Where wolf’s ears are, wolf’s teeth are near.

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    Eirikr J. Donneville
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    parlato - pensato- ascoltato
    Lanciò un’occhiata all’altra di fronte alla sua risposta, inclinando appena la testa alla sua supposizione, stringendosi nelle spalle. “Forse… Sono stato smistato in Soscrofa però, suppongo quindi non lo sapremo mai.” replicò, lasciandosi sfuggire un mezzo sorriso. Non era solito rivelare tanto di sé stesso, anche se di certo la sua istruzione non era una informazione così vitale, niente di troppo rilevante. Era la sua mancanza di fiducia che lo portava sempre a trattenersi, ancora di più di fronte a qualcuno come quella donna, che gli sembrava impossibile inquadrare.
    Si chiese perché avesse pensato subito ad Ilvermory, per quale ragione quella fosse stata la prima idea che le aveva sfiorato la mente. Scosse piano la testa, sorridendo appena. “Sbagliato. Durmstrang. Tu invece? Bauxbatons?” le domandò con un mezzo sorriso sornione, forse di sfida o addirittura malizioso. Sospettava che la strega non avrebbe frequentato una scuola che sospettava essere molto più elegante e raffinata di tutte le altre, forse solo perché aveva visto quale fosse la mentalità dei parigini e gli veniva spontaneo immaginarli sempre rigidi e chic.
    Non capiva dove volesse andare a parare, ma di certo era difficile riuscire a seguire il suo atteggiamento più riservato con qualcuno che sembrava intenzionato a scavare senza remore, indipendentemente da quanto tempo ed energie gli avrebbe richiesto. Non comprendeva Marina ma era chiaro che la donna sapesse sempre bene dove puntare, cosa dire, come muoversi.
    Gli strappò un leggero sorriso arrendevole, della serie “va bene, hai vinto, prenditi quello che vuoi”. Forse a quel punto non era nemmeno importante comprendere la natura della donna, forse doveva accettare di essersi già messo abbastanza a nudo e di non poter tornare indietro: per quel che ne poteva capire, sembrava che la donna fosse in grado di leggergli dentro anche solo guardandolo. “ Non so se parlerei di carne pregiata… forse è stata lavorata così tanto da mani inesperte che ora è solo un piatto insapore, se non addirittura rancido. Cora aveva il potere di cambiare le cose, ma ha scelto il modo sbagliato.” concluse.
    No, timido non era l’aggettivo che avrebbe scelto per descriversi e si fermò a studiare le dita dell’altra sulla propria pelle. “Ambisco ad allontanarmi da Denrise, ma questo villaggio come il mare sembra molto bravo a tirarti nei suoi abissi.” ammise alla fine, la lingua che si perdeva in metafore che non era solito usare, cercando lo sguardo dell’altra per capire fin dove avesse intenzione di spingersi.

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    Marina Stonebrug
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    Il sorriso della persona che finge di aver capito lo scherzo a illuminarle il volto, un leggero moto ripetuto dal basso verso l'altro a dissimulare ancor di più la sua momentanea insicurezza. I timidi raggi di sole che superavano i cumuli di nubi e nuvole le diedero le spunto per voltare il capo, le sopracciglia timidamente ricurve verso il basso ora che il predone non poteva vederla. Cos'era una Soscrofa?.
    «Sbagliato. Hogwarts» Le parole le abbandonarono le labbra con un calore vivace, non tanto a voler riprendere il tono dell'altro, ora più simile al freddo acciaio che al pungente fuoco, quanto più per cogliere al volo l'argomento. Il capo si piegò poi verso l'alto, gli anelli del colore del mare a tingersi dei colori della curiosità. «Ho sempre avuto l'impressione che la mia scuola, tra le tante, fosse la più monotona. Ho sentito però dire, di Durmstrang, che non manca di sapore. I tuoi l'hanno scelta per lasciarti approfondire le arte oscure» Una pausa, come a volersi assicurare che solo gli dei stessero ascoltando, argomenti simili non erano alla portata di qualsiasi denrisiano «Approfondire le arte oscure, ovviamente per sapere come sconfiggerle».
    Eirikr non sarebbe stato il primo mago che aveva affrontato delle vette così selvagge, in questo caso rappresentate da un istituto che tempra anima e corpo, per raggiungere conoscenze degne dei migliori cacciatori. La variabile, come in tante altre storie, rimaneva una e una soltanto: quando osservi a lungo l'abisso, questo finisce per osservarti a sua volta.
    I più deboli si spezzano nei primi secondi di confronto, i più forti però riuscivano a piegare lo stesso abisso al proprio volere. Il ragazzo che aveva davanti da che parte si era schierato? Cosa pensava della magia oscura? Scoprirlo sarebbe stato importante.
    E il motivo era ovvio.
    Eirikr non era un denrisiano come tanti altri, ogni sua parola tradiva la sua vera natura, un lupo che non aveva bisogno di un branco per sopravvivere.
    Ogni parola del predone era una boccata d'aria di cui Marina sembrava aver bisogno. Il modo in cui poi presentò Cora e i suoi ideali aveva persino del poetico; quasi a tradire una certa dote retorica che solo i capitani più carismatici potevano vantare, il Predone era riuscito addirittura a dare colore alla metafora servita dalla Druida.
    Se lo sguardo aveva evitato l'altro quando il discorso aveva toccato ombra e magia oscura, ora si era intrecciato nuovamente, come edera che cresce sulla più dura delle pietre «Stellina, se questo villaggio ti sta stretto è perché nel tuo sangue scorre il sangue dei predoni». Non poteva averne la certezza, ma del resto chi a Denrise non aveva come parente almeno un uomo o una donna di mare? «Sangue da conquistatore, sangue da esploratore, ma anche sangue del lupo che non ha nulla da temere». Parole gettate con violenza e eleganza, quasi alla stregua di una tempesta che divora sia drakkar che mostri marini «Scegli un posto e ti ci porterò. Una boccata d'aria non ti farà male e in qualche modo dovrò
    sdebitarmi. Fino a quando non avrò concluso i lavori nel mio Osservatorio, le mie giornate avranno troppo tempo da colmare»
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    parlato - pensato- ascoltato
    I suoi occhi avrebbero studiato ancora una volta il corpo di Marina, dopo la risposta della donna, come se volesse scavarle sotto pelle e riuscire a capire qualcosa di più. ”Serpeverde allora?” avrebbe chiesto questa volta senza troppi giri di parole, cercando di soppesare la sua più piccola reazione.
    Magia nera. Durmstrang era conosciuta per quello, aveva sempre visto occhiate scure e sospettose da parte di molti di quelli a cui aveva parlato della scuola, e negli anni aveva compreso, sopratutto a Parigi, che nominarla non era sempre una scelta saggia. Perché farlo con Marina dunque? Non si trattava di certo di uno sbaglio, era un mastro nel glissare le domande, borbottando a mezza voce o semplicemente evitando di rispondere, se aveva parlato della scuola tedesca era solo perché aveva voluto farlo. Non poté evitare di studiare attento lo sguardo della donna, senza perdersi quella pausa ben studiata, come se stesse insinuando qualcosa o, meglio, stesse cercando di capire.
    Poteva dirsi un mago oscuro? Probabilmente no, per quanto la magia bianca gli sembrasse limitata e sopravvalutata, non aveva ancora scelto quella strada, non in modo definitivo. Ci aveva pensato, questo sì: non c’era niente di meno denrisiano di quello, era abbastanza sicuro che quello lo avrebbe trascinato nell’occhio del ciclone e avrebbe probabilmente aiutato a tagliare i ponti con l’isola. Forse anche per quello non lo aveva ancora fatto, una parte di lui era ancora legata al villaggio e aveva la sensazione di non potersene sbarazzare, forse era già nel suo sangue molto più di quanto gli piacesse ammettere.
    Resse il suo sguardo per qualche istante, prima di distoglierlo e portarlo a concentrarsi su qualche dettaglio casuale della stanza, finendo per prestare attenzione alle fughe del legno del pavimento. “ Non è proprio così, non solo almeno. Rimane pur sempre magia, è un bene conoscerne ogni sfumatura.” si limitò a osservare alla fine, mostrando come lui non fosse intenzionato a sbilanciarsi troppo ma era palese che non stesse comunque puntando il dito contro la pratica. Dopotutto molti dei suoi anni di formazione si erano incentrati sulla conoscenza di quella parte della magia, era diventata parte di lui che gli piacesse o meno e non poteva dimenticarsene da un secondo all’altro, né considerarla sbagliata fino in fondo.
    Se poco prima aveva cercato di analizzarla a fondo, si rese conto che lei sembrava essere sempre un passo avanti, sembrava averlo capito comunque molto più di chiunque altro. Si ritrovò ad alzare un sopracciglio, sorpreso da quel nomignolo, e dalla precisione delle sue parole. “Sono figlio di mio padre, non posso lavare via il suo sangue.” confermò, e non sarebbe stato facile capire se quella frase fosse neutrale o fosse macchiata da un leggero fastidio, ad ogni modo non avrebbe lasciato che il silenzio gli avvolgesse di nuovo. Era chiaro ormai che la donna avesse in serbo delle sorprese, non aveva idea se avesse già qualcosa di chiaro dipinto nella mente o se volesse solamente attirare la sua attenzione, ad ogni modo era riuscita di certo nel suo obiettivo.
    Avrebbe lanciato un’occhiata rapida allo spazio intorno a loro, come se stesse valutando quanto tempo avrebbe avuto a disposizione prima che tutto fosse pronto. “Quale sarebbe la prima meta?” avrebbe chiesto infine, senza alcun tentennamento, chiaro e deciso per una volta.


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