Chambers & Secrets

Jesse

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  1. Joshua B. Evans
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    Joshua Benjamin Evans
    Studente | 17 anni
    Il grigiume di quel posto era ciò che di più perfetto potesse esistere per rappresentare al meglio l'umore di Josh, che in quei giorni vagava per il castello senza interagire con nessuno, cosa alquanto anomala per uno come lui.
    Dopo quanto accaduto nel mese di ottobre, la scomparsa delle quattro studentesse, l'interruzione dei contatti con le famiglie e lo scontro della notte di Halloween, il giovane Ametrin non aveva granché voglia di parlare, soprattutto per com'era andata a finire.
    Ricordava tutto di quel momento, tutto, quasi come fosse avvenuto la notte prima, mentre erano già trascorse la bellezza di due settimane. Ricordava il timore generato da quella strana barriera che aveva tinto di viola la foresta, così come la preoccupazione nel vedere Blake correre al suo interno senza alcuna protezione, e ancora il desiderio di prendere Lucas a pugni quando lo aveva sentito dargli del coglione e il dolore nel constatare quanto avessero dovuto soffrire le ragazze.
    E poi un volto. Lo stesso volto che per la prima volta aveva visto così da vicino, il volto la cui fronte si era poggiata candidamente contro la sua e le cui labbra gli avevano chiesto di tornare. Quelle stesse labbra che un attimo dopo erano poggiate contro quelle di qualcun altro.
    La sedia diroccata su cui aveva poggiato la gamba destra fu scaraventata dal piede fin dall'altro lato della camera, facendo riecheggiare quel dolore come se non fosse già abbastanza difficile conviverci.
    Josh non era mai stato un Don Giovanni, aveva diciassette anni e si divertiva com'era lecito fare, ma in quei giorni era diventato irrefrenabile: qualsiasi cosa gli permettesse di non pensare a Elisabeth era ben accetta, fregandosene un po' di quel suo codice morale che gli impediva di far soffrire chiunque avesse a che fare con lui.
    Era arrabbiato, era furente e ogni qualvolta la scena di quel bacio gli riaffiorava alla mente, tendeva a reprimere un odio indiscriminato e a colpire qualunque cosa gli capitasse a tiro.
    Lui non era mai stato così e non sapeva come gestire la cosa, motivo per cui cercava di stare il più lontano possibile da chiunque, soprattutto da Lucas. Non gli serviva un altro motivo per avercela con se stesso.
    Forse era per quel motivo che si trovava lì, in mezzo alle segrete del castello, con esattezza in una stanza dalle pareti umide e grige, illuminata da un paio di torce incatenate alle pareti che riuscivano, tutto sommato, a riscaldare l'ambiente.
    Evitare un compagno di stanza poteva diventare complicato, motivo per cui il ragazzo si nascondeva lì di tanto in tanto, finendo persino per trascorrervi l'intera nottata. Sopra il giaciglio improvvisato grazie a un vecchio divano da cui fuoriusciva una molla o due, una coperta e un paio di cuscini, non aveva nulla da rimpiangere del suo dormitorio, ma naturalmente quella situazione non poteva andare avanti in eterno. Un paio di notti era rimasto lì, un altro paio le aveva trascorse in compagnia di una ragazza, ma per il resto? Presto sarebbe dovuto tornare e smetterla con quell'assurda imposizione: a lui piaceva Elisabeth ma lei stava con un altro, fine della storia.
    Tanti cari saluti.
    Che ore saranno?
    Con un sonoro sbuffo e strofinandosi gli occhi gonfi e doloranti per la stanchezza, Josh si sollevò dalla spalliera del divano e poggiò i gomiti sulle ginocchia, lasciando che le vertebre scrocchiassero una coppia per volta, godendo ancora una volta del silenzio tipico delle segrete.
    Più e più volte si era chiesto cosa accadesse lì sotto anni prima, ma non era certo di volerlo sapere davvero.
    Guardandosi intorno, si rese conto di quanta poca voglia avesse di restare solo, motivo per cui, quando sentì dei passi provenire dal corridoio, rimase in attesa: che fosse un Prefetto? In quel caso ci sarebbe stato qualche problema, ma perché fasciarsi la testa prima di essersela rotta?
    Quella non era la prima regola che Josh infrangeva, così come non sarebbe stata l'ultima; fra l'altro, in quegli ultimi giorni pareva fare di tutto per cacciarsi nei guai, come se fosse un ottimo modo per evitare di pensare troppo a qualcosa che, a dirla tutta, desiderava solo dimenticare.
    Pregò in tutte le lingue del mondo, però, che non si trattasse di un Prefetto dei Black Opal, dimenticando di specificare che né l'uno né l'altro sesso gli sarebbero andati bene.
    Doveva solo aspettare.

    «Parlato» - Pensato - Ascoltato | Scheda PG - Stat.

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    Edited by Joshua B. Evans - 15/11/2019, 01:39
     
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    Jesse A. Lighthouse | Prefetto Black Opal
    L'incedere di novembre era segnato dal prolungarsi delle notti, aspetto che Jesse nella sua professione di prefetto, riscontrava maggiormente nel suo anticipare costantemente la propria 'E' già notte fonda...' quando a settembre aveva iniziato a rondare, il sole tramontava su Hidenstone, mentre ora, nonostante fossero appena le 20, si poteva ammirare il cielo stellato.
    O meglio, lo aveva potuto ammirare: nelle segrete, del resto, il massimo che egli poteva notare erano buche, mattonelle dissestate e fiaccole tetramente accesi 'E magari qualche studente...' rifletteva, senza troppo preoccuparsene: il coprifuoco era ancora relativamente lontano, quindi il suo era un portarsi avanti col lavoro, rimandando appropriatamente i ragazzi verso le loro Sale Comuni e, soprattutto, assicurandosi che nessuno di loro commettesse danni, o disastri, soprattutto in quei luoghi, per loro definizione appartati, e quindi inclini ad ogni genere di malefatta, dalle più semplici (fumare, drogarsi, accoppiarsi) a quelle più creative 'Tipo provare a mettere su un mercato nero di ashwinder... o dar fuoco alla scuola... cose così!'
    Il pensiero di Joshua fu un lampo nella mente del ragazzo, tanto che, quasi dal dolore, dovette gemere. Si fermò nel suo girovagare, prendendosi qualche istante per pensare al ragazzo 'Non ho più parlato... con lui... o con lei...' tutte le sue strane ed assurde vicissitudini amorose (o simil tali) si erano svolte in un periodo decisamente poco felice, che aveva caricato il castano di sensi di colpa e preoccupazioni, sfociate poi in una delle notti più incredibili ed orribili della sua vita, durante la quale aveva temuto più e più volte di perdere le persone che amava. O di non avere più l'occasione di parlare con altre di esse.
    Si era ripromesso di rimediare, di non sprecare l'eventuale tempo ricevuto in dono dal destino, ma come spesso accadeva, certe promesse rimanevano lettera morta, buona solo a generar sensi di colpa; del resto, lui aveva dovuto gestire la bacchetta di Blake e tutto ciò che ne conseguiva ed era comunque troppo codardo per un approccio franco e diretto, soprattutto con l'Ametrino, il quale appariva in quel periodo più scontroso del solito.
    Un rumore destò il prefetto, facendolo sobbalzare quanto bastava perché lui puntasse la propria bacchetta verso una porta più avanti 'C'è qualcuno?!' apprese lui, quasi colpito dalla cosa, quasi i ragazzi non si fossero tutti rintanati nel castello per via del freddo, optando anche per luoghi poco attraenti come quelli.
    Con passo calmo, Jesse attraversò il corridoio osservando una dopo l'altra le stanze, cercando di capire da dove fosse provenuto il rumore; non ci volle, in effetti, molto a scovarne la fonte.
    "Josh?" esclamò lui, osservandolo manco fosse un alieno 'Che cazzo ci fa qui?!' si chiese nella propria mente, sgranando gli occhi, assolutamente sorpreso di quel ritrovamento, non tanto per la sua natura (era sceso lì sotto apposta perché si aspettava di incontrare dei ragazzi) quanto per la tempistica di quell'incontro, del resto aveva concluso di pensare a lui giusto qualche istante prima.
    Si sentì quasi letto nel pensiero, quasi colpevole, in quella maniera folle che pervadeva spesso la sua mente. Lo guardò allucinato poi sobbalzò iniziando a guardarsi intorno furioso, puntando con forza la bacchetta un po' ovunque "Dimmi che non stai di nuovo provando a dar fuoco alle cose!" esclamò lui, balzando in avanti e aggirandosi poi per la stanza, fredda, ma abbastanza illuminata dalle torce e dominata - apprese poco dopo, quando si calmò un minimo - da un divano rotto che pareva acconciato per la notte.
    "Uh, ok, no, direi niente incendio" affermò lui, tirando comunque su col naso, quasi volesse una conferma olfattiva.
    Con calma, il ragazzo aggirò il divano e si pose davanti all'altro, a circa tre metri da lui 'Ok... niente fuoco... va tutto bene Jesse, non sta facendo niente... e non sono fatti tuoi' ripose la bacchetta nel suo fodero, quindi finì nuovamente col parlare, perché tanto a star zitto non era capace "Lenzuola, cuscini..." propose lui, indicando come si fosse sistemato l'altro "Eri con una ragazza?" chiese infine, distrattamente, sobbalzando poi poco dopo "Oh, cavolo, forse deve arrivare una ragazza!"
    Se non era zuppa, era pan bagnato del resto no? E poi Jesse era campione olimpico di castelli in aria! "Scusa, cavolo, il coprifuoco è tra un'ora! Vado via subito!" affermò lui gesticolando fin troppo e avviandosi verso la porta. Salvò fermarsi sull'orlo "Uh... sì... ehm... tutto bene, comunque? Nel senso... sai... tutti i casini recenti... ecco, sì... volevo solo sapere... se andava tutto bene appunto"
    Aveva notato come l'altro fosse strano? In vero un po', soprattutto aveva riscontrato la sua assenza di socievolezza, che lo aveva sempre caratterizzato, tuttavia era troppo sociopatico per saper esprimere con tatto quel concetto; quindi eccolo lì, a farfugliar concetti simili senza arrivare davvero al punto. In pieno suo stile.
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  3. Joshua B. Evans
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    Joshua Benjamin Evans
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    Prese un respiro profondo e l'umidità gli fece arricciare il naso, procurandogli un lieve fastidio. Rabbrividendo per chissà quale motivo, il giovane incrociò nuovamente le braccia al petto e si lasciò cadere contro la spalliera, poggiando la testa e abbassando le palpebre sugli occhi stanchi. Non ce la faceva più a vivere in quelle condizioni, odiava ciò che era diventato e vivere a Hidenstone aveva iniziato a perdere tutta la sua attrattiva. Era un miracolo, in effetti, che fosse riuscito a convincere i suoi genitori a lasciarlo restare, dopo quanto accaduto, ma ciò che più lo lasciava perplesso era il motivo per cui aveva insistito tanto.
    Perché voleva rimanere? Chi o cosa lo tratteneva lì?
    La verità era che se qualcuno gli avesse chiesto il reale motivo per cui si comportava in quel modo nell'ultimo periodo, probabilmente non avrebbe saputo dare una risposta veritiera. Era davvero solo perché aveva visto Elisabeth baciare un altro? Insomma, poteva essere così egocentrico? Era sempre stato lui a millantare di provare un'attrazione per lei, mentre la ragazza lo aveva sempre rifiutato; e Josh, in risposta, cos'aveva fatto? Si era impegnato solennemente a uscire con altre, ad andare a letto con le più disinibite, senza mai una volta fermarsi a riflettere che forse era proprio quel suo atteggiamento superficiale ad allontanare l'Opalina.
    E più ci pensava e si rendeva conto che la tal avrebbe potuto darle fastidio, tanto più a lui sarebbe convenuto farla.
    Voleva ferirla? In fondo all'animo avrebbe detto di no, ma d'altra parte come avrebbe fatto a ferirla, se il suo cuore apparteneva già a un altro?
    La verità era che, se anche non volesse ammetterlo, era un altro il motivo di quell'odio spropositato. Un motivo che neppure lui voleva accettare.
    Fu durante quei pensieri senza capo né coda che finalmente il fautore di quell'eco al di fuori dalla stanza si fece avanti, pronunciando il nome dell'Ametrin in modo da costringere quest'ultimo a sollevare le palpebre per assicurarsi di non aver sentito male. E quando le iridi d'argento incontrarono quelle di Jesse, Josh sospirò.
    Non gliene andava bene neanche una quella sera.
    Il corpo dell'Ametrin si rilassò visibilmente e il capo si rivolse al compagno, restando in silenzio ad osservare ogni sua mossa con espressione stanca, quasi afflitta. Lo vide guardarsi intorno preoccupato, quasi irritato, puntando la bacchetta come se si aspettasse di veder apparire un drago da un momento all'altro. O forse un Ashwinder.
    Il ricordo del loro ultimo incontro "privato" lo fece ridacchiare, ma si sentì in dovere di tranquillizzare il Prefetto.
    «Nessun incendio, Jay, rilassati.»
    Lo disse con la voce resa roca del sonno, o dal fatto che non emettesse un suono da fin troppo tempo, forse addirittura da ore. Tossì un paio di volte per schiarire la voce e tornò con lo sguardo sul ragazzo. Lo vide aggirare il divano e, soprattutto, mantenere le distanze. Per chissà quale motivo, gli tornò alla mente il momento che avevano condiviso nei bagni, le sue provocazioni e la reazione improvvisa di Jesse, sebbene non del tutto inaspettata. Poi l'infermeria, il modo che il Blaek Opal aveva avuto di sfiorarlo e, un attimo dopo, il bacio con Jessica.
    Perché tutti si baciavano in quella dannata scuola?
    A quel pensiero, un moto di irritazione si fece largo dentro di lui e la mano destra si sollevò per infilare le dita tra i capelli, segno che il giovane fosse irrequieto.
    Sentì Jesse blaterare su una ragazza, sul coprifuoco e sull'andare via, ma a quell'ultima informazione, Josh sollevò lo sguardo spento su di lui, inchiodandolo sul posto. Non aveva voglia che se ne andasse, perché avrebbe significato doversi riabituare alla solitudine. E Josh non era bravo a stare da solo, neppure se necessario.
    «Va tutto alla grande.»
    Disse senza alcuna convinzione nella voce. Tuttavia, si avvicinò al ragazzo e si poggiò con la spalla contro lo stipite della porta, infilando le mani in tasca e facendo schioccare la lingua conto il palato; il tutto senza distogliere lo sguardo dal compagno.
    «Come va con Jessica? Hai poi concluso qualcosa con lei?»
    Non disse nulla su eventuali ragazze, preferendo invece concentrarsi su ciò che gli riusciva meglio con Jesse: metterlo in imbarazzo.
    «Ti serve qualche consiglio, forse?»
    Tuttavia, era davvero curioso di sapere come andassero le cose tra quei due.
    Perché? Non aveva niente di meglio da fare. O almeno questo si ripeteva, mentre la mano sinistra si indirizzava verso il colletto, sbottonando i primi due bottoni ed allentando il nodo della cravatta.

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    Jesse A. Lighthouse | Prefetto Black Opal
    Nonostante Joshua fosse arrabbiato, e ciò potesse quasi essere evidente persino a Jesse, questi in sua presenza, come già accaduto, finì nel panico.
    Forse era colpa del ragazzo, forse era sfortuna, forse era il sotteso tra i due. Forse, tanto per cambiare, era colpa della testa bacata dell'aspirante marine, del resto il caos era il suo elemento fondamentale e per quanto l'ametrino cercasse in qualche modo folle di stabilizzarlo, ciò appariva semplicemente impossibile.
    Il primo pensiero folle della serata fu chiedersi se l'altro stesse cercando di appiccare fuoco a qualcosa (magari alla scuola intera) ragion per cui iniziò ad aggirarsi in maniera piuttosto nervosa, tanto da destare il divertimento dell'altro e le sue rassicurazioni "Uh, fico, meglio!" esordì lui alle parole dell'altro, fermandosi un istante e regalandogli un ampio sorriso "Maaaa... facciamo che controllo lo stesso? Si sa mai, magari quell'ashwinder che l'altra volta non hai evocato si è affezionato a te e ci tiene a conoscerti e magari spunta dal nulla" beh, diciamo che forse eravamo a quota un pensiero folle e mezzo. O due, questo narratore non sapeva bene cosa pensare a riguardo.
    Placato il suo primo istinto il ragazzo poté dedicarsi un secondo davvero a Joshua e a cosa stesse facendo, traendo delle rapide e sostanzialmente errate conclusioni, comunque molto aderenti alla realtà per il suo standard che dapprima lo spinsero a verbalizzare le sue speculazioni e poi, senza quasi attendere una risposta di questi, farlo schizzare via dalla stanza.
    Tutto quel movimento parve infastidire Joshua, che dapprima cercò di inchiodare con lo sguardo l'altro, che però, non potendo comprendere cosa volesse dire, pensò solo di averlo disturbato, salvo comunque trattenersi sull'uscio per rivolgere forse per la prima volta da troppo tempo la parola all'altro.
    Non fu un discorso particolarmente originale, in vero neanche uno ben detto, ma parve comunque avviare qualcosa "Sicuro vada tutto bene?" chiese ancora, accigliandosi "Nel senso... ti ho sentito, ma... non lo so... non sembri stare proprio bene..."
    L'ametrino si alzò ed accorciò le distanze tra i due, cosa che irrigidì un minimo il prefetto, ma che lo rilassò anche 'Ok... forse... vuole che resti...' si disse lui, non chiedendosi in ultima analisi cosa volesse lui, in quel frangente, troppo sballottato dalla situazione per farlo. Lo osservò appoggiarsi allo stipite della porta e, nel mentre lui rilevava un certo modo di fare arrogante nel ragazzo lupico, questi nominò Jessica.
    Le intenzioni di Josh erano probabilmente di far conversazione, capire qualcosa sulla sessualità dell'altro e, perché no, gettarlo nell'imbarazzo, ma in vero l'unica reazione che ottenne fu quella di far sbiancare il giovane, che, paralizzato manco Elisabeth gli avesse eseguito contro un Petrificus Totalus, lo osservò con occhi sgranati per diversi istanti.
    La domanda, per lui, era giunta davvero troppo a bruciapelo, gettandolo in un discorso che aveva accuratamente evitato per giorni: se da un lato infatti non aveva mai trovato modo di avvicinare Joshua, era altrettanto vero che nello stesso lasso temporale aveva evitato di trovare del tempo per Jessica per fare cose normali, qualunque cosa volesse dire.
    'In effetti me lo ha anche detto, ma, uh, l'ho rimosso!' rifletté lui, abbassando lo sguardo, anche se solo un istante "N-no non ho bisogno di ehm consigli... nel senso... ecco... non ho concluso niente" ammise lui, tornando a sostenere lo sguardo dell'altro e scrllando poi le spalle "O cominciato, comunque... nel senso... alla fine ha fatto tutto lei io... le ho solo portato Alex..." pigolò.
    Non aveva evidentemente solo portato Alex, ma su quello Jesse si era soffermato sopra ogni cosa. Non aveva davvero capito cosa fosse successo quella sera, ma di una cosa era fermamente convinto: era stato impotente e passivo.
    'Un po'... come è successo anche nei bagni...' neanche con Joshua era stato davvero passivo, ma quello era il suo vissuto, e soprattutto il destino lo aveva messo in condizioni di vivere fino in fondo quella scelta come una non-scelta, cosa di cui, oggettivamente, non andava fiero.
    Non gli piaceva non essere artefice della sua vita, così come non gli piaceva tutto quello che era successo da quel giorno in avanti: i pensieri, i rimpianti, si erano susseguiti in lui, culminando in quella dannatissima notte, che in fondo, aveva cambiato molto delle sue priorità.
    "Ma in fondo... non dovevo neanche dirtelo... c'eri quella sera, sai... cosa ho fatto, anzi, cosa non ho fatto... e hai anche già visto quanto sono bravo a... boh... mandare tutto in merda direi!" affermò lui, allargando le braccia, sconsolato, nervoso. Arrabbiato.
    Arrabbiato per cosa? Con chi poi? Non ne aveva idea, ma per qualche ragione fece qualche passo in avanti, accorciando le distanze con l'altro "Forse mi farebbero bene due consigli... o quattro... o un corso intero" affermò lui, fissando l'altro con occhi stanchi, forse un po' demotivati. Sospirò "Del resto quando l'altra volta non ti ho dato retta... me ne sono pentito..."
    Con un secondo sospiro, lui abbassò lo sguardo e scosse la testa. Aveva parlato col cuore, decisamente troppo, probabilmente sottintendendo cose che neanche davvero pensava, ma in fondo lui era fatto così: disagio e ansia.
    "Comunque non mi hai risposto..." affermò poi, indicando il divano "Chi stavi aspettando?" domandò ancora, osservando prima il mobile e poi il ragazzo, chiaramente desideroso di una risposta.
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  5. Joshua B. Evans
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    Joshua Benjamin Evans
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    L'ansia di Jesse era un qualcosa che scatenava l'ilarità di Josh, sempre e comunque, indipendentemente dalle condizioni in cui il moro si trovava o dallo stato d'animo che ne influenzava le reazioni. Quella sera non avrebbe mai pensato di sorridere, per come si erano messe le cose, eppure vedere Jesse e rendersi conto di quanto fosse spaesato e intimorito in sua presenza, lo riattivò, seppur se per un breve istante di tempo.
    «Fa' pure.»
    Gli disse senza riuscire ad evitare di ridacchiare, mentre lo osservava valutare che l'Ametrin non avesse fatto danni. Quando lo vide soddisfatto, Josh si strinse nelle spalle come a voler rendere evidente di non aver fatto nulla, in fondo lo aveva detto. Le sue marachelle di quel periodo consistevano in ben altro. Tuttavia, quando il compagno gli chiese per la seconda volta se andasse tutto bene, l'umore di Josh virò repentinamente e lo sguardo ombroso e irritato del giovane puntò quello dell'altro, mentre con voce aspra e roca gli dava una risposta.
    «Ho detto che sto bene.»
    Non era stato scortese, non troppo, ma di certo non ammetteva repliche di alcun genere. Non aveva voglia di dire come stesse sul serio, e per quanto Jesse fosse dolce a preoccuparsi per lui, Josh non aveva intenzione di parlare, in particolar modo circa il disprezzo che si sentiva crescere dentro giorno dopo giorno.
    Quando si avvicinò al ragazzo, quasi gli venne da sorridere nuovamente: non era uno sciocco, sapeva che Jesse provava attrazione nei suoi confronti e per qualche strano motivo anche lui non riusciva a dirsi totalmente indifferente. Si era domandato spesso il perché di quelle strane sensazioni in presenza del compagno, e alla fine era arrivato a una semplice conclusione: con tutte le sue ansie, i timori e le premure, Jesse era tale e quale a una donna e il fatto che fosse così insicuro e inesperto faceva impazzire Josh.
    Era un esperimento? Probabilmente sì, ma se qualcuno glielo avesse chiesto, lui avrebbe risposto di non essere gay, solo irrimediabilmente incuriosito dal ragazzo che aveva di fronte.
    Era come se torturarlo gli desse piacere, in quel periodo più che mai.
    Per un momento il volto di Elisabeth gli tornò alla mente e lui si costrinse a scacciarlo, come se la ragazza non contasse più niente. Nel mentre Jesse parlava, spiegava il perché di quel bacio tra lui e Jessica e Josh non poteva fare a meno di guardarlo, ascoltarlo, senza riuscire a comprendere dove volesse andare a parare.
    «Ti stai giustificando.»
    Lo disse con convinzione e lo fece per far comprendere al compagno cosa stesse facendo: un bacio era un bacio, non si rubava, non se dall'altra parte non si faceva nulla per scostarsi. Dunque, Elisabeth aveva baciato Lucas e Jesse aveva baciato Jessica, c'era poco da inventarsi.
    «Perché diavolo non ammetti che ti è piaciuto e la fai finita?»
    Disse con più asprezza di quanta ne avesse voluta usare. Resosene conto abbassò lo sguardo, dandosi dello sciocco: non e l'aveva con Jesse, la sua rabbia era orientata interamente ad Elisabeth, ma non avrebbe mai potuto ammetterlo.
    Poi, qualcosa di inaspettato gli fece sollevare le iridi di ghiaccio verso il Black Opal; un avvicinamento che non aveva calcolato, che gli fece sgranare le palpebre e che lo costrinse a restare fermo dov'era, mentre la distanza tra lui e l'altro diminuiva inesorabilmente. Lo ascoltò parlare, dire cose che non si aspettava di sentire e non poté fare a meno di pensare che, forse, il piccolo Jay stava iniziando a porsi le giuste domande, a nutrire le giuste pulsioni.
    «Mh...»
    Sospirò nel sentirgli dire esattamente ciò che voleva, ma non intendeva dargliela vinta così facilmente.
    «Pentito... di cosa, con esattezza, Jesse?»
    Sapeva cosa intendesse, ma voleva sentirglielo dire. E la sua voce su talmente bassa che rasentò il sussurro, perfino quando fece un passo verso il compagno, con un mezzo sorriso a distendergli le labbra nell'angolo destro. Josh era poco più alto di Jesse, quanto bastava per guardarlo dall'alto e tenere sotto controllo qualunque sua più minima reazione.
    Infine, ecco la domanda che tanto gli premeva rivolgergli: voleva sapere se stesse aspettando qualcuno e il modo in cui lo chiese sottolineò una certa urgenza. Quella consapevolezza fece ribollire il sangue nelle vene al giovane Ametrin, il cui sguardo si accese di vero interesse, alimentato da una curiosità che doveva -e voleva- sperimentare.
    Aveva già avuto modo di interrogarsi su quel suo strano interesse per Jesse, non aveva più alcun senso continuare a supporre, ora che lo aveva finalmente di fronte a sé dopo più di un mese passato a evitarsi a vicenda.
    Deglutì a fatica, ma non si mosse, sostenendo lo sguardo che l'altro gli rivolse dopo essersi osservato intorno.
    Cosa avrebbe dovuto fare?
    «Ti ho sentito già la prima volta.»
    Gli disse, per fargli comprendere che non gli aveva risposto per propria scelta. Gli si avvicinò talmente tanto da sfiorare con la punta del naso il suo orecchio, mentre con voce bassa gli poneva l'unica domanda a cui voleva dar voce.
    «Perchè non mi chiedi ciò che vuoi realmente sapere?»

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    Jesse A. Lighthouse | Prefetto Black Opal
    Che Joshua non fosse proprio di ottimo umore appariva abbastanza evidente, eppure in qualche maniera il modo di fare di Jesse aveva portato l'altro a sorridere e ridere, per quanto lo stesse facendo di lui e non per lui 'Ridi ridi che la mamma ha fatto gli gnocchi: ci sono già cascato una volta con te: controllerò tutto e mi assicurerò che i tuoi istinti piromani rimangano teorici. Mi basta Blake che ogni 3x2 si dà fuoco!' al che, in effetti, non gli si poteva neanche dar torto.
    L'umore del ragazzo tornò nero quando lui gli richiese se stesse bene, in maniera più sentita, ricevendo una rispostaccia "Uh, ok!" rispose lui, alzando le mani e fuggendo dallo scontro verbale 'Cavolo, c'ha il ciclo!' decretò infatti lui, fin troppo abituato a simili sbalzi d'umore da parte del suo compagno di stanza (sì, diciamo che Blake era un soggettino vagamente complicato).
    Che ci fosse qualcosa che non andava, comunque, nulla l'avrebbe tolto dalla testa del prefetto, che infatti osservò l'inusuale mobilia in cerca di indizi, provando ad indovinare che l'ametrino avesse atteso lì qualcuno o, addirittura, lo stesse ancora attendendo 'Magari Erik va dietro ai cespugli e lui sui divani rotti!' pensò brevemente, sentendosi anche un poco a disagio, anche se non comprese bene cosa provasse: sentì solo lo stomaco gorgogliare. Poi si trovò di colpo vicino a Joshua, che, stuzzicato dal suo parlare, si era alzato, avvicinandosi all'uscio e quindi all'aspirante marine, pronto a metterlo a disagio, anche se, tanto per cambiare, il disagio fu reciproco, e lo fu anche la rabbia.
    "NON MI STO GIUSTIFICANDO!" ringhiò in risposta all'aggressività di lui, andando poi a modulare il tono di voce in funzione dell'abbassamento dello sguardo altrui, che lui intese come un segno del suo comprendere dell'aver esagerato "Certo che mi è piaciuto" esordì lui, sbiancando poi di colpo, tanto da sgranare anche gli occhi e fissare vuotamente l'altro, sentendo quelle parole da lui stesso pronunciate e sorprendendosene non poco "Solo... non è successo come io volevo e..." ed ecco un singhiozzo.
    'Non so se la perdonerò mai.' Jesse non aveva mai esplorato a fondo le emozioni di quella notte, troppo travolto ed imbarazzato dalle stesse per poterlo fare, ma Joshua, con le sue dannatissime domande lo costringeva ogni volta ad affrontare discorsi difficili, finendo, inevitabilmente alla sua mente sveglia di formulare delle risposte. Si tappò la bocca e fece qualche passo indietro, poi si voltò e fece un piccolo giro in cerchio "Sì può sapere... che cazzo mi fai ogni volta?" gemette lui, riportando all'altro uno sguardo sconsolato e lucido. Non aveva pianto, ma era chiaro quanto fosse provato da quel discorso, per quanto, in cuor suo, sentiva di non potersi sottrarre. Non per Josh, ma per sé stesso, tanto che non nascose neanche il suo pentimento per le sue passate scelte, offrendo un fantastico assist all'ametrino, il quale, tutto ringalluzzito, lo stuzzicò a riguardo, facendo un passo avanti a lui, imponendo la sua altezza sull'altro.
    'Di nuovo' alzando il capo il ragazzo si rese conto che stavano riprendendo la dinamica dell'altra volta, solo che quella sera Jesse non si spinse indietro e non finì con le spalle al muro: lui, dov'era, stava benissimo "Di non aver deciso io chi meritasse il mio primo bacio."
    Probabilmente Joshua si era aspettato una risposta più cedevole o romantica, magari si era persino aspettato di sentirsi dire come l'altro bramasse un suo bacio, ma la verità era che la sofferenza e la rabbia dell'opale non derivavano da una frustrazione sessuale, ma da una perdita di libertà e controllo su una parte della sua vita: aveva atteso per anni il suo primo bacio e, pur non avendo chissà quali aspettative, desiderava darlo a chi voleva lui quando voleva lui. Joshua, in un certo senso, era marginale in una questione che era squisitamente interna al ragazzo e questo emerse non solo nel suo indietreggiare, ma anche nella fierezza dello sguardo con cui, indirettamente, ammise a chi vorrebbe aver voluto dare il primo bacio.
    Poteva essere quella una sera per rimediare? Voleva rimediare? In vero Jesse non ne aveva idea, anche perché una parte di lui non riusciva a non smettere di chiedersi come mai l'altro fosse lì, tanto che glielo chiese ben due volte, anche se con toni vagamente più accesi la seconda volta, ricevendo una risposta laconica che gli fece storcere la bocca e calare la mano indicante "E allora rispondimi..." mugugnò lui nel mentre ancora di più la distanza tra loro due si accorciava.
    'La... sua voce' per il ragazzo molte cose erano nuove e se sentire il profumo della pelle di Joshua fu un'esperienza improvvisa e potente, che lo riportò in quel bagno, quasi persino allo stato emotivo di allora, sentire anche il sussurro della sua voce, così calda ma giocosa, fu qualcosa di ancora diverso, se possibile, di ancora più bello ed intimo.
    Il suo respiro accelerò di colpo nel mentre sentiva le parole di lui rimbombargli nella testa, sibilline, ma gentili, facendo vibrare in lui diverse domande 'Io... ho una domanda?' in vero Jesse non ne aveva idea, anzi, fu quasi colto in contropiede da quello che era a tutti gli effetti un tentativo di flirt che forse lui stava intendendo troppo seriamente, come un po' sempre, anche, se, come fin troppo spesso capitava con l'Ametrino, quelle parole fecero fare un piccolo click ai suoi ingranaggi mentali, portandolo ad una piccola verità 'Lui... vuole sapere cosa voglio'
    Il consenso era un tema fin troppo abusato nel presente, ma Jesse non si era mai soffermato davvero su perché avesse tanto odiato il gesto leggero di Jessica fino al provar rabbia: lui non poteva perdonare che lei avesse deciso cosa fosse meglio per lui senza chiederglielo.
    'Lui... lui mi ha sempre aspettato' lo aveva fatto nel bagno, ma lo stava facendo quella sera. Che fosse una preda facile quanto Bambi nella foresta era probabilmente chiaro come il sole, persino in quel momento Jesse appariva ricettivo ad un approccio fisico: non si era ritratto, si era lasciato avvicinare e osservava l'altro con la bocca socchiusa. Persino la sua mano si era mossa verso Joshua, finendo col poggiarsi al suo fianco destro senza che lui manco lo volesse.
    Era disponibile, molto, ben più di quanto fosse mai stato la volta precedente o con Jessica, eppure lui aveva sempre e solo lavorato ai fianchi. Perché voleva che fosse lui a fare la prima mossa 'Perché mi rispetta.'
    In vero forse le ragioni dell'altro erano ben più complesse di così, ma Jesse era un diciassettenne vergine pieno di ormoni fino ai capelli ed al momento era un miracolo che riuscisse ad articolare pensieri così profondi ma brevi.
    "Posso baciarti?" non sapeva se era quella la domanda che da prima voleva fare, non sapeva neanche se poco prima la potesse anche solo formulare, ma, rinforzando la stretta al fianco dell'altro, Jesse enunciò quella breve domanda, salvo poi gettare il cuore oltre l'ostacolo, sollevarsi sulla punta dei piedi allungando il collo e, a occhi chiusi, cercare le labbra di Joshua.
    Non aveva idea di cosa stesse facendo, quindi per prima cosa cercò di baciare le labbra dell'altro, quindi, quando lui avesse aperto la bocca, si sarebbe lasciato invadere, iniziando a girare la propria lingua velocemente ed agitatamente, riflettendo il terrore che il suo corpo stava vivendo, al punto che, se Joshua l'avesse sfiorato, nel baciarlo lo avrebbe sentito tremare.
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  7. Joshua B. Evans
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    Joshua Benjamin Evans
    Studente | 17 anni
    Era un dato di fatto che Jesse stesse dando importanza agli istinti sbagliati, ma questo non potevano saperlo né l'uno né l'altro, purtroppo.
    Quando Jesse urlò di rimando alla sua provocazione, il sopracciglio destro di Josh scattò verso l'alto, lasciando poi che il proprio sguardo si distogliesse dalle iridi chiare del Black Opal per permettere a quest'ultimo -e a se stesso, in primis- di acquietare il proprio animo. Non aveva intenzione di farlo arrabbiare, ma a quanto pare l'effetto che aveva su quel ragazzo era un campo inesplorato persino per lui, che bene o male con le persone ci sapeva fare, seppur in quel periodo tale dote fosse calata inesorabilmente.
    Era forse questo che lo attraeva di Jesse? Probabile. Una delle tante cose, per lo meno.
    Quando gli sentì dire che il bacio con Jessica gli era piaciuto, un'espressione di puro scetticismo gli balenò sul volto e lo sguardo artico tornò su di lui. Non credeva affatto a quelle parole, ricordava lo sguardo di Jesse che, subito dopo il bacio, aveva cercato lui. E trovò conferma di quelle sue supposizioni nella frase successiva.
    Gli angoli della bocca gli si curvarono verso l'alto.
    «Volevi che fosse giusto, non è così? Purtroppo certe cose non sono mai come ce le si aspetta.»
    E parlava per esperienza, ma non era il momento quello di raccontare al ragazzo il suo primo bacio o la volta in cui aveva perso la verginità. Ci sarebbe stato tempo anche per quello, più avanti.
    «Eppure Jessica è una gran bella ragazza, non trovi? E se non era giusto con me, perché non dovrebbe esserlo con lei? Non ti rimangono molte altre opzioni, sai?»
    Lo stava provocando ancora, con quel tono di voce strafottente, sguardo indagatore e sorriso malizioso. Si stava divertendo? No. Ma provava piacere nel torturare quel ragazzo e, inconsapevolmente, se stesso a quel modo.
    Cosa gli faceva ogni volta? Neppure Josh era in grado di dare una risposta al riguardo: il potere che pareva avere su Jesse era una scoperta recente persino per lui, ma, per qualche assurdo e strano motivo, gli piaceva. E soprattutto, i suoi occhi divennero lucidi come quelli del compagno nell'assumere quella consapevolezza, seppur per un motivo ben diverso. Dalle labbra schiuse gli uscì un sospiro che tentò di trattenere, fallendo miseramente. Una sorta di fastidio alla bocca dello stomaco fu la reazione nel vedere Jesse tanto indifeso e... sul punto di arrendersi? Josh pareva quasi un predatore, ammaliato e bramoso di una preda sul punto di cedere alle sue pressioni.
    Alla risposta fiera del giovane, però, l'Ametrin dovette ricredersi: a quanto pareva, anche l'altro stava tirando fuori il carattere e questo costrinse Josh a dover subire uno strano moto di calore al livello lombare.
    Deglutì ma sorrise, sostenendo lo sguardo di Jesse.
    «Questa volta non indietreggi, eh? Stai imparando.»
    Pronunciò quelle ultime due parole in un sussurro roco, mentre la distanza fra loro andava via via annullandosi. Cosa gli stava dicendo esattamente? Che quel suo primo bacio avrebbe dovuto darlo a lui settimane prima, in quei bagni? O che sarebbe dovuto appartenere a chiunque altro, ma non al ragazzo che lo stava facendo diventare matto, a furia di porgli domande forse premature?
    Non gli importava. In quel momento si sentì accaldato, un po' come quando aveva la febbre alta, mentre lo sguardo languido sosteneva quello del ragazzo, desideroso tuttavia di scendere sulle sue labbra.
    Un'altra richiesta, per la terza volta.
    A quel punto, decise, Jesse si era meritato di sapere, o per lo meno di ricevere una risposta.
    «Ti dispiacerebbe se ti dicessi che aspettavo una ragazza?»
    Una qualunque, non importava chi potesse essere di preciso. Ma la verità era che non aspettava nessuno, voleva solo una sua dannata reazione, qualcosa che mischiasse nuovamente le carte in tavola.
    E così avvenne: la mano di Jesse si poggiò sul fianco di Josh, che sussultò appena a quel gesto inaspettato, tanto da interrompere il contatto visivo con lui e costringersi ad abbassare le iridi sulla mano dell'altro, come a sincerarsi di non aver avuto solo una sensazione. La sua mano era lì, a rendere palese quanto fossero vicini l'uno all'altro.
    Poi, due parole che lo colsero di sorpresa, tanto da riportare la sua attenzione agli occhi di Jesse e, senza più alcuna pretesa di fingere, sulle sue labbra. Josh si morse quello inferiore e rimase in silenzio, incerto sul da farsi. Era davvero pronto a spingersi così oltre? Lui, con un ragazzo? Un bacio non era nulla, non significava nulla, non per lui, ma per Jesse... a quanto pare valeva moltissimo. E se Jessica non gli aveva dato modo di scegliere, Josh, per qualche assurdo motivo, voleva permetterglielo.
    E Jesse aveva scelto lui.
    Si ritrovò a deglutire e sentì il cuore accelerare i battiti, tanto che temette che l'Opale potesse sentire quel ritmo forsennato incrinargli le costole. Quella mano sul suo fianco ardeva come fosse fuoco, ma non era l'unica cosa a bruciare in quel frangente.
    Lo vide chiudere gli occhi e sollevarsi sulle punte per raggiungerlo, cosa che fece aggrottare la fronte dell'Ametrino e lo costrinse a fare un passo indietro in un riflesso incondizionato.
    Ma fu solo un momento, prima di scegliere di assaggiarlo a sua volta.
    Quando le proprie labbra sfiorarono quelle di Jesse, una scarica di endorfine lo costrinse a poggiare le proprie mani sul corpo di lui, in un gesto che sul corpo femminile sapeva di esperienza e consapevolezza, mentre su quello maschile parve goffo e inesperto. Prima lo afferrò per la vita, poi sollevò quelle stesse mani fino ad afferrargli delicatamente il collo, lasciando che i pollici spingessero in alto il mento. Percepire quei lineamenti marcati sotto le dita gli procurò una stranissima sensazione, ma si costrinse a non farvi caso, preferendo invece schiudere le labbra su quelle di Jesse, mordendogli quello inferiore. Lo osservò dalle palpebre socchiuse, lo sentì fremere sotto le proprie mani e decise in un attimo di infilare la lingua nella sua bocca, incontrando quella di lui che, bramosa e inesperta, si univa in una danza passionale che lo fece sospirare nel tentativo di riprendere fiato.
    Gemette durante quel bacio, arrivando a imprimere con il proprio corpo una spinta su quello di Jesse, facendolo sbattere contro la parete alle sue spalle e chiudendo con la mano sinistra la porta della stanza affinché nessuno entrasse.
    Il problema principale era uno: Josh era difficile da frenare, una volta provocato a sufficienza.
    Premendo il corpo su quello del Black Opal, Josh fu certo che il compagno sentisse la sua erezione e tale consapevolezza lo spaventò: Jesse lo eccitava davvero fino a quel punto? Aveva preso quella situazione come uno scherzo, non pensava realmente che un suo bacio potesse piacergli e fargli raggiungere quell'apice di eccitazione, eppure il suo corpo reagiva di conseguenza.
    Quando si staccò momentaneamente da quella bocca, con le labbra turgide e umide e gli occhi languidi, osservò il volto di Jesse con attenzione, prima di parlare.
    «Stai giocando col fuoco.»
    Disse con la voce rotta dal desiderio, il fiato corto per la mancanza di ossigeno a causa del bacio.
    «Io sono dannatamente curioso, Jesse. Ma non farò nulla che tu non voglia fare.»
    Nel pronunciare quelle parole, la mano destra scese fino al bordo dei pantaloni del compagno, iniziando ad armeggiare con la fibbia della cintura.
    «Solo scegli con attenzione, perché una volta presa una decisione, non si torna indietro.»
    Con la mancina, invece si poggiò a pochi centimetri dal suo viso, mentre con lo sguardo gli intimava di accelerare i tempi, indicando poi il divano a pochi centimetri da dove si trovavano loro.

    «Parlato» - Pensato - Ascoltato | Scheda PG - Stat.

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    Joshua era convinto di conoscere le persone, di saperci fare, mentre Jesse era convinto di non saperci fare per nulla, eppure, entrambi parevano essere concordi su un aspetto: non sapevano come gestire Jesse.
    'Non è così!' Joshua era un ragazzo semplice, con un pene, due testicoli e talora un cervello, sicché alzando un sopracciglio si chiese cosa ancora avesse da capire l'altro riguardo la sua sessualità: o il ponte levatoio si alzava o non si alzava, e da lì, in fondo, comprendere di quale regno si fosse non era poi tanto complicato, ma il Lighthouse sapeva rendere complicate anche le cose più complicate, quindi eccolo lì a spiegare all'altro come mai odiasse Jessica per quello che gli aveva fatto (dal suo punto di vista), pur avendo e non poco apprezzato.
    Che le donne piacessero a Jesse Lighthouse era stato chiaro da quando aveva sfiorato le labbra della corvina, ma, allo stesso tempo, lui aveva anche realizzato di non voler essere lì, o di volerci essere con qualcun altro, qualcuno, che, in effetti, stava un po' ossessionando la sua mente (il che per Jesse non era neanche poi troppo strano).
    "Non dovresti dirmi qualcosa tipo che il mare è pieno di pesci?" gemette lui sorreggendo la tracotanza dell'altro e gestendo le proprie emozioni, senza troppo successo, visto che da lì a poco cominciarono delle montagne russe emotive sulle quali si fece un giro gratis anche l'ametrino passando dalla rabbia all'ansia e da questa alla tristezza, per poi giungere, forse un po' inaspettatamente, alla fierezza.
    Non era la prima volta che il prefetto mostrava quel suo lato deciso all'altro, tuttavia quella era la prima volta che entrava davvero in empatia con lui, che lo vedeva davvero e qualcosa nel corpo di lui reagì, generando un minimo di disagio. Jesse lo colse, ma non disse niente, inclinando lievemente la testa quando gli fu detto di star imparando "Quindi alla fine ci sono davvero delle lezioni..." rifletté lui, deglutendo poi un po' a fatica, in risposta a quel tono roco, predatorio, che Joshua aveva assunto 'Stiamo... flirtando?' si chiese lui, non sapendo darsi una vera risposta, anche se, comunque, lì rimase, del resto non aveva alcuna ragione per andarsene 'Questa volta... so cosa voglio'
    Lo aveva capito baciando Jessica, lo aveva capito quando l'altro gli aveva fatto un Testabolla un po' a random e, ancora, lo aveva compreso quando aveva temuto di perdere le persone che amava e si era chiesto se mai avrebbe saputo che gusto avessero le labbra di Josh. Poteva aver paura di far casini, ma in nessun modo poteva a quel punto aver paura di Josh che lo avvicinava, neanche se produceva mutamenti nel suo corpo intensi, tali da ovattare il suo udito e fargli sentire il martellamento del suo cuore.
    L'unica cosa che forse lo poteva spaventare era un rifiuto, e Joshua, come un cecchino centrò quell'ansia 'Una ragazza?!' non si aspettava dopo due dinieghi una risposta, tanto meno una controdomanda, tanto che sgranò gli occhi mostrando il panico nel proprio volto. Poi comprese di essere stato, quasi certamente, gabbato, sicché lo fissò con un misto di imbarazzo ed odio, evitando comunque di dire qualunque cosa, questo anche perché erano maledettamente vicini, talmente tanto che persino un pesce lesso come lui aveva compreso come quella del ragazzo fosse una battuta atto a testare, più ancora che stuzzicare, la gelosia dell'altro.
    La distanza era intima, pericolosa persino, tanto che anche uno spavaldo come Joshua dovette deglutire, teso, gesto che colse Jesse in un misto di sollievo ed ansia: era contento di non essere l'unico a non saper bene cosa fare; al contempo, avrebbe enormemente essere con qualcuno che sapeva cosa stesse facendo!
    Quindi eccoli lì, a sperimentare il tocco dell'altro, il suo mormorio fino alla più classica delle domande, forse anche una delle più squallide: posso baciarti?
    Joshua non acconsentì esplicitamente, ma non diniegò neanche e l'aspirante marine non poté non gettarsi verso l'ignoto, sperando che non fosse un salto nel vuoto senza rete di sicurezza.
    Invece fu esattamente quello, visto che Joshua si ritrasse.
    Jesse non ebbe il tempo di pensare, di imprecare, semplicemente percepì l'esitazione dell'altro e si trovò ad aprire gli occhi nel mentre sbiancava 'Cos'ho fatto?!' si disse per un istante, giusto in tempo per sentire le ruvide labbra dell'ametrino sulle sue.
    'Bastardo! Bastardo, bastardo, bastardo!' non erano esattamente le parole che si sarebbero dovute pensare mentre si dava il primo bacio - o il secondo - tuttavia quelle furono le prescente dal prefetto, conteso tra la scoperta di un altro corpo e il sollievo di non essere stato respinto, ma anzi accettato.
    Jesse non aveva avuto paura di gettarsi oltre l'ostacolo, ma quando lo fece si sentì vulnerabile come mai lo era stato in vita suo: aveva aperto il suo cuore, aveva persino ammesso di aver compiuto la sua scelta, e per quanto fosse convinto, per quanto il suo corpo gli stesse dicendo, chiaramente e duramente, come stesse facendo la cosa giusta, la sua mente, la sua dannata mente, non riusciva a dargli tregua: si era ritirato una volta, chi diceva non potesse farlo ancora? Chi poteva garantire non fosse tutto un enorme e gigantesco errore? Lui stesso era davvero pronto a quello che poteva da lì in poi partire?
    Tante domande, ma le labbra forti di Josh erano una risposta più che sufficiente, tanto che se aveva iniziato il bacio con gli occhi aperti, li chiuse poco dopo, perdendosi nel tocco dell'altro e nel suo profumo "Ah!" quel morso birichino lo colse impreparato e facilità non poco la penetrazione dell'ametrino nella sua bocca, ove egli poté assaporare la danza dell'altro.
    Fu bello, fu intenso, fu come Jesse lo aveva desiderato, o almeno, così credeva, visto che era talmente tanto agitato, talmente spaventato di non saper cosa fare e quindi di non poter capire se e cosa stesse sbagliando (un indizio a questo riguardo, Jesse: la bocca non è un frullatore!) che non aveva tempo ed energie per provare davvero delle sensazioni 'Ma... ma è lui...' aveva sognato quel bacio fin troppe volte e il semplice fatto che ora fosse reale a lui bastava.
    Anche Joshua sembrava molto coinvolto: esplorava il corpo dell'altro e quel bacio gli strappò un gemito, portandolo infine a sbatterlo contro un muro. Questa volta non oppose resistenza e lasciò che qualsiasi distanza tra lui e l'altro si azzerasse, vivendo sulla sua pelle il calore dell'altro, nonché la sua prepotente erezione puntata contro il suo basso ventre, a ricordargli come quello, in fondo, fosse solo un antipasto.
    Senza fiato, travolto dall'eccitazione, l'ametrino gli fece presente che stesse giocando col fuoco. Jesse, a quelle parole, girò gli occhi al cielo "Ti ricordo che il mio migliore amico si è dato fuoco" rispose lui, laconico, forse spezzando la boriosa eccitazione dell'altro, perso nell'interpretare un personaggio duro ed esperto "Non sono uno che si tira indietro, Joshua."
    Lo disse recuperando da non sapeva bene dove la sua fierezza, sostenendo lo sguardo di lui nel mentre si definiva curioso e lo faceva sussultare, ricordandogli che non gli avrebbe fatto fare nulla per forza, nel mentre, al contempo, armeggiava con la sua cintura.
    Non si era aspettato le mani di Joshua così vicine al suo pube ed istintivamente provò solletico, tanto che allontanò quelle mani nel mentre l'altro gli faceva presente che poteva decidere liberamente, ma che ogni decisione sarebbe dovuta essere portata fino in fondo.
    Annaspando, il ragazzo tentò di trattenere le mani dell'amico, cercando di raccogliere le idee.
    Compì alcuni atti respiratori, poi mollò l'altro cercando di posare la mano destra sui calzoni dell'altro, ove erano più gonfi 'E'... lui?' si chiese se lo desiderasse, si chiese se gli sarebbe piaciuto; in fondo, senza provare non poteva esserne certo "Io ho già scelto."
    La scelta in vero non era unica, ma il futuro marine in quel momento non poteva davvero saperlo. Nel decidere aveva massaggiato l'eccitazione dell'altro e a quel punto tentò di posare le mani sulle spalle dell'altro, spingendolo indietro e cercando di farlo sedere sul divano.
    Se vi fosse riuscito, avrebbe fatto un passo indietro ed estraendo la bacchetta l'avrebbe puntata contro la porta "Colloportus!" esclamò lui contro di essa, riponendo poi il catalizzatore "Sono abbastanza convinto che prima tu abbia detto una cazzata e tu non stia davvero aspettando una ragazza... ma... beh... diciamo che... ci sono già state troppe ragazze tra... beh... questo!"
    Cosa fosse questo ovviamente non era assolutamente chiaro a Jesse, il quale comunque afferrò le proprie maglie e se le tolse tutte poco elegantemente, rimanendo, per la sorpresa di assolutamente nessuno, a petto nudo.
    Aveva i brividi, ma riconobbe subito quella sensazione, poiché l'aveva provato poco prima quando aveva conosciuto le labbra dell'altro: non aveva freddo, tremava per la paura, e per la vergogna.
    "Quando ho baciato Jessica mi è piaciuto" avanzando, il ragazzo cercò di mettersi a cavalcioni dell'altro, avvicinando i loro corpi "Ma non era come volevo dare il primo bacio. E soprattutto non era la persona cui lo volevo dare" aprì la bocca, ma esitò, sentendosi il fiato morire in gola "Il bacio e il resto..." sussurrò infine, distogliendo per un attimo lo sguardo.
    "Questo non è un esperimento, Josh... più o meno" era sempre bello parlare delle certezze di Jesse, non trovate? "E... e anche io non farò niente che tu non voglia"
    Cercò di portare le mani dietro la nuca di lui e poi si chinò per sfiorarne le labbra "Io sono questo... non so cosa sto facendo e dopo... sarà anche peggio... ma lo hai detto tu, no? Sono uno che impara in fretta"
    Se Josh non lo avesse respinto lo avrebbe baciato ancora. Non si sarebbe fermato alle labbra, cercando di portare la sua lingua in lui, tentando poi una danza sicuramente caotica, ma molto più calma della precedente, forse dimostrando proprio quell'alto tasso di apprendimento da parte del prefetto.
    "Non so se sei curioso... o solo felice di vedermi" rise lui, imbarazzato, provando a portare le mani di lui sul suo torso "Però... decidi cosa vuoi... e dimmi cosa devo fare"
    La voce del ragazzo era tesa, scattante, eppure egli sorrideva anche, abbozzando battute e mezze verità senza alcun ritegno, forse perché, in fondo, lui quella sera aveva già vinto.
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  9. Joshua B. Evans
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