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.Lilith Clarke
Dioptase-Prefetto | Metamorphomaga | StatQuello era uno di quei pomeriggi in cui Lilith aveva tantissimo, troppo da fare, ma la volontà e la forza di farlo era pari a zero. Da quando aveva lasciato Blake si sentiva vuota, persa in una voragine che la stava mandando sempre più giù e non riusciva a capirne il vero motivo. Era come se avesse staccato una buona parte di sé e l'avesse buttata nel dimenticatoio. I suoi voti vacillavano e la forza di studiare era sempre meno, come se quei libri la riportassero in un vortice di ricordi dalla quale voleva scappare. Come aveva fatto ad abbassare così tanto le difese per un ragazzo e cosa era successo alla sua grinta?
Non riusciva a capirlo, forse non si impegnava nemmeno a farlo. Le punte dei suoi ricci erano ancora color ghiaccio e sotto le sue iridi celesti le occhiaie venivano coperte dal fondotinta che ormai era diventato il suo migliore amico.
Cos'era successo dopo quella rottura? Lilith aveva cercato di impegnare la mente in quello che era il suo hobby preferito, lo studio, eppure non riusciva a liberarsi di quel peso, di quel sentimento che provava per l'opale che cercava di evitare. Non vederlo più era una tortura e non sapeva fino a quando sarebbe durata quel dolore. Cercava di fare tutte le sue cose, ma l'attenzione era diversa, come se non riuscisse a concentrarsi per più di cinque minuti.
Forse aveva bisogno di una pausa, ma non voleva nemmeno provare a pensare di tornare a casa dai gemelli che l'avrebbero tartassata di domande sul perché non fosse con Blake e cose del genere.
Inoltre, quel pomeriggio fatidico, anche Seth aveva deciso di darle filo da torcere. Era scappato e Lilith lo stava cercando da una mezz'oretta abbondante, come se non bastasse il suo umore a distrarla dallo studio.
C'era un unico posto dove ancora non aveva visto, prima di uscire fuori dal castello: le segrete. Quella zona non era solita visitarla, Lilith, ma se era per cercare Seth, allora questo avrebbe cambiato un po' le cose.
Si spinse nei sotterranei che frequentava solo ed esclusivamente per le lezioni di pozioni. Un po' titubante e incerta, varcò l'ingresso dove quei gargoile le facevano sempre un po' timore.
Fece qualche passo nel cunicolo principale, prendendo in mano la bacchetta come se la cosa potesse renderla più sicura.
«Seth?» - chiamò il nome del gatto, pronta a risentire la sua eco tornare indietro. Ad ogni passo le fiaccole si accendevano mostrandole il proseguio di quel corridoio umido.
«Seth, dai... torniamo in camera.» - provò di nuovo, ma il gatto, se fosse stato lì, non sembrava aver intenzione di risponderle.La cosa bella dei rapporti è che ti dimentichi come sono iniziati.©. -
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.Lilith Clarke
Dioptase-Prefetto | Metamorphomaga | StatSeth sembrava aver scelto di far passare una giornata infernale alla riccia. Si era dovuta inoltrare nei sotterranei per cercare quel gatto che era l’unica cosa che le rimaneva, per restare un minimo attaccata alla realtà. Continuava a cercarlo in quei cunicoli, come se stesse cercando un qualcosa di prezioso che aveva perduto ed era necessario trovare. Se solo Lilith avesse saputo che qualcuno prima di lei aveva incontrato il suo bengalese, forse se la sarebbe data a gambe levate da quei corridoi umidi. Infatti, il felino era finito tra le gambe di Blake, strusciandosi addosso. Annusò il ragazzo, riconoscendone l’odore familiare, come se fosse il suo secondo padrone e si lasciò prendere in braccio senza alcuna opposizione. Blake era riuscito ito a farsi accettare da Seth, nonostante qualche piccola incomprensione iniziale dei due, e ora lo vedeva come se fosse un secondo padrone. Il gatto non miagolò ma, indecentemente, iniziò a fare le fusa.
Nel momento esatto in cui Lilith svolto quell’angolo, richiamando il gatto, la voce di Blake arrivò nella sua testa come una martellata. Una doccia fredda che le piove addosso a litri. Lilith sgranò gli occhi cristallo ed ebbe un sussulto. La vista dell’opale, inattesa e improvvisa, la fece disorientare. Da quanto non si vedevano, da soli? Da quanto non sentiva quella voce parlarle? Gli occhi di lei fissavano spalancati il volto del ragazzo, quel volto che Lilith aveva accarezzato e baciato più volte. I battiti del suo cuore si arrestarono per qualche istante, mentre il pungente dolore agli occhi iniziava a farsi strada. Nel momento in cui il suo sguardo incrociò quello di Blake, Lilith si sentì persa e con l’unica voglia di corrergli incontro e abbracciarlo, sentire di nuovo quel suo profumo e le mani accarezzarle la testa. Avrebbe voluto sentirsi dire che era tutto passato, che avrebbero sistemato tutto e lei voleva dirgli quanto le mancava, quanto senza di lui sentiva un vuoto enorme, che avrebbero potuto rimettere insieme i pezzi a posto. Ma ciò che fece fu il contrario. Rimase ferma, guardandolo in silenzio, come se avesse visto un fantasma.
Seth posò le zampette a terra e andò tra le gambe di Lilith sedendosi per leccarsi le zampe. In tutto quel teatrino, lui sembrava essere quello più innocente, quello che aveva solo fatto il suo dovere, come se quella corsa pazzesca che aveva fatto fare a Lilith era giunta alla meta che lui aveva prefissato. La domanda di Blake la fece rinvenire per un attimo e Lilith schiuse le labbra per bofonchiare qualcosa «Scusa, ho perso di vista Seth… mi spiace ti abbai disturbato…» – il suo tono era basso, un filo tremante. Non aveva risposto alla sua domanda, che continuava a ronzarle nel cervello come una nenia pericolosa. Si chinò in avanti, per afferrare il felino «Io… scusa ancora…» – disse, facendo poi per girarsi di spalle, intenta a scappare via da quel posto. Fece qualche passo, arrestandosi quasi immediatamente. Rimise in terra Seth, che la guardò perplesso. Le mani caddero lungo i fianchi, stringendo in due pugni che potevano solcare il palmo con le unghie «Mi manchi.» – disse in un mormorio forse poco udibile, senza voltarsi nuovamente in sua direzione. La testa riccia si chinò a guardare la punta delle scarpe, mentre qualche goccia salata bagnava il pavimento del cunicolo. Per una volta aveva messo da parte l’orgoglio, aveva lasciato che l’istinto prevalesse sulla sua razionalità. Forse sarebbe stato giusto lasciar stare Blake, tornare indietro e riportare il gatto in camera, ma la bocca aveva parlato prima di poter veramente contare fino a tre. Le ciocche bianche dei suoi capelli non avevano pace, si tinge andò di nero, per poi tornare argento e mescolarsi con lo scuro, per una strana gradazione di grigio. L’inferno che aveva dentro stava bruciando, voleva tornare a voltarsi in sua direzione, affermarlo e tenerlo stretto, ma pensava fosse tutto così sbagliato. E non voleva che vedesse il suo volto bagnato dalle lacrime. Il dolore era troppo forte per non dirgli cosa realmente pensava. E quelle due parole racchiudeva o un mondo che probabilmente a lui non sarebbe più interessato.La cosa bella dei rapporti è che ti dimentichi come sono iniziati.©. -
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.Lilith Clarke
Dioptase-Prefetto | Metamorphomaga | StatQuando era diventato tutto così difficile con lui? Come mai non riusciva a parlare con Blake, come faceva prima? Era passato quasi un mese dalla loro rottura e tutto avrebbe dovuto rimarginarsi, non avrebbe dovuto più fargli quell'effetto, eppure adesso che lo aveva davanti ed erano soli, tutto poteva sentire, tranne che indifferenza. Il suo cuore batteva all'impazzata, stava facendo una lotta con se stessa per non correre tra le sue braccia.
Sentiva la sua voce fare eco nella sua testa, come se stesse violentando il suo cervello con quelle parole. Non obiettò niente al dover chiedere scusa o meno, ormai l'aveva fatto e lui sapeva perfettamente che non sarebbe tornata indietro con quelle parole.
Rituonò quell'affermazione.
Era vero, non aveva risposto alla sua domanda, ma perché? Cosa avrebbe dovuto dirgli? Come stava? Si sentiva vuota, si sentiva inerme a tutto quello che stava succedendo, aveva perso la voglia di fare una qualsiasi cosa. Viveva per abitudine. Ecco.
Non avrebbe avuto il coraggio di dirgli davvero come stesse, non aveva la forza di fare i conti con i suoi sentimenti, quelli reali che cercava di coprire a tutti i costi.
Quella freddezza non era loro, non erano Lilith e Blake e forse non avrebbe mai più rivisto quel sorriso tra le sue lenzuola e accarezzato quella pelle. E il solo pensiero di questo le fece venire una stretta allo stomaco. Portò istintivamente una mano a quest'ultimo, stringendo sulla giacca della divisa, come se stringendo avesse fermato quel bruciose interno.
E fu forse quel cercare di ricacciare indietro quel dolore fisico, che le fece perdere il controllo sulle sue stesse parole.
Rimase di spalle, dopo aver proferito quel mi manchi che era pieno di una sincerità malinconica che non l'era mai appartenuta.
Poi una scossa, un brivido che le percorse il corpo, le fece sgranare gli occhi.
Quelle dita che sfiorarono il braccio. Non si scostò, godette per un attimo di quel tocco inaspettato e si lasciò voltare senza opporre alcuna resistenza. Lo sguardò risalì a quello di Blake, che sembrava esser diventato anche lui liquido, in mezzo a quelle lacrime. Eppure quel viso di cui si era innamorata, lo avrebbe riconosciuto anche se fosse diventata cieca.
Debole, un braccio si sollevò, la mano tremò appena mentre tentò di avvicinare le dita affusolate alla guancia di lui. Lo fece quasi senza pensarci, come se fossero due poli opposti di un magnete, che venivano attirati dall'altro. Sentire la sua bocca chiamare il suo nome fu quasi un respiro nuovo. Se le avesse concesso di sfiorargli il volto, il polpastrello dell'indice avrebbe disegnato quei lineamenti, come se li stesse memorizzando al tatto. Sarebbe pian piano scivolato su quella pelle, fino ad arrivare alle labbra. Il tocco sarebbe stato leggero, come quello di una piuma che carezzava il suo viso. Sulle labbra, sempre se glielo avesse concesso, avrebbe arrestato il tocco come se quella morbidezza l'avesse catturata «B-Blake...» - mormorò appena, con un filo di voce, quasi come se si stessero conoscendo di nuovo.
I suoi occhi di cristalli liquidi si persero in quelli di lui, dove cercavano quell'ancora di salvezza alla quale si sarebbe aggrappata per risalire a galla. «T-tu?» - domandò quasi incerta di quello che stesse succedendo, non sicura che fosse la scelta giusta rimanere lì. Eppure, ora che aveva ritrovato quegli occhi, staccarsene sarebbe stato come uno strappo di un cerotto ben attaccato ad una ferita ancora sanguinante.
Il pollice, se lui non si fosse spostato, avrebbe carezzato il labbro inferiore, mentre una lacrima scivolò velocemente sulla sua guancia.
Voleva sentire ancora la sua voce, voleva sentire ancora il suo nome proferito da quelle labbra. Voleva baciarlo.
Fece un timido passo verso di lui, quasi a tagliare ancora di più lo spazio che vi era, quasi senza accorgersene.La cosa bella dei rapporti è che ti dimentichi come sono iniziati.©. -
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.lilith clarkeprefetto dioptaseOgni singolo respiro veniva contato, ogni battito di ciglia era una frazione di secondo che interrompeva la vista da quel viso che aveva davanti. Lilith era una bomba ad orologeria di emozioni, il contrario di quello che invece era Blake. Era sempre stato un muro, dove ogni emozione doveva essere tirata fuori con la forza, dove ogni sentimento veniva preceduto dalla rabbia e solo così riusciva ad esprimere ciò che sentiva davvero.
Era chiaro che tutto quello che Lilith sentiva, le si leggeva in faccia: dolore, malinconia... ma quegli occhi gridavano altro, urlavano mancanza, sbraitavano quanto quel sentimento che aveva provato per Blake e aveva coltivato era rimasto lì, probabilmente a lottare con le catene che Lilith aveva cercato di avvolgere attorno al proprio cuore, per tentare di non soffrire.
Eppure ne soffriva il doppio; era come se si stesse trafiggendo da sola, cercando di negare i propri sentimenti verso l'opale. In altre occasioni, probabilmente ci avrebbe messo del suo, avrebbe iniziato ad urlargli contro quanto cazzo era stupido a non capire ciò che lei stesse provando per lui, quell'amore che - se anche cercava di soffocare - stava esplodendo perdendosi nei suoi occhi.
Si specchiava nello sguardo del ragazzo, cercando quel calore che la scaldava. Il tocco della sua pelle sembrò quasi riaccendere la temperatura corporea di lei, che sembrava vivere in un momentaneo inverno. Quei capelli che continuavano a cambiare colore, i ricci che lui aveva sempre detto di adorare, stavano parlando anche loro. Ogni sua emozione si leggeva in quelle ciocche che si coloravano sempre più scure, quasi come se avessero riconosciuto chi avevano davanti. Si accese un piccolo sorriso, quando il pollice sforò quelle labbra e anche gli occhi ne accarezzarono le forme. Socchiuse gli occhi, con quella leggera parentesi che stava donandole un attimo di serenità, quasi come se volesse memorizzarne ogni centimetro anche ad occhi chiusi. Ma lei già conosceva quelle linee, le avrebbe trovate anche bendata. Si morse appena il labbro, soffermandosi ancora un pochino lì, per poi sentir mancare quel tocco e sgranare gli occhi improvvisamente.
Il passo indietro di Blake sembrò far calare il gelo, poi quelle parole. Lilith strinse i denti e fece scivolare la mano che era rimasta sospesa a toccarne l'aria. Le dita si chiusero in pugno e lo sguardò calò su quelle punte di piedi che si erano allontanate.
Strinse le iridi cristallo, quindi iniziò a scuotere il capo «Smettila.» - mormorò tra i denti senza alzare lo sguardo «Smettila!» - il tono si alzò appena, insieme al suo sguardo spalancato «Smettila di decidere per me! Smettila di pensare a cosa sia una buona idea per me!» - il suo tono era fermo, seppur sentiva il corpo tremare. Non sapeva se era rabbia o paura, per le parole che aveva appena scagliato contro l'opale.
«Cosa pensi che sia una buona idea? Scappare? Cambiare discorso? Fingere di non conoscerti? Oh, credimi, lo vorrei fare eccome, Barnes. Vorrei guardarti per i corridoi e non sapere che sapore hanno le tue labbra, o che brivido genera ogni tuo sorriso.» - le sue mani si strinsero ancora di più in pugno, era come se quella catena si stesse allentando e lei stesse cacciando fuori quello che aveva tenuto custodito finora, per timore di ferirsi.
«La verità, Blake, è solo una: io non ho paura a dirti quello che provo. Potrei ripeterlo mille e mille volte, potrei gridarlo a tutto il mondo. Tu? Puoi dire lo stesso? Puoi affermare di riuscire una volta a dire cosa realmente stai provando ora?» - era una domanda retorica, Lilith non aspettava una vera risposta, così come non l'era arrivata precedentemente.
Sbuffò una risata ironica «Dovrei fare tante cose, B., ma la verità è che avrei voglia di farne solo una: prenderti a schiaffi per un intero giorno. Probabilmente una volta finito la fame mi ritornerebbe.» - Blake poteva leggere il sarcasmo in quelle parole.
Fece un nuovo passo in avanti, quasi sfidandolo con quel gesto e con lo sguardo che non si scostava dal suo «Cos'è? Ti fa paura questo?» - e fece ancora un passo in sua direzione «Sei tu che hai preso il mio braccio. Sei tu che mi hai chiesto come stessi.» - Seth era seduto, li guardava di tanto in tanto, non capendo.
Lilith avrebbe cercato di afferrare il braccio di Blake, per il polso, e se ci fosse riuscita, avrebbe provato a portare la mano di lui sulla sua guancia «Sono sempre la stessa Lilith, Barnes. Quella delle mutandine, quella dello stanzino delle scope, quella degli appunti perfetti.» - il tono sembrò calmarsi appena. Era sempre stata l'opposto di lui, quella che esplodeva dalle emozioni, davanti ad un muro invalicabile «Sono quella che guarda la foto di quella piantina ogni fottuto giorno e che fa ancora due copie degli appunti di Rune.» - il ghiaccio dei suoi occhi, fissava quelli di Blake, mentre il tono calava pian piano «Sono ancora quella che darebbe la sua vita per salvare la tua.» - questa frase era appena appena un sussurro, quasi timido.metamorfomagacode ©#fishbone. -
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.lilith clarkeprefetto dioptaseQuando Lilith scoppiava, sembrava non potesse più essere disinnescata. Blake lo sapeva, sapeva come reagiva quando litigavano, sapeva come le sue urla sarebbero arrivate in altri universi, se avesse voluto. E quel passo indietro del ragazzo era stato l'innesco perfetto per accendere la miccia. Lilith aveva messo da parte quella paura, quella sofferenza, per cacciare fuori tutto quello che provava, sparandolo come un getto d'acqua bollente, a chi aveva davanti. Erano sempre stati opposti anche su questo fronte: lei così emotiva, lui un muro da scalfire per cercare di avere una minima parvenza di emozione. La vera domanda che si era posta Lilith in quel periodo di assenza di Blake era: si sarebbe mai stancata di scalfire quel muro? E adesso, con lui davanti, aveva trovato la risposta: no.
E se ne stava accorgendo solo adesso, quando quella frase e quel gesto l'avevano fatta esplodere, bomba ad orologeria, facendole sputare il veleno che aveva dentro. Non c'era odio in quel che diceva, non c'era rabbia, adesso lo sapeva; era carica di emozioni a cui non sapeva ancora dare un nome, ma che si racchiudevano sotto un solo nome e cognome: Blake Barnes. Forse era questa l'emozione che provava più fortemente delle altre, di cui non riusciva a farne a meno. Scosse la testa alle sue parole e più lo ascoltava e più il suo sorriso sarcastico veniva fuori, come se ogni suo dire la facesse solo arrabbiare di più. Sbuffò aria dalle labbra, prima di riprendere a parlare «Pensi a ciò che è bene per te? Davvero Blake? E cosa è bene per te? Bere? Drogarti? Fare sesso con la prima che passa? E' chiaro che tu non ti vuoi veramente bene, Barnes.» - era quasi un sibilo amaro il suo e la S del suo cognome fischio appena tra le labbra di Lilith.
Sgranò gli occhi alle sue parole «Cosa ho fatto IO?! Sei serio? Credi che la colpa sia solo ed esclusivamente mia, Blake?» - ormai erano parti, in quel loro litigare che li caratterizzava da tempo. Lilith distolse lo sguardo, con un sorriso amaro e disapprovante. Si avvicinò, quasi con aria di sfida e non distolse lo sguardo dai suoi occhi mentre lui dava quel pugno al muro. Strinse, invece, i denti, non spaventandosi di quella reazione «Che sei un coglione! Ecco cosa stai provando!» - gli disse a mezzo tono, senza allontanarsi minimanete da lui. Seth si andò a nascondere, quando l'Opale tirò il pugno e ora li osservava da lontano, incerto che potesse essere un posto sicuro quello che prima sembrava solo una passeggiata per il felino. La mano di Lilith, poi, saettò verso il polso del ragazzo, tentando di staccare la mano dal muro e dalla presa, Blake avrebbe potuto capire che non aveva scelta ulteriore di evitare quel gesto «Ferula.» - l'otto disegnato e la formula avrebbero fasciato la mano del ragazzo, mentre ancora si sarebbe preoccupata di ritornare al suo volto «Questo è quello che fa bene a te, Blake? Farti del male?» - quindi lo ascoltò ancora, scuotendo ancora la testa contrariata, una risata venne sbuffata fuori, con fare quasi strafottente «Tu hai paura dei sentimenti, Blake.» - sentenziò quasi fosse una minaccia velata. Lo sentì tremare al contatto con la pelle, quindi riprese ad ascoltare quelle parole, mentre ancora una volta si distanziava da lei.
«Io non ti avrei voluto? SCUSAMI?! Sai quando non ti volevo? Quando spiavi sotto la mia gonna mentre leggevo! Lì non ti volevo! Poi mi sono innamorata di quella faccia di cazzo che ti ritrovi ed è stato il più grande errore della mia vita, Blake!» - lei sapeva di star mentendo a se stessa, che non era stato un errore, ma adesso, quelle emozioni dal nome di Blake, si stavano rigettando come benzina sul fuoco e non riusciva a fermarsi dall'impulso che le trasportava «Come fanno tutte?! Davvero? E tutte vanno da tuo fratello a chiedere di te, brutta testa di cretino!? TUTTE?!» - il tono si alzava via via che la situazione si scaldava «La spiegazione di cosa dovevo chiedere, Blake? Perché avessi infilato il tuo amichetto in mezzo alle cosce di una sgualdrina qualunque?» - se solo Lilith avesse saputo chi fosse la persona con cui Blake era andato a letto, probabilmente quelle parole non le avrebbe usate e forse - si sarebbe sentita ancor più morire dentro «Se volevo un ragazzo perfetto, Blake, sapevo perfettamente dove trovarlo.» - sputò fuori, questa volta con rabbia «Io voglio te e il casino che sei. Ma purtroppo te ne renderai conto quando mi vedrai passeggiare per i corridoi con un altro, capendo quanto hai perso, Barnes.» - adesso fu lei a fare dei passi indietro e ad avvicinare il suo gatto che era ritornato quando avevano smesso di tirare pugni. Si chinò, prendendo Seth e stringendolo tra le braccia, quindi guardò di nuovo l'opale «Ricordati una cosa Blake: il mio dolore prima o poi passerà. E non busserò mai più alla tua porta, ma ne aprirò una dove tu non avrai mai la chiave.» - quindi gli voltò le spalle «Devo andare, si è fatto tardi. Buon proseguimento.» - e sollevando una mano con sufficienza, avrebbe lasciato Blake lì, ancora una volta andandosene, ma questa volta con una consapevolezza diversa: si sarebbe ripresa la sua vita. E questa comprendeva anche lui, che lo accettasse o meno.metamorfomagacode ©#fishbone.