Un Seth sfuggente

#blake

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    Lilith Clarke
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    Non basta scopare bene per essere una coppia.
    Quello era uno di quei pomeriggi in cui Lilith aveva tantissimo, troppo da fare, ma la volontà e la forza di farlo era pari a zero. Da quando aveva lasciato Blake si sentiva vuota, persa in una voragine che la stava mandando sempre più giù e non riusciva a capirne il vero motivo. Era come se avesse staccato una buona parte di sé e l'avesse buttata nel dimenticatoio. I suoi voti vacillavano e la forza di studiare era sempre meno, come se quei libri la riportassero in un vortice di ricordi dalla quale voleva scappare. Come aveva fatto ad abbassare così tanto le difese per un ragazzo e cosa era successo alla sua grinta?
    Non riusciva a capirlo, forse non si impegnava nemmeno a farlo. Le punte dei suoi ricci erano ancora color ghiaccio e sotto le sue iridi celesti le occhiaie venivano coperte dal fondotinta che ormai era diventato il suo migliore amico.
    Cos'era successo dopo quella rottura? Lilith aveva cercato di impegnare la mente in quello che era il suo hobby preferito, lo studio, eppure non riusciva a liberarsi di quel peso, di quel sentimento che provava per l'opale che cercava di evitare. Non vederlo più era una tortura e non sapeva fino a quando sarebbe durata quel dolore. Cercava di fare tutte le sue cose, ma l'attenzione era diversa, come se non riuscisse a concentrarsi per più di cinque minuti.
    Forse aveva bisogno di una pausa, ma non voleva nemmeno provare a pensare di tornare a casa dai gemelli che l'avrebbero tartassata di domande sul perché non fosse con Blake e cose del genere.
    Inoltre, quel pomeriggio fatidico, anche Seth aveva deciso di darle filo da torcere. Era scappato e Lilith lo stava cercando da una mezz'oretta abbondante, come se non bastasse il suo umore a distrarla dallo studio.
    C'era un unico posto dove ancora non aveva visto, prima di uscire fuori dal castello: le segrete. Quella zona non era solita visitarla, Lilith, ma se era per cercare Seth, allora questo avrebbe cambiato un po' le cose.
    Si spinse nei sotterranei che frequentava solo ed esclusivamente per le lezioni di pozioni. Un po' titubante e incerta, varcò l'ingresso dove quei gargoile le facevano sempre un po' timore.
    Fece qualche passo nel cunicolo principale, prendendo in mano la bacchetta come se la cosa potesse renderla più sicura.
    «Seth?» - chiamò il nome del gatto, pronta a risentire la sua eco tornare indietro. Ad ogni passo le fiaccole si accendevano mostrandole il proseguio di quel corridoio umido.
    «Seth, dai... torniamo in camera.» - provò di nuovo, ma il gatto, se fosse stato lì, non sembrava aver intenzione di risponderle.
    La cosa bella dei rapporti è che ti dimentichi come sono iniziati.
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    Come stava? E come aveva preso veramente la rottura con Lilith? Ancor non era chiaro a nessuno e neanche a se stesso. Stava bene? No, sicuramente non stava bene, ma non poteva dire di stare malissimo. Il problema era proprio quello, il fatto di non riconcere esattamente il suo stato emotivo, il fatto che qualsiasi sensazione in quel momento provasse per la situazione che stava vivendo in quel momento era completamente a lui ignota ed oscura. Non sapeva cosa rispondere al: come stai? Come stava? Si sentiva sempre uguale ma gli mancava un pezzo. Si sentiva uno stronzo perchè mentiva sia alla sua migliore amica che a tutte le altre persone che lo circondavano. Forse era stato un errore dire a Lilith la verità e forse avrebbe dovuto coninuare a mentire. Ma poi, mentire di cosa? Quando era successo lui era single e non aveva tradito nessuno, eppure si sentiva tremendamente in colpa e non solo nei confronti della sua ex fidanzata ma ancora attuale anima gemella, ma anche nei confronti di Jessica. Lui non voleva che lei pensasse che l'aveva semplicemente usata per sesso... Era nelle segrete con un panino in mano, aveva fame ed era andato in cucina per chiedere qualcosa da mangiare, qualsiasi cosa, ed in quel momento, l'unica cosa che in raltà voleva era, effettivamente una birra. Aveva un jeans con lavagio chiaro indosso ed un maglioncino turchese, le scarpette bianche nuove della adidas con il dettaglio blu ed i capelli leggermente scombinati. Si certo erano scombinati perchè lui li aveva messi così. Era li, con il suo panino in mano che stava tornando nel suo dormitorio. Era pomeriggio e lui nella mente non aveva assolutamente niente. Aveva finito di allenarsi e per un giorno non doveva andare a Denrise con quel fabbro maledettamente figo ma scorbutico. Un morso al panino con salame e formaggino, pizza fresca... ecco si, era in paradiso. Quando fece l'ultimo morso, sentì tra i suoi piedi qualcosa e abbassò lo sguardo immaginando fosse Ares, il suo fantastico gatto ma quando vide davvero chi fosse sorrise appena. Ehi, ma che ci fai tu qui? Chiese poi abbassandosi e facendosi ancora annusare, poi cercò di prendere il gatto in braccio. Se il gatto fosse andato in braccio a Blake, lui lo avrebbe accarezzato dolcemente e poi avrebbe fatto qualche passo avanti sentendo anche un'altra voce che gli era così dannatamente famigliare. Non dovresti scendere nelle segrete da sola. Il suo tono era come al solito un pò arrogantello e con la smania di dare ordini un pò a tutti, lasciò Seth per terra facendogli un occhiolino e lasciando che andasse di nuovo dalla sua padrona. Le diede un'occhiata, si infilò le mani in tasca. Era la prima volta che si vedevano da soli e con l'occasione di parlare da quando avevano rotto. Come stai? Aveva la faccia come il culo e Blake non era uno che girava poi tanto intonro alle cose, non lo era mai stato e non avrebbe cominciato in questo momento. Era una persona fedele a se stessa e comunque Lilith era importante per lui sia che stessero insieme che non stessero insieme. Non si avvicinò moltissimo quasi aveva paura di farle del male. La sua divisa era sempre perfetta ed ai suoi occhi sempre troppo corta.
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    Non basta scopare bene per essere una coppia.
    Seth sembrava aver scelto di far passare una giornata infernale alla riccia. Si era dovuta inoltrare nei sotterranei per cercare quel gatto che era l’unica cosa che le rimaneva, per restare un minimo attaccata alla realtà. Continuava a cercarlo in quei cunicoli, come se stesse cercando un qualcosa di prezioso che aveva perduto ed era necessario trovare. Se solo Lilith avesse saputo che qualcuno prima di lei aveva incontrato il suo bengalese, forse se la sarebbe data a gambe levate da quei corridoi umidi. Infatti, il felino era finito tra le gambe di Blake, strusciandosi addosso. Annusò il ragazzo, riconoscendone l’odore familiare, come se fosse il suo secondo padrone e si lasciò prendere in braccio senza alcuna opposizione. Blake era riuscito ito a farsi accettare da Seth, nonostante qualche piccola incomprensione iniziale dei due, e ora lo vedeva come se fosse un secondo padrone. Il gatto non miagolò ma, indecentemente, iniziò a fare le fusa.
    Nel momento esatto in cui Lilith svolto quell’angolo, richiamando il gatto, la voce di Blake arrivò nella sua testa come una martellata. Una doccia fredda che le piove addosso a litri. Lilith sgranò gli occhi cristallo ed ebbe un sussulto. La vista dell’opale, inattesa e improvvisa, la fece disorientare. Da quanto non si vedevano, da soli? Da quanto non sentiva quella voce parlarle? Gli occhi di lei fissavano spalancati il volto del ragazzo, quel volto che Lilith aveva accarezzato e baciato più volte. I battiti del suo cuore si arrestarono per qualche istante, mentre il pungente dolore agli occhi iniziava a farsi strada. Nel momento in cui il suo sguardo incrociò quello di Blake, Lilith si sentì persa e con l’unica voglia di corrergli incontro e abbracciarlo, sentire di nuovo quel suo profumo e le mani accarezzarle la testa. Avrebbe voluto sentirsi dire che era tutto passato, che avrebbero sistemato tutto e lei voleva dirgli quanto le mancava, quanto senza di lui sentiva un vuoto enorme, che avrebbero potuto rimettere insieme i pezzi a posto. Ma ciò che fece fu il contrario. Rimase ferma, guardandolo in silenzio, come se avesse visto un fantasma.
    Seth posò le zampette a terra e andò tra le gambe di Lilith sedendosi per leccarsi le zampe. In tutto quel teatrino, lui sembrava essere quello più innocente, quello che aveva solo fatto il suo dovere, come se quella corsa pazzesca che aveva fatto fare a Lilith era giunta alla meta che lui aveva prefissato. La domanda di Blake la fece rinvenire per un attimo e Lilith schiuse le labbra per bofonchiare qualcosa «Scusa, ho perso di vista Seth… mi spiace ti abbai disturbato…» – il suo tono era basso, un filo tremante. Non aveva risposto alla sua domanda, che continuava a ronzarle nel cervello come una nenia pericolosa. Si chinò in avanti, per afferrare il felino «Io… scusa ancora…» – disse, facendo poi per girarsi di spalle, intenta a scappare via da quel posto. Fece qualche passo, arrestandosi quasi immediatamente. Rimise in terra Seth, che la guardò perplesso. Le mani caddero lungo i fianchi, stringendo in due pugni che potevano solcare il palmo con le unghie «Mi manchi.» – disse in un mormorio forse poco udibile, senza voltarsi nuovamente in sua direzione. La testa riccia si chinò a guardare la punta delle scarpe, mentre qualche goccia salata bagnava il pavimento del cunicolo. Per una volta aveva messo da parte l’orgoglio, aveva lasciato che l’istinto prevalesse sulla sua razionalità. Forse sarebbe stato giusto lasciar stare Blake, tornare indietro e riportare il gatto in camera, ma la bocca aveva parlato prima di poter veramente contare fino a tre. Le ciocche bianche dei suoi capelli non avevano pace, si tinge andò di nero, per poi tornare argento e mescolarsi con lo scuro, per una strana gradazione di grigio. L’inferno che aveva dentro stava bruciando, voleva tornare a voltarsi in sua direzione, affermarlo e tenerlo stretto, ma pensava fosse tutto così sbagliato. E non voleva che vedesse il suo volto bagnato dalle lacrime. Il dolore era troppo forte per non dirgli cosa realmente pensava. E quelle due parole racchiudeva o un mondo che probabilmente a lui non sarebbe più interessato.
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    Blake Barnes
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    Era tutto troppo complicato. vederla li nella sua perfetta divisa senza neanche una piegolina era qualcosa di straordinario. Se la ricordava esattamente in quel modo con quei ricci definiti e quella espressione da prefetta perfetta. Ma quella volta aveva gli occhi spenti. Il problema era che Blake sapeva che tutto quello era a causa sua che le aveva prima promesso di non farle del male e poi aveva fatto peggio del peggio. Poteva rimediare? Certo che poteva farlo ma quella volta voleva semplicemente del tempo. Doveva capire come fare a riuscire a farsi passare la paura dell'abbandono, del fatto che ogni volta che succedeva qualcosa di estremamente grosso e soprattutto per colpa sua, Lilith preferiva lasciarlo che sentire le sue ragioni. Era successo con Mia ed era successo di nuovo quando gli aveva detto qualcosa che sapeva che avrebbe messo a dura prova il loro rapporto. Si morse il labbro più volte e a quelle parole scosse il capo. Non mi disturba e non credo che tu debba chiedere scusa! Era sincero. Non aveva mai visto Lilith in quel modo, neanche quando quel mostro l'aveva violentata più e più volte. Il fatto era sempre lo stesso: Blake, in quel momento, non solo si sentiva estremamente in colpa per come stava Lilith ma riusciva a sentirsi anche estremamente sbagliato e le parole del padre gli rimbombavano nella testa ad ogni lacrima che scendeva dal viso della riccia. "Sei sbagliato, sei sempre stato sbagliato!" Quel silezio e quel freddo tra di loro non c'era mai stato neanche quando si erano visti per la prima volta neanche quando si erano parlati per la prima volta. Si morse semplicemente il labbro e la lasciò girare per farla andare via. Ma non hai risposto alla mia domanda Clarke! Disse poi prendendo una sigaretta da dentro la tasca del jeans. Si, lo sapeva non si poteva fumare li e bla bla bla, ma in quel momento ne aveva bisogno. Inoltre faceva talmente tanto sport che, effettivamente non era un problema fumare una sigaretta in più. Ma le parole di Lilith gli gelarono ancora il cuore. Anche a lui mancava ma non lo avrebbe detto ad alta voce. Non ce la faceva, non era qualcosa che gli apparteneva. Ci aveva messo due anni per dirle che l'amava, e lo aveva detto in un momento di rabbia, figuarsi se in quel momento gli uscivano quelle due paroline. Fece un passo avanti e le sfiorò il braccio. Clarke... Non sapeva effettivamente cosa rispondere e quelle situazioni lo mettevano tremendamente a disagio. Il fatto era che Blake aveva un deficit emotivo che diventava pian piano una voragine. Cercò di farla girare per guardarle il viso. Io... Davvero non sapeva cosa dire, cosa fare. Si sentiva seriamente inadeguato. Poteva anche non avere paura di una strega come Naga, poteva affrontare tanti esseri spaventosi, poteva sfiorare la morte anche ogni minuto, ma una conversazione del genere lo metteva seriamente in crisi.
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    Non basta scopare bene per essere una coppia.
    Quando era diventato tutto così difficile con lui? Come mai non riusciva a parlare con Blake, come faceva prima? Era passato quasi un mese dalla loro rottura e tutto avrebbe dovuto rimarginarsi, non avrebbe dovuto più fargli quell'effetto, eppure adesso che lo aveva davanti ed erano soli, tutto poteva sentire, tranne che indifferenza. Il suo cuore batteva all'impazzata, stava facendo una lotta con se stessa per non correre tra le sue braccia.
    Sentiva la sua voce fare eco nella sua testa, come se stesse violentando il suo cervello con quelle parole. Non obiettò niente al dover chiedere scusa o meno, ormai l'aveva fatto e lui sapeva perfettamente che non sarebbe tornata indietro con quelle parole.
    Rituonò quell'affermazione.
    Era vero, non aveva risposto alla sua domanda, ma perché? Cosa avrebbe dovuto dirgli? Come stava? Si sentiva vuota, si sentiva inerme a tutto quello che stava succedendo, aveva perso la voglia di fare una qualsiasi cosa. Viveva per abitudine. Ecco.
    Non avrebbe avuto il coraggio di dirgli davvero come stesse, non aveva la forza di fare i conti con i suoi sentimenti, quelli reali che cercava di coprire a tutti i costi.
    Quella freddezza non era loro, non erano Lilith e Blake e forse non avrebbe mai più rivisto quel sorriso tra le sue lenzuola e accarezzato quella pelle. E il solo pensiero di questo le fece venire una stretta allo stomaco. Portò istintivamente una mano a quest'ultimo, stringendo sulla giacca della divisa, come se stringendo avesse fermato quel bruciose interno.
    E fu forse quel cercare di ricacciare indietro quel dolore fisico, che le fece perdere il controllo sulle sue stesse parole.
    Rimase di spalle, dopo aver proferito quel mi manchi che era pieno di una sincerità malinconica che non l'era mai appartenuta.
    Poi una scossa, un brivido che le percorse il corpo, le fece sgranare gli occhi.
    Quelle dita che sfiorarono il braccio. Non si scostò, godette per un attimo di quel tocco inaspettato e si lasciò voltare senza opporre alcuna resistenza. Lo sguardò risalì a quello di Blake, che sembrava esser diventato anche lui liquido, in mezzo a quelle lacrime. Eppure quel viso di cui si era innamorata, lo avrebbe riconosciuto anche se fosse diventata cieca.
    Debole, un braccio si sollevò, la mano tremò appena mentre tentò di avvicinare le dita affusolate alla guancia di lui. Lo fece quasi senza pensarci, come se fossero due poli opposti di un magnete, che venivano attirati dall'altro. Sentire la sua bocca chiamare il suo nome fu quasi un respiro nuovo. Se le avesse concesso di sfiorargli il volto, il polpastrello dell'indice avrebbe disegnato quei lineamenti, come se li stesse memorizzando al tatto. Sarebbe pian piano scivolato su quella pelle, fino ad arrivare alle labbra. Il tocco sarebbe stato leggero, come quello di una piuma che carezzava il suo viso. Sulle labbra, sempre se glielo avesse concesso, avrebbe arrestato il tocco come se quella morbidezza l'avesse catturata «B-Blake...» - mormorò appena, con un filo di voce, quasi come se si stessero conoscendo di nuovo.
    I suoi occhi di cristalli liquidi si persero in quelli di lui, dove cercavano quell'ancora di salvezza alla quale si sarebbe aggrappata per risalire a galla. «T-tu?» - domandò quasi incerta di quello che stesse succedendo, non sicura che fosse la scelta giusta rimanere lì. Eppure, ora che aveva ritrovato quegli occhi, staccarsene sarebbe stato come uno strappo di un cerotto ben attaccato ad una ferita ancora sanguinante.
    Il pollice, se lui non si fosse spostato, avrebbe carezzato il labbro inferiore, mentre una lacrima scivolò velocemente sulla sua guancia.
    Voleva sentire ancora la sua voce, voleva sentire ancora il suo nome proferito da quelle labbra. Voleva baciarlo.
    Fece un timido passo verso di lui, quasi a tagliare ancora di più lo spazio che vi era, quasi senza accorgersene.
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    Blake Barnes
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    Cerano poche cose che mettevano a disagio Blake Barnes, una di questa era sicuramente l'analizzare i suoi sentimenti verso una persona, o comunque cercare in qualche modo di riconoscere la sua emotività e farla vedere. Ecco, quello era un momento del genere. Blake avrebbe voluto dirle tantissime cose, avrebbe voluto dirle che si, anche a lui mancava molto lei e la sua presenza, il suo modo di fare e le sue attenzioni, ma avrebbe voluto anche dirgli che se era quello l'effetto che lui faceva a lei, allora dovevano trovare un modo per non vedersi mai più o il senso di colpa lo avrebbe completamente divorato. Se c'era una cosa che Blake non riusciva a metabolizzare era il senso di colpa nel fare del male ad una persona che amava. In quel momento, non riusciva neanche a sentire il tocco di Lilith in quanto nella sua testa c'erano solamente le parole di suo padre che gli ripetevano che ogni cosa che avrebbe toccata, ogni donna che lo avrebbe amato alla fine ne sarebbe rimasta distrutta. Prima sua madre, adesso Lilith. Sua madre era morta per una malattia, invece Lilith, sapeva per certo, che non stava mangiando, in poche parole si stava ammalando. Ed in entrambi i casi era colpa sua. Rimase in silenzio, toccandole il braccio e poi ritirando la mano, lasciò che le sue dita delineassero il suo profilo ed arrivassero fino alle sue labbra ma non disse una parola. I suoi occhi era lontani perchè stava veramente soffrendo per tutto quello e non riusciva ad uscire fuori da quella spirale di senso di colpa, di vuoto, di rabbia nei suoi confronti. Ecco si, la rabbia, l'unica sensazione ed emozione che davvero conosceva bene e che era riuscito seriamente a domare, a controllare. Ecco perchè si rifugiava sempre in essa. Fece un passo indietro cercando di mettere della distanza dove invece Lilith l'aveva cercato di annullarla. Non credo che sia una buona idea. Ovviamente parlava di quella vicinanza. Lei lo aveva lasciato, per la seconda volta. E per la seconda volta si sentiva completamente devastato. Dovresti farti cucinare qualcosa che ti fa venire appetito, inoltre sei un prefetto e lo studio è sempre stata la cosa che ti riusciva bene, quindi dovresti impegnarti di più. Non ce la faceva, aveva un blocco emotivo prima di Lilith, durante il suo fidanzamento con lei, ed anche in quel momento. Cambiare discorso era l'unica cosa da fare oltre ad andare via. I suoi occhi erano puntati su quelli di lei, la lacrima che ne venne fuori fu un altro colpo allo stomaco. Non voleva che finisse così, ma glielo aveva detto: su quel ponte di quella dannata barca dei densiriani, Blake gli aveva detto che lui era un casino e che l'avrebbe fatta piangere e che avrebbe sofferto. Perchè nessuno gli dava mai retta e alla fine si ritrovava a dire sempre: io te lo avevo detto? Si sistemò il ciuffo, la sua espressione era completamente immutata. Maledetti Barnes e questo vizio di teneresi tutto dentro senza far trasparire assolutamente niente.
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    lilith clarke
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    Ogni singolo respiro veniva contato, ogni battito di ciglia era una frazione di secondo che interrompeva la vista da quel viso che aveva davanti. Lilith era una bomba ad orologeria di emozioni, il contrario di quello che invece era Blake. Era sempre stato un muro, dove ogni emozione doveva essere tirata fuori con la forza, dove ogni sentimento veniva preceduto dalla rabbia e solo così riusciva ad esprimere ciò che sentiva davvero.
    Era chiaro che tutto quello che Lilith sentiva, le si leggeva in faccia: dolore, malinconia... ma quegli occhi gridavano altro, urlavano mancanza, sbraitavano quanto quel sentimento che aveva provato per Blake e aveva coltivato era rimasto lì, probabilmente a lottare con le catene che Lilith aveva cercato di avvolgere attorno al proprio cuore, per tentare di non soffrire.
    Eppure ne soffriva il doppio; era come se si stesse trafiggendo da sola, cercando di negare i propri sentimenti verso l'opale. In altre occasioni, probabilmente ci avrebbe messo del suo, avrebbe iniziato ad urlargli contro quanto cazzo era stupido a non capire ciò che lei stesse provando per lui, quell'amore che - se anche cercava di soffocare - stava esplodendo perdendosi nei suoi occhi.
    Si specchiava nello sguardo del ragazzo, cercando quel calore che la scaldava. Il tocco della sua pelle sembrò quasi riaccendere la temperatura corporea di lei, che sembrava vivere in un momentaneo inverno. Quei capelli che continuavano a cambiare colore, i ricci che lui aveva sempre detto di adorare, stavano parlando anche loro. Ogni sua emozione si leggeva in quelle ciocche che si coloravano sempre più scure, quasi come se avessero riconosciuto chi avevano davanti. Si accese un piccolo sorriso, quando il pollice sforò quelle labbra e anche gli occhi ne accarezzarono le forme. Socchiuse gli occhi, con quella leggera parentesi che stava donandole un attimo di serenità, quasi come se volesse memorizzarne ogni centimetro anche ad occhi chiusi. Ma lei già conosceva quelle linee, le avrebbe trovate anche bendata. Si morse appena il labbro, soffermandosi ancora un pochino lì, per poi sentir mancare quel tocco e sgranare gli occhi improvvisamente.
    Il passo indietro di Blake sembrò far calare il gelo, poi quelle parole. Lilith strinse i denti e fece scivolare la mano che era rimasta sospesa a toccarne l'aria. Le dita si chiusero in pugno e lo sguardò calò su quelle punte di piedi che si erano allontanate.
    Strinse le iridi cristallo, quindi iniziò a scuotere il capo «Smettila.» - mormorò tra i denti senza alzare lo sguardo «Smettila!» - il tono si alzò appena, insieme al suo sguardo spalancato «Smettila di decidere per me! Smettila di pensare a cosa sia una buona idea per me!» - il suo tono era fermo, seppur sentiva il corpo tremare. Non sapeva se era rabbia o paura, per le parole che aveva appena scagliato contro l'opale.
    «Cosa pensi che sia una buona idea? Scappare? Cambiare discorso? Fingere di non conoscerti? Oh, credimi, lo vorrei fare eccome, Barnes. Vorrei guardarti per i corridoi e non sapere che sapore hanno le tue labbra, o che brivido genera ogni tuo sorriso.» - le sue mani si strinsero ancora di più in pugno, era come se quella catena si stesse allentando e lei stesse cacciando fuori quello che aveva tenuto custodito finora, per timore di ferirsi.
    «La verità, Blake, è solo una: io non ho paura a dirti quello che provo. Potrei ripeterlo mille e mille volte, potrei gridarlo a tutto il mondo. Tu? Puoi dire lo stesso? Puoi affermare di riuscire una volta a dire cosa realmente stai provando ora?» - era una domanda retorica, Lilith non aspettava una vera risposta, così come non l'era arrivata precedentemente.
    Sbuffò una risata ironica «Dovrei fare tante cose, B., ma la verità è che avrei voglia di farne solo una: prenderti a schiaffi per un intero giorno. Probabilmente una volta finito la fame mi ritornerebbe.» - Blake poteva leggere il sarcasmo in quelle parole.
    Fece un nuovo passo in avanti, quasi sfidandolo con quel gesto e con lo sguardo che non si scostava dal suo «Cos'è? Ti fa paura questo?» - e fece ancora un passo in sua direzione «Sei tu che hai preso il mio braccio. Sei tu che mi hai chiesto come stessi.» - Seth era seduto, li guardava di tanto in tanto, non capendo.
    Lilith avrebbe cercato di afferrare il braccio di Blake, per il polso, e se ci fosse riuscita, avrebbe provato a portare la mano di lui sulla sua guancia «Sono sempre la stessa Lilith, Barnes. Quella delle mutandine, quella dello stanzino delle scope, quella degli appunti perfetti.» - il tono sembrò calmarsi appena. Era sempre stata l'opposto di lui, quella che esplodeva dalle emozioni, davanti ad un muro invalicabile «Sono quella che guarda la foto di quella piantina ogni fottuto giorno e che fa ancora due copie degli appunti di Rune.» - il ghiaccio dei suoi occhi, fissava quelli di Blake, mentre il tono calava pian piano «Sono ancora quella che darebbe la sua vita per salvare la tua.» - questa frase era appena appena un sussurro, quasi timido.

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    Blake Barnes
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    Aveva fatto un passo indietro perchè si conosceva abbastanza da sapere quando era il momento di tirarsi indietro. Se quei due anni erano davvero serviti a qualcosa, se gli insegamenti dei suoi professori erano davvero serviti a qualcosa allora quello era il momento di dimostrarlo. Per la prima volta nella sua vita Blake stava cercando di pensare a quello che doveva fare eppure, eppure gli sembrava davvero che non fosse una buona idea niente di quello che stava facendo. Anche se una cosa successe, ossia, finalmente la ragazzina cacciava le palle davanti ad una situazione che non le stava bene. Il problema era che Blake non era una persona emotivamente stabile e se fino a quel momento aveva cercato di agire per il bene di Lilith, adesso, la sua mente era andata completamente in modalità protezione e quello voleva dire che uno dei due si sarebbe fatto male, nuovamente. Sgranò gli occhi per quello che disse: lui doveva smetterla di fare cosa? Infatti io sto facendo cosa penso che sia giusto per me! Ecco cosa voleva dire andare in modalità protezione per Blake! Voleva dire che la sua lingua diventava affilata e tagliente, diventava come mille lame e non si sarebbe fermato. Aveva fatto un passo indietro perchè non voleva farle male, ma lei ne aveva fatti due avanti per farlo esplodere. Esattamente quello che sapeva che sarebbe successo. Si, poteva anche essere una persona estremamente prevedibile ma non era una persona che si poteva realmente controllare, forse era l'unica cosa di cui Lilith non riusciva a farsi una ragione. Pensi che io stia scappando? Oppure pensi che io voglia cambiare discorso? Sei stata TU a decidere per Noi, entrambe le volte ed adesso paghi le conseguenze di quello che TU HAI FATTO A NOI! Sei scappata due volte pur sapendo che l'unica cosa che non dovevi farmi era lasciamri. Per cosa poi? Se aveva conservato la fase della rabbia solamente per il suo sacco da boxe, adesso, Lilith si era trasformata esattamente in quello. Quando gli chiese se era in grado di dirgli quello che stava provando in quel momento, i suoi occhi si accesero di un rosso fiammeggiante. Veramente gli stava ponendo quelle domande in quel modo? Ovviamente, non ci si poteva aspettare minimamente che Blake capisse il punto di vista della ragazzina e forse era proprio quello il problema di Blake e dell'avere un rapporto di coppia. Quando lei fece un passo avanti, verso di lui, l'opalino non si spostò minimamente, ed anzi erano vicini. Non si mosse neanche di un centimetro ma diede un cazzotto al muro che gli provocò il sanguinamento della mano, ma non sentiva niente, almeno non in quel momento. Ecco cosa sto provando. Il suo tono era basso, ma quello non era buon segno. Non le avrebbe fatto assolutamente niente, ma non avrebbe risparmiato altrettanto niente. A quelle ulteriori obiezioni alzò un sopracciglio, rimase con il pugno sul muro, sentiva il sangue scendere caldo sulla sua mano. Non sono un animale. Ti ho fermata e ti ho chiesto come stessi perchè ci tengo a te, perchè ho notato che sei dimagrita anche se continui ad essere bellissima e perchè non ti ho vista in varie lezioni quando so che ci tieni alla tua media. E a differenza di te io non scappo. Non ti evito per i corridoi e quando ti vedo cerco sempre il tuo sguardo. Io non sono un vigliacco e non lo sono mai stato. Se pensi che mi faccia paura questo allora vuol dire che non mi conosci neanche un pò! Era arrabbiato ed alla fine di tutto quello ne diede un altro di pugno verso la parete, si sarebbe spaccato la mano senza sentire assolutamente niente. Quando lei prese la sua mano e gliela mise sulla sua guancia, la dioptase avrebbe potuto tranquillamente sentire quanto tremasse e quanto avrebbe davvero voluto andare via da li. Quell'ultima frase fu il colpo di grazia. Ritrasse la mano, fece un passo indietro. Non voglio che tu dai la tua vita per salvare me, io non ho chiesto a nessuno di salvarmi, non ho chiesto proprio un cazzo di niente a nessuno. Mi hai lasciato TU PER BEN DUE VOLTE! Ed adesso vieni qui a fare quella che darebbe la vita per me? No, no no... non è così che funziona, non con me. AVEVO SOLAMENTE AIUTATO UNA MIA AMICA IN UN MOMENTO DI BISOGNO E TU HAI SCLERATO COME UNA CAZZO DI BAMBINA DI 12 ANNI! Per una carezza alla guancia ed adesso vieni qui a dirmi che il mio sorriso bla bla bla. IO ero TUO! Sei tu che non mi hai voluto e te ne sei andata, come FANNO TUTTE. Voleva sapere cosa stesse provando in quel momento? Ecco cosa stava provando in quel momento. Hai scelto tu per me e ti ho chiesto di non farlo da quando ti ho incontrata, ti ho aperto la porta di casa mia e quella del mio cuore senza nessun tipo di riserva, sapevi che la cosa che mi avrebbe fatta più male era quella di andartene senza neanche chiedere spiegazioni e niente... indovina che hai fatto? E lo hai fatto per ben DUE volte. Non voleva essere toccato e non voleva neanche essere capito in quel momento. Io sono sempre stato chiaro con te, sono sempre stato cristalllino con tutti, non mi sono mai nascosto o mostrato per quello che non sono, se volevi un ragazzo perfetto, un ragazzo che vive solamente per te, allora, come ti dissi all'epoca te lo ripeto adesso, non sono io. Perchè io vivo solamente per me stesso ed a tratti per mio fratello. Pura e cruda verità detta in maniera eccessiva in quanto completamente travolto dalla rabbia che provava in quel momento.
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    Quando Lilith scoppiava, sembrava non potesse più essere disinnescata. Blake lo sapeva, sapeva come reagiva quando litigavano, sapeva come le sue urla sarebbero arrivate in altri universi, se avesse voluto. E quel passo indietro del ragazzo era stato l'innesco perfetto per accendere la miccia. Lilith aveva messo da parte quella paura, quella sofferenza, per cacciare fuori tutto quello che provava, sparandolo come un getto d'acqua bollente, a chi aveva davanti. Erano sempre stati opposti anche su questo fronte: lei così emotiva, lui un muro da scalfire per cercare di avere una minima parvenza di emozione. La vera domanda che si era posta Lilith in quel periodo di assenza di Blake era: si sarebbe mai stancata di scalfire quel muro? E adesso, con lui davanti, aveva trovato la risposta: no.
    E se ne stava accorgendo solo adesso, quando quella frase e quel gesto l'avevano fatta esplodere, bomba ad orologeria, facendole sputare il veleno che aveva dentro. Non c'era odio in quel che diceva, non c'era rabbia, adesso lo sapeva; era carica di emozioni a cui non sapeva ancora dare un nome, ma che si racchiudevano sotto un solo nome e cognome: Blake Barnes. Forse era questa l'emozione che provava più fortemente delle altre, di cui non riusciva a farne a meno. Scosse la testa alle sue parole e più lo ascoltava e più il suo sorriso sarcastico veniva fuori, come se ogni suo dire la facesse solo arrabbiare di più. Sbuffò aria dalle labbra, prima di riprendere a parlare «Pensi a ciò che è bene per te? Davvero Blake? E cosa è bene per te? Bere? Drogarti? Fare sesso con la prima che passa? E' chiaro che tu non ti vuoi veramente bene, Barnes.» - era quasi un sibilo amaro il suo e la S del suo cognome fischio appena tra le labbra di Lilith.
    Sgranò gli occhi alle sue parole «Cosa ho fatto IO?! Sei serio? Credi che la colpa sia solo ed esclusivamente mia, Blake?» - ormai erano parti, in quel loro litigare che li caratterizzava da tempo. Lilith distolse lo sguardo, con un sorriso amaro e disapprovante. Si avvicinò, quasi con aria di sfida e non distolse lo sguardo dai suoi occhi mentre lui dava quel pugno al muro. Strinse, invece, i denti, non spaventandosi di quella reazione «Che sei un coglione! Ecco cosa stai provando!» - gli disse a mezzo tono, senza allontanarsi minimanete da lui. Seth si andò a nascondere, quando l'Opale tirò il pugno e ora li osservava da lontano, incerto che potesse essere un posto sicuro quello che prima sembrava solo una passeggiata per il felino. La mano di Lilith, poi, saettò verso il polso del ragazzo, tentando di staccare la mano dal muro e dalla presa, Blake avrebbe potuto capire che non aveva scelta ulteriore di evitare quel gesto «Ferula.» - l'otto disegnato e la formula avrebbero fasciato la mano del ragazzo, mentre ancora si sarebbe preoccupata di ritornare al suo volto «Questo è quello che fa bene a te, Blake? Farti del male?» - quindi lo ascoltò ancora, scuotendo ancora la testa contrariata, una risata venne sbuffata fuori, con fare quasi strafottente «Tu hai paura dei sentimenti, Blake.» - sentenziò quasi fosse una minaccia velata. Lo sentì tremare al contatto con la pelle, quindi riprese ad ascoltare quelle parole, mentre ancora una volta si distanziava da lei.
    «Io non ti avrei voluto? SCUSAMI?! Sai quando non ti volevo? Quando spiavi sotto la mia gonna mentre leggevo! Lì non ti volevo! Poi mi sono innamorata di quella faccia di cazzo che ti ritrovi ed è stato il più grande errore della mia vita, Blake!» - lei sapeva di star mentendo a se stessa, che non era stato un errore, ma adesso, quelle emozioni dal nome di Blake, si stavano rigettando come benzina sul fuoco e non riusciva a fermarsi dall'impulso che le trasportava «Come fanno tutte?! Davvero? E tutte vanno da tuo fratello a chiedere di te, brutta testa di cretino!? TUTTE?!» - il tono si alzava via via che la situazione si scaldava «La spiegazione di cosa dovevo chiedere, Blake? Perché avessi infilato il tuo amichetto in mezzo alle cosce di una sgualdrina qualunque?» - se solo Lilith avesse saputo chi fosse la persona con cui Blake era andato a letto, probabilmente quelle parole non le avrebbe usate e forse - si sarebbe sentita ancor più morire dentro «Se volevo un ragazzo perfetto, Blake, sapevo perfettamente dove trovarlo.» - sputò fuori, questa volta con rabbia «Io voglio te e il casino che sei. Ma purtroppo te ne renderai conto quando mi vedrai passeggiare per i corridoi con un altro, capendo quanto hai perso, Barnes.» - adesso fu lei a fare dei passi indietro e ad avvicinare il suo gatto che era ritornato quando avevano smesso di tirare pugni. Si chinò, prendendo Seth e stringendolo tra le braccia, quindi guardò di nuovo l'opale «Ricordati una cosa Blake: il mio dolore prima o poi passerà. E non busserò mai più alla tua porta, ma ne aprirò una dove tu non avrai mai la chiave.» - quindi gli voltò le spalle «Devo andare, si è fatto tardi. Buon proseguimento.» - e sollevando una mano con sufficienza, avrebbe lasciato Blake lì, ancora una volta andandosene, ma questa volta con una consapevolezza diversa: si sarebbe ripresa la sua vita. E questa comprendeva anche lui, che lo accettasse o meno.

    metamorfomaga
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