La Taccola e l' Incantatrice

Role libera SamuelBlack-Eva Ivanova

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    Samuel Black
    Alchimista|33 anni

    In quella giornata lui, si proprio lui, Samuel Black ce l'aveva fatta.
    Victoria E. Burke lo aveva riconosciuto. La strega più famosa del XXI secolo, colei che aveva creato un istituto magico d'eccellenza dove la magia veniva studiata in maniera innovativa ed a tratti sperimentale, dando pieno sfogo ai docenti ed alle loro collaborazioni. Lei lo aveva ascoltato, messo alla prova ed alla fine accettato. Samuel Black era diventato docente di Alchimia all'accademia di HidenStone.
    Ancora non ci poteva credere. Era seduto sulla scrivania del suo nuovo ufficio, ma ancora non poteva crederci. - I miei studi sono serviti. I miei anni tra un esperimento ed un altro. I miei sacrifici, le prove che ho superato. Tutto questo mi ha portato qui - Perso nei suoi bisbigli e con il volto colorato da un ghigno tronfio e soddisfatto, osservava da quella sedia, che a lui pareva un trono di quercia, la sua nuova casa: una stanza semicircolare cinta da una spessa muratura di pietra a mala pena visibile, coperta com'era da mensole e scaffalature di legno; una buona parte erano ricolme di utensili alchemici, altre di libri. Poco prima ci aveva dato un'occhiata. C'erano ovviamente diversi volumi classici come quelli di Emeric Switch, che, per quanto fossero stati superati da tempo, qualunque buon Trasfiguratore si sarebbe meritato una maledizione Cruciatus se non li avesse avuti nella sua collezione; ma c'erano anche testi ben più interessanti. Alcuni nuovi di pacca ed altri antichi, ma molto difficili da trovare: "Alchimia Transusntaziale", Alchimia nel 2019? Per quale motivo?", il poema del mago greco Orfeo "Hierostolikan" e perfino un volume sui golem! "Le porte della creazione" del mistico medievale, Eliezer da Worms. Certo purtroppo quello era l'unico libro a riguardo, ma ci avrebbe pensato Samuel stesso a compensare questa mancanza. La maggior parte delle librerie infatti era vuota, lasciando ai mobili della biblioteca l'incombenza di contenere la maggior parte dei libri del castello. Probabilmente quelle scaffalature vacanti erano riservate ai volumi privati del docente, che lui non avrebbe mancato di riempire. La prima cosa che aveva fatto una volta divenuto professore era stato mandare un gufo a Petr, a Praga, ed uno a suo padre, a BushMills. I suoi amati testi non avrebbero tardato ad arrivare. - Forse anche i volumi delle altre librerie erano proprietà privata dell'insegnante...degli insegnanti precedenti, che o sono morti o si son dimenticati di riprenderseli...Bhè meglio per me -Oltre ai libri però vi era, affianco alla finestra, un ampio camino di pietra alla cui base trovava posto un calderone scuro. -Ottimo- questo era ciò che aveva attraversato i suoi pensieri quando era entrato nel suo ufficio e questo era ciò che continuava a pensare in quel momento. Prima abbiamo parlato di una finestra no? Ecco in realtà ce n'erano due che squarciavano la parete laterale ad un estremo ed all'altro della stanza e che aprivano la stessa verso la magnificenza del labirinto incantato e del resto dell'isola di Denrise. Spalancarle era stata la seconda cosa che aveva fatto dopo aver raggiunto quel luogo, la sua nuova casa, o meglio la sua nuova stanza. HidenStone tutta era la sua nuova dimora; od almeno così sperava. A proposito di stanza, affianco alla porta che collegava l'ufficio all'aula tramite una scala di pietra ce ne era una seconda che portava ad una piccola stanza senza finestre, e che conteneva con il nuovo letto, ad una piazza e mezza, di Sam. Certo, lì seduto sulla sedia totalmente pieno di soddisfazione e gioia com'era non sentiva minimamente l'impulso di raggiungere il soffice materasso ed il cuscino di piume, che dopo una bella doccia fresca aveva già testato per qualche attimo; aveva voglia di fare ben altro. Confidando in un risultato positivo del colloquio, ma completamente invaso dall'ansia, nella sua borsa di cuoio aveva portato con sé, a parte il suo quaderno degli appunti ed un libro, soltanto due bottiglie di buon vino rosso. Se fosse passato avrebbe bevuto per festeggiare, se invece il risultato fosse stato negativo, bhe...avrebbe bevuto per dimenticare. Il resto delle sue cose? Bhè ora che il gioco era stato fatto, l'indomani, sarebbe tornato indietro a Londra per recuperarle. Comunque dicevamo...il vino. Doveva festeggiare, ma farlo da soli è triste. Fortuna volle che mentre saliva le infinite scale per raggiungere il quinto piano, sede della presidenza, sentì qualche studente recuperando parlare di una professoressa. -Ah La professoressa Ivanova è uno schianto non trovi? - -Non che la McEven non lo sia eh, ma hai ragione. Con quei suoi lineamenti dell'est e quel gran bel paio di tet… - un colpo di tosse di Samuel aveva fermato il ragazzo, ma aveva sentito quanto bastava. Una volta finito il colloquio chiese innocentemente alla Burke qualche informazioni sul resto dei docenti e così oltre a scoprire che l'ufficio della professoressa Ivanova era sul suo stesso piano, ne scoprì anche il nome: Eva.
    -Ah un così seducente nome! Eva colei che colse la prima mela! Cogli anche la mia!- Il professore non resistette più così prese carta e penna e scrisse un bigliettino. Fatto ciò lo appoggiò sul tavolo, mentre lui si alzò in piedi e con passo deciso si portò al centro della stanza. - Chissà se accetterà - Al momento portava dei vestiti comodi ma casual: una camicia di lino bianchi, dei pantaloni dello stesso materiale, ma neri, ed i suoi sandali di pelle. Con gioia infatti si era liberato del vestito buono indossato per l'occasione lavorativa e dopo la doccia si era messo più a suo agio.
    Fatto sta che tutti questi vestiti, che mi sono appena preso la briga di elencare, si fusero con la pelle, con i capelli e con i peli i quali esplosero in una crescita improvvisa. Il tutto mentre la testa ed il corpo il corpo si rimpicciolivano, le gambe si avviluppavano andando a formare delle scure zampe artigliate, le braccia s'appiattivano in ali modeste e la bocca ed il naso si intrecciavano l'una con l'altro andando a formare un solido becco. Samuel era diventato una taccola di 40 cm di altezza dalle piume nere sulle ali ed al centro del capo, mentre delle piume grigio scuro componevano il resto del suo morbido e villoso manto. L'uccello volò agilmente sulla scrivania, prese con il becco affilato il bigliettino precedentemente piegato, e con un balzo si lanciò verso la finestra. In volo la superò per poi tuffarsi fra i giochi delle correnti d'aria, immerso totalmente nella luce del tramonto. -AAAHN CRAAHN!-
    Era troppo bello. Probabilmente non si sarebbe mai abituato a quel senso di libertà che il volo produceva, ma non era quello il momento di lasciarsi andare al vento.
    In forma umana, mentre raggiungeva il proprio ufficio aveva fatto un sopraluogo. Sapeva dov'era l'aula d'incantesimi e quindi anche la stanza di Eva. Aveva passato una buona mezz'ora a fare calcoli e supposizioni a riguardo.
    Giunto davanti alla finestra che lui reputava corretta ed appurato che sul balcone non ci fosse nessuno- Bene, la corrente è a favore - lasciò andare il bigliettino dal becco che spinto dal vento entrò nella stanza, danzo' un poco nel mezzo della stanza ed infine andò a posarsi sul pavimento.
    Fatto ciò tornò nel proprio ufficio ed in forma umana aprì le porte dell'aula di trasfigurazione e del suo ufficio. Per poi prendere un libro a caso dalla libreria, sedersi alla scrivania ed attendere.
    - Spero decisamente che venga. Voglio conoscerla -
    Se la professoressa Ivanova avesse notato il bigliettino e lo avesse raccolto avrebbe potuto leggere queste parole: per Eva
    Una volta liberato dalle piegature il pezzo di carta avrebbe rivelato il medesimo contenuto:

    Ho due bottiglie di ottimo vino ed è un peccato festeggiare da solo. Vuole concedermi l'onore della sua compagnia? Se sarà così cortese da accettare l'aspetto nel mio ufficio.
    Samuel Black, nuovo professore di Alchimia.


    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato1"| Scheda | Stat.
    by Lance


    Edited by SamuelBlack - 17/7/2019, 02:46
     
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    eva ivanova
    DOCENTE DI INCANTESIMI
    29 anni
    Erano ore che passava seduta lì, a quella scrivania, a vedere ragazzini andare e venire dal loro banco, per consegnarle gli ultimi compiti di recupero. Si era ridotta all'ultimo per poter dare la possibilità a tutti di recuperare le insufficienze, facendosi in quattro per permettere loro di poter seguire delle lezioni individuali con lei, per avere una preparazione impeccabile.
    Mancavano ancora pochi studenti ed Eva rimase fino alla fine, seduta al posto suo, a scrivere degli appunti su pergamena, per non mettere in suggestione i suoi studenti.
    Non voleva che cascassero in quel breve compito che avrebbero dovuto fare, non pretendeva tanto, ormai, visto i tempi in cui si erano ridotti, voleva solamente poter dar loro la sufficienza per portarli avanti, con la promessa di fare meglio il prossimo anno.
    Ad ognuno di loro che consegnava, la docente alzava lo sguardo e sorrideva amorevolmente: alla fine, per lei, erano tutti figliocci da crescere quanto meglio possibile, quindi dava loro tutto quello che poteva.
    In quell'aula erano presenti anche quei ragazzini che avevano abusato della sua pazienza, sfidando la docente, nella giornata del Rainbow, provando a prenderla in giro. Poveri illusi, si erano guadagnati una bella punizione, e mentre i loro compagni erano a fare un bel giretto sulle loro scope, i mal capitati si trovavano in quell'aula a tremare per la buona riuscita del proprio compito.

    Eva era una di quelle docenti molto tranquille, sicuramente molto più di quelli che erano i suoi colleghi come Guymoore ed Ensor, ma quando perdeva le staff, sapeva essere la strega più perfida e subdola che potesse esistere sulla faccia della Terra. E quei quattro che continuavano ad osservarla da lontano, pensando che la docente non se ne accorgesse, avevano saggiato solo un briciolo di quell'inferno che avrebbe potuto scatenare.
    Batté la mano una volta sulla scrivania, per poi schiudere le labbra e «Ultimi cinque minuti. Consegnate...» non voleva rimanere più di un minuto in più, in quell'aula. Aveva bisogno di una doccia, di qualcosa sotto i denti e magari, perché no, di uscire a prendere una birretta ai Tre Manici di Scopa.
    Dopo pochi attimi, si alzarono gli ultimi supersiti e si avvicinarono alla scrivania, in fila indiana a consegnare i loro elaborati.
    L'ultimo di loro, schiarì la voce, quasi imbarazzato. Eva sollevò lo sguardo e si trovò davanti il più timido del corso, che aveva provato a spronare più di una volta, vedendo del grande potenziale in lui «Dimmi, caro...» il calore della sua voce, con quell'accento londinese imperfetto, ancora reduce dalle inclinazioni rumene che si portava nelle vene, poi il sorriso sdolcinato di chi vuole farti trovare fiducia nelle capacità nascoste «Profe-professoressa... i risultati quan-quando saranno dis-dis-disponibili?» quello era un altro motivo per cui molto spesso quello studente non riusciva a spiccare nella sua materia. Eva inclinò il capo, lasciando che le ciocche bionde scivolassero morbidamente «Suppongo già domani, caro. Non ho programmi per questa sera, quindi vi correggerò i compiti...» gli fece un occhiolino «Ora va! Sei libero!» e con le mani e il sorriso disegnato sul volto, scrollò via il ragazzo invitandolo ad andare a divertirsi.

    Finalmente era sola. Doveva solo ultimare le ultime relazioni che aveva intrapreso durante la prova dei ragazzi e poi poteva chiudersi in stanza, poco sopra, per poter fare una bella doccia.
    Non ci volle molto, quando finì si stiracchiò sulla poltrona, quindi, sentendo le ossa rispondere ad ogni suo movimento, con un crick leggero, poi fece leva sulle braccia e si alzò.
    Riordinò la scrivania e salì le scale.
    Aggrottò la fronte, vedendo - nell'istante stesso in cui rimase sulla soglia - un bigliettino volteggiare per la stanza.
    Lo afferrò, prima che volasse via definitivamente, quindi lesse la prima incisione "Per Eva".
    Alzò gli occhi al cielo, certa che fosse qualche altra dichiarazione di qualche studente in piena fase ormonale, che ancora non aveva capito che non ci sarebbe potuta essere alcuna relazione proibita tra loro.
    Aveva due cassetti colmi di lettere e bigliettini, li conservava non per vanto, ma per gentilezza. Non sarebbe stato bello sapere che quei foglietti fossero stati incendiati dopo la lettura.
    Come con tutti gli altri, spiegò con leggerezza il foglietto che aveva tra le mani e ne lesse il contenuto.
    I suoi occhi sgranarono leggermente e un ciuffo magenta si colorò nei suoi capelli, diventando via via più rosso, nella lettura dell'invito.
    Ok, quella era una cosa decisamente più strana di un ragazzino invaghito.
    Aveva sentito che Victoria avesse accettato un altro docente - povera stella - ma non aveva avuto il tempo di accoglierlo, tra esami e tutoraggio. Non ricordava nemmeno di averlo mai visto in giro per i corridoi, quindi come poteva sapere che---
    Ahn, troppe domande, dopo tanto lavoro. Non andava bene così.
    Guardò verso il basso, sulla scrivania dove aveva riposto i compiti: aveva detto allo studente che per domani sarebbero stati pronti, ma se fosse andata da quel nuovo docente, non avrebbe fatto sicuramente in tempo.
    Tirò un respiro e ripose il biglietto sul letto, quindi entrò in doccia, dove ci avrebbe pensato ... per un po'.

    Non si può negare che l'invito del docente di Alchimia fosse stato fatto con classe ed eleganza, oltre che in modo inaspettato. Eva era ancora a guardare il foglietto aperto, sul suo materasso, avvolta nel suo asciugamano, ancora umida dalla doccia.
    Alla fin dei conti aveva detto che voleva bere qualcosa, che non fosse birra, ma vino, era ancora meglio. Amava il vino, quasi quanto la birra ed era sicuramente di classe come scelta.
    «Dai, Eva... alleggerisciti un po'... stai sempre china sul lavoro...» la sua coscienza (o il suo diavoletto malefico) le stava suggerendo di fare un salto dal docente.
    Aveva perso un'oretta da quando aveva ricevuto il messaggio, probabilmente non la stava nemmeno più attendendo, ma... tentare non nuoceva a nessuno, no?
    Aprì il suo armadio e prese, con un sorriso sferzante sul volto, ciò che avrebbe messo: una gonna di pelle, a tubino, vita alta, con delle cerniere laterali per le tasche, finte, la lunghezza arrivava ad un terzo della sua coscia. Sopra optò per un top, infilato nella gonna, di pizzo rosso, con delle decorazioni astratte che coprivano il seno, lasciando intravedere comunque la pelle nuda, una scollatura vertiginosa, schiena scoperta, con il cordino del top che si chiudeva attorno alla nuca con un bottoncino [x]. Ai piedi un decolté classico, nero, con tacco a spillo.
    I capelli vennero lasciati mossi, biondi, seppur sapeva che erano a rischio colorazione immediata se non avesse tenuto ben a freno le sue emozioni.
    Non aveva messo del trucco eccessivo, un filo di mascara e di eyeliner, con le labbra colorate dello stesso rosso del suo top.
    Aveva sceso le scale con tranquillità, quindi, avviandosi verso la stanza del docente, che era poco distante dalla sua.
    «Ma tu guarda, quindi ho anche un vicino, adesso... vediamo un po' che tipo è...» aveva bussato con delicatezza, quindi attendendo di ricevere permesso di entrare.

    Se questo fosse avvenuto, avrebbe mostrato tra le due dita, indice e medio, della mano destra, il foglietto dell'invito e con tono caldo e lieve, sorriso accennato sul volto «Credo di avere un invito che mi porti proprio qua. Evangeline Ivanova, ma ... può chiamarmi Eva, signor Black.» aveva poggiato una spalla allo stipite della porta, dapprima, ma al momento della presentazione, vi si era presentata davanti allo sguardo del collega, in tutta la sua forma e splendore, allungando una mano verso di lui.
    Il suo sorriso enigmatico non si spegneva dal volto, tra le ciocche di capelli, una sfumatura rossa iniziava ad intravedersi «Grazie per avermi invitata a festeggiare con lei, se l'invito è ancora valido e ... non l'ho fatta attendere troppo...» chinò lo sguardo, quindi, guardandolo di tanto in tanto di sottecchi.
     
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    Samuel Black
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    Il caso aveva scelto per lui"La Chiave del Mutamento" di Benjamin Crofford. Idee per formule trasfigurative semplificate il cui obbiettivo fondamentale fosse rinnovare la Trasfigurazione stessa per far così raggiungere ad un suo specialista il cuore più primevo ed attraente di quell'arte: questo il suo contenuto.
    Normalmente Samuel sarebbe stato molto interessato ed avrebbe gustato ogni lettera con entusiasmo. D'altronde l'aveva già letto tre volte quel libro e tutte e tre le volte il suo cuore sembrava gridare eccitato -Benjamin! Sei un genio! Siamo arrivati a conclusioni simili facendo percorsi differenti! Ti amo!-. Tuttavia in questa occasione il cervello faceva fatica ad abbracciare ognuno di quei piccoli e neri esserini chiamati parole. Con difficoltà li analizzava e ne estraeva i segreti necessari a stimolare la sua mente per portarla così verso porti di nuove possibili idee. Non era come al solito. Non c'era magia, ma distrazione.
    Quando si accorse definitivamente di star solo muovendo gli occhi tra una riga e l'altra, mentre, invece, i pensieri erano tutti impegnati a costruire nel dettaglio un volto tipico dei profumi dell'est, chiuse le pagine ed incastrò lo sguardo sul vetro della prima delle bottiglie che aveva portato. L'aveva stappata poco prima di lanciarsi nella lettura. Il vino deve essere decantato per almeno un’oretta per dare il meglio di sé. - Perché l'attesa di una bella donna che non hai mai visto è sempre così...così difficile? - Si, difficile era la parola giusta. Non sai cosa ti aspetta, sai solo che è bella. Allora la tua fantasia inizia a lavorare punzecchiata dal favoloso muro dell'ignoto. Tu non sai, allora crei. Tuttavia non è sempre un’azione volontaria. Che tu ti decida di lasciare andare o meno alla tua immaginazione è, prima di tutto, il tuo subconscio a fare una scelta. Quindi se tu stai cercando di far passare un tempo interminabile leggendo un libro e sai che una bella donna misteriosa prima o poi arriverà, lui, quello stronzo del tuo subconscio, con l'insistenza di una nutria affamata inizia a sbatterti in faccia mille possibili fisionomie, odori, curve, voci; ed il puzzle donnesco da comporre quel giorno era Eva.
    Si, poco fa ho scritto arriverà e l'ho fatto perché Samuel sapeva che sarebbe arrivata; per quanto lui avesse pregato affinché quel fatto avvenisse. Qualunque persona se stuzzicata da qualcosa di misterioso e sconosciuto abboccherà se la giusta esca viene utilizzata e Sam era fermamente convinto della qualità delle sue. Fatto sta che per quanto fosse convinto della sua venuta Eva non arrivava - Eva. Oh Eva! Tu devi essere una donna di classe! - La superficie lucida e scura venne accarezzata dagli occhi bruni, talmente tanto che la realtà si smussò ed il vetro diventò un viso morbido. La pelle chiara. Occhi di ghiaccio. Capelli mossi, biondi e liberi. - Oh Eva. Bella. Sicura di te. Una donna che vuole essere attesa ma a cui non piace attendere- Le palpebre si chiusero ed aprirono come scatto fotografico. - Ahimè una bottiglia è solo una bottiglia e tu non sei ancora qui.- Lo sguardo saltellò sul suo orologio da polso. Era passata un ora da quando era rientrato. Si alzò in piedi ed anche se le sue labbra sorridevano Sam sbuffò un poco. - Ma sai, anche a me non piace troppo attendere. Meglio tenersi occupati con qualcosa di più pratico della lettura. - lo sguardo volò per un attimo a "La chiave del Mutamento". Quel libro lo stava osservando sconsolato, ne era sicuro. - No non ti ho tradito Benjamin, ma solo posticipato i nostri momenti di passione. -Lo prese e lo ripose dove lo aveva trovato, poi non servì liberare la scrivania, che era già vuota, ma spostò la propria sedia sul lato corto del lungo mobile di legno. Sarebbe stato più vicino alla sua bella. Vi avvicinò anche la borsa. - è cosa buona e giusta avere sempre l'alcool a portata di mano. - Squadrò la scrivania e lo spazio adiacente. - Manca ancora una cosa -
    Con passo deciso raggiunse la stanza da letto. Non occorreva prendere un altra sedia, era già davanti alla scrivania, dalla parte della porta. Invece era necessario recuperare dei bicchieri. Fortunatamente qualcuno, che fosse stato il precedente insegnante o la preside o chicchessia non aveva importanza, ci aveva già pensato. Sul muro, davanti al letto, c'era una grande cassapanca di legno. Erano lì? Ovviamente no. Cosa ci dovrebbero fare dei bicchieri dentro una cassapanca di legno? No, no. Affianco a questa però stava un mobiletto più piccolo, sempre in legno, con una teca di vetro ed al di là di questa c'erano dei calici di cristallo. - Per la barba di tutte le barbe! Questa si che è una sorpresa!- Tutto soddisfatto trotterellò nell'ufficio appoggiò i bicchieri sulla scrivania, e poi due dita bussarono alla porta già aperta. - Ahh finalmente è arrivata! - - Avanti! - Il tono era giulivo, ma elegante ed altrettanto giulivamente ed elegantemente si girò.
    Fortuna che aveva appena appoggiato i cristalli.
    Due labbra carnose all'amarena, una pelle capace di rivaleggiare con le porcellane cinesi, capelli liberi, come se li era immaginati lui, biondi e... si, aveva ragione lo studente incontrato sulle scale, due tette enormi. forse però il suo futuro alunno non le aveva mai viste così. Erano "coperte" a mala pena da un elegante top rosso bordò semi trasparente.
    Tutto questo era ora appoggiato allo stipite della sua porta, cartellino colpevole della sua presenza alla mano.
    La posizione faceva sì che la gonna a tubino di pelle nera rendesse maggiormente visibili la scollinatura dei fianchi e la fisicità morbida delle cosce.
    Samuel Black era giustamente paralizzato.
    I suoi occhi non si erano mai poggiati su qualcosa di più bello e provocante di quel vedo non vedo orgasmico, di quel nasetto elegante, di quegli occhi grandi e verdi.
    Non riuscì a dire alcun che. Era stato spiazzato e la bionda poteva notarlo perfettamente. Il labbro inferiore dell'uomo era caduto di quel mezzo centimetro appena accennato, ma sufficiente a rendere la sua bocca stupefatta, mentre occhi e sopracciglia si erano fatti più grandi per assorbire al meglio tutta la bellezza che avevano di fronte.
    L'alchimista riuscì a riprendersi soltanto quando quella fata bianca rossa e nera non si avvicinò a lui porgendogli la mano, gli parve che per un momento un ciuffo di lei si fosse fatto un po' rosso, ma non ci fece troppo caso.
    La staticità del trentenne fu allora spezzata come d'incanto dal movimento di lei ed uno sbuffo divertito, ma lieve, non volgare, ne risultò - Perdoni la mia maleducazione ma se era sua intenzione stupirmi c'è proprio riuscita...Eva- si avvicinò con un passo deciso ma elegante, raccolse con leggerezza l'organo prensile della donna e fece il gesto del baciamano. Le labbra sottili e mascoline non ne toccarono il dorso, lo sfiorarono soltanto. Gli occhi bruni si alzarono sui suoi - Io sono Samuel Black, il suo nuovo collega e sono veramente onorato di fare la sua conoscenza. - Avrebbe aggiunto anche qualche altra parola meno elegante, forse, ma non era il caso. Questa era sicuramente una donna da conquistare passo-passo e con fatica, per quanto il suo top potesse far pensare diversamente. - Questi occhi sono troppo energici per essere quelli di una donna facile.- O forse semplicemente ci aveva fantasticato troppo poco prima e l'impatto della sua bellezza aveva aumentato ancor di più la divinizzazione dell'insegnante d'incantesimi, che magari, invece, era più malandrina della più provocante "cameriera" dei peggiori bar di Caracas.
    Fatto sta che dette quelle parole si alzò dall'inchino necessario a sfiorarle la pelle, sforzandosi con tutto sé stesso di non far cadere lo sguardo sul suo seno, ma di tenerlo ben fisso sugli occhi di lei.
    Se Eva non l'avesse già spostata, la mano destra sarebbe rimasta sotto quella della donna , ma con leggerezza e garbo, se lei avesse voluto ritrarla nessuno al mondo glielo avrebbe impedito - Certo che è ancora valido ed anzi si metta pure comoda- con la sinistra avrebbe indicato la sedia davanti alla scrivania e nel mentre due passi all'indietro avrebbero ceduto il passo alle liscissime gambe della collega. Nel gesto le lunghe e robuste dita furono sfilate con naturalezza da quelle di lei. - Innanzitutto la ringrazio per essere venuta, nonostante il mio invito un po'... particolare e credo inaspettato - Il sorriso era sinceramente grato, ma lui sapeva che probabilmente era venuta lì solo grazie alla modalità dell'invito. Un biglietto volante da una finestra a 50 metri o più di altezza può stupire con facilità. - Mamma, papà. Vi ringrazio di avermi fatto nascere così - Anche lui si diresse alla sedia- E poi, se posso essere sincero- se la donna si fosse già seduta le sarebbe passato alle spalle, altrimenti avrebbe fatto il giro della scrivania- Non guardarle le tette, non guardarle le tette! - riuscì a non guardarle le tette - siete così bella che avrei potuto aspettare non solo per tutta la sera, ma anche per tutta la notte - Un gran sorriso. Poi prese la bottiglia e parlò con voce calma e profonda - Questo è un Wrotham Pinot del 2006. Uno dei primi vini Inglesi decenti. -Versò nel bicchiere più vicino all'Ivanova , poi nel suo. Appoggiò la bottiglia, e si sedette. - Non guardarle le tette, non guardarle le tette! - Per un solo piccolo istanti gli occhi furono deboli e si adagiarono su quelle curve che mal si nascondevano dietro la tela rossa incredibilmente sottile. Forse però ( ed è un sì. Lo fecero) quel singolo attimo era risultato sufficiente a far arrosare i suoi zigomi ben sbarbati. Il cervello cercò una via di fuga - un vino più che adeguato per festeggiare il fatto che una strega come la Burke mi abbia riconosciuto - occhi in quelli di lei, stavolta non sulle sue tette - e per essere bevuto in sua compagnia - Levò alto il bicchiere per fare un brindisi con la collega.- Salute! -

    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato1"| Scheda | Stat.
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    Edited by SamuelBlack - 18/7/2019, 21:25
     
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    Vi starete chiedendo perchè Eva ci avesse messo così tanto a prepararsi, vero?
    Diciamo che il problema più grande lo aveva avuto nel riflettere se fosse giusto o meno presentarsi in stanza di uno sconosciuto, seppur fosse un collega, a festeggiare qualcosa di sicuramente bello, ma che era strettamente personale ed intimo, come un posto nell'Accademia di Hidenstone.
    Era indecisa mentre si passava la schiuma sulla pelle nuda, mentre l'acqua le coccolava i capelli biondi e mentre il manto dell'asciugamano l'abbracciava assorbendo quell'acqua che le scivolava sul corpo perfetto.
    Poi era uscita dalla doccia e si era chiesta se fosse davvero un collega o era solo la trappola di qualche studente... alla fine non si era mai sbilanciata troppo con loro, ma sapeva che erano in tanti ad avere fantasie che avrebbero fatto di tutto per soddisfare.
    Eppure aveva sentito parlare del nuovo docente di Alchimia, quindi probabilmente stava solo facendosi pippe mentali che avrebbe potuto lasciare a casa, una volta tanto.
    E poi c'era anche la condizione mentale che spingeva Eva, ma mano che si vestiva, a chiedersi che cosa avrebbe dovuto aspettarsi se avesse deciso di andare a quell'invito: basso, grasso, con i capelli oliosi, la gamba di legno e le mani ruvide. Ecco come immaginava un docente di alchimia, magari anche con un occhio di vetro, saltato per qualche trasfigurazione andata male.
    Sì, sicuramente era così, sulla cinquantina, magari... e la sua camera sarebbe puzzata di qualcosa di stantio, oltre che di vino andato a male.
    Si sedette sul letto e chiuse gli occhi, buttandosi indietro.
    Non poteva rinunciare sempre a tutto, solo per paura di quello che si trovava dall'altro lato della porta, doveva metterci la stessa sicurezza che ci metteva ad insegnare a quei ragazzini a lottare in quel mondo di cui lei non voleva sentirne parlare.

    Sarebbe andata.
    Insomma, non doveva mica per forza trovare il belloccio di turno, con cui bere un bicchiere. E poi, si trattava solo di far compagnia ad un collega, dello stesso piano, quindi non era nemmeno lontano dalla sua stanza. Sicuramente sarebbe capitato una volta o l'altra che avrebbero dovuto passare del tempo insieme, quindi tanto valeva conoscerlo prima del lavoro, magari sarebbe stato più piacevole parlare e conoscere questo nuovo e misterioso docente.
    E poi, c'era quel bigliettino apparso nella sua stanza che aveva un certo tocco di classe.

    «La Fortuna sa far entrare in porto anche le navi senza timoniere.»
    Questa fu la frase che venne in mente ad Eva, quando la porta della stanza si aprì.
    Davanti non aveva sicuramente il cinquantenne che si aspettava poco prima. Tirò un respiro profondo, mentre qualche ciocca di capelli prendeva sfumature indecise tra il rosso e il magenta, un misto tra la curiosità e l'imbarazzo.
    Forse avrebbe dovuto scegliere degli abiti più sobri, visto l'effetto che aveva avuto la sua immagine agli occhi dell'uomo.
    Chinò per un attimo il capo, portandosi una chioma dietro l'orecchio, con un sorriso incerto. Si morse, quindi, il labbro, spiando il docente che ancora non spiccicava parola in sua vista.
    Questo si che la metteva in imbarazzo, insomma essere osservata come se da un momento all'altro potesse trasformarsi in un licantropo.
    «Ehm... tutto bene?» chiese in un soffio caldo di voce, guardando il ragazzo dritto negli occhi. Alla fine, qualcosa doveva rompere anche quell'incanto che aveva stregato il docente, forse la sua stessa voce, sperando che non facesse lo stesso effetto del canto di una sirena.
    Lo osservò avvicinarsi, studiandone i movimenti, eleganti e raffinati, per quell'aspetto che aveva da bad boy. La sua voce, poi aveva una cadenza quasi perfetta, un tono rassicurante e deciso.
    Eva sorrise imbarazzata al suo dire, quindi osservò quel baciamano, sgranando le iridi e schiudendo le labbra per un attimo.
    Quel modo d'altri tempi, non era di certo da tutti, doveva ammetterlo. Forse non aveva poi tanto sbagliato ad accettare quell'invito: una chiacchierata e un bicchiere di vino, continuava a ripetersi la metamorfomaga nella testa, non avrebbe fatto male a nessuno un attimo di stacco dal lavoro.
    «Sicuramente, ammetto, che anche lei non ha la gamba di legno e l'occhio di vetro, come avevo immaginato...» lo ammise con tutta l'ingenuità che si impadroniva di lei, in quella versione poco professionale di cui vestiva i panni. Quando lo smeraldo incrociò gli occhi bruni del ragazzo, Eva rimase per pochi frangenti ad osservarlo in silenzio. Il suo sfiorarle la pelle, le aveva fatto risalire un leggero brivido, che Eva cercò di gestire nella migliore delle modalità, cercando di non dar a vedere che stava risalendo lungo la spalla, peccato che la pelle, involontariamente, si arricciò leggermente.
    Era come se stesse cercando di capire oltre quel colore cosa ci fosse, come se volesse iniziare a capire chi avesse davanti e perchè avesse voluto lei, in quella stanza.
    «Troppi pensieri, Evangeline, troppi pensieri... goditi la serata nella sua semplicità.» la vocina nella sua testa era più decisa a toglierle il peso di quella sua rigidità. Forse doveva ascoltarla.

    Si rese conto di avere ancora la mano destra su quella del docente, quindi lentamente la fece scivolare verso il basso, ad interrompere quel momentaneo contatto, come a voler riprendere il suo spazio e a dimostrare all'altro che un baciamano non sarebbe servito sicuramente a farle abbassare la guardia. Tutto questo, però, venne fatto con l'eleganza che la caratterizzava e con il sorriso cordiale che le illuminava il volto.
    Si accomodò sulla sedia indicatela e rise al suo dire.
    Effettivamente era salito molto in alto il bigliettino «A tal proposito... come ha fatto, il suo invito a finire nella mia stanza? E... come faceva a sapere che fosse la mia stanza, con certezza?» lo guardò con gli occhi vispi, curiosi di sapere come fosse giunto a lei. Inclinò il capo, mentre la gamba veniva accavallata con un movimento raffinato e fluido, la destra sopra la sinistra, mentre la gonna scivolava un tantino più su di dove sarebbe dovuta essere, ma senza che questo invalidasse la vista di qualcuno nella stanza.
    Rimase in ascolto, con un sorriso divertito disegnato sulle labbra di ciliegia, aveva sicuramente notato, Eva, che Samuel ancora non aveva posto sguardo sulle forme che si affacciavano dalla maglia, questo era un ottimo passetto in avanti.
    Sicuramente aveva indossato quella maglia perché le piaceva, ma anche per scrollarsi di dosso quella sensazione di essere sempre troppo consona alla sua posizione in quella scuola.
    Alla fine, poteva darsi un attimo un'aggiustata, per un bicchiere di vino con un collega, no? Che male c'era?
    «Tutti questi complimenti mi lusingano, Professor Black, tuttavia può darmi del tu, mi sembra giusto che tra colleghi ci sia un certo... filo di confidenza.» lo sguardo non lasciava il volto del collega, sottolineando la parola "confidenza" con una pausa leggera, quasi un sospiro.

    Eva non era solita sbilanciarsi, tuttavia questo non voleva dire che non sapeva come comportarsi con un uomo. Per quanto fosse ingenua e per lei le parole Wrotham Pinot del 2006, significassero solo "buon vino", non aveva dimenticato che tra adulti poteva anche lasciare andare un attimino quel freno inibitore che aveva tenuto sopito per molto.
    Un passo per volta, sia chiaro...
    Gli occhi di Eva seguirono per un breve istante quelli di Samuel, che scivolavano tra i seni. Quindi prese un respiro profondo, gonfiando il petto, come a volerlo mettere sempre più sotto tensione, quel povero uomo, per poi allungarsi con il busto verso di lui, per afferrare il bicchiere che aveva riempito.
    Ad Eva risultava veramente semplice apparire sensuale e facilmente fraintendibile, quando non la si conosceva.
    Ritornò ad incrociare lo sguardo di Black, quindi e sollevò il bicchiere per brindare con lui «Sicuramente deve avere del potenziale, per aver conquistato le attenzioni di Victoria.» e il potenziale, Eva poteva ben vederlo davanti ai suoi occhi, nel suo aspetto. Peccato che Eva non era così perspicace e il suo era un modo per elogiare le qualità da docente che sicuramente la Preside aveva visto in lui.

    Posò le labbra sul cristallo del calice, senza distogliere gli occhi dall'uomo, come a volerlo tenere sempre incatenato e sempre sotto controllo, quasi come se lei stessa avesse bisogno di sentirsi sicura di dove lui fosse.
    Fece scivolare lentamente il liquido rosso tra le carnose, per poi staccarle delicatamente e calare il bicchiere.
    Quel vino era decisamente fuori dagli schemi dell'ordinario vino che lei era abituata a bere, quindi doveva andarci piano, sicuramente, per non ritrovarsi brilla nella stanza del nuovo collega. Quindi lo stava sorseggiando con cura, prima di riprendere a parlare «Allora, mi farebbe piacere sapere un po' di più di Samuel Black... chi è? Da dove viene? Quali sono le sue... passioni La parola passioni lasciava intendere qualcosa fuori dall'accademia, Eva era ben intenzionata a conoscere chi aveva davanti, come se si fossero incontrati fuori dall'Accademia. Il piede della gamba accavallata, si muoveva in rotazione lentamente, delicato, mentre il labbro inferiore veniva un pochetto morso per riprendere una goccia di vino che era finito su di questo, in silenzio, con le iridi puntate sull'uomo.
     
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    Samuel Black
    Alchimista|33 anni

    Quel labbro...la sensualità con cui entrò nell'umida caverna di Eva; la sua bocca.
    La goccia di vino era stata catturata, ma qualcos'altro ne seguì le sorti.
    Samuel era in trappola.
    Davanti a lui una distesa di fili sospesi.
    Doveva appoggiare il piede su ognuno, trovare l'equilibrio e poi saltare sul successivo. Un vero e proprio tuffo nel vuoto. Un atto di fede.
    Poi, tanto per complicare il tutto, Eva stessa prendeva a schiaffi quella costruzione effimera di continuo.
    Il mondo sbandava e sotto di esso, nelle profondità del buio, enormi fauci d'amarena si aprivano e chiudevano affamate.
    Troppa furia e l'alchimista avrebbe perso. Divorato.
    Se invece fosse riuscito ad accarezzare ogni ostacolo, a resistere agli scossoni, ad evitare le mine antiuomo che tra un filo e l'altro facevano capolino ed a proseguire fino alla fine... Lui, Samuel Black, avrebbe ben meritato il suo premio: quell'armonica carnosa. Della cui musica avrebbe potuto goderne direttamente con la propria bocca.
    Ormai era una questione di principio. L'insegnante d'incantesimi era troppo bella, troppo provocante e, anche se forse inconsapevolmente, pure troppo brava a tenere le redini di quella tortura all'acqua di rose a cui stava sottoponendo Samuel.
    Lui? - Per tutte le fiale, non mi sentivo così sottopressione da quando il golem di Petr non ha rischiato di uccidermi. L'importante è mantenere la calma- anche se in difficoltà non poteva che fare il suo stesso gioco ed a tal proposito fino a quel momento, almeno a mio parere, non se l'era cavata male. A parte il lungo sguardo iniziale s'intende. Che anche se non era stato tenuto con troppa malizia, ma spinto "solo" dal più grande stupore, non era certo stata una mossa elegante e carina...Però oh mio dio! Si era anche morsicchiata il labbro! Sfiderei tutti voi a resistere davanti a tutto questo. Io? Io non ce l'avrei fatta. Nervi d'acciaio l'alchimista. Nervi d'acciaio.
    Ad ogni modo... ne uscì con qualche scusa ed un baciamano eseguito alla perfezione, ma in quel momento una sua supposizione trovò conferma .Anche in quei momenti di agitazione interiore la sua tradizionale attenzione ai dettagli non si era sfocata del tutto.
    A parte l'espressione stupita che si schise sul volto candido, dei cambiamenti più bizzarri, seppur lievi, si stavano susseguendo sul corpo della bionda. Prima qualche ciuffo, poi la pelle. Si. La sua epidermide si era arricciata allo sfiorar di labbra maschili. - Metamorfomagia? - Tuttavia il momento giusto per tirare fuori l'argomento si sarebbe ripresentato più tardi.
    «Sicuramente, ammetto, che anche lei non ha la gamba di legno e l'occhio di vetro, come avevo immaginato...» Sam si alzò dall'inchino, riuscì a non sprofondare sui suoi seni, la guardò, lei guardò lui. Attimo intenso..- Pfff - uno sbuffo divertito non riuscì a trattenersi e fu seguito a ruota da una risata - Bhè allora sono decisamente contento di non essere come mi aveva immaginato. Decisamente. Che poi, forse forse l'occhio di vetro posso capirlo, od almeno immaginarmi il suo perché; ma la gamba di legno? - Il suo volto era colorito da una sincera sorpresa ed allegria, non si aspettava quell'uscita, ma ne fu grato; aveva ammorbidito un po' la situazione.
    Il contatto visivo comunque non si era ancora perso e diversi pensieri furono fatti dal giovane. Una donna. Un fiore forte, non semplice, non facile, ora era da aggiungere alla lista anche colorato.
    I secondi passarono.
    Un sorriso elegante sfilò la mano elegante da quella maschile e due gambe presero posizione sulla sedia indicata.
    Poche parole poi il nostro uomo la seguì con lo sguardo, con i passi, ma poi piano la sorpassò. Seduto ascoltava la sua voce.
    - Bhè questo glielo spiegherò dopo aver fatto almeno un brindisi, e lei , invece, spiegherà a me altre cose - L'occhietto era vispo e furbo, ovviamente stava facendo riferimento alla Metamorfomagia della donna, ma per mantenere un incontro interessante è necessario spargere un po' di dubbio e curiosità qua e lì. Poi doveva fare qualcosa anche lui no?
    Stava subendo un offensiva su tutta la linea...quella gamba. La gonna che scivola un poco. Aveva percepito il movimento con la coda dell'occhio, ma si sforzò con tutto sé stesso di non guardare. Fiore difficile. Doveva resistere, risultare composto e fenomenale.
    Quanto avrebbe voluto vederla nuda quella gamba, quei fianchi...quel seno.
    - Non guardarle le tette, non guardarle le tette! - Magicamente ci riuscì. Nervi d'acciaio questo ragazzo nervi d'acciaio.
    «Tutti questi complimenti mi lusingano, Professor Black, tuttavia può darmi del tu, mi sembra giusto che tra colleghi ci sia un certo... filo di confidenza.»
    Piano. Si; ma il sopracciglio si mosse lo stesso. - Confidenza? In che senso? - Si passò la mano fra i capelli. Certo era sollevato, ma detto così... confidenza in che senso?!
    Ahhh Eva era terribile. Un avversaria degna di nota; non cessava mai di attaccare. Sam fortunatamente decise di non pensarci troppo, per quanto difficile, e sorrise - Mai stato più d'accordo con qualcuno carissima -
    Il vino fu versato insieme al suo sguardo ed Eva ne approfittò per affondare il coltello nella piaga. Due soffici mongolfiere si fecero avanti ed a Sam sembrò fossero state loro stesse a prendere il calice di cristallo ricolmo di rosso sangue d'uva.
    - Il controllo Sam. Controllo! - Occhi incastrati in quelli smeraldini - Sei sempre così perfida tesoro? Spero proprio di sì. - Per quanto fosse dura resistere, Sam amava esser messo alla prova in quel modo. Poi bastava fare i passi giusti, danzare avidamente ma accarezzando i fili della propria e dell'altra marionetta con destrezza e calma. Le sfide più difficili son quelle che danno più soddisfazioni Era felice, quasi in estasi. La sua maschera di carne era chiara su questo, la spennellata sulle labbra allegra e sincera.
    Magari aveva perso un po' di terreno dopo quella sbirciatina, ma la serata era ancora lunga e lei era appena arrivata.
    La bocca di amarena si schiuse nuovamente. Lui, allora, alle parola di lusinga chinò lievemente la testa e mulinò la mano libera dal bicchiere, il tutto a mò di lieve inchino. - Sei gentilissima Eva! Tuttavia, hai insistito per darci del tu e bhè...comincia anche tu - le fece un occhilino divertito e poi il calice si levò - Salute! -
    Ed eccoci di nuovo a quel labbro...la sensualità con cui entrò nell'umida caverna di Eva; la sua bocca.
    Samuel era in trappola.
    Tuttavia ora la mossa migliore era essere veramente se stessi per un po' e cercare di farla stare a suo agio, divertirla. Smorzare i toni.
    Il vino volò per metà dentro Samuel. Voleva festeggiare ed esattamente questo avrebbe fatto. Per dindirindina! Aveva appena realizzato uno dei propri sogni. Poi non era necessario nascondere il suo amore per il buon alcool, tanto la collega l'avrebbe scoperto prima o poi. Il liquido toccò ogni parte della bocca. Il sapore fu assorbito appieno e poi fatto colare in profondità - Ahhh! Buono! Bert, un mio vecchio amico dalla capitale è riuscito a rimediarmelo - osservò il colore rubino che si frangeva tra le venature del cristallo e poi lo appoggiò focalizzandosi su di lei - Per la tua promozione diceva - rise di gusto scimmiottando la voce da vecchietto dell'amico - anche se io, a dir la verità, fino a quando non ho messo piede fuori dall'ufficio della Burke, ero teso come un Diricawl. Giuro. -
    Tutto ciò era sicuramente vero, ma meglio fermarsi lì, meglio non sbandierare troppo le sue debolezze. Un passo alla volta.
    «Allora, mi farebbe piacere sapere un po' di più di Samuel Black... chi è? Da dove viene? Quali sono le sue... passioni?»
    Ridacchiò. Bicchiere ancora in mano e gambe accavallate - Cos'è il terzo grado? - bevve ancora, ma questa volta sorseggiando piano. Le labbra si baciarono piano e poi a lingua carnosa fece capolino per catturare il vino rimasto sopra; sul lembo di carne superiore.
    Occhi fissi su quelli di lei.
    - Bhè io sono un banale studioso - Lievi giri del polso. la luce della stanza veniva riflessa ovunque da quel rubino sciolto in movimento - Dopo Hogwarts, sono andato ad Harvard, poi a Venezia, poi a Praga. insomma, ho passato gli ultimi dieci anni a bazziccare tra Dottorati, master, corsi di perfezionamento e lavori di ricerca. Fra fiale, magia e golem - un altro sorso di vino per poi appoggiarlo sulla scrivania- come avrai capito, però oltre a ciò, sono un buongustaio in fatto di alcool e compagnia ed invece, tornando al fatto del bigliettino... sono anche questo! -
    I suoi vestiti si fusero con la pelle, con i capelli e con i peli la cui crescita esplose in un battibaleno. Il tutto mentre la testa ed il corpo il corpo si rimpicciolivano, le gambe si avviluppavano l'una sull'altra andando a formare delle scure zampe artigliate, le braccia s'appiattivano in ali modeste e la bocca ed il naso si intrecciavano andando a formare un becco color notte.
    - AHHN AHHH CRAA-
    Sulla sedia, al posto di Samuel, c'era un pennuto dal piumaggio nero sulle ali ed il centro della testa, grigio scuro sul resto del piccolo corpo di 40 cm.
    Il volatile fece un salto e spiccò il volo. Il suo corpo iniziò a disegnare dei cerchi concentrici poco sotto il soffitto per poi planare piano sulla scrivania, vicino alla mano della collega.
    Se questa fosse rimasta calma avrebbe fatto con il becco un lieve buffetto sull'indice di lei, per poi con un battito d' ali posarsi sulla sua spalla sinistra. Gli occhi bruni puntati giocosi su quelli di lei.

    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato1"| Scheda | Stat.
    by Lance


    Edited by SamuelBlack - 26/7/2019, 21:16
     
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    Eva Ivanova
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    Eva non si accorgeva quasi mai dei danni che provocava a livello mentale, a quelle persone che dovevano sopportare quel suo modo di fare. Quei gesti involontari che faceva, quelle che potevano sembrare provocazioni o sintomi di una sensualità voluta, nella sua testa erano, invece, delle semplici complicazioni di quello che avveniva dentro la sua testa.
    Si mordeva il labbro? Era per cercare di tenere a bada l'imbarazzo che poteva sfociare nelle sue ciocche di capelli. Tuttavia non sapeva nessuno che quello era un gesto di controllo e non di provocazione, quindi veniva spesso confuso.
    Ma la docente di Incantesimi, questa cosa non l'aveva ancora imparata, nessuno le aveva spiegato benissimo come funzionasse, quindi inconsapevolmente, si ritrovava diverse volte a mordere quel labbro, guardando il suo interlocutore.

    Proprio come questa sera.
    Lo stava facendo davanti a Samuel Black, il suo nuovo collega di Alchimia, con la quale avrebbe condiviso probabilmente parecchi anni di insegnamento, non solo, ma anche lo stesso piano dove alloggiare. Insomma, c'era molto da condividere durante queste cattedre assegnate.
    E stavano anche iniziando a condividere una bottiglia di vino, per quanto Eva avrebbe preferito mantenere un certo contegno e una certa lucidità. Tuttavia, come sempre le aveva detto Victoria, era importante accogliere i nuovi, che fossero studenti, colleghi o dipendenti, così che loro potessero sentirsi sempre bene tra le quattro mura, di quella prigione dorata, avrebbe volentieri aggiunto Eva.
    Sorrisi delicata come sempre, alle parole del docente, quindi schiuse le labbra e un soffio melodioso rispose alla sua curiosità «Guardi non saprei che dirle, probabilmente perché ho mischiato un po' la figura dell'alchimista con quello di un pirata. E ne è uscito fuori un ibrido di cui non ne vado proprio fiera.» rise elegante, nascondendo per un attimo fugace le labbra dietro la mano.
    Era riuscita, con la sua semplicità, a rompere il ghiaccio dopo quegli sguardi curiosi del docente che l'avevano esaminata da capo a piedi, manco avesse dei raggi x.

    Per un attimo era riuscita a sfuggire alla presa del docente, quasi a voler dimostrare la sua affermazione, il suo essere emancipata e a prediligere il controllo della situazione.
    Altro comportamento quasi automatico, che però era previsto nelle relazioni uomo-donna, dove ognuno cercava di affermare sull'altro la propria indipendenza, nelle prime fasi di conoscenza, così da poter stabilire il giusto equilibrio di una qualsivoglia relazione.
    Eva aveva fatto anche questo, in maniera involontaria, senza nemmeno saperlo.
    E Samuel aveva ripreso in mano il controllo soprassandola delicatamente di qualche passo, quasi a voler affermare il suo essere uomo e a voler dirigere lui quella conversazione che Eva aveva preso in mano, ingenuamente.
    E a quell'affermazione, Eva quasi sussultò, permettendo ad un'altra ciocca di diventare color magenta, sgranando un attimo le verdi smeraldine dallo stupore.
    Tirò un respiro, cercando di frenare quel balzo che il cuore aveva avuto.
    Cosa avrebbe dovuto spiegare? Il suo ritardo? Quello sarebbe stato davvero difficoltoso da spiegare, avrebbe dovuto impegnare ogni frazione di secondo e ogni microespressione per mentire sul motivo per cui avesse fatto tardi.
    Quella era l'unica cosa che Eva pensava di dover spiegare al cospetto dell'uomo.
    «Sicuramente ognuno di noi avrà da porre nel piatto un qualcosa, a quanto pare... chissà se varrà la pena, allora, attendere...»
    Anche questa volta aveva cercato di riprendere in mano la conversazione, mentre lo smeraldo dei suoi occhi, curioso si pose sul volto del collega, con l'angolo destro delle labbra che si increspava in un sorriso che poteva apparire quasi malizioso, misto a quello sguardo sottecchi che stava accarezzando il viso del docente.

    Quando il tasto di conversazione si spostò sulla confidenza, il volto di Eva disegnò un'espressione interrogativa, seppur sempre elegante, a guardar il movimento del sopracciglio di Samuel. Non lo mollava un secondo, voleva studiarne ogni piccolo atteggiamento.
    Non aveva ancora capito perché era stata scelta lei, per stappare quella bottiglia e festeggiare quel suo essere diventato docente di Hidenstone.
    «Io non festeggerei se dovessi rivivere tutto da capo... non sa in cosa si è andato a buttare... compiti, lezioni, gite... adolescenti in preda agli ormoni... insomma, un'inferno con i diamanti...»
    Si sentiva il peso della stanchezza di quello che era stato un anno impegnativo, tanto che Eva voleva quasi urlare al nuovo collega di scappare, finché fosse in tempo.
    Tuttavia, il pensiero di ritornare da sola su quel piano, aveva arrestato questa sua volontà di salvare l'uomo.
    Forse un po' egoisticamente, con l'idea che almeno aveva qualcuno a cui bussare per chiedere qualche pergamena in caso le avesse finite.
    Quando la sua risposta arrivò, Eva addolcì il volto ancora una volta, inclinandolo sul lato destro «Essere d'accordo su qualcosa, è il primo passo per un'ottimo rapporto... non crede?» aveva nuovamente lanciato l'amo verso Samuel.
    Lo faceva con così tanta facilità e, allo stesso tempo, ingenuità, che quasi non se ne rendeva conto.
    Non era brava a flirtare, così come non era brava a capire che chi aveva davanti avesse interessi superiori.
    Osservava con attenzione ogni sua movenza, con un sorriso compiaciuto sul volto delicato.
    «Volentieri, Samuel...»
    Il tono si rese più vellutato nel proferire il nome del docente, quasi a voler ricalcare con la sua voce calda, l'accento di quell'appellativo.

    Poi venne il brindisi.
    Mentre faceva scendere quel liquido rosso tra le sue labbra, in maniera lenta e controllata, gli occhi erano fissi sul ragazzo.
    Quando il brccio scivolò verso il basso, calando il bicchiere vuoto per metà, scoprì le labbra di Eva sorridere per i complimenti che il docente stava ponendo al suo fornitore del vino.
    Annuii piano, la rumena, con un sorriso appena accennato.
    Sapeva benissimo che tipo di tensione creava quella megera della Burke, ma non poteva farci niente, lei anche per farti un complimento, riusciva a creare la suspance dei film horror.
    «La nostra Preside sa come tenerti sotto pressione, con un solo sguardo, in effetti...» si lasciò fuggire quella confidenza, chinando poi lo sguardo sul bicchiere e facendo giocare delicatamente il liquido al suo interno, decantandolo.
    Poi gli occhi tornarono su Samuel, osservandolo bere, prima di dare la risposta alle sue mille domande che la donna gli aveva posto.
    «Insomma, ti piace viaggiare. Che cosa interessante... » commentò tra una pausa e l'altra del docente che aveva davanti.

    Poi la conversazione rubò la sua attenzione, ritornando sulla questione "bigliettino".
    Improvvisamente la figura del professore iniziò a cambiare, una metamorfosi quasi simile a quella che lei poteva permettersi in fatto di persone, lui lo faceva in animale.
    Eva sgranò gli occhi, stupita, con le ciocche che si coloravano ancora di più.
    Quindi si sporse a guardare la figura della Taccola, per poi rimettersi a sedere per seguirne i concentrici voli al soffitto.
    E poi seguirlo repentina appoggiarsi vicino alla sua mano.
    Il suo sorriso era solare, le piaceva quell'uccellaccio e ora aveva ben chiaro come fosse arrivato alla sua stanza.
    Non sapeva se questo fosse un bene o un male, probabilmente da oggi avrebbe dormito con le tende chiuse per evitare di esser spiata in stanza, ma era davvero carino.
    Quando l'animale si avvicinò al suo dito, Eva allargò le labbra in stupore, non aspettandosi un contatto, poi lo guardò, volgendo lo smeraldo sulla spalla sinistra. Provò con la mano destra a carezzargli il testino, delicatamente, se lo avesse permesso «E quindi sei un animagus, eh... mica male... diciamo che anche io ho un ... qualcosa di simile...» e mentre lo diceva, lentamente i suoi capelli si tirarono indietro, accorciandosi e diventando scuri, il suo volto irrigidì i lineamenti, gli occhi si scurirono e a missione compiuta il suo volto assunze le sembianze di Samuel... sul corpo di Eva.
    «Eccoci qua...» povero Samuel, doveva sopportare anche questo...

    made by zachary

     
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    Samuel Black
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    La risata dell'Ivanova riempì i timpani, gli occhi e la bocca di Samuel che si allargò divertita, mentre la testa lievemente s'inclinava pensosa - Bella nel corpo, nella mente e nella voce. -Il capo ruotò un poco e lo sguardo andò al cielo, poi tutto tornò al suo normale assetto - Non sarebbe affatto male fare...l'al… l'alchipirata! - Annuì soddisfatto del nuovo termine inventato. - Viaggiare libero, affondare le navi a suon di golem e trasfigurazioni. - la mano tastò la spalla come a voler cercare qualcosa. - Mi mancherebbe soltanto un pappagallo multicolore e via! -Si trattenne dal ridere, voleva dare a lei l'onore, ma ad ogni modo non riuscì a trattenere un sorriso.
    Dopo questa boccata d'aria fresca lo strano duello mentale in parte voluto, in parte inconsapevole e combattuto a suon di sorrisi continuò sulla scrivania personale del professore di Alchimia.
    Gli insegnanti infatti, dopo veloci, sensuali movenze, cambi di colore e piccoli discorsi, erano lì; pronti a bere del buon vino.
    «Sicuramente ognuno di noi avrà da porre nel piatto un qualcosa, a quanto pare... chissà se varrà la pena, allora, attendere...» Samuel ridacchiò. Si, fu solo quella la sua risposta. Una risatina. - Che uscita imperiosa! Forse un po' preoccupata. Chissà che cosa sta pensando in questo momento - In qualche modo è soddisfacente instillare i più piccoli dubbi nel cuore degli altri e lo è, ancor di più, quando la verità è molto palese e banale per chi il dubbio lo insinua; e proprio di questa soddisfazione stava godendo in quel momento l'alchimista.
    Sempre gli è piaciuta questa tensione dialettica: a Bushmills, ad Hogwarts, nelle varie istituzioni dove ha studiato e lavorato ed anche lì, in quella stanza, il suo ufficio, in quel momento; con la bella Ivanova.
    Ma questa agitazione e questa pizzichevole ansia, l'unico modo efficace che lui aveva per contrattaccare alle provocazioni sensuali della collega, non si può creare soltanto con le parole. Anche il silenzio è molto efficace.
    La conversazione procedeva e Samuel iniziò a sentirsi quasi in presenza di un grande occhio di fuoco che tutto nota ed annota.
    Avete mai provato la sensazione di essere analizzati e studiati? Quella sensazione di formicolio che vi spinge, magari, a voltarvi all'improvviso ed a notare che sì, quella persona seduta poco distante da voi vi stava guardando intensamente? Ecco Sam, non aveva niente e nessuno dietro a sé, a parte il muro s'intende; quella sensazione ce l'aveva spalmato sul viso e davanti a lui c'era soltanto una persona.
    Un piccolo ghigno, malizioso e privo di cattiveria, segnò il viso del trentenne mentre le brune pupille erano incastonate in quelle smeraldine. Voleva che lei vedesse quella specie di sorriso, che vedesse e che continuasse ad interrogarsi. Perché su qualcosa si stava certamente interrogando, sennò non avrebbe guardato Sam a quel modo. - Che si stia ancora chiedendo dell'invito? Come facevo a conoscere la sua stanza?- continuava a ricambiare lo sguardo, a fissare i suoi occhi, cercando nel frattempo di mantenere la lucidità. Se voleva uscirne vincitore doveva rimanere concentrato ed analizzare la situazione fino alla fine. Tuttavia ancora doveva riprendersi del tutto da quelle enormi tette che poco prima avevano afferrato il calice di cristallo.
    Più volte, i suoi pensieri intimarono al corpo di ritrovare il controllo ed in qualche modo ci riuscì.
    A quel punto l'altra sola spiegazione a tutta quell'osservazione attenta della collega nei confronti del trentenne si palesò a lui. - O magari c'e qualcos'altro? Ad esempio il perché ho scritto a lei ed a nessun altro? Si, ma a parte tutto col cavolo che farò trapelare il motivo. - Sarebbe stato decisamente inelegante e poco favorevole alla "causa".
    Samuel era felice, quasi in estasi. Eva era una preda difficile. Una predatrice lei stessa, anche se inconsapevole. Tutto ciò non poteva che inebriare il mago che da molto non fronteggiava un "nemico" simile.
    Le labbra d'amarena si schiusero ancora: «Io non festeggerei se dovessi rivivere tutto da capo... non sa in cosa si è andato a buttare... compiti, lezioni, gite... adolescenti in preda agli ormoni... insomma, un'inferno con i diamanti...»
    Era sincera, lo si capiva dal volto.
    L'irlandese roteò ancora il calice. il vino danzò per un attimo. Occhi socchiusi a gustarne i colori.

    - Eva. - Aveva già ricevuto l'invito di rivolgersi a lei in maniera meno informale - Ammetto di essere solo teoricamente pronto ad affrontare decine e decine di ragazzini-ormone, ad affrontare la routine scolastica e quant'altro - il polso si mosse elegantemente come per scuotere via il quant'altro - tuttavia questo posto, l'accademia di Hidenstone, è una, se non la, più prestigiosa istituzione del regno Britannico e perfino del mondo. Oltre ad arricchire il mio curriculum in maniera indiscutibile, sotto la Burke avrò libero spazio di sperimentazione -
    Indicò la stanza con la mano libera dal calice - Uno studio tutto mio rifornito dei migliori strumenti, la possibilità di consultare liberamente la biblioteca del castello, compreso il reparto proibiti. Gli agganci che tramite questa cattedra potrò ottenere con diversi istituti di ricerca e con il ministero per ottenere altri materiali, volumi ed informazioni e la possibilità di mettere alla prova le mie conoscenze ed abilità davanti alla giuria più critica, spietata e proprio per questo migliore di tutto il mondo: una sequela di giovani menti. -.
    La testa si inclino leggermente in un sorriso, lasciando fuggire un ciuffo ribelle - Credo che le difficoltà di cui parli possano essere ben compensate da tutto questo; e poi - la mano slittò sul capo per sistemare i capelli rivoltosi - posso sempre confidare nel sostegno suo e degli altri colleghi, giusto Eva? - Quel suocosì sottolineato dal caldo e perfetto inglese dell'uomo nonché l'occhiolino vivace che seguì al nome della collega avrebbero potuto dare altri pensieri ed altri cambiamenti di colore alla metamorfomaga; Samuel ne era pienamente consapevole.
    Ad ogni modo il tempo fece quello che sa fare meglio: scorrere.
    Parole che fecero piacere entrambi, altri sorrisi, un brindisi piccoli interrogativi posti dalla donna. Un cenno affermativo ed un po' tremante al ricordo della preside ed una risposta che, forse per umiltà o sempre per qualche strana tattica seduttiva, fu quasi affrettata e non diede giustizia agli anni di sacrifici e risultati fatti e conseguiti in campo accademico.
    Lei fece un apprezzamento elegante, forse un po' superficiale, ma Sam lo accolse dirigendo il proprio torso e le sue mani per produrre un mezzo inchino di ringraziamento.
    Poi fu il turno della trasformazione, del volo e dell'atterraggio della scura e morbida taccola, la quale dopo aver trovato posto sulla spalla candida , con un leggero gracchiare lasciò fare al dito affusolato della donna. - Oddio sì, proprio lì! Ancora un poco! Ahhh - Gli occhietti bruni si socchiusero in preda alla goduria, non aveva ancora sperimentato delle coccole in modalità taccola, e non erano affatto male.
    Tuttavia qualcosa lo distrasse molto. Un sé stesso con la pelle candida, una quarta di seno, un top quasi invisibile, gonna a tubino nera ed un decolté dello stesso colore.
    - CRAAAH! - un saltello sul posto, l'indice che era ancora lì lo graffiò lievemente sul capo, ma niente di grave., tuttavia fu comunque inaspettato.
    Il corvide cadde dalla spalla e riuscì ad evitare l'impatto con il pavimento di un soffio.
    in un turbinio di piume riuscì a girare su sé stesso, riprendere il controllo e tornare sulla sua sedia.
    Il corpo si contorse a gran velocità, espandendosi, il piumaggio si ritrasse ed in un attimo Samuel Black era di nuovo umano.
    Sul volto regnava la sua solita espressione perplessa: la bocca confusa era semiaperta spinta lievemente avanti da una mascella altrettanto frastornata mentre le sopracciglia si spalmarono smarrite per il volto.
    - Avevo intuito che fossi una Metamorfomaga... ma vedere sé stessi così… è decisamente strano, ma soprattutto affascinante! -
    La sua espressione si animò incredibilmente.
    La sua natura curiosa esplose spezzando confusione e perplessità iniziali.
    Aveva cercato di mantenere un contegno e di non pensar troppo alla natura della ragazza prima di quel momento, ma ora ne aveva la certezza. Si, era una Metamorfomaga, un fenomeno naturale e rarissimo di trasfigurazione umana- E' la prima volta che incontro una Metamorfomagus di persona! - appoggiò tremante il bicchiere quasi vuoto sulla scrivania. Samuel era estasiato.
    - Una trasfigurazione umana naturale e perfetta! Lei, pardon tu, sei stata baciata dall'amore di madre natura e padre magia! Ne sei consapevole vero?- Una gran sorriso sincero e poi, gli occhi si assottigliarono curiosi puntando la pelle del proprio doppleganger. Si accarezzò la guancia con la mano sinistra ed allungò la destra verso il suo volto poco lontano. Voleva sentire se la consistenza fosse la stessa, se anche su il volto trasfigurato si sentiva la lievissima peluria attorno alle labbra. Poi si morsicchiò il labbro e ritirò improvvisamente quest'ultimo arto. - So di essere sgarbato, ma sei così incredibile…Una trasfigurazione così...perfetta. - Gli occhi brillavano di puro interesse. - E', è veramente uguale in tutto e per tutto? -alzò di nuovo la mano, di poco. - Posso Eva? - La mano sinistra di Sam era ancora sul proprio viso, mentre la destra in attesa. Il volto era curioso, ma rispettoso. Lo sguardo cercava di non essere invadente come il primo che le aveva propinato e la richiesta fu fatta con un lieve ed educato sorriso.
    Se lei avesse accettato lui si sarebbe alzato, avvicinato piano, inginocchiato e con la maggior leggerezza possibile sfiorato la faccia trasfigurata mentre al contempo toccava la propria. I polpastrelli lisci di chi li ha consumati fra sostanze acide e pericolose avrebbero cominciato la loro lenta corsa dalla linea squadrata della mascella. Sarebbero discesi fino al mento, poi di nuovo su, affianco alla bocca e sopra di essa. Lì, se la trasformazione fosse stata effettivamente perfetta, avrebbe sentito la resistenza di piccolissimi peletti. Un rumore flebile come di sfregamento. Per lei, invece una sensazione di lieve prurito, ma anche piacere.
    Poi sarebbe toccato agli zigomi ed all'attaccatura dei capelli.
    Poi se tutto fosse andato bene. Si sarebbe alzato in piedi - Stupefacente Eva, semplicemente stupefacente - Poi un profondo inchino.
    Se invece lei non avesse accettato - Si immaginavo, in effetti non è molto cortese come richiesta. Scusami di cuore - Poi avrebbe preso la bottiglia inclinata leggermente verso di lei ed esclamato in tono gioviale - Vino? - Se la bionda avesse accettato avrebe servito entrambi partendo da lei, sennò si sarebbe servito da solo.


    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato1"| Scheda | Stat.
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    Eva Ivanova


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    Dopo la strana trasformazione dell'alchimista in pirata, Samuel sembrò cogliere la palla al balzo per poter metter su una storia degna di un qualsivoglia romanziere, oppure di un qualsiasi essere vivente con un po' di sana fantasia.
    Eva quasi non poteva credere che l'uomo fosse riuscito a creare quella scena che la bionda provò ad immaginare nella sua testa.
    «Immagino che poi avrai bisogno di equipaggio e compagnia, sulla nave. O sarebbe brutto dover viaggiare per mari da solo, non credi?» non che si stesse proponendo, sia chiaro, ma aveva senso cercare di capire se quell'uomo avesse qualcuno di fidato con cui viaggiare. Ne andava della sua incolumità. Il mare era pieno di pericoli e non sarebbe stato giusto morire così giovani, no?
    Rise quando accennò al pappagallo «Magari possiamo chiedere a Guymoore se ne ha uno in riserva, uno che parli, così da avere ancora più l'aspetto di un alchipirata!»

    Quando la scena del "crimine" si allontanò dalla porta e si trasferì alla scrivania, era già stata fatta una buona parte di battaglia di sguardi e sorrisi che probabilmente celavano la timidezza e l'ingenuità della donna, dietro quel sorriso che poteva sembrare una seduzione continua, con quegli occhi felini che cercavano lo sguardo del collega.
    Il vino, sicuramente, avrebbe accompagnato quella loro conversazione a partire da quel momento, scaldando - molto probabilmente - i loro animi, lentamente più sciolti, agevolando anche il loro avvicinamento mentale.
    Ah, quanti benefici un buono e sano bicchiere di vino, non credete? Immaginate quali possano essere i benefici di un'intera bottiglia?
    Non lo sa nessuno, al momento, ma staremo a vedere come questi due usciranno da questa stanza, no?
    Ogni singolo movimento del docente ospitante era studiato dalla bionda, che si sentiva in un campo minato e aveva paura di poter dire qualcosa di sbagliato per poter capovolgere quella strana situazione di controllo che stava riuscendo a mantenere.
    Un po' come quando si cammina su un filo, appeso nel vuoto. Se ti sbilanci troppo, cadi giù, se porti troppo il peso verso il centro, allora potresti far crollare la corda, se non ben legata.
    Eppure quel docente non lasciava altro che trapelare dubbi e strani sorrisi.
    Eva, di rimando, sorrise anche lei, chinando il capo e guardandolo di sottecchi, mentre una ciocca bionda veniva portata dietro l'orecchio, sfuggita alla capigliatura.
    Sembrava che Samuel avesse iniziato un gioco di sguardi che avrebbe smesso solo se fosse uscito vincitore e questa consapevolezza, rendeva Eva più nervosa, ma provava a nascondere questa sensazione particolare, continuando a reggere ogni singolo incrocio.
    Lentamente, voleva umidire le labbra, quindi la punta della lingua scivolò su entrambe le carnose, mentre lo smeraldo rimaneva a guardare il docente.
    Un gesto involontario, che non aveva alcun peso sensuale... nella testa della rumena.
    Non c'era che dire: Samuel Black stava risultando un degno rivale di sguardi e probabilmente Eva non avrebbe retto per molto tempo «Se continuerai a guardarmi così, potrei pensare quasi che tu mi stia spogliando con gli occhi... sai?» il suo sopracciglio si sollevò, mentre le labbra si incurvarono in un ghigno provocante, questa volta voluto.
    Era un passo che avrebbe dovuto fare, per poter far vacillare quel silenzio e poterlo giocare di nuovo a suo vantaggio.

    Finalmente, quando si riprese a parlare, Eva si trovò a tirare un respiro di sollievo, nascondendosi dentro il bicchiere e vuotandone l'altra metà, lasciandolo vuoto.
    «Forse è meglio che io smetta di bere, adesso...» se lo ripeteva mentre metteva attenzione alle parole del collega, annuendo di tanto in tanto «Certo, non posso che darti ragione. Sono stata una delle prime docenti chiamate qui ad insegnare. Ma devo ammettere che ad oggi, la cosa che più mi stanca, sono proprio le orde di ragazzini-ormone. Sono mine vaganti e ogni lezione si fa sempre più faticosa, tanto da far uscire il lato severo che non mi piace.» ammise con un sorriso e una scrollata di spalle, con leggerezza, come se fosse una confessione che avrebbe voluto sputar fuori da tempo.
    Quando porse quella domanda, Eva inclinò il capo e rise leggermente «Oh, certo. Potrai venire a bussare alla mia porta quando vuoi, se avrai bisogno di scappare da ragazzini e studio e vorrai fare due chiacchiere.» ed in questo era sincera e non aveva alcuna vena di malizia, la lingua carezzò il palato «Ovviamente sempre se vuoi bussare alla mia porta. Sai, siamo quelli più vicini, su questo piano ci siamo solo io e te.» ed era pur vero, quindi non vedeteci alcuna provocazione. Non c'era ombra di alcun giochino, per Eva, eppure riusciva a stuzzicare anche non accorgendosene.

    Stava ancora pensando ai suoi viaggi e d'istinto voleva chiedergli quanto fosse bella l'Italia, visto che lei non l'aveva mai vista. Fece per aprire la bocca, ma poi si zittì, per non risultare fin troppo infantile in quella curiosità.
    Poi venne il momento della taccola, che si fece accarezzare piacevolmente dalle dita di quella donna che non rifletteva sul fatto che stava accarezzando comunque la testa del docente.
    Insomma, se fosse stato in forma umana, sicuramente non sarebbe andata lì vicino a fargli pat pat sul capino.
    Ma ormai era troppo tardi, quell'uccellaccio aveva conquistato la sua attenzione ed era anche piacevole carezzargli il piumaggio.
    Ma quando il pennuto gracchiò, Eva sussultò e la sua faccia maschile si contrasse in spavento, per un attimo.
    «Oh, per Morgana!»
    Fece per cercare di prendere il prof-taccola, ma non ci fu bisogno, visto che evitò l'impatto con le ali. Eva socchiuse gli occhi per un attimo.
    «Dannazione, scusa, non volevo spaventarti. E credo di averti anche graffiato.» fece per alzarsi in piedi, con tutta la sua bellezza e perfezione, ma con la faccia di Samuel, quindi si avvicinò all'uomo, ormai non più pennuto, provandò ad allungare una mano verso la sua fronte «Ti ho fatto male?»
    Poi lui tornò a parlare, mostrando ammirazione per quello che Eva, aveva appena fatto. Tirò un respiro profondo, la rumena, quindi, grattandosi leggermente la guancia, imbarazzata da quei complimenti didattici.
    Sam sembrava quasi un bambino a cui avevano regalato tutte le figurine dei maghi, soprattutto quelle speciali ed Eva non sapeva bene come gestire questa cosa.
    Eva ritornò a sedersi, come se avesse il timore di svenire da un momento all'altro per lo spavento che si era presa poc'anzi.
    Per lui, probabilmente, era come guardarsi allo specchio.
    Eva si beccò tutti quei complimenti e se avesse avuto la sua faccia, Samuel avrebbe potuto notare come la pelle rumena della donna si fosse colorata di rosso. Invece, sul suo volto, poteva vedere solo un leggero rosato sulle guance.
    «Io... io ti ringrazio.» parlare con la voce da uomo, faceva effetto anche a lei, non c'è che dire, ma a quanto pareva, il docente era ben interessato a quella sua natura.
    Alla sua richiesta di toccarla, Eva acconsentì con un cenno del capo e lo lasciò avvicinare, sporgendosi col busto verso di lui. Alla fine non avrebbe fatto nulla di male, no?Le sue mani creavano una specie di percorso sul suo viso, che era il riflesso dell'uomo ma le sensazioni ripercuotevano il corpo della donna che lo stava indossando.
    Eva deglutì leggermente: uno strano solletichio che aveva iniziato a percorrerle tutto il corpo, spargendosi dal volto fino alla nuca e scendendo verso la schiena. Ancora mand giù a vuoto.
    Trattenne il respiro, morendosi il labbro per un attimo.

    Quando lui ebbe finito, Eva riprese fiato, facendo ricomparire il suo volto femminile, sul proprio corpo. «All'inizio, giuro, credevo di averti spaventato e che mi avresti cacciata fuori dalla tua stanza.» rise, un tantino nervosa.
    Alla sua richiesta del vino, la donna allungò il bicchiere. Ma non aveva detto che doveva smettere di bere immediatamente «Quindi, adesso sai anche questo di me... vediamo un po', cos'altro vuoi scoprire?» lasciò cadere la schiena sulla sedia, quindi, accavallando la gamba, proprio mentre il professore le stava versando il vino. La punta del piede, se lui fosse stato abbastanza vicino, probabilmente avrebbe sfiorato la sua gamba, salendo per accavallarsi.

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    Samuel Black
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    «Immagino che poi avrai bisogno di equipaggio e compagnia, sulla nave. O sarebbe brutto dover viaggiare per mari da solo, non credi?»
    - Ahr, Ahr! Può ben dirlo! -
    Una risata ruppe l'argine ed uscì dalla bocca come una rigenerante corrente marina.
    - Se lei sarà lieta di accompagnarci fra mille avventure le presenterò tutto l'equipaggio che, si fidi di me, varrebbe proprio la pena conoscere. -
    Il pensiero era andato sopratutto a Petr, quel mascalzone, irriverente ma adorabile cecoslovacco. Tuttavia c'era anche qualche altro pazzo scatenato sparso per il mondo che l'alchimista, se fosse stato effettivamente un pirata, avrebbe voluto a bordo del suo veliero.
    Rise forte alle parole di lei.
    - Certo, certo! Non ho ancora avuto il piacere di conoscere il professor Guymoore, ma mi immagino già la sua faccia alla nostra richiesta -
    Sempre con il sorriso la spinse con eleganza ad accomodarsi alla sedia già preparata.

    Scambi di parole, sguardi, sorrisi. Un duello garbato che molto aveva in comune con i corteggiamenti dei salotti settecenteschi; punzecchiature accurate e composte.
    Ok va bene, ma fu veramente un colloquio casto e puro, per quanto acceso?
    Ovvio che no! Un po' di sano libertinismo, voluto o non voluto che fosse, fu espresso da un gran paio di tette esposte à la vue de tous e da qualche frase maliziosa seguita da silenzi ancor più provocanti.

    Un colpo di fioretto assestato in pieno cuore. Una vera e propria scossa che mise in moto una reazione. Si una reazione a catena che fece vibrare un altra spada, ma non di acciaio o di flatus vox, come quella che, accompagnata da ben altre armi, l'aveva appena ferito, ma di carne e sangue.
    - Ah si vorrei strapparti di dosso quel telo che osi definire vestito, sbatterti sulla scrivania, far scivolare le dita sul tuo fiore bramoso e mentre affondo le labbra tra le tue ed il mio petto schiaccia quei tuoi cuscini afrodisiaci, iniziare un percorso che mi porti fin su nell'Olimpo e pure oltre -
    Gli occhi erano fissi su quelli di lei. Tuffati lì fra le striature verdi e la pupilla nero pece. Persi a struggersi nell'intento di non far trasparire la valanga di immagini che affollavano il maschile cervello e sopratutto di non ricadere su quei seni maestosi.
    Tuttavia, come dice il saggio, l'uomo è umano e dalle emozioni travolgenti non può difendersi del tutto. Mentre accavallava le gambe per non far notare un certo rigonfiamento i suoi occhi qualcosa fecero trapelare.
    Concentrati com'erano sui smeraldi della donna riversavano interesse. Di quale tipo forse non poteva risultare chiaro alla collega, ma era certamente un puro e travolgente interesse.
    Un sospiro. La fronte che si rasserena.
    -Si Eva. Vorrei che questi miei occhi potessero spogliarti, o meglio, oltrepassare il velo di carne ed ossa che ti ricopre ed aprire lo scrigno -
    Con un dito, con lentezza, si toccò la tempia.
    - Anche solo per un attimo. Così da capire con certezza quale dei tuoi mille aspetti sia il più affascinante. Perchè giuro, di solito riesco ad indovinarlo nelle persone in pochi attimi, ma con te mi viene particolarmente difficile-
    Si. L'aveva fatto.
    Aveva trasformato il suo sfogo ormonale in un opportunità per pigliare tre piccioni con una fava:
    1) palesare il proprio interessamento.
    2) continuare a cercare di essere il meno volgare possibile, dato il presentimento, forse errato, che altrimenti l'avrebbe persa.
    3) adulare. Chi non ama essere adulato?

    Ad ogni modo lei continuò a parlare.
    - Certo che sarò interessato. Ogni aiuto a sopravvivere alla folla di ragazzini è ben accetto, sopratutto quello della mia vicina. Inoltre qualche volta verrò a farti visita anche per qualche consiglio più Tecnico oltre che per amabili chiacchierate come questa. Magari portando una buona bottiglia di vino. -
    Sorseggiò piano dal bicchiere.
    - Le nostre materie sono molti affini e spesso si accavallano l'una con l'altra, sfociando in correnti, come posso dire, decisamente interessanti e travolgenti. -
    Che i termini utilizzati e sottolineati fossero una sfida? Un qualche tentativo di stuzzicare? Certamente.
    Lei li avrebbe colti?
    Forse si, forse no. d'altro canto il viso era rimasto affabile non malizioso. L'assalto continuava imperterrito da dietro una maschera sottile.
    Poi vennero le trasformazioni, la caduta, il lievissimo graffio ed un Sam colpito ed interessato seduto su una sedia.
    Lei (o lui?) si era avvicinata, sembrava preoccupata. No Sam sembrava preoccupato. SamEva. Preoccupatao...
    Oh eh insomma!
    L'ALTRA persona era visibilmente in pensiero per l'eventuale graffio.
    Non c' era da preoccuparsi, era una cosa da niente. Non bruciava nemmeno, od almeno non abbastanza per superare l'interesse accademico e personale che continuava a crescere ogni secondo di più.
    Partì l'esperienza tattile.
    - Stupefacente, è identica in ogni dettagli...Oh tu guarda che bella risposta tattile -
    Il morsicchiare del labbro, il lieve rossore. L'alchimista era ovviamente un po' stranito, ma l'emozione più forte era l'entusiasmo.
    Sorrise divertito e si ripetè.
    - Semplicemente fantastico Eva -
    Poi lei torno ad essere in toto una lei, senza più alcun dubbio.
    - Non preoccuparti - un sorriso quasi angelico le fu rivolto - certo, chi non si sarebbe spaventato? Ma a parte l'entusiasmo accademico, ammetto che è stato parecchio strano trovarsi davanti ad un sé stesso dal corpo femminile. Ad ogni modo sei troppo fantastica per cacciarti, piuttosto preferisco conoscerti meglio. -
    Le gambe di lui ormai erano divaricate. Non troppo, una normale posizione da seduta.
    «Quindi, adesso sai anche questo di me... vediamo un po', cos'altro vuoi scoprire?»
    Il peggio sembrava essere passato, non aveva più nessun rigonfiamento da nascondere.
    Fece per versarle il vino. Il bicchiere era lì, lei vi si era avvicinata dopo essersi appoggiata con eleganza allo schienale.
    - Che classe. La voglio. -
    Il succo alcolico riluceva di rubino mentre cadeva e spumeggiava contro il cristallo del bicchiere. Tutto andava bene...poi l'imprevisto.
    Il piede di lei sfiorò la gamba di lui; piano, con delicatezza.
    Minuti e minuti di resistenza, di duello, di caparbietà, si fecero sentire e la natura urlò imperiosa imponendosi sull'uomo.
    Un brivido partì micidiale dallo stinco, alzò tutti i peli di lui, ravvivò la bestia fra le cosce dell'uomo, salì, salì, salì! Fino ad arrivare alla mano che tremò il giusto per far mancare al vino il bersaglio.
    Una pioggia di mezzo bicchiere si riversò sulla coscia nuda.
    Il liquido rosso sangue seguiva le curve naturali in piccoli rivoli. Risaltava il pallido candido della pelle di lei; della sua coscia. Carne morbida, da mordere.

    il polso si riassettò veloce, evitando altre perdite, ma lui rimase per un attimo bloccato a guardare lei, la sua coscia bagnata.
    Lì alla mercè di Eva. Il ringonfiamento nei pantaloni che non aveva più gambe guardiane a proteggerlo dagli sguardi.
    Fu il suo turno di arrossire.
    Appena gli tornò un po' di lucidità fece la prima cosa che gli venne in mente. Appoggiò la bottiglia e tirò fuori il suo immancabile fazzoletto.
    - Per Merlino e la sua barba! Perdonami! - s'inginocchio con rapidità avvicinandosi alla gamba di lei, poi la guardò. La fronte corrugata, le palpebre un po' perplesse, occhi puntati sugli smeraldini e mano con il fazzoletto alzata e pronta ad asciugare appena ricevuto il segnale. - Posso? -

    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato1"- Ascoltato2| Scheda | Stat.
    by Lance


    Edited by SamuelBlack - 22/10/2019, 01:22
     
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    Eva Ivanova


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    Quando Eva era di buon umore, la sua creatività e fantasia si sentiva in dovere di essere stimolata, come se non vedesse l’ora di eruttare come un vulcano fuori dalla testa della metamorfomaga.
    Non accadeva spesso, in realtà, la maggior parte delle volte si trovava a fare i conti con la frustrazione di dover mettere a tacere la sua parte fantasiosa, il più delle volte a causa di interlocutori non proprio propensi a conversare.
    Questa volta, invece, sembrava che Samuel stesse riuscendo ad intrattenere il più tempo possibile gli occhi sul volto di Eva, senza cadere in zone peccaminose, nonostante anche l’occhio volesse la sua parte e, a volte, cedesse alle tentazioni che la docente di Incantesimi aveva posto su un piatto d’argento, in piena faccia al nuovo Professore.
    A tratti, c’è da dirlo, Eva metteva alla prova la gente con cui parlava o aveva appuntamento di qualsivoglia genere: sapeva di non doversi preoccupare del suo aspetto fisico, erano in molti a dirglielo, ma nessuno riusciva ad andare oltre, a conoscere veramente la rumena e cosa ci fosse dietro il bel faccino e quel bel paio di tette, per tale motivo – quando doveva incontrare un uomo – vestiva il più possibile provocante, per capire cosa scartare e cosa no.
    E indovinate un po’? Non c’era stato uomo che avesse superato la prima trentina di minuti, senza che la sofisticata strega non lo facesse fuori.
    Samuel, invece, stava apparendo diverso, per questo motivo, probabilmente, la docente stava anche provando un piacere particolare a continuare quella conversazione con lui.
    Eva aveva delle aspettative alte in fatto di uomini: desiderava poter avere davanti un uomo che ne sapesse di cultura, che fosse di bell’aspetto e che avesse dei modi accurati, non solo nel colloquiare, ma anche nel corteggiare.
    Non cadere nell’errore, con lei era difficile, e finora, tanto di capello a Samuel che era riuscito ad intrattenere un tempo maggiore di attenzione al di fuori del seno della docente, solleticando l’interesse di quest’ultima e stimolandone la creatività.
    Ogni movimento e atteggiamento del collega, veniva ben studiato dalla Ivanova, con occhio glaciale, mentre con le orecchie ascoltava il suono di quella voce che sarebbe dovuta diventare familiare anche solo per quanto avrebbero lavorato insieme durante quel lungo percorso scolastico che sperava durasse abbastanza da conoscere a fondo Samuel.
    Rise anche lei, di rimando, alle parole dell’uomo «Ho sempre sognato di solcare mari e combattere mostri marini, visitando posti inesplorati con una buona dose di risate e avventure. Non potrei mai rifiutare un invito del genere, sarei solo una sciocca. Inoltre, se la compagnia è quella giusta, ci sarà sicuramente da divertirsi» La lingua schioccò sul palato, tirando un respiro profondo e silenzioso, che riempì i polmoni e il petto della bionda «E se il capitano è lui, forse forse nemmeno c’è bisogno di conoscere il resto dell’equipaggio, per convincermi a salire».
    Si stupì da sola del pensiero strano che aveva formulato la sua testa, ma non gli diede peso perché altrimenti avrebbe assecondato solo fantasie venute da chissà quale cassetto recondito di cui aveva dimenticato la chiave.
    «Sono certa che il professor Guymoore, già solo vedendo il mio arrivo da lui, si rassegni a qualsiasi tipologia di richiesta io possa fargli.» rise leggermente, spensierata come ultimamente non era mai stata.
    Pian piano stava prendendo familiarità con la presenza del moro, quindi iniziava a rilassarsi e sentirsi un pochetto di più a proprio agio.

    Come abbiamo già detto, Eva era una donna difficile alla quale arrivare. Per avvicinarsi a lei fisicamente, c’era bisogno del permesso mentale, quello che era difficoltoso raggiungere, quello a cui probabilmente, secondo la testa di Eva, non sarebbe arrivato nessuno.
    Lei non era famosa per le sue storie d’amore, anzi, probabilmente la gente pensava avesse un marito cornuto da qualche parte e che la docente stesse spesso in compagnia di uomini con cui dilettarsi.
    Tutto questo non era vero, Eva aveva avuto poche relazioni tutte andate in maniera pessima.
    Ma non è questo il momento in cui parlarne, perché in questo istante, in quella stanza, durante quell’appuntamento non programmato, Eva stava conoscendo un docente nuovo che sembrava rispondere alle caratteristiche secondo cui avrebbe potuto lasciarsi andare un pochino di più.
    Il loro gioco di sguardi e sorrisi, il loro punzecchiarsi continuo in maniera elegante e minuziosa, sembrava portare solo in una strana direzione, dove la bionda non ricordava nemmeno più in che modo si arrivasse: il flirt.
    Non si proclamava esperta di corteggiamento o robe simili, anzi, credeva di essere una vera schiappa, soprattutto in confronto a tutti quei ragazzi che ormai ne sapevano una più del diavolo; eppure a lei piaceva quando quel gioco diventava un tacito tango di anime, di sguardi e di respiri, che raccontavano sicuramente più di mille parole.
    Era difficile, per lei, quando entrava in questa danza, rendersi conto di quello che le sue labbra dicevano, era come se prendessero vita e decidessero da sole cosa dire, per rispondere a quello che raffinava quella strana situazione.
    E quello che stava accadendo, era esattamente questo: Samuel sembrava un uomo colto, dall’eleganza impeccabile, ma pur sempre umano, fatto di carne, ossa e ormoni, che già stavano rischiando di esplodere alla sola presenza della docente rumena, davanti la porta.
    Dopo l’azzardo che aveva fatto con quella sua frase, Eva attendeva risposta dal collega, che si limitava a guardarle gli occhi, sguardo ricambiato, con cui la docente stava giocando: un intreccio che non avrebbe lasciato vincere all’altro, che avrebbe mantenuto costante e vispo, con un sorriso leggero disegnato sulle labbra perfettamente dipinte di quel rosso ciliegia che chiedevano di essere morse.

    Si sa, l’uomo è fatto di carne ed ossa e la carne è debole. Questo vuol dire che ogni uomo o donna che sia, se provocato a tal punto da non reggere, cede alle tentazioni, che siano esse un passatempo piacevole o spiacevole, non importa.
    Eva aveva messo così tanto sotto pressione Samuel che sarebbe stato difficile anche per un monaco induista gestire quella situazione senza cadere nella realtà dei fatti. E qual era la realtà dei fatti?
    La risposta arrivò con una spontaneità disarmante e una semplicità invidiabile.
    Tuttavia, l’interesse mostrato da quegli sguardi, sembrava quasi andare oltre al piacere carnale, sembrava sfociare in quello che gli studiosi avrebbero chiamato ricerca sul campo per saggiare la tesi e dimostrare l’ipotesi che Eva non fosse solo quello che si mostrava, ma che sotto quegli abiti nascondesse qualcosa.
    Quando le parole di Samuel terminarono, le labbra di Eva si distanziarono tra loro, mostrando stupore, nonché le guance arrossirono non poco.
    Eppure non fu schifata o disturbata da quello che egli disse, i modi che aveva usato non stavano tradendo l’immagine che la rumena si era fatta dell’uomo, tanto da risultare eleganti e garbati anche nel confidarle di volerla spogliare all’istante.
    Non disse niente, la donna, per alcuni attimi interminabili.
    Voleva dire qualcosa, voleva cercare le parole per rinnegare quella strana dichiarazione di interesse che l’era stata fatta, ma doveva ammettere che con questa classe, non era stato bravo nessuno a farle capire di volersela portare a letto.

    «Professor Bl--- Samuel… devo ammettere di essere stupita dal modo in cui hai appena confermato la mia teoria secondo cui se fossi nuda, davanti a te, sarebbe meglio per i tuoio desideri.» iniziò a parlare lentamente, con un tono caldo e suadente, che non ritrovava da anni, ma che stava rinascendo da capo, in quel preciso istante, come una fenice dalle proprie ceneri «E se le tue aspettative fossero dettate solo dall’apparenza che hai davanti, se togliendo i veli che porto indosso, non troveresti niente di affascinante? Non sarebbe una delusione dalla quale non ne verremmo fuori entrambi?» premeva ancora di più sulla tensione sessuale che ormai era stata palesata, cercando di mettere ancora tanto in difficoltà quell’uomo che cercava solo di essere sincero senza troppo sfociare nel volgare.
    Non era sazia, Eva, di quella dimostrazione di livello superiore che stava mostrando Black, sembrava quasi che desiderasse colmare quella lacuna culturale con cui aveva fatto i conti finora, accrescendo il suo piacere mentale, che andava a pari passo con le aspettative fisiche e sessuali che il docente avrebbe potuto procurarle.
    Rise un attimo, senza scomporsi minimamente «Beh, sono contenta – comunque – che non sia facile per te indovinare chi io sia in realtà. Insomma, se fossi un libro aperto, facilmente interpretabile, non sarebbe stimolante spogliarmi di ogni velo, per scoprire centimetri della mia pelle che diversamente, conosceresti già con un solo sguardo.»
    Non si spense quella parentesi che incurvava le labbra della donna, quindi, mentre il discorso prese pieghe che non si sarebbe immaginata nemmeno, tutto partendo da una domanda che non era riuscita a frenare.

    Annuii a quelle parole, accolte dal docente come un invito a legare a livello professionale tra loro.
    «Sarò ben lieta di lasciare la mia porta socchiusa, in attesa di finire la giornata con un bicchiere di vino, magari…» questa volta non tentò di flirtare, seppur quella frase poteva lasciar intendere altro. Alla fine non disdegnava la compagnia, soprattutto adulta, a maggior ragione di un collega dal bell’aspetto e colto, com’era il Professor Black, quindi perché nascondersi dietro un dito?
    Tuttavia, il tono che aveva usato, parlando, sembrava quasi un incedere verso altre direzioni, probabilmente perché la temperatura di quella stanza, stava iniziando a diventare un tantino più alta, qualche grado in più, ecco.
    La scelta raffinata di parole di Samuel, sembrava percorrere la stessa direzione di quelle di Eva, tanto che la donna inclinò il capo compiaciuta dal fatto che fosse semplice, per loro, trovare così facilmente il lessico giusto per lasciar intendere all’altro tutte le sfaccettature di un periodo.
    Quella di Black sembrò un guanto di sfida, il loro era un rincorrersi sempre, a chi avesse l’ultima parola, Eva, a tal proposito schiuse le labbra «Concordo in pieno. Tuttavia l’interdisciplinarità è un qualcosa di molto lieve e sottile. Per una buona riuscita si necessita di complicità, preparazione e sinergia. E devo, purtroppo, dirti che per costruire questi tre pilastri fondamentali di un intreccio stimolante e solido, è necessaria la conoscenza approfondita dell’altro.» prese un respiro, silenzioso e lento, prima di umettare le labbra con la punta della lingua, lentamente, e riprendere a parlare «E per avere questo, ci toccherebbe passare molte sere in compagnia di una bottiglia di vino, ad analizzare quanto in profondità si possa andare con un progetto che vedrebbe coinvolte entrambe le materie. Insomma, un duro lavoro…» calò lo sguardo, quindi, per poi di sottecchi osservare il docente che aveva davanti, che aveva sottoposto nuovamente ad una pressione psicologica niente male.

    Quel succedersi di eventi e trasformazioni, avevano interrotto quel loro filo di tensione, creando una dinamicità che finora era stata piatta e quasi inesistente, se non fosse stato per il loro acceso scambio di sguardi.
    Il rossore sulla pelle dell’Insegnante non pareva a svanire, per questo cercò di concentrarsi su quello che Samuel le stava dicendo. Fantastica. Le aveva detto che era stata fantastica.
    Non che Eva non avesse ricevuto mai complimenti, tuttavia la semplicità e l’entusiasmo con cui le si era scontrato contro, questa volta, erano particolari.
    Portò un ciuffo biondo dietro l’orecchio, quindi, lasciando che quella frase non avesse risposta, per una volta poteva mollare anche la presa.
    Poi quella tensione sessuale tornò, questa volta Eva azzardò distrattamente a toccarla, cercando di provare a vedere quale fosse la reazione.
    Vino sulla coscia, fu il risultato.
    Eva sussultò leggermente, sentendo l’odore del liquido così vicino, scivolarle e solleticarle la pelle.
    Lo sguardo stupito passò dalla pelle al ragazzo, risalendole la figura e soffermandosi dapprima sul rigonfiamento improvviso, che fece arrossire anche Eva, successivamente sui suoi occhi.
    Avete presente quando per pochi istanti si imposta il fermo immagine? Ecco, entrambi erano impostati su quell’opzione, quindi qualcuno doveva sbloccarsi e il primo fu il moro.
    Eva chiuse le labbra che si erano leggermente schiuse, quindi riprese conoscenza e si concentrò sulle azioni dell’uomo «Non… non preoccuparti, davvero io…» cercò delicatamente di afferrargli il polso, prima che lui potesse mettere mano ad asciugare. Il tocco leggero, mentre il busto si sporgeva verso di lui.
    Il movimento fu lento, attento e ben calcolato per arrivare a pochi millimetri dal suo volto, cercando id non sfiorarlo se non con il leggero respiro che sapeva di vino rosso e vaniglia, adesso Sam avrebbe potuto sentire anche il suo profumo.
    A quella distanza così minima, Eva cercò di trattenere il fiato, quindi – se fosse riuscita precedentemente ad afferrare il polso del docente, avrebbe cercato di accompagnarlo ad alzarsi, insieme, con lei. Gli occhi glaciali della docente non avrebbero mollato per alcuna ragione quelli di lui «Credo che sia il caso…» se le distanze sarebbero rimaste le stesse, Eva avrebbe spostato l’attenzione sulle labbra di Samuel, interrompendo la frase e mordendo il suo inferiore «…forse dovremmo…» un sussurro che tremava tra le corde vocali, quasi come se stesse temendo di venir fuori «…lavare la gamba… potrebbe diventare… appiccicosa…» ogni parola era stata sussurrata a quella distanza minima, se lui non si fosse spostato. Aveva usato il plurale? Forse non se n’era accorta? O probabilmente era un invito? A fare cosa, poi? Ad accompagnarla a lavarsi? Forse era un azzardo troppo avanzato, no? Eppure se fosse arrivata a farlo, solo Samuel avrebbe potuto scegliere come cogliere quel plurale utilizzato dalla bionda.

    Se invece non sarebbe riuscita a fare tutto questo, beh… avrebbe lasciato che il docente le asciugasse semplicemente la gamba ingravidata dal vino, arrossendo e rabbrividendo ad ogni tocco dell’uomo.

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    Samuel Black
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    Il tempo.
    Noi autori ne siamo i padroni. Nei nostri mondi possiamo srotolarlo e riavvolgerlo a piacimento, quasi come se fosse la pellicola di un qualche vecchio proiettore cinematografico e noi ne fossimo gli operatori.
    Questa role, in particolare, è una danza fra tessuti temporali; un muoversi avanti ed indietro che si diletta a giocare con la pellicola tempo.
    Quindi, miei cari lettori, danziamo ancora un po' a ritroso allontanandoci brevemente da quella coscia bagnata e dai quei sussurri di labbra che tanto accesero il professor Black.

    Uno sciabecco impegnato nella conquista di onde in tempesta scure come la morte. La voce di Sam, tesa fra un ordine e l'altro, attenuata dal ringhio dei tuoni e dallo stridere di un enorme serpente marino. Bacchetta puntata verso le pupille sottili del demone seguita a ruota da quelle di Petr ed Eva, i due fidati vice capitani.
    Poi salto temporale e via, nella cabina principale, su un letto a baldacchino, a festeggiare la vittoria fra le gambe della donna dell'est. Su un tavolo lì vicino, poggiata su un piatto d'argento, la testa mozzata e cucinata del mostro.
    Questo per un solo istante balenò negli occhi vispi del nostro alchimista.
    - Non si preoccupi, il divertimento sarà assolutamente assicurato! - Un sorriso inclinato gli sfuggì. - Quindi cara Evangeline Ivanova - Il palmo destro, aperto nella proposta di una stretta di mano, tornò verso quel dorso candido che poco prima aveva onorato con un baciamano.- Benvenuta nella nostra ciurma! AHR AHR AHR -
    Un sorriso ampio ed il volto vispo.- penserà che io sia un deficiente... bhè ma chi se frega. Divertiamoci. - Doveva essere un po' sé stesso no? Lasciarsi andare.

    Il discorso continuò, si rise a riguardo del professor Guymoore, poi ci si sedette alla scrivania, fu bevuto del buon vino ed il teso duello che portò a quella sensuale e appiccicosa macchia di vino continuò.
    Tuttavia indugiamo ancora un poco, non buttiamoci subito nell'ansimare, nello sfiorar di labbra. Piuttosto proiettiamo sulla tela della nostra immaginazione alcuni degli attimi più clou che hanno contribuito ad arrivare a quella piccante conclusione.

    «Professor Bl--- Samuel… devo ammettere di essere stupita dal modo in cui hai appena confermato la mia teoria secondo cui se fossi nuda, davanti a te, sarebbe meglio per i tuoio desideri.»
    - Wow -
    Il sopracciglio si alzò un poco ed una volontà eccitata trattenne con estrema fatica la punta della lingua. Voleva bagnare l'angolo della bocca, ma la fermò.
    - Non troppo sfacciato Sam, non troppo sfacciato, ormai sei prossimo alla casa base, non rovinare tutto con piccoli errori. -
    Uno sforzo difficile che andò ad accrescere quella tensione sessuale che anche se trattenuta, come ben sappiamo, era destinata ad esplodere.
    - Non intendevo proprio quello....ma va bene così. Anzi, mi è andata ancora meglio, mi ha fatto saltare degli step -
    Infatti non voleva essere così esplicito. Certo era sua intenzione palesare il proprio interesse per lei, ma anche lasciare le sue voglie carnali ancora in un dolce non detto. Insomma dare una prerogativa ad un conoscere meglio la mentalità di Eva Ivanova, raggiungere un intimità; dimostrare che lui è un uomo che va oltre le apparenze (ahem).
    Ad ogni modo le sorrise soltanto. Voleva lasciarla parlare e lei lo fece. Solo dopo la bocca si mosse, accompagnata da uno sguardo tuffato fra striature verdi di occhi magnetici, da mani appoggiate alle cosce maschili e dalla schiena un po' inclinata verso una donna dubbiosa, ma intrigata; questo lo confermava il suo tono caramello.
    - E se invece già adesso io non mi stessi soffermando solo alle fantastiche apparenze che ho di fronte? -
    Il busto tornò ad appoggiarsi allo schienale mentre la mano libera dal peso del bicchiere iniziò a contare in armonia con l'elencazione dei fatti sottolineati dalla voce.
    - Ti sei dimostrata una donna ironica, che riesce a godersi la potenza creativa dell'immaginazione, a cui piace la tensione dialettica di un buon confronto e che non scade nel banale -
    La mano si ritrasse sulla gamba mentre il tono non elencatorio, ma bensì sempre più preso dal discorso continuò.
    -Per non parlare del fatto che tu sia qui...- La mano si aprì ad arco indicando l'intera stanza - Docente della prestigiosa accademia di Hidenstone. Di incantesimi tra l' altro!- Le sorrise -questo già implica molte cose, tra cui la tua conoscenza, il tuo sapere. -
    Tornò allora ad inclinarsi di poco verso quella donna che era seduta davanti a lui, ma stavolta il tono era più flebile, sensuale.
    - ed io vivo per essa. Per il conoscere. Sono nato curioso ed amo le cose nuove...i nuovi saperi- il tono si fece sempre più mieloso e piccante allo stesso tempo, come, tra l'altro, lo sguardo. - mi accendono. -
    Poi repentino quanto uno Zouwu tornò composto e la bocca sbocciò nuovamente in un sorriso divertito. - Quindi ti ripeto, non c'è un problema di aspettativa. -
    Con gli occhi su di lei rubò al proprio bicchiere ancora qualche sorso di sanguigno liquido.
    - Ho già la certezza che sotto i veli della carne ci sia una donna interessante e proprio per questo mi piacerebbe conoscerti di più e scoprire altri aspetti che ti rendono Evangeline...pardon, Eva Ivanova. Oltre che smascherare quello che tra questi io potrei preferire -
    Un altro sorso e poi lei parlò.
    «Beh, sono contenta – comunque – che non sia facile per te indovinare chi io sia in realtà. Insomma, se fossi un libro aperto, facilmente interpretabile, non sarebbe stimolante spogliarmi di ogni velo, per scoprire centimetri della mia pelle che diversamente, conosceresti già con un solo sguardo.»
    Samuel alzò piano il bicchiere in segno d'assenso.
    - Non potrei essere più d'accordo con un discorso mia cara. Tensione, curiosità, sfide. Questi elementi colorano la vita ben più di un buon bicchiere di vino...e questo non è da poco -
    Sorrise, sorrise di cuore.

    Eccomi di nuovo qui ciurmaglia! Un giovane operatore del cinematografico tempo.
    Srotoliamo ancora un po' la pellicola, avanziamo con la nostra storia!
    In questa zuppa di detto e non detto, di morsetti alle labbra, ciuffi cangianti, promesse di porte socchiuse e bicchieri di vino, il giovane alchimista provò a pepare ancor di più la ricetta con una frase provocatoria e dal contenuto velato; e lei...stette al gioco.
    Un brivido lo percorse tutto e lui dovette accavallare nuovamente le gambe.
    - Ahh Eva! Mi hai convinto! - la voce accompagnò le parole con un andatura collinare e profonda mentre l'indice saettò un poco nell'aria trafiggendola dal basso verso l'alto. - Io sono un esperto di duri lavori ed in questa sfida mi ci tufferò volentieri tutte le volte necessarie a costruire un lavoro molto appagante!
    La guardò fisso per qualche secondo e man mano che i secondi passarono le labbra si allargarono sempre di più in un buffo disegno. Poi non resistette più e scoppiò a ridere. Una pulsione venuta da dentro ed allo stesso tempo un invito a scoprire le carte ed a godersi insieme il divertimento di quel loro gioco.

    Ed eccoci signore e signori al nostro beneamato vino versato!
    A Jenga versione umana avevano giocato. A volte perfino Sam aveva tolto dei tasselli alla sua stessa auto-compostezza. Aveva resistito bene, fino all'ultimo, ma alla fine la torre era caduta e l'incidente raggiunto; ma come dice il detto "non tutti i mali vengono per nuocere".
    Il tocco di lei fu leggero. Il polso fu come accarezzato da un abbraccio di pizzo. Gli occhi di Eva si fecero più intensi e...- che il buon Merlino mi assista - si era avvicinata.
    I due visi erano separati solo da un soffio ed il profumo di lei gli riempì la testa; la sua mente cominciò ad annebbiarsi. Il pensiero e gli occhi volevano soltanto gli specchi smeraldini di lei.
    Il cuore pompava più sangue ed una sensazione di dolce desiderio gli salì dalla pancia fino alle labbra che, in risposta, quasi gli pizzicavano.
    La voleva baciare, ma Eva fu più veloce. Si alzò e piano lo portò con se. Una danza lenta in cui lei guidava lui, in cui entrambi si stavano perdendo. Una danza che aveva cancellato l'intero universo.
    C'erano solo loro due.
    Lui la guardava, la testa un po' inclinata a colmare la piccola distanza dovuta alle differenza d'altezza.
    Un sorriso ed un sospiro di risata al tentennamento di Eva, ma neanche una parola di risposta.
    La mano sinistra si spostò piano, lei parlò, ma lui non la sentiva più. Sentiva solo desiderio. Era proiettato in lei e sulle sue labbra d'amarena. La mano si appoggiò sulla zona lombare, proprio sopra il fondoschiena, e la tirò a sé con la delicatezza di un innamorato.
    Se lei non si fosse opposta delle labbra sottili ne avrebbero abbracciate di carnose.
    Il braccio destro ancora alzato e tenuto dalla donna si sarebbe scostato con delicatezza per raggiungere la nuca candida, accarezzarla e continuare a spingerla piano in un vortice che, cominciato dolcemente, diventava via via sempre più passionale.
    La baciava, la baciava e la baciava ancora.
    Baciava quelle labbra, a tratti le mordicchiava, a tratti la lingua si intrecciava con la sua.
    La mano sulla schiena di lei pigiava piano verso il basso ventre di lui, dove qualcosa continuava a crescere, mentre i seni afrodisiaci schiacciavano il petto di lui.
    Ad un certo punto le dita della mano destra iniziarono a spostarsi in una danza tutta in discesa.
    Prima la nuca, poi la zona infra scapolare, nuda e libera dalla tela del top, poi il fianco e poi... la mossa.
    L'alzò, stringendola ancora più a sé, donandosi ancora di più.
    Se lei non si fosse ribellata l'avrebbe portata in camera e posata sul letto da una piazza e mezza. Lui sopra di lei a continuare quel bacio passionale.


    "Parlato" - 'Pensato' - Ascoltato1| Scheda | Stat.
    by Lance




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    Eva Ivanova


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    Come marionette che si scontravano, i fili di questi attori in campo, sembravano annodarsi tra loro.
    Un giro, poi l'altro. Sempre più stretti e più vicini, come se prima di quell'attimo stessero cercando lo spazio giusto nel loro teatrino, invani.
    Sembrava che stessero scrivendo una storia di fantastiche avvenuture, che entrambi non sapevano dove potesse finire, se non altro che veniva tutto così spontaneo e sincero.
    Eva, dal canto suo, era la prima volta che si spingeva a così tanta socialità, con un uomo praticamente sconosciuto.
    Forse il suo strano modo di invitarla a bere quel vino, o la sua mente che aveva mille zone da esplorare, la stavano aiutando a non sentirsi troppo a disagio, sabotando il suo trattenersi dal ridere, anche quando la questione dei pirati sembrò andare via per mare.
    Strinse la mano del collega e lo lasciò avvicinare in quel baciamano che aveva poco di pirata e molto di galanteria.
    «Sono felice di essere stata accolta tra i vostri uomoni, capitano!» finse un vocione, che le riuscì davvero male.
    Era strano per lei, lasciarsi andare a queste stranezze: voci distorte, fantasticherie che non avevano né capo, né coda... sì, doveva ammettere che quel bicchiere di vino era stata un'ottima scelta da accettare.

    Quello che venne dopo, condì solo il carico di armonia e di calore che stava divampando in quella stanza. Senza che loro se ne accorgessero, erano scivolati su un elegante tappeto a metà tra il sensuale e l'arte del corteggiamento, un filo sottile che si tendeva tra loro.
    Era un gioco fatto di sguardi, una trama fitta che si mescolava con il sapore del vino pastoso, tra le labbra carnose della rumena, mentre osservava da sopra il bicchiere. Sentiva una tensione sessuale che cresceva a poco a poco, accendendo parti di sé, che lei credeva fossero morte.
    Ricambiò quel sorriso, con uno altrettanto complice, come se gli stesse dando il permesso di osare, anche solo per vedere fin quanto si fosse spinto, ad un suo cenno.
    Eva non capiva, esattamente, per quale motivo volesse portare il suo collega ad avvicinarla, ma era un qualcosa che aveva iniziato poco prima e che adesso non aveva alcuna voglia di frenare.
    La sua domanda fu un lento climax crescente. Eva si morse involontariamente il labbro inferiore, mentre esponeva un quadro generico di quello che lei gli aveva permesso di conoscere.
    Lei rimase in silenzio, giocando con sguardi rubati e sorrisi celati, mentre una ciocca veniva portata dietro l'orecchio. Era vero, la tensione dialettica le piaceva e lui sapeva reggere quel confronto, tuttavia, aveva imparato che a volte il silenzio può fare più di mille parole, perché sono gli occhi e il corpo a parlare. E lei, stava giocando quest'altra carta, per tentare di fare scacco matto.
    La sua vicinanza tornò, ed Eva posò gli occhi sulle sue labbra per un breve frangente, prima di ritornare a incastrarli nei suoi occhi. «Ed io nutro profondo interesse per la ricerca e l'esplorazione...» disse in un sussurro, inclinando il busto verso di lui, accorciando ancora di più quelle distanze, ma rimanendone comunque a centimetri «... diciamo che, tendo a spingermi sempre oltre quel sottile confine che delimita quel che si può fare, da quello che... non si deve fare...» quella provocazione l'era uscita quasi spontanea, concludendo allontanandosi da lui, ritornando con la schiena alla sedia.
    Alzò il sopracciglio, con un ghigno leggero che le illuminò il volto «Beh, se vuoi scoprire quello che preferisci, dovrai impegnarti in una lunga ricerca...» era strano utilizzare la retorica fino a quel punto, ma con Samuel sembrava essere una carta che non metteva in difficoltà nessuno dei due.
    Rise, nascondendo le labbra al bordo del bicchiere, sentendo le sue ultime parole e ne bevve un sorso.

    Forse l'ultimo sorso prima del disastro. Il vino la bagnò, ma fu come se fosse stata la lama tagliente poggiata sul filo teso, che l'aveva spezzato fino a rompere gli schemi che erano stati imposti da lei stessa.
    Quando la pelle venne a contatto con quella di Samuel, un brivido le percorse la schiena, come se una scarica elettrica aveva stimolato i suoi neuroni.
    Mandò giù a vuoto, mentre cercava di non rompere quel contatto visivo con l'uomo. Le labbra si schiusero per un istante, ma ne uscì solo un soffio caldo e al sapore di vino.
    Quel breve istante fu talmente intenso, da far sentire ad Eva ogni singola cellula del suo corpo, cercare di spingerla verso le labbra dell'uomo. Non poteva, non era una cosa che lei faceva.
    Lo accompagnò ad alzarsi, anche solo per interrompere quella vicinanza che invece sembrava tenerli legati, come due calamite che si tentava di dividere. Si ritrovarono in piedi e per quanto lei cercasse di trovare parole adatte a quella situazione, non ci riusciva «M-mi dispiace che... il vino sia ... caduto...» farneticava, sussurri leggeri che si accompagnavano al rossore delle sue guance.
    Sentiva il respiro di Samuel sempre più vicino, mentre il tocco della sua mano, improvvisamente, apparve sulla schiena, sussultò leggermente e si lasciò trascinare, senza opporre resistenza alcuna, come se il suo corpo rispondesse ai suoi comandi silenti.
    Sapeva a cosa stava andando incontro, ma una parte di lei non voleva fermarsi, una parte di lei cercava di frenare l'istinto di cedere a quella tentazione di lasciarsi andare, anche solo per una volta.
    Il fiato si spezzò per un attimo, mentre il sapore delle labbra di Sam arrivò con una gentile prepotenza su quelle della rumena. Eva socchiuse gli occhi, quasi trattenendo il fiato, rimanendo immobile.
    «Dai, Eva... non hai più quindici anni...» continuava a ripetersi mentre sentiva il calore di quel bacio scaldarle anche il viso. Lasciò andare il polso trattenuto e lo sentì farsi strada sulla sua pelle.
    Cedette.
    Lasciò che il suo corpo concedesse all'alchimista, di prendere spazio, lasciò che le sue labbra ricambiassero quel bacio, cercando di saggiarne il sapore intenso, forse dettato dal vino, che ogni singola venatura, aveva raccolto.
    La mano che prima teneva la sua, andò a cercare sostegno sul suo petto, ne carezzò le linee scolpite, scendendo come un velo sul suo fianco, fermandovisi.
    Il cuore stava aumentando in battiti, mentre la lingua richiamava a sé quell'intreccio con la rispettiva del ragazzo.
    Le distanze tra i loro corpi vennero via via annullate, il seno di Eva poggiò prepotente sui pettorali di Sam, ricurvandosi verso l'alto. Il suo basso ventre poggiava con quello del ragazzo, sentendo quel qualcosa di caldo che stava crescendo. Spinse leggermente su quella zona, con il suo corpo, come a voler concedere ancora più pressione in quella zona che si stava scaldando. Un seno cercava via d'uscita, tentando di andare oltre il pizzo della canotta che aveva indossato.
    Sentì le dita di Samuel scendere sulla pelle nuda, stacco il contatto delle labbra e rise sulle sue, si morse l'inferiore, schiudendo di poco gli occhi, quel tanto da poter guardare il docente davanti a lei.
    Quando si sentì sollevata, fece in modo di stringere le braccia attorno al suo collo, cercando di agevolare il suo movimento, non opponendosi.
    Ormai aveva smesso di farlo, aveva deciso di allegerire quel suo modo di essere troppo impostato, aveva rotto gli schemi già solo accettando quell'invito, quindi perché non continuare?
    Adagiata sul letto, si concesse di osservarlo da quella posizione, mentre una mano si allungò verso di lui e le dita affusolate tentarono di afferrare il suo indumento per tirarlo a sé.
    Riprese il contatto con le sue labbra, mentre le mani scivolarono sotto la maglia a cercarne i centimetri di pelle nudi.
    La lingua disegnò il contorno delle sottili, mentre il cristallo dei suoi occhi cercò di incastrarsi con quelli del moro.
    Il piede sinistro andò a sfilare il decolté destro e viceversa, per poi accarezzare la gamba di Samuel, lentamente, fino a risalirne per metà. La mano si posò sul suo petto, facendo una leggera pressione per tentare di allontanare un attimo le sue labbra. Ne sentì presto il freddo lasciato dalla mancanza di quel calore «Io... non so quanto questo sia eticamente corretto...» un sussurro mentre gli occhi cercavano i suoi, balzando da destra a sinistra, vedendo tutte le sfumature di quell'iride così diversa dalla sua, la mancina scivolò a giocare con il bordo del suo pantalone, vicino al bottone «... ma oggi ...» con un gesto dell'indice e del pollice, slacciò il gancio «... voglio lasciarmi andare.» poteva suonare quasi come un avvertimento, che venne suggellato dalle labbra che cercarono quelle di Samuel, con una passione e un calore che prima non aveva palesato.

    made by zachary

     
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