I colori di un abbraccio

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    Aibileen Beatrix
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    Aibileen aveva dato appuntamento a Mia sulla Terrazza, quando si erano incrociate nel corridoio l'altra sera, prima di andare a dormire.
    Aveva bisogno di vederla, ma come si deve. Ed anche di pace. Il paesaggio di quella Terrazza, gliene trasmetteva tanta. Ogni giorno che passava, le sembrava diventare sempre più da mozzare il fiato.
    Forse perché, ogni giorno che passava, sentiva di affezionarsi sempre di più a quella scuola, alla sua casata, ai suoi abitanti.
    Mancava poco tempo, ormai, all'arrivo delle vacanze di Natale. Da una parte, non vedeva chiaramente l'ora di rivedere la sua famiglia, ma dall'altra, doveva ammettere che Hidenstone le sarebbe mancata (nonostante l'avventura mortale vissuta ad Halloween, in cui avevano combattuto contro fantasmi, teschi e zucche per salvare le anime dannate di piccoli denrisiani torturati ed uccisi malamente – in ricordo di tale battaglia da incubo e, soprattutto, dei suoi errori, portava al collo la Lacrima d'anima ricevuta in dono ormai ogni giorno). Ed anche alcuni dei compagni, quelli con cui sentiva di aver legato maggiormente.
    Mentre passava, a tempi alterni, dalla contemplazione del paesaggio al perdersi trai suoi pensieri, si rigirava tra le mani il pacchetto regalo che aveva l'intenzione di donare a Mia.
    Aveva già lasciato, quella mattina, appeso sulla porta della sua stanza, un disegno caricaturale (molto in stile cartone animato) di Mia in veste di fatina, con delle orecchie ed una coda beige-giallino da gatta, con un abitino viola, che faceva l'occhiolino mentre stringeva un libro in una mano, ed una mazza da battitore dall'altra.
    Avrebbe voluto avere il coraggio di fare un pensiero a tutti i suoi concasata ma, obiettivamente, era ancora troppo timida ed insicura per farlo: “Mi prenderebbero per scema ed inopportuna, mi conoscono da così poco...”, si era detta.

    “Che allegria, Aibileen.”

    Aveva anche disegnato, e lasciato appesi sulle porte delle loro stanze, dei “personaggi in chiave fantasy” per Emma e per Nathan: aveva immaginato Emma in veste di folletta, con una tenuta verdeacqua, mentre impugnava la faretra in una direzione (apparentemente) ben precisa, e che avanzava in un cielo azzurro in groppa ad un astuccio volante gigante, con un unicorno giallo ed uno viola stampati sopra.
    Nathan, invece, nella sua fantasia, era diventato un cacciatore di taglie, vestito però in maniera molto moderna: con una camicia bianca dai fiori lilla stropicciata e dei jeans blu scuro, strappati sul ginocchio destro, ed un lungo cappotto molto alla “o sono un cacciatore di qualche gioco di ruolo, o sono un detective alternativo” blu notte, tenuto aperto. Nel disegno, stava consultando una bacheca piena di taglie su Vampiri, Zucche Assassine, ed anche una sul fantasma di un capitano pirata, che Nathan nel disegno osservava con notevole interesse.
    Aveva anche completato il disegno caricaturale del Professor de Long-Prée, nonché fatto uno sul personaggio ispirato da Erik, uno su quello ispirato da Aidan, uno su quello ispirato da Blake, ed uno su quello ispirato da Addison. Quelli, dubitava moltissimo che avrebbe mai trovato il coraggio di consegnarli a chi glieli aveva ispirati, però.
    Persa in questi pensieri, e con un notevole nodo all'altezza dello stomaco, cominciò a giocherellare, con le dita di una mano, con la Lacrima d'anima che portava al collo, mentre l'altra teneva ben saldo il pacchettino blu scuro.
    Era giunta all'appuntamento in anticipo, ragion per cui, non aveva alcun motivo di lamentarsi: ma non vedeva davvero l'ora che Mia arrivasse.
    Voleva abbracciarla stretta, sincerarsi del suo stato d'animo e starle accanto.
    Anche se la conosceva da poco, era arrivata a sentire di volerle un gran bene, in particolar modo dopo averla vista in pericolo di vita durante la battaglia nella Foresta della notte di Halloween.

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    Per capire lo stile usato da Aibileen per i disegni "caricaturali", e quello del ritratto di Mia dato in Sala Comune nella role precedente, guardare qui:



    Eccoci qua! Ovviamente, ha pur sempre sedici anni, può essere tranquillamente immaginato qualche tratto incerto, troppo marcato, e possibili dettagli tecnici in cui può migliorare <3 I suoi abbracci, invece, sono calorosi, sinceri, totalmente spontanei e puffolosi, nessun amante delle coccole ha mai avuto da ridire in proposito 😎

    Edited by Aibileen Beatrix - 6/12/2020, 15:46
     
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    Era cambiata molto in quel primo anno ad hidenstone e poteva ammettere di avere cominciato a coltivare diverse amicizie dall’anno precedente. Le piaceva la piega che la sua vita stava prendendo,si era scoperta molto più socievole e felice di avere compagnia di quanto non credesse, soprattutto quando era circondata da persone che la capivano e che avevano a cuore cose a cui lei teneva, che condividevano i suoi hobby o anche solo avevano un atteggiamento che la metteva a suo agio.
    Certo, non è che tutto ora fosse rose e viole, Hidenstone aveva portato con sé tante cose piacevoli e profondi legami che si stavano ancora sviluppando, ma aveva portato con sé anche diversi traumi e sembrava intenzionato a metterla sempre di fronte ai suoi limiti, per spronarla a superarli. Quell’anno era in una relazione con un ragazzo per cui non smetteva mai di preoccuparsi, e se pensava che i suoi problemi più grandi sarebbero stati i fantasmi del passato di Cam, si sbagliava di grosso.
    Il suo, di passato, non l’aveva mai affrontato davvero e ora cominciava a capire ancora di più che non avrebbe potuto evitarlo per sempre. E la notte di Halloween le aveva ricordato proprio quello, il peso di traumi che non aveva ancora del tutto digerito, che forse avrebbe dovuto condividere con qualcuno prima o poi ma che ancora non aveva avuto modo di affrontare. Quelle immagini di Charles, arrabbiato con lei e pronto a ucciderla, l’avevano perseguitata da quella notte in tutte quelle a seguire, portandola ancora una volta a dormire male e poco ogni notte. Forse avrebbe dovuto discuterne con qualche docente, si era anche chiesta se nonfosse il caso di parlarne con Olwen, lo stesso che le aveva offerto supporto dopo quel che era successo con Mark, ma per ora era ancora convinta che non valesse la pena scomodare qualcun altro per un problema suo, legato alla sua incapacità di reagire alle cose in modo più maturo.
    Che cos’altro avrebbe potuto fare? Non voleva parlarne con Cam perché non voleva farlo preoccupare, si fidava di lui ma quello era parte del suo passato e non avevano ancora affrontato certe cose…lei avrebbe voluto più che altro parlare di quel che il ragazzo aveva vissuto, aiutarlo con i suoi traumi, non aggiungerne altri al mucchio.
    E poi Abileen le aveva proposto di vedersi alla Terrazza. Non pensava che le avrebbe parlato del suo passato, non subito almeno, ma quella ragazza e la sua dolcezza la mettevano di buon umore e si scoprì contenta all’idea di avere una tregua, un po’ di tempo da passare con qualcuno che avrebbe potuto alleviare in qualche modo le sue paure.
    Era bastato il bisogno della ragazza di vederla, l’idea che avesse bisogno di lei per distrarla dai suoi pensieri e portare la sua concentrazione altrove, dove sapeva che sarebbe stata più utile e più gestibile. Aveva bisogno di occuparsi di qualcuno per sentirsi meglio, e dal momento che comprendeva che gli ultimi eventi non fossero facili da digerire si era dimostrata fin da subito più che felice di raggiungerla e incontrarla in privato.
    La Terrazza era un posto suggestivo, che la aiutava a distrarla nei giorni più difficili e che trovava confortante, tanto che non potè fare a meno di sentirsi già un po’ meglio mentre percorreva le scale che l’avrebbero portata in cima. Era felice di vedere Aibileen, voleva approfittare di quel momento per consegnarle il proprio regalo di Natale, per farle gli auguri di buone feste e anche per sincerarsi che stesse bene. Avrebbe anche dovuto ringraziarla per il nuovo disegno che le aveva regalato e che le aveva fatto spuntare un sorriso sincero già quella mattina, non appena lo aveva trovato. Era affascinante vedere in che modo l’altra ragazza riusciva ad immaginarla e doveva ammettere che in quella caricatura appariva davvero bene…la veste da fatina le piaceva non poco!
    Arrivò quindi alla Terrazza e si guardò brevemente intorno, sorprendendosi nel vedere la ragazza già lì ad aspettarla: odiava essere in ritardo e di solito finiva sempre per arrivare in anticipo ed essere lei ad aspettare gli altri. Si impegnò per accennare un sorriso gentile, stanco forse ma sicuramente sincero, e si avvicino ad Aibileen per poi attirarne l’attenzione. “Ehi ciao! Scusami, ti ho fatta aspettare tanto…?” avrebbe domandato, già dispiaciuta nel caso avesse fatto troppo tardi.

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    Aveva passato il mese di novembre ad avere nella testa immagini di pesci con la testa mozzata, che saltellavano in pozze di sangue. Ed il Merluzzo Piumato, era pure rimasto orfano.
    Quelle immagini, quella storia, l'avevano talmente sconvolta che non aveva preso in mano la matita per quasi tutto quel mese, mese che aveva passato a cercare di risultare sempre cordiale, e decentemente sorridente, comprendendo che non era neanche lontanamente la persona rimasta più intimamente scottata da quella vicenda, ma non riuscendo minimamente a rimanere indifferente ad essa.
    Tanto era stato il turbamento che in lei si era accumulato che, alla fine, si era arresa: aveva ripreso in mano la matita, verso la fine di novembre.
    Ed aveva disegnato un gruppo di Merluzzi Piumati con la testa mozzata, che giacevano in una pozzanghera di sangue. Era stato un disegno talmente angosciante, talmente pesante e personale per lei da fare, che non l'aveva neanche colorato.
    Nonappena l'aveva finito, l'aveva schiaffato in una cartellina vuota a caso, nascondendolo nel mezzo di una pila di libri che avrebbe dovuto aspettare ancora allungo, prima di essere aperta e letta da lei. Non sapeva se sarebbe mai stata pronta a rivederlo, ma dubitava che, se mai un giorno lo avesse ripreso in mano, sarebbe stato tanto presto.
    Poi, fortunatamente, era arrivato dicembre: il Natale, l'affetto e l'ammirazione che cominciava a provare in maniera sempre più definita per alcuni dei suoi compagni, la voglia di rivedere la sua famiglia, l'arrivo di qualche nuovo studente... L'avevano aiutata a distrarsi un minimo. Grazie al cielo.
    Quando sentì finalmente la voce di Mia, e ne vide il sorriso stanco, che faticava a mantenersi in piedi, non perse tempo neanche a cercare di risponderle, o di rispondere al suo saluto: l'abbracciò e basta, stretta, avvolgendola come se volesse essere abbastanza forte da proteggere quella ragazza così buona e gentile, che ormai non solo ammirava, ma a cui voleva anche bene, da chiunque avesse potuto voler farle del male.

    “Mi dispiace... Non sono neanche riuscita a curarti...”

    … Non hai ancora studiato l'incantesimo da te usato, Aibileen. L'hai soltanto letto sul tuo libro di testo, un pomeriggio, mentre lo sfogliavi distrattamente.

    << … C.. Come stai? >>

    Appoggiò il mento sulla sua spalla, mentre continuava a cercare di trasmetterle il suo calore, e l'ammirazione che provava per lei, tramite il suo abbraccio.

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    Se doveva essere onesta, Mia finiva sempre per sorprendersi ad ogni nuova amicizia che riusciva a tessere. Puntualmente non riusciva a immaginare che cosa potesse spingere le persone a legarsi proprio a lei, e non finiva di sorprendersi nel vedere quante persone meravigliose ci fossero ad Hidenstone. Aveva conosciuto Aibileen per puro caso, una coincidenza fortuita, ed era davvero grata di essersi fermata a parlarle la prima volta.
    Eppure, per quanto la ragazza le stesse simpatica, si rendeva conto di non averlo dimostrato nel migliore dei modi negli ultimi tempi, e di averla trascurata ben iù di quanto avrebbe dovuto, soprattutto dopo gli eventi della notte di Halloween. Lei e Aibileen erano state separate per la maggior parte del tempo, a dire il vero, e anche se una volta tornati all’Accademia si era sincerata che tutti gli Ametrini stessero bene e fossero sani e salvi, ammetteva di non aver avuto modo di parlarle in privato e chiederle come stesse o cosa le fosse successo.
    Avrebbe voluto davvero essere ancora più brava in quel senso, riuscire a occuparsi di tutti e tutto ogni volta, ma c’erano momenti in cui purtroppo si sentiva sopraffatta e non riusciva a fare tutto quello che voleva. Le dispiaceva, certo, ma ammetteva anche che occuparsi degli altri senza essere in pace con sé stessa le era impossibile, malgrado i suoi desideri. Non che ora si sentisse completamente bene, c’era una parte di lei non era ancora convinta che quella notte fosse stata superata, ma non poteva perdere tempo e rinviare tutta la sua vita per chissà quanto.
    Aveva altre cose a cui pensare oltre alla sua salute mentale, voleva aiutare Cameron, essere una fidanzata presente ma anche un’amica attenta, per tutte le persone a cui teneva e che potevano avere bisogno di lei. Come Aibileen, per quello che ne sapeva.
    Quando la ragazza le aveva scritto per prima, organizzando quell’incontro, il suo senso di colpa era tornato alla riscossa, pungolandole la bocca dello stomaco e impedendole di mangiare qualcosa di decente prima di raggiungere la terrazza. Aveva provato a tenersi impegnata impacchettando il regalo che aveva fatto all’altra ametrina, ma non aveva funzionato granchè.
    Mia non avrebbe mai pensato di potersi sentire in quel modo, ma quando le braccia dell’altra ragazza la avvolsero si sentì bene, meno a disagio del solito. Certo, tra Aibileen e Emma stava diventando impossibile non abituarsi al contatto fisico, ma era raro che si sentisse così riscaldata e coinvolta da un abbraccio, tanto da ricambiarlo quasi senza esitazione, solo con qualche secondo di ritardo. Quel contatto riuscì a sollevare almeno un po’ il suo senso di colpa, ricordandole se non altro che l’altra non era arrabbiata con lei per non esserci stata e che, presumibilmente, era anche felice di vederla.
    Scontato, visto che l’aveva chiamata, direste voi, ma per Mia non lo era così tanto. Avrebbe sospirato appena, stringendola in modo più impacciato ma comunque sentito. “Sto bene, sto bene…” avrebbe provato a replicare, sforzandosi almeno di apparire convincente, più preoccupata per lei che per sé stessa, come sempre. “E tu piuttosto? Non abbiamo avuto modo di parlare dopo la notte di Halloween, mi dispiace… ma spero tu stia bene.” ammise piano, sentendo il cuore stringersi un po’ di più al pensiero di averla lasciata sola in un momento così delicato.

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    Mia era una ragazza con la quale l'Ametrin si sentiva molto affine.
    Era stato a pelle, tanto che, con lei, si era sciolta praticamente subito.
    Aveva, più volte, timore di non risultare all'altezza neanche delle caviglie della concasata, ma il bene che le voleva in maniera sempre più definita e sincera sembrava voler, e poter, vincere ogni sua insicurezza.
    Aibileen era sensibile, ed anche abbastanza spontanea, ma non le piaceva far preoccupare le persone che aveva intorno. Aveva ammirato il modo in cui Mia ed Erik si erano premurati di sapere come stessero, ma restavano pur sempre dei giovani studenti e, più che comprensibilmente, si erano occupati soprattutto delle persone a loro più care e vicine (inclusi loro stessi, osava sperare).
    Avrebbe voluto anche lei mostrare di più la sua preoccupazione verso di loro, chiedere come stessero, ai due Prefetti ed ai compagni che conosceva: ma aveva temuto, e continuava a temere, di poter risultare inopportuna, ponendo domande che non la riguardavano, addentrandosi eccessivamente in punti sensibili della vita di ognuno.
    Si era quindi messa da parte, cercando di fondersi con quanto le stava intorno, fino a quasi scomparire: per non preoccupare, né tanto meno dare fastidio a nessuno. Sforzandosi di sorridere e di essere cordiale sempre e comunque, più che per andare avanti (che quello, tanto, lo doveva fare in ogni caso, le altre opzioni non avevano nulla d'invitante, bastava fermarsi a pensarci qualche istante), per non invadere, né ferire, né preoccupare nessuno.
    Adorava le lezioni, si stava affezionando ad alcuni dei suoi compagni... Ma, per certi versi, si sentiva come se non meritasse appieno la simpatia, la fiducia di quelle persone.
    Quella notte, si era lasciata prendere troppe volte dal panico, e non era neanche riuscita a trovare il coraggio di lanciare un Flipendo...
    Doveva crescere, migliorare. Essere più brava e più forte.
    Il fatto che Mia rispose quasi in automatico, e con un'atentica partecipazione, al suo abbraccio, la riempì di contentezza, per un momento. Quando le rispose che stava bene, con un tono che di convincente non aveva un granché, però, cominciò ad accarezzarle un po' i capelli, con gli occhi lucidi.

    << N.. Non mi mentire... Puoi dirmi che non ti va di parlarne... Della tua allucinazione... D.. Del ricordo nel passato dove sei stata... >>

    Prese un bel respiro, prima di proseguire. Non voleva piangere. Non doveva.

    “Sono quasi maggiorenne, diamine!”

    << Lo capirò. Davvero. >>

    Poi, dopo qualche istante di silenzio, si decise a rispondere alla sua domanda:

    << I.. Io... Non so come sia stato, per voi, conoscere quei fantasmi. Né cos'avete condiviso con loro. È.. È un po' difficile, ma mai quanto deve esserlo per voi. >>

    Già si pentiva, di quel mezzo sfogo, non avrebbe voluto in alcun modo appesantire la compagna. Ma se voleva davvero che la Prefetta si aprisse un po' con lei, allora, era giusto che accettasse di farlo anche lei...

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    Mia credeva nelle coincidenze così come credeva anche nei legami che nascevano per caso e che spesso si mostravano i più duraturi. Aveva cominciato il suo rapporto con Cameron detestandolo e desiderando cambiarne il temperamento, e aveva conosciuto Aibileeen per puro caso una serata passata nella sala comune.
    Era felice di averla incontrata, si riteneva fortunata ad avere così tante persone meravigliose al suo fianco e di certo era felice di avere a che fare con una artista così talentuosa e gentile.
    Rivordava bene gli sforzi della ragazza per aiutarla, come durante l'ultima notte di ottobre avesse fatto di tutto per proteggerla a suo modo e per tenerla al sicuro. Infondo se non si era fatta troppo male lo doveva indubbiamente a lei, che si era impegnata tanto per difenderla, e poco le importava se aveva guadagnato qualche piccola ferita, sapeva che sarebbe potuto succedere ben di peggio.
    Era convinta però, sbagliandosi, di essere capace di nascondere quel che provava quantomeno ad Aibileeen, che non la conosceva poi così tanto, ed era sicura non avrebbe esitato a credere alla sua risposta.
    A dire il vero non si era chiesta molto come stesse, si era preoccupata per gli altri compagni di casata, aveva cercato di capire come stessero e se fossero tutti interi e si era preoccupata delle condizioni di coloro che erano svenuti e portati in infermeria.
    Non si era occupata troppo di sé stessa, questo era vero, ma si era convinta di non aver bisogno di niente di più di un po' di tempo per elaborare.
    Non si aspettava che Aibileeen sapesse così tanto o che si interessasse a tal punto da chiederle di più, si era convinta che tutti avrebbero accettato un banale "tutto bene" come risposta. Non che chiunque lo facesse non fosse gentile o attento, ma erano tutti impegnati con le proprie vite e i propri pensieri, era normale non approfondire, lasciare stare, passare oltre.
    Rimase un attimo paralizzata alla sua domanda, ritrovandosi a non sapere cosa dire. Da un lato non voleva negarle niente, le dispiaceva dirle che non voleva parlarne, ma dall'altro non era sicura di sapere cosa dire.
    " Io... Non saprei come spiegarti..." sussurrò piano, provando a mettere in ordine i pensieri e dargli un senso. " Mi hanno mostrato una scena che mi ha fatto male... E anche se so che non è accaduta davvero comunque alle volte è difficile ricordarmene..." avrebbe ammesso alla fine, anche perché probabilmente l'aveva vista sveglia nel cuore della notte, in preda ai suoi incubi.
    Non sapeva se era pronta a rendere a parole quel che aveva visto, ma cercò di accarezzare la schiena e le spalle della ragazza con dolcezza, provando a rincuorarla. " Quei fantasmi avevano bisogno del nostro aiuto e noi li abbiamo aiutati... Starò meglio, presto, ho solo visto qualcosa che non volevo vedere ma certe volte non si può evitarlo." le ricordò con dolcezza per poi cercare di cambiare discorso.
    " Piuttosto tu come ti senti? Mi rendo conto che per te è stata la prima volta, vuoi parlarne...?" le chiese con delicatezza, sperando di poter se non altro aiutare lei.
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    Aibileen era osservatrice di suo (difatti, la sua passione più grande richiedeva molta concentrazione nell’osservare, quello era appurato), ma la sua insicurezza, in qualche modo, “aiutava”.
    La sua paura di dire o fare continuamente qualcosa di sbagliato, la spingeva a prestare una particolare attenzione alle reazioni altrui.
    Ascoltò attentamente quanto Mia decise, non senza una notevole difficoltà, di rivelarle.
    Si sentì immediatamente in colpa di questo: voleva aiutarla a farla sentire meglio, non farla stare male; ma forse aveva completamente sbagliato approccio, mandando tutto irrimediabilmente a rotoli.
    Non si conoscevano neanche da tanto, d’altronde.
    Le carezze della compagna la fecero sorridere, era davvero una ragazza dolce ed attenta, una Prefetta doc.
    Quando le chiese come si sentisse lei, cercò di rispondere il più sinceramente possibile, pur cercando con tutte le sue forze di evitare di scoppiare a piangere:

    << M.. Mi sento… I.. Impotente, credo. V.. Vorrei diventare più brava, p.. Più forte. P.. Più coraggiosa. S.. Sono stata così d’intralcio, q.. Quella notte! >>

    Al ricordo di come la testa di Phoebe fosse rotolata mozzata al suolo, nonché delle volte in cui Mia aveva rischiato la pelle, oltre agl’altri loro compagni, delle lacrime silenziose cominciarono a sfuggire al suo controllo, mentre non riusciva più a comprendere chi stesse consolando, chi stesse offrendo il suo appoggio a chi.

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    Edited by Aibileen Beatrix - 23/12/2020, 09:23
     
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    Aprirsi circa quello che le succedeva non faceva parte del suo carattere, faticava a parlare di quel che provava con chiunque, il fatto che conoscesse Aibileen da poco non creava alcuna differenza. Sapeva che l’altra ragazza stava cercando di farla sentire meglio e aiutarla e per questo aveva cercato di sforzarsi almeno un po’, ma rimaneva comunque difficile riuscire a parlarle di tutto quello che le passava per la testa.
    Quello spirito le aveva mostrato una situazione che aveva temuto per anni, qualcosa su cui aveva già avuto parecchi incubi e che non riguardava comunque solo lei. Non era un segreto che Charles fosse un licantropo, lei stessa non si era fatta grossi problemi a parlarne in passato ma non era mai entrata nei dettagli e non intendeva farlo ora. In parte, d’altronde, aveva vissuto quella scena e anche se era finita nel modo migliore faceva parte di uno dei ricordi più dolorosi che portava con sé.
    Non voleva riviverla adesso, e non pensava che fosse necessario per Aibileen sapere che cosa aveva vissuto: non voleva apparire perfetta, in realtà Mia aveva sempre mostrato le sue debolezze volente o nolente e non era così difficile leggere le sue reazioni, ma era certa che l’altra ragazza non meritasse di sentirsi addosso il peso e il dolore di cose che nessuna delle due avrebbe potuto cambiare.
    Era davvero preoccupata per lei, aveva paura che quell’esperienza potesse averla segnata troppo profondamente e provocare terribili conseguenze. Ricordava come si era sentita l’Halloween precedente, quanto l’aveva scossa lo scontro con il Malboro e quel che era successo alle sue compagne, non si sarebbe sorpresa nel sapere che anche Aibileen stava soffrendo.
    Sentì il proprio cuore stringersi all’istante nel vederla piangere in quel modo e avrebbe cercato di consolarla accarezzandole timidamente le spalle. Non si sentiva molto brava in quel genere di cose e temeva di non riuscire a consolarla come avrebbe voluto, si sentì impotente e fragile in quel momento, incapace di sollevarla del tutto da quel peso.
    Si ritrovò a scuotere piano la testa, con dolcezza. “Non è vero, sei stata molto utile invece. Tutti possiamo sbagliare, è successo anche a me e sicuramente il momento non aiutava, ma se non ci fossi stata tu probabilmente mi sarei fatta ancora più male. Hai fatto del tuo meglio e io sono certa che le cose sarebbero andate peggio se tu non ci fossi stata.” le ricordò con gentilezza, un tono convinto e sicuro provando a trasmetterle quanto fossero vere quelle parole. Voleva davvero che Aibileen capisse quanto, in una squadra, il ruolo di chiunque fosse fondamentale, anche se alle volte capitava di fare degli errori. Lei stessa sapeva bene di aver commesso degli sbagli, alcuni incantesimi non erano andati come sperato e continuava a darsi la colpa –segno che era brava a dare consigli ma raramente gli ascoltava- eppure era ancora lì, intenzionata a riprovarci.
    “Sono sicura che andrà meglio, credimi…” provò a spronarla, accennando un sorriso gentile e tirando poi fuori un fazzoletto perché potesse asciugarsi le lacrime.

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    Quando una persona preferiva non parlare di qualcosa, e chiudersi a riccio, era difficile che Aibileen si opponesse.
    Non voleva forzare nessuno: le confidenze, erano una faccenda delicata.
    Ognuno aveva i suoi tempi, d’altronde.
    Le parole di Mia furono come un unguento su una ferita aperta: la lenirono, aiutandola a calmarsi. Continuava a sentirsi in colpa, ma il fatto che Mia non ce l’avesse con lei le era di reale conforto.
    Non era una brava combattente, ma poteva, forse, sperare in qualche modo di diventarlo? O, quanto meno, di trovare un modo diverso di essere utile in situazioni come quelle. Oppure, ancora meglio, una “soluzione” che si trovasse a metà strada tra le due cose: era migliorata parecchio, in Incantesimi, nell’ultimo periodo. Certo, era ancora lontana anni luce dal riuscire a lanciare un “Flipendo” decente, ma piano, piano, chissà… Forse ce l’avrebbe fatta anche a superare le sue difficoltà con gl’incantesimi particolarmente offensivi.

    << Grazie… Mia >>

    Sorrise, accettando il fazzoletto che la concasata le porgeva, asciugandovisi le lacrime. All’improvviso, fu colta da un pensiero:

    << Lilla >>

    Mormorò, guardando Mia dritta negl’occhi.

    << Il colore del nostro abbraccio… All’inizio, era rosso cupo. Poi, è diventato viola. Ed infine, si è schiarito, diventando lilla >>

    “… Poi ti sorprendi se gl’altri ti dicono che abiti su un altro pianeta.”

    … In effetti.
    Ma lei era così. E, sotto, sotto, non le dispiaceva poi così tanto (tranne quando non riusciva a lanciare gl’incantesimi che voleva, o quando balbettava).
    Sorridendo ancora in direzione di Mia, le porse finalmente il proprio pacchetto.

    << È.. È per te. Buon Natale, Mia! >>

    Le sorrise. La ragazza avrebbe trovato, all’interno del pacchetto, un kit per fare all’uncinetto un intero zoo di animali di peluches (vi era abbastanza materiale per farne una ventina, ognuno di una specie diversa).

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    Sapeva che tra gli Ametrin si nascondevano persone decisamente buone e altruiste, e aveva capito fin da subito che Aibileen fosse una ragazza dolce e gentile, ma non si aspettava di certo che si sarebbe mostrata così tanto comprensiva e preoccupata per lei. Mia stessa non pensava di potersi affezionare tanto velocemente a qualcuno, non credeva di potersi davvero legare a una persona tanto rapidamente eppure teneva all’altra ragazza più di quanto fosse pronta ad ammettere.
    Forse era il suo istinto di protezione che veniva a galla, il fatto che Aibileen fosse più giovane di lei e così tenera la spingeva a volerla proteggere, oltre che conoscerla meglio. Di certo il fatto che fosse un’artista la spronava a volerla capire meglio, la affascinava la sua capacità di rappresentare quel che la circondava con tanta precisione e passione, e la sua vicinanza la faceva sentire meglio.
    Si ritrovò a non poter fare altro che sorriderle con dolcezza, felice che sembrasse leggermente più sollevata e tranquilla: non era sicura di avere la capacità di rincuorare le persone o migliorare il loro umore, ma si augurava di poterci riuscire almeno con lei. Sapeva che cosa volesse dire sentirsi profondamente inutili e in colpa, aveva condiviso quella sua sensazione e sperava che quello aiutasse il suo tentativo di migliorare le cose.
    Si ritrovò comunque a guardarla sorpresa dalle sue parole, inclinando la testa con curiosità e guardandola attentamente. “Lilla?” avrebbe domandato, per poi ascoltare la spiegazione della ragazza sui colori del loro abbraccio. Non aveva mai pensato a qualcosa del genere, Mia aveva una fantasia vivace e le piaceva fare cose manuali, ma non si poteva dire avesse talento per l’arte o che avesse la stessa sensibilità di Aibileen, tanto che non avrebbe mai immaginato di poter collegare qualcosa come un abbraccio ad un colore.
    L’avrebbe comunque guardata con dolcezza, sorridendo, anche se ancora spiazzata da quella conclusione. “E…come fai a capirlo?” avrebbe domandato, curiosa e interessata, di certo pensando di tutto ma niente di negativo circa quello scambio.
    Il suo cuore si sarebbe scaldato ancora di più alla vista del pacchetto, non per il valore materiale in sé ma all’idea che l’altra avesse anche voluto pensare a lei e sprecare tempo per prenderle qualcosa. “Grazie, ma non dovevi…” le avrebbe detto leggermente commossa, aprendo il pacchetto e scoprendo il kit per l’uncinetto, un regalo decisamente perfetto. “E’ meraviglioso!” avrebbe ammesso entusiasta, abbracciandola d’istinto, brevemente, per poi aprire la sua borsa sorridendo.
    “Anche io ho qualcosa per te” annunciò, porgendole poi un pacchetto avvolto in carta naturale, decorato da un semplice fiocco in tessuto.
    Ormai si sapeva, Mia era appassionata di cose vintage, mercatini dell’usato e posti simili, e quando aveva trovato quella scatola così particolare, intonsa e ancora funzionante, aveva subito pensato che fosse perfetta per Aibileen. Aprendo il pacchetto, la ragazza avrebbe trovato una box perfetta per disegnare in viaggio, spaziosa ma non troppo pesante o voluminosa.
    “Non me ne intendo molto ma spero che possa piacerti! le avrebbe detto con dolcezza, augurandosi che la ragazza potesse apprezzarla.

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    Aibileen era cresciuta, e continuava a crescere, in una famiglia dove si credeva fermamente nel fatto di mostrare liberamente i propri sentimenti.
    Quanto vissuto durante la notte di Halloween non aveva fatto altro che accentuare il suo essere, una volta superato lo scoglio della timidezza e dell’insicurezza, fondamentalmente spontanea, soprattutto quando si trattava di esprimere quello che provava e pensava: un secondo si è vivi, e quello dopo, forse, no. Chi può dirlo?
    Si può morire di tante cose: di malattie gravi, di banali febbri e polmoniti, persino soffocandosi con un pezzo di cornetto.
    C’est la vie.
    In un mix di meraviglie e di orrori, ci sballottola di qua e di là, ma per fortuna, in quel momento, Aibileen era lì, con una persona alla quale sentiva di essersi già affezionata, intenta a cercare di prendersi cura di lei, di premurarsi che lei stesse bene. Molto maldestramente ed a modo suo, ma ci stava seriamente provando.
    Aibileen aveva un’immaginazione a dir poco florida, tanto che, com’è facilmente intuibile, si perdeva in un bicchiere d’acqua quando si trattava d’infilare un chiodo al muro con un martello, senza per questo fare crepe lungo tutta la parete.
    Quando la Prefetta le domandò delucidazioni sui colori degl’abbracci, sorrise entusiasta, prendendo le mani di Mia nelle proprie!

    << Basta che pensi a cosa ti trasmette l’abbraccio, chiudendo gl’occhi! Il nostro IO può associare abbastanza automaticamente i colori a determinati stati d’animo, per quanto esso si basi soprattutto sulle influenze culturali che ha avuto sull’argomento sin dall’età dell’infanzia della persona. Il rosso cupo è un colore che mi fa pensare alla passione dei sentimenti, nel suo senso più generico, ma anche alla tensione, ai timori. Il viola, invece, lo vedo come un colore più aperto, disteso, ma al contempo riservato. L’aggiunta di bianco permette al viola, infine, di guadagnare una riservatezza meno accentuata, più delicata e carica di tenerezza. >>

    Concluse, dopo aver parlato praticamente a razzo, più allegra e rilassata di prima, sperando che, concentrandosi su un altro argomento, sarebbe anche riuscita a rimediare al modo in cui le sembrava di aver scombussolato Mia con le sue intromissioni inopportune.
    Quando arrivarono all’apertura dei pacchetti, il volto s’illuminò alla gioia, emozionandosi notevolmente all’abbraccio che ricevette.

    “Mi ha abbracciata!!! Mi ha abbracciata!!! Allora, forse, sono un disastro ancora recuperabile…”

    Pensò, commossa. Era durato poco, certo, ma aveva preso l’iniziativa!

    << V.. Verde menta… >>

    Mormorò con un sorriso, e per una volta, non stava balbettando: aveva soltanto la voce rotta per via dell’emozione!
    Quando la concasata disse di avere anche lei un pacchetto da regalarle, cadde direttamente dalle nuvole.

    “… Eh? No, aspetta, ma… “

    << … Eh? >>

    Prese tra le mani il pacchetto, rigirandovelo con la cura con cui si tocca qualcosa di prezioso. Aprì il regalo con attenzione, cercando di fare in modo di non rovinare né la carta utilizzata, né il nastro,
    e quando vide di cosa si trattava, saltò nuovamente al collo della Prefetta, abbracciandola stretta.

    << G.. Grazie… L.. Lo userò durante il mio viaggio a Roma! >>

    Promise, commossa.

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    Mia era cresciuta con l’idea che esprimere sempre i propri sentimenti fosse sbagliato. A casa dei Nott aveva imparato a nascondere le sue debolezze e le sue fragilità perché nessuno potesse colpirla troppo facilmente, e comunque Mr e Mrs Nott ci erano sempre riusciti più che bene. Certo, Charles riusciva a comprendere le sue emozioni e leggerla con fin troppa facilità le sue espressioni, ma non significava che per lei fosse più semplice aprirsi.
    Abileen era comunque una ragazza dolce e disponibile e per un attimo desiderò davvero poter essere più espansiva, parlare di più di sé stessa e aprirsi circa quello che provava, renderla più partecipe e anche lasciarsi aiutare, in un certo senso: le sembrava che l’altra ragazza avesse la sensibilità necessaria per poterla aiutare. Mia non negava di avere dei problemi con le sue emozioni, molte volte aveva sofferto più del necessario pur di non parlare, avrebbe voluto imparare ad aprirsi di più.
    Per il momento lasciò –come era solita fare ogni volta- che fosse l’altra ragazza ad aprirsi e parlare, ascoltandola affascinata mentre le spiegava quella teoria dei colori degli abbracci. Non si aspettava di certo un’analisi così precisa e lei non aveva mai pensato a nulla del genere, forse perché non si era mai allenato o non ci aveva mai ragionato sopra.
    La guardò quindi sempre più sorpresa, sorridendo di fronte al suo entusiasmo e alla specificità della sua descrizione: era così tanto precisa che era impossibile pensare che stesse improvvisando, era palese che stesse parlando sul serio. Ci credeva davvero, e il suo entusiasmo era contagioso.
    “Non ci ho mai provato ma sembra davvero affascinante! E sono d’accordo, il nostro abbraccio è diventato tenero… penso che tu sia una ragazza eccezionale e mi piacerebbe se…beh continuassimo ad essere amiche.” ammise con dolcezza, arrossendo leggermente per l’imbarazzo di aver detto qualcosa del genere. Non voleva fare supposizioni affrettate, supponeva che Aibileen tenesse a lei ma non voleva nemmeno obbligarla a fare niente.
    La seconda volta l’aveva abbracciata senza nemmeno pensare, agendo spinta dal momento e dall’istinto, e aveva trovato quell’abbraccio rassicurante e spontaneo, piacevole. Inclinò la testa alle parole della ragazza, sorridendo appena.
    “ E il verde menta cosa significa?” avrebbe quindi domandato, genuinamente curiosa di capirne sempre di più. La sorpresa nel viso dell’altra ragazza fu palese quando Mia le mostrò il regalo che le aveva fatto, e quella reazione le scaldò il cuore insieme a portarle una punta di dispiacere: semplicemente non se lo aspettava o credeva di non meritarlo? Si augurava la seconda.
    L’avrebbe stretta più prontamente questa volta, con delicatezza ma più sicurezza perché ormai stava diventando una piacevole abitudine e il disagio sempre star scivolando pian piano via da lei. Le sorrise contenta e felice sentendo la sua risposta e inclinò leggermente la testa.
    “Oh wow, Roma?!” avrebbe domandato quindi, cercando di capirne di più. In effetti provava tutto quell’affetto per lei ma non la conosceva ancora così tanto bene, voleva saperne di più di lei, della sua famiglia, della sua vita anche prima di Hidenstone. Mia avrebbe anche condiviso volentieri parte del suo passato, aveva superato parte dei suoi traumi ormai ma era più curiosa di conoscere la vita di Aibileen piuttosto che parlare della sua, probabilmente più noiosa e meno interessante.


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    Aibileen era una ragazza pragmatica, all’ora di prendere decisioni; ma per il resto, non è che vivesse proprio sul Pianeta Terra. Lo ammetteva lei stessa con una certa facilità. Non era qualcosa che aiutasse molto, in parecchi lati pratici della vita, anzi, però le piaceva troppo fantasticare per pensare sul serio di rinunciarvi.
    Alle parole di Mia circa il fatto che sperava continuassero ad essere amiche, ed ai bei complimenti che le fece, sentì il cuore scoppiarle di gioia.

    << Anche a me piacerebbe, tantissimo! T.. Ti ho ammirata da subito… Sei una ragazza fantastica ed io… Ecco… Lo so che non ci conosciamo da tanto, ma sento di volerti bene! Davvero! >>

    Sperò con tutto il cuore di non risultare esagerata nelle sue parole, lei sentiva sul serio che una bella amicizia stava prendendo forma tra di loro, e desiderava veramente correre il rischio, osare credere apertamente che essa avrebbe continuato a crescere e solidificarsi.
    Quando Mia le chiese che cosa significasse il verde menta negl’abbracci, le toccò il naso con il dito con fare complice:

    << Il verde menta è un colore che indica apertura e rilassamento, ma anche ottimismo e tanto impegno! >>

    Quando arrivò il momento dei regali, Aibileen si mostrò molto sorpresa del regalo ricevuto da Mia, certo, la ragazza era sempre stata gentilissima e dolce con lei, e sentiva che, piano, piano, stavano costruendo un legame vero, sincero. Semplicemente, soffriva di quel bellissimo problema conosciuto come la “Sindrome dell’Impostore”. Non si sentiva degna di determinate attenzioni, non che poi perdesse tempo con chi la trattava male o non la considerava, fortunatamente non aveva mai sofferto di quel tipo di difficoltà nella vita.
    Ma ricevere attenzioni da parte di qualcuno in quella scuola nella quale si stava ambientando piano, piano, fu per lei una reale sorpresa. Una bellissima sorpresa, però, ed infatti, all’apertura del regalo, l’abbracciò nuovamente.
    Quando, senza neanche pensarci, Aibileen introdusse l’argomento del suo viaggio a Roma, la concasata emise un’esclamazione che dimostrava sia interesse che sorpresa da parte sua.

    << Sì, non ci sono mai stata! Con la mia famiglia, cerchiamo ogni anno di fare almeno un viaggio tutti insieme: non vedo l’ora di scoprire l’Italia! Deve essere bellissima! Dovresti conoscere Charlie, Taylor e Tyler! Sono i miei cugini, sono un po’ tremendi a volte, ma adorabili! Sul serio! Ti divertiresti un sacco! Per non parlare di quella pazza di mia zia! >>

    Le sorrise allegramente, entusiasta all’idea di far conoscere seriamente, un giorno, la sua famiglia alla compagna.
    Curiosa di scoprire qualcosa sulla famiglia di lei, non tardò a rigirarle la domanda:

    << E tu, invece? Viaggi spesso con la tua famiglia? Hai fratelli o cugini? >>

    Disse infine, sciogliendo l’abbraccio, ma prendendo le mani di Mia tra le proprie.

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    Non si sarebbe mai aspettata di tenere così tanto a qualcuno che conosceva da così poco tempo, ma ormai le sembrava evidente quanto fosse puro e già forte il suo legame con l’altra ametrina. Si sentiva sulla sua stessa lunghezza d’onda e quando la ragazza sembrò ricambiare i suoi stessi sentimenti Mia finì per illuminarsi, allargandosi in un sorriso sincero e solare che non mostrava poi così facilmente, soprattutto agli sconosciuti.
    “E’ deciso allora!” rispose d’istinto, salvo poi darsi dell’idiota perché sapeva fin troppo bene che i sentimenti non si potevano decidere e non intendeva che ora avrebbero seguito quella strada perché lo avevano scelto. Insomma, era ovvio che le persone si “scegliessero” d’istinto, non dopo un accordo anche se comune, ma cercò di ricordarsi che Aibileen era ancora più sensibile di lei e che avrebbe capito quello che intendeva.
    Si meravigliò ancora una volta della sua precisione nel descrivere i colori e annuii con ancora più convinzione questa volta.
    “Non so come tu faccia ma hai indovinato ancora!” replicò con allegria, affascinata da una capacità che forse non avrebbe mai capito fino infondo ma che era certa potesse tornare molto utile. Mia credeva nell’importanza del lavoro di squadra, nel fatto che ognuno aggiungesse qualcosa ad un gruppo e che un team non sarebbe stato lo stesso senza ogni suo singolo membro, anche il più problematico. Applicava quella filosofia ad ogni campo della sua vita, di solito, e in ogni situazione pensava che l’unione facesse la forza: Aibileen con quella sua dote particolare avrebbe potuto aggiungere qualcosa di più che positivo alla loro Casata e anche alla vita di Mia, perché no. Lei si era un po’ persa tutta quell’emotività, si era sentita spesso esposta quando si era dimostrava più fragile e “debole”, e forse aveva un po’ paura dei sentimenti anche se stava provando a superarla. Sentire l’altra ragazza parlarne con tanta positività e leggerezza l’avrebbe sicuramente aiutata ad aprirsi un po’ di più su quel fronte.
    Non credeva di poter fare l’altra ragazza così felice, e per quanto fosse spiazzata dal proprio regalo ancora una volta fu ancora più toccata dalla reazione dell’altra, da quello che stava provando chi aveva ricevuto il suo pensiero e come reagiva. Era felice di averci azzeccato, così come era felice che entrambe con quei regali avessero espresso la stessa sensazione: era di certo l’inizio di qualcosa, ora ne era sicura!
    L’avrebbe ascoltata con un sorriso mentre parlava della sua famiglia e si entusiasmava nel raccontare come passavamo il Natale di solito: la bionda non aveva mai vissuto niente del genere, non con una famiglia canonica se non altro, e anche se Charles le era sempre bastato alle volte si era un po’ sentita quella “strana”, quella che non aveva un papà e una mamma come gli altri, per quanto ormai avesse interiorizzato certe cose e le avesse in parte superate.
    “Ma è meraviglioso…sembrate davvero una famiglia legata e numerosa! Come mai avete scelto Roma?” domandò quindi incuriosita, salvo poi trattenere un attimo il respiro e irrigidirsi appena alla sua domanda: okay, forse non aveva ancora superato proprio tutto.
    “In realtà siamo io e Charles, mio fratello maggiore… di solito facciamo una cena semplice, ci scambiano i regali, qualche volta facciamo un giro ma mai troppo lontano. Lavora per il Ministero e non facciamo vacanze lunghe in questo periodo.” spiegò comunque con dolcezza, come ogni volta che parlava di suo fratello.

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    Il feeling era qualcosa di complicato da spiegare a parole. Era sicuramente più bello viverlo, ed egli era sempre capace di stupire e far sentire emotivamente riscaldati chi lo sperimentava, anche perché mica poteva capitare tutti i giorni di sentire esserci del feeling tra qualcun’altro e la propria persona.

    Ma come detto in precedenza, certe cose, era decisamente più bello viverle, che stare lì a parlarne troppo.
    Il sorriso di Mia fu in grado di riscaldare Aibileen come un sole. Annuì con dolcezza all’esclamazione della concasata, poco importava che essa avesse senso o meno, l’importante era la complicità presente nel loro scambio.
    L’accettazione senza pregiudizi, ma anzi addirittura costellata da un sincero, genuino interesse, fu molto importante per la giovane, che si ritrovò a sorridere con un’emozione positiva che cresceva sempre di più in lei, man mano che la loro conversazione andava avanti. Quell’emozione positiva, si chiamava fiducia in se stessi o, ancora più precisamente: autostima.
    Aibileen era cresciuta in una famiglia presente, affettuosa ed anche assai spontanea e chiassosa, ma appunto, il membro timido di essa era proprio lei. La più materna, però anche la più introversa e la meno esuberante trai suoi cugini ed il suo fratellastro. Era sì allegra e dall’entusiasmo non proprio difficile, specialmente quando si scioglieva, ma era quella a cui veniva quasi naturale farsi da parte per far risplendere meglio gli altri, come se il mondo non fosse abbastanza grande per accogliere la presenza delle personalità di tutti quanti. Spesso ingigantiva i propri difetti, le proprie mancanze, perché molto diverse da quelle dei suoi familiari.

    “… È un’adolescente, insomma.”

    Lo scambio dei regali fu motivo di fomentamento della sua gioia, quegl’acquarelli erano davvero un bellissimo regalo, un’ottima ragione per cimentarsi nuovamente in una pratica artistica delicata e rilassante nella quale, in nom del vero, non si esercitava più da un bel po’ di tempo.
    La Prefetta degli Ametrin non solo aveva centrato in pieno i suoi gusti ma, in contemporanea, era riuscita anche a metterla alla prova. La giovane le era grata per quel motivo.
    Oltre che per averle rivolto la parola quella famosa sera, nella loro Sala Comune.
    Quando cominciarono a parlare di Roma e della sua famiglia, inclinò appena la testa di lato, confusa, alla parola “numerosa”:

    << Lo sai che… Non lo so? Ci sono mamma, papà, i miei due zii, i miei tre cugini, i miei due nonni… anche i quattro fratelli dei miei zii (di cui i due gemelli hanno avuto, rispettivamente, quattro figli ed una figlia) e la loro mamma, ma loro vivono nell’Irlanda Babbana, non li vedo mai! >>

    Ammise con un sorriso. Era talmente abituata a loro che non si rendeva bene conto se potessero essere considerati come “una famiglia numerosa”, paragonata a molte altre, ma probabilmente aveva ragione la concasata: non erano decisamente pochi!

    << Sì, direi che siamo numerosi! Hai ragione! >>

    Concluse con un sorriso.

    << Abbiamo scelto Roma perché è una città ricca di arte e di storia, che non abbiamo mai avuto l’occasione di visitare! Tu ci sei già stata? >>

    Domandò incuriosita, salvo poi far virare il discorso verso la famiglia di Mia. La risposta che le diede la colpì, così come il suo sguardo… Ma sentiva che qualche pezzetto del puzzle stava cominciando a trovare il proprio posto, il proprio tassello non identico, ma corrispondente, a cui allacciarsi per poter contribuire a dare forma ad un disegno più grande, alla maggior parte di loro ancora quasi interamente sconosciuto…

    << Lavora per il Ministero? Caspita, che bravo! E.. Ed i tuoi genitori? >>

    Si azzardò a chiedere con cautela, temendo di star andando troppo oltre, con quella domanda… Di aver sbagliato il tassello del puzzle della ragazza a cui si era avvicinata...

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    Edited by Aibileen Beatrix - 24/1/2021, 22:47
     
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