Ci vorrebbe un'amica, ogni tanto!

Evelyn&JOanne

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    Joanne Nilsson
    Densiriana | 24 anni
    Una settimana esatta da quando era andata a Londra ed aveva fatto quell'incontro con quel biondino maleducato e poco cortese. Alla fine aveva cercato di non pensare all'irritazione che aveva ogni volta che si figurava il suo viso davanti a lei ed aveva cercato di andare avanti con la sua vita di sempre. Indossava una tuta nera, una felpa gricia delle scarpe da ginnastica vecchie. L'unica cosa che era riuscita a compare di semi nuovo, quindi non troppo usato, erano degli occhiali da sole che, a dirla tutta, le stavano veramente molto bene. Aveva fatto una coda alta ed aveva messo il capuccio in maniera tale da non prendere troppo freddo dietro al collo. Le mani in tasca e dritta verso il mercato in piazza. Era una bella giornata anche se molto ventilata, aveva passato un gruppo di sue coetanee che come sempre non si risparmiavano dal prenderla in giro e chiamarla stracciona, la signora Dana che le aveva sorriso facendole segno di non pensare a quelle giovani ochette e finalmente era arrivata al mercato del pesce, doveva doveva comprare qualcosa di fresco per quella sera. Ovviamente niente ostriche, ma avevano fatto un buon affare nei giorni precedenti ed avevano tutta l'intenzione di fare un piccolo festeggiamento in famiglia con del buon pesce, magari delle vongole e delle cozze, con la pasta fresca che staa preparando sua madre. E così fece, ordinò i frutti di mare richiesti dai suoi genitori, sorrise gentilmente al Signor Ernest e poi cercò di andare verso casa sua. Ma niente, quando la sfiga era nera e tu eri la sfigata dell'isola, era difficile sia passare inosservate sia essere davvero invisibili. Joanne era una ragazza che tendeva a rimanere sempre per conto suo e sopratutto cercava sempre di non essere notata, specialmente dalle ragazze del suo paese che erano così ricche ed avevano avuto la possibilità di andare ad Hogwarts di studiare con facilità, avere dei ragazzi, degli amici, vedere il mondo. Si morse il labbro quando una ragazza alta, bionda, magra, con il seno di fuori, una gonna che valeva quanto la sua casa ed un magifonino in mano le fece cadere tutta la busta che aveva in mano con il pesce fresco per terra. Il fatto era che essendo rimasta in quell'isola da sempre e da sola, Joanne era rimasta genuina ed aveva solo un modo di difendersi, ossia usare le armi e l'astuzia, ma quando eri da sola contro un gruppetto di arpie abbronzate era difficile fare qualsiasi cosa, quindi in un attimo si ritrovò per terra, con il suo pranzo per i festeggiamenti completamente da buttare e con le lacrime agli occhi. Era una ragazza per quanto ella voleva essere dura, era comunque una ragazza ed anche estremamente sola, quindi fece il possibile per raccogliere la sua "spesa" la rimise nella sua busta e si andò a rifuggiare su di una panchina, cercando di non farsi vedere ne sentire da quelle stronze che continuavano a ridere. Che poi che c'era da ridere? Posò la sua busta vicino a lei, si portò le ginocchia contro il petto, si mise il capuccio in testa e pianse silenziosamente. Maledizione a loro! borbottò!
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    Se le avessero chiesto di descriversi in qualche modo, Eve non avrebbe potuto negare di aver sempre avuto una naturale attenzione verso le persone più deboli, e un interesse a dimostrarsi d’aiuto verso chiunque fosse in difficoltà. Era qualcosa che le era sempre venuto naturale, per cui non si era mai sforzata più di tanto, e che l’aveva portata da ragazzina ad occuparsi del fratello minore di sua spontanea volontà, malgrado avrebbe avuto tutte le ragioni per fregarsene e farsi la propria vita. Se Michael, a cui era legata da un legame di sangue, poteva anche reputarsi un’eccezione comprensibile, Eve si era comunque sempre dimostrata disponibile e gentile anche con perfetti sconosciuti, e in particolare aveva dimostrato più volte di non aver paura di cacciarsi nei guai per difendere qualcuno. Era così che aveva conosciuto Megan, dopotutto: la ragazza aveva subito avances non troppo gradite da uno dei colleghi della redazione in cui lavoravano in quel periodo, e Eve si era schierata dalla sua parte fino a che la situazione non era migliorata e l’altra ragazza aveva potuto sentirsi più sicura anche sul lavoro.
    Le due avevano legato così tanto che continuavano a sentirsi anche ora che Eve si era trasferita oltreoceano, e in effetti l’aveva sentita giusto quella mattina, poco prima di incontrarsi con Daniele, altro suo amico di vecchia data. In effetti Evelyn non poteva vantare una schiera infinita di amici, per quanto fosse una ragazza spigliata e alla mano, sempre pronta a rispondere ad un sorriso o ad una battuta gentile, non poteva di certo dirsi pronta ad aprirsi con chiunque ed era in grado di fidarsi di poche persone contemporaneamente. Lei era felice così, con pochi amici ma buoni, e da quando era tornata a Londra e aveva potuto rivedere Nickolas, Daniel, vivere con Thomas, la sua felicità le sembrava quasi incontenibile.
    I suoi problemi non erano certi spariti, continuava a considerare la sua natura difficile da tollerare, aveva ancora paura di fallire nella sua carriera, di non avere alcun talento, ma se non altro quei pensieri sembravano più leggeri adesso, o almeno riusciva ad ignorarli più facilmente. Proprio in quel momento stava tornando dal suo ultimo incontro con Daniele, da quando lo aveva ritrovato cercava di trovare una scusa buona ogni volta che poteva per vederlo: erano rimasti lontani così tanto tempo eppure le sembrava naturale vederlo ogni volta che ne aveva modo, come se non si fossero mai davvero persi di vista.
    Quella mattina quindi non era andata a lavoro, o meglio aveva finito di sbrigare tutti gli affari più imminenti la sera prima, così da non dover rimandare nulla di impellente la mattina seguente, e poi si era svegliata di buon ora per riuscire a fare tutto. Era arrivata a Denrise verso metà mattina, portandosi dietro un borsone con le scarpette da ballo e un cambio per potersi allenare nel primo pomeriggio, e dopo aver consumato una colazione eccellente in un localino che Daniele diceva “avrebbe dovuto assolutamente provare il prima possibile” si stava dirigendo di nuovo verso Londra.
    In quel momento era così tanto allegra, dopo l’incontro dell’amico e in previsione della giornata che la aspettava, che non stava nemmeno prestando troppa attenzione all’ambiente circostante eppure la sua mente era abituata a lavorare su più cose contemporaneamente e registrò al posto suo quel che stava succedendo. I suoi sensi acuti –forse una delle poche cose positive che la trasformazione aveva portato con sé- captarono con chiarezza le chiacchiere e le risatine di un gruppo di ragazze che stavano chiaramente apostrofando, in modo ben poco carino, un’altra ragazza. Non impiegò molto ad individuare la malcapitata, vedendola mentre raccoglieva le ultime cose della sua spesa per poi rifugiarsi su una panchina e tanto bastò a farle stringere il cuore. Quando percepì che stava piangendo si decise di avvicinarsi, lanciando un’occhiata di fuoco a quel gruppetto di oche giulive e raccogliendo poi da terra un’arancia, sfuggita dalla spesa della ragazza. Si avvicinò quindi a lui con un sorriso appena accennato, porgendole l’arancia. “Credo che questa sia tua…” osservò con delicatezza, e se la ragazza avesse alzato lo sguardo si sarebbe trovata di fronte una Eve gentile e vagamente impacciata, ordinata nel suo abito floreale, i capelli tirati indietro dal cerchietto e il suo evidente tentativo di essere dolce e carina, a differenza degli altri.


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    Densiriana | 24 anni
    A volte odiava la sua famiglia ed odiava quell'isola. Ma ogni volta che cercava di andare via e di prendere un'altra strada si ritrovava ad essere legata da un filo invisibile a quel territorio e i loro abitanti. Non ce la faceva più ad essere derisa in quel modo e doveva trovarsi un lavoro. Un lavoro per alzare soldi veri, per cercare di capire cosa fare seriamente e la cosa assurda era che più andava in giro a cercare lavoro più veniva derisa e quindi, automaticamente finiva per rinchiudersi in casa sua e fare qualsiasi cosa da sola, senza nessuno che si confrontasse con lei o che le desse un minimo di conforto. Il fatto era sempre lo stesso. Joanne non aveva mai avuto una vera e prorpia vita sociale e di conseguenza, forse, era anche colpa sua se non riusciva ad avere neanche un'amica. Era schiva e diffidente e quando cercava di essere gentile incontrava solamente stronzi. Che bisogno c'era di farle cadere tutto a terra? Sapevano che non avrebbe potuto ricomprare quello che aveva comprato e sapevano che il pesce, comunque era fresco e constava parecchio. Scosse il capo cercando di smetterla di piangere come una bambina. Si detestava ancora di più quando ci stava male per qualcosa che faceva qualcuno nei suoi confronti. Si morse il labbro sentendo quella voce. Era una persona orgogliosa, come ogni densiriano esistente e frsi vedere in quel modo da qualcuno che non conosceva era seriamente inconcepibile e poi se era una di quelle streghe che voleva inire quello che aveva cominciato? Posò la mano sulla sua caviglia dove aveva un coltello. E questa volta non era veramente intenzionata a farsi neanche sfiorare, a costo di finire in prigione. Aveva la mano ben salda sull'impugnatura del coltello e quando alzò lo sguardò e vide quella ragazza che non aveva mai visto alzò un sopracciglio.Si!Strappò dalle mani di Evelyn quell'arancia neanche avesse davvero paura che gliela poteva buttare addosso. Ma quando incrociò quello sguardo così gentile e dolce si ammorbidì anche lei. Infondo era una ragazzina ed anche se aveva 24 anni, dimostrava, su alcuni aspetti, specialmente quelli sociali, molto di meno. Si asciugò le lacrime con il dorso della mano dopo aver riposto l'arancia nella busta insieme alle altre cose. Ti hanno mandato loro? Chiese in maniera del tutto diffidente. Infondo non poteva aspettarsi qualcosa di diverso dopo che in un certo qual modo, aveva subito comunque del bullismo. Maledette. La sua mano era posata sempre sul pugnale.
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    Sapeva bene che cosa significava essere quella diversa, quella che le coetanee guardavano con sospetto e deridevano senza troppi problemi, guardandola di sbieco. Infondo si era presa a carico Michael quando era appena una ragazzina, le ragazze della sua età non avevano faticato a vederla come quella strana, aveva troppe responsabilità, troppe cose da fare per uscire con loro e quello bastava per trasformarla in qualcuno da prendere in giro. Eve viveva nella convinzione che l’avrebbero presa in giro a prescindere, anche se la sua famiglia fosse stata normale: avrebbero trovato un’altra scusa, c’erano persone fatta per prendersela con gli altri, che avrebbero sempre trovato qualcosa per cui discriminare il prossimo indipendentemente da quanto l’altra persona si impegnasse per essere accettata e impeccabile.
    Eve non aveva mai ricercato troppo l’approvazione degli altri o, meglio,lo aveva fatto per parte della sua vita ma poi si era arresa, rendendosi conto da sola che sarebbe stato inutile: non si poteva piacere a tutti quanti, lo aveva capito a proprie spese e aveva smesso di farci caso. Questo l’aveva ovviamente portata ad isolarsi, il suo unico amico di quell’epoca era Nick, che si era affezionato a lei non sapeva nemmeno perché ma era la sua unica eccezione. Era diventata poi la ragazza strana che non aveva mai tempo, a causa del lavoro era stata costretta a non uscire, e questo l’aveva portata a non riuscire a legare a dovere nemmeno una volta cresciuta. Nonostante ciò, non si poteva dire che fosse diventata crudele a sua volta, aveva cercato di ricordarsi che non poteva prendersela con tutti per le colpe di pochi e che lei non voleva essere come coloro che l’avevano ferita in passato.
    Non si aspettava ovviamente che tutti capissero, o che la trattassero con la stessa gentilezza, ma non pensava nemmeno che la ragazza avrebbe reagito in modo così irruento e brusco. Non aveva idea di che cosa avesse passato,forse poteva intuirlo dal suo sguardo e dalla sua reazione e tanto bastò per farla sentire ancora peggio. Avrebbe voluto proteggere lei e quelli come lei, non la conosceva ma l’idea che avesse sofferto bastava a farle pensare che avrebbe dovuto fare di più, nella sua vita di tutti i giorni, per quanto non ci fosse niente che poteva fare nel concreto, molto spesso.
    Joanne le ricoròd lei quando era più giovane, una ragazzina che cercava di difendersi tirando fuori le unghie ogni volta che qualcuno minacciava di avvicinarsi troppo. Eve aveva scelto la strada più pacifica, aveva fatto della gentilezza la sua arma, ma si rendeva conto che avrebbe potuto diventare come quella ragazza se solo avesse scelto un percorso differente. Nonostante la ragazza si fosse irrigidita subito, Eve non smise di accennare un sorriso gentile e dolce, che non si spense nemmeno di fronte a quanto fosse stata brusca anche con lei. Si era comportata in quel modo perché pensava fosse la cosa giusta da fare, non perché si aspettava qualcosa di rimando.
    Inclinò la testa e lanciò un’occhiata al gruppetto alle sue spalle, per poi tornare a guardare Joanne. “Loro? Non so nemmeno chi siano, non abito qui… io vivo a Londra, non le conosco.” le disse con gentilezza e tutta l’onestà di cui era capace. Le dispiaceva vederla così, anche se era una sconosciuta, eppure riconosceva di non sapere come aiutarla. “Mi dispiace per qualsiasi cosa sia successa…ti va se ti offro una cioccolata calda? Non c’è niente che una cioccolata non possa risolvere.” le propose alla fine, con gentilezza, senza nemmeno riflettere a modo sulla sua proposta. Si rendeva conto di non dover sembrare troppo centrata, eppure Eve era così: finiva sempre per agire d’istinto anche quando forse non avrebbe dovuto, col rischio di sembrare pazza o quantomeno non troppo “normale”. Chi avrebbe mai offerto qualcosa ad una ragazza sconosciuta? Ma quello che si chiedeva davvero lei era, piuttosto: come avrebbe potuto evitare di offrirle il suo aiuto concreto dopo che l’aveva vista così fragile, piangere in un angolo? Non pensava che fosse sciocca o debole, ma pensava che la ragazza avesse raggiunto il limite e dal momento che sapeva bene che cosa si provasse, poteva immaginare che, come lei al tempo, anche quella ragazza, avrebbe potuto apprezzare un po’ di compagnia e di gentilezza.



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    Joanne Nilsson
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    Non era mai stata trattata con tanta gentilezza in vita sua. non sapeva nenache il perchè quella ragazza così ordinata e dall'aspetto tanto curato e bello era li a cercare di essere gentile con lei. Joanne era cresciuta in una fattoria, con delle persone con un cuore grandissimo, ma che non sapevano neanche per scherzo cosa voleva dire essere gentili ed attenti alle esigenze degli altri, infatti la ragazza era veramente una grandissima lavoratrice, aveva il fisico giusto per portare avanti indietro enormi pesi, era ferrata sull'agricoltura, l'allevamento, era una che non soffriva il dolore e non sapeva neanche cosa volesse dire la stanchezza, ma allo stesso tempo era emotivamente fragile. Fragile perchè non aveva veramente mai interaggito con i suoi coetanei, non aveva mai avuto una'amica con cui confidarsi, non era mai stata ad una festa e non aveva idea di come potesse essere l'amiciza tra due persone che si sentivano alla pari. vedeva gli altri come qualcosa di lontano da lei, non amava stare in mezzo alle persone ed ogni volta che la mandavano al mercato quasi gli sembrava una punizione e per quello che in genere tendeva ad andarci molto preso, quando le persone dormivano e lei poteva godersi la sua patria in tranquillità e con tutte le cose naturali che c'erano intorno e che sopratutto erano migliori dell'uomo. Perchè adesso quella ragazza si comportava così? Dov'era l'inganno, dove stava la fregatura? Non poteva permettersi una cioccolata al bar seduta come le persone normali e forse non voleva neanche andarci. E se fosse tutto un piano per schernirla una volta entrati nel bar? Infondo, quel giorno, non poteva reggere davvero un'altra umiliazione. Ma quando incrociò gli occhi della rossa, Joanne vide la sua dolcezza come sincera e ne capì subito il senso: non era una densiriana. Il che la rendeva ancora più nervosa. Si morse insistentemente il labbro prima di asciugarsi definitivamente le lacrime con il dorso della mano. Poi si alzò. Io prenderò solo un bicchiere d'acqua!Aggiunse semplicemente prendendo le borse della spesa e guardandola ancora un pò meglio. Era veramente bellissima. Aveva dei bei vestiti ed un viso allegro, gentile, curato. Forse, in quel momento, si sentì ancora più pezzente delle altre volte e si diede una rapida occhiata. Eve aveva delle scarpe apparentemente nuove, curate, quasi eleganti, lei delle scarpe vecchi e rotte. Dove diavolo voleva andare? Forse... beh forse non è una buona idea farti vedere con me! Si sentiva in difficoltà perchè una parte di lei voleva veramente prendersi quella piccola libertà di accettare quella cioccolata calda che raramente aveva mangiato, e l'altra parte di lei era sempre schiva, diffidente. Poi riflettè sul fatto che non conosceva neanche il suo nome. Come ti chiami? Chiese poi posando di nuovo le buste della spesa sulla panchina e sorridendole appena. Io sono Joanne. Il suo cognome non era importante quindi dirlo o non dirlo non avrebbe fatto alcuna differenza!
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    Non aveva idea di chi fosse quella ragazza, non era il tipo che apprezzava i pregiudizi o l’idea di farsi influenzare dalle prime impressioni, non voleva di certo cadere in qualche pensiero scontato. Le sembrava una ragazza sola, sicuramente non stava bene in quel momento ed era chiaro che un po’ di compagnia non le avrebbe fatto male ma non aveva alcuna intenzione di giudicare i suoi vestiti o la sua mera apparenza. Dopotutto Eve sapeva bene quanto quel genere di cose potessero essere solo una parte della personalità di qualcuno, una rappresentazione superficiale e per nulla fedele del valore di una persona. Aveva vissuto nella mediocrità per anni, per gran parte della sua vita a dire il vero, e il fatto che ora indossassi abiti eleganti o fosse particolarmente ordinata non cancellava di certo il suo passato, non la cambiava del tutto, era solamente uno status simbol che nascondeva ben altro sotto la superficie.
    Poteva immaginare comunque come la vedesse l’altra ragazza in quel momento, doveva sembrare molto più perfetta di quanto non fosse, ordinata e pulita, diversa da lei mentre Eve era sicura che si somigliassero molto di più di quanto non sembrasse. Era certa che avrebbero avuto di che parlare, anche se forse Eve era solo una di quelle persone che faceva amicizia con fin troppa leggerezza, o che quantomeno ci provava. Era poi la prima a non aprirsi mai davvero a qualcuno, ad essere brava a mostrarsi alla mano e sempre disponibile ma mai del tutto pronta a lasciarsi andare fino in fondo.
    In quel momento voleva solo essere di supporto, non si aspettava che la ragazza si sforzasse troppo ma sarebbe già stata felice di saperla in un posto caldo, lontana da quelle malelingue e da altri possibili scherzi. Sapeva bene che non avrebbe potuto proteggerla per più di un tempo molto ridotto, infondo si sarebbe separate comunque al massimo dopo qualche ora, ma finchè poteva voleva darle il beneficio di qualche momento di serenità.
    Dopotutto, Eve poteva anche essere gentile ma sapeva essere piuttosto convincente quando ci si metteva e non avrebbe esitato ad intimorire quelle sciocche se ne avesse avuto l’occasione. Dubitava comunque che avessero intenzione di avvicinarsi alla giovane quando c’era anche lei, in genere quelle persone traevano piacere nel tormentare le persone sole e apparentemente più deboli, non avrebbero avuto ragione di dare problemi a loro due finchè erano assieme.
    Non le sembrava comunque così difficile intuire che la ragazza avesse umili origini, Eve non prestava spesso attenzione a quelle cose e comunque non era importante. Le sorrise ugualmente. “Secondo me dici così solo perché non hai mai assaggiato la cioccolata al peperoncino! Sei ancora in tempo per cambiare idea.” le fece notare per poi lanciare un’occhiata alle sue buste. “Vuoi che ti dia una mano con una di quelle? Sembrano pesanti e non ho molto altro da trasportare.” si offri con gentilezza provando a sembrare quantomeno affidabile e intenzionata a fare del suo meglio per essere utile. Non era sicura di poterle comunque essere così tanto di conforto, conosceva quel genere di sensazioni, sapeva che qualche parola gentile non l'avrebbe fatta sentire più al sicuro o protetta in qualche modo ma sperava che, almeno, fosse meglio di niente. Certo, una merenda in un bar non avrebbe potuto fare miracoli, ma immaginava che la ragazza non avesse spesso la possibilità di concedersi lussi di quel tipo, che fosse abituata a quel genere di distrazioni e Eve sapeva bene quanto quelle sorprese potessero risollevare il morale di qualcuno.

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    Era una situazione strana, una situazione in cui lei non sapeva neanche comportarsi. nessuna mai era stata così tanto gentile, nessuno mai era mai stato così premuroso nei suoi confronti. Una cioccolata al peperoncino? Perchè eissteva anche con diversi gusti? Più la ragazza parlava, comunque, più lei era incuriosita da quel mondo che effettivamente lei non conosceva e di cui voleva tanto far parte. Certo, nella maniera giusta e cercando di non farsi coinvolgere da tutto quello, ma comunque non voleva veramente rimanere sola in quel momento e per quanto ci provasse, quella ragazza sembrava essere davvero gentile ed onesta. Avrebbe potuto deriderla sempre, da un momento ad un altro, ma questa volta Joanne sarebbe stata pronta. Certo se avesse saputo la natura di quella ragazza magari non si sarebbe messa a minacciarla come se niente fosse, ma andiamo! Evelyn non sembrava un vampio! Accennò un timido sorriso a quella sua frase e poi annuì. Va bene... sussurrò quasi come se la voce non si allineava nelle corde vocali come avrebbe dovuto. Guardò le buste della spesa e poi ancora la ragazza. Fece un respiro profondo. Se proprio insisti! Pensò ancora prima di alzarsi da quella panchina e afferrare la busta più grande, poi passò alla rossa l'altra busta e finalmente le rivolse un sorriso gentile. Si stava rilassando? Certo che no, ma alla fine Joanne non aveva mai avuto un'amica, nessuno neanche lontamanete della sua età che l'avesse capita o semplicemente avesse parlato con lei. Era una ragazzina hiusa nel suo mondo e nelle sue idee che faceva fatica ad esternare quanto era grata di tutto quello. Aveva un deficit emotivo!? Si - come tutti i pg di questa player - ma non aveva intenzione di perdere nessuna opportunità. Questa volta poteva essere quella buona e lei era così bella che era impossibile che le potesse far del male. Si morse il labbro e tirò su con il naso storcendolo appena. Non aveva detto come si chiamava, quindi decise che alla fine non voleva dirglielo. Magari era una persona importante e non voleva rivelare la sua identità? Sei di Londra? Chiese poi curiosa, infondo di qualcosa dovevano pur parlare e lei era chiarissimo come il sole che fosse di quell'isola. La conoscevano un pò tutti ed infatti camminando per le vie di Denrise per andare al bar dalla rosa prima indicato, Joanne si ritrovò ad alzare appena il mento di tanto in tanto per salutare qualcuno.
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    Non riusciva a trattenersi anche se probabilmente avrebbe dovuto, sapeva che le persone finivano sempre per approfittarsene quando Eve si mostrava così gentile e così aperta con chiunque. Sapeva bene che quello non faceva di lei una persona troppo furba, molti avevano finito per usare quella parte del suo carattere contro di lei e avrebbe dovuto ormai imparare dai suoi errori e invece per qualche ragione ne sembrava ancora incapace. Come avrebbe potuto trattenersi davanti ad una ragazza sola come Joanne, dopotutto? Come poteva davvero pensare di lasciarla da sola a disperarsi, magari lasciando che quel rimorso la tormentasse per chissà quanto? Meritava il suo supporto, non aveva idea di quante altre persone si sarebbero comportate in quel modo e l’idea che Joanne potesse convincersi di non meritare alcun tempo di gentilezza non le piaceva affatto.
    Si era sentita così per prima, per anni, non aveva fatto altro che credere di non meritare alcuna cortesia solo perché per parte della sua vita aveva incontrato solo persone che volevano farle passare le pene dell’inferno, e aveva impiegato parecchio per ricredersi, anche se alla fine aveva trovato gli amici migliori che potesse desiderare. Certo, non poteva pensare di diventare già amica con una persona che nemmeno conosceva, ma se non altro sperava di poter fare un minimo di differenza nella sua vita. Un pensiero indubbiamente presuntuoso ma non chiedeva tanto, anche solo migliorare un minimo la sua giornata rispetto a come era cominciata.
    Fu contenta di sapere che aveva deciso di accettare la cioccolata, ma realizzò ormai in ritardo di non sapere di aver ignorato la sua domanda senza volerlo, distratta dal resto. “Io sono Evelyn comunque, ma puoi chiamarmi Eve.” si presentò vagamente impacciata, contenta che comunque la ragazza si fosse presentata anche se avrebbe potuto avere paura di esporsi troppo. Prese la sportina che le stava offrendo e si avviò quindi verso la caffetteria, cercando di parlare con gentilezza e comportarsi in modo tranquillo per non farla sentire ulteriormente in colpa.
    Dopotutto per lei quello non era di certo uno sforzo, quella sportina aveva un peso ridicolo per lei ed era felice di aiutarla. Sorrise alla sua domanda. “Sì, sono di Londra ma mi sono trasferita da poco, prima vivevo a New York.” le raccontò con entusiasmo, perché Eve finiva quasi sempre per essere una chiacchierona quando non sapeva bene cosa dire o si sentiva in imbarazzo e in quel momento aveva davvero paura di dire qualcosa di troppo, temeva di esagerare, di farla sentire a disagio o spaventarla in qualche modo. Ne aveva già vissute troppe quella ragazza, per quel giorno di sicuro ma probabilmente anche molto prima, era certa che meritasse un momento di calma e di leggerezza.
    Arrivate alla caffetteria le avrebbe anche aperto la porta, sorridendole con gentilezza e lasciando che entrasse per prima in quel posto, decisamente grazioso e soprattutto caldo e accogliente. Forse era più entusiasta lei di Joanne, Eve era estramente felice all'idea di concenderla un attimo di pace in una vita che non doveva essere stata semplice. "Tu invece? Abiti qui?" domandò con gentilezza, fosse anche solo per conoscerla un po' meglio.

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    Tutta quella sitazione era paradossale per lei. Si morse il labbro quando anche lei si presentò. Allora non lo aveva fatto apposta, se ne era semplicemente dimenticata? Si odiava così tanto quando non riusciva a capire la dimenticanza di una persona con la cattivria. In quel momento si sentiva così sbagliata per un sacco di cose, prima tra tutte il fatto che non avrebbe potuto pagare niente e non sapeva neanche cosa darle in cambio. Joanne non era una persona che amava ricevere qualcosa in cambio senza donarlo, si sentiva in difetto e forse, quello, era semplicemente perchè alla fine era povera e sapeva quale fosse davvero il suo posto. Ossia infondo ad una scala di privilegi che non finivano più. Joanne non era mai andata in caffetteria a prendere una cioccolata, ne da sola ne tanto meno con una persona che si comportava in maniera gentile con lei. Le domande erano così tante che avrebbe sbottato da un momento all'altro senza neanche sapere il perchè! Quella ragazza, quella Evelyn era tutto quello che lei avrebbe voluto essere: era bella, era ricca, ed era anche gentile e sicuramente, aveva un sacco di amicizie. La stava guardando con un pizzico di invidia ed anche un pizzico di ammirazione. Era qualcosa che non riusciva neanche a comprendere. Eppure sentiva di dovergli molte cose. Non aveva ancora fatto niente ma continuava ad osservarla cercando di trovare un difetto in quel visto tanto bello, in quelle labbra carnose. Io non so come poterti ripagare. E dopo un sacco di pippe mentali l'unica cosa che riuscì a dire fu quella. Evelyn. Hai un nome particolare. Aggiunse poi curiosissima per le sue origini e quando nominò New York la mascella si aprì quasi automaticamente. Aveva letto un sacco di cose sull'America e sulla sua maestosità, aveva letto della grande mela e di quel mondo fatto di palazzi enormi e fin troppo alti e grandi, di quel cemento, cos'ì si chiamava? e di quelle persone che non facevano altro che trotterellare avanti ed indietro per lavorare. Lavorare ed ancora lavorare. Avrebbe voluto chiedergli un sacco di cose, ma quando arrivarono davanti alla caffetteria, Joanne abbassò lo sguardo e si guardò di nuovo le scarpe e poi guardò quelle della ragazza. Io... beh io non sono mai andata in caffetteria... e temo che non possa neanche entrarci! Aveva 24 anni, ma aveva la sfera emotiva di una quindicenne, non ci si poteva fare, assolutamente, ma assolutamente niente! Si morse il labbro tornando a guardare la rossa. Il suo discorso era quasi confuso, passava da una cosa ad un'altra come se niente fosse,ma tutto quello per lei era nuovo e non sapeva esattamente come fare per riuscire davvero ad interaggire con una persona, che apparentemente era così diversa da lei. Tornò a guardare Evelyn. Sei sicura che non ti vergogni? Una cosa era certa: l'essere schietta era la caratteristica che spiccava di più.
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    Eve non poteva fare a meno di essere sorpresa da quella situazione. Doveva essere ormai abituata a persone con un’estrazione sociale come quella di Joanne, infondo anche lei ne aveva fatto parte per una fetta della sua vita, eppure non pensava di trovare una ragazza così simile alla se stessa di qualche mese prima, per caso, tra le strade di Denrise. Quella scena l’aveva turbata e spiazzata più di quanto avrebbe amato ammettere, si era rivista fin dal primo istante in quella ragazzina rannicchiata su una panchina, disperata e sotto gli occhi di molti, e come poteva negarle il suo aiuto?
    Non si pensava arrivata, quello no, sapeva che c’erano persone ben più ricche di lei –primi fra tutti i Barnes- e che i suoi obbiettivi per molti sarebbero sembrate sciocchezze, eppure era riuscita a cominciare da zero una nuova vita, in una nuova città, Michael sembrava felice, con Thomas le cose andavano bene e per lei quelli erano i goals fondamentali, la cosa migliore che avrebbe potuto augurarsi. Aveva sempre avuto sogni semplici, non era una che puntava troppo in alto –non era così positiva e comunque per molto tempo sapeva di non averne le possibilità- eppure anche la sua carriera sembrava promettente, anche se era ancora una stagista sperava di poter progredire in fretta e fare un passo avanti anche in quel senso.
    Per il momento comunque i suoi lavori la soddisfa vano abbastanza e se non altro le permettevano di essere abbastanza autonoma da andare fiera di sé stessa e di quel che era riuscita a costruire fino a quel momento. Era felice, in quel momento della sua vita, e le dispiaceva realizzare che c’erano persone come Joanne che non lo erano quanto lei. Non era sciocca, sapeva che ci sarebbero sempre state persone in difficoltà, ma avere modo di vedere quella tristezza davanti a sé, con i propri occhi, era un’esperienza ben diversa.
    Scosse la testa, quasi commossa da quelle parole ma ancora convinta dei propri ideali. “Ma non hai alcun bisogno di ripagarmi, non è necessario.” le fece notare sorridendo. “Ti ringrazio, è un nome musicale.” ammise senza dilungarsi troppo, l’ultima cosa che voleva era pensare alle origini di quel nome e alla sua famiglia, soprattutto in un momento come quello.
    Accompagnò quindi la ragazza fino all’ingresso della caffetteria ma le sue parole non mancarono di spiazzarla: non poteva entrare? E perché mai? “Ma certo che puoi entrare, non penso che sia vietato.” le sorrise con gentilezza, provando a spronarla, per poi corrucciare le sopracciglia colta alquanto alla sprovvista. Vergognarsi? Di lei? Poverina, chissà quante terribili esperienze doveva aver provato per arrivare a chiederle una cosa simile. Le sfiorò quindi una spalla, delicatamente, provando ad essere convincente.
    “Non mi vergogno, Joanne. Non ne ho motivo. Mi farebbe molto piacere passare un po’ di tempo con te.” ammise sperando di risultare sincera e non inquietante o di spaventarla in qualche modo. Rimaneva una sconosciuta, lo sapeva bene, ma avrebbe tanto voluto farla sentire apprezzata fosse anche solo per qualche attimo.


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    Era in una spirale di terrore in quel momento. Non capiva esattamente perchè Evelyn, una ragazza tanto dolce e sopratutto tanto bella avesse quelle attenzioni per lei. Lei che alla fine non aveva fatto niente per meritarselo. Fose le aveva fatto semplicemente pena, oppure non sapeva esattamente cosa stesse succedendo, fatto si era che era vagamente felice e la cosa non gli dispiaceva per niente. Il problema principale era tornare alla normalità una volta che la ragazza rossa, che le aveva essenzialmente salvato la vita, sarebbe andata via. Doveva forse dare più spazio alle interazioni sociali e smetterla di chiudersi sempre a riccio? Ma come avrebbe potuto fare? Infodno era sempre da sola oppure a lavorare con i suoi genitori. Cominciava a pensare che le serviva veramente un lavoro che andava oltre il piantare cose o stare con gli animali. Avrebbe potuto andare alo speziale nuovo? Oppure poteva chiedere a Jonathan per il Canto della sirena. Ma la verità era che in quel posto sapeva che le ragazze, per guadagnare qualcosa di più, facevano qualcosa che lei non avrebbe mai accettato. Oppure poteva chiedere ad entrambi e cominciare a fare la persona normale. Si morse il labbro per le parole di Eve e poi le sorrise appena. Non si vergognava ed aveva detto che era ovvio che poteva entrare, esattamente chi era ad impedirglielo? Non sono mai entrate in caffetteria... sia per vergogna che.. insomma i miei genitori non hano mai voluto che io frequentassi la città! Ed il fatto che pensasse che quella era una città la diceva lunga su come aveva e dove aveva sempre vissuto la ragazza. Si stava sciogliendo, forse doveva semplicemente capire che il mondo non era un posto oscuro come gli avevano raccontato e che le persone potevano anche essere buone e gentili con lei senza volere niente in cambio. Eppure in quel momento, quella possibilità gli sembrava così enormemente difficile anche solo da comprendere. Si morse il labbro ancora prima di stringersi nelle spalle. Qualcosa per ripagare quella gentilezza se la sarebbe inventata, anche solo comprandole un fiore. Infondo era lei che era stata abituata così ed l'orgoglio per un densieriano era veramente tutto. Tu hai fratelli?Chiese poi sedendosi curiosa ad un tavolino e guardandosi intorno. Nessuna aveva notato le sue scarpe ne tanto meno i suoi vestiti, ovviamente si vedevano che non erano nuovi! Si morse il labbro tirandosi le pellicine del pollice e guardandosi intonro quasi a disagio e sulla difensiva. Tutto quello era nuovo per lei e la cosa assurda era che nessuno, nessuno mai aveva pensato che magari, anche Joanne a 24 anni avesse semplicemente bisogno di normalità!
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    Avrebbe voluto rincuorarla, sentire bene il pulsare del suo cuore e si rendeva conto di quanto effettivamente fosse agitata in quel momento. Le sembrava di averle chiesto qualcosa di semplice e di facile da fare, anche se in effetti non conosceva il suo passato, non aveva idea di che cosa l’avesse portata fino a lì e di che cosa avesse vissuto fino a quel momento. Una cioccolata calda e un posto caldo in cui parlare le erano sembrate una proposta quasi scontata ma era chiaro che per Joanne le cose non fossero poi così scontate e banali.
    La guardò abbastanza spiazzata quando la ragazza tentò di spiegarle le ragioni del suo imbarazzo e le parvero a dir poco incredibili: per qualche ragione non era mai entrata in un posto simile e i suoi genitori le avevano messo in testa la strana idea di non frequentare la città. Ne dedusse quindi che Joanne non era cresciuta a Denrise ma da qualche parte lontano dal centro, anche se era abbastanza sicura che non fosse poi così distante da lì visto che era andata comunque in città a fare la spesa. Quindi sembrava evidente che fosse una ragazza di campagna, anche se questo non significava sempre qualcosa: poteva essere semplicemente di umili origini, anche se le sembrava palese che fosse comunque cresciuta in un ambiente ben diverso da quello di una qualsiasi ragazza della sua età.
    “Oh beh…ma è un posto sicuro, te lo giuro. E non ti succederà niente di male qui.” provò a dirle anche se poteva immaginare quanta valenza potessero avere le parole di una sconosciuta comparsa dal nulla. Forse il migliore mal intenzionato avrebbe cercato di raggirarla con parole simili a quelle che aveva scelto, probabilmente non era il discorso più incoraggiante del mondo.
    Già il fatto che Joanne avesse deciso di rimanere comunque le sembrò una vittoria e si sedette con lei al tavolino, sfogliando poi il menù per cercare di capire che cosa avrebbe potuto prendere. “Sentiti libera di prendere qualsiasi cosa eh! Offro io.” ribadì per poi pensare che avrebbe potuto darle per prima l’esempio e prendere anche un dolce oltre alla cioccolata: lei non ne aveva bisogno, ma voleva che l’altra si sentisse libera di sperimentare e di mangiare se aveva appetito.
    Sorrise alla sua domanda e annuì lentamente. “Sì, due. Michael e Thomas. Tu invece?” domandò con gentilezza, curiosa infondo di conoscerla meglio e intenzionata ad approfondire il discorso, infondo le faceva piacere sentire la sua storia o provare a capire come fosse la sua vita, da dove venisse, come avesse vissuto fino a quel momento. Stava comunque cercando di ricordarsi che era una sconosciuta, che avrebbe potuto fare qualcosa per lei forse ma di certo niente di decisivo o di travolgente e avrebbe dovuto venire a patti con quella realizzazione.

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    Per la rpima volta in vita sua si sentiva stranamente contenta. Quella ragazza era si una sconosciuta ma la stava mettendo a suo agio. Era di una dolcezza sconfinata ed Joanne aveva appena trovato il suo modello di donna ideale. Aveva trovato in Evelyn tutto quello che lei avrebbe sempre voluto essere, una persona bella da morire, curata, ma con modi gentili ed affabili. Sempre con il sorriso tra le labbra e sicuramente una persona molto, molto semplice ed umile, ma che sapeva difendersi ed il fatto suo. Più la guardava più si sentiva tranquilla più la ragazza rossa di fronte a lei le parlava più lei si sentiva a suo agio. Era come se una sensazione infondo al suo cuore le dicesse che si, poteva fidarsi di lei e che si, non c'era niente da temere. Evelyn non poteva essere una persona cattiva come lo erano state quelle piche, non poteva certamente essere una di quelle che parlavano ad aria e che non avevano nessuna intenzione di far funzionare i neuroni. Non era una persona cattiva e sopratutto non gli sembrava una persona opportunista. Anche perchè, la verità era che si vedeva lontano un miglio che Joanne non avrebbe potuto darle assolutamente niente, se non qualche informazione per quanto riguardasse il tempio di Freya e le abitudini della sua famiglia e dei densiriani. La guardò sorridendo almeno per un attimo ed imitò ogni sua mossa prendendo di conseguenza anche lei il menù e guarandolo. Era pieno di cose estremamente nuove e buone, ma una su tutti spiccoò ai suoi occhi. Aveva sempre voluto mangiarla, voleva provare quella cosa che tanto aveva visto nelle vetrine, anche di Londra quando c'era andata, e che gli sembrava enorme ma super buona. Un caffè latte e una cheesecake con cioccolato bianco ed Oreo! Disse poi felicissima di tutta quella situazione. Doveva imparare davvero a godersi quello che gli veniva di nuono nella vita perchè Evelyn era li, ma tra qualche ora sarebbe tornata nella sua fattoria ed alla fine sarebbe tornato tutto come sempre. La sua vita ed i suoi drammi e sopratutto la sua solitudine. Quindi doveva semplicemente capire che quella era una semplice e mera opportunità. Posò appena la carta del menù sulla superficie di legno e poi ascoltò la sua risposta. Thomas e Michael. Oh, io sono figlia unica! Anche se mi sarebbe veramente piaciuto avere un fratello maggiore, o comunque un fratello in generale, immagino che non ci si senta mai soli, in questo modo! Ammise stringendosi nelle spalle per poi guardarsi nuovamente intorno come se avesse la curiosità di stampare nella sua mente qualsiasi immagine e scena in quel momento stesse intorno a lei. E che lavoro fai? Chiese ancora curiosa. Infondo non si aspettava di stare cos bene con una sconosciuta, e dal momento in cui Evelyn era appena diventata l'idolo di Joanne, lei voleva quante più informazioni sulla rossa! Su questo ne era certa!
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    Di certo mai avrebbe pensato che un invito per una cioccolata potesse essere qualcosa di così sconvolgente e nuovo per qualcuno, ma era felice di aver portato Joanne in un posto che a lei sembrava così famigliare e che per la ragazza invece era così fuori dal comune. Non sapeva che idea farsi della sua famiglia, cosa avrebbe dovuto pensare di genitori che impedivano alla propria figlia di frequentare un posto come una caffetteria?! Erano pazzi? Perché farlo? Non le sembrava niente di pericolo o particolare, ma forse lei non capiva, veniva da una città come New York e da un contesto famigliare ben diverso e più libero, per certi aspetti, probabilmente non stava a lei esprimere giudizi su quella faccenda.
    Ad ogni modo le faceva tristezza l’idea che quella poteva essere una sua coetanea non avesse mai sperimentato niente di simile, la spiazzava il pensiero che fosse rimasta rinchiusa chissà dove, lontana da possibili amici, lontana da un mondo che doveva per forza conoscere prima o poi. Non c’era da stupirsi se poi poco prima si era sentita palesemente così esposta e in pericolo su quella panchina –almeno questo era quello che poteva aver intuito Eve-, non la sorprendeva l’idea che non sapesse bene come difendersi o come apparire di fronte agli altri per evitare di la prendessero ancora più di mira.
    Non voleva nessun merito comunque, stava facendo ciò che era giusto e niente di più, non pensava di essere speciale o meritevole di chissà che riconoscimento: chiunque avrebbe dovuto e potuto fare quel che stava facendo lei, la feriva pensare di essere la prima perché non comprendeva come si potesse agire in altro modo di fronte ad una scena come quella.
    Percepiva la sua gratitudine e sapeva che era sincera, Joanne avrebbe davvero voluto ripagare al meglio delle sue possibilità, era chiaro che si sentisse in debito anche se non avrebbe dovuto. Si illuminò quando ordinò qualcosa da mangiare e da bere e prese per sé un pezzo di torta di carote e un caffèlatte, entusiasta all’idea che la ragazza si fosse convinta a prendere qualcosa. “Ottima scelta, la cheescake agli oreo deve essere buonissima!” commentò contenta per poi annuire piano. “Michael è mio fratello minore, mi prendo cura di lui da quando ero ancora adolescente e non potrei stare senza di lui. Thomas invece è il nostro fratellastro, ha solo cinque anni in meno di me e ci siamo ritrovati non molto tempo fa, a New York, dove vivevamo.” spiegò anche solo per farla sentire più partecipe e aprirsi un po’, non era qualcosa che faticava a fare dopotutto.
    Era felice che le stesse facendo quelle domande, anche perché Joanne sembrava aprirsi lentamente a sua volta e le sembrava un buon segno. “Al momento diversi lavori in realtà… sono segretaria di un proprietario di alberghi a Londra e poi lavoro come tirocinante in un giornale. Quest’ultimo vorrei diventasse il mio vero lavoro un giorno, lavoravo come giornalista in una rivista a New York.” spiegò paziente. “Tu invece? Di cosa ti occupi?” domandò poi provando ad essere delicata.


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    Tutto quello le sembrava quasi inverosimile. La sua rabbia e tristezza la stavano abbandonando lasciando, invece, spazio ad un sorriso dolce ed entusiasto che si allargava sul suo viso. Si morse le labbra carnose guardandosi intorno e stringendo le gambe, sfregando le ginocchia con le sue mani come se, da un momento all'altro, potesse succedere qualcosa di estremamente brutto. Non era una sensazione era più un timore, il fatto di essere estremamente povera la metteva seriamente a disagio come se in quel mondo, qualsiasi persona era cosciente delle sue tasche vuote ed anche bucate. Joanne aveva delle convinzioni sue dettate, per lo più dall'ingoranza. Ignoranza che non venieva dalla mancanza di voglia di imparare ma sempre da una condizione che lei non aveva potuto scegliere. A volte credeva davvero di essere stata adottata e credeva davvero che tutto quello era solamente un sogno che si sarebbe risvegliata di li a poco e che avrebbe sicuramente abitato in un posto diverso, sempre a Denrise, ma sicuramente diverso dalla sua fattoria. Evelyn, dal canto suo, era così spontanea e dolce che non era possibile che stesse fingendo o che la stesse prendendo in giro. Si sentiva a suo agio, si sentiva al sicuro, si sentiva quasi capita da lei e quella era una sensazione veramente, ma veramente incredibile. Non riusciva neanche a comprendere come mai Eve la faceva sentire in quel modo, eppure il suo sorriso, il suo modo di parlare la stavano semplicemente incantando. Forse era perchè la ragazza era un vampiro? Possibile, ma Joanne non ne aveva idea, ed in quel momento, la natura della sua interlocutrice, neanche le interessava. Era bella oltre ogni previsione, curata e sempre sorridente. Tutto quello che lei sognava di diventare e che forse, in cuor suo, sapeva che non sarebbe mai stata. Sorrise poi sentendo che sicuramente la sua torta sarebbe stata buonissima e poi ascoltò interessata la sua esperienza. Interiorizzò quanto aveva detto la ragazza poi cominciò a giocherellare con il fazzoletto sul tavolo prima di ripuntare i suoi occhi castani sulle iridi della ragazza. Io sono figlia unica! Mi sarebbe piaciuto molto avere un fratello! Insomma deve essere abbastanza rilassante averne uno e poi... non ci si dovrebe sentire mai soli! Però i miei genitori, dopo di me, hanno deciso che non era il caso di far un altro. Sai, non siamo molto, ricchi e di conseguenza non sapevano esattamente come fare... per... ecco mantenere un altro figlio! Aggiunse poi sorridendo appena e questa volta abbassando lo sguardo. Si. Se ne vergognava dannatamente di tutta quella storia, ma adesso che l'aveva detta a qualcuno era come se si sentiva meglio, quasi meno sporca. Poi tornò a guardarla un pò interrogativa quando le disse che lavorava come segretaria per un Hotel e come giornalista. Si tornturò un pò il labbro. Io? Beh... aiuto i miei genitori nella fattoria, quindi con gli animali, capi, pesca... caccia! Ma vorrei trovarmi un lavoretto. Sarebbe importante per me! Perchè mai le stava dicendo una cosa del genere?! A e li cosa interessava? Ma forse avrebbe potuto aiutarla? Non ne aveva idea, ma parlare con quella rossa le stava dando un piacere mai provato, la sensazione di non essere sola al mondo. Le sorrise cercando di fare uno sforzo sovraumano per tornare a guardarla. Perchè vuoi diventare giornalista?In quel caso era veramente come una bambina! Era una piccola ragazzina di 24 anni che cercava seriamente di conoscere il mondo e le persone come mai aveva fatto prima, forse perchè nessuno gliene aveva dato la possibilità, ovvio! Ma in quel momento voleva concentrarsi sulle cose positive, ed infatti, così fece!
    RevelioGDR
     
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