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Edited by SamuelBlack - 17/7/2019, 02:46. -
.Erano ore che passava seduta lì, a quella scrivania, a vedere ragazzini andare e venire dal loro banco, per consegnarle gli ultimi compiti di recupero. Si era ridotta all'ultimo per poter dare la possibilità a tutti di recuperare le insufficienze, facendosi in quattro per permettere loro di poter seguire delle lezioni individuali con lei, per avere una preparazione impeccabile.
Mancavano ancora pochi studenti ed Eva rimase fino alla fine, seduta al posto suo, a scrivere degli appunti su pergamena, per non mettere in suggestione i suoi studenti.
Non voleva che cascassero in quel breve compito che avrebbero dovuto fare, non pretendeva tanto, ormai, visto i tempi in cui si erano ridotti, voleva solamente poter dar loro la sufficienza per portarli avanti, con la promessa di fare meglio il prossimo anno.
Ad ognuno di loro che consegnava, la docente alzava lo sguardo e sorrideva amorevolmente: alla fine, per lei, erano tutti figliocci da crescere quanto meglio possibile, quindi dava loro tutto quello che poteva.
In quell'aula erano presenti anche quei ragazzini che avevano abusato della sua pazienza, sfidando la docente, nella giornata del Rainbow, provando a prenderla in giro. Poveri illusi, si erano guadagnati una bella punizione, e mentre i loro compagni erano a fare un bel giretto sulle loro scope, i mal capitati si trovavano in quell'aula a tremare per la buona riuscita del proprio compito.
Eva era una di quelle docenti molto tranquille, sicuramente molto più di quelli che erano i suoi colleghi come Guymoore ed Ensor, ma quando perdeva le staff, sapeva essere la strega più perfida e subdola che potesse esistere sulla faccia della Terra. E quei quattro che continuavano ad osservarla da lontano, pensando che la docente non se ne accorgesse, avevano saggiato solo un briciolo di quell'inferno che avrebbe potuto scatenare.
Batté la mano una volta sulla scrivania, per poi schiudere le labbra e «Ultimi cinque minuti. Consegnate...» non voleva rimanere più di un minuto in più, in quell'aula. Aveva bisogno di una doccia, di qualcosa sotto i denti e magari, perché no, di uscire a prendere una birretta ai Tre Manici di Scopa.
Dopo pochi attimi, si alzarono gli ultimi supersiti e si avvicinarono alla scrivania, in fila indiana a consegnare i loro elaborati.
L'ultimo di loro, schiarì la voce, quasi imbarazzato. Eva sollevò lo sguardo e si trovò davanti il più timido del corso, che aveva provato a spronare più di una volta, vedendo del grande potenziale in lui «Dimmi, caro...» il calore della sua voce, con quell'accento londinese imperfetto, ancora reduce dalle inclinazioni rumene che si portava nelle vene, poi il sorriso sdolcinato di chi vuole farti trovare fiducia nelle capacità nascoste «Profe-professoressa... i risultati quan-quando saranno dis-dis-disponibili?» quello era un altro motivo per cui molto spesso quello studente non riusciva a spiccare nella sua materia. Eva inclinò il capo, lasciando che le ciocche bionde scivolassero morbidamente «Suppongo già domani, caro. Non ho programmi per questa sera, quindi vi correggerò i compiti...» gli fece un occhiolino «Ora va! Sei libero!» e con le mani e il sorriso disegnato sul volto, scrollò via il ragazzo invitandolo ad andare a divertirsi.
Finalmente era sola. Doveva solo ultimare le ultime relazioni che aveva intrapreso durante la prova dei ragazzi e poi poteva chiudersi in stanza, poco sopra, per poter fare una bella doccia.
Non ci volle molto, quando finì si stiracchiò sulla poltrona, quindi, sentendo le ossa rispondere ad ogni suo movimento, con un crick leggero, poi fece leva sulle braccia e si alzò.
Riordinò la scrivania e salì le scale.
Aggrottò la fronte, vedendo - nell'istante stesso in cui rimase sulla soglia - un bigliettino volteggiare per la stanza.
Lo afferrò, prima che volasse via definitivamente, quindi lesse la prima incisione "Per Eva".
Alzò gli occhi al cielo, certa che fosse qualche altra dichiarazione di qualche studente in piena fase ormonale, che ancora non aveva capito che non ci sarebbe potuta essere alcuna relazione proibita tra loro.
Aveva due cassetti colmi di lettere e bigliettini, li conservava non per vanto, ma per gentilezza. Non sarebbe stato bello sapere che quei foglietti fossero stati incendiati dopo la lettura.
Come con tutti gli altri, spiegò con leggerezza il foglietto che aveva tra le mani e ne lesse il contenuto.
I suoi occhi sgranarono leggermente e un ciuffo magenta si colorò nei suoi capelli, diventando via via più rosso, nella lettura dell'invito.
Ok, quella era una cosa decisamente più strana di un ragazzino invaghito.
Aveva sentito che Victoria avesse accettato un altro docente - povera stella - ma non aveva avuto il tempo di accoglierlo, tra esami e tutoraggio. Non ricordava nemmeno di averlo mai visto in giro per i corridoi, quindi come poteva sapere che---
Ahn, troppe domande, dopo tanto lavoro. Non andava bene così.
Guardò verso il basso, sulla scrivania dove aveva riposto i compiti: aveva detto allo studente che per domani sarebbero stati pronti, ma se fosse andata da quel nuovo docente, non avrebbe fatto sicuramente in tempo.
Tirò un respiro e ripose il biglietto sul letto, quindi entrò in doccia, dove ci avrebbe pensato ... per un po'.
Non si può negare che l'invito del docente di Alchimia fosse stato fatto con classe ed eleganza, oltre che in modo inaspettato. Eva era ancora a guardare il foglietto aperto, sul suo materasso, avvolta nel suo asciugamano, ancora umida dalla doccia.
Alla fin dei conti aveva detto che voleva bere qualcosa, che non fosse birra, ma vino, era ancora meglio. Amava il vino, quasi quanto la birra ed era sicuramente di classe come scelta.
«Dai, Eva... alleggerisciti un po'... stai sempre china sul lavoro...» la sua coscienza (o il suo diavoletto malefico) le stava suggerendo di fare un salto dal docente.
Aveva perso un'oretta da quando aveva ricevuto il messaggio, probabilmente non la stava nemmeno più attendendo, ma... tentare non nuoceva a nessuno, no?
Aprì il suo armadio e prese, con un sorriso sferzante sul volto, ciò che avrebbe messo: una gonna di pelle, a tubino, vita alta, con delle cerniere laterali per le tasche, finte, la lunghezza arrivava ad un terzo della sua coscia. Sopra optò per un top, infilato nella gonna, di pizzo rosso, con delle decorazioni astratte che coprivano il seno, lasciando intravedere comunque la pelle nuda, una scollatura vertiginosa, schiena scoperta, con il cordino del top che si chiudeva attorno alla nuca con un bottoncino [x]. Ai piedi un decolté classico, nero, con tacco a spillo.
I capelli vennero lasciati mossi, biondi, seppur sapeva che erano a rischio colorazione immediata se non avesse tenuto ben a freno le sue emozioni.
Non aveva messo del trucco eccessivo, un filo di mascara e di eyeliner, con le labbra colorate dello stesso rosso del suo top.
Aveva sceso le scale con tranquillità, quindi, avviandosi verso la stanza del docente, che era poco distante dalla sua.
«Ma tu guarda, quindi ho anche un vicino, adesso... vediamo un po' che tipo è...» aveva bussato con delicatezza, quindi attendendo di ricevere permesso di entrare.
Se questo fosse avvenuto, avrebbe mostrato tra le due dita, indice e medio, della mano destra, il foglietto dell'invito e con tono caldo e lieve, sorriso accennato sul volto «Credo di avere un invito che mi porti proprio qua. Evangeline Ivanova, ma ... può chiamarmi Eva, signor Black.» aveva poggiato una spalla allo stipite della porta, dapprima, ma al momento della presentazione, vi si era presentata davanti allo sguardo del collega, in tutta la sua forma e splendore, allungando una mano verso di lui.
Il suo sorriso enigmatico non si spegneva dal volto, tra le ciocche di capelli, una sfumatura rossa iniziava ad intravedersi «Grazie per avermi invitata a festeggiare con lei, se l'invito è ancora valido e ... non l'ho fatta attendere troppo...» chinò lo sguardo, quindi, guardandolo di tanto in tanto di sottecchi.. -
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Edited by SamuelBlack - 18/7/2019, 21:25. -
.Vi starete chiedendo perchè Eva ci avesse messo così tanto a prepararsi, vero?
Diciamo che il problema più grande lo aveva avuto nel riflettere se fosse giusto o meno presentarsi in stanza di uno sconosciuto, seppur fosse un collega, a festeggiare qualcosa di sicuramente bello, ma che era strettamente personale ed intimo, come un posto nell'Accademia di Hidenstone.
Era indecisa mentre si passava la schiuma sulla pelle nuda, mentre l'acqua le coccolava i capelli biondi e mentre il manto dell'asciugamano l'abbracciava assorbendo quell'acqua che le scivolava sul corpo perfetto.
Poi era uscita dalla doccia e si era chiesta se fosse davvero un collega o era solo la trappola di qualche studente... alla fine non si era mai sbilanciata troppo con loro, ma sapeva che erano in tanti ad avere fantasie che avrebbero fatto di tutto per soddisfare.
Eppure aveva sentito parlare del nuovo docente di Alchimia, quindi probabilmente stava solo facendosi pippe mentali che avrebbe potuto lasciare a casa, una volta tanto.
E poi c'era anche la condizione mentale che spingeva Eva, ma mano che si vestiva, a chiedersi che cosa avrebbe dovuto aspettarsi se avesse deciso di andare a quell'invito: basso, grasso, con i capelli oliosi, la gamba di legno e le mani ruvide. Ecco come immaginava un docente di alchimia, magari anche con un occhio di vetro, saltato per qualche trasfigurazione andata male.
Sì, sicuramente era così, sulla cinquantina, magari... e la sua camera sarebbe puzzata di qualcosa di stantio, oltre che di vino andato a male.
Si sedette sul letto e chiuse gli occhi, buttandosi indietro.
Non poteva rinunciare sempre a tutto, solo per paura di quello che si trovava dall'altro lato della porta, doveva metterci la stessa sicurezza che ci metteva ad insegnare a quei ragazzini a lottare in quel mondo di cui lei non voleva sentirne parlare.
Sarebbe andata.
Insomma, non doveva mica per forza trovare il belloccio di turno, con cui bere un bicchiere. E poi, si trattava solo di far compagnia ad un collega, dello stesso piano, quindi non era nemmeno lontano dalla sua stanza. Sicuramente sarebbe capitato una volta o l'altra che avrebbero dovuto passare del tempo insieme, quindi tanto valeva conoscerlo prima del lavoro, magari sarebbe stato più piacevole parlare e conoscere questo nuovo e misterioso docente.
E poi, c'era quel bigliettino apparso nella sua stanza che aveva un certo tocco di classe.
«La Fortuna sa far entrare in porto anche le navi senza timoniere.»
Questa fu la frase che venne in mente ad Eva, quando la porta della stanza si aprì.
Davanti non aveva sicuramente il cinquantenne che si aspettava poco prima. Tirò un respiro profondo, mentre qualche ciocca di capelli prendeva sfumature indecise tra il rosso e il magenta, un misto tra la curiosità e l'imbarazzo.
Forse avrebbe dovuto scegliere degli abiti più sobri, visto l'effetto che aveva avuto la sua immagine agli occhi dell'uomo.
Chinò per un attimo il capo, portandosi una chioma dietro l'orecchio, con un sorriso incerto. Si morse, quindi, il labbro, spiando il docente che ancora non spiccicava parola in sua vista.
Questo si che la metteva in imbarazzo, insomma essere osservata come se da un momento all'altro potesse trasformarsi in un licantropo.
«Ehm... tutto bene?» chiese in un soffio caldo di voce, guardando il ragazzo dritto negli occhi. Alla fine, qualcosa doveva rompere anche quell'incanto che aveva stregato il docente, forse la sua stessa voce, sperando che non facesse lo stesso effetto del canto di una sirena.
Lo osservò avvicinarsi, studiandone i movimenti, eleganti e raffinati, per quell'aspetto che aveva da bad boy. La sua voce, poi aveva una cadenza quasi perfetta, un tono rassicurante e deciso.
Eva sorrise imbarazzata al suo dire, quindi osservò quel baciamano, sgranando le iridi e schiudendo le labbra per un attimo.
Quel modo d'altri tempi, non era di certo da tutti, doveva ammetterlo. Forse non aveva poi tanto sbagliato ad accettare quell'invito: una chiacchierata e un bicchiere di vino, continuava a ripetersi la metamorfomaga nella testa, non avrebbe fatto male a nessuno un attimo di stacco dal lavoro.
«Sicuramente, ammetto, che anche lei non ha la gamba di legno e l'occhio di vetro, come avevo immaginato...» lo ammise con tutta l'ingenuità che si impadroniva di lei, in quella versione poco professionale di cui vestiva i panni. Quando lo smeraldo incrociò gli occhi bruni del ragazzo, Eva rimase per pochi frangenti ad osservarlo in silenzio. Il suo sfiorarle la pelle, le aveva fatto risalire un leggero brivido, che Eva cercò di gestire nella migliore delle modalità, cercando di non dar a vedere che stava risalendo lungo la spalla, peccato che la pelle, involontariamente, si arricciò leggermente.
Era come se stesse cercando di capire oltre quel colore cosa ci fosse, come se volesse iniziare a capire chi avesse davanti e perchè avesse voluto lei, in quella stanza.
«Troppi pensieri, Evangeline, troppi pensieri... goditi la serata nella sua semplicità.» la vocina nella sua testa era più decisa a toglierle il peso di quella sua rigidità. Forse doveva ascoltarla.
Si rese conto di avere ancora la mano destra su quella del docente, quindi lentamente la fece scivolare verso il basso, ad interrompere quel momentaneo contatto, come a voler riprendere il suo spazio e a dimostrare all'altro che un baciamano non sarebbe servito sicuramente a farle abbassare la guardia. Tutto questo, però, venne fatto con l'eleganza che la caratterizzava e con il sorriso cordiale che le illuminava il volto.
Si accomodò sulla sedia indicatela e rise al suo dire.
Effettivamente era salito molto in alto il bigliettino «A tal proposito... come ha fatto, il suo invito a finire nella mia stanza? E... come faceva a sapere che fosse la mia stanza, con certezza?» lo guardò con gli occhi vispi, curiosi di sapere come fosse giunto a lei. Inclinò il capo, mentre la gamba veniva accavallata con un movimento raffinato e fluido, la destra sopra la sinistra, mentre la gonna scivolava un tantino più su di dove sarebbe dovuta essere, ma senza che questo invalidasse la vista di qualcuno nella stanza.
Rimase in ascolto, con un sorriso divertito disegnato sulle labbra di ciliegia, aveva sicuramente notato, Eva, che Samuel ancora non aveva posto sguardo sulle forme che si affacciavano dalla maglia, questo era un ottimo passetto in avanti.
Sicuramente aveva indossato quella maglia perché le piaceva, ma anche per scrollarsi di dosso quella sensazione di essere sempre troppo consona alla sua posizione in quella scuola.
Alla fine, poteva darsi un attimo un'aggiustata, per un bicchiere di vino con un collega, no? Che male c'era?
«Tutti questi complimenti mi lusingano, Professor Black, tuttavia può darmi del tu, mi sembra giusto che tra colleghi ci sia un certo... filo di confidenza.» lo sguardo non lasciava il volto del collega, sottolineando la parola "confidenza" con una pausa leggera, quasi un sospiro.
Eva non era solita sbilanciarsi, tuttavia questo non voleva dire che non sapeva come comportarsi con un uomo. Per quanto fosse ingenua e per lei le parole Wrotham Pinot del 2006, significassero solo "buon vino", non aveva dimenticato che tra adulti poteva anche lasciare andare un attimino quel freno inibitore che aveva tenuto sopito per molto.
Un passo per volta, sia chiaro...
Gli occhi di Eva seguirono per un breve istante quelli di Samuel, che scivolavano tra i seni. Quindi prese un respiro profondo, gonfiando il petto, come a volerlo mettere sempre più sotto tensione, quel povero uomo, per poi allungarsi con il busto verso di lui, per afferrare il bicchiere che aveva riempito.
Ad Eva risultava veramente semplice apparire sensuale e facilmente fraintendibile, quando non la si conosceva.
Ritornò ad incrociare lo sguardo di Black, quindi e sollevò il bicchiere per brindare con lui «Sicuramente deve avere del potenziale, per aver conquistato le attenzioni di Victoria.» e il potenziale, Eva poteva ben vederlo davanti ai suoi occhi, nel suo aspetto. Peccato che Eva non era così perspicace e il suo era un modo per elogiare le qualità da docente che sicuramente la Preside aveva visto in lui.
Posò le labbra sul cristallo del calice, senza distogliere gli occhi dall'uomo, come a volerlo tenere sempre incatenato e sempre sotto controllo, quasi come se lei stessa avesse bisogno di sentirsi sicura di dove lui fosse.
Fece scivolare lentamente il liquido rosso tra le carnose, per poi staccarle delicatamente e calare il bicchiere.
Quel vino era decisamente fuori dagli schemi dell'ordinario vino che lei era abituata a bere, quindi doveva andarci piano, sicuramente, per non ritrovarsi brilla nella stanza del nuovo collega. Quindi lo stava sorseggiando con cura, prima di riprendere a parlare «Allora, mi farebbe piacere sapere un po' di più di Samuel Black... chi è? Da dove viene? Quali sono le sue... passioni?» La parola passioni lasciava intendere qualcosa fuori dall'accademia, Eva era ben intenzionata a conoscere chi aveva davanti, come se si fossero incontrati fuori dall'Accademia. Il piede della gamba accavallata, si muoveva in rotazione lentamente, delicato, mentre il labbro inferiore veniva un pochetto morso per riprendere una goccia di vino che era finito su di questo, in silenzio, con le iridi puntate sull'uomo.. -
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Edited by SamuelBlack - 26/7/2019, 21:16. -
.Eva Ivanovahuman - 29 years - character sheetEva non si accorgeva quasi mai dei danni che provocava a livello mentale, a quelle persone che dovevano sopportare quel suo modo di fare. Quei gesti involontari che faceva, quelle che potevano sembrare provocazioni o sintomi di una sensualità voluta, nella sua testa erano, invece, delle semplici complicazioni di quello che avveniva dentro la sua testa.
Si mordeva il labbro? Era per cercare di tenere a bada l'imbarazzo che poteva sfociare nelle sue ciocche di capelli. Tuttavia non sapeva nessuno che quello era un gesto di controllo e non di provocazione, quindi veniva spesso confuso.
Ma la docente di Incantesimi, questa cosa non l'aveva ancora imparata, nessuno le aveva spiegato benissimo come funzionasse, quindi inconsapevolmente, si ritrovava diverse volte a mordere quel labbro, guardando il suo interlocutore.
Proprio come questa sera.
Lo stava facendo davanti a Samuel Black, il suo nuovo collega di Alchimia, con la quale avrebbe condiviso probabilmente parecchi anni di insegnamento, non solo, ma anche lo stesso piano dove alloggiare. Insomma, c'era molto da condividere durante queste cattedre assegnate.
E stavano anche iniziando a condividere una bottiglia di vino, per quanto Eva avrebbe preferito mantenere un certo contegno e una certa lucidità. Tuttavia, come sempre le aveva detto Victoria, era importante accogliere i nuovi, che fossero studenti, colleghi o dipendenti, così che loro potessero sentirsi sempre bene tra le quattro mura, di quella prigione dorata, avrebbe volentieri aggiunto Eva.
Sorrisi delicata come sempre, alle parole del docente, quindi schiuse le labbra e un soffio melodioso rispose alla sua curiosità «Guardi non saprei che dirle, probabilmente perché ho mischiato un po' la figura dell'alchimista con quello di un pirata. E ne è uscito fuori un ibrido di cui non ne vado proprio fiera.» rise elegante, nascondendo per un attimo fugace le labbra dietro la mano.
Era riuscita, con la sua semplicità, a rompere il ghiaccio dopo quegli sguardi curiosi del docente che l'avevano esaminata da capo a piedi, manco avesse dei raggi x.
Per un attimo era riuscita a sfuggire alla presa del docente, quasi a voler dimostrare la sua affermazione, il suo essere emancipata e a prediligere il controllo della situazione.
Altro comportamento quasi automatico, che però era previsto nelle relazioni uomo-donna, dove ognuno cercava di affermare sull'altro la propria indipendenza, nelle prime fasi di conoscenza, così da poter stabilire il giusto equilibrio di una qualsivoglia relazione.
Eva aveva fatto anche questo, in maniera involontaria, senza nemmeno saperlo.
E Samuel aveva ripreso in mano il controllo soprassandola delicatamente di qualche passo, quasi a voler affermare il suo essere uomo e a voler dirigere lui quella conversazione che Eva aveva preso in mano, ingenuamente.
E a quell'affermazione, Eva quasi sussultò, permettendo ad un'altra ciocca di diventare color magenta, sgranando un attimo le verdi smeraldine dallo stupore.
Tirò un respiro, cercando di frenare quel balzo che il cuore aveva avuto.
Cosa avrebbe dovuto spiegare? Il suo ritardo? Quello sarebbe stato davvero difficoltoso da spiegare, avrebbe dovuto impegnare ogni frazione di secondo e ogni microespressione per mentire sul motivo per cui avesse fatto tardi.
Quella era l'unica cosa che Eva pensava di dover spiegare al cospetto dell'uomo.
«Sicuramente ognuno di noi avrà da porre nel piatto un qualcosa, a quanto pare... chissà se varrà la pena, allora, attendere...»
Anche questa volta aveva cercato di riprendere in mano la conversazione, mentre lo smeraldo dei suoi occhi, curioso si pose sul volto del collega, con l'angolo destro delle labbra che si increspava in un sorriso che poteva apparire quasi malizioso, misto a quello sguardo sottecchi che stava accarezzando il viso del docente.
Quando il tasto di conversazione si spostò sulla confidenza, il volto di Eva disegnò un'espressione interrogativa, seppur sempre elegante, a guardar il movimento del sopracciglio di Samuel. Non lo mollava un secondo, voleva studiarne ogni piccolo atteggiamento.
Non aveva ancora capito perché era stata scelta lei, per stappare quella bottiglia e festeggiare quel suo essere diventato docente di Hidenstone.
«Io non festeggerei se dovessi rivivere tutto da capo... non sa in cosa si è andato a buttare... compiti, lezioni, gite... adolescenti in preda agli ormoni... insomma, un'inferno con i diamanti...»
Si sentiva il peso della stanchezza di quello che era stato un anno impegnativo, tanto che Eva voleva quasi urlare al nuovo collega di scappare, finché fosse in tempo.
Tuttavia, il pensiero di ritornare da sola su quel piano, aveva arrestato questa sua volontà di salvare l'uomo.
Forse un po' egoisticamente, con l'idea che almeno aveva qualcuno a cui bussare per chiedere qualche pergamena in caso le avesse finite.
Quando la sua risposta arrivò, Eva addolcì il volto ancora una volta, inclinandolo sul lato destro «Essere d'accordo su qualcosa, è il primo passo per un'ottimo rapporto... non crede?» aveva nuovamente lanciato l'amo verso Samuel.
Lo faceva con così tanta facilità e, allo stesso tempo, ingenuità, che quasi non se ne rendeva conto.
Non era brava a flirtare, così come non era brava a capire che chi aveva davanti avesse interessi superiori.
Osservava con attenzione ogni sua movenza, con un sorriso compiaciuto sul volto delicato.
«Volentieri, Samuel...»
Il tono si rese più vellutato nel proferire il nome del docente, quasi a voler ricalcare con la sua voce calda, l'accento di quell'appellativo.
Poi venne il brindisi.
Mentre faceva scendere quel liquido rosso tra le sue labbra, in maniera lenta e controllata, gli occhi erano fissi sul ragazzo.
Quando il brccio scivolò verso il basso, calando il bicchiere vuoto per metà, scoprì le labbra di Eva sorridere per i complimenti che il docente stava ponendo al suo fornitore del vino.
Annuii piano, la rumena, con un sorriso appena accennato.
Sapeva benissimo che tipo di tensione creava quella megera della Burke, ma non poteva farci niente, lei anche per farti un complimento, riusciva a creare la suspance dei film horror.
«La nostra Preside sa come tenerti sotto pressione, con un solo sguardo, in effetti...» si lasciò fuggire quella confidenza, chinando poi lo sguardo sul bicchiere e facendo giocare delicatamente il liquido al suo interno, decantandolo.
Poi gli occhi tornarono su Samuel, osservandolo bere, prima di dare la risposta alle sue mille domande che la donna gli aveva posto.
«Insomma, ti piace viaggiare. Che cosa interessante... » commentò tra una pausa e l'altra del docente che aveva davanti.
Poi la conversazione rubò la sua attenzione, ritornando sulla questione "bigliettino".
Improvvisamente la figura del professore iniziò a cambiare, una metamorfosi quasi simile a quella che lei poteva permettersi in fatto di persone, lui lo faceva in animale.
Eva sgranò gli occhi, stupita, con le ciocche che si coloravano ancora di più.
Quindi si sporse a guardare la figura della Taccola, per poi rimettersi a sedere per seguirne i concentrici voli al soffitto.
E poi seguirlo repentina appoggiarsi vicino alla sua mano.
Il suo sorriso era solare, le piaceva quell'uccellaccio e ora aveva ben chiaro come fosse arrivato alla sua stanza.
Non sapeva se questo fosse un bene o un male, probabilmente da oggi avrebbe dormito con le tende chiuse per evitare di esser spiata in stanza, ma era davvero carino.
Quando l'animale si avvicinò al suo dito, Eva allargò le labbra in stupore, non aspettandosi un contatto, poi lo guardò, volgendo lo smeraldo sulla spalla sinistra. Provò con la mano destra a carezzargli il testino, delicatamente, se lo avesse permesso «E quindi sei un animagus, eh... mica male... diciamo che anche io ho un ... qualcosa di simile...» e mentre lo diceva, lentamente i suoi capelli si tirarono indietro, accorciandosi e diventando scuri, il suo volto irrigidì i lineamenti, gli occhi si scurirono e a missione compiuta il suo volto assunze le sembianze di Samuel... sul corpo di Eva.
«Eccoci qua...» povero Samuel, doveva sopportare anche questo...made by zachary. -
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.Eva Ivanovahuman - 29 years - character sheet
Dopo la strana trasformazione dell'alchimista in pirata, Samuel sembrò cogliere la palla al balzo per poter metter su una storia degna di un qualsivoglia romanziere, oppure di un qualsiasi essere vivente con un po' di sana fantasia.
Eva quasi non poteva credere che l'uomo fosse riuscito a creare quella scena che la bionda provò ad immaginare nella sua testa.
«Immagino che poi avrai bisogno di equipaggio e compagnia, sulla nave. O sarebbe brutto dover viaggiare per mari da solo, non credi?» non che si stesse proponendo, sia chiaro, ma aveva senso cercare di capire se quell'uomo avesse qualcuno di fidato con cui viaggiare. Ne andava della sua incolumità. Il mare era pieno di pericoli e non sarebbe stato giusto morire così giovani, no?
Rise quando accennò al pappagallo «Magari possiamo chiedere a Guymoore se ne ha uno in riserva, uno che parli, così da avere ancora più l'aspetto di un alchipirata!»
Quando la scena del "crimine" si allontanò dalla porta e si trasferì alla scrivania, era già stata fatta una buona parte di battaglia di sguardi e sorrisi che probabilmente celavano la timidezza e l'ingenuità della donna, dietro quel sorriso che poteva sembrare una seduzione continua, con quegli occhi felini che cercavano lo sguardo del collega.
Il vino, sicuramente, avrebbe accompagnato quella loro conversazione a partire da quel momento, scaldando - molto probabilmente - i loro animi, lentamente più sciolti, agevolando anche il loro avvicinamento mentale.
Ah, quanti benefici un buono e sano bicchiere di vino, non credete? Immaginate quali possano essere i benefici di un'intera bottiglia?
Non lo sa nessuno, al momento, ma staremo a vedere come questi due usciranno da questa stanza, no?
Ogni singolo movimento del docente ospitante era studiato dalla bionda, che si sentiva in un campo minato e aveva paura di poter dire qualcosa di sbagliato per poter capovolgere quella strana situazione di controllo che stava riuscendo a mantenere.
Un po' come quando si cammina su un filo, appeso nel vuoto. Se ti sbilanci troppo, cadi giù, se porti troppo il peso verso il centro, allora potresti far crollare la corda, se non ben legata.
Eppure quel docente non lasciava altro che trapelare dubbi e strani sorrisi.
Eva, di rimando, sorrise anche lei, chinando il capo e guardandolo di sottecchi, mentre una ciocca bionda veniva portata dietro l'orecchio, sfuggita alla capigliatura.
Sembrava che Samuel avesse iniziato un gioco di sguardi che avrebbe smesso solo se fosse uscito vincitore e questa consapevolezza, rendeva Eva più nervosa, ma provava a nascondere questa sensazione particolare, continuando a reggere ogni singolo incrocio.
Lentamente, voleva umidire le labbra, quindi la punta della lingua scivolò su entrambe le carnose, mentre lo smeraldo rimaneva a guardare il docente.
Un gesto involontario, che non aveva alcun peso sensuale... nella testa della rumena.
Non c'era che dire: Samuel Black stava risultando un degno rivale di sguardi e probabilmente Eva non avrebbe retto per molto tempo «Se continuerai a guardarmi così, potrei pensare quasi che tu mi stia spogliando con gli occhi... sai?» il suo sopracciglio si sollevò, mentre le labbra si incurvarono in un ghigno provocante, questa volta voluto.
Era un passo che avrebbe dovuto fare, per poter far vacillare quel silenzio e poterlo giocare di nuovo a suo vantaggio.
Finalmente, quando si riprese a parlare, Eva si trovò a tirare un respiro di sollievo, nascondendosi dentro il bicchiere e vuotandone l'altra metà, lasciandolo vuoto.
«Forse è meglio che io smetta di bere, adesso...» se lo ripeteva mentre metteva attenzione alle parole del collega, annuendo di tanto in tanto «Certo, non posso che darti ragione. Sono stata una delle prime docenti chiamate qui ad insegnare. Ma devo ammettere che ad oggi, la cosa che più mi stanca, sono proprio le orde di ragazzini-ormone. Sono mine vaganti e ogni lezione si fa sempre più faticosa, tanto da far uscire il lato severo che non mi piace.» ammise con un sorriso e una scrollata di spalle, con leggerezza, come se fosse una confessione che avrebbe voluto sputar fuori da tempo.
Quando porse quella domanda, Eva inclinò il capo e rise leggermente «Oh, certo. Potrai venire a bussare alla mia porta quando vuoi, se avrai bisogno di scappare da ragazzini e studio e vorrai fare due chiacchiere.» ed in questo era sincera e non aveva alcuna vena di malizia, la lingua carezzò il palato «Ovviamente sempre se vuoi bussare alla mia porta. Sai, siamo quelli più vicini, su questo piano ci siamo solo io e te.» ed era pur vero, quindi non vedeteci alcuna provocazione. Non c'era ombra di alcun giochino, per Eva, eppure riusciva a stuzzicare anche non accorgendosene.
Stava ancora pensando ai suoi viaggi e d'istinto voleva chiedergli quanto fosse bella l'Italia, visto che lei non l'aveva mai vista. Fece per aprire la bocca, ma poi si zittì, per non risultare fin troppo infantile in quella curiosità.
Poi venne il momento della taccola, che si fece accarezzare piacevolmente dalle dita di quella donna che non rifletteva sul fatto che stava accarezzando comunque la testa del docente.
Insomma, se fosse stato in forma umana, sicuramente non sarebbe andata lì vicino a fargli pat pat sul capino.
Ma ormai era troppo tardi, quell'uccellaccio aveva conquistato la sua attenzione ed era anche piacevole carezzargli il piumaggio.
Ma quando il pennuto gracchiò, Eva sussultò e la sua faccia maschile si contrasse in spavento, per un attimo.
«Oh, per Morgana!»
Fece per cercare di prendere il prof-taccola, ma non ci fu bisogno, visto che evitò l'impatto con le ali. Eva socchiuse gli occhi per un attimo.
«Dannazione, scusa, non volevo spaventarti. E credo di averti anche graffiato.» fece per alzarsi in piedi, con tutta la sua bellezza e perfezione, ma con la faccia di Samuel, quindi si avvicinò all'uomo, ormai non più pennuto, provandò ad allungare una mano verso la sua fronte «Ti ho fatto male?»
Poi lui tornò a parlare, mostrando ammirazione per quello che Eva, aveva appena fatto. Tirò un respiro profondo, la rumena, quindi, grattandosi leggermente la guancia, imbarazzata da quei complimenti didattici.
Sam sembrava quasi un bambino a cui avevano regalato tutte le figurine dei maghi, soprattutto quelle speciali ed Eva non sapeva bene come gestire questa cosa.
Eva ritornò a sedersi, come se avesse il timore di svenire da un momento all'altro per lo spavento che si era presa poc'anzi.
Per lui, probabilmente, era come guardarsi allo specchio.
Eva si beccò tutti quei complimenti e se avesse avuto la sua faccia, Samuel avrebbe potuto notare come la pelle rumena della donna si fosse colorata di rosso. Invece, sul suo volto, poteva vedere solo un leggero rosato sulle guance.
«Io... io ti ringrazio.» parlare con la voce da uomo, faceva effetto anche a lei, non c'è che dire, ma a quanto pareva, il docente era ben interessato a quella sua natura.
Alla sua richiesta di toccarla, Eva acconsentì con un cenno del capo e lo lasciò avvicinare, sporgendosi col busto verso di lui. Alla fine non avrebbe fatto nulla di male, no?Le sue mani creavano una specie di percorso sul suo viso, che era il riflesso dell'uomo ma le sensazioni ripercuotevano il corpo della donna che lo stava indossando.
Eva deglutì leggermente: uno strano solletichio che aveva iniziato a percorrerle tutto il corpo, spargendosi dal volto fino alla nuca e scendendo verso la schiena. Ancora mand giù a vuoto.
Trattenne il respiro, morendosi il labbro per un attimo.
Quando lui ebbe finito, Eva riprese fiato, facendo ricomparire il suo volto femminile, sul proprio corpo. «All'inizio, giuro, credevo di averti spaventato e che mi avresti cacciata fuori dalla tua stanza.» rise, un tantino nervosa.
Alla sua richiesta del vino, la donna allungò il bicchiere. Ma non aveva detto che doveva smettere di bere immediatamente «Quindi, adesso sai anche questo di me... vediamo un po', cos'altro vuoi scoprire?» lasciò cadere la schiena sulla sedia, quindi, accavallando la gamba, proprio mentre il professore le stava versando il vino. La punta del piede, se lui fosse stato abbastanza vicino, probabilmente avrebbe sfiorato la sua gamba, salendo per accavallarsi.made by zachary. -
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Edited by SamuelBlack - 22/10/2019, 01:22. -
.Eva Ivanovahuman - 29 years - character sheet
Quando Eva era di buon umore, la sua creatività e fantasia si sentiva in dovere di essere stimolata, come se non vedesse l’ora di eruttare come un vulcano fuori dalla testa della metamorfomaga.
Non accadeva spesso, in realtà, la maggior parte delle volte si trovava a fare i conti con la frustrazione di dover mettere a tacere la sua parte fantasiosa, il più delle volte a causa di interlocutori non proprio propensi a conversare.
Questa volta, invece, sembrava che Samuel stesse riuscendo ad intrattenere il più tempo possibile gli occhi sul volto di Eva, senza cadere in zone peccaminose, nonostante anche l’occhio volesse la sua parte e, a volte, cedesse alle tentazioni che la docente di Incantesimi aveva posto su un piatto d’argento, in piena faccia al nuovo Professore.
A tratti, c’è da dirlo, Eva metteva alla prova la gente con cui parlava o aveva appuntamento di qualsivoglia genere: sapeva di non doversi preoccupare del suo aspetto fisico, erano in molti a dirglielo, ma nessuno riusciva ad andare oltre, a conoscere veramente la rumena e cosa ci fosse dietro il bel faccino e quel bel paio di tette, per tale motivo – quando doveva incontrare un uomo – vestiva il più possibile provocante, per capire cosa scartare e cosa no.
E indovinate un po’? Non c’era stato uomo che avesse superato la prima trentina di minuti, senza che la sofisticata strega non lo facesse fuori.
Samuel, invece, stava apparendo diverso, per questo motivo, probabilmente, la docente stava anche provando un piacere particolare a continuare quella conversazione con lui.
Eva aveva delle aspettative alte in fatto di uomini: desiderava poter avere davanti un uomo che ne sapesse di cultura, che fosse di bell’aspetto e che avesse dei modi accurati, non solo nel colloquiare, ma anche nel corteggiare.
Non cadere nell’errore, con lei era difficile, e finora, tanto di capello a Samuel che era riuscito ad intrattenere un tempo maggiore di attenzione al di fuori del seno della docente, solleticando l’interesse di quest’ultima e stimolandone la creatività.
Ogni movimento e atteggiamento del collega, veniva ben studiato dalla Ivanova, con occhio glaciale, mentre con le orecchie ascoltava il suono di quella voce che sarebbe dovuta diventare familiare anche solo per quanto avrebbero lavorato insieme durante quel lungo percorso scolastico che sperava durasse abbastanza da conoscere a fondo Samuel.
Rise anche lei, di rimando, alle parole dell’uomo «Ho sempre sognato di solcare mari e combattere mostri marini, visitando posti inesplorati con una buona dose di risate e avventure. Non potrei mai rifiutare un invito del genere, sarei solo una sciocca. Inoltre, se la compagnia è quella giusta, ci sarà sicuramente da divertirsi» La lingua schioccò sul palato, tirando un respiro profondo e silenzioso, che riempì i polmoni e il petto della bionda «E se il capitano è lui, forse forse nemmeno c’è bisogno di conoscere il resto dell’equipaggio, per convincermi a salire».
Si stupì da sola del pensiero strano che aveva formulato la sua testa, ma non gli diede peso perché altrimenti avrebbe assecondato solo fantasie venute da chissà quale cassetto recondito di cui aveva dimenticato la chiave.
«Sono certa che il professor Guymoore, già solo vedendo il mio arrivo da lui, si rassegni a qualsiasi tipologia di richiesta io possa fargli.» rise leggermente, spensierata come ultimamente non era mai stata.
Pian piano stava prendendo familiarità con la presenza del moro, quindi iniziava a rilassarsi e sentirsi un pochetto di più a proprio agio.
Come abbiamo già detto, Eva era una donna difficile alla quale arrivare. Per avvicinarsi a lei fisicamente, c’era bisogno del permesso mentale, quello che era difficoltoso raggiungere, quello a cui probabilmente, secondo la testa di Eva, non sarebbe arrivato nessuno.
Lei non era famosa per le sue storie d’amore, anzi, probabilmente la gente pensava avesse un marito cornuto da qualche parte e che la docente stesse spesso in compagnia di uomini con cui dilettarsi.
Tutto questo non era vero, Eva aveva avuto poche relazioni tutte andate in maniera pessima.
Ma non è questo il momento in cui parlarne, perché in questo istante, in quella stanza, durante quell’appuntamento non programmato, Eva stava conoscendo un docente nuovo che sembrava rispondere alle caratteristiche secondo cui avrebbe potuto lasciarsi andare un pochino di più.
Il loro gioco di sguardi e sorrisi, il loro punzecchiarsi continuo in maniera elegante e minuziosa, sembrava portare solo in una strana direzione, dove la bionda non ricordava nemmeno più in che modo si arrivasse: il flirt.
Non si proclamava esperta di corteggiamento o robe simili, anzi, credeva di essere una vera schiappa, soprattutto in confronto a tutti quei ragazzi che ormai ne sapevano una più del diavolo; eppure a lei piaceva quando quel gioco diventava un tacito tango di anime, di sguardi e di respiri, che raccontavano sicuramente più di mille parole.
Era difficile, per lei, quando entrava in questa danza, rendersi conto di quello che le sue labbra dicevano, era come se prendessero vita e decidessero da sole cosa dire, per rispondere a quello che raffinava quella strana situazione.
E quello che stava accadendo, era esattamente questo: Samuel sembrava un uomo colto, dall’eleganza impeccabile, ma pur sempre umano, fatto di carne, ossa e ormoni, che già stavano rischiando di esplodere alla sola presenza della docente rumena, davanti la porta.
Dopo l’azzardo che aveva fatto con quella sua frase, Eva attendeva risposta dal collega, che si limitava a guardarle gli occhi, sguardo ricambiato, con cui la docente stava giocando: un intreccio che non avrebbe lasciato vincere all’altro, che avrebbe mantenuto costante e vispo, con un sorriso leggero disegnato sulle labbra perfettamente dipinte di quel rosso ciliegia che chiedevano di essere morse.
Si sa, l’uomo è fatto di carne ed ossa e la carne è debole. Questo vuol dire che ogni uomo o donna che sia, se provocato a tal punto da non reggere, cede alle tentazioni, che siano esse un passatempo piacevole o spiacevole, non importa.
Eva aveva messo così tanto sotto pressione Samuel che sarebbe stato difficile anche per un monaco induista gestire quella situazione senza cadere nella realtà dei fatti. E qual era la realtà dei fatti?
La risposta arrivò con una spontaneità disarmante e una semplicità invidiabile.
Tuttavia, l’interesse mostrato da quegli sguardi, sembrava quasi andare oltre al piacere carnale, sembrava sfociare in quello che gli studiosi avrebbero chiamato ricerca sul campo per saggiare la tesi e dimostrare l’ipotesi che Eva non fosse solo quello che si mostrava, ma che sotto quegli abiti nascondesse qualcosa.
Quando le parole di Samuel terminarono, le labbra di Eva si distanziarono tra loro, mostrando stupore, nonché le guance arrossirono non poco.
Eppure non fu schifata o disturbata da quello che egli disse, i modi che aveva usato non stavano tradendo l’immagine che la rumena si era fatta dell’uomo, tanto da risultare eleganti e garbati anche nel confidarle di volerla spogliare all’istante.
Non disse niente, la donna, per alcuni attimi interminabili.
Voleva dire qualcosa, voleva cercare le parole per rinnegare quella strana dichiarazione di interesse che l’era stata fatta, ma doveva ammettere che con questa classe, non era stato bravo nessuno a farle capire di volersela portare a letto.
«Professor Bl--- Samuel… devo ammettere di essere stupita dal modo in cui hai appena confermato la mia teoria secondo cui se fossi nuda, davanti a te, sarebbe meglio per i tuoio desideri.» iniziò a parlare lentamente, con un tono caldo e suadente, che non ritrovava da anni, ma che stava rinascendo da capo, in quel preciso istante, come una fenice dalle proprie ceneri «E se le tue aspettative fossero dettate solo dall’apparenza che hai davanti, se togliendo i veli che porto indosso, non troveresti niente di affascinante? Non sarebbe una delusione dalla quale non ne verremmo fuori entrambi?» premeva ancora di più sulla tensione sessuale che ormai era stata palesata, cercando di mettere ancora tanto in difficoltà quell’uomo che cercava solo di essere sincero senza troppo sfociare nel volgare.
Non era sazia, Eva, di quella dimostrazione di livello superiore che stava mostrando Black, sembrava quasi che desiderasse colmare quella lacuna culturale con cui aveva fatto i conti finora, accrescendo il suo piacere mentale, che andava a pari passo con le aspettative fisiche e sessuali che il docente avrebbe potuto procurarle.
Rise un attimo, senza scomporsi minimamente «Beh, sono contenta – comunque – che non sia facile per te indovinare chi io sia in realtà. Insomma, se fossi un libro aperto, facilmente interpretabile, non sarebbe stimolante spogliarmi di ogni velo, per scoprire centimetri della mia pelle che diversamente, conosceresti già con un solo sguardo.»
Non si spense quella parentesi che incurvava le labbra della donna, quindi, mentre il discorso prese pieghe che non si sarebbe immaginata nemmeno, tutto partendo da una domanda che non era riuscita a frenare.
Annuii a quelle parole, accolte dal docente come un invito a legare a livello professionale tra loro.
«Sarò ben lieta di lasciare la mia porta socchiusa, in attesa di finire la giornata con un bicchiere di vino, magari…» questa volta non tentò di flirtare, seppur quella frase poteva lasciar intendere altro. Alla fine non disdegnava la compagnia, soprattutto adulta, a maggior ragione di un collega dal bell’aspetto e colto, com’era il Professor Black, quindi perché nascondersi dietro un dito?
Tuttavia, il tono che aveva usato, parlando, sembrava quasi un incedere verso altre direzioni, probabilmente perché la temperatura di quella stanza, stava iniziando a diventare un tantino più alta, qualche grado in più, ecco.
La scelta raffinata di parole di Samuel, sembrava percorrere la stessa direzione di quelle di Eva, tanto che la donna inclinò il capo compiaciuta dal fatto che fosse semplice, per loro, trovare così facilmente il lessico giusto per lasciar intendere all’altro tutte le sfaccettature di un periodo.
Quella di Black sembrò un guanto di sfida, il loro era un rincorrersi sempre, a chi avesse l’ultima parola, Eva, a tal proposito schiuse le labbra «Concordo in pieno. Tuttavia l’interdisciplinarità è un qualcosa di molto lieve e sottile. Per una buona riuscita si necessita di complicità, preparazione e sinergia. E devo, purtroppo, dirti che per costruire questi tre pilastri fondamentali di un intreccio stimolante e solido, è necessaria la conoscenza approfondita dell’altro.» prese un respiro, silenzioso e lento, prima di umettare le labbra con la punta della lingua, lentamente, e riprendere a parlare «E per avere questo, ci toccherebbe passare molte sere in compagnia di una bottiglia di vino, ad analizzare quanto in profondità si possa andare con un progetto che vedrebbe coinvolte entrambe le materie. Insomma, un duro lavoro…» calò lo sguardo, quindi, per poi di sottecchi osservare il docente che aveva davanti, che aveva sottoposto nuovamente ad una pressione psicologica niente male.
Quel succedersi di eventi e trasformazioni, avevano interrotto quel loro filo di tensione, creando una dinamicità che finora era stata piatta e quasi inesistente, se non fosse stato per il loro acceso scambio di sguardi.
Il rossore sulla pelle dell’Insegnante non pareva a svanire, per questo cercò di concentrarsi su quello che Samuel le stava dicendo. Fantastica. Le aveva detto che era stata fantastica.
Non che Eva non avesse ricevuto mai complimenti, tuttavia la semplicità e l’entusiasmo con cui le si era scontrato contro, questa volta, erano particolari.
Portò un ciuffo biondo dietro l’orecchio, quindi, lasciando che quella frase non avesse risposta, per una volta poteva mollare anche la presa.
Poi quella tensione sessuale tornò, questa volta Eva azzardò distrattamente a toccarla, cercando di provare a vedere quale fosse la reazione.
Vino sulla coscia, fu il risultato.
Eva sussultò leggermente, sentendo l’odore del liquido così vicino, scivolarle e solleticarle la pelle.
Lo sguardo stupito passò dalla pelle al ragazzo, risalendole la figura e soffermandosi dapprima sul rigonfiamento improvviso, che fece arrossire anche Eva, successivamente sui suoi occhi.
Avete presente quando per pochi istanti si imposta il fermo immagine? Ecco, entrambi erano impostati su quell’opzione, quindi qualcuno doveva sbloccarsi e il primo fu il moro.
Eva chiuse le labbra che si erano leggermente schiuse, quindi riprese conoscenza e si concentrò sulle azioni dell’uomo «Non… non preoccuparti, davvero io…» cercò delicatamente di afferrargli il polso, prima che lui potesse mettere mano ad asciugare. Il tocco leggero, mentre il busto si sporgeva verso di lui.
Il movimento fu lento, attento e ben calcolato per arrivare a pochi millimetri dal suo volto, cercando id non sfiorarlo se non con il leggero respiro che sapeva di vino rosso e vaniglia, adesso Sam avrebbe potuto sentire anche il suo profumo.
A quella distanza così minima, Eva cercò di trattenere il fiato, quindi – se fosse riuscita precedentemente ad afferrare il polso del docente, avrebbe cercato di accompagnarlo ad alzarsi, insieme, con lei. Gli occhi glaciali della docente non avrebbero mollato per alcuna ragione quelli di lui «Credo che sia il caso…» se le distanze sarebbero rimaste le stesse, Eva avrebbe spostato l’attenzione sulle labbra di Samuel, interrompendo la frase e mordendo il suo inferiore «…forse dovremmo…» un sussurro che tremava tra le corde vocali, quasi come se stesse temendo di venir fuori «…lavare la gamba… potrebbe diventare… appiccicosa…» ogni parola era stata sussurrata a quella distanza minima, se lui non si fosse spostato. Aveva usato il plurale? Forse non se n’era accorta? O probabilmente era un invito? A fare cosa, poi? Ad accompagnarla a lavarsi? Forse era un azzardo troppo avanzato, no? Eppure se fosse arrivata a farlo, solo Samuel avrebbe potuto scegliere come cogliere quel plurale utilizzato dalla bionda.
Se invece non sarebbe riuscita a fare tutto questo, beh… avrebbe lasciato che il docente le asciugasse semplicemente la gamba ingravidata dal vino, arrossendo e rabbrividendo ad ogni tocco dell’uomo.made by zachary. -
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.Eva Ivanovahuman - 29 years - character sheet
Come marionette che si scontravano, i fili di questi attori in campo, sembravano annodarsi tra loro.
Un giro, poi l'altro. Sempre più stretti e più vicini, come se prima di quell'attimo stessero cercando lo spazio giusto nel loro teatrino, invani.
Sembrava che stessero scrivendo una storia di fantastiche avvenuture, che entrambi non sapevano dove potesse finire, se non altro che veniva tutto così spontaneo e sincero.
Eva, dal canto suo, era la prima volta che si spingeva a così tanta socialità, con un uomo praticamente sconosciuto.
Forse il suo strano modo di invitarla a bere quel vino, o la sua mente che aveva mille zone da esplorare, la stavano aiutando a non sentirsi troppo a disagio, sabotando il suo trattenersi dal ridere, anche quando la questione dei pirati sembrò andare via per mare.
Strinse la mano del collega e lo lasciò avvicinare in quel baciamano che aveva poco di pirata e molto di galanteria.
«Sono felice di essere stata accolta tra i vostri uomoni, capitano!» finse un vocione, che le riuscì davvero male.
Era strano per lei, lasciarsi andare a queste stranezze: voci distorte, fantasticherie che non avevano né capo, né coda... sì, doveva ammettere che quel bicchiere di vino era stata un'ottima scelta da accettare.
Quello che venne dopo, condì solo il carico di armonia e di calore che stava divampando in quella stanza. Senza che loro se ne accorgessero, erano scivolati su un elegante tappeto a metà tra il sensuale e l'arte del corteggiamento, un filo sottile che si tendeva tra loro.
Era un gioco fatto di sguardi, una trama fitta che si mescolava con il sapore del vino pastoso, tra le labbra carnose della rumena, mentre osservava da sopra il bicchiere. Sentiva una tensione sessuale che cresceva a poco a poco, accendendo parti di sé, che lei credeva fossero morte.
Ricambiò quel sorriso, con uno altrettanto complice, come se gli stesse dando il permesso di osare, anche solo per vedere fin quanto si fosse spinto, ad un suo cenno.
Eva non capiva, esattamente, per quale motivo volesse portare il suo collega ad avvicinarla, ma era un qualcosa che aveva iniziato poco prima e che adesso non aveva alcuna voglia di frenare.
La sua domanda fu un lento climax crescente. Eva si morse involontariamente il labbro inferiore, mentre esponeva un quadro generico di quello che lei gli aveva permesso di conoscere.
Lei rimase in silenzio, giocando con sguardi rubati e sorrisi celati, mentre una ciocca veniva portata dietro l'orecchio. Era vero, la tensione dialettica le piaceva e lui sapeva reggere quel confronto, tuttavia, aveva imparato che a volte il silenzio può fare più di mille parole, perché sono gli occhi e il corpo a parlare. E lei, stava giocando quest'altra carta, per tentare di fare scacco matto.
La sua vicinanza tornò, ed Eva posò gli occhi sulle sue labbra per un breve frangente, prima di ritornare a incastrarli nei suoi occhi. «Ed io nutro profondo interesse per la ricerca e l'esplorazione...» disse in un sussurro, inclinando il busto verso di lui, accorciando ancora di più quelle distanze, ma rimanendone comunque a centimetri «... diciamo che, tendo a spingermi sempre oltre quel sottile confine che delimita quel che si può fare, da quello che... non si deve fare...» quella provocazione l'era uscita quasi spontanea, concludendo allontanandosi da lui, ritornando con la schiena alla sedia.
Alzò il sopracciglio, con un ghigno leggero che le illuminò il volto «Beh, se vuoi scoprire quello che preferisci, dovrai impegnarti in una lunga ricerca...» era strano utilizzare la retorica fino a quel punto, ma con Samuel sembrava essere una carta che non metteva in difficoltà nessuno dei due.
Rise, nascondendo le labbra al bordo del bicchiere, sentendo le sue ultime parole e ne bevve un sorso.
Forse l'ultimo sorso prima del disastro. Il vino la bagnò, ma fu come se fosse stata la lama tagliente poggiata sul filo teso, che l'aveva spezzato fino a rompere gli schemi che erano stati imposti da lei stessa.
Quando la pelle venne a contatto con quella di Samuel, un brivido le percorse la schiena, come se una scarica elettrica aveva stimolato i suoi neuroni.
Mandò giù a vuoto, mentre cercava di non rompere quel contatto visivo con l'uomo. Le labbra si schiusero per un istante, ma ne uscì solo un soffio caldo e al sapore di vino.
Quel breve istante fu talmente intenso, da far sentire ad Eva ogni singola cellula del suo corpo, cercare di spingerla verso le labbra dell'uomo. Non poteva, non era una cosa che lei faceva.
Lo accompagnò ad alzarsi, anche solo per interrompere quella vicinanza che invece sembrava tenerli legati, come due calamite che si tentava di dividere. Si ritrovarono in piedi e per quanto lei cercasse di trovare parole adatte a quella situazione, non ci riusciva «M-mi dispiace che... il vino sia ... caduto...» farneticava, sussurri leggeri che si accompagnavano al rossore delle sue guance.
Sentiva il respiro di Samuel sempre più vicino, mentre il tocco della sua mano, improvvisamente, apparve sulla schiena, sussultò leggermente e si lasciò trascinare, senza opporre resistenza alcuna, come se il suo corpo rispondesse ai suoi comandi silenti.
Sapeva a cosa stava andando incontro, ma una parte di lei non voleva fermarsi, una parte di lei cercava di frenare l'istinto di cedere a quella tentazione di lasciarsi andare, anche solo per una volta.
Il fiato si spezzò per un attimo, mentre il sapore delle labbra di Sam arrivò con una gentile prepotenza su quelle della rumena. Eva socchiuse gli occhi, quasi trattenendo il fiato, rimanendo immobile.
«Dai, Eva... non hai più quindici anni...» continuava a ripetersi mentre sentiva il calore di quel bacio scaldarle anche il viso. Lasciò andare il polso trattenuto e lo sentì farsi strada sulla sua pelle.
Cedette.
Lasciò che il suo corpo concedesse all'alchimista, di prendere spazio, lasciò che le sue labbra ricambiassero quel bacio, cercando di saggiarne il sapore intenso, forse dettato dal vino, che ogni singola venatura, aveva raccolto.
La mano che prima teneva la sua, andò a cercare sostegno sul suo petto, ne carezzò le linee scolpite, scendendo come un velo sul suo fianco, fermandovisi.
Il cuore stava aumentando in battiti, mentre la lingua richiamava a sé quell'intreccio con la rispettiva del ragazzo.
Le distanze tra i loro corpi vennero via via annullate, il seno di Eva poggiò prepotente sui pettorali di Sam, ricurvandosi verso l'alto. Il suo basso ventre poggiava con quello del ragazzo, sentendo quel qualcosa di caldo che stava crescendo. Spinse leggermente su quella zona, con il suo corpo, come a voler concedere ancora più pressione in quella zona che si stava scaldando. Un seno cercava via d'uscita, tentando di andare oltre il pizzo della canotta che aveva indossato.
Sentì le dita di Samuel scendere sulla pelle nuda, stacco il contatto delle labbra e rise sulle sue, si morse l'inferiore, schiudendo di poco gli occhi, quel tanto da poter guardare il docente davanti a lei.
Quando si sentì sollevata, fece in modo di stringere le braccia attorno al suo collo, cercando di agevolare il suo movimento, non opponendosi.
Ormai aveva smesso di farlo, aveva deciso di allegerire quel suo modo di essere troppo impostato, aveva rotto gli schemi già solo accettando quell'invito, quindi perché non continuare?
Adagiata sul letto, si concesse di osservarlo da quella posizione, mentre una mano si allungò verso di lui e le dita affusolate tentarono di afferrare il suo indumento per tirarlo a sé.
Riprese il contatto con le sue labbra, mentre le mani scivolarono sotto la maglia a cercarne i centimetri di pelle nudi.
La lingua disegnò il contorno delle sottili, mentre il cristallo dei suoi occhi cercò di incastrarsi con quelli del moro.
Il piede sinistro andò a sfilare il decolté destro e viceversa, per poi accarezzare la gamba di Samuel, lentamente, fino a risalirne per metà. La mano si posò sul suo petto, facendo una leggera pressione per tentare di allontanare un attimo le sue labbra. Ne sentì presto il freddo lasciato dalla mancanza di quel calore «Io... non so quanto questo sia eticamente corretto...» un sussurro mentre gli occhi cercavano i suoi, balzando da destra a sinistra, vedendo tutte le sfumature di quell'iride così diversa dalla sua, la mancina scivolò a giocare con il bordo del suo pantalone, vicino al bottone «... ma oggi ...» con un gesto dell'indice e del pollice, slacciò il gancio «... voglio lasciarmi andare.» poteva suonare quasi come un avvertimento, che venne suggellato dalle labbra che cercarono quelle di Samuel, con una passione e un calore che prima non aveva palesato.made by zachary.