-
.Il coprifuoco stava per arrivare, puntuale come sempre, ma ci fosse una volta che tornasse in tempo per non correre tra i corridoi dell'Accademia, cercando di non farsi scoprire da qualcuno.
Anche quella giornata era passata in un lampo, era un fottuto lunedì, senza compiti finalmente, che aveva passato a cercare di saperne di più sulla sua famiglia e sul resto che lo circondava.
Aveva fatto fare un permesso dal nonno per andare uscire dalle mura, ma senza dir nulla era finito di nuovo nelle strade di Knocturn Alley a cercare risposte che puntualmente non avrebbe trovato in modo alcuno.
Ormai stava finendo in un giro che non gli piaceva affatto e il suo cognome arrivava prima di ogni altra qualsiasi cosa.
C'era chi vedeva in lui un amico, un alleato, ma anche chi lo odiava per qualcosa che lui ancora non aveva ben chiara.
Non si dava per vinto, seppur non tutte le sere riusciva a tornare intero da quelle scorribande.
E questa, era una di quelle sere...
Aveva incappato un gruppetto di ragazzetti della stessa età, che probabilmente sapevano più di lui. Non avevano belle facce e Jughead aveva deciso di non avvicinarsi più di tanto a loro.
Peccato che loro non la pensavano così.
Aveva sentito chiamarsi per cognome, aveva cercato di non girarsi, fino a trovarsi circondato dai quattro.
«Cos'è Jones, fai finta di non sentire? Vuoi fare la stessa fine dei tuoi genitori?»
Si era fermato, lo aveva guardato e non aveva detto niente.
Il suo sguardo era freddo e distaccato, dimostrava che non volesse avere niente a che fare, aveva provato a superarli ma si era trovato a terra, pestato come un sacco di immondizia.
Quando avevano finito, si era beccato anche qualche sputo ed un traditore, lanciato con odio.
Ma lui non sapeva nemmeno perché.
E poi... beh, stava facendo cazzo tardi a scuola.
Correva ancora, nei corridoi, o meglio arrancava, con il labbro spaccato, un occhio nero e un sopracciglio sanguinante. Sicuramente aveva qualche livido anche sul corpo, ma non aveva avuto modo di vederlo. Il suo zaino nero si era rotto, una spalla era strappata e probabilmente non l'avrebbe mai aggiustata, perché non ci avrebbe nemmeno posto attenzione. Il suo giubbotto di jeans era sgualcito, mentre la maglietta bianca era strappata in più punti.
«Cazzo, se mi scoprono sono morto... anche qui...» la sua preoccupazione era quella, per questo si guardava le spalle, con quel cappellino mal messo sul capo, a coprire in parte una chioma ribelle, con quel ciuffo fluente che cadeva sulla fronte.
Doveva muoversi, prima che qualcuno del turno di guardia lo prendesse e lo portasse dalla preside, prima di una sana doccia.
Il fiato mozzato in petto, gli faceva sentire dolore, dove nemmeno pensava potesse soffrirne...
Questa volta le aveva prese per bene..... -
.
by . -
.Senza accorgersene, mentre stava camminando, una figura incappucciata faceva i suoi stessi passi davanti a lei.
Il primo pensiero di Lucas fu che quei teppistelli lo avessero seguito anche lì, cercando di non dare nell'occhio, ma approfittandosene dello scarso controllo tra un andirivieni e l'altro.
La seconda ipotesi era che un prefetto o un caposcuola, stessero girando per il castello, alla ricerca di chi come lui stava infrangendo il coprifuoco e, questa, era l'ipotesi peggiore di quella di prima.
La prima idea era facilmente aggirabile, in quanto lui sarebbe stata una povera vittima di un prossimo pestaggio, mentre il coprifuoco scampato, non sarebbe potuto essere coperto da nulla.
Ebbe il coraggio di alzare lo sguardo, di vedere chi fosse la persona davanti a sé, nel frangente esatto in cui, la stessa si voltò in sua direzione.
La prima cosa che notò fu la bacchetta.
Lucas roteò gli occhi al cielo «Ci risiamo...» pensò, prima di continuare ad esaminare la figura, fino ad arrivare al suo volto.
«Merlino!» un sussurro, sgranando gli occhi.
Era quella ragazzina degli Opali, I anno, stessa classe. Quella che spesso Jughead si era trovato ad osservare di sfuggita. Beh, sicuramente attirava l'attenzione.
Quasi in contemporanea, se si fossero sentiti, si sarebbero trovati ad imprecare insieme, sovrapponendo le loro voci.
Lei era, per Lucas, quel tipo di ragazza che con uno come lui davanti, avrebbe chiaramente rincarato la dose. Non gli sembrava poi così dolce, anzi, piuttosto snob, con la puzza sotto il naso.
Seppur avesse un sorriso bellissimo, degli occhi che chiedevano di essere guardati e quel nasino dalla linea sottile, che Jughead aveva studiato più di una volta, all'ombra dei libri, tra una lezione e l'altra... insomma, quando poteva...
E lui, adesso, sicuramente non era presentabile.
Non che lo fosse mai stato, sia chiaro, ma oggi ancor di più. Il sapore del sangue, ferroso, gli impregnava le labbra, la maglietta era diventata un campo da guerra per gatti infuriati... insomma, se a lezione non era riuscito ad attirare la sua attenzione, figurarsi ora.
Ed invece, qualcosa accade, magicamente.
In due falcate la ragazza era su di lui, sentì il suo braccio cingere la sua schiena e Lucas abbozzò un sorriso dolciastro, quasi sarcastico, lasciandosi aiutare almeno a salire quelle scale.
«Oh, il mio principe azzurro... ora sì che il mio testosterone è sceso sotto i piedi...» sbuffò una mezza risata, con un movimento di dolore, che gli ricordò il labbro spaccato quanto potesse tirare.
Al sentire le due ipotesi, Lucas si fermò all'istante, sgrando gli occhi, uno mezzo livido «Dimmi che hai un'altra alternativa, perché non mi sembra il caso di andare da nessuna delle due parti, sai?» era un misto tra l'impanicato e l'isterica, la sua risposta.
Skyler avrebbe chiamato qualche superiore, in Sala Comune avrebbe trovato sicuro qualcuno a cui dare spiegazioni, non poteva andare a nessuna delle due mete. Senza contare, che non avrebbe potuto mica rivelare ad un Opal, dove si trovasse la sua Sala Comune.
«Senti, guarda, davvero... non ti cacciare nei guai per aiutarmi, non è proprio il caso.»
Il suo sorriso, seppur ammaccato, era dolce e gentile, pulito da qualsivoglia malizia, mentre volgeva lo sguardo alla ragazza degli Opali.
Mentre cercava di barcollare meno possibile, per camminare, con l'aiuto della ragazza, ancora il sarcastico sorriso si fece strada sul volto sbarbato «Cosa ci fa Elisabeth Lynch fuori, a pochi attimi dallo scadere del coprifuoco, lontano dal calduccio della sua sala comune?» aveva appena svelato una carta, non accorgendosene, tra un dolore e l'altro, aveva appena confessato alla ragazza di sapere esattamente chi fosse lei. Un po' come quando trovi un personaggio famoso e non vuoi dar a vedere che lo conosci, no?
Edited by Lucas Jones - 28/8/2019, 17:58. -
.
by . -
.Lucas Jughed Jones
stat - sche - cron - amet ★ ★ ★un ragazzo sogna sempre di essere in un gruppo, rock: tutto è più grande della realtà. La dura vita di un Jones.
Nessuno può capirla fin quando non prova ad essere nei suoi panni almeno per un paio di ore. E, credetemi, non vorreste tornarci mai più a vivere quei brevi istanti.
Lucas era ormai abituato a gestire la scuola e le sue innumerevoli risse da solo, per quanto sarebbe stato divertente essere in maggioranza numerica per poter dare una bella lezione a qualcuno.
Tuttavia, era contrario anche nel coinvolgere qualcuno esterno alla sua causa.
E questo valeva anche per i coprifuoco e i salvataggi. Lynch, invece, sembrava essere inciampata in questo piccolo dramma adolescenziale, senza una vera via di fuga, al momento.
In verità il modo per scappare c'era, avrebbe potuto lasciarlo lì e ritornare nella sua sicura stanza, senza che né uno, né l'altro subissero eventuali punizioni se trovati fuori orario, lontano dalle loro stanze.
Però, la piccola Opale, sembrava essere di parere contrario, tanto da rischiare una bella sanzione per rimettere in piedi quella pezza di ametrino con cui nemmeno aveva scambiato troppo tempo insieme.
Lucas cercava di fare l'uomo maturo e di fare qualche battutina, ma dopo le botte, anche il ridere per quella battuta che fece la ragazza, creava dolore «Agli ordini, capo.» disse con quel sorriso beffardo che lo caratterizzava.
Quando il braccio della ragazza lo cinse, Lucas sentì un brivido che nascose perfettamente con un'espressione di dolore prima di lasciare che lei lo tirasse su in maniera tale da non pesarle troppo.
L'acidità di Elisabeth Lynch aveva sempre fatto desistere Lucas dall'avvicinarsi troppo, per paura di essere schiantato, eppure a lezione aveva sempre passato le ore a studiarla, ogni suo movimento, ogni suo gesto incondizionato. Era come se la conoscesse da una vita, in fin dei conti.
Le due opzioni proposte dalla ragazza sembravano scontrarsi tra loro, ma Lucas scelse il male minore: affidarsi alla ragazza.
Era ovvio che ci sarebbe stato il rischio di finire dritto in infermeria, per lo più denunciato dall'infermiere, già si vedeva a spiegare cosa fosse successo, di come non aveva mosso un dito per difendersi, tutto questo davanti alla Lynch. No, era senza dubbio la scelta più sbagliata.
Lucas annuiì semplicemente, quando sentì di nuovo la voce dell'Opalina, perchè i pensieri che lo stavano affollando, erano molto più forti del suo sarcasmo.
Andare più veloci non era sicuramente facile, ma Jughed ce la mise tutta per non essere un peso morto, sul corpo di una donna che, per quanto atletica, avrebbe potuto risentire del peso maschile del ragazzino.
L'Opale cercò di zittirlo di nuovo, Lucas tirò un respiro profondo «Quasi credo... che ti stia sul cazzo... la mia voce, Lynch...» disse poi, svuotando i polmoni in una risata smorzata e affannata.
Mancavano pochi metri, già sentiva nelle narici l'odore di umido di quel posto angusto.
Eseguì quello che disse la ragazza, non aveva molta scelta, quindi dopo essersi poggiato sulla parete e aver avuto il passaggio libero per entrare, Jughed avrebbe allungato la mano verso destra, tastando a vuoto nel buio, cercando la cassa dove si sarebbe dovuto sedere.
Una volta trovato, si lasciò scivolare, cercando di poggiare la schiena allo scaffale che aveva dietro e portando la mano destra a toccare il fianco sinistro, all'altezza delle ultime costole.
Chiuse gli occhi, sospirando leggermente e riprendendo fiato.
Il buio li avvolse, fin quando la miccia del fiammifero non accese delle candele.
Fu in quel momento che Lucas aprì un solo occhio, quindi sollevò un angolo delle labbra, il sinistro, in un sorriso sarcastico «Wow, a lume di candela... quasi quasi potrebbe prendere una piega romantica questo salvataggio...» affannava un po' le parole e con l'occhio aperto guardava la ragazza.
Come fece notare la splendida, Lucas non si era presentato.
Si spinse leggermente in avanti, con un po' di sforzo misto a dolore, quindi riaprì le iridi azzurre «Ovvio che non lo sai, sono sempre almeno tre file dietro di te a lezione, arrivo tardi ed esco per primo quando la lezione termina... come puoi conoscermi, Lynch?» il suo volto, adesso, era serio.
Lucas sapeva di non risaltare molto all'occhio della gente, ma non tangeva più di tanto al ragazzo, in quanto meno dava nell'occhio, meglio stava «Lucas... o puoi chiamarmi anche Jughed... quello che ti piace di più» evitò il cognome, non voleva finire pestato anche da lei, nell'eventualità che il suo essere un Jones fosse qualcosa di estremamente orribile ai suoi occhi.
Preferiva rimanere solo Lucas o Jughed per lei.
Inoltre, il suo secondo nome non era facile a presentarlo subito, tanto che nessuno lo appellava con quello.
Quando Lizzy propose di nuovo di chiamare Mave, Lucas la guardò affranto «Per favore, Liz, non chiedermelo più... la risposta sarà sempre no... però se proprio non vuoi tornare in stanza e lasciarmi qui... » indicò lo zaino che si erano portati dietro «...dovrebbe esserci una bottiglietta d'acqua e una canottiera bianca... se me li passi, provo a togliermi questo schifo dal viso...»
Sorrise, provando a fare lo spavaldo «Tranquilla non ti farò sporcare con il mio sangue... ti ho già messo abbastanza nei guai oggi...» si poggiò ancora con la schiena allo scaffale e chiuse gli occhi, ancora sorridente.code © psiche. -
.
by . -
.Lucas Jughed Jones
stat - sche - cron - amet ★ ★ ★un ragazzo sogna sempre di essere in un gruppo, rock: tutto è più grande della realtà. Jug osservava la ragazza, con un sorriso nascosto sul volto tumefatto.
Liz Lynch.
La cotta eterna di Lucas dal momento che aveva messo piede in quell'Accademia, quel sorriso che esplode all'improvviso, accendendo quello strano brillore degli occhi cerulei della ragazzina degli Opali.
«Sai cosa mi ... stupisce di te, Lynch? Tu non chiedi, come se non ti fosse dato sapere, tu esegui quello che ti senti di pancia di fare, ma non domandi...» iniziò il ragazzo, prima che potesse iniziare a medicarlo, mentre ancora la osservava affannarsi a cercare quel che le serviva «Questa è una qualità che a me manca, devo ammettere. Ma ti ammiro. Se non ti viene detto è perché non devi saperlo, quindi non vale la pena chiedere, giusto? E poi, chi dice che ti interessi veramente quello che gli altri hanno da dirti? Magari è noioso e dovrai fingerti interessata alla situazione. Ma tu... tu non fingi mai, vero Liz?»
La guardava ancora, con quel sorrisetto beffardo, quindi, mentre ritornò in silenzio vedendola attraversare la stanza e arrivare davanti a lui.
Niente di romantico, già «Suvvia Lynch, sono già ferito, non trattarmi male... sarebbe una ferita che non potresti curare, se non accettando un mio invito ad uscire, sappilo...» ci stava provando? In maniera implicita le aveva chiesto di uscire? Certo... ma certo anche che non se ne fosse minimamente accorto, tanto che calò lo sguardo dopo aver riflettuto su quello che aveva appena detto.
Quando sentì parlare delle sue abitudini, Jug allargò gli occhi e la bocca scivolò verso il basso «Ed io che avevo sempre creduto che fossi il solo a stalkerizzarti, sai? Ed invece vedo che questa relazione complicata è ricambiata, Liz.» non aveva avuto niente da ridire sul suo nomignolo nuovo, quindi continuò a chiamarla così, involontariamente, addolcendo sempre la pronuncia su quelle tre lettere.
Quando gli fu vicina, Jug rimase in silenzio, quasi trattenendo il fiato. Non era mai riuscito ad avvicinarsi così tanto a lei, nel giro dell'anno accademico ed ora stava succedendo all'improvviso. E lui non era preparato alle cose improvvise.
Quasi si ritrasse appena irrigidendosi, per poi rilassarsi appena.
Rimase in silenzio per il restante delle cure.
Cosa gli succedeva? Dai aveva osservato la ragazzina da lontano per l'intero anno scolastico, adesso cosa non andava bene?
Strinse i denti, sentendo del dolore provenire dai punti che toccava.
Quando passò alle labbra, lo sguardo di Lucas non riusciva ad incrociare quello di Liz. Si fece avvicinare, diminuendo quelle distanze.
Poi all'improvviso le prese il polso, di scatto, senza farle male e lo sguardo salì ai suoi occhi «Senti Liz...» stava sussurrando, quasi come se avesse il timore di interrompere quella vicinanza con le parole «... va bene così, ok? Torniamo in stanza... si è fatto tardi...» cosa?
Ok, ora penserete che sia un idiota. Beh, lo è. Tuttavia la dolcezza che mise in quelle parole e nel suo sorriso verso la ragazza, nonché nel toccarle il polso per fermarla, cercavano di dare l'impressione a Liz che tutto andasse bene e che poteva fermarsi così.
La verità la sapeva solo Lucas: il suo cuore batteva all'impazzata, voleva baciarla, stringerla e - chissà - magari tenerla con sé tutta la notte. E la cosa non andava bene, doveva interrompere quella vicinanza, doveva scappare, per paura? Per ormoni impazziti? Per timore di un errore? Non lo sapeva, l'unica certezza era che quello che finora lo aveva spinto a diventare ossessionato da Elisabeth Lynch, adesso aveva un nome, che Lucas non voleva pronunciare.
Non lasciava ancora il suo polso, provò ad accompagnarlo delicatamente verso il basso, sollevandosi davanti a lei. I loro respiri si incrociarono, i loro sguardi erano vicini «... dico sul serio, Liz... va bene così... ti accompagno a metà strada, così sono sicuro che non ti becchino...» ancora quel sorriso delicato, un sorriso che non spesso si vedeva sul suo volto. Incerto, sollevò l'altro braccio. A metà strada si arrestò come se ci stesse pensando... poi tento di accarezzarle la guancia, prima di ritrarsi e far cadere la mano.
Il polso, invece, non voleva lasciarlo, a quanto pareva «Grazie per l'aiuto... ti prometto che domani andrò da Mave per farmi aggiustare meglio... andiamo a dormire, ok?»
E avrebbe atteso lei, prima di uscire dalla stanza. E, non avrebbe accettato un no sull'accompagnare la ragazza. Voleva farlo e lo avrebbe fatto anche di nascosto a lei.code © psiche.