Viaggio verso l'isola che non c'è

Jason&Becca

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    Il suo sguardo blu profondo si posò sul colore altrettanto blu del mare, mentre le dita sottili stringevano una foto raffigurante due ragazzini con un enorme sorriso sulle labbra. Essa risaliva ai tempi di Hogwarts, quand'era spensierata, e ritraeva lei ed il suo ragazzo, Luke. Lui purtroppo era dovuto partire con l'esercito americano senza mai più fare ritorno e Becca non lo aveva mai dimenticato: con lui aveva passato i momenti migliori della sua vita. Un sorriso triste, al ricordo, le si formò sulle labbra, mentre il vento del Porto le scompigliava i capelli. Guardava oltre l'orizzonte, dove avrebbe dovuto trovarsi -indicativamente- l'isola che aveva visto lei ed altri denrisiani, cimentarsi in un'avventura a dir poco assurda. Non era passato molto, forse addirittura solo pochi giorni, ma non riusciva a togliersi dalla testa molti dettagli, come per esempio il loro compagno scomparso, per quanto non avessero un rapporto molto idilliaco. Sospirò appena, accarezzando inconsapevolmente con il pollice, il volto di Luke sulla fotografia, iniziando poi a guardarsi attorno. Perché era al porto, quel giorno? Proprio non lo sapeva, era quasi come se le gambe avessero deciso di trasportarla in quel preciso luogo in quel preciso giorno. Rebecca era sempre stata una ragazza vitale, piena di energie, sempre con il sorriso sulle labbra e sempre pronta a stare con gli altri e aiutarli, eppure quel giorno non desiderava altro che stare sola e, addirittura, stava ponderando l'idea di imbucarsi in qualche nave e partire per una meta sconosciuta, giusto per staccare qualche ora, tanto quel giorno non aveva turni al Canto, poteva fare ciò che voleva. Di certo non aveva nessuna voglia di passare il resto della sua giornata in quella casa grande e vuota, con la sola compagnia di Oreo, il suo Geko. Si perse addirittura a guardare le assi della pavimentazione portuale, mentre i suoi pensieri vagano in bel altre lande, anche se ogni tanto vi si affacciava un volto familiare che, puntualmente, lei tentava di scacciare. Scosse la testa e reclinò la testa all'indietro. L'altro pensiero che la infastidiva, era il fatto di essere così malvista dagli abitanti di Denrise solo perché era figlia di una nativa e di un tedesco, anche se non lo dava a vedere quanto questa cosa le dispiacesse, mostrandosi forte in ogni occasione. Tu cosa mi diresti, se fossi qui? Domandò all'aria, guardando il cielo azzurro, senza nuvole.
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    Il rientro dall'ultima missione lo aveva scombussolato, tanto che l'unico pensiero che aveva avuto fino a quel momento era stato quello di ritornare sull'isola e aiutare la Sacerdotessa Caria per rimettere a posto tutto quello che era stato distrutto.
    Come avevano fatto ad essere stati ingannati?
    Come aveva deciso di fare, si era imbarcato il prima possibile per riuscire ad iniziare il lavoro di cura della flora e della fauna di quel posto, tanto che alla prima Drakkar disponibile, si era ficcato dentro, con tutta la sua attrezzatura, oltre che la sua conoscenza della materia, che portava sempre custodita nella sua testa.
    Era giunto al porto, dopo aver sistemato bottega e quando vi arrivò vide un volto conosciuto. O meglio, riconobbe i capelli biondi della ragazza che aveva fornito loro del cibo. Si avvicinò, il silenzio, rispettoso del suo guardare verso l'alto, dove gli déi vegliavano su di loro.
    A quella frase, attese un attimo, prima di proferire parola anche lui «Chiunque esso sia, sarebbe orgoglioso di te.» - disse, con un tono roco e basso, quasi a non voler rompere quella solennità del momento.
    Non era solito intromettersi nelle situazioni altrui, tuttavia sentiva la necessità di darle una risposta che probabilmente non sarebbe arrivata.
    Guardò anche lui verso l'alto, quindi, e di nuovo spese fiato per parlare «Non è da tutte avere il coraggio che hai avuto tu, Becca. E non parlo solo di rubare il cibo a Jon.» - sorrise appena, cercando di smorzare la situazione. Il suo sorriso non si sarebbe mai spento, anche nelle peggiori delle situazioni. Aveva imparato che donare un sorriso era sempre un ottimo modo per rappacificare gli animi più irrequieti.
    Gli occhi nocciola si spostarono sul volto della giovane, era - a suo parere - troppo piccola per quello che stava vivendo a causa di quelle avventure non volute da nessuno, ma aveva una forza d'animo che difficilmente aveva riscontrato in altre donne.


     
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    Era così assorta a pensare a Luke, alla vita che avrebbero avuto davanti ma che aveva deciso di separarli prematuramente, che non si accorse affatto dell'uomo dietro di lei, tanto che sobbalzò quando egli, parlò. Tuttavia, riconobbe la sua voce. L'aveva sentita diverse volte pochi giorni prima, ma non riuscì a vocalizzare il nome nella sua mente; non perché se lo fosse dimenticato o non le interessasse, ma perché ogni cosa che non fosse il suo defunto guerriero, era offuscato nella sua mente. Si voltò, rivolgendogli un'espressione colpevole quasi fosse stata una ragazzina beccata a fare qualche guaio in giro per l'isola.
    Boccheggiò senza sapere esattamente cosa dire, in un primo momento, ma poi prese un profondo respiro, ricomponendosi e ritornando la Becca di sempre, allegra e solare. Lui si chiamava Luke. Disse solo, a voce bassa ma udibile da Jason. Era uno degli uomini migliori e più coraggiosi che io conoscessi. Aggiunse, senza dire altro per un bel pezzo, finché non fu proprio l'altro a rompere il silenzio con interessanti considerazioni alle quali, in tutta onesta, la bionda non aveva nemmeno pensato. Si alzò per piazzarsi davanti a lui e reclinò la testa per poterlo fissare negli occhi.
    Al nome di Jon, comunque, un lievissimo rossore le colorò le guance, ma ascoltò con attenzione tutto ciò che disse, lasciando che una risatina angelica uscisse dalle sue labbra schiuse.
    E cosa intendi allora, Jason? Domandò, mentre la nube nel suo cervello si diradava e le permise di ricordare quel nome così difficile da dimenticare di quell'uomo che era stato tanto gentile. Il suo sguardo, poi, si spostò verso il mare. Andavi da qualche parte? Domandò genuinamente -lungi da lei farsi i fatti altrui-. Visto che erano al porto, quella domanda le venne naturale. A volte mi piacerebbe staccare dal mondo, prendere una drakkar ed andarmene lontana. Confessò, voltandogli le spalle per qualche secondo, tempo di osservare meglio quella distesa d'acqua lucente e che già aveva solcato una volta, senza sapere se sarebbe tornata viva.
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    Jason aveva una sensibilità e un'empatia verso le persone, che non era da tutti gli uomini dell'isola. Quando guardò il volto di Rebecca che sembrò voler mascherare quella malinconia che le attanagliava il cuore, Jason le sorrise dolcemente.
    Voleva dirle che non aveva bisogno di mascherare i suoi problemi, ma non erano abbastanza in confidenza e nonostante il suo interesse e la sua empatia, Jason preferiva sempre non sembrare troppo invadente. Già pochi attimi prima aveva interrotto il suo dialogo con l'alto e si era sentito in colpa poco dopo, non poteva entrare ancora nella sua sfera personale.
    Eppure, Becca, sembrò aprirgli un piccolo spiraglio. Jason sospirò appena, pensantemente, quindi ascoltò le sue parole «Sono certo che anche lui pensi lo stesso di te. Una donna coraggiosa e bellissima...» - le sussurrò appena, sorridendo e lasciando che il silenzio tornasse un po' a chiudere con un tappo quel vado di Pandora che Becca sembrava voler rimettere da parte.
    Fu lui a rompere il silenzio ancora una volta, ma più per cercare di strappare un sorriso a quella biondina che aveva fatto in modo che non rimanessero digiuni.
    Notò il leggero rossore quando il nome di Baker fu fatto, quindi nascose tra i baffi un piccolo ridere. Alla sua domanda, prese un po' di iniziativa e tentando di riascoltare quella risata cristallina che aveva sentito poco prima, azzardò «Se te lo dico, non diventerai rossa di nuovo? Sai, ti dona talmente tanto che potrei dimenticarmi perché sono qui.» - le fece un occhiolino colpevole, quindi incalzò con il suo dire «Intendo che hai affrontato un pericolo ben più grande di tutti noi e sei stata molto brava. Hai pensato agli altri, prima che a te stessa e questa è una cosa che mi piace molto in una donna. Quindi mi sento di doverti fare i miei complimenti.» - mentre parlava il cioccolato dei suoi occhi non si discostava da quelli di Becca.
    «Volevo tornare sull'arcipelago. Tu, invece?» - guardò le drakkar e la sua affermazione lo fece tornare con l'attenzione sulla donna «Beh, per iniziare potresti farmi compagnia, che ne dici?» -


     
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    Un altro rossore le dipinse le gote quando l'uomo pronunciò quella frase, ma questa volta reclinò il capo in avanti per non farsi scorgere, eppure era davvero grata a Jason per quelle parole che stavano contribuendo a ridarle un po' di forza. Becca era una donna forte, aveva una capacità di socializzazione unica e non faticava affatto a fare amicizia persino con le persone più impensabili, eppure anche lei veniva colta dai suoi momenti di debolezza che teneva a nascondere, anche se lui sembrava quasi leggerle dentro.
    Oh... ti ringrazio si ravviò i biondi capelli, spostandoli dietro le spalle e riprendendo a guardare quell'uomo che si era insinuato tra i suoi pensieri, sebbene non le dispiacesse affatto.
    La leggerezza stava tornando ad aleggiare tra loro e di questo Becca ne era felice, quindi accontentò quello che voleva l'uomo, concedendosi una risata leggera, annuendo. Non è che non fosse abituata ai complimenti, anzi, gliene venivano fatti davvero tanti, ma in quel momento aveva le difese abbassate, non era riuscita prontamente ad incassare le sue parole con un sorriso di circostanza, quanto più con un rossore sincero. I complimenti glieli facevano, perlopiù, gli uomini con i quali andava a letto -cosa non si fa per un po' di sesso?- anche se era consapevole di essere bella e quando si vedeva allo specchio, la sua autostima era abbastanza alta da farla sorridere.
    Un altro ampio sorriso venne rivolto a Jason alle sue parole, prima di riprendere a parlare.
    Vivo a Denrise da quando avevo dieci anni ma è un villaggio piccolo e le voci corrono, tutti sanno che mio padre non è di qui, ma... inglese, credo. E in tutti questi anni, ho dovuto lottare per farmi accettare e credo che io ci stia riuscendo, solo che ancora non tutti lo accettano. L'unica arma che ho per farlo, è me stessa... e di sicuro un carattere chiuso e scontroso non mi sarebbe stato d'aiuto, perciò sono cresciuta così. Si strinse nelle spalle, finita quella spiegazione forse non richiesta ma che si era sentita in dovere di fare, per far capire all'altro che ci fosse qualcosa sotto quella facciata di solarità che mostrava agli altri. Inoltre non sono una che sta a guardare, appena ho saputo che vi sarebbe stata un'altra spedizione e, soprattutto, che vi avrebbe partecipato anche qualcuno che conosco -si riferiva a Jon- non ho potuto fare a meno di presentarmi. Concluse, mentre i suoi occhi si fissarono verso quel mare dello stesso identico colore dei suoi occhi, così azzurro e calmo, ma pronto ad essere scosso da una tempesta quando meno ce lo si aspettava.
    All'arcipelago? Oh... non sarebbe una cattiva idea. Affermò, alzandosi e battendo una volta le mani, tornando la Rebecca di sempre. Sperando di non trovare scarabei o cose del genere. Ridacchiò e, se l'avesse seguita, si sarebbe diretta verso una Drakkar che li avrebbe riportati laddove avevano perso un compagno.
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    Jason era uno che rispettava il sesso opposto come un cavaliere d'altri tempi. Alla fine della storia, ogni donna era comunque colei che portava avanti la stirpe dell'uomo, colei che teneva in caldo i suoi eredi e che li accudiva e li cresceva fin quando non erano pronti a diventare guerrieri, cacciatori, predoni o druidi che fossero. Era colei che teneva calda la casa per i marinai che tornavano dalle avventure in mare e ogni donna sapeva come ricucire le ferite dell'anima di assenze prolungate, sotto le coperte di ogni letto.
    Per questo, Jason, ammirava la forza di spirito di alcune donne. Sì, di alcune, perché non tutte erano degne di esser chiamate così e quelle non meritavano nemmeno la sua attenzione.
    Per Rebecca, invece, la storia pareva diversa. Per quel poco che l'aveva vista in campo, aveva attirato la sua attenzione e meritava di essere trattata come una di quelle donne che avrebbe potuto tirar su un'intera stirpe.
    Jason le sorrise quando la vide arrossire e scosse la testa, chiudendo appena appena gli occhi «Non ringraziarmi, cara. E' giusto che tu sappia cosa penso di te. Non è - per me - solito trovare una donna che meriti di esser ricordata per le sue imprese sul campo.» - rise appena, dolcemente.
    La guardò di nuovo arrossire, come se ormai non risucisse a spegnere quell'interruttore a interittenza che si era attivato. Ascoltò con attenzione le sue parole, quindi annuì seriamente a quello che disse.
    «Noi Denrisiani siamo molto risentiti con gli inglesi. Dobbiamo ammetterlo. Eppure, sono certo che tu stia conquistando il tuo posto in questo villaggio e se dovessi scegliere se garantire per te, lo farei ad occhi chiusi.» - gli occhi cioccolato del druido si posarono sul volto della bionda quindi, prima di proseguire «Stai facendo davvero un ottimo lavoro per questo villaggio, credimi. I suoi abitanti te lo riconosceranno.» - avrebbe voluto aggiungere qualcosa sul riconoscimento che i denrisiani stavano dando ad altre persone che lui non reputava molto adeguate per i costumi del suo villaggio.
    Fu felice, il druido, che Rebecca avesse accettato di seguirlo all'arcipelago, quindi si imbarcarono sulla prima Drakkar e si godettero il viaggio «Vorrei un attimo dedicarmi alla flora di quel posto, credo che meriti cure adeguate, non credi?» - domandò scrutando l'orizzonte.


     
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    Se la sua giornata era iniziata intrisa di malinconia, questo stava cambiando. Jason sapeva come farla sentire meglio, tanto che l'accezione negativa del ricordo di Luke, sparì dalla sua mente in fretta. Lo aveva amato e lo amava ancora, però non poteva lasciare che il dolore ne deturpasse la memoria. Becca lo ricordava come un uomo forte, fiero e che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa. Il suo sogno era fare strada nell'esercito americano o, in alternativa, tra gli auror. Ma la bionda sapeva che sarebbe potuto diventare davvero di tutto, anche un predone se lo avesse voluto. Una notte, le aveva confidato che ammirava questi ultimi per le loro imprese e che se avesse vissuto a Denrise, sarebbe stata la sua prima scelta. E lei voleva perseguire questo. Voleva diventare una predona, rendere orgoglioso il suo primo amore, il suo dolce Luke. Sarebbe diventata una delle migliori predone dell'isola, costasse quel che costasse. Non lo avrebbe deluso per tutti i galeoni del mondo. No, doveva farcela. Era un sogno che custodiva gelosamente dentro di sé.
    Alle sue parole, inclinò la testa verso sinistra, riflessiva.
    Ah sì? In effetti forse siamo abituati a vedere solo uomini che compiono grandi imprese, ma io desidero spiccare, qui, non rimanere nell'ombra degli altri. Spiegò, con serietà, prima di alzarsi.
    I denrisiani l'avrebbero ricordava anche dopo la sua morte -che sperava avvenisse il più tardi possibile- grazie alle sue mitiche imprese. Ce l'avrebbe fatta. Ce l'avrebbe fatta. Si ripeteva quelle parole come un mantra, sicura di sé.
    Sì, avevo notato che gli inglesi non vi stiano proprio così simpatici... eppure io non ho origini inglesi. Disse, scuotendo la testa, ignara che in realtà il suo vero padre fosse proprio inglese. Non aveva idea nemmeno che suo fratello fosse molto più vicino di quanto pensasse, precisamente nell'Accademia Magica di Hidenstone che sorgeva poco più in là.
    Sorrise a Jason e stava per dire che a lei sarebbe bastato il riconoscimento di una persona in particolare, ma si morse la lingua in tempo. Non le sembrava il caso di dire una cosa così intima e della quale anche lei poco ci capiva. Alla fine, comunque, non aggiunse altro -comunque grata all'uomo- e si imbarcarono sulla Drakkar che avrebbe riportato loro all'arcipelago, dove avevano promesso alla Caria di dedicarsi al giardinaggio per lei. Sì, credo anch'io fece in tempo a dire, quando uno scossone fece ondeggiare la nave e barcollare la giovane che quindi caracollò fino a scontrarsi contro il petto dell'uomo Airwen style e quindi arrossire per l'ennesima volta. Oddio, scusa, ero distratta e l'ondeggiamento mi ha preso alla sprovvista si giustificò, con un mezzo sorriso. Certo che era davvero muscoloso.
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    Jason non l'avrebbe mai detto che la compagnia di una donna, all'infuori del letto o del tetto coniugale, sarebbe stata così piacevole come con Rebecca. Non era uno di quegli uomini che trattava la donna come oggetto, ma aveva ancora quella certezza che ci fossero cose strettamente da donna e cose strettamente da uomo. Ma Becca stava rivoluzionando questo suo modo di pensare e anche le sue successive parole lo lasciarono a dir poco convinto di ciò che pensava di lei.
    Jason sorrise appena alla ragazza «Ritieniti pure benvenuta per le prossime missioni, nella mia squadra! Mi farebbe piacere avere una come te nel gruppo. Sono certo che saresti una risorsa inestimabile.» - e lo pensava davvero, altrimenti non l'avrebbe invitata a far parte del suo party, suicida e folle, nelle future missioni.
    Era certo che quella ragazza fosse determinata a scrivere il suo nome nella storia di Denrise e chi era lui per non aiutarla a farsi strada? Affine all'ideologia da predone, trovare una ragazza del genere non era cosa da tutti i giorni.
    «Sono certo che tra qualche tempo, sarai tu a fare ombra agli altri, Becca. L'importante è che tu prosegua sempre verso i tuoi obiettivi, ma non dimenticare mai i valori della lealtà e dell'onore. Noi denrisiani li sentiamo impressi nel nostro DNA fin dalla nascita.» - quella perla fu un altro degli strani consigli da Denrisiano che oggi Jason si sentiva di lanciare come coriandoli all'aria.
    Rise alla constatazione sugli inglesi e annuì appena «Ne abbiamo subite abbastanza prima di diventare così avversi nei loro confronti. E tu, da dove provieni, Becca?» - chiese incuriosito, quindi. Anche se quel discorso sembrava quasi quello dei vecchi di paesi che chiedono "A chi sei figlio tu?" ai loro interlocutori più giovani.
    «Toglimi una curiosità: ma se hai tutti questi buoni propositi, come sei finita a lavorare presso il Canto, diventando una delle donne di Jon?» - domandò con un sopracciglio alzato, davvero curioso del perché si fosse svenduta per quel posto, quando aveva davvero degli ottimi obiettivi.
    Ormai il viaggio sulla drakkar era più che iniziato, quando uno scossone fece barcollare la nave. Jason rimase immobile, abituato a quegli scossoni ormai da una vita, mentre Becca, invece, finì dritta contro il petto di Jason, che prontamente l'afferrò, cingendola per le spalle, con delicatezza. La guardò dall'alto, lasciando che si adagiasse al suo petto senza troppo scomporsi. Le sorrise beatamente «Figurati, ci vuole ben altro per farmi spaventare. Tu stai bene?» - domandò con dolcezza, con quella voce cavernosa, che ora Becca avrebbe potuto udire direttamente proveniente dal suo petto.
    Il viaggio stava giungendo al termine, quindi la Drakkar si fermò dopo aver attraversato la barriera illusoria e approdarono sulla terra ferma.
    Scese prima Jason che poi allungò una mano verso Becca per aiutarla a scendere.
    «Eccoci qui, sei pronta per darmi questo aiuto?» - domandò con un occhiolino alla donna, quindi si avvicinò a dei cespugli «Direi che potremmo iniziare ad annaffiare questa parte di vegetazione. Nel frattempo io mi occupo di rinvigorire questa zona qui e di ricreare un habitat accogliente per i possibili uccelli che ci sono qua sull'isola.» - disse mentre si sarebbe diretto poco distante da Becca e iniziando a fare le sue magie da druido, oltre che utilizzare qualche suo intruglio rinvigorente.
    Avrebbe creato anche qualche bird home che avrebbe posizionato sui rami degli alberi, per aiutare a sistemarsi con i nidi.
    Insomma, dopo ore si sarebbe rivolto a Becca «Per me possiamo andare, per oggi. A breve calerà il sole e qui farà freddo. Ti va di andare a bere una tisana presso la mia bottega?» - le disse con dolcezza, invitandola a proseguire la serata con lui «Potrei presentarti Seth e farti assaggiare degli ottimi biscotti che preparo ogni mattina.» - cercò di addolcire ancora di più il tono, mentre si dirigeva verso la Drakkar per il ritorno.


     
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    Era forse la prima volta che Becca incontrava un denrisiano così disponibile, niente affatto scorbutico ed irruento. Forse era una caratteristica dell'essere druidi che sicuramente erano diversi dai predoni, arroganti, sprezzanti e stupidi, per certi versi. Forse quella specie di missione sarebbe stata più piacevole del previsto e questa era una piacevole novità. Sorrise all'uomo e alle sue parole. Sollevò la testa e gli rivolse il suo sguardo chiarissimo, grata per ciò che le stava dicendo. Beh, accetto volentieri... forse è esagerato, ma non vedo l'ora che capiti una nuova missione. Ridacchiò quindi la bionda, sebbene fosse sincera. Voleva diventare una predona e quale modo migliore che partecipare a diverse imprese, sperando di non rimanerne uccisa? Si ravviò una ciocca di capelli e sospirò, riflettendo su quanto avesse dovuto lottare per farsi accettare almeno in minima parte. O per non farsi odiare per il suo essere denrisiana solo per metà, quanto più farsi odiare proprio per il carattere di merda della maggior parte degli isolani.
    Certo, anche io considero lealtà ed onore, importantissimi. Non verrò mai meno a questi due principi. Lo disse con una certa sicurezza, pensando sempre che mai avrebbe tradito un'ideologia così radicata negli abitanti dell'isola ma non solo per non fare un torto a loro. Insomma, non dimentichiamoci che Becca aveva anche sangue denrisiano, non era del tutto una straniera, anche lei abbracciava quei concetti.
    Sì hai ragione, gli inglesi non sono sempre stati esattamente simpatici e gentili. Sospirò lei, prima di mordersi il labbro alla sua seconda domanda, senza sapere esattamente cosa rispondere. Non... non saprei. Non ho mai davvero conosciuto mio padre, se n'è andato quando avevo appena sei mesi. Potrebbe essere stato inglese come potrebbe essere stato di qualsiasi altra nazionalità. Però sono nata a Berlino, in Germania. Mia madre invece è puramente denrisiana, anche se è voluta fuggire per esplorare il mondo. Non so altro. Sospirò, non riuscendo ad aggiungere altro. Avrebbe tanto voluto conoscere suo padre, chiedergli perché se ne fosse andato, abbandonando lei e sua madre in grandi difficoltà economiche. Avrebbe, forse, dovuto iniziare a fare ricerche in qualche modo, cercare di capire chi fosse e da dove venisse, se avesse altri parenti. Era certamente ignara che suo fratello si trovasse -durante l'anno scolastico- così vicino a lei.
    Alle sue parole, non seppe se arrossire o ridere, ma nel dubbio se ne stette zitta per qualche attimo, fissando il mare calmo. Perché mi servono soldi. Jon forse sarà anche tirchio e tutto, ma... ne ho bisogno. Forse la motivazione secondaria, era che il predone le interessava? Immersa in questi pensieri, nemmeno si accorse che la Drakkar era salpata; solo un violento scossone la riportò alla realtà, sballottandola un po' e facendola finire contro l'uomo. Fortuna che era saldo sulle proprie gambe, ben piantato sul ponte della nave e la afferrò, senza cadere o farla cadere. Si rilassò appena, mentre il suo petto vibrava come una cassa di risonanza. Sì sto benone, era solo immersa nei miei pensieri. Si giustificò, evasiva. E che pensieri! Alla sola idea, arrossiva di nuovo. E non era mai arrossita così tante volte in un giorno.
    Finalmente, comunque, erano arrivati e Becca afferrò la mano ben più grande dell'uomo, scendendo anche lei sulla terra ferma, sentendosi ben più stabile sulle gambe. Nata pronta! Replicò, guardandosi attorno come se da un momento all'altro avrebbe potuto saltare fuori uno scarabeo stercorario gigante, proprio come la loro avventura precedente.
    Annuì e puntò la bacchetta verso le piante e tra un aguamenti e l'altro, il tempo passò a dir poco velocemente, quasi che non si accorse dell'imbrunire che avanzava, se non fosse stato per la voce di lui che la richiamò.
    La sua proposta la allettò e quindi, mentre andavano alla drakkar, iniziò già a pregustare quelli che sicuramente sarebbero stati degli ottimi biscotti.
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