Provino Arti Elementali I

Morrigan Maverick

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    Morrigan Maverick
    Long may I reign!

    Il vento lanciò la secca foglia d'acero dritta in faccia a Morrigan rendendola tutt'uno con la pelle sudata del mago. Al magitecnico bastò sbuffare per farla cadere.
    Il sole stava tramontando da poco conquistando le infinite distese d'erba e i ripidi faggi. In quel mare d'oro e arancio, un giovane denrisiano nascosto sotto vesti di lino e un americano immerso in un lungo trench antracite nuotavano indisturbati. O quasi.
    «Cristo, fammi riprendere fiato» L'uomo avvolto dal nero si gettò contro uno dei pochi alberi. Il cranio pelato era diventato rosso come un pomodoro lasciato al sole per qualche giorno. I tatuaggi a forma di croce sul suo capo erano deformati dalle gocce di sudore.
    «Ephialthes, non sono uno che generalizza come gli altri denrisiani ma voi altri siete proprio deboli» Un sorriso tronfio gli si piazzò sul volto mentre le mani s'accostarono sui fianchi. L'orgoglio si sciolse in pochi secondi e lo sguardo del mago tornò a studiare il sentiero appena percorso «Dobbiamo andare.»
    «Fottiti. Ripetimi. Perché mi hai portato su questi monti?» L'americano tastò il trench che stava indossando, forse pentendosi di quella scelta di stile. Ma, hey, non siamo mica tutti Enzo Miccio.
    «Il tramonto è bello, le bacche sono buone e le druide simpatiche» Continuò Morrigan, calciando l'erba sotto gli stivali.
    «Druide? Non mi avrai portato fin qua perché pensi di aver perso il contatto con la natura o qualche stronzata da isolano del genere, vero?» Sibilò il compagno in nero socchiudendo le palpebre.
    «No, ma ti pare?» (Si consiglia di cliccare sul collegamento per comprendere la perfetta espressione di Morrigan in questo preciso momento)
    «Potevi dirlo prima» La mano ossuta di Ephialthes, più simile ad un ramo essiccato che ad un insieme di dita, affondò in una tasca del trench. Il braccio si tese e l'americano lanciò in aria qualcosa.
    Una pletora di ronzii sovrastò il vociare del vento mentre una serie di boccini volanti cominciò a ruotare in cielo. Un forte senso di disagio si schiantò contro il petto di Morrigan.
    «Cinque boccini volanti meccanici. Li ho creati io stesso. Comprendi da dove ha origine la sensazione che stai provando?» Cantilenò l'americano, ricomponendosi, come se stesse traendo energia dal dubbio di Morrigan.
    «No.» Rispose il denrisiano mentre la mano riemerse da una tasca armata di bacchetta
    «Nein, niente Favellio objectum. Percepiscilo.» Comandò il compagno «Gli incanti elementali sono fondamentali per padroneggiare l'arte elementale. Tuttavia, la differenza tra l'abile e il non abile risiede nel percepire le crepe nell'armonia del creato. Concentrati e ignora tutto il resto.»
    Le palpebre di Morrigan si chiusero e il nero profondo lo avvolse. Il rumore del vento finì per scemare e il battito del cuore si disperse nel nulla. Anni passati a lanciare magie gli avevano insegnato come concentrarsi e focalizzarsi alla perfezione "Probabilmente sono incantate utilizzando dei circuiti runici di debuff... Si, deve essere così."
    Un sorriso comparve sul volto del mago «Circuiti runici.»
    «Se continui così non andrai da nessuna parte. Devi ignorare il battito del tuo cuore e il pulsare del tuo cervelletto. Si tratta di intuito, istinto. Cosa percepisci?»
    I pugni di Morrigan si chiusero con estrema violenza e le nocche divennero bianche come il latte di mandorla. Il mago stava ignorando il ronzio eppure percepiva i boccini. Li sentiva, lì, alti nel cielo, come se lo stessero sbeffeggiando. Erano soltanto dei boccini ma ci doveva essere dell'altro. Si sentivano superiori, la loro arroganza lo dimostrava.
    «Il materiale. Non si tratta dei circuiti ma del materiale. È il carattere del materiale che mi sta mettendo a disagio.»
    «1834. Legno di Frassino. Un giovane monaco rumeno è l'unico superstite di un attacco perpretato da giovani vampiri neonati. L'uomo prende una croce di legno e ne affila la punta. Dunque, il suo pelligrinaggio comincia. Dieci anni per scovare quei cinque vampiri e ucciderli uno ad uno con quella stessa croce. Il carattere di un materiale può inquinarsi se gli intenti dell'utilizzatori sono oscuri e così è accaduto. Tanto di cappello per averlo percepito. Ci hai messo solo un'ora. Il sole è scomparso e ti sei perso una splendida blue hour. Ad ogni modo, la prossima parte del tuo "recupero" sarà più divertente.»
    «Seconda parte?» Morrigan non fece in tempo a notare il cielo scuro che Ephialtes fischiò.
    Qualcosa lo colpì sulla bocca dello stomaco. Dolore. Dunque qualcos'altro si schiantò contro la sua mascella. Fuoco. Infine, una forte botta sui testicoli. Inferno.
    «Puoi sempre ritirarti.» Fischiettò Ephialtes.
    «Un vero mago non scappa da nulla. Salvo che da sua moglie.» La bacchetta ruotò tre volte nell'aria disegnando una serie di spirali verso la fonte del ronzio «Ventus»
    Il ronzio venne sopraffatto dal vento. Durò poco. Un nuovo colpo al fianco e una fitta di dolore. Poi toccò al ginocchio. A Morrigan venne da rimettere «Perfetto. Mi sono laureato al MiM per non saper creare oggetti volanti aerodinamici. Hai ricominciato ad assumere funghetti? Inoltre, è notte, non puoi contare sugli occhi per percepire i boccini.»
    «Questo lo dici tu.»
    «Conosci l'incanto da usare o...»
    «No...»
    «Hai paura?»
    Silenzio.
    Le palpebre di Morrigan si chiusero un'ultima volta. Il nero si accorpò in masse grottesche sempre più sottili, tendenti al cielo come chiese neogotiche. Un campanile ad isolati di distanza segmentava i secondi mentre un odore pungente disgustò il mago: Si trovava a Londra.
    La sua pelle iniziò ad arricciarsi e i polmoni presero a bruciare. Il mondo prese a bruciare.
    «Il fuoco è distruzione, ti ha portato via tanto.»
    Londra cadde a pezzi ma durò poco. Le schegge si trasformarono in sabbia e la sabbia in oceano e tempesta. Il profumo del sale gli inebriava la mente mentre urla ed esplosioni gli molestarono l'udito. Dei vortici di fuoco stritolarono l'aria e poi un dolore che piegò Morrigan nel corpo e nell'anima.
    «Ma siete riusciti a salvare Ludwig. Il fuoco è distruzione ma anche creazione.»
    Il fuoco si fece lava e dunque ferro liquido. Il magitecnico aveva passato ore ed ore all'interno di laboratori e fucine. Gli americani ritenevano l'uso del fuoco un qualcosa di barbaro ma non Morrigan.
    «Il fuoco è cambiamento» Sussurrò, mentre le palpebre si spalancarono.
    «Le fiamme simboleggiano il cambiamento, il rifiuto dei costumi. Sono sacre a Loki e sono sacre a me» La notte era un velo ma il mago riuscì a percepire quelle presenze distorte.
    Dunque si dedicò ai ricordi. Il calore del sole di Denrise che picchiava forte durante le spedizioni delle Drakkar. Le scintille prodotte dal ferro ad ogni colpo di martello. Dunque, l'incantesimo che poteva ribaltare le situazioni di disparità numerica.
    «Il fuoco è il più pericoloso degli elementi. Da un dito ti prende il braccio, dal braccio ti prende tutto. I nostri insegnanti dell'accademia ci avevano spiegato come il fuoco fosse un problema, ma anche una soluzione. Se si viene circondati e non c'è via di scampo, il fuoco può sempre crescere senza il supporto di incanti esterni» La mano disegnò una fiamma nell'aria e una delle fonti di oscurità prese fuoco.
    Morrigan ripeté il gesto una seconda volta. Poi ripose la bacchetta nel fodero. I boccini cominciarono a tremolare, finendo per scontrarsi l'uno con l'altro, spargendo le fiamme come un virus.
    «Sai quanto mi era costato quel legno?» Sbuffò Ephialthes.
    «Insomma, qualche foto a questa blue hour l'hai fatta?» Concluse Morrigan.

    CITAZIONE
    «Parlato»
    "Pensato"
    Narrato
    «Parlato Ephialthes»

    ✕ schema role by psiche
     
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