-
..
-
.Evelyn StanfordApril 2020LondonAll the lights are sparkling for you, it seems.Parlato- Pensato- Ascoltato
Se le avessero chiesto di descriversi in qualche modo, Eve non avrebbe potuto negare di aver sempre avuto una naturale attenzione verso le persone più deboli, e un interesse a dimostrarsi d’aiuto verso chiunque fosse in difficoltà. Era qualcosa che le era sempre venuto naturale, per cui non si era mai sforzata più di tanto, e che l’aveva portata da ragazzina ad occuparsi del fratello minore di sua spontanea volontà, malgrado avrebbe avuto tutte le ragioni per fregarsene e farsi la propria vita. Se Michael, a cui era legata da un legame di sangue, poteva anche reputarsi un’eccezione comprensibile, Eve si era comunque sempre dimostrata disponibile e gentile anche con perfetti sconosciuti, e in particolare aveva dimostrato più volte di non aver paura di cacciarsi nei guai per difendere qualcuno. Era così che aveva conosciuto Megan, dopotutto: la ragazza aveva subito avances non troppo gradite da uno dei colleghi della redazione in cui lavoravano in quel periodo, e Eve si era schierata dalla sua parte fino a che la situazione non era migliorata e l’altra ragazza aveva potuto sentirsi più sicura anche sul lavoro.
Le due avevano legato così tanto che continuavano a sentirsi anche ora che Eve si era trasferita oltreoceano, e in effetti l’aveva sentita giusto quella mattina, poco prima di incontrarsi con Daniele, altro suo amico di vecchia data. In effetti Evelyn non poteva vantare una schiera infinita di amici, per quanto fosse una ragazza spigliata e alla mano, sempre pronta a rispondere ad un sorriso o ad una battuta gentile, non poteva di certo dirsi pronta ad aprirsi con chiunque ed era in grado di fidarsi di poche persone contemporaneamente. Lei era felice così, con pochi amici ma buoni, e da quando era tornata a Londra e aveva potuto rivedere Nickolas, Daniel, vivere con Thomas, la sua felicità le sembrava quasi incontenibile.
I suoi problemi non erano certi spariti, continuava a considerare la sua natura difficile da tollerare, aveva ancora paura di fallire nella sua carriera, di non avere alcun talento, ma se non altro quei pensieri sembravano più leggeri adesso, o almeno riusciva ad ignorarli più facilmente. Proprio in quel momento stava tornando dal suo ultimo incontro con Daniele, da quando lo aveva ritrovato cercava di trovare una scusa buona ogni volta che poteva per vederlo: erano rimasti lontani così tanto tempo eppure le sembrava naturale vederlo ogni volta che ne aveva modo, come se non si fossero mai davvero persi di vista.
Quella mattina quindi non era andata a lavoro, o meglio aveva finito di sbrigare tutti gli affari più imminenti la sera prima, così da non dover rimandare nulla di impellente la mattina seguente, e poi si era svegliata di buon ora per riuscire a fare tutto. Era arrivata a Denrise verso metà mattina, portandosi dietro un borsone con le scarpette da ballo e un cambio per potersi allenare nel primo pomeriggio, e dopo aver consumato una colazione eccellente in un localino che Daniele diceva “avrebbe dovuto assolutamente provare il prima possibile” si stava dirigendo di nuovo verso Londra.
In quel momento era così tanto allegra, dopo l’incontro dell’amico e in previsione della giornata che la aspettava, che non stava nemmeno prestando troppa attenzione all’ambiente circostante eppure la sua mente era abituata a lavorare su più cose contemporaneamente e registrò al posto suo quel che stava succedendo. I suoi sensi acuti –forse una delle poche cose positive che la trasformazione aveva portato con sé- captarono con chiarezza le chiacchiere e le risatine di un gruppo di ragazze che stavano chiaramente apostrofando, in modo ben poco carino, un’altra ragazza. Non impiegò molto ad individuare la malcapitata, vedendola mentre raccoglieva le ultime cose della sua spesa per poi rifugiarsi su una panchina e tanto bastò a farle stringere il cuore. Quando percepì che stava piangendo si decise di avvicinarsi, lanciando un’occhiata di fuoco a quel gruppetto di oche giulive e raccogliendo poi da terra un’arancia, sfuggita dalla spesa della ragazza. Si avvicinò quindi a lui con un sorriso appena accennato, porgendole l’arancia. “Credo che questa sia tua…” osservò con delicatezza, e se la ragazza avesse alzato lo sguardo si sarebbe trovata di fronte una Eve gentile e vagamente impacciata, ordinata nel suo abito floreale, i capelli tirati indietro dal cerchietto e il suo evidente tentativo di essere dolce e carina, a differenza degli altri.code by ;winchester. -
..
-
.Evelyn StanfordApril 2020LondonAll the lights are sparkling for you, it seems.Parlato- Pensato- AscoltatoSapeva bene che cosa significava essere quella diversa, quella che le coetanee guardavano con sospetto e deridevano senza troppi problemi, guardandola di sbieco. Infondo si era presa a carico Michael quando era appena una ragazzina, le ragazze della sua età non avevano faticato a vederla come quella strana, aveva troppe responsabilità, troppe cose da fare per uscire con loro e quello bastava per trasformarla in qualcuno da prendere in giro. Eve viveva nella convinzione che l’avrebbero presa in giro a prescindere, anche se la sua famiglia fosse stata normale: avrebbero trovato un’altra scusa, c’erano persone fatta per prendersela con gli altri, che avrebbero sempre trovato qualcosa per cui discriminare il prossimo indipendentemente da quanto l’altra persona si impegnasse per essere accettata e impeccabile.
Eve non aveva mai ricercato troppo l’approvazione degli altri o, meglio,lo aveva fatto per parte della sua vita ma poi si era arresa, rendendosi conto da sola che sarebbe stato inutile: non si poteva piacere a tutti quanti, lo aveva capito a proprie spese e aveva smesso di farci caso. Questo l’aveva ovviamente portata ad isolarsi, il suo unico amico di quell’epoca era Nick, che si era affezionato a lei non sapeva nemmeno perché ma era la sua unica eccezione. Era diventata poi la ragazza strana che non aveva mai tempo, a causa del lavoro era stata costretta a non uscire, e questo l’aveva portata a non riuscire a legare a dovere nemmeno una volta cresciuta. Nonostante ciò, non si poteva dire che fosse diventata crudele a sua volta, aveva cercato di ricordarsi che non poteva prendersela con tutti per le colpe di pochi e che lei non voleva essere come coloro che l’avevano ferita in passato.
Non si aspettava ovviamente che tutti capissero, o che la trattassero con la stessa gentilezza, ma non pensava nemmeno che la ragazza avrebbe reagito in modo così irruento e brusco. Non aveva idea di che cosa avesse passato,forse poteva intuirlo dal suo sguardo e dalla sua reazione e tanto bastò per farla sentire ancora peggio. Avrebbe voluto proteggere lei e quelli come lei, non la conosceva ma l’idea che avesse sofferto bastava a farle pensare che avrebbe dovuto fare di più, nella sua vita di tutti i giorni, per quanto non ci fosse niente che poteva fare nel concreto, molto spesso.
Joanne le ricoròd lei quando era più giovane, una ragazzina che cercava di difendersi tirando fuori le unghie ogni volta che qualcuno minacciava di avvicinarsi troppo. Eve aveva scelto la strada più pacifica, aveva fatto della gentilezza la sua arma, ma si rendeva conto che avrebbe potuto diventare come quella ragazza se solo avesse scelto un percorso differente. Nonostante la ragazza si fosse irrigidita subito, Eve non smise di accennare un sorriso gentile e dolce, che non si spense nemmeno di fronte a quanto fosse stata brusca anche con lei. Si era comportata in quel modo perché pensava fosse la cosa giusta da fare, non perché si aspettava qualcosa di rimando.
Inclinò la testa e lanciò un’occhiata al gruppetto alle sue spalle, per poi tornare a guardare Joanne. “Loro? Non so nemmeno chi siano, non abito qui… io vivo a Londra, non le conosco.” le disse con gentilezza e tutta l’onestà di cui era capace. Le dispiaceva vederla così, anche se era una sconosciuta, eppure riconosceva di non sapere come aiutarla. “Mi dispiace per qualsiasi cosa sia successa…ti va se ti offro una cioccolata calda? Non c’è niente che una cioccolata non possa risolvere.” le propose alla fine, con gentilezza, senza nemmeno riflettere a modo sulla sua proposta. Si rendeva conto di non dover sembrare troppo centrata, eppure Eve era così: finiva sempre per agire d’istinto anche quando forse non avrebbe dovuto, col rischio di sembrare pazza o quantomeno non troppo “normale”. Chi avrebbe mai offerto qualcosa ad una ragazza sconosciuta? Ma quello che si chiedeva davvero lei era, piuttosto: come avrebbe potuto evitare di offrirle il suo aiuto concreto dopo che l’aveva vista così fragile, piangere in un angolo? Non pensava che fosse sciocca o debole, ma pensava che la ragazza avesse raggiunto il limite e dal momento che sapeva bene che cosa si provasse, poteva immaginare che, come lei al tempo, anche quella ragazza, avrebbe potuto apprezzare un po’ di compagnia e di gentilezza.code by ;winchester. -
..
-
.Evelyn StanfordApril 2020LondonAll the lights are sparkling for you, it seems.Parlato- Pensato- AscoltatoNon aveva idea di chi fosse quella ragazza, non era il tipo che apprezzava i pregiudizi o l’idea di farsi influenzare dalle prime impressioni, non voleva di certo cadere in qualche pensiero scontato. Le sembrava una ragazza sola, sicuramente non stava bene in quel momento ed era chiaro che un po’ di compagnia non le avrebbe fatto male ma non aveva alcuna intenzione di giudicare i suoi vestiti o la sua mera apparenza. Dopotutto Eve sapeva bene quanto quel genere di cose potessero essere solo una parte della personalità di qualcuno, una rappresentazione superficiale e per nulla fedele del valore di una persona. Aveva vissuto nella mediocrità per anni, per gran parte della sua vita a dire il vero, e il fatto che ora indossassi abiti eleganti o fosse particolarmente ordinata non cancellava di certo il suo passato, non la cambiava del tutto, era solamente uno status simbol che nascondeva ben altro sotto la superficie.
Poteva immaginare comunque come la vedesse l’altra ragazza in quel momento, doveva sembrare molto più perfetta di quanto non fosse, ordinata e pulita, diversa da lei mentre Eve era sicura che si somigliassero molto di più di quanto non sembrasse. Era certa che avrebbero avuto di che parlare, anche se forse Eve era solo una di quelle persone che faceva amicizia con fin troppa leggerezza, o che quantomeno ci provava. Era poi la prima a non aprirsi mai davvero a qualcuno, ad essere brava a mostrarsi alla mano e sempre disponibile ma mai del tutto pronta a lasciarsi andare fino in fondo.
In quel momento voleva solo essere di supporto, non si aspettava che la ragazza si sforzasse troppo ma sarebbe già stata felice di saperla in un posto caldo, lontana da quelle malelingue e da altri possibili scherzi. Sapeva bene che non avrebbe potuto proteggerla per più di un tempo molto ridotto, infondo si sarebbe separate comunque al massimo dopo qualche ora, ma finchè poteva voleva darle il beneficio di qualche momento di serenità.
Dopotutto, Eve poteva anche essere gentile ma sapeva essere piuttosto convincente quando ci si metteva e non avrebbe esitato ad intimorire quelle sciocche se ne avesse avuto l’occasione. Dubitava comunque che avessero intenzione di avvicinarsi alla giovane quando c’era anche lei, in genere quelle persone traevano piacere nel tormentare le persone sole e apparentemente più deboli, non avrebbero avuto ragione di dare problemi a loro due finchè erano assieme.
Non le sembrava comunque così difficile intuire che la ragazza avesse umili origini, Eve non prestava spesso attenzione a quelle cose e comunque non era importante. Le sorrise ugualmente. “Secondo me dici così solo perché non hai mai assaggiato la cioccolata al peperoncino! Sei ancora in tempo per cambiare idea.” le fece notare per poi lanciare un’occhiata alle sue buste. “Vuoi che ti dia una mano con una di quelle? Sembrano pesanti e non ho molto altro da trasportare.” si offri con gentilezza provando a sembrare quantomeno affidabile e intenzionata a fare del suo meglio per essere utile. Non era sicura di poterle comunque essere così tanto di conforto, conosceva quel genere di sensazioni, sapeva che qualche parola gentile non l'avrebbe fatta sentire più al sicuro o protetta in qualche modo ma sperava che, almeno, fosse meglio di niente. Certo, una merenda in un bar non avrebbe potuto fare miracoli, ma immaginava che la ragazza non avesse spesso la possibilità di concedersi lussi di quel tipo, che fosse abituata a quel genere di distrazioni e Eve sapeva bene quanto quelle sorprese potessero risollevare il morale di qualcuno.code by ;winchester
[/QUOTE]. -
..
-
.Evelyn StanfordApril 2020LondonAll the lights are sparkling for you, it seems.Parlato- Pensato- AscoltatoNon riusciva a trattenersi anche se probabilmente avrebbe dovuto, sapeva che le persone finivano sempre per approfittarsene quando Eve si mostrava così gentile e così aperta con chiunque. Sapeva bene che quello non faceva di lei una persona troppo furba, molti avevano finito per usare quella parte del suo carattere contro di lei e avrebbe dovuto ormai imparare dai suoi errori e invece per qualche ragione ne sembrava ancora incapace. Come avrebbe potuto trattenersi davanti ad una ragazza sola come Joanne, dopotutto? Come poteva davvero pensare di lasciarla da sola a disperarsi, magari lasciando che quel rimorso la tormentasse per chissà quanto? Meritava il suo supporto, non aveva idea di quante altre persone si sarebbero comportate in quel modo e l’idea che Joanne potesse convincersi di non meritare alcun tempo di gentilezza non le piaceva affatto.
Si era sentita così per prima, per anni, non aveva fatto altro che credere di non meritare alcuna cortesia solo perché per parte della sua vita aveva incontrato solo persone che volevano farle passare le pene dell’inferno, e aveva impiegato parecchio per ricredersi, anche se alla fine aveva trovato gli amici migliori che potesse desiderare. Certo, non poteva pensare di diventare già amica con una persona che nemmeno conosceva, ma se non altro sperava di poter fare un minimo di differenza nella sua vita. Un pensiero indubbiamente presuntuoso ma non chiedeva tanto, anche solo migliorare un minimo la sua giornata rispetto a come era cominciata.
Fu contenta di sapere che aveva deciso di accettare la cioccolata, ma realizzò ormai in ritardo di non sapere di aver ignorato la sua domanda senza volerlo, distratta dal resto. “Io sono Evelyn comunque, ma puoi chiamarmi Eve.” si presentò vagamente impacciata, contenta che comunque la ragazza si fosse presentata anche se avrebbe potuto avere paura di esporsi troppo. Prese la sportina che le stava offrendo e si avviò quindi verso la caffetteria, cercando di parlare con gentilezza e comportarsi in modo tranquillo per non farla sentire ulteriormente in colpa.
Dopotutto per lei quello non era di certo uno sforzo, quella sportina aveva un peso ridicolo per lei ed era felice di aiutarla. Sorrise alla sua domanda. “Sì, sono di Londra ma mi sono trasferita da poco, prima vivevo a New York.” le raccontò con entusiasmo, perché Eve finiva quasi sempre per essere una chiacchierona quando non sapeva bene cosa dire o si sentiva in imbarazzo e in quel momento aveva davvero paura di dire qualcosa di troppo, temeva di esagerare, di farla sentire a disagio o spaventarla in qualche modo. Ne aveva già vissute troppe quella ragazza, per quel giorno di sicuro ma probabilmente anche molto prima, era certa che meritasse un momento di calma e di leggerezza.
Arrivate alla caffetteria le avrebbe anche aperto la porta, sorridendole con gentilezza e lasciando che entrasse per prima in quel posto, decisamente grazioso e soprattutto caldo e accogliente. Forse era più entusiasta lei di Joanne, Eve era estramente felice all'idea di concenderla un attimo di pace in una vita che non doveva essere stata semplice. "Tu invece? Abiti qui?" domandò con gentilezza, fosse anche solo per conoscerla un po' meglio.code by ;winchester. -
..
-
.Evelyn StanfordApril 2020LondonAll the lights are sparkling for you, it seems.Parlato- Pensato- Ascoltato
Eve non poteva fare a meno di essere sorpresa da quella situazione. Doveva essere ormai abituata a persone con un’estrazione sociale come quella di Joanne, infondo anche lei ne aveva fatto parte per una fetta della sua vita, eppure non pensava di trovare una ragazza così simile alla se stessa di qualche mese prima, per caso, tra le strade di Denrise. Quella scena l’aveva turbata e spiazzata più di quanto avrebbe amato ammettere, si era rivista fin dal primo istante in quella ragazzina rannicchiata su una panchina, disperata e sotto gli occhi di molti, e come poteva negarle il suo aiuto?
Non si pensava arrivata, quello no, sapeva che c’erano persone ben più ricche di lei –primi fra tutti i Barnes- e che i suoi obbiettivi per molti sarebbero sembrate sciocchezze, eppure era riuscita a cominciare da zero una nuova vita, in una nuova città, Michael sembrava felice, con Thomas le cose andavano bene e per lei quelli erano i goals fondamentali, la cosa migliore che avrebbe potuto augurarsi. Aveva sempre avuto sogni semplici, non era una che puntava troppo in alto –non era così positiva e comunque per molto tempo sapeva di non averne le possibilità- eppure anche la sua carriera sembrava promettente, anche se era ancora una stagista sperava di poter progredire in fretta e fare un passo avanti anche in quel senso.
Per il momento comunque i suoi lavori la soddisfa vano abbastanza e se non altro le permettevano di essere abbastanza autonoma da andare fiera di sé stessa e di quel che era riuscita a costruire fino a quel momento. Era felice, in quel momento della sua vita, e le dispiaceva realizzare che c’erano persone come Joanne che non lo erano quanto lei. Non era sciocca, sapeva che ci sarebbero sempre state persone in difficoltà, ma avere modo di vedere quella tristezza davanti a sé, con i propri occhi, era un’esperienza ben diversa.
Scosse la testa, quasi commossa da quelle parole ma ancora convinta dei propri ideali. “Ma non hai alcun bisogno di ripagarmi, non è necessario.” le fece notare sorridendo. “Ti ringrazio, è un nome musicale.” ammise senza dilungarsi troppo, l’ultima cosa che voleva era pensare alle origini di quel nome e alla sua famiglia, soprattutto in un momento come quello.
Accompagnò quindi la ragazza fino all’ingresso della caffetteria ma le sue parole non mancarono di spiazzarla: non poteva entrare? E perché mai? “Ma certo che puoi entrare, non penso che sia vietato.” le sorrise con gentilezza, provando a spronarla, per poi corrucciare le sopracciglia colta alquanto alla sprovvista. Vergognarsi? Di lei? Poverina, chissà quante terribili esperienze doveva aver provato per arrivare a chiederle una cosa simile. Le sfiorò quindi una spalla, delicatamente, provando ad essere convincente.
“Non mi vergogno, Joanne. Non ne ho motivo. Mi farebbe molto piacere passare un po’ di tempo con te.” ammise sperando di risultare sincera e non inquietante o di spaventarla in qualche modo. Rimaneva una sconosciuta, lo sapeva bene, ma avrebbe tanto voluto farla sentire apprezzata fosse anche solo per qualche attimo.code by ;winchester. -
..
-
.Evelyn StanfordApril 2020LondonAll the lights are sparkling for you, it seems.Parlato- Pensato- AscoltatoAvrebbe voluto rincuorarla, sentire bene il pulsare del suo cuore e si rendeva conto di quanto effettivamente fosse agitata in quel momento. Le sembrava di averle chiesto qualcosa di semplice e di facile da fare, anche se in effetti non conosceva il suo passato, non aveva idea di che cosa l’avesse portata fino a lì e di che cosa avesse vissuto fino a quel momento. Una cioccolata calda e un posto caldo in cui parlare le erano sembrate una proposta quasi scontata ma era chiaro che per Joanne le cose non fossero poi così scontate e banali.
La guardò abbastanza spiazzata quando la ragazza tentò di spiegarle le ragioni del suo imbarazzo e le parvero a dir poco incredibili: per qualche ragione non era mai entrata in un posto simile e i suoi genitori le avevano messo in testa la strana idea di non frequentare la città. Ne dedusse quindi che Joanne non era cresciuta a Denrise ma da qualche parte lontano dal centro, anche se era abbastanza sicura che non fosse poi così distante da lì visto che era andata comunque in città a fare la spesa. Quindi sembrava evidente che fosse una ragazza di campagna, anche se questo non significava sempre qualcosa: poteva essere semplicemente di umili origini, anche se le sembrava palese che fosse comunque cresciuta in un ambiente ben diverso da quello di una qualsiasi ragazza della sua età.
“Oh beh…ma è un posto sicuro, te lo giuro. E non ti succederà niente di male qui.” provò a dirle anche se poteva immaginare quanta valenza potessero avere le parole di una sconosciuta comparsa dal nulla. Forse il migliore mal intenzionato avrebbe cercato di raggirarla con parole simili a quelle che aveva scelto, probabilmente non era il discorso più incoraggiante del mondo.
Già il fatto che Joanne avesse deciso di rimanere comunque le sembrò una vittoria e si sedette con lei al tavolino, sfogliando poi il menù per cercare di capire che cosa avrebbe potuto prendere. “Sentiti libera di prendere qualsiasi cosa eh! Offro io.” ribadì per poi pensare che avrebbe potuto darle per prima l’esempio e prendere anche un dolce oltre alla cioccolata: lei non ne aveva bisogno, ma voleva che l’altra si sentisse libera di sperimentare e di mangiare se aveva appetito.
Sorrise alla sua domanda e annuì lentamente. “Sì, due. Michael e Thomas. Tu invece?” domandò con gentilezza, curiosa infondo di conoscerla meglio e intenzionata ad approfondire il discorso, infondo le faceva piacere sentire la sua storia o provare a capire come fosse la sua vita, da dove venisse, come avesse vissuto fino a quel momento. Stava comunque cercando di ricordarsi che era una sconosciuta, che avrebbe potuto fare qualcosa per lei forse ma di certo niente di decisivo o di travolgente e avrebbe dovuto venire a patti con quella realizzazione.code by ;winchester. -
..
-
.Evelyn StanfordApril 2020LondonAll the lights are sparkling for you, it seems.Parlato- Pensato- AscoltatoDi certo mai avrebbe pensato che un invito per una cioccolata potesse essere qualcosa di così sconvolgente e nuovo per qualcuno, ma era felice di aver portato Joanne in un posto che a lei sembrava così famigliare e che per la ragazza invece era così fuori dal comune. Non sapeva che idea farsi della sua famiglia, cosa avrebbe dovuto pensare di genitori che impedivano alla propria figlia di frequentare un posto come una caffetteria?! Erano pazzi? Perché farlo? Non le sembrava niente di pericolo o particolare, ma forse lei non capiva, veniva da una città come New York e da un contesto famigliare ben diverso e più libero, per certi aspetti, probabilmente non stava a lei esprimere giudizi su quella faccenda.
Ad ogni modo le faceva tristezza l’idea che quella poteva essere una sua coetanea non avesse mai sperimentato niente di simile, la spiazzava il pensiero che fosse rimasta rinchiusa chissà dove, lontana da possibili amici, lontana da un mondo che doveva per forza conoscere prima o poi. Non c’era da stupirsi se poi poco prima si era sentita palesemente così esposta e in pericolo su quella panchina –almeno questo era quello che poteva aver intuito Eve-, non la sorprendeva l’idea che non sapesse bene come difendersi o come apparire di fronte agli altri per evitare di la prendessero ancora più di mira.
Non voleva nessun merito comunque, stava facendo ciò che era giusto e niente di più, non pensava di essere speciale o meritevole di chissà che riconoscimento: chiunque avrebbe dovuto e potuto fare quel che stava facendo lei, la feriva pensare di essere la prima perché non comprendeva come si potesse agire in altro modo di fronte ad una scena come quella.
Percepiva la sua gratitudine e sapeva che era sincera, Joanne avrebbe davvero voluto ripagare al meglio delle sue possibilità, era chiaro che si sentisse in debito anche se non avrebbe dovuto. Si illuminò quando ordinò qualcosa da mangiare e da bere e prese per sé un pezzo di torta di carote e un caffèlatte, entusiasta all’idea che la ragazza si fosse convinta a prendere qualcosa. “Ottima scelta, la cheescake agli oreo deve essere buonissima!” commentò contenta per poi annuire piano. “Michael è mio fratello minore, mi prendo cura di lui da quando ero ancora adolescente e non potrei stare senza di lui. Thomas invece è il nostro fratellastro, ha solo cinque anni in meno di me e ci siamo ritrovati non molto tempo fa, a New York, dove vivevamo.” spiegò anche solo per farla sentire più partecipe e aprirsi un po’, non era qualcosa che faticava a fare dopotutto.
Era felice che le stesse facendo quelle domande, anche perché Joanne sembrava aprirsi lentamente a sua volta e le sembrava un buon segno. “Al momento diversi lavori in realtà… sono segretaria di un proprietario di alberghi a Londra e poi lavoro come tirocinante in un giornale. Quest’ultimo vorrei diventasse il mio vero lavoro un giorno, lavoravo come giornalista in una rivista a New York.” spiegò paziente. “Tu invece? Di cosa ti occupi?” domandò poi provando ad essere delicata.code by ;winchester. -
..