Jessica Veronica Whitemore
Black Opal | 17 anni | II anno
Si sedette pesantemente su una sedia e si guardò intorno. Era evidente che quelle aule non fossero troppo frequentate, ma era un bene per chi, come lei, voleva rimanere sola. Si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio ed intrecciò le braccia sul tavolo, posandovi il mento. Ecco che, così, i pensieri avevano il via libera. Quell'anno si stava dimostrando dannatamente strano e già ne avevano avuto una prova il primo settembre al molo con l'attacco di quella sottospecie di terrorista. Sbuffò sonoramente e chiuse gli occhi, desiderando di alienarsi almeno per qualche ora, spegnere la realtà. Solo allora, in quel preciso momento in cui riuscì a zittire i suoi pensieri, si accorse di qualcosa. Sentiva un rumore quasi come se qualcuno... stesse piangendo. Ma come diavolo aveva fatto a non notarlo prima? Forse era troppo concentrata sui suoi problemi per focalizzarsi su altro. Lanciò uno sguardo alla stanza completamente in penombra e individuò più o meno il punto da dove veniva il suono. Dietro la cattedra. Certo, era inquietante pensare che ci fosse qualcun nascosto nella stanza con lei, quella stanza così isolata dal resto del mondo, ma d'altro canto non sembrava qualcosa di minaccioso, semplicemente la disperazione di qualcuno che sperava di aver trovato un luogo dove poter stare tranquillo. Per un secondo la corvina si sentì in colpa, quasi avesse disturbato un momento estremamente intimo e delicato. Ma se c'era una cosa che aveva imparato negli ultimi tempi grazie anche a quella scuola, era che non poteva certo fare finta di niente davanti a tanta disperazione. Sospirò e si fece coraggio, dirigendosi verso quella cattedra dalla fattura possente. La aggirò e quello che si trovò davanti, la lasciò sbigottita per lunghi secondi. Era Lilith. Ma non la Lilith forte che ricordava, bensì un'ombra di ciò che era prima. Stava abbracciando le proprie gambe e stava singhiozzando, quindi la ragazza si chiese, ancora una volta, come avesse fatto a non udirla. Gli occhi dimostravano che stesse piangendo da un bel po', erano gonfi, rossi e lucidi, oltre al fatto che a Jess parevano molto stanchi. Sapeva che lei era stata rapita, ma lo erano state altre tre ragazze, eppure non ricordava di averle mai viste in quelle condizioni. Nemmeno Ayla che le sembrava la più fragile. Ciò la portò a chiedersi cos'avesse fissuto davvero quella ragazza, sempre ammesso che la sua crisi derivasse da qualcosa successo durante il suo rapimento, anche se era abbastanza probabile. Si chiese anche dove fosse Blake, come mai non fossero insieme, visto che da quel giorno Blake non le toglieva gli occhi di dosso. Contemporaneamente, le venne una stretta al cuore nel pensare all'amico e alla loro litigata furiosa, ma in quel momento doveva focalizzarsi solo sulla ragazza davanti a sé. L'unica occasione per cui se la ricordava, tolte ovviamente le lezioni, era stato al Campo di Luglio, probabilmente unica volta che avevano parlato e non era finita troppo bene. Ma ora che la provava anche lei -sebbene non nei confronti di Barnes- capiva come mai la gelosia l'avesse spinta a fare ciò che aveva fatto, seppur le avesse "solamente" tirato un bicchiere d'acqua. Ma Jessica, e anche quello lo aveva imparato col tempo, non era rancorosa al punto di negare un aiuto alla ragazza. Già nell'agosto di quella stessa estate, le era passato tutto.
Mentre era persa in quei pensieri, adocchiò un paio di forbici là affianco e nello stesso momento, si accorse che anche Lilith le stava guardando. E una ragazza in lacrime che ha vissuto un'esperienza terribile e che guarda le forbici, non era certo un buon segno. Non ci pensò nemmeno un attimo e si allungò ad afferrarle prima che un probabile pensiero malsano -parlava lei, poi...- si trasformasse in un qualcosa di concreto. Fatto ciò, le andò a posare su un banco ben lontano dalla ragazza per poi tornare da lei e chinarsi alla sua stessa altezza. Non la toccò, non voleva che avesse qualche reazione brusca, ma si limitò a parlarle. Ehi, Lilith sussurrò. Non sapeva nemmeno perché avesse abbassato la voce, ma tant'è. Non dovresti stare qui da sola proseguì, per poi pensare che la dioptase avrebbe semplicemente potuto snobbarla. Ascolta, lo so che non abbiamo iniziato col piede giusto, che non siamo esattamente amiche per la pelle, ma... non sapeva come continuare, non era esattamente portata per consolare le persone ...ma non voglio vederti così. Sei forte sussurrò ancora, allungandole una mano, come a farle segno di afferrarla per aiutarla ad alzarsi, ma sempre senza toccarla a meno che non lo volesse lei. Andiamo a sederci là e indicò i banchi e le sedie che, seppur non fossero il top come comfort, erano sicuramente più comode del freddo e duro pavimento. Ti va? La voce della corvina aveva un'inflessione dolce; sperava di convincerla perlomeno a non prenderla a parole, sebbene era abbastanza sicura che Lilith in quel momento non ne sarebbe stata in grado.