Ci vorrebbe un'amica, ogni tanto!

Evelyn&JOanne

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    Evelyn Stanford
    April 2020
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    Se non altro le sembrava che Joanne si sentisse sempre più a suo agio, man mano che il tempo passava. Avevo colto la sua paura e il suo disagio all’inizio, sia dal modo in cui si muoveva che dal battito del suo cuore, e non faticava ora a vedere come stesse gradualmente migliorando, almeno all’apparenza. La guardò mentre giocherellava con il tovagliolo e cercò di trovare dentro sé stessa la risposta al perché ci tenesse così tanto. Quella ragazza era una sconosciuta, non era nessuno per lei, avrebbe potuto non considerarla nemmeno e nessuno avrebbe potuto biasimarla più di tanto. Eppure per qualche ragione a lei interessava, voleva essere sicura che Joanne stesse bene, che mangiasse, che non si sentisse a disagio… forse davvero tutte le sue ragioni risiedevano nel fatto che la percepisse come simile a lei, se non altro alla Eve ragazzina spaurita che era stata a New York, quando ancora si sentiva diversa da tutti i suoi coetanei e il mondo le sembrava un posto enorme e spaventoso.
    Seguì il suo racconto provando una certa tenerezza, si vedeva la sua genuinità dalle sue parole, da come le stava raccontando della sua famiglia, di quanto avrebbe valuto un fratello o una sorella maggiore. Non avrebbe potuto fare niente di concreto per aiutarla su quel fronte ma se avesse potuto avrebbe cercato di porre rimedio anche a quello, seppur si trattasse di qualcosa di difficilmente modificabile. “In effetti comprendo il tuo desiderio, anche se penso che anche crescere come figlie uniche possa avere i propri vantaggi” cercò di replicare provando a tirarle su il morale. Nel frattempo arrivarono anche le loro consumazioni e Eve sistemò con cura i propri piattini aspettando che fosse la ragazza a dare inizio alle danze.
    Era più che contenta di vederla aprirsi lentamente con lei e ascoltò attenta la sua spiegazione. Immaginava che non fossero particolarmente ricchi, anche se non aveva alcuna intenzione di basarsi su meri stereotipi o giudicarla in modo affrettato solo per la sua apparenza. Inclinò la testa leggermente, attenta, e cominciò fin dal primo istante a pensare ad un modo per aiutarla, quasi senza rendersene conto. Avrebbe potuto chiedere aiuto a Daniele magari, conosceva persone a Londra ma dubitava che la ragazza fosse disposta a spostarsi da Denrise o ne avesse ragione, magari Daniele avrebbe potuto conoscere qualcuno o darle qualche contatto. Sorrise con dolcezza. “Beh posso comunque provare a vedere se riesco a trovare un aggancio qui, magari. Conosco persone a Londra ma se vuoi restare a Denrise posso provare a cercare qualcosa.” le propose poi, con naturalezza.
    La sua domanda la sorprese abbastanza. Non era capitato spesso che qualcuno le chiedesse per quale ragione avesse scelto proprio quella carriera, forse perché i suoi amici più stretti la conoscevano abbastanza da poterlo immaginare e non aveva molte altre persone a cui dirlo. Lei stessa non si era mai posta davvero quella domanda, aveva seguito l’istinto per lo più, e fare la giornalista era qualcosa che aveva sempre desiderato. “Io…penso di non potermi vedere a fare altro. Mi piace raccontare la verità, spiegare le cose alle persone, mostrargli quei dettagli che a volte non riescono a cogliere. Mi fa sentire utile” ammise alla fine, dopo essersi presa qualche istante per riflettere.

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    Joanne Nilsson
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    Era una cosa strana. Evelyn e Joanne erano praticamente coetanee eppure tra le due c'era veramente un mare immenso di maturità che le divideva. Evelyn era bella, era una ragazza indipendente, era li da sola, con le proprie forze e dopo aver affrontato le conseguenze di alcune sue scelte, invece Jaonne era una ragazzina emotivamente ancora immatura che a 24 anni, non riusciva neanche a trovare un lavoro da sola per il solo fatto di vergognarsi di quello, che effettivamente, fosse. Joanne era una ragazza con molti, molti pregi, ma tutti i suoi pregi erano completamente nascosti da una coltre di negatività che gli era stata posata addosso con il solo scopo di farla cadere in un oblio assurdo e lasciarla ancorata in quella umile realtà che era la sua fattoria. Il punto era sempre lo stesso, i suoi genitori non volevano che la figlia andasse da nessuna parte, non volevano che conoscesse altri modi per emergere per puro e mero egoismo, la cosa interessante ma sopratutto la più brutta, era che no, Joanne non se ne rendeva conto e pensava davvero che i suoi genitori agissero solamente per il suo bene. In quel momento, davanti ad Evelyn, davanti ad una ragazza così forte, Joanne stava vacillando. Era la prima volta che metteva seriamente in discussione quanto detto dai genitori ed era la prima volta che era così convinta di quello che stava pensando. Si morse il labbro e lasciò cadere il discorso dei fratelli e delle sorelle, infondo su quelle non c'era alcun rimedio, i suoi genitori erano anziani e non avevano certamente voglia di fare altri figli, ma quando la rossa si offrì di aiutarla a trovarle un lavoro, gli occhi di Joanne puntarono in quelli di lei e sorrise mestamente. Le era veramente grata. Tutta l'atmosfera, comunque venne spenta da quella torta enorme che aveva ordinato. Gli occhi della ragazza brillarono e quando il cameriere gliela posò davanti, Joanne non fece altro che sorridere, predere la forchetta ringraziare, ancora una volta, con lo sguardo Evelyn, prendere la forchettina in mano ed affondarla in quello che era un morbidissimo strato di formaggio per poi arrivare ad uno strato più duro di biscotti. Beh, l'assaggiò e forse non aveva mai assaggiato niente di più buono. Si godè quella sensazione di cioccolato, biscotto e formaggio e poi sorrise alla ragazza. Grazie, veramente! Insomma può sembrare una cosa veramente assurda, ma nessuno ha mai avuto tanta gentilezza con me! Forse neanche si diceva cosìì in italiano, ma infondo cosa importava? Era così felice e comunque i suoi occhi parlavano. Evelyn aveva, praticamente, fatto un gesto così banale per lei, ma che aveva donato veramente sorriso e speranza per una ragazzina che non vedeva altro che animali e fieno. Si morse ancora il labbro godendosi quella fettona di torna e bevendo di tanto in tanto. Oh, io beh... si grazie. Penso che andrò a chiedere al canto della sirena se hanno bisogno di una cameriera in più. Sono brava a fare quello e a combattere, ma so che nessuno mi prenderà sul serio per diventare una predona e di conseguneza... Era abituata ad accontentarsi e comunque gli servivano soldi. Conoscendo Evelyn, aveva appena deciso che voleva diventare esattamente come lei: bella, forte ed indipendente, basta piangere, basta fare qualsiasi cosa che non fosse impegnarsi per divenire una persona indipendente. Ascoltò poi quello che disse. Io credo che tu sia molto brava nel lavoro che fai! Insomma, lo racconti come se fosse la cosa più importante del mondo e la cosa mi piace! Io non ho mai scritto niente, ma potrei raccontarti un sacco di storie che potresti scrivere! Voleva in qualche modo davvero sdebitarsi per tutto quello!
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    Evelyn Stanford
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    Sapeva che quel che stava facendo non era altro che una goccia in un mare, che era la vita di Joanne. Non avrebbe potuto fare altro che migliorarle la giornata, nella migliore delle ipotesi, ma sapeva bene che quello era utile e importante solo in parte, era ovvio che fosse meglio di niente ma non avrebbe avuto particolari ripercussioni sulla sua vita da quel giorno in poi. Eve era un tipo impulsivo, con quelle cose, e quando agiva come stava facendo con Joanne lo faceva nella speranza di migliorare davvero l’esistenza di una persona, per quanto possibile. Non lo faceva per sé, non era una questione di egoismo o di soddisfazione personale, lei voleva che gli altri potessero trarre un qualche vantaggio dalla sua presenza, che la loro vita potesse migliorare in qualche modo grazie a lei. Purtroppo sapeva di non avere chissà quali capacità, non poteva nemmeno più usare la magia, ma nel suo piccolo stava già provando a pensare a che cosa avrebbe potuto fare per aiutare Joanne.
    Sorrise con dolcezza quando la ragazza sembrò apprezzare la sua torta e annuì piano, assaggiando anche la propria. “Sapevo che ti sarebbe piaciuta! Se vuoi assaggia anche la mia.” la invitò gentilmente, più che felice di condividere la sua proporzione con lei, dopotutto Eve non aveva nemmeno così tanto bisogno di mangiare.
    Trovarle un lavoro sarebbe stato un buon passo, avrebbe di certo fatto ben più la differenza che una banale cioccolata calda, ma non era sicura di poterle garantire qualcosa anche se era una che difficilmente si arrendeva quando si metteva in testa qualcosa. La ascoltò attenta e la guardò colpita dalla sua affermazione. “Beh è comunque una tua capacità, mai dire mai. Prometto di fare menzione anche di quello e vedrai che troveremo qualcosa.” le rispose con entusiasmo, mentre la sua mente già vagliava tutte le possibilità che avrebbe potuto avere. Cominciò a scandagliare le proprie conoscenze, cercando di impegnarsi per capire chi sarebbe stato più bravo a consigliarle la cosa giusta, e concluse che in un modo o nell’altro sarebbe stata in grado di trovare l’aggancio giusto per Joanne.
    Quando le disse delle storie Eve si illuminò all’istante e la guardò entusiasta. Per il momento lavorava per un giornale a Londra, ma non escludeva di poter scrivere qualche articolo da freelencer magari legato anche a Denrise. “Sarebbe fantastico! Potrei pagarti per le tue storie, non sarebbe uno stipendio fisso magari ma potremmo trovare un accordo…Hai un modo in cui posso contattarti?” le chiese partendo già in quarta, mentre progettava già una serie di incontri e di domande da farle. Eve non navigava nell’oro ma se avesse potuto darle qualche soldo, anche rinunciando lei stessa a qualche sfizio, lo avrebbe fatto di certo senza alcuna remora.


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    Joanne Nilsson
    Densiriana | 24 anni
    Non poteva seriamente credere che tutto quello stesse succedendo a lei. Insomma quella ragazza rossa da dove era uscita? Perchè mai gli stava offrendo quella cioccolata calda e sopratutto perchè mai quella torta, il suo sorriso, la sua gentilezza, tutto quello per Joanne era assurdo. Assurdo perchè sembrava anche non voler niente indietro, niente in cambio. A Londra erano tutti quanti gentili come lei? Eppure l'unica volta che ci era andata si era scontrata con un Auror che tutto era meno che gentile. Joanne era confusa da tutta quella situazione, ma una cosa era certa Evelyn sembrava essere quasi un angelo, uno di quegli angeli che ti mandano quando le cose stanno precipitando notevolmente. Si morse il labbro, si leccò le labbra mangiando quella torta con una lentezza ed un gusto che forse, li dentro, non avevano neanche mai visto. Si stava veramente gustando ogni minimo mozzichetto di tutto quello, era qualcosa di effimero, un piacere che mai aveva provato nella sua vita. Era qualcosa di peccaminoso che per una volta nella sua vita la stava facendo stare veramente, ma veramente, ma veramente bene. Non sapeva esattamente di cosa si trattasse, ne come si facesse ma quella torta, quella ragazza, le sue parole, il suo sorriso e tutto quello che stava succedendo in quel momento la stavano facendo sentire come mai era stata nella sua vita, ossia felice. Non aveva mai capito che gusto avesse la felicità e la serenità di potersi permettere una fetta di torta seduta davanti un tavolino con una sua amica! Nonchè pensava che Evelyn volesse diventare davvero una sua amica, ma ci sperava. Avrebbe davvero voluto essere come lei, bella come lei, curata come lei, ricca come lei. Ovviamente Jaonne non sapeva che effettivamente Evelyn non fosse poi così tanto ricca e che, per tutto quello che aveva, si era veramente fatta il sedere, ma infondo non era neanche giusto levarle anche quel disincanto. Joanne era una ragazza di 24 anni alla quale nessuno, e dico nessuno, aveva insegnato a sognare o comunque a fantasticare in qualche modo. Nessuno le aveva mai detto che magari, ogni tanto, poteva anche rilassarsi e pensare che il mondo era molto meglio di quello che lei davvero credeva. I suoi genitori l'avevano sempre addestrata a combattere e lavorare e lei pensava davvero che fosse solamente quello, che il mondo, fosse tutto li! Insomma non poteva farci niente ed solo in quel momento con la rossa davanti, si stava rendendo conto di quanto, invece, il mondo non fosse o bianco o nero, ma c'erano infinità di colori e possibilità. Sorrise ancora alla ragazza prendendo anche un pezzetto della sua torta assaporandola per bene, cercando di indovinare, nella sua testa, tutti gli ingredienti e quando la rossa parlò al plurale Jaonne sgranò i suoi occhi. Davvero mi aiutaresti a trovare un lavoretto? Non ci credeva, era qualcosa di incredibilmente assurdo, qualcuno che si stava interessando davvero a lei? Qualcuno che non considerava le sue idee stupide? Si morse il labbro e le fece un sorriso imbarazzato prima di arrossire alla sua proposta. Ti potrei raccontare un sacco di cose, ma no... non vorrei essere pagata! Io... insomma sono una sconosciuta e tu mi stai aiutando, non posso chiedere altro! In quel momento si sentiva come cenerentola davanti alla sua fata madrina. Non ci poteva credere ed i suoi occhi erano ancora sgranati e le sue gote erano ancora rosastre. Finì di mangiare la torta e poi guardò l'orologio. Si morse il labbro. Devo tornare a casa, ma puoi trovarmi tutti i giorni a casa mia, questo è il mio indirizzo! Purtroppo non ho... come si chiama? Magifonino? Oppure possiamo scriverci tramite lettere, quelle si! Non ci sono problemi ed Evelyn. Grazie. Disse prima di alzarsi, prendere la sua busta piena di spesa, sorridendole ancora con uno sguardo colmo di gratitudine e poi uscire dalla caffetteria. Gliene era grata e tutto quello era seriamente qualcosa di fantastico. LE aveva dato la carica giusta, per trovarsi davvero un lavoro!
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