insieme il rosso mischiarsi all'arancio, al rosa e al giallo con un intensa sfumatura di viola a prendere largo. Si irrigidì nel sentire il braccio di lui avvolgerle la spalla per stringerla a sé, non tanto perché fosse la prima volta -oramai avrebbe dovuto farci l'abitudine- quanto più per il caledoscopio di emozioni che si ritrovò a provare. Dopo la chiacchierata con Nicholas quello che provava fu solo la conferma ai suoi timori: aveva una enorme cotta per Brooks, probabilmente da anni. Perché sentirsi intera e spezzata al tempo stesso era una cosa che solo lui aveva il potere di fare. Il fiato le si mozzò in gola, bruciandola, mentre le mani, sciolte dalla presa del ragazzo, finirono con lo stringersi in due piccoli paffuti pugnetti, un paio di contrazioni, il dolore nel sentire la pelle tendersi sotto la forza delle sue unghie a mezzaluna. «Sei come una sorella per me». Era addirittura peggio della friendzone. Dilaniata nell'anima cercò di ricomporsi ma soprattutto si impose di non provare a ferirlo né con la bocca né con la magia. «D'accordo», un mormorio dal sapore di sconfitta, mentre il viso si sollevò ancora più in alto, verso quel cielo che altro non era la rappresentazione personale del canto del cigno. «Sono pronta ad ascoltarti, non ti interromperò». Non ci sarebbe stato il bisogno di dita intrecciate, mani sul cuore, giuramenti o voti infrangibili. Lo sapeva lei, lo sapeva lui.

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    Brooks O'Connor
    Conosceva Amalea praticamente quanto conosceva se stesso. Si conoscevano "solo" da cinque anni e non da tutta la vita, quello era vero, tuttavia l'aver vissuto per cinque anni sotto lo stesso tetto, ad Hogwarts, ed il vedersi così spesso in estate, avevano fatto il resto, forse unendoli più di quanto avrebbe mai potuto fare la conoscenza di una vita.
    Proprio perché conosceva così bene la ragazza, si accorse dell'irrigidimento del suo corpo, quando le pose il braccio attorno alle spalle, ma Brooks non lo attribuì a nient'altro se non al pesante litigio che avevano avuto il primo giorno di scuola, che ancora non era sanato del tutto e la colpa era unicamente sua che aveva usato parole pesanti con il solo intento di ferirla, anche se non le aveva troppo usate con cognizione.
    Quando ebbe il permesso di parlare, i suoi occhi scuri si fecero seri e le sue labbra si piegarono verso il basso in un'espressione che non aveva niente del Brooks solare di pochi attimi prima, quest'altra versione era incredibilmente seria, forse più adulta. Non so da dove iniziare... sospirò, mordendosi con forza l'interno guancia, ruotando il corpo affinché la potesse fronteggiare guardandola negli splendidi occhi. Mi dispiace. Non è un ottimo inizio, me ne rendo conto, ma è l'unico modo in cui io possa iniziare questa conversazione. Mi dispiace di essermene andato, di aver reagito così... e di averti chiamata... in quel modo. Un sospiro lasciò le sue labbra, braccia incrociate al petto, sguardo sempre serio ma che trasmetteva dispiacimento sincero. Non lo stava dicendo solo per tenerla buona, ma perché ci stava male sul serio. Solo che quando ti ho vista baciare quel ragazzo... ecco, avevo paura che non fossimo più Ama e Brooks. Pronunciò quasi con dolore quelle parole, prendendole entrambe le mani, quasi commosso. Non lo aveva detto come un fidanzato che aveva paura di essere tradito, lo aveva detto come un ragazzo che aveva paura di perdere la sua migliore amica, anche se per lei era diverso, sebbene Brooks ne fosse beatamente ignaro. Non era molto bravo a capire i propri sentimenti, figurarsi quelli degli altri; aveva avuto una sola relazione in vita sua, il suo primo vero bacio e la sua prima volta, ma era finita a causa dell'eccessiva distanza; lei veniva dagli States, mentre lui era Irlandese. L'aveva conosciuta durante un viaggio a New York tra il terzo ed il quarto anno di Hogwarts, durante l'estate. Era stato una specie di colpo di fulmine. Talmente tanto che erano riusciti ad andare avanti a messaggini e videochiamate per tutto l'anno scolastico -salvo a Natale, quando Brooks era tornato negli States e si erano visti-, e persino l'estate successiva. Ma già era evidente, il giorno prima della sua partenza per l'Irlanda, che qualcosa stava cambiando; avevano bisogno di fisicità, erano due ragazzini... e quindi di comune accordo e senza drammi, si erano lasciati.
    Ma tornando alla ragazza affianco a lui, poteva anche lanciargli tutti i segnali del mondo... lui non avrebbe capito. Un piccolo sorriso riconcigliatorio gli illuminò appena il volto.
    16 y.oStudenteTwinI annoFrom Ireland
     
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    Se Amalea si stava letteralmente struggendo per lui, iniziando a realizzare come il suo amore sarebbe stato sempre e solo a senso unico, la mente dell'altro era forse presa da altro che non fosse lei. Per fortuna che la Davidson non ne era a conoscenza o una scena madre, in pieno stile messicano, sarebbe stata imbastita in un battito di ciglia. Ma lì, di battiti, erano solo quelli del suo cuore che andavano perdendo potenza per poi prendere a correre con forza, tanto che aveva il serio timore di vederlo scappar via dalla gabbia toracina per pulsare dritta tra le mani di quel ragazzo che ora la stava fronteggiando per chiederle scusa. Vedeva come ci fosse sincerità nelle sue iridi color cioccolato, nonostante le sue braccia fossero incrociate sul petto un gesto che accomunava solitamente alla chiusura. Il rigurgito di offese risuonava un po' più lontano, ma forse quello che aveva ferito ancor di più la strega era stato vedere la sua schiena e non il suo sorriso, che lei... che neanche lei si era poi risparmiata nell'esecizio delle parole atto solo alle offese. Anche lei aveva qualcosa di cui scusarsi, ma proprio non riusciva a far uscire neanche un suono. Lei, che non si era girata del tutto, tornò a ruotare il viso verso quel sole che ormai non c'era più lasciando solo presenti le sfumature del blu e del viola. Era buffo come bastassero davvero pochi secondi per non vedere più qualcosa di unico ed irripetibile. Certo, sapeva che il sole sarebbe risorto anche l'indomani ma non sarebbe stato lo stesso. Tale discorso, ahimé, poteva essere applicato anche a loro due. Se solo si fossero soffermati a rivivere tutto dall'inizio avrebbero potuto notare che i loro di undici anni non c'erano già più, complici le avventure e la quotidianità che avevano finito con l'accumulare con il trascorrere del tempo. Non era forse lo stesso principio che governava il mutamento dei paesaggi? «Perché questa volta ero io a baciare qualcuno?» Le uscì diretta, senza applicare filtro cervello-bocca. Eppure non riuscì a provare rimorso per quello. «Ama e Brooks hanno resistito a tante cose, ad iniziare dalle ragazzine che ti facevi!» Si voltò verso di lui, dimostrando come nonostante le parole fossero dure la sua espressione viaggiava più sulla tristezza. «Pensi davvero questo? Perché ti ha dato fastidio che lo baciassi, Brooklyn?» Incalzò, stanca, con le spalle basse e strette. «E non dire perché poteva essere la sua fidanzata quella al suo fianco», continuare a rimarcarlo sarebbe stato un insulto all'intelligenza di entrambi. «Tu dici che hai paura che non fossimo più Ama e Brooks, ma forse non hai capito che quei due non esistono più», la voce ora le si stava incrinando pericolosamente, con Georgette che si accompagnò con un verso stridulo. «Più».

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    Brooks O'Connor
    Solo il sole morente ed il cielo ormai violaceo, erano testimoni di quel che stava succedendo tra due giovani che, ora, parevano ruotare su due orbite completamente diverse, senza riuscire mai a venirsi in contro vicendevolmente.
    Le parole, dette di getto, di Amalea lo colpirono e ferirono al tempo stesso. Ma se lo meritava, non era stato molto gentile con lei, al porto.
    Abbassò le spalle, rassegnato, ad ascoltare quel fiume di parole vomitate su di lui con un tono di voce incrinato, senza battere ciglio, abbassando lo sguardo, fissandolo senza motivo su una piuma bruna abbandonata sul pavimento, segno che qualche gufo era passato poco tempo prima.
    Le ragazzine che mi facevo? Non era la sua voce, quella. La frase gli uscì atona e bassa, come una bestia che si sta preparando a colpire. Ma non avrebbero mai risolto niente in quel modo, non avrebbero mai trovato il "ponte" che li avrebbe nuovamente uniti. Io... non ho mai avuto una vera ragazza al di fuori di Marlee. E sai perché? Anche la sua espressione ora rasentava la tristezza, rispecchiandosi in quella dell'altra. Perché è stata l'unica a non volersi mettere in mezzo al nostro rapporto. Forse complice anche la distanza, ma nessun'altra si è comportata così. Ti ricordi Riley? Quella ragazzina con i capelli castani corti e gli occhi verdi? Quinto anno, serpeverde. Ecco. Sai che cosa mi ha detto, una volta che l'ho invitata ad una passeggiata? Fece una pausa, prendendo una grossa boccata d'aria, grazie all'imponente finestra lì affianco. Mi ha detto che non voleva che stessimo così vicini, mi ha detto che dovevo raffreddare i rapporti. L'ho lasciata lì sulla sponda del lago nero. E sai perché, Amalea? Oh no che non lo sai, visto che sei così impegnata a contare le "ragazzine che mi facevo". Un'altra pausa atta a mantenere la calma e raffreddare i toni, perché non aveva proprio alcun senso litigare di nuovo per la stessa cosa. Perché io a te ci tengo. Ci tengo più che a qualsiasi altro. Tu e Fitz siete le persone più importanti, per me. Lo capisci o no? Quasi disperato, cercava di farle capire quanto tenesse a lei. A te non rinuncerei mai, chiunque me lo chiedesse. Per questo sono qui. Lui certamente era una di quelle persone che in classe, non rispettavano la traccia del tema imposta dal professore. Mi chiedi perché mi da così fastidio, Amalea? Non lo so, okay? Non ne ho fottutamente idea! Le sue mani andarono ad infilarsi tra i ricci, tirandoli leggermente. Lo so che non è ciò che vorresti sentirti dire, ma è tutto ciò che mi sento di risponderti. E se ciò non ti va bene, non so cos'altro dirti. La sua voce si abbassò drasticamente, mentre tutto il suo peso andò contro il balconcino della finestra, unica cosa che gli avrebbe impedito di cadere nel vuoto. Non possiamo solamente... ricominciare? Voltiamo pagina, ti prego. Un nuovo capitolo. Un capitolo bianco e tutto ancora da scrivere propose, esausto e chiudendo gli occhi.
    16 y.oStudenteTwinI annoFrom Ireland
     
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    Come per tutte le storie c'era sempre più di un punto di vista e se si era fortunati solo due. Quello poteva presentarsi benissimo con la raffigurazione di una monetina: il dritto e il rovescio, ma quante volte la monetiva cadeva in piedi? Le probabilità erano poche e rientravano sempre molteplici fattori.
    Quel tardo pomeriggio -ormai sera- Amalea capì come quella monetina l'aveva illusa così tante volte da rimanere profondamente sorpresa dal lato di quel cerchio che non volgeva a suo favore. Aveva provato a resistere, ma gli argini si erano rotti suo malgrado e quello aveva portato ad una contaminazione tale che nulla sarebbe più stato lo stesso. E, per tornare alla metafora di prima, il paesaggio era appena cambiato. Di nuovo. Brooks sembrava un fiume in piena, straripando ovunque e trascinandosi dietro anni ed anni di non detto. E lei si trovava man mano inerme, stanca, sopraffatta. Tutto era iniziato quando udì il nome di quella ragazza che aveva occupato il cuore di Brooks per così tanto tempo da perderne il conto. Aveva sempre provato un fastidio per quella relazione e, con gli occhi ingenui di una ragazzina goffa e bisognosa di attenzioni, aveva sempre addossato la motivazione al fatto che l'amico sembrava un disco rotto visto che parlava sempre e solo di Marlee, scatenando in Amalea la paura di perderlo. Ma non l'aveva mai fatto comprendere il suo stato d'animo. Era sempre stata una buona amica, aveva ascoltato pazientemente -ovviamente per i suoi standard- ogni minima cosa, tacendo su quanto quello potesse farle male. Ora, con i nuovi occhiali forniti da Mc Callister poteva comprendere come la gelosia nascesse da qualcosa di ben più profondo e radicato in lei. Ma, come detto prima, O'Connor era inarrestabile, con riferimenti alla Serpeverde che tanto aveva avuto sul naso ma ben al di là del ragazzo che le era di fronte. Non si sorprese della richiesta della ragazzina, piuttosto la infastidì che l'altro non le avesse detto nulla. Quanto altro le aveva nascosto? E sapeva che lo aveva fatto perché teneva a lei, così come era perfettamente consapevole che, a parti inverse, avrebbe fatto lo stesso. «E credi che per me non sia lo stesso?» Il tono si alzò di qualche ottava, un passo venne fatto verso il ragazzo allontanando quella piuma su cui i suoi occhi si erano posati. «Credi che io non farei di tutto per te? Credi che io non ti a-» si fermò, rossa in viso, il petto che si alzava e abbassava freneticamente, gli occhi che le bruciavano quasi quanto la gola. E bruciò ancora di più per il grido di frustrazione che soffocò. «Forse dovresti fermarti a capire il perché» -cercò il suo sguardo- «perché non posso essere io a farlo per te». Lei era arrivata al suo motivo, ma lui? Sarebbe stato lo stesso? Stava forse cercando una flebile speranza tra le macerie di quello che erano stati?
    Quella situazione stava pesando su entrambi e per quanto tenesse a lui, per quanto avrebbe dato la sua vita, sapeva che non sarebbe stata in grado di iniziare da capo, perché quello che desiderava davvero era sentire di nuovo la consistenza delle sue labbra, il suo sapore e perdersi fino a morirne. Ma baciarlo, lì, tra cacche di gufi, occhi gialli e l'olezzo più sgradevole del mondo e con il buio che pian piano li avvolgeva, sarebbe stata solo una ulteriore condanna. Per lei. Lo sapeva eppure finì con il prenderlo per il polso, intrecciare le loro mani per prima, e alzarsi sulle punte per raggiungere le sue labbra, fino a sfiorarle con le sue.

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    Brooks O'Connor
    Il tempo scorreva sempre inesorabilmente, non si poteva mai davvero fermare. Potevi rivivere determinati momenti grazie alla giratempo, ma gli esseri umani sono sempre stati impotenti di fronte al tempo. Ma non quella volta, quella volta si fermò davvero, un po' come il cuore di Brooks. Le parole da lei pronunciate in precedenza sfumarono come aria, quando gli prese il polso, fino a trasformarsi in un nodo nel suo stomaco, quando la vide avvicinarsi. Non si mosse, come ormai capitava troppo spesso, gettandosi in preda agli eventi... non facendo alcunché per fermarli. Non era uno di quelli che vedevano la propria vita scorrergli davanti con passività, lui la sua vita la creava giorno dopo giorno... ma in quel momento, sembrava proprio uno di quelli che aveva sempre giurato di non diventare. Non si mosse quando le loro labbra si sfiorarono. Un caleidoscopio di emozioni gli esplose in petto e non sapeva proprio cosa fare e pensare, non sapeva perché si sentisse così bene ma al contempo così male. Lo voleva ma non lo voleva. Lasciò che le loro labbra stessero a contatto per un po' di tempo, poi le posò le mani sulle spalle con estrema delicatezza, scuotendo impercettibilmente la testa.
    Ama... che cosa significa? Sussurrò con quanta più dolcezza possibile, carezzandole la guancia con il pollice della mancina, osservandola davvero, guardandola come non l'aveva mai guardata. Era bella. Aveva lunghi capelli castani. Aveva due occhi grandi e curiosi. Aveva un adorabile nasino. da rubare. Poi aveva delle curve da... donna. Brooklyn era da sempre abituato a vederla come la sua migliore amica, quasi come fosse quella bambina di cinque anni prima o addirittura un ragazzo come lui. La sua mano destra andò a posarsi sul fianco di lei quasi come fosse una calamita e fosse, la sua mano, scollegata completamente dal cervello. Forse lo era. Si avvicinò appena, facendo sfiorare il proprio petto con il seno di lei -aveva le tette! Incredibile, non lo aveva mai notato prima-, seguitando a guardarla languidamente, senza sapere bene cosa dire o fare. Cosa stavi per dire, prima? "Credi che io non ti"? Le rimembrò, in caso giustamente se lo fosse dimenticata. Aveva una terribile paura di fare la cosa sbagliata, dire la cosa sbagliata e rovinare la bellissima amicizia che si portavano dietro da anni, ma forse era già rovinata ed era destinata a finire per trasformarsi in qualcosa di più profondo oppure farli separare per sempre. Dipendeva tutto dai secondi successivi. Forse era ancora in tempo per fingere che fosse tutto come prima.
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    Raise your words, not your voice.

    Il sapore di casa, di qualcosa che si era perso e ritrovato, la consistenza di un sogno. Ed era solo un dannatissimo sfioramento di labbra. Nulla a che vedere con quello che si erano dati quando erano poco più che poppanti giusto per sperimentare.
    Brooks non si era spostato, era rimasto lì con lei... ma lo era davvero o la sua mente era fuggita altrove? Era spaventata, timorosa che quel folle atto di coraggio venisse deriso o mortificato, eppure se ne era fregata delle conseguenze e aveva lasciato agire qualcosa che aveva covato a lungo.
    Le mani di lui, delicate, si posarono sulle sue spalle. Per un attimo pensò che fosse per avvicinarla e stringerla in un uno dei suoi abbracci, invece la allontanò da lui. Colpo di frusta, neanche si fosse scottata con una tazza di early grey bollente. Provò ad indietreggiare, non intrecciando i loro sguardi, farlo sarebbe stato troppo doloroso. Ma non aveva pensato a come l'altro non avrebbe smesso così tanto presto di incoccare e scoccare le sue dannatissime frecce. La mano a carezzarle la guancia, lei che chiudeva gli occhi per il dolore che quel gesto le provocava. Lasciò cadere nel silenzio più totale quella domanda. Non sapeva neanche lei come iniziare quel discorso. Doveva forse dirgli che crescendo aveva compreso come non fosse solo l'amicizia a legarla a lui? Che aveva iniziato a provare un sentimento più intenso, più impetuoso e doloroso? Non sapeva neanche che nome dargli, perché quella parola che iniziava con la a era troppo persino per una amante delle parole come lei. Ciò che era indubbio risiedeva nel fatto che O'Connor gli piacesse e non in senso biblico. Aveva una profonda cotta per lui. Ma a lui probabilmente avrebbe solo suscitato ribrezzo nel pensare lontanamente un coinvolgimento altro con lei.
    I cerchi chiari si sollevarono, pronti all'impatto con il più terrificante degli scenari, rimanendo sorpresa nel vedere qualcosa di ardente, languido. Lui la stava guardando davvero, forse per la prima volta come una donna. «Che...» si avvicinò, alzando il braccio con le dita a sfiorare il suo avambraccio, risalendo lungo le vene celate dalla stoffa della divisa, mentre in sottofondo il tubare dei gufi si alzava incessante, il palmo a premere per imprimere calore. La spalla, la clavicola, il collo e poi il tuffo verso la guancia sotto cui poteva avvertire un accenno morbido di peluria. «Che io non tenga a te», se l'avrebbe lasciata fare avrebbe passato le dita leggere a disegnare il contorno delle sue labbra. «Che io non ti voglia bene», si era avvicinata, sfilando le dita e lasciando una distanza tra loro davvero millimetrica. Sentiva il suo battito correre veloce e, probabilmente, l'avrebbe sentito anche lui visto che i loro petti erano praticamente uniti. «Che io non ti voglia con me». Questa volta non l'avrebbe baciato lei per prima. Voleva lasciare libero spazio a Brooklyn di fare quello che davvero si sentiva: andar via o baciarla.

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    Brooks O'Connor
    Perché? Non poteva continuare ad andare tutto liscio come quando si erano conosciuti, come i cinque anni precedenti? Cos'era cambiato, adesso?
    Brooks naturalmente non aveva le risposte, come non sapeva moltissime altre cose e se le avesse avute, sarebbe stato decisamente meglio.
    La ascoltò. Prestò tutta la sua attenzione a lei e solamente a lei, stavolta senza lasciarsi distrarre come al solito, ignorando qualsiasi rumore esterno, qualsiasi cosa che prima lo avrebbe fatto voltare senza pensarci un attimo. Forse soffriva di ADHD, il ragazzino... ma non se ne era mai sincerato.
    Cosa doveva fare? Perché lei lo aveva messo in quella situazione così complicata? Sapeva che non era in grado di sviscerare sensazioni e fatti troppo complicati! Lui era un ragazzo semplice con un pensiero semplice.
    Io non... una pausa, un respiro profondo. Si staccò. Ruppe quel contatto; il suo corpo fremeva sotto il tocco di Amalea, fu un enorme sforzo scansarsi. La sua mano che scorreva lungo il suo avanbraccio, risalendo dolcemente verso la sua guancia, bruciava come un Ardemonio in pieno petto, quindi fu quasi un sollievo non sentirlo più, mentre l'aria fresca leniva la sua pelle falsamente accaldata. Ti prego, Ama... non... non roviniamo tutto soffiò in un sussurro appena udibile, la morte nel cuore, il dolore a tingergli gli occhi di un colore che non gli apparteneva, quasi simile al nero. Non aveva mai provato quella confusione travolgente che, come un fiume in piena, gli inondava sia il cuore che ogni altro organo. Quando la vedeva con un altro, gli pareva di avere i polmoni pieni d'acqua, il cuore immobile. Ma adesso che aveva la possibilità di averla... stava scappando. Era un maledetto vigliacco, ma doveva far chiarezza sui suoi sentimenti, capire cosa provasse effettivamente per l'altra, forse doveva parlarne con qualcuno. Non lo sapeva, ma prima che se ne accorgesse, si trovò a muovere le gambe per allontanarsi ulteriormente dalla sua migliore amica con un cenno di scuse. Facciamo finta che non sia mai accaduto. Voltiamo pagina. Migliori amici per la vita?
    16 y.oStudenteTwinI annoFrom Ireland
     
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    Raise your words, not your voice.

    Era sull'orlo di un burrone e due erano le cose che poteva fare: indietreggiare e mettersi al sicuro o avanzare e tentare di volare, anche se c'era il rischio di cadere giù. E alla fine la strega spiccò il volo. Forse troppo presto, forse non aveva valutato bene tutte le tempistiche, forse semplicemente era scritto così nel suo destino: aveva spiccato il volo ma invece di innalzarsi aveva finito con il cadere giù, sempre più veloce, fino a trovare il fondo con il solo dolore a segnalare come fosse viva.
    Nella realtà la messicana aveva preso un palo di quelli enormi, dritto per dritto, senza esclusione di colpi. Aveva compreso che non ci sarebbe stato nessun bacio ancor prima che lui la pregasse, in un sussurro, di non rovinare tutto. Peccato che quello che avevano era rovinato per sempre. Fatalista, aveva indietreggiato, sollevando appena le mani come a creare una barriera che le impedisse di toccarla. Non che ce ne fosse la necessità, visto che Ryan aveva indietreggiato ancora di più. Non erano mai stati così lontani pur essendo così, relativamente, vicini. La Davidson aveva appena ricevuto, ancora una volta, lo schiaffo crudele della realtà. Lei non sarebbe mai interessata a nessuno, lei non sarebbe mai stata all'altezza e meritevole del cuore di nessuno. Era stata una povera stolta a pensarlo. E lì, in piedi in quella dannatissima Guferia, Amalea sigillò quello che rimaneva del suo cuore, buttandone la chiave. «Non posso», un ultima volta si concesse di fissarlo negli occhi, dimostrando quanto dolorosa fosse tutta quella situazione. Un solo lampo, poi il giovane avrebbe avuto modo di scorgere lo sguardo di indifferenza che rivolgeva a chiunque capitasse sotto le sue grinfie. E si allontanò, dandogli le spalle, con una calma disarmante e snervante, forse, fino a quando sarebbe stata certa di non essere più sotto il suo sguardo. Poi, una volta fuori il suo raggio, la Davidson avrebbe iniziato a correre, con le lacrime a rigarle il volto e il solo desiderio di celarsi al mondo.

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