L'analisi di un futuro

Colloquio Orientativo - Elisabeth Lynch

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    L'analisi è la sua maledizione e salvezza. Gli occhi indagano, il cervello corre.
    Perso per le donne.
    Il gentil sesso è la sua cura. Il naso la fiuta, il cervello balla la samba.
    Vanaglorioso incurabile.
    La gloria è il suo peccato. L'orecchio sente il suo nome, il cervello si gonfia.
    Alcolizzato pasticcione.
    L'alcool è il suo gioco. La lingua ne sente il gusto, il cervello si scatena.
    Goloso coccoloso.
    La crema è la sua infanzia. Il dente vi sprofonda, il cervello torna piccino.


    Samuel Black
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    Le lingue di fuoco del camino borbottavano luce e fumo. Tutte le lampade erano spente e l'ufficio sembrava una caverna di legno. Sulle parete due gigantesche ombre tremolavano a ritmo delle fiamme.
    Samuel Black era lì, davanti alla cappa di pietra, piegato sul suo calderone di bronzo.
    -Tre milligrammi, due centilitri e...- le mani infuriarono sul tavolino da lavoro. -ma dove l'ho messa?! Ah si, ecco! Tre centilitri di bava di Chizpurfle.-
    Come dieci ballerine le dita lasciavano cadere polveri e liquidi di tutti i colori.
    -Spero proprio di farcela questa volta-
    I polmoni si riempirono con il profumo delle sostanze chimiche e dei libri che, impilati in numerose scaffalature, facevano da seconda pelle ai muri in pietra della stanza semicircolare.
    -Intanto vediamo di terminare la fase uno prima che arrivi.-
    Un occhiata al polso. L'orologio d'argento segnava le 16:50. -Ancora 10 minuti-

    Alba sorrise all'Opalina quando lei giunse davanti ai prati in fiore del suo dipinto.
    -Ti sta aspettando-
    Con un cigolio un passaggio buio si aprì davanti alla ragazza.
    Scale a chiocciola e infine una porta consumata dal tempo.
    Elisabeth Lynch fece appena in tempo per vedere la stanza venire sommersa da un fumo rosa.
    -Ah! Ah! Ce l'ho fatta!-
    Un tonfo metallico. -Maledetto tavolino! Ah! Non importa. Sono troppo felice! Elisabeth! Sei entrata?-
    La nebbia magica imperava ancora sulla stanza. Era inodore, ma in compenso non si vedeva assolutamente nulla.
    Poi una luce gialla iniziò a trafiggere quei tendaggi fumosi, inseguirli ed infine cancellarli.
    La bacchetta del professore si abbassò.
    -Buonasera Elisabeth, accomodati pure-
    E le indicò la sedia vittoriana davanti alla scrivania di quercia. Il suo volto pareva quello di un bambino a cui è stato appena regalato il suo primo gameboy.
    -Perdonami, ma dovevo finire una cosa- Con un altro colpo di bacchetta spense le fiamme sotto il calderone gorgogliante ed accese le lampade della stanza. Poi prese posto, spalla al muro ed occhi su quelli della ragazza.
    -Spero tu abbia passato un buon venerdì pomeriggio, gradisci un po' di succo?- Le mani saltellarono fino allo sportello interno della scrivania e ne estrasse due bicchieri e una bottiglia scura. -La casa offre mirtillo, ma almeno ne ho uno anche alla fragola, per il brandy aspetteremo ancora qualche anno.-
    Dopo che ebbero chiacchierato un po' il tono del professore iniziò a farsi più professionale.
    -Allora signorina Lynch, hai chiesto di avere con me il tuo primo colloquio d'orientamento. Posso intanto chiedere il perché?-
    Nella testa di Samuel era perfettamente logico chiedere un incontro simile alla seconda carica dell'accademia, lui stesso, ma ad ogni modo voleva sentire la risposta di Liz.



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    Elisabeth Lynch il tuo colloquio orientativo è aperto! Siamo nel ufficio di Samuel con cui hai appuntamento alle 17 in punto. Il giorno è venerdì 26 febbraio.
     
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    Poche erano le volte che si era affacciata agli uffici dei docenti, per lo più al suo primo secondo anno quando poteva ancora appuntarsi al petto la spilla da Prefetta, e quella volta, come nel caso di Maverick ma per ragioni diverse, si stava recando di sua sponte nella tana della taccola. Non era lì per recriminare sui voti o poche attenzioni ricevute a lezione, bensì di effettuare con lui il primo vero colloquio della sua vita. Forse il più importante visto che da lì ne sarebbe uscita con le idee più chiare sul suo futuro. O magari ancor più nel pallone.
    Anche dal magitecnologo era finita col parlare di un domani che non era poi così distante eppure, nonostante alcuni punti fermi, non sapeva immaginarsi con certezza in uno dei percorsi G.E.M.M.A.. Invero aveva escluso sin dal primo anno il percorso dedito alla cura -del prossimo, di animali piante- perché la sua empatia era pari a quella di un blocco di marmo, oltre a provare comunque meno affinità con quel campo. Se qualcuno glielo avesse chiesto qualche tempo fa probabilmente avrebbe detto ad occhi chiusi che sarebbe voluta diventare una giocatrice professionista di quidditch, come sua madre, ma crescendo, entrando persino ad Hiddenstone e con tutto ciò che la sua vita le aveva messo sul piatto della bilancia stava mettendo in discussione tutto.
    Ad iniziare proprio dal primo percorso che aveva escluso a priori: un pensiero continuava a ronzarle come un tarlo "e se riuscissi a trovare una cura alla malattia di mia madre?". Alla fine non avrebbe salvato lei ma altre vite sì. Quello però avrebbe comportato fare un bilancio con i fallimenti nei test fino a trovare la cura perfetta. Era abbastanza forte per gestire qualcosa che alla fine era più grande di lei? Non si trattava di giocare con bambole e manichini, ma con persone vere.
    Quanto al percorso più tecnico, forse un po' noioso su carta -e forse anche nelle lezioni- ci aveva fatto un pensierino più che altro legato al ramo della magisprudenza. Era facile immaginarsi con una toga nera, a battere il martelletto e sputare sentenze -d'altronde lo faceva appena da diciotto anni- eppure sapeva che quello era un lavoro troppo poco dinamico per una come lei tutta sport e bolidi. Eppure, anche lì, non se la sentiva ancora di chiudere la porta definitivamente.
    Infine lui, il percorso che forse più riusciva ad abbracciare più lati della sua personalità e molte aspirazioni, duello e agonismo. Difesa, Alchimia e Astronomia sarebbero state le sue principali compagne di viaggio ma perdere Magitecnica le dispiace più di quanto dovrebbe e, seppur a conoscenza della possibilità di aggiungere una materia opzionale a scapito di un percorso di pratica, sapeva che sarebbe dovuta finire con l'effettuare una scelta. Quei pensieri avevano accompagnato il suo cammino fino al dipinto animato di una donna eterea con una corona di fiori appartenente alla famiglia delle rosacee che, prima ancora di riuscir ad aprir bocca, le rivelò come il docente fosse in sua attesa. «Ti ringrazio». Un sorriso teso, prima di superare il dipinto e salire le scale a chiocciola in pietra fino a giungere ad una porta logora. «Un piccolo restauro io lo farei», pensò, sfiorando con le nocche il pannello prima di avanzare nella stanza e trovarsi la vista annebbiata per via del fumo rosa. «Coff, coff», tossicchiò, smuovendo con le mani l'aria densa, finendo con l'udire solo la voce del docente piuttosto che la sua figura. «Sì, professor Black, solo che...» -coff, coff- «Oh, ora la vedo!» O almeno vedeva qualche ombra visto che una luce gialla sembrò assorbire il cotone rosa. «Beh, almeno lui stava facendo il suo lavoro e non a mangiare pop corn davanti ad una serie tv scadente». Oggetto del suo paragone ovviamente il sempre strambo, ma in un certo senso adorabile, professor Morrigan Maverick. Si accomodò sulla sedia vittoriana, apprezzando il mobilio che pian piano emergeva. «Cosa stava preparando?» Prima ancora che riuscisse a frenare la sua lingua, la curiosità ebbe la meglio, con lo sguardo ceruleo che si alternava dal viso del vicepreside al calderone che venne privato del fuoco. «Lo sa che sono maggiorenne, vero professore?» Dopotutto non erano neanche nei territori della Regina, dove l'età per poter assumere alcolici -legalmente- era stabilita al compimento del ventunesimo anno, bensì su un'isola lontana dalle influenze inglesi e con uno svezzamento fatto col sidro di mele invece che da comunissime zuppe per poppanti. «Un succo al mirtillo andrà più che bene», si ritrovò comunque ad accettare sebbene forse poche sarebbero state le volte che le sue labbra si sarebbero macchiate di viola, anche perché il professore non sembrava uno cui piaceva perdersi in chiacchiere superflue. «Sì, certo. Allora... sebbene il professor Ensor sia il responsabile della mia Casa, oltre a conoscermi da tre anni, ho preferito rivolgermi a lei perché forse riesce ad avere una visione più completa ed imparziale», oltre ad essere fornito di un pizzico di umanità in più, ma quello preferì non menzionarlo. «Andrò dritta al sodo: penso di poter riuscire in ognuno dei tre percorsi, ma, in un modo o nell'altro, non sono pienamente soddisfatta totalmente da uno. Lei come ha fatto a scegliere in cosa specializzarsi? È per caso una delle poche persone ad aver ricevuto la chiamata I suoi quesiti erano intrisi dalla fama di sapere, dove non si sarebbe accontentata di risposte vaghe e superficiali e, un docente come lui, sarebbe stato in grado di leggerlo perfettamente nel linguaggio del suo corpo, come una posizione composta, schiena dritta, gambe accavallate e sguardo dritto nel suo.

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    -Elisabeth Lynch-
    Le dita tamburellarono sui poggioli della sedia come le zampe di un millepiedi.
    -Certo che è proprio graziosa. Sarei curioso di vederla fra altri 5 o 6 anni-
    Le sopracciglia reagirono a quei pensieri come se fossero state colpite da una scossa elettrica e la mano svolazzò subito a scacciarli.
    -Aehm...cosa stavo preparando?-
    La gola era secca.
    -Ah! Bhe... Si.-Un battito di palpebre nel tentativo di far tornare il cervello sul pezzo. -Una bomba fumogena. Questo, nell'effettivo. In realtà l'obbiettivo sarebbe creare delle minuscole quantità di una sostanza capace di rispondere alla minima sollecitazione magica con tutta una serie di reazioni chimico-alchemiche che spingerebbe le sue molecole ad espandersi, e moltiplicarsi in una deflagrazione.- All'arrivo dell'ultima parola, braccia e mani volarono all'improvviso lungo una linea orizzontale, mimando così l'esplosione -nulla di troppo pericoloso- per poi ritrarsi con un sorriso -Una bomba fumogena. Perché è in fumo che, quella sostanza, mentre si sta espandendo, verrebbe trasfigurata.-
    L'alchimia lo aveva salvato dai pensieri impuri. La stessa alchimia che lo faceva infervorare nei discorsi e che lo teneva sveglio la notte con idee assurde da provare a realizzare.
    -Il mio riparo e la mia dolce condanna-
    Tracannò lo stesso succo che aveva appena versato all'Opalina.
    -Una maggiorenne che non ha bisogno dell'alcol per mantenersi concentrata durante un colloquio sul proprio futuro.-
    Ma che fosse lui ad averne bisogno?
    In un attimo si rese conto che da lui dipendeva il futuro di quella ragazza così confusa e la gola tornò a seccarsi peggio del Mar Morto.
    L'occhio scivolò nella teca posta nel lato interno della scrivania, a pochi centimetri dalla mano sinistra, che si strinse subito.
    -Non guardare la riserva, non guardare la riserva!- occhi e sorriso amichevole piantati sulla Lynch -da il buon esempio Samuel Black! Sei un insegnante. Per le biglie di Flamel!- nel versarsi altro succo la mano tremò un poco. -Mi abituerò mai a fare la persona responsabile?-
    Poi le parole della ragazza si trasformarono in un balsamo che iniziò a scrostare un cervello intossicato dai conflitti.
    -Lei ha scelto me.- La determinazione di Elisabeth era evidente. Era pronta ad assorbire qualsiasi cosa lui avrebbe detto -e non è l'unica.-
    In un attimo emersero dalle tenebre anche i ritratti di Blake, Cameron, Jessica e perfino -Valentina-
    Indice e pollice iniziarono a strusciare fra loro dando forza ad una piccola certezza.
    -Loro hanno scelto me. Si sono confidati con me, mi vedono come punto di riferimento. Io posso essere ciò di cui hanno bisogno. Posso coltivare le loro conoscenze e consapevolezze. Sono arrivato qui proprio per questo.-
    Bevve fino all'ultima goccia di succo per poi appoggiare con decisione il bicchiere. La scrivania tremò un poco.
    -Per fortuna si!-
    Un sorriso sbocciò verso l'opale. -Però forse un tipo di "chiamata" diversa da quella che credi tu.-
    Le mani si giunsero come per focalizzare l'attenzione dello stesso docente.
    -Non è che a dodici anni decisi all'improvviso che avrei fatto l'alchimista, ma decisi di amare l'alchimia; e uso questo verbo perché, anche se all'inizio fu facile saltellare contento e dichiarare a tutti che amassi le arti trasfigurative e quelle alchemiche, il difficile venne quando mi resi conti di iniziare a dedicargli con costanza la mia vita.-
    I pollici di quelle mani consumate dagli acidi e appoggiate alla scrivania iniziare a roteare uno attorno all'altro.
    -Il punto è che ora non devi decidere la tua strada, ma cosa ti piace di più e rimanere costante su quello. Fino ad adesso, tra Hogwarts e qui, vi abbiamo lanciato contro un po' di tutto per darvi un idea e farvi toccare con mano ognuna delle varie possibilità che avete di fronte. Ora bisogna cercare di essere sinceri con sé stessi e pensare solo a cosa più ti piace, senza soffermarsi tanto su altro. Poiché se si fanno le cose con passione si avrà sempre un modo per vincere i casini della vita.- e gli venne naturale indicare il calderone che fino a poco prima eruttava fumo rosa. -Sono più le piccoli e quotidiane passioni della vita a formare successo e felicità, che le grandi imprese e i grandi obbiettivi. Quelli arriveranno da soli, man mano che si fa e si vive al meglio.-
    Le dita tornarono ad intrecciarsi e gli occhi a tuffarsi in quelli della ragazza.
    -Quindi, Elisabeth, tralasciando da parte la tua ottima media scolastica, i grandi obbiettivi, le grandi proposizioni e il tuo orgoglio. Che cos'è quella cosa che quando la fai ti fa sentire davvero viva?-



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    «Che fa, ripete?» Probabilmente il fumo aveva creato qualche problema alla rete neurologica del mago, altrimenti non sapeva spiegarsi il perché il docente avesse deciso di impersonare un pappagallo privo del piumaggio variopinto. Per lei Black teneva fede al suo cognome: una pozza nera con qualche sfumatura di grigio ed un tocco impercettibile di bianco. La sua curiosità comunque venne saziata e prontamente stuzzicata dalle parole del docente sulla sua creazione, portandola nel solito processo di "perché" che animava tutte le cose. «Però, se pensata come dotazione all'armamentario dei Tiratori Scelti o per gli auror, dovrebbe renderla più stabile». Non riuscì a tenersi quelle osservazioni per sé, provando piuttosto a cercar di star dietro ai meccanismi dei processi alchemici-trasfigurativi, per lei anche un pizzico pozionistici, dietro lo studio portato avanti dall'uomo. «Immagino abbia già pensato di stabilizzarla con delle rune, vero?» Per le conoscenze che possedeva, molto limitate nelle Antiche Rune essendo di nuovo al secondo anno, la Lynch aveva cercato di puntare tutto sul tanto caro ragionamento logico-deduttivo con tanto di avanzamento di ipotesi che però sarebbero potute essere tentate -ed eventualmente confutate- solo da Samuel. Samuel che ovviamente avrebbe potuto prendere quelle parole come una miccia, un indizio da perseguire secondo le sue, di conoscenze. «Sarebbe difficile prevedere tutti le possibilità di attivazione, ma magari può puntare a rafforzare il materiale che la conterrà e pensare a qualche sistema meccanico -o magimeccanico- di attivazione». Il paragone con le bombe a mano babbane o gli stessi fumogeni in dotazione alla polizia fu spontaneo quasi quanto il meccanismo di protezione presenti nei più importanti laboratori chimici dei comuni mortali nel tentativo di rendere stabili sostanze con involucri in leghe sempre più forti e resistenti e frutto di combinazioni impensabili. Rapportato al mondo magico era, nei fatti, unire l'Alchimia alla Magitecnica di avanguardia. «Mi scusi, sicuramente avrà già pensato a tutto ciò». Abbozzò, accettando poi l'offerta di un qualcosa privo di alcol seppur non lasciandosi sfuggire la possibilità di commentare la visione del docente in merito. «Però potrebbe esser utile a distendere i nervi» suoi o del prof non era dato saperlo.
    Le carte comunque furono svelate e la strega finì con l'ammettere, ad alta voce, ciò su cui aveva iniziato ad arrovellarsi nelle ultime settimane, ancor prima della comparsa dell'annuncio in bacheca. «La chiamata non è solo religiosa e, per come ne parla, in realtà sembrerebbe proprio averla avuta», osservò a bassa voce, prima di lasciarlo procedere in quel discorso così profondo e contorto da farle comprendere come la sua situazione fosse ben più grave di quanto pensato. Questo era dovuto anche alla domanda diretta a cui non si sarebbe potuta sottrarre se non alzandosi e andandosene dall'ufficio dell'alchimista. Ma non era una codarda. E non avrebbe iniziato ad esserlo proprio ora. «In realtà tutto e niente. Un tempo avrei potuto risponderle il Quidditch, prendere un voto alto, impegnarmi nel capire tutti i meccanismi che si celano dietro una formula, un movimento o una creatura magica, ma ora... temo di aver perso interesse anche in quello». Ammise con candore, senza abbassare lo sguardo da quello del professore. «Tutto è diventato meccanico. Alzarsi, studiare, camminare, persino respirare è meccanico». Parole potenti, non dette a cuor leggero, così come quelle che seguirono.
    «Faccio le cose perché devo. Devo dimostrare di essere una buona studentessa, devo dimostrare di avere un cervello dietro ad un dono puramente genetico, devo dimostrare di essere all'altezza davanti ad ogni singolo ostacolo che si presenta sulla mia strada». Non c'era stato alcun abbassamento di voce, ma neanche picchi acuti. Tutto era risultato piatto, monotono, meccanico. «Ma no, non faccio le cose perché voglio, per il semplice fatto che non so neanche io quali sono le mie vere volontà. Quindi no, professore, non so cosa mi faccia davvero sentire viva, non più».

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    Samuel Black
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    -Si, si certo, questa sarebbe solo la fase 1, poi si dovrà lavorare sulla stabilità del composto-
    La mano tornò a svolazzare per cercare di passare oltre.
    -La mia maledetta foga-
    Il piccolo resoconto alchemico-trasfigurativo aveva ricacciato nell'oscurità gli ormoni, ma evocato una parlantina appassionata che aveva fatto brillare il cervello della ragazzina.
    -Ma se iniziassimo a parlarne poi non finiamo più-
    Samuel adorava discutere delle sue passioni, ma quel colloquio generava in lui tensioni che non sopportava. Preferiva mettere in pausa le discussioni alchemico trasfigurative come si fa con una seria tv figa, capitata nel momento sbagliato. Tuttavia Elisabeth continuava a parlare, e ogni parola pareva una miccia, pronta a far esplodere piani per poi ridisegnarli; migliorandoli.
    -Rune...-
    Se Samuel avesse avuto una coda si sarebbe senz'altro messo a scodinzolare.
    -In effetti se si usassero dei sigilli monorunici di conservarvazione ai lati di una piccola fiala per poi, sulla base, tracciare una triscele ad attivazione- il mento iniziò a ricevere le attenzioni di dita alla ricerca di qualcosa. Cercavano di pescare fuori qualcosa. Poi la voce deflagrò. -Magari sfruttando un petalo pregno del potere di Isaz per impostare un ritardo dell'innesco!-
    Lo sguardo saettò sugli occhi dell' opalina. -Se non sceglierai il percorso di Agonismo, considera di seguire Alchimia come materia a scelta- un sorriso da mentore che nemmeno il maestro Gai -La tua mente è abbastanza sveglia e olistica per affrontare al meglio le artialchemico-trasfigurative.-
    Al professore avrebbe fatto comodo avere una mente sveglia come quella in giro.
    -Devo cercare di aprire al più presto il circolo Black-
    Quel colloquio doveva ancora iniziare e Samuel stava già cercando di superare una marea di difficoltà.
    Il suo pomo di adamo saltò dalla fatica quando dovette buttare giù tutte le riflessioni che un ennesimo discorso di Elisabeth avevano risvegliato.
    -Di tutto questo ne parleremo volentieri una volta finito il nostro colloquio.-
    Il sorriso era quanto più sereno, ma nascondeva ansia.
    Un ansia che bussò ancor più forte, quando l'opale, strafregandosene delle invisibili fatiche erculee del docente, fece un ulteriore riferimento all'alcool.
    -Dai, me lo sta chiedendo di nuovo... se l'assecondo e tiro fuori la bott-
    Non disse nulla, ma le papille gustative si tinsero con l'amarezza di una goccia di sangue. La testa si scosse piano, la bocca ferma nello stesso sorriso statico.
    Non sapeva se odiare o ammirare quella ragazzina, in ogni caso era lì per aiutarla e il colloquio cominciò.
    Man mano che la ragazza parlava il sorriso del professore guadagnava tinte d'ombra e quando fu il turno di risponderle, il suo volto era serio e oscurato dalla preoccupazione.
    -E' un male quando la vita si trasforma in un lavoro Elisabeth, figuriamoci quando accade in un età che dovrebbe essere estranea a questi problemi.-
    Trattenne con forza un sospiro e traccannò un po' di succo.
    -L'unica cosa che mi sento di dirti è quella di cercare di tornare a vivere.-
    Un altro piccolo sorso.
    -Per quanto questo sia il secondo anno in cui abbiamo avuto il piacere di conoscerci, io non so bene chi tu sia, e quale sia il contesto in cui sei immersa. Quello che so è qui dentro- e indicò un fascicolo con sopra il nome di lei.
    -Prima hai parlato del quidditch e di sicuro tua madre centra in questa decisione, ma ora lei non è importante, perché stiamo parlando di te Elisabeth. Solo tu puoi scegliere il tuo futuro.-
    Le mani si intrecciarono.
    -Tutto si è fatto grigio, allora l'unica cosa che puoi fare è cercare di ricolorare la tua vita. Tuffati in nuove esperienze, cerca di usare meno questa- il professore indicò la propria testa -e di sfruttare al massimo questo.- La mano si appoggiò davanti al proprio cuore.
    -Devi cercare di concentrarti su te stessa, lasciando fuori i giudizi degli altri, compreso il tuo.-



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    La curiosità è un'arma a doppio taglio, quasi quanto l'essere saccenti. Tra le due Elisabeth Lynch poteva definirsi regina, se solo si fosse impegnata a reclamare il trono. Eppure, stranamente, non le interessava. «Per quanto sia alla fase uno rimango della mia idea. Potrebbe essere un ottimo strumento in dotazione alle forze dell'ordine magiche», ripeté decisa, studiando i movimenti dell'alchimista e drizzando le orecchie sulle sue spiegazioni in merito. La cosa interessante nel genere umano era quando due rappresentanti sembravano trovarsi sulla stessa lunghezza d'onda, fermando l'ascolto sulla stessa stazione radio, arrivando a completarsi a vicenda, apportandosi migliorie continue. La proposta banale delle rune, una delle materie che più amava lì ad Hidenstone, nasceva da un guizzo lasciato dalle tante mollichine di pane che il buon vecchio Olwen aveva lasciato durante le sue lezioni, accennando qualcosa ai sigilli monorunici ma tralasciando la triscele. Per questo Black non doveva sorprendersi se la battitrice aveva continuato ad incalzare invece di lasciar cadere il discorso come avrebbe fatto qualsiasi altra studentessa arrivata lì per discutere del proprio futuro.
    «Triscele? Come si attiverebbe in quel caso?» Correndo ad attorcigliarsi una ciocca di capelli intorno all'indice, come se quello stimolasse il suo ragionamento, tanto che una nuova domanda venne posta alla povera taccola. «E perché proprio un petalo?» Per forma, dimensioni e peso sarebbero stati infiniti i tentativi per trovare quello giusto, eppure era sicura che l'uomo ci sarebbe riuscito prima o poi. «Forse userei qualcosa di più leggero o comunque di più sottile se vuole rimanere nel mondo floreale», osservò cauta per poi seguire l'andamento della discussione che però la colse alla sprovvista, tanto che -ancora una volta- la verità prese l'avvento sulla riservatezza, nascondendo la maschera della perfezione che era solita mostrare. «Eppure non l'avrei detto, professore. Onestamente pensavo di essere lontana dalla sua materia o forse, semplicemente, mi ero approcciata nel modo più sbagliato». E solo lei sapeva quanto quell'accettabile ad uno dei compiti l'aveva bruciata e non poco. Era stato lo spirito di rivalsa a portarla verso il cambiamento. «Diciamo che la forza di volontà, di recuperare e approfondire mi sono tornati utili, però, ecco, non è stato proprio amore a prima vista come Difesa o Rune». Lì, con quelle due discipline, la cosa le sembrava innata, mentre le altre erano istinto o ripetizione e banalità. Doveva però ammettere che nella rosa dei suoi professori preferiti c'era anche quello più strambo del parterre, nonché il più maleducato visto che mai le sarebbero andati giù i piedi posati sulla sua scrivania. «Sarebbe un onore», annuì con fare solenne, fortificata dal fatto di essere stata reputata come degna.
    Questo prima di affrontare il vero motivo per cui erano lì. Certa che la verità l'avrebbe ripagata, la strega aveva optato per l'onesta, condividendo con l'uomo dubbi, insicurezze ed incertezze su un futuro che non sembrava essere più così lontano. «Dice che è un lavoro solo perché mi attengo ad una tabella di marcia che voi stessi ci date sin dal primo anno?»
    Dopo tutto fin dal primo anno di istruzione erano messi davanti ad una routine difficile da sconfiggere. Come si poteva pretendere una miccia di vita quando si era circondati dal piattume, quando si veniva indottrinati a vivere secondo un rigido schema? «Tutto diventa meccanico, anche la cosa che all'inizio ci appassiona di più, che arde nel profondo, che ti fa sentire viva». Gli esempi potevano essere molteplici, tanto che non sarebbe basta una vita per elencarli tutti. «Io sto vivendo, alla fine respiro, mi nutro, cammino, parlo e talvolta interagisco anche con il prossimo», un sorriso mesto accompagnò l'ultima affermazione, prima di lanciarsi in un'altra filippica. «Cos'è la vita davvero? E quale sarebbe il suo approccio ad essa? In cosa si discosterebbe dalla mia?» Una moderna Socrate alla ricerca del sapere, volta alla costruzione di una filosofia che forse avrebbe persino condiviso. «Forse sono solo cresciuta troppo in fretta», osservò, prima di specificare ulteriormente. «O meglio, forse non so cosa significa essere bambina». Un brivido corse lungo la sua schiena quando l'uomo osò riferirsi a Glynnis, portandola ad indurire ogni singolo muscolo per impedirsi di crollare, soprattutto davanti a lui.
    «Mia madre ha solo cercato di fare del suo meglio. L'unica cosa che amava, oltre me -e di questo ne sono divenuta consapevole solo nell'ultimo periodo- era il quidditch. Quindi capirà bene che mi ha iniziata ad un mondo duro, difficile e competitivo come quello che è nello sport magico professionale. Non c'è solo il piacere di rispedire un bolide al mittente, devi essere il migliore nel farlo, il più veloce, costante e forte». Uno schema che aveva contrassegnato oltre diciotto anni di esistenza. «E per esserlo non basta solo desiderarlo o un talento innato. Lo si deve coltivare così come ogni singola cosa. Dai buoni voti, alle amicizie, alla professione è richiesto sempre e comunque un impegno costante che ti porterà ad alzare l'asticella sempre più in alto». Dopo tutto quello che fregava era sempre il sistema delle ricompense, per quanto uno credeva che non tangesse tanto alle proprie aspirazioni, veder riconosciuto, ricompensato e gratificato il proprio lavoro era semplicemente magnifico. «L'unica volta che ho lasciato che questo prendesse il sopravvento su questa», indicò il cuore per poi puntare alla mente, «non è andata affatto bene». Riferimenti a triangoli passati era puramente non casuale anche se era certa che di quelle beghe adolescenziali l'uomo non sapeva neanche l'esistenza. E poi venne il turno di sorridere, seppur compostamente alla richiesta di lasciare fuori dalla porta pareri non richiesti. «Se mi fossi lasciata contagiare dal giudizio degli altri, in tutti questi anni, penso che il mio corpo sarebbe stato ritrovato ai piedi di qualche torre». Non che avesse mai pensato di porre fine alla sua vita, non per delle stupide chiacchiere di corridoio almeno. «Vede, professore, il problema è che io non mi giudico, semplicemente traccio una linea alla fine della giornata per vedere se quanto ho fatto è stato degno o meno secondo parametri standard». E dannazione, alla fine stava ammettendo di essere sotto scacco del suo stesso giudizio. «Qualcuno lo chiama pessimismo, io invece direi che siamo davanti ad un realismo fatto e finito».

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    Calcolatore spasmodico.
    L'analisi è la sua maledizione e salvezza. Gli occhi indagano, il cervello corre.
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    Alcolizzato pasticcione.
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    Samuel Black
    Scheda ⋆ 34 anni ⋆ Animagus ⋆ Prof Alchimia ⋆ Stats


    La testa si agitò come una maracas afflitta da un incantesimo rallentante, mentre il sorriso di Samuel black pareva simulare un: ma mi hai sentito?
    -Come ho già avuto occasione di dirti... Ottime intuizioni, ma ne parleremo in un altra occasione Elisabeth-
    La mano si strinse per un attimo.
    Lui voleva, avrebbe ucciso per evitare di ricadere nella serietà che il suo ruolo e la sua posizione richiedevano; ma quella ragazza era lì per chiedere aiuto e lui glielo avrebbe dato. Ache a costo di non assecondarla in fantastiche supposizione runico-alchemico-trasfigurative.
    -C'è un tempo per ogni cosa-
    Il volto si era fatto più caldo e poi, Samuel Black, lasciò che Elisabeth Lynch si aprisse con lui.
    Non la interruppe e l'opale fu un fiume in piena; la potenza di quelle onde chiamate parole fu così forte da ingrigire il sorriso dell'alchimista, il quale, quando la voce della ragazza si fermò su una sponda di quella stanza a riposare, aprì il vano alcool e si schiarì la voce.
    -Per molti vivere significa questo- Una bottiglia di Rhum bianco, made from Cuba, tintinnò contro il legno della scrivania. -Non trattenersi e fare ciò che si vuole fare con tutto sé stesso.-
    La mano sinistra scivolò a ravvivare i capelli color castagna, mentre la destra incominciò a versare in due bicchieri. L'alcool salì nelle pareti di cristallo fino a raggiungere l'altezza di una falange.
    -Ma io non sono del tutto d'accordo con questa moltitudine.-
    Avvicinò il bicchiere all'alunna, fece un gesto di brindisi e poi incominciò a sorseggiare il liquido ambrato, mentre le unghie penetravano nella mano nascosta sotto la scrivania.
    Aveva ceduto alla gradazione alcolica, ma forse l'alcool lo avrebbe aiutato nel tentativo di sciogliere il cervello ghiacciato dell'Opalina?
    La testa tornò a scuotersi piano, doveva scacciare l'ansia che gli stringeva il collo. Poi venne in aiuto il riflesso del Rhum fra le ragnatele cristalline del bicchiere.
    -Secondo il mio modesto parere...- si concentro su quelle, sulle linee così dritte e precise di quell'affare trasparente -vivere è resistere. La vita è un continuo soffrire e cadere, ma conservando la determinazione nel cercare un appiglio e tornare a risalire. Il modo migliore per farlo è cercare una fra le tante scale che ci scorrono affianco e provare a buttarsi su quella, anima e corpo. Senza lasciare che nessuno, nemmeno te stesso e i tuoi dubbi, possa mettersi in mezzo-
    Le labbra tornarono ad accarezzare l'inebbrianza del rhum.
    -Se tu stia vivendo oppure no, in effetti, spetta solo a te deciderlo, ma proprio perché sei confusa, proprio perché la tua determinazione si sta incrinando... Ai miei occhi appari come una delle alunne più vive di tutta l'accademia.-
    Il bicchiere risuonò sul tavolo mentre un sorriso cercò di viaggiare nell'aria e abbracciare la sofferenza della ragazza.
    -Lascia perdere realismo, pessimismo e tutti gli altri ismi. Tu sei qui perché vuoi capire a che scala afferrarti; che strada intraprendere.-
    Un altro sorso scivolò giù per la laringe dell'uomo, il quale, con uno storgere di labbra, constatò che l'alcool nel bicchiere era quasi finito.
    -Il punto, quando si è confusi, è fare qualcosa che possa un minimo piacere e buttarsi su quella strada; come hai detto tu prima, non tutti sanno quale spazio il mondo gli abbia riservato, quale strada sia meglio percorrere. A quel punto l'unica via e puntare su una delle cose che ci fa stare bene in più momenti di altre e andare avanti come dei treni.-
    Con un sospirò Samuel Black deglutì fino all'ultima goccia rimasta di quel rhum cubano.
    -Anche se all'inizio potrà essere meccanico e a volte sarà difficile andare avanti, la soddisfazione troverà il tuo cuore, magari non sempre, ma abbastanza da rendere la tua vita felice o almeno accettabile. Perchè la vita è resistere lungo una strada e se si resiste abbastanza e con la giusta determinazione, se ne possono creare e diramare molte altre di belle e adatte a te-
    La mano svolazzò come per cercare di scacciare un cattivo ragionamento -Prova a lasciar perdere, per un attimo, l'idea di impegno costante che tu affermi sia necessario applicare ad ogni cosa. Allontanalo per un solo momento, insieme a quella linea di giudizio che tracci ogni notte e chiudi gli occhi...-
    Le dita iniziarono a muoversi come direttrici d'orchestra di una sinfonia sottile, ma bellissima. -Ora ci sei solo tu, denudata da ogni "devo" e da ogni obbligo. Da quando sei venuta al mondo hai provato tante cose; quindi, adesso, prova a immaginare il tuo futuro. Cosa vedi?-


    « L'asse del mondo è la conoscenza collettiva »

    © psìche



    Edited by SamuelBlack - 13/8/2021, 23:03
     
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