Dangerous game

Daniele&Jessica

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    Daniele Salvatore ( ) - Stat. - Prof Astronomia- 33 anni - Ex Grifondoro
    «Le strade della lealtà son sempre rette. »
    Era seriamente un casino tutto quello. Uno di quelli in cui si sapeva come ci si entrava ma non si sapeva esattamente come ci si usciva. Il problema principale della situazione era che ovviamente Daniele, anche se non voleva ammetterlo a se stesso, ci era cascato con tutte le scarpe. Il problema era che Daniele, professore di Astronomia, e sicuramente persona molto intelligenent, on aveva fatto i conti con quello che doveva essere il sentimento, le emozioni e sopratutto le debolezze che ogni uomo aveva. Il problema principale di tutta quella situazione era che Daniele provava una simpatia misteriosa per Jessica e la mascherava con un falso buonismo che suonava praticamente così: una ragazzina sola che deve crescere un figlio sola e che soffre. Devo aiutarla.
    Si, questo era sicuramente quello che lo aveva spinto ad andare subito contro il tentacolo del Malboro che la stava stritolando, ma tutto il resto? Quel giorno nelle cucine? Le sue mani sulle coscie? e di nuovo le mani sui fianchi nudi della ragazza? L'aveva aiutata, si era ripresa, perchè stava ancora dentro la sua camera, perchè aveva deciso di tenerla ancora li ed addiruttura farle fare la doccia li? Poteva benissimo farla in camera sua nel suo dormitorio, con le sue compagne di stanza, sicuramente sarebbe stata la decisione più consona e giust per tutto quello. Ed invece, ancora una volta, non aveva il coraggio o comunqu ela voglia di mandarla via. Gli piaceva il modo in cui si guardavano, il modo in cui riusciva a sfiorarla e la cosa gli provocava non pochi disagi. Lui sapeva che tutto quello era sbagliato ma cercava di goderselo nella maniera più consona e sopratutto più riduttiva che poteva. Il problema principale era, inoltre, che quelle situazioni assurde cominciavano a diventare così tanto frequenti che Daniele cominciava a pensare che Jessica le creasse quasi di proposito. Si morse il labbro pensando ad una cosa tanto stupida e crudele. Quella ragazza aveva dei problemi seri e lui? Lui pensava solamente che forse voleva attirare la sua attenzione? Quando si distaccò da lei e lei se ne andò nel bagno a farsi la doccia, il docente di astronomia fece quasi un respiro profondo, come se fino a quel momento era rimasto in apnea. Doveva ammettere che tutta quella carne scoperta poteva essere non solo fraintesa facilmente, ma anche una grande tentazione. Si andò a mettere li a preprarle la camomilla. Sperava che quella di Jessica era semplicemente una cotta passeggera, ma quello che era più preoccupante era la sua di simpatia nei confronti della ragazza. La sua era semplice simpatia, oppure anche lui cominciava ad avere una cotta per lei? Insomma, la situazione si stava facendo seria ed imbarazzante per davvero e lo divenne ancora di pi quando lei lo chiamò. Aveva lasciato la porta socchiusa e il riccio pensò che fosse solo una questione di sicurezza, non si azzardò neanche per un momento a sbircialre la ragazza nel bagno, ma tese comunque l'orecchio per sentire se effettivamente si stesse lavando o stesse tentando di nuovo di uccidersi. Si alzò, Si, il phono lo trovi in basso nel secondo cassetto, c'è anche una spazzola nuova... Rispose poi a quella domanda come per esserle grato di non averlo fatto entrare, ma quando la domanda divenne più personale, Daniele, che oramai era andato dietro la porta per non urlare come un dannato, divene quasi viola e gli andò di traverso la saliva. ok, lei non aveva l'intimo, ed adesso lui cosa doveva fare? Mica poteva darle le sue di mutande. Esitò nel rispondere. Cosa doveva dirle esattamente? Non mettertele? Fece un respiro profondo. So che non è il massimo.... ma.... non potresti rimettere quelle di prima... se no... ecco... aspetta... io.... Non ci credeva che lo stava facendo, ma andò nel suo cassetto e prese un paio dei suoi boxer neri e neutrali si morse il labbro. Tutto questo non dovrebbe esistere lo disse ad alta voce, ma comunque infilò la mano dentro il bagno, per passarle quello che sarebbe stato il suo intimo per la notte. La cosa importante era, adesso, esattamente, come poteva dormire sereno tutta la notte senza pensare al fatto che lei indossasse le sue mutande?
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    La doccia era stato un vero toccasana per il suo corpo indolenzito che ora era stato liberato dal freddo glaciale che l'aveva avvolta all'esterno del castello, ma non era riuscita a lavare via la paura che aveva provato a stare in quella foresta, il dolore che l'aveva spinta ad andarci in primo luogo... la paura provocata da quel sogno -incubo- che spesso e volentieri irrompeva nei suoi pensieri la notte, impedendole di dormire serenamente. Ne tantomeno i dolori fisici più persistenti. Prese una boccata d'aria dopo aver trattenuto il respiro qualche secondo, intenta a trattenere quelle lacrime crudeli che, nell'ultimo periodo, sembravano tormentarla come non mai. Dopodiché inspirò il dolce profumo che aleggiava in quel bagno e si decise a chiamarlo. Aveva davvero bisogno di asciugarsi i capelli -altrimenti sarebbero diventati ingestibili- e di cambiarsi completamente, intimo compreso. Voleva eliminare di dosso ogni ricordo di quel pomeriggio terribile in quella foresta, ogni cosa tranne che il viso dolce del suo professore. Si morse il labbro mentre attendeva una sua risposta che, comunque, non si fece attendere. Andò a curiosare dove le era stato indicato e proprio là trovo quanto richiesto ed in più anche la spazzola. Si era scordata di chiederla, ma anche quella era di vitale importanza per i suoi capelli. Certamente non potevano stare puliti e splendenti da soli. Collegò quindi il phon alla presa e porse quella seconda domanda che forse non avrebbe mai dovuto porre; si maledisse per averlo fatto quando lo sentì balbettare. Non c'era sulla di strano; una ragazzina aveva appena chiesto dell'intimo al proprio professore... come avrebbe dovuto reagire lui, se non imbarazzandosi? Lo capiva bene, anche se non poté evitare di sentirsi ferita. Perché? Nemmeno lei lo sapeva! Ad ogni modo, afferrò i boxer che lui le porgeva e nel farlo gli sfiorò le dita ma non si trattenne nemmeno per un secondo a godere di quel contatto, ritirando subito il braccio, stringendo tra le dita quel tessuto. Li guardò per un attimo, immaginandosi -per un solo secondo- che prima che li mettesse lei, erano sicuramente stati indossati dal suo professore. Si morse l'interno guancia mentre se li infilava. Non le stavano nemmeno troppo grandi, a dire la verità. Dopo di quelli, infilò anche i pantaloni che subito le riscaldarono le gambe. Quel pigiama era felpato dentro, cosa che Jess adorava, soprattutto in quel momento, anche se non era la sua amata sottoveste che usa ogni notte, in qualsiasi stagione. A quel punto, vestita, accese il phon per potersi asciugare i capelli, dopo aver mormorato un timido: grazie al docente.
    L'aria calda iniziò a farle volteggiare i capelli al vento, mentre lei li muoveva con la mano libera, aiutando quindi il calore ad asciugarle i capelli alla perfezione. Nonostante scottasse sulla pelle, in quel momento era veramente piacevole, dopo tutto il freddo che aveva dovuto sopportare. Quando finalmente i suoi capelli furono sufficientemente asciutti, ripose il phon laddove lo aveva preso e spazzolò la chioma corvina con forza per evitare che si formassero dei nodi tra i suoi adorati capelli. Una volta fatto ciò, pulì la spazzola e ripose anche quella. Era ufficialmente pronta ad uscire dal bagno con addosso i vestiti del prof che, doveva essere sincera, non avrebbe mai voluto togliersi. Avevano il suo profumo, almeno secondo lei. Non avrebbe saputo dire esattamente quale fosse, fatto sta che era buono. Ho finito... ed ho sistemato le cose dove le ho trovate comunicò. Aveva anche ripiegato gli asciugamani, sebbene certamente sarebbero stati da lavare visto che erano bombi d'acqua. Grazie per... tutto sussurrò, andando a sedersi sul suo letto ed incrociando le gambe. Preferì dire così e non accennare ad ogni singola cosa. Non se la sentiva proprio di dire cose tipo "grazie per i boxer". È molto più ordinato dell'ultima volta esclamò, cercando di smorzare la tensione. Ha per caso assunto una donna delle pulizie? scherzò, senza però distogliere il proprio sguardo da quello di lui. Stava per aggiungere altro, quando una fitta alla testa la fece desistere. Le sembrava che il cervello le si stesse spaccando in due. Fu una cosa di pochi secondi, prima che il dolore si acquietò, senza però scomparire del tutto, ma restando come un martello che le colpiva la testa. Non disse nulla e cercò di non darlo a vedere, anche se una smorfia di dolore non poté fare a meno di comparirle sul volto. Si stese sul letto e si mise un braccio sulla fronte, come a schermare gli occhi. Non aveva detto nulla, non voleva farlo preoccupare, però si sentiva ancora piuttosto debole ed aveva male un po' ovunque. Stare esposta ad un clima rigido con dei vestiti estivi e per così tanto tempo, le aveva certamente fatto fin troppo male. Adesso si era scaldata, ma delle semplici coperte non potevano eliminare tutto il resto
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    Per fortuna che erano divisi da una porta ed anche bella pesante. Non voleva farle passare il messaggio che lui voleva portarsela a letto o cose del genenre, voleva che Jessica capisse che lui era il suo professore e che non poteva cedere a tutto quello che gli veniva offerto. Era ovvio che non tutte le ragazze della scuola avevano quell'approccio con lui, o meglio, nessuna fino a quel momento aveva dormito per ben due volte in camera sua, ma comunque non poteva cedere. Se solo Jessica avesse saputo quanto ci si stava impegnando per starle lontano, allora, magari, non avrebbe pianto per qualcosa che lei pensava non essere ricambiato. Era difficile, davvero difficile entrare in sintonia con una persona e non poter essere liberi di provare qualsiasi sentimento o fare qualsiasi cosa che gli passasse per la mente. Attese ancora che lei finisse nel bagno e quando la vide uscire sorrise appena, ma distolse immediatamente lo sguardo andando a concentrarsi sulla camomilla che era pronta, gliela versò in una tazza e quando lei si mise seduta sul letto lui gliela posò sul comodino. Si mise sedutoa sua volta sulla sua poltrona, dove l'ultima volta aveva dormito tutta la notte per cercare di far dormire lei e ridacchiò. Non devi ringraziarmi per me è un piacere.... aiutarti!Era un piacere stare con lei e basta e comunque Jessica era una ragazza molto fragile, che sinceramente, avrebbe dovuto mostrare molto di più quel suo lato che quello duro e sfrontato, magari non avrebbe più avuto quei crolli emotivi evidenti. Sorrise ancora e scosse il capo. Nessuna donna delle pulizie, ho semplicemente chiesto ad un elfo di aiutarmi a sistemare il casino che avevo combinato, ed ecco qua che non solo la camera è più ordinata e pulita, ma ho anche dei vestiti lavati e sistemati nel mio armadio, invece che sporchi ed in attesa di essere messi in lavatrice, sulla sedia! Fece un sorso di camomilla e la osservò attentamente. Non si stava sentendo bene, era così evidente. La vide stendersi sul letto e posare il braccio sulla sua faccia. Si morse il labbro, si alzò dalla poltrona, posò la tazza di camomilla sulla sua scrivania e si andò a sedere vicino alla ragazza, sul letto. Le levò il bracciò e le posò una mano sulla fronte. Credo che tu abbia preso una bella febbre... Aggiunse poi avvicinando le labbra alla sua fronte. Era così che si misurava la febbre. La madre di Daniele diceva sempre che le mani non potevano certamente capire la temperatura di un'altra persona, in quanto se la mano era troppo fredda, allora la fronte sarebbe risultata calda e viceversa. Le labbra, invece, non avevano una temperatura propria e quindi potevano rivelare esattamente se una persona avesse la febbre o meno! Si, era quello che si era ripetuto mentre fece quel gesto così automatico. Si allontanò velocemente e subito dopo essersi reso conto che aveva portato il braccio destro al di la del corpo di Jessica e loro erano, ancora una volta, troppo vicini. Bevi la camomilla e prova a dormire... Cosa doveva dirle? Che quella vicinanza piaceva anche a lui? Non poteva farlo.
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    Jessica sarà anche una ragazzina, ma sapeva esattamente quello che voleva. Ed in quel frangente voleva lui, Daniele, il suo professore di Astronomia, primo adulto -o persona in generale- a salvarla così tante volte da se stessa. Si stava innamorando solo perché lui l'aveva salvata? No, non ne era sicura, anche perché lo trovava interessante da molto prima, praticamente da quand'era entrato in Accademia al posto del professore precedente, anche se aveva avuto modo di approfondire i rapporti solamente durante quella notte sulla torre di Astronomia quand'era ad un passo dal buttarsi giù per poter finalmente essere libera. E stesa lì, sul letto di lui con il docente a pochi passi, seduto sulla poltrona, fa faceva sentire così... così bene dentro. Anche se il suo corpo non era d'accordo e protestava ad ogni movimento della ragazza, tanto che dovette fare una pausa dal parlare e provare a recuperare le forze. Prese quindi un sorso della sua camomilla. Il liquido caldo le arse la gola, riscaldandole notevolmente lo stomaco e provocandole una piacevole sensazione di tranquillità. Riposò quindi la tazza sul comodino con la camomilla bevuta per metà. La ringrazio davvero anche per questo... e per farmi stare qui. Indicò la tazza e successivamente la stanza del docente. Non sapeva cosa altro dire, se non essere davvero grata per tutto ciò che lui stava facendo per lei e che, anche se era professore, non era certamente tenuto a fare.
    Professore, dovrebbe essere più ordinato! Lo rimbeccò scherzosamente lei. Adesso, è anche vero che le persone -seppur valga più per i bambini- si ammalano maggiormente in una stanza sempre pulita e splendente, ma non dovrebbe nemmeno vivere nel caos più assoluto! Finita quella frase, gli concesse un sorriso tenero che raramente riusciva a lasciare le sue labbra e dimostrarsi sincero. Quando, però, fu colta da quella fitta alla testa, lui fece qualcosa che la corvina non si immaginava, credendo che lui volesse comunque mantenere le distanze. Si alzò e si sedette vicino a lei, molto vicino, sul letto e... le mise una mano sulla fronte, annunciando che probabilmente si era presa la febbre. Ma non era questo che la lasciò interdetta, bensì le labbra di lui che andavano a posarsi sulla sua fronte. Quel semplice ed innocente tocco scatenò nella giovane una marea di sensazioni e sentimenti che nemmeno lei stessa sapeva spiegarsi. Avrebbe voluto che quel contatto non si esaurisse mai, anche se il suo corpo pretendeva di più. Erano terribilmente vicini... più di quanto fosse concesso ad un'alunna -minorenne tra l'altro- e ad un professore. Avvertiva ancora sulla pelle del viso i ricci di lui che la solleticavano e si lasciò sfuggire un sospiro. Quella situazione le stava piacendo fin troppo, ma in quel determinato momento non sapeva che fare. Avrebbe voluto baciarlo, avrebbe voluto dirgli tante cose, ma era come pietrificata. Lo guardò dritto negli occhi, il cuore che le palpitava furiosamente, le mani che le formicolavano per la voglia di sfiorarlo ancora. Deglutì a vuoto un paio di volte, poi alzò debolmente il braccio sfiorandogli il viso. Ma era troppo debole e ricadde sul letto. Cosa dovrei fare, allora? chiese al docente. Sapeva che lui lo avrebbe interpretata come una domanda rivolta al fatto che lei avesse la febbre, o almeno sperava che lui capisse così, quando in realtà quella domanda aveva tutt'altro significato, come per esempio cosa dovrebbe fare in quel preciso momento, se baciarlo, allontanarlo o cos'altro fare. Il suo cervello era andato bellamente in tilt nel momento del bisogno. Fece, comunque, l'unica cosa che le sue poche forze le concessero. Si tirò su fino ad arrivare all'altezza del suo viso e "semplicemente" lo abbracciò, avvolgendogli le braccia attorno al collo, quasi aggrappandosi a lui in un atto di amore e disperazione; sperava che lui potesse aiutarla a rialzarsi da quell'abisso.
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    Ridacchiò per la sua strillata, ridacchiò per il fatto che alla fine si sentiva rimproverato da una ragazzina e lui ancora non arrivava a mettere la sua camera a posto senza che sua madre o un'elfa domestica lo rimproverasse a sua volta. Era proprio vero che l'età era solamente e soltanto un numero, era terribilmente vero che i maschi maturavano molto dopo rispetto alle ragazze, ed era altrettanto vero che Daniele si stava infilando in una situazione in cui non poteva più tirarsi indietro. M i fate perdere troppo tempo in altro e succede sempre che non riesco a mettermi a posto la stanza, e poi a voi, immagino che ci sia un servizio impeccabile che neanche avete il tempo d metterla in disordine la vostra stanza! Aggiunse poi facendo una piccola smorfia indispettita. Alla fine Daniele era sempre li a lavorare per loro e cercava seriamente di dare sempre il meglio di se, anche perchè aveva conosciuto gli altri professori e dannizione se loro erano forti e competenti. Tutti quanti, non ce ne era neanche uno che peccava di stupidità o leggerezza e lui non voleva essere da meno. Il fatto che era un nato babbano, secondo lui, ed anche oggettivamente, lo facevano faticare molto di più, specialmente perchè alla fine doveva immergersi completamente in un mondo nuovo completamente nuovo e per quanto si sforzasse di recuperare tutti gli eventi e cose del genere, in quella scuola, accadevano cose assurde. Per Daniele quella pianta enorme era veramente qualcosa di sconvolgente, non sapeva neanche potesse esistere davvero una cosa del genenre, e la tizia Naga, e chi l'aveva mai sentita nominare, tanto che ci aveva messo mesi per imparare il suo nome in quanto non faceva altro che chiamarla Nega. Sospirò a quei pensieri e poi successe l'inevitabile. Era impossibile che non accadesse di nuovo e forse anche lui aveva cercato quel contatto da lei. E più arrivava a certi pensieri ed a certe consapevolezze, più si faceva letteralmente schifo. Lui era un professore me lei era minorenne, una ragazzina cavolo! Non lo fece con malizia a controllarle la febbre con le labbra, ma poteva sempre alzarsi ed andare via da li, ed invece rimase, usando come scusa per se stesso, che lei si sarebbe sentita più tranquilla e che quindi lo faceva solo e soltano per lei. Oltre che schifo, si sentiva anche un vigliacco. Perchè non riusciva ad ammettere che Jessica, fondamentalmente, gli piaceva? Non lo ammetteva perchè ammetterlo voleva dire farlo diventare reale. Quando però la ragazza lo abbracciò di nuovo, si morse il labbro, e fece l'unica cosa che gli sembrava giusta fare, ossia ricambiare quell'abbraccio. Cosa dovev fare? Lo chiedeva a lui? Proprio a lui? Penso che andare da Skyler domani mattina sia la cosa migliore! Era quello che gli aveva chiesto no? Infondo cos'altro avrebbe potuto significare quella domanda. Avvicinò il corpo della ragazza al suo e si inebriò del profumo dei suoi capelli. Si morse appena il labbro prima di accarezzarle la schiena e poi allontanarla. Adesso davvero credo che sia arrivato il momento di dormire.... Si staccò da lei e rimase fin troppo vicino al suo viso. L'avrebbe voluta baciare? Si, molto probabilment era così e proprio per quello si alzò dal letto, senza dire altro ed andò a riprendere il suo bicchiere di camomilla. Li ci voleva dell'alcool, altro che tisanine stupide. Sorrise di nuovo alla corvina nel suo letto.
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    Oh Jessica stava bene in quel letto, era morbido e caldo, oltre che impregnato del suo profumo... avrebbe voluto davvero fermare il tempo in quel momento, anche se avrebbe preferito averlo ancora più vicino. Si morse la lingua per non rispondere alla sua frase, Jessica era in grado di partire in quarta. Beh, non ce la fece a stare zitta e lo fissò negli occhi con un cipiglio severo. Non poteva resistere per molto, però... era davvero bellissimo e anche solo fingersi arrabbiata risultava un'impresa troppo ardua. "Si sbaglia!" Esclamò con tono leggermente saccente. "Io" e sottolineò il pronome come ad intendere che lui fosse escluso da ciò lei stava per dire "sono una ragazza molto ordinata; tengo sempre apposto la mia camera da sola! Ho imparato a casa sa? Non ho elfi domestici perché mio zio è contro il loro sfruttamento" commentò con una scrollata di spalle. Aveva da sempre chiesto alla famiglia perché non avessero elfi e quella era stata la risposta ogni volta. "Mentre qui... non metto in disordine comunque ma ha ragione sul fatto che mettono apposto prima che possiamo disordinare". Ma si stavano perdendo in discorsi completamente inutili. Almeno in quel momento. "Oh, non faccia così" commentò, notando la sua smorfia. "Lo so che ha molto da fare tra compiti e lezioni" sorrise, addolcendo il tono di voce quasi stesse parlando ad un ragazzino del primo anno. "E si lasci dire che fa un ottimo lavoro" concluse, lasciando che, poi, il suo corpo si abbandonasse sul letto. Jessica da un lato aveva sonno, mentre dall'altro si sentiva fin troppo sveglia, in balia di quei sentimenti pericolosi. Quando lui le misurò la febbre in quel modo così dolce, posando le sue morbide labbra contro la sua fronte, Jessica pensò di poter esplodere. Era felice, troppo felice di quella dannata vicinanza e avrebbe voluto annullarla facendo incontrare le loro labbra, ma non avrebbe voluto limitarsi a quello. Le sarebbe bastato un attimo per attirarlo a sé, per sentirlo completamente vicino. Ma non poteva. No, era fuori discussione e questo le faceva male. Non mosse un muscolo quando lui si allontanò leggermente, anche se il suo corpo le gridava di non lasciarlo andare via. Quindi alla fine agì. No, non lo baciò. Perché non lo fece? Non aveva nulla di importante da perdere se lo avesse baciato... era minorenne, non credeva l'avrebbero espulsa o cose del genere. Ma Jessica era abbastanza intelligente da capire che lui stava rischiando tutto per lei. Si limitò ad abbracciarlo ma in quel momento le bastava. Quando l'uomo ricambiò l'abbraccio e le accarezzò la schiena, si sentì in paradiso... salvo poi precipitare a terra quando lui si staccò per tornare nella poltrona. "Skyler mi piace molto" disse con convinzione "ma credo che non voglia rivedermi almeno fino all'anno prossimo" ridacchiò e tornò a stendersi nel letto girandosi su un fianco per guardarlo negli occhi. Prese quindi la tazza con la camomilla avanzata e la finì in un sorso. Ormai era quasi fredda, ma non le sembrava educato lasciarla là. Una volta finita, si rivolse ancora al docente. "Non voglio dormire... ho paura di fare di nuovo quell'incubo e... e qui non ho nessuno che mi abbracci e che mi dice che andrà tutto bene..." un sospiro profondo uscì dalle sue labbra, mentre con uno sforzo sovrumano, viste le sue condizioni, si alzò a sedere sul letto. Da lì, si alzò in piedi. "Devo... devo andare in bagno" sussurrò, prima che uno squillo la fece sussultare. Proveniva dal suo magifonino abbandonato in un angolo del comodino. Chi poteva essere? Okay che non era tardi, più o meno erano le 22 ma solitamente non le scriveva nessuno, se non i suoi amici. Ma cosa potevano volere a quell'ora? Aprì la chat e dire che sbiancò, era certamente un eufemismo. Che cazzo...? Il telefono non le cadde di mano solo perché aveva una presa salda, ma poi lo lanciò di scatto sul letto, quasi bruciasse. Il mittente era proprio lui, Lucas, il suo ex. Davvero le aveva chiesto di poter vedere il bambino? Davvero? Jessica forse si aspettava una richiesta del genere, ma non era pronta ad assecondarla. Piantò in asso il professore e si allontanò nervosamente. Si diresse verso il bagno, senza dare spiegazioni, e sbatté la porta. Aveva bisogno di sciacquarsi il viso e schiarirsi le idee.
     
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    Doveva ammettere che non avrebbe voluto sciogliere quell'abbraccio per nessuna cosa al mondo, ma lo fece. Si stava praticamente violentando da solo nel farlo, si stava facendo male da solo, ma non poteva assecondare quelle che erano le sue fantasie e le sue sensazioni. Sapeva, si sentiva, che Jessica non era una qulunque, non era una ragazza come le altre, che il suo vissuto e la sua vera colpa era quella di essere speciale, ma non poteva ne dirlo ne farglielo capire. Doveva solamente sperare che lei trovasse un suo compagno di classe o di scuola che la portasse lontana da lui. Ci sarebbe rimasto male' Certo che ci sarebbe rimasto male e magari ci sarebestato anche male, ma era la cosa giusta, per lei e per il suo futuro. Daniele era una persona coscenziosa e non aveva idea di quello che poteva succedere tra loro due se le cose non fossero cambiate nettamente, ma quando la sentì dire che aveva paura di rifare quel sogno e sopratutto che non aveva nessuno, in quel momento ad abbracciarla e dirle che sarebbe andato tutto bene, si sentì ancora di più una merda. Insomma, o le dava attenzioni oppure non lo faceva, quelle mezze attenzioni non servivano a niente e non avrebbero portato assolutamente a niente. Ma prima ancora che lui riuscisse a rispondere o a dire niente, la ragazza si alzò, ricevette un messaggio, sbiancò, buttò il telefono sul letto e sbattè la porta andando in bagno. Daniele era perplesso ed alzò un sopracciglio. Ecco perchè non potevano stare insieme, perchè l'età, la distanza d'età era alquanto evidente e non sapeva neanche come colmarla per davvero. Ma non ce la fece, prese il telefono della ragazza e lesse il messaggio. Era un certo Lucas. Lucas che voleva vedere suo figlio. Rimise il telefono dove la ragazza lo aveva lanciato e si rituffò sulla poltrona. Si morse il labbro. Allora ancora si setivano? Tutto bene? Chiese poi alzandosi di nuovo ed andando a bussare alla porta del bagno. Che fosse per lui che si stava togliendo la vita? Che non aveva capito niente e che si era preso delle responsabilità che non aveva? Che aveva capito male e che Jessica fosse ancora innamorata del suo ex? Era pensieroso e la cosa lo destabilizzava ancora di più. Jessica rispondi! Non solo era pensieroso, ma era pure anche troppo premuroso con la ragazza. Si morse ancora il labbro e poi bussò di nuovo. Non voleva che stesse male e voleva sentire da lei cosa stesse succedendo. Ne aveva il diritto? No, assolutamente no!
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    La corvina accese l'acqua e lasciò che essa scrosciasse contro il lavandino, guaardando il getto come in tralice. Non sapeva davvero che cosa lui volesse, non sapeva perché le avesse scritto dopo tanto tempo, dopo averla trattata così. Forse i suoi genitori lo avevano fatto ragionare? Chissà, Jessica in due giorni di relazione non li aveva certo conosciuti. Ora, le verità erano diverse. In primo luogo, era stata Jessica a piantare Lucas perché troppo ossessivamente geloso, non era stato certo lui ad abbandonarla dopo essersela portata a letto, in secondo luogo lei aveva ancora un debole per lui. Non lo definiva assolutamente amore, ma non riusciva comunque ad essere indifferente al padre di suo figlio. Ma non voleva che conoscesse Alex, sebbene fosse suo diritto. Sì, sarebbe stato crudele -non per Lucas ma per Alex- non fargli conoscere suo padre. Sentiva già la voce di Blake nella testa che le diceva che il bimbo aveva diritto a conoscere Lucas. O forse, dopo quanto gli aveva detto al lago, avrebbe detto che non meritava niente? Non lo sapeva, era confusa e ciò che era certo, era che Blake le mancava terribilmente. Avevano litigato piuttosto pesantemente poco meno di un mese prima e ancora non si erano rivolti la parola. Ma Jess aveva sempre potuto contare sul biondo e in quel momento avrebbe voluto abbracciarlo e lasciare che le sue preoccupazioni scivolassero via per un po'. Qualcuno avrebbe potuto dire che era innamorata di Blake, ma in realtà lei trovava normale il suo comportamento con il ragazzo, perché era un amico prezioso e non voleva certo perderlo per una maledetta litigata tra due idioti testardi. Sospirò pesantemente accorgendosi poi che aveva lasciato che l'acqua andasse, senza spegnere il rubinetto. Portò le mani a coppa sotto il getto e, dopo aver lanciato solo un singolo sguardo a quel taglio minuscolo sul polso, avvicinò il viso alle mani e lasciò che l'acqua fresca le bagnasse il viso. Solo allora si accorse che il docente le stava parlando. Non rispose, non subito. Sentiva che se solo avesse aperto bocca, la voce tremante l'avrebbe tradita. Non voleva farlo preoccupare, anche se con quel gesto non ci stava riuscendo per niente. Un altro sospiro profondo e chiuse l'acqua, permettendo al silenzio di invadere la stanza. Non sapeva bene cosa fare o dire, ragion per cui rimase ancora immobile con le mani strette al lavandino, mani che ormai erano sbiancate per la forza con cui lei stava stringendo la ceramica. Ma non poteva stare zitta ancora a lungo, il docente avrebbe sicuramente pensato a chissà cosa, magari che stesse usando una delle sue lamette -se ce ne fossero state, ma lui aveva la barba e in un modo o nell'altro doveva tagliarsela, ma forse usava la magia- o qualsiasi altra cosa di appuntita. S-Sto bene... mormorò e, come aveva immaginato, la voce le tremò in modo evidente. Devo solo... riprendermi e capire... capire cosa fare. Deglutì e si guardò allo specchio. Quasi si spaventò, perché non si riconobbe affatto con due enormi occhiaie segno evidente della sua mancanza di sonno e il volto pallido, quasi fosse stata un cadavere vivente. Si posò contro il muro del bagno e scivolò giù, fino a sedersi con la schiena posata su di esso. Non si aspettava che il professore se ne stesse in camera, ma non fece niente per chiudere a chiave la porta. Semplicemente, aspettò. Ne aveva bisogno.
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    Non riusciva a credere a quello che stava succedendo nella sua vita. Non riusciva neanche a capire come ci si era infilato in quella dannata situazione, come era cominciata tutta quella cosa con Jessica e sopratutto non riusciva a capire cosa fosse. Il problema principale della situazione era che tutto quanto stava sfuggendo di mano sia a lui che a lei. Forse doveva parlarne con qualche altro docente? Ma di chi si fidava veramente? Era una cosa così personale e complicata che non aveva ne il coraggio ne tanto meno la voglia di andare a raccontare i fatti suoi ad altri. Ancora non aveva stretto nessun legame con i suoi colleghi eppure si sentiva terribilmente legato a quella ragazzina. Forse il problema principale era che l'aveva salvata e quindi da subito l'aveva presa sotto la sua ala? Forse si stava semplicemente affezionando molto ad una sua alunna molto problematica! Insomma, la cosa era abbastanza incerta e le sue sensazioni erano così contrastanti che cominciava a pensare che stava tornando adolescente anche lui! O forse il desiderio di rimanere giovane era così tanto forte che si stava comportando come un ragazzino! Non sapeva se entrare in quel bagno oppure rimanere li, se andarsi a mettere vicino a lei e chiederle cosa fosse successo oppure lasciare che la ragazza se la sbrigasse da sola. Lui non era uno di quegli insegnanti classici che tendeva a mantenere le distanze con i propri alunni, aveva fatto amicizia un pò con tutti, ma nessuna, nessuna ragazza si era mai fatto la doccia nel suo bagno privato. Quella cosa stava andando un pò oltre e lui ne era ben conscio e consapevole. Ma come poteva mandarla via? Come poteva lasciarla sola? Era la seconda volta che tentava il suicidio e Daniele cominciava a sentirsi dannatamente responsabile per lei. Ecco, forse era esattamente quello il problema, lui si sentiva responsabile e la cosa non gli piaceva affatto. Sospirò poi posando la mano sulla maniglia della porta socchiusa e quando sentì che l'acqua aveva smesso di scorrere e la sua voce tremante decise di entrare e di andare vicino a lei. Sedersi, per terra affianco a lei e scuotere il capo. Il punto era che Daniele era buono, era una persona fin troppo altruista e, forse, anche completamente incpace di essere una guida per i suoi alunni. Si sentiva perso lui in quel mondo, in quel nuovo mondo, figurarsi essere una lunce per qualcun'altro. Fece un bel respiro profondo. Ho visto sul display il nome della persona che ti ha scritta. Glielo confessò, non aveva del tutto senso parlare a vanvera senza dirle che sapeva cosa stesse succedendo. Jessica. Cosa provi per quel ragazzo? Forse era la domanda più sbagliata da rivolgere ad una ragazza in quel momento, ma a discolpa di Daniele si poteva dire che non solo era un uomo, e quindi di affari di cuore non ci capiva una sega, ma era anche una persona che non aveval'innamoramento facile, ed infatti non riusciva a trovare una persona che lo prendesse completamente.Quindi quella domanda gli uscì spontanea e sopratutto voleva semplicemente capire come e a chi rivolgersi per un eventuale consiglio. Non per lui, ovviamente, ma sempre per Jessica. Forse stava parlando semplicemente con la persona sbagliata ed era per quello e solamente per quello che non si riusciva poi a riprendere completamente!
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    Cosa provava per quel ragazzo? Questa era stata la domanda che il docente le aveva posto una volta entrato in bagno ed essersi seduto accanto a lei. A Jessica parve incredibile quanto sembrassero entrambi adolescenti, nonostante il divario di età. Forse era anche per questo che si stava interessando a lui; perché sembrava quasi un ragazzino come lei. Non perché fosse poco maturo o altre cose negative, ma semplicemente perché non la trattava con sufficienza come avevano fatto tanti prof che aveva conosciuto o non teneva la distanza professionale che la maggior parte dei docenti teneva. Forse quello era un male per lui, ma la corvina la vedeva come una cosa bellissima.
    Non se la prese nemmeno quando lui le confessò di aver guardato il cellulare. Solitamente, era piuttosto contraria a queste cose, ma sentiva che di lui poteva fidarsi e che non poteva avere dei segreti; non perché lui la obbligasse in qualche modo, ma proprio perché si sentiva terribilmente in sintonia con l'uomo.
    Tornando alla domanda, Jessica roteò il corpo con agilità in modo da poterlo guardare e fissò le proprie iridi scure su quelle di lui. Lasciò quindi che un sorriso triste si dipingesse sul proprio volto. In un'altra situazione, lei avrebbe risposto che non erano affari suoi, non per altro ma perché si sentiva punta sul vivo ma con lui, semplicemente, non ce la faceva.
    Non lo so... replicò, sincera. Non posso dire di esserne ancora innamorata continuò, senza peli sulla lingua. Però... è comunque il padre di mio figlio, capisce? fece una pausa, ripensando alle sue parole. No, sicuramente non capirà, lei non ha figli, almeno credo. Scosse la testa, tornando sull'argomento principale. Ad ogni modo, non posso cancellarlo dalla mia mente come se nulla fosse, nonostante... stava per dire una cosa che non aveva mai detto a nessuno e che magari avrebbe fatto rivalutare la situazione, facendo passare lui come vittima e non lei. ...nonostante sia stata io a scaricarlo. Concluse, ricordando quel giorno. Sa, era geloso in un modo indicibile e stavamo insieme da solo due giorni sbuffò lei, pensando a quando lui le aveva chiesto di coprirsi di più quando usciva. Tecnicamente era una cosa giusta, ma a lei non piaceva che le si dessero ordini di nessun genere. Ma mi è costato molto perché, comunque, a me piaceva... e, a mia discolpa, quando l'ho scaricato, non sapevo di essere incinta. Si stava aprendo troppo con lui? Probabile, ma per qualche ragione, non poteva farne a meno. Tuttavia... sì, credo di provare ancora qualcosa per lui. Doveva ammetterlo anche a se stessa, era ora. Tornò a sedersi con la schiena al muro e, inconsciamente, si avvicinò ancora a lui, tanto da toccarlo con il proprio corpo, con la spalla appoggiata a quella di lui e così anche per la gamba. Persino le loro mani erano vicine e lei avrebbe voluto stringergliela. Ma non è amore ribadì, convinta. Ora che però è tornato nella mia vita così, con un messaggio, non so più che fare... dopo quello che mi ha detto, non sono sicura di volerlo vedere ancora. concluse, facendo un profondo sospiro.
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    Il problema principale di tutta quella situazione era che Daniele non riusciva ad avere il controllo della situazione quando stava con lei. Jessica era bella, sensibile, era di una dolcezza infinita, ma riusciva anche ad essere forte e determinata.Forse lei, più di tutti, quella notte, aveva dimostrato un coraggio fuori dal comune e sopratutto dagli schemi. Era l'unica che poteva perdere tutto e che aveva deciso di perderlo nonostante tutto. Non avrebbe mai condiviso la sua scelta e non avrebbe neanche mai detto che in un qualche modo l'ammirava, ma in cuor suo era esattamente così. Il problema principale di tutta quella situazione era che alla fine Jessica era una persona interessante, era una ragazza fin troppo sveglia e tutta quelle occasioni per conoscersi meglio stavano diventando una maledizione. Più la conosceva più non faceva altro che pensare a lei. Era una sbandata? Poteva essere veramente una cosa del genenere? E lui era pronto a rischiare tutto per una ragazzina? Si era impegnato davvero tanto per arrivare a quella cattedra, per quello stipendio, per avere quella dannata posizione e boom! Adesso per una ragazzina con un bel corpo ed un carattere tosto doveva rovinare tutto? No, non era pronto e non ne era del tutto sicuro. Era sempre più combattuto su quello che doveva fare e forse la cosa migliore era cominciarla ad ignorare ed indirizzarla ad un'altra docente, ad un'altra persona che potesse aiutarla, ed invece no. Era li vicino a lei, con la parte destra del suo corpo attaccata alla parte sinistra della ragazza a sentire quello sfogo, quell'ennesimo sfogo, su di lei e quel pezzo di merda del suo fidanzato. Era davvero possibile? Cavolo aveva 33 anni e stava li come un adolescente di 16. Cazzo è anche minorenne! Pensò poi posando i suoi riccioli sul muro del bagno. Chiuse per un momento gli occhi. Ma che diavolo stava facendo? Fece un respiro profondo quando la ragazzina concluse il suo discorso e poi aprì di nuovo gli occhi, si alzò da dove era e le tese la mano. Direi che non è nel bagno del tuo professore di astronomia che potrai trovare le risposte a questa domanda, quindi... a letto. Beh, avrebbe dovuto specificare quale letto in realtà... ma... Per questa notte dormirai con me... nel senso nella mia stanza, ecco... ma da domani questa storia deve finire... Glielo aveva detto con un bel sorriso sul viso, con tranquillità e cercando di essere il più disinvolto possibile. Tutti i suoi dubbi non dovevano trasparire alla ragazza, tutte le sue perplessità o comunque debolezze non dovevano arrivare all'opalina. Daniele lo stava facendo solamente per lei, e se per lui fosse stato solamente uno sfizio? Una notte e basta? Insomma... non voleva farla soffrire, non era da lui e sopratutto non voleva che lei rischiasse, ancora una volta, una brutta nomea per colpa sua!
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    La corvina guardò la sua mano tesa, quella mano che avrebbe voluto stringere ma al contempo allontanare. Ad ogni modo, non fece cenno di volerla afferrare per alzarsi. Rimase seduta a terra a guardarlo dal basso, i suoi occhi scuri persi in quelli di lui, mentre lasciava che le sue parole le scorressero addosso, quasi fossero state pronunciate ad un milione di chilometri di distanza. Sì, perché lui era solo quello. Il suo professore di astronomia, colui che avrebbe dovuto vedere solo a lezione due, tre volte a settimana al massimo. Ma quel pensiero la fece arrabbiare. Lo guardò con occhi carichi di sfida, lei non voleva rinunciare a tutto ciò, qualunque cosa fosse, che si stava creando tra loro, ma lui non sembrava della stessa idea. Jessica lo odiava per questo, eppure lo capiva in cuor suo... gettare via un lavoro, una vita per una ragazzina... non era una strada percorribile. Sospirò frustrata. Perché? Perché diamine era così difficile? Poteva interessarsi a qualcun altro? C'erano tanti studenti belli e single, studenti che non si sarebbero certo sottratti alle sue attenzioni. (Abbiamo già detto che Jessica è vanitosa, giusto?) Alla fine, afferrò la mano che lui le porgeva e si alzò, spolverandosi i pantaloni quasi come un gesto d'abitudine; lui di certo non aveva il bagno sporco. Tornò quindi a guardarlo, restando per lunghi attimi in silenzio, studiando l'uomo che aveva davanti. No, ha ragione... forse nel letto di qualcun altro, crede? Magari capisco che Lucas non mi interessa proprio... fece spallucce nascondendo un piccolo ghigno, uscendo dal bagno ascoltando le sue ultime parole. Quando disse "con me", il suo cuore perse un battito e ci volle tutta la sua buona volontà per non girarsi, andare da lui e baciarlo. Alla fine stava quasi per cedere, se non fosse stato per le sue ultime parole che, stavolta, la fecero gelare. Sì, quella storia doveva davvero finire, ma... sentirlo dire da lui... sentirglielo dire in quel modo... un po' le spezzò il cuore. Sapeva benissimo che non si riferiva a nient'altro se non ai loro incontri apparentemente innocenti. Riprese a camminare e, dandogli le spalle, chiuse gli occhi. Fortunatamente lui non la vide. Non vide quella piccola lacrima che le rigò, solitaria, la guancia -o almeno, lei sperava che non la vedesse. Prese un profondo respiro e si asciugò velocemente la lacrima, sistemandosi i capelli per mascherare quel gesto, poi si girò verso di lui. Sa che le dico? Questa storia deve finire già da adesso. Le era costato tanto, troppo dire quelle parole... avrebbe voluto dimenticare tutto tra le sue braccia, tra le sue coperte che sapevano così tanto di lui... ma no, non poteva. Lui la stava respingendo ancora? Molto bene, lei doveva accusare il colpo ed essere forte. Quindi la ringrazio per quello che ha fatto per me stasera, ma ora devo proprio andare. concluse, sentendo quasi come se mille aghi le si piantassero nel petto. Gli rivolse un sorriso mesto e non si avvicinò di un passo. Non lo abbracciò e non gli diede un bacio sulla guancia come sulla torre di Astronomia, non lo mandò a fanculo come alle cucine. Semplicemente, stette in silenzio per un po', prima di girarsi ed imboccare la porta diretta al suo dormitorio, incurante di lui. Era piuttosto certa che non avrebbe provato a fermarla.
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