A pain that destroys

Jess&Lance (♥)

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    Jessica Whitemore

    Lasciò lo studio di Victoria, chiudendosi la porta alle spalle, trattenendo l'istinto di sbatterla e correre via. Quindi la appoggiò piano allo stipite e fece qualche passo senza una vera e propria meta, finché si fermò ad una decina di metri dal suo punto di partenza e si appoggiò contro il freddo e duro muro di pietra, gli occhi spenti e fissi su un punto del tutto casuale davanti a sé, senza realmente vederlo. Si concentrò su una crepa nel muro, mentre il casino che aveva in testa, strepitava per esplodere. Non poteva dire che non se lo aspettava, perché sarebbe stata una bugia. Era ben conscia che non sarebbe potuta durare inosservata fino alla fine dei suoi giorni ad Hidenstone, anche se aveva sempre cercato di chiudere il pensiero in un cassetto di un anfratto nascosto del suo cervello. Eppure... sebbene se lo aspettasse, non si immaginava che sarebbe accaduto proprio il giorno dei MAGO, né che sarebbe accaduto così presto... fu comunque un colpo. Se non fosse stato per il fatto che era ancora viva, respirava e si muoveva, Jess avrebbe potuto giurare che il suo cuore si fosse fermato nel momento stesso in cui Victoria le aveva messo davanti le due alternative: far licenziare Daniele e lavarsene lei stessa le mani, cancellarle la memoria in merito ad ogni istante della loro relazione. Aveva sentito mille aghi gelidi conficcarsi sotto la pelle, provocandole un dolore senza eguali. Forse agli occhi di un adulto non sarebbe sembrata la fine del mondo, ma Jessica era un'adolescente e come tale amava con grande intensità, soffriva con grande intensità. Soprattutto dopo tutti i bei momenti che aveva passato con l'uomo. Si forse il labbro fino a farlo sanguinare per provare a trattenere quelle lacrime che, comunque, arrivarono inevitabilmente a bagnarle le guance e ad arrossarle gli occhi. Eppure era convinta di essere sempre stata attenta... cosa aveva sbagliato? La preside l'aveva ammonita, implicitamente, sul fare confidenze a troppe persone, ragion per cui... no, l'idea che uno dei suoi amici -coloro di cui si fidava ciecamente- l'aveva tradita, era quasi più insopportabile del pensiero che di lì ad una settimana avrebbe perso Daniele, in un modo o nell'altro. Aveva una settimana per riflettere sulle alternative, ma non era sicura le servisse davvero. Con che coraggio avrebbe chiesto il licenziamento di Daniele, quando era stata lei a metterlo in quella situazione? Piegò il capo, posando il viso sulle ginocchia reclinate contro il petto e infilò le dita tra i suoi folti capelli corvini e prese un profondo respiro, mentre le lacrime non ci pensavano proprio di darle tregua. Ma non poteva stare là a poca distanza dall'ufficio di Victoria; non voleva correre il rischio che da un momento all'altro potesse uscire e vederla in quello stato. Puntellandosi contro il muro si alzò, iniziando a procedere come uno zombie lungo il primo corridoio che trovò. Si trascinò avanti costeggiando il muro con la mano, guardando avanti solo per non rischiare di inciampare. La luce che prima risplendeva nei suoi occhi scuri, si era spenta e non sapeva per quanto sarebbe durato. Le sembrava quasi che il dolore le avesse strappato il cuore dal petto e che adesso ci stesse giocando, facendolo sempre più a pezzi. Solo allora si accorse di aver continuato a svoltare senza tenere a mente la strada e che quindi non sapeva nemmeno dov'era finita. Conosceva abbastanza bene il castello anche grazie alle sue esplorazioni notturne, eppure in quel momento le sembrava di avere un vuoto di memoria e di non riuscire a capire dove esattamente si trovasse, come se si fosse persa. Per quel che la riguardava, avrebbe potuto benissimo essere nello stesso corridoio della sua sala comune, non si sarebbe capita comunque. Fanculo sbottò, trattenendo un singhiozzo. Fanculo la preside e questa cazzo di scuola. Il dolore era palese nella sua voce.
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    Lancelot Olwen
     
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    Lancelot OlwenDocente di Rune
    'E anche questi esami sono andati'
    Era il secondo anno che Lancelot assisteva agli esami MAGO in stile Hidenstone: il ragazzo aveva un netto ricordo dei propri come barbose ed infinite sessioni di orali e scritti, mentre la donna ne aveva un'idea ben più dinamica, ma non meno terrificante 'Io ci sarei morto nel labirinto: di ansia!' a differenza di Xander, lui aveva sempre apprezzato lo studio, con conseguenti alti voti, inoltre non era male essere il cocco del professore di Rune, che non aveva fatto altro che tessere le sue lodi per tutti gli esami, interpellato o meno che fosse.
    Terribili o meno che fossero, erano finiti: i ragazzi se l'erano cavata abbastanza bene con la sua prova mista ad incantesimi e tutti erano riusciti a superare i limiti offerti dalla sintomatologia ed impiegare abbastanza logicamente le rune per combatterne gli effetti, al punto che ne era rimasto soddisfatto 'Vuol dire che sanno scegliere la runa anche sotto stress: ormai le sanno davvero a memoria' e questo, per il triennio, sarebbe stato importante.
    Aveva rimesso in ordine le proprie cose, poi aveva pigramente iniziato a guardarsi intorno, vagando per i corridoi, forse in cerca di Victoria, forse solo quasi nostalgico di quelle ataviche mura, che non vedeva da un po' 'Sembra strano avere una vita fuori da qui...' ridacchiò, mandando poi un messaggio al cugino, scrivendogli quanto gli mancasse l'uomo della sua vita.
    Ironico parlare di ciò vicino a Jessica, vero? Sapeva quasi di parlare di corda in casa dell'impiccato... o di mordersi il labbro al sangue pensando ad un vampiro; sì, insomma, quel genere di evenienza sconveniente (?)
    Lance alle dolci parole di Jessica aggrottò la fronte; curioso (anche se non troppo: aveva riconosciuto la voce, ne era quasi certo) girò l'angolo, trovandosi poco oltre la corvina, tumefatta dal dolore e anche perdente sangue dalle labbra sbagliate (?)
    "Jessica!" indossava una polo verde e dei pantaloni di lino bianchi e alla vista della giovine, si fiondò su di lei, offrendole un fazzoletto immacolato come la sua anima (quella di Lance, ovviamente) "Stai bene?" le chiese, accorato, troppo preoccupato per lei (aveva gli occhioni tutti per la corvina) per preoccuparsi di passarle la lingua sul sapone come avrebbe meritato.
     
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    Jessica Whitemore

    Una voce la chiamò, ma le sembrava solamente un richiamo lontano senza nessuna importanza, anche se sembrava di aver riconosciuto il suo possessore. Era di una persona a cui teneva davvero molto, per quanto il suo player fosse uno stronzo, quindi alzò la testa cercando di recuperare un contegno dignitoso, cosa assai difficile visto ciò che aveva appena sentito nello studio di Victoria. Le sembrava la fine di tutto e agli occhi di una ragazzina era effettivamente così. In un altro contesto, sarebbe stata felicissima di aver portato a termine i MAGO e, anche se non sapeva ancora i risultati, era certa che fosse andato tutto bene... dovevano gioirne tutti e invece no, lei era là in uno squallido corridoio chissà dove all'interno di quella scuola che, contemporaneamente, le aveva dato e tolto tutto.
    Alla sua domanda provò una serie di emozioni contrastanti: avrebbe voluto urlargli di non fare l'ipocrita, poi avrebbe voluto solo abbracciarlo o ancora, confidarsi con lui perché qualsiasi cosa potesse pensare, lui era davvero una figura di riferimento per la corvina, l'affetto che provava era inquantificabile ed era felice di essersi trovata davanti lui e non altri professori ben meno inclini a preoccuparsi così per lei, tipo Ensor. Puntò lo sguardo scuro in quello più chiaro di lui, piegando le labbra in una smorfia. Tanto cosa aveva da perdere? Tempo una settimana e quella vecchia mummia le avrebbe cancellato ogni ricordo dell'uomo che amava, al di fuori del rapporto professore-alunna, quindi se lo sapeva la preside... poteva benissimo sfogarsi, non tenersi niente dentro.
    No che non sto bene. Non sto bene per niente. Sbottò, provando ad asciugarsi le lacrime con fare nervoso. Fortuna che non aveva perso tempo a truccarsi, quella mattina, altrimenti in quel momento sarebbe tutto sbavato. Forse è poco evidente? Domandò, frustrata, spingendo in un angolino della sua mente, il senso di colpa che stava iniziando ad opprimerla per il trattamento riservato a Lance. Che cosa sto facendo? si domandò, mentre l'istinto di correre via combatteva contro quello di restare e ricercare il suo conforto -in modi casti, non pensate sempre male- e, perché no, anche una sua strigliata. Si soffermò un attimo a riflettere: se un suo amico l'aveva tradita spifferando tutto, non lo aveva fatto direttamente con la preside. Chi mai avrebbe avuto il coraggio? Soprattutto non uno delle persone a cui teneva. Quindi doveva averlo detto a qualcuno di più "raggiungibile". Che fosse Lance? O qualche altro docente? Si rialzò completamente in posizione eretta e cercò di non evitare lo sguardo dell'uomo. A questo punto che taccio a fare? Rifletté ad alta voce, incrociando le braccia al petto. Sicuramente lo saprà anche lei eh? Della mia relazione. Semplice e schietta, tanto non avrebbe potuto far più danni di quelli che già c'erano e la Preside avrebbe cancellato, oltre che a lei, la memoria a tutti i suoi amici probabilmente. Dopo la rabbia, comunque, arrivò un profondo vuoto che la fece vacillare e dovette reggersi al muro per non accasciarsi sulle ginocchia. Aspettò quasi tremante il giudizio del docente.
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    Lancelot OlwenDocente di Rune
    Jessica non era una studentessa qualsiasi: era difficile trovarne un'altra così tanto fedele alla ciolla, battendo qualsiasi record e bruciando qualsiasi tappa, ma in vero Lancelot non la vedeva così, troppo addestrato da Alexander a vedere esclusivamente la parte migliore di ognuno di loro: per lui Jessica era la dolce ragazza abbandonata da tutti, che comunque aveva deciso di mettere al mondo e non abbandonare una vita, era la ragazza forte che non si lasciava spezzare dal giudizio e dallo sguardo di nessuno, fosse anche stato quello di Ensor, ed era anche la ragazza che, nonostante quella difficile condizione, non aveva mai perso il sorriso e la serenità adolescenziale, godendosi comunque come meglio poteva la vita. Il che voleva dire, generalmente: nuda, sdraiata, con Gyll che badava ad Alex altrove, ma ehi, avevamo detto che Lance vedeva solo i lati positivi vero? E infatti quelle ultime speculazioni erano prettamente di questo narratore.
    Sì, giudicatemi pure, ma tanto sono come Jessica: impermeabile!(?)
    'Oh, Jessica...' fu quindi doloroso vederla così spezzata del dolore, aldilà di ciò che pensava, sapeva ed udiva, al punto che per lui l'unica cosa possibile fu avvicinarla e prendersi anche i suoi rimbotti per il suo approccio decisamente troppo da gentleman per una che probabilmente dati i suoi modi garbati, non aveva seguito il percorso di maginfluencer solo perché sapeva già di essere pronta per lavorare come signorina al Canto della Sirena probabilmente anche con più successo di Rebecca.
    "No, direi che è piuttosto evidente" disse lui, gentilmente, avvicinandola e rimanendo cordialmente a circa due metri da lei, rispettoso dei suoi spazi, allungando poi il braccio per porgerle un prezioso fazzoletto in stoffa bianco, elegantemente ricamato in verde con tanto di sue iniziali in oro.
    'Povera ragazza...' non le era esattamente chiaro cosa stesse succedendo, non conosceva le tempistiche di Victoria e sapeva solo che lei avrebbe agito, inoltre si parlava comunque di un'adolescente, quindi quel pianto forsennato poteva anche essere per una A, la lite con un compagno o qualsiasi altra cosa che un ragazzo poteva trasformare in un dramma manco fosse la fine del mondo, sicché rimase in silenzio, a disposizione, aspettando che fosse la corvina ad aprirsi e dirgli qualcosa.
    Del resto quella dannata bocca quante volte l'aveva aperta a sproposito, non sempre facendosela opportunamente tappare?
    Ovviamente parlò, come lui sperava, e non lo fece con modi da lady, ma con quelli degni di una suddetta ragazza del canto della sirena: aggressiva, a tratti scurrile, altezzosa come solo lei sapeva diventare.
    Lo fissò, intensamente. Fu uno sguardo difficile da sostenere, forse perché gravato da sensi di colpa profondi, in Lancelot, sicché, appunto, dopo qualche istante piegò il proprio in segno di resa "Sì, Jessica" pigolò solo, notando poi la ragazza reggersi al muro con fatica, con le gambe molli come gelatina.
    'Per Merlino!' e fu così che tagliò del tutto le distanze tra loro due, cercando di passare una mano intorno al fianco di lei "Forse non è il caso di parlarne in corridoio... in piedi" propose lui, cercando di sorreggerla e accompagnarla verso il proprio studio, ove avrebbe potuto farla sedere e offrirle anche qualcosa di caldo da bere.
    "Mi dispiace molto per la scomoda posizione in cui ti sei trovata" pigolò poi, quando fosse stato nei pressi della propria aula, per evitare una scenata in pieno corridoio, ove tutti potessero sentire delle genialate di Daniele e garantire l'espulsione del vampiro dalla scuola, oltreché dalla vita di Jessica 'Per quanto... un po' se lo meriterebbe' ma quello, lui, se lo tenne per sé, del resto il tempo per gettare benzina sul fuoco era ormai terminato.
     
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    Jessica Whitemore

    Fortunatamente Lancelot era l'opposto del suo narratore. Era gentile, premuroso, nonostante come Jessica gli stesse rispondendo. A dire la verità, la corvina non aveva intenzione di rivolgersi così a lui, ma era il dolore a parlare al suo posto, o forse l'orgoglio? No, quello le avrebbe impedito di farsi vedere così, ma aveva ancora quel briciolo di fierezza che la distingueva e che le permise di rialzare la testa e controbattere a quella frase piuttosto sciocca da parte del suo interlocutore. Era ovvio che non stesse bene, niente andava bene. Niente. Forse la sua unica soddisfazione sarebbero stati i voti dei MAGO che, nonostante tutto, aveva svolto al meglio delle sue capacità, cercando di accantonare qualsiasi pensiero negativo e dare del suo meglio anche in quell'occasione, l'ultimo ostacolo prima di un'estate di libertà, dove avrebbe avuto abbastanza tempo per autocommiserarsi -o anche no, dal momento che avrebbe perso la memoria di lì a sette giorni.
    Un sorriso sarcastico le solcò le labbra a quella sua risposta, lasciando comunque che si avvicinasse e le porgesse quel fazzoletto bianco con addirittura le iniziali dell'uomo. Esitò qualche secondo, le iridi scure puntate su quelle decisamente più chiare dell'uomo. Ma alla fine allungò le dita e le strinse attorno alla stoffa, portandosi l'oggetto al volto e asciugando quelle lacrime che stava disperatamente tentando di scacciare, non voleva mostrarsi debole davanti a nessuno, nemmeno a lui.
    Alla fine, quando nel suo viso non fu rimasta solamente un ombra del pianto precedente, nonostante gli occhi arrossati e lucidi, gli disse -piuttosto implicitamente- il motivo di tanta disperazione, sostenendo il suo sguardo, quasi perdendovi in esso, spalle al muro. Lo sentì confermare, ma anche quella volta il suono le arrivò ovattato, come se si fosse trovata sott'acqua. Non sapeva cos'altro dire. Sapeva tutto, come sicuramente lo sapeva ogni altro docente, là dentro. Non riuscì a provare vergogna per quella consapevolezza, sovrastata da ben altri sentimenti. Quando lui si avvicinò, non si oppose e lasciò che le mettesse il braccio attorno al fianco. Fu come un solido muro, qualcosa a cui reggersi per non cadere. Jess non aveva capito quanto fosse in bilico quel suo già precario equilibrio e lo capì solo quando sentì Lancelot affianco a sé. Tirò un piccolo sospiro di sollievo, lasciando che la conducesse nel proprio studio. Sì, forse non è il posto ideale ma... non sapevo dove andare, ho girato un po' a caso, non so nemmeno dove sono finita. Sbuffò la giovane, guardando ciò che la circondava, fino alla destinazione ultima.
    Quando furono praticamente arrivati, lui parlò di nuovo. La corvina non lo guardò, ma assimilò quelle parole come una spugna, cercando qualcosa di adatto per replicare. Dispiace anche a me, tuttavia... credo di essermela cercata, no? Una scrollatina di spalle, godendo di quel contatto che le trasmetteva sicurezza, per quanto la situazione fosse a dir poco spiacevole. Voglio dire, qui è pieno di miei coetanei... aggiunse, lasciando intendere il resto della frase. Poteva innamorarsi di qualsiasi di loro, ed invece aveva deciso di complicarsi la vita fino all'estremo. Tra una settimana, più o meno, la Preside mi cancellerà la memoria. Mesi di ricordi verranno risucchiati dalla mia mente, eliminati per sempre. E ciò non vuole dire solamente dimenticare ciò che concerne lui. Sapevano entrambi a chi si stesse riferendo. Ma anche tanti altri ricordi con i miei amici, di quando ho parlato loro della mia relazione o di tutto ciò che ne è scaturito. Una piccola pausa, atta a staccarsi da lui per metterglisi davanti e fissarlo nuovamente negli occhi, con sguardo grave. Professore riprese, dopo qualche secondo. E se la Burke si sbagliasse? E se mi cancellasse molto più del necessario? E se mi cancellasse altri ricordi che non c'entrano nulla? Insomma, sarà potente quanto vuole e sarà anche la preside, ma persino lei è umana e non è infallibile... se commettesse un errore? Ci sono cose che non voglio dimenticare. Abbassò lo sguardo, fissando il pavimento ai loro piedi, timorosa di tutto ciò che gli stava confidando. Non voglio dimenticare. Si morse il labbro, dopo aver snocciolato tutti i suoi dubbi. Non voglio dimenticare nemmeno questo momento, qui con lei. Ogni mio ricordo mi rende quello che sono e... la sua voce fu spezzata da un singhiozzo, quindi decise di non proseguire oltre. Mi scusi. Disse solo inclinando il viso perché lui non vedesse oltre la disperazione dipinta nei suoi occhi.
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    Lancelot OlwenDocente di Rune
    Sfortunatamente, Jessica non era come la sua narratrice: aveva molti più difetti ed era molto meno bullizzabile!
    La ragazza era impavida, testarda, arrogante, come solo l'adolescenza e gli ormoni sapevano rendere le persone, e lei, di ormoni, grazie ad una pregressa gravidanza, ne aveva fin sopra i capelli, tuttavia persino lei aveva trovato un muro invalicabile, placido, certo, ma al bisogno duro come l'acciaio e gelido come l'inverno: Victoria.
    Dopo l'incontro con la preside, Jessica esternava ancora i propri atteggiamenti da squillo di basso borgo qual era, ma essi erano stanchi e si trascinavano su un corpo ormai al suo limite, a causa del dolore che provava, e ciò fu testimoniato dalle parole di lei, che parlavano di vagare senza una precisa meta, nel mentre si faceva sorreggere per non cadere a terra.
    Lancelot adorava quel lato dei ragazzi, quel loro essere così fragili, intesi come delicati, ma anche come esplosivi (sì, ovviamente in ciò eccelleva Blake!), sicché con tutta la dolcezza di questo mondo sostenne la giovane e interruppe il suo errare per la scuola, portandola in un posto sicuro, ove potesse urlare senza temere che la preside peggiorasse la sua pena, o altra gente dovesse essere Obliviata per la bocca sempre troppo aperta della opalina.
    Povera piccola... pensò lui, osservandola, così giovane e fragile 'Tuttavia la discrezionalità non è certo il forte di Jessica' e nonostante potesse essere ai limiti della commozione, si rendeva conto, come se n'era reso conto ai tempi, che non vi erano altre soluzioni: era un segreto troppo cogente per farlo gravare sulle spalle di una ragazza, specialmente una umorale come Jessica.
    Si fece saldo per lei e la scortò, cercando anche di sorreggere la sua autocommiserazione, con un pentimento in ritardo di fin troppi mesi e per le ragioni sbagliate "Al cuor non si comanda Jessica" disse lui, flebile, con una carezza "Non era certo compito tuo comprendere quanto grave e pericolosa potesse divenire la situazione e porvi rimedio..." aggiunse poi, levando gli occhi al cielo 'Oh, Daniele, ma come hai potuto fare una cosa così orribile?' si chiese lui, dimentico del fatto che il vampiro fosse stato sempre un ragazzino disadattato e che sostanzialmente tutti, tranne Lance, a scuola, si fossero ripassati la futura prefetta.
    La portò nel suo studio, ove la fece sedere, nel mentre ella rammentava tutti gli studenti che aveva impalmato e lentamente si rendeva conto di come quell'unico baccello maturo rischiasse di mandare in fumo anni e anni di dedizione a qualcosa, cancellandone la parte migliore, molto spesso, ovvero i ricordi, molto utili soprattutto nei momenti solitari.
    Mesi di verghe virgulte sarebbero stati cancellati dalla mente di Jessica, per assicurarsi che nulla del paletto di Daniele restasse nella sua mente e potesse dunque uscire come un fiume in pieno da quella boccuccia mai chiusa e mai discreta, ma ciò non rendeva il tutto meno doloroso, per lei, ma anche per Lancelot 'Oh Jessica' le carezzò dolcemente una mano, impostando un sorriso mesto "La preside sa quel che fa, è una strega esperta e una druida leggendaria: se ti ha fatto quell'offerta, è perché è certa di poter agire in sicurezza, mettendo al sicuro sia te sia lui... e... e se malauguratamente dovesse perdere il controllo del proprio incanto" deglutì a secco "Sono certo che troveremo una soluzione per ridarti quanto più possibile... perché, Jessica, il tuo sacrificio è sicuramente in sua difesa..." e nel dirlo dovette esitare un attimo, travolto dallo sdegno 'Quale uomo si fa difendere da una ragazzina?' nessuno: c'era solo un vampiro che si faceva scudare da una mignotta "Ma è anche a tua protezione, tua e della tua carriera futura... nonché di Alex"
    Il suo sorriso si manteneva triste, mesto, infelice, nel mentre cercava di spiegare e consolare la ragazza "Se... se l'errore di quella persona, e tuo, diventasse noto, lui probabilmente rischierebbe di essere ucciso, ma tu... tu non potresti più studiare qui e forse nessuna scuola ti accetterebbe con al seguito Alex, neanche tra le accademie post-MAGO... preservare il segreto è importate per lui, ma anche per te... e siccome abbiamo fallito dal proteggerti... da voi... permettici almeno di proteggerti dalle conseguenze" e a quel punto, posò una carezza sulla guancia della ragazza "E comunque, Jessica, una ragazza indomita come te, che non cambia idea o desiste davanti a niente, non sarò neanche scalfita da qualche ricordo in meno: i ricordi ci definiscono, ma il tuo animo è saldo e trascende la memoria" le disse, orgoglioso, dandole in maniera molto aulica della cocciuta.
    "Quindi... pensa a quanto staresti peggio non lo facessi... e pensa solo a quante fantastiche persone tue coetanee" la precisione a quel punto era d'obbligo immagino (?) Tu hai intorno, pronte a sorreggerti, starti vicino, volerti bene e ricostruire tutti i ricordi che ti verranno distrutti, per farli ancora più belli e sfavillanti" suggerì ancora, ben sapendo che fosse solo una magra consolazione.
    "So che non è il finale che volevi... o che speravi... ma è comunque un nuovo inizio: un'occasione per ricominciare" e a quel punto, stranamente si mise a ridere "E poi, Jessica, ti conosco abbastanza bene da sapere che sei una delle persone più perseveranti di questo mondo: anche senza ricordi, sono certo che, tra qualche anno, quando non ci saranno più vincoli professionali, tu troverai il modo di incontrare ancora Daniele Salvatore... e vivere ciò che comunque non avreste mai potuto vivere"
    Lo credeva davvero? Ovviamente sì, del resto Annie lo aveva atteso per qualcosa come dieci anni e lui, in quanto suo compagno di vita, doveva pur avere uno spirito romantico, no?
     
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    Jessica Whitemore

    Jessica non si era mai sentita tanto sconfitta, con la consapevolezza che contro la ferrea decisione di Victoria, nulla avrebbe potuto fare. Nonostante non la rispettasse troppo come Preside, dentro di sé sapeva quanto quella fosse stata l'unica decisione giusto che avesse mai fatto da quando la conosceva, solo che proprio non riusciva ad accettarlo. Le sembrava che qualcuno stesse cercando di toglierle tutte le cose belle che aveva nella vita, i suoi genitori in primis. Non era pronta a perdere qualcun altro, ma non c'era niente che una ragazzina potesse fare. In tutto quel dolore, fu estremamente felice che a trovarla in quelle condizioni, fosse Lancelot, colui che aveva sempre visto come una figura di riferimento, un docente su cui fare affidamento in ogni circostanza, senza paura. Sapeva anche che, se in quel momento avesse voluto sfogarsi in qualche modo, lui sarebbe stata la persona giusta, tra i suoi insegnanti, secondo solo ad Eva.
    Quindi si lasciò sorreggere e condurre fino all'aula di Rune dove, se lo ricordava fin troppo bene, il settembre precedente aveva avuto l'illusione che i suoi genitori ed il padre di Alex, fossero davvero tornati da lei per restare, che non la volessero più abbandonare a soli diciassette anni, ma ovviamente non era stato così. Forse però, col senno di poi, era stato un bene, per quanto il dolore potesse essere forte.
    Quello, comunque, era un luogo sicuro, abbastanza lontano -sperava- dall'ufficio della Preside in modo che non sentisse eventuali imprecazioni contro di lei, oltre al fatto che la corvina confidasse restassero entro le mura di quell'aula. Ascoltò passivamente le sue parole, annuendo distrattamente. Aveva ragione, non poteva decidere lei di chi innamorarsi, anche se lo avrebbe tanto voluto.
    Alla fine, lui la condusse nel suo Studio, proprio dove -dopo quella famigerata lezione- vi si era recata per un motivo non molto più felice di quello. Che si ricordasse, mai una motivazione allegra l'aveva spinta ad andare nell'Ufficio di Lancelot.
    Si lasciò cadere sulla sedia quasi a peso morto. Ora era quell'oggetto a reggerla e ad impedirle di scivolare a terra e ci si aggrappò come se ne andasse della sua vita. Sussultò appena alla sua carezza, beandosi per un momento di quel calore inaspettato sulla mano, salvo poi storcere le labbra a quella sua affermazione. Una risata bassa ed amara lasciò le sue labbra, mentre annuiva. Se fosse davvero così esperta... iniziò, sollevando lo sguardo scuro verso il biondo, sorridendo Molte cose sarebbero state diverse, in questa scuola. Concluse, enigmatica. Era ovvio che si stava riferendo a tutto ciò che era successo dal settembre del suo primo anno, fino a quel preciso momento di un giugno molto meno allegro di quanto avrebbe dovuto in realtà essere, visto che aveva appena finito i MAGO e, ne era certa, con voti brillanti. Perdere i ricordi con lui, ormai non devo far altro che accettarlo, ma ci sono molte altre cose che non voglio dimenticare e nessuna ricostruzione, mi porterebbe indietro i ricordi che ho con i miei migliori amici, soprattutto con Blake. In quel momento, arrossì un po' a caso al ricordo di ciò che era successo tra lei e Blake appena quattro mesi prima, quando evidentemente nessuno dei due aveva avuto i freni inibitori.
    Ascoltò quindi tutto il suo discorso, ancora dubbiosa, sebbene avesse perfettamente senso tutto ciò che stava dicendo, per quanto volesse mostrarsi restia. Non voglio dover lasciare questa Accademia mormorò, mesta, guardandosi attorno. Non voglio non poter più vedere questo posto, i volti delle persone a cui voglio bene, voi... sussurrò, più convinta di prima. Nonostante tutto, in quella scuola aveva trovato dei docenti che apprezzava e stimava, ricominciare da capo sarebbe stato difficile. Inoltre questa è o non è la migliore Accademia del mondo magico? Domandò, abbastanza retoricamente, prima di improvvisare un sorriso un po' meno triste di prima, per quanto poco convinto potesse essere. Voglio avere l'istruzione migliore. Non era una che si sarebbe accontentata di lezioni mediocri, lei voleva solo il meglio e sicuramente quella scuola sarebbe stata in grado di offrirglielo.
    Accettò quella carezza, ancora una volta godendosi il calore delle sue mani sulla pelle, prima di rispondere ancora. Sì, so quante persone attorno ho, mi hanno già dato prova di volermi davvero bene ed insieme a loro ho ricordi indimenticabili che nemmeno un incantesimo potrà spazzare via. Fece una pausa, convinta di quelle parole, anche se -come disse lui poco dopo- avrebbe voluto un finale ben diverso, un finale che non le chiedesse di dimenticare nessuno.
    Quando lui rise, lei fece altrettanto, ritrovandosi parecchio in quelle parole. Beh, di certo il docente non le aveva dette giusto per dare aria alla bocca (?), quindi si alzò. Ha ragione, forse quando l'Accademia sarà finita, riuscirò a recuperare i miei ricordi... o forse conoscerò qualcun altro di cui mi innamorerò ed i ricordi, se mai dovessero tornare, rimarranno custoditi nel mio cuore ma resteranno chiusi nel passato. Chi può dirlo. Fece spallucce, mentre il suo sorriso si allargò, per quanto non arrivasse comunque agli occhi. Ora si reggeva un po' meglio sulle sue gambe. La ringrazio... iniziò, ponderando bene cosa dire, non essendo molto brava in quel genere di cose. Per le sue parole, per non essersi arrabbiato e... per avermi fatto capire diverse cose. Aveva più o meno inteso di come tutto quello fosse anche per lei, per il suo bene e per il suo futuro, non certo un'azione compiuta semplicemente per farla stare male. Sapevo di poter parlare con lei. Inoltre non avrei sopportato di dover dimenticare tutti i momenti con lei. Concluse, sorridendo. Si riferiva, per prima cosa, all'aiuto che lui le aveva dato durante la nascita di Alex e a seguire, tutte le volte che lui c'era stato per lei e per i suoi compagni. Credo che sia ora di tornare a Londra.
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