Votes taken by Louvenia

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    Non tutti hanno la mia stessa audacia sprezzante dei pericoli. Oppure, come molti potrebbero obiettare, sono io a mancare del più comune buon senso, utile a salvarsi l’osso del collo. Personalmente, preferisco la versione in cui mi si riconoscono capacità eroiche fuori dal comune.
    Ero convinta di essermi mantenuta a una distanza dal burrone tale da non potermi considerare “in pericolo”, ma evidentemente il mio giudizio e quello di alcuni dei miei compagni non combacia. Sento una presa decisa avvolgermi il braccio e, nella sorpresa, vengo tirata via dal punto di osservazione che mi sono scelta senza provare a opporre resistenza. Sollevo lo sguardo, confusa, e incontro quello di un ragazzo pronto a darmi un consiglio che sa tanto di parere non richiesto.
    «Non ti conviene avvicinarti troppo. Potresti scivolare!»
    Per un istante socchiudo gli occhi e inclino la testa: un rituale di gesti che di solito mi aiuta a ripescare dalla memoria quel che mi serve. Ma certo! Delle persone mi rimangono impressi soprattutto i dettagli, le particolarità, quindi il neo che il giovane mago ha sul volto me lo fa riconoscere quasi immediatamente come colui che ho “tamponato” per sbaglio durante la cerimonia dello Smistamento.
    «Oi, per chi mi hai presa? Non sono mica un’imbranata», ribatto sollevando il mento con aria fiera e liberandomi dalla sua stretta.
    Lui non lo sa mica delle ventisette cicatrici che ho sparse per il corpo a seguito di cadute dagli alberi, cadute da cavallo, cadute dagli scogli, cadute dalle scale, cadute dalla scopa… È strano, a volte so essere una scheggia fulminea e letale, altre volte la mia goffaggine si manifesta quando meno me lo aspetto (e quando meno ne ho bisogno per sopravvivere e evitare umiliazioni).
    Mentre sto ancora guardando il tipo-dalla-schiena-dura-come-un-muro, sfidandolo a contraddire la mia affermazione, Benjamin, un compagno Ametrin, mi fa una domanda che mi mette in difficoltà.
    «Siamo venuti qui per imparare, non credi anche tu, Cassia?»
    «Emh… certo», rispondo poco convinta.
    Imparare, studiare, apprendere etc. non sono esattamente le prime cose che mi vengono in mente quando mi trovo in una situazione simile, con meraviglie da esplorare, avventure da vivere e scoperte sensazionali che aspettano solo me. Però Benjamin ha ragione, ovviamente. Il professor Keegan ci ha portati qui con uno scopo accademico, non per fare un’allegra scampagnata. Sorrido al ragazzo che mi ha interpellata con fare di incoraggiamento: lui sì che sembra un secchione in piena regola e io non posso che ammirarlo, anche se non ne condivido l’entusiasmo intellettuale.
    Ma le sorprese non sono finite qui, per me. Possiedo sufficiente autocritica da essere consapevole della mia loquacità. In parole povere sono una gran chiacchierona. Cathy mi dice sempre che sarei in grado di stordire con le mie ciarle persino il capo dei nostri gnomi da giardino, che è sordo come una campana. Forse, tra gli studenti di Hidenstone, c’è qualcuno che mi batte. Julio – credo si chiami così, o magari Julian – ha veramente tanto da dire, tanto al prof quando a noi compagni di classe. Quando tocca a me essere il bersaglio delle sue battute, non faccio in tempo a domandargli che cosa sia il “bungy jumping” che lui ha già cambiato interlocutore.
    «Se ti va puoi starmi vicino, così non mi preoccupo che tu possa precipitare!», torna ad ammiccare al mio indirizzo, in un bisbiglio.
    Non riesco a trattenere un sorriso divertito. Ci vuole fegato per andare in giro a dispensare occhiolini e frasi da cascamorto, glie ne do atto, ma con me non attacca.
    «Se ti rimango vicina, sarai tu a finire disotto. Per opera mia», è il mio sussurro di replica, altrettanto scherzoso.
    Poi, stufa di tutti questi bellimbusti che mi sottostimano ad una donzella da trarre in salvo, mi allontano da loro per avvicinarmi al professore, il quale ha iniziato la lezione. Ascolto interessata: fino a qui niente di complicato che mi mandi in pappa il cervello. Ottimo. Ce la puoi fare, Cassia.
    Dopo essermi assicurata il superfluo maglioncino alla vita con un nodo, sollevo la mano: «Piante! Cioè, vorrei parlare delle piante, per aggiungere qualcosa a quel che ha già detto Giada». Attendo che Keegan mi dia il via libera, poi attacco con tutto ciò che mi ricordo sull’argomento grazie alla pazienza e alla dedizione di Mastro Francis, il giardiniere di Casselwood Lair, nonché mio carissimo amico e vispo sessantenne.
    «In termini di grandezza, si definiscono piante di piccola taglia quelle che non superano i due metri. Sono ad esempio…» Mi guardo attorno in cerca di ispirazione, ma questo tassello in particolare di America non offre chissà quale grande varietà di flora, perciò torno con la mente nella proprietà di famiglia. «La lavanda, il timo, il dragoncello, che sono le mie piante preferite per insaporire il cibo, così, per dire».
    Mostro il pollice della mano destra per tenere il conto delle cose da menzionare; alzo l’indice mentre proseguo con scioltezza: «Quelle di media taglia, almeno per me, sono più difficili da riconoscere a occhio. L’altezza dovrebbe essere compresa – se ricordo bene – tra i cinquanta centimetri e i dieci metri, ma chi va in giro con un righello, o con qualcosa di adatto per misurare le piante? Per stare sul sicuro, direi che ci rientrano i mandarini. Non i frutti in sè, l’albero che li produce. Riesco sempre a coglierli senza usare una scala, quindi penso che a dieci metri non ci arrivino».
    «Infine…», mi sovviene il dubbio che stia parlando troppo, ma lo scaccio via. Per una volta che posso evitare di fare scena muta a lezione, mi conviene approfittarne. Sollevo il terzo e ultimo dito: «Infine c’è la taglia grande: le piante devono misurare più di un oggetto Medio – di cui non ricordo le dimensioni, scusate – e meno di venti metri. Tipo un baobab. No, che dico? I baobab li superano i venti metri… Allora come vengono classificati? Va bè, facciamo che un esempio di pianta di taglia grande è … la Cassia Fistula, anche detta “golden shower tree” per la cascata di fiori gialli».
    Ok, ok, nessuno ha chiesto di scendere così tanto nello specifico e a nessuno interessa dei nomignoli delle piante, che Francis invece conosce a menadito e reputa essenziali per entrarci in sintonia. Però sull’argomento sono ferrata, so tutto su ogni tipo di Cassia per via dell’origine del mio nome e tapparmi la bocca mi è stato impossibile. Spero almeno di aver detto cose giuste e non una marea di castronerie, considerando che la McCarty aveva riassunto già tutto quel che c’era da dire. Beato il dono della sintesi e chi ce l’ha. Non io di sicuro!

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    Chiedo umilmente perdono per la lunghezza del post, ma ci tenevo a interagire con tutti e a partecipare attivamente alle lezione. Purtroppo mi sono accorta tardi che Giada (la cui risposta era a pagina due e che per questo motivo mi era sfuggita) aveva già risposto per le piante. Siccome ho fatto parlare Cassia a vanvera per cinque minuti buoni non me la sono sentita di cancellare tutto e riscrivere, accetterò le conseguenze nel caso non vada bene che due studenti diano la stessa risposta.
    Quindi, ciancio alle bande, questo è quanto:
    - Interazione con Adrien;
    - Interazione con Benjamin;
    - Interazione con Julian;
    - Prolissa risposta al professore sul macro-gruppo Piante.
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    «Ehi, Cassia».
    Apro gli occhi e la prima cosa che vedo è la faccia lentigginosa di Ortenzia, una strega del mio stesso anno. Prima di salutarla catturo con la mano un sonoro sbadiglio.
    «Stavo dormendo?», le chiedo, anche se mi sarei potuta risparmiare la domanda, visto che è evidente. A meno che non stessi pensando davvero, davvero intensamente con gli occhi chiusi. Sdraiata su uno dei cuscini sensazionali nel dormitorio degli Ametrin. Improbabile ma non impossibile.
    «Sì, ti sei appisolata qui appena pranzo. Non volevo disturbarti, ma…» Per qualche motivo, la strega è esitante, come se non fosse convinta di quello che sta per dirmi. «Credo di aver letto un avviso in bacheca che ti riguarda».
    Mi metto a sedere composta.
    «Me? Sei sicura?»
    L’altra annuisce: «Cioè, era per Cassie Cadbury, credo proprio sia tu. Una ragazza ti cerca per svolgere un compito insieme».
    «Cavoli, diceva altro?»
    La parola “compito” e “insieme” accendono qualcosa nella mia memoria, il problema è che non ricordo cosa.
    «Sì, ti dava appuntamento alla Terrazza», prima di proseguire sbircia l’orologio magico al polso, «Cinque minuti fa».
    Riacchiappo un’imprecazione poco signorile sulla punta della lingua così che non venga espressa a voce. Mi alzo in piedi, ringrazio Ortenzia, stropiccio gli occhi, cerco di rassettare i capelli, sistemo la divisa, ricaccio indietro il secondo sbadiglio, infilo i mocassini, mi chino a cercare il mio zaino, raccatto una pergamena pulita da sotto un divano e una penna stilografica dal tavolinetto davanti al camino, caccio tutto dentro la borsa, mi lascio sfuggire il terzo sbadiglio e sono pronta: tutto questo in sessanta secondi.
    Non sarò un tipo puntuale, ma almeno sono veloce, dannazione!
    Dal dormitorio alla Terrazza corro come se ne dipendesse la mia vita – e in effetti ne dipende la mia reputazione. Vedendo chi mi sta aspettando, però, capisco che forse avrei fatto meglio ad arrivare con un’ora di ritardo ma in condizioni migliori. Regina – sono abbastanza sicura che sia questo il suo nome – è talmente curata nell’aspetto esteriore che c’è mancato poco che la scambiassi per una statua. E io, pur non avendo uno specchio davanti per trovare conferma ai miei sospetti, so di essere un disastro, con la chioma arruffata, la divisa stropicciata (i lembi della camicia rigorosamente fuori dalla gonna) e i calzettoni arrotolati attorno alle caviglie, ad altezze diverse.
    «Sei tu la tipa che mi cercava? Sono Cassia», sorrido come se non avessi il respiro affannato e la milza spappolata per la corsa a rotta di collo.
    Probabilmente penserà che è finita in coppia con la persona peggiore che le potesse capitare. E io non me la sento di biasimarla.


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    Se mi venisse chiesto come sono finita a guardare, occhi sgranati e bocca aperta, un gatto-cheesecake che viaggia nello spazio, lasciandosi dietro una scia arcobaleno, con in sottofondo una musichetta orecchiabile e ripetitiva all’inverosimile, per più di un quarto d’ora, ricordandomi a stento di respirare o sbattere le palpebre di tanto in tanto, non saprei rispondere.
    No, in verità lo so benissimo, ma non mi va di confessarlo. Se proprio devo, comincerò col dire che – in teoria – a portarmi nella Sala Multimediale è stato uno scopo nobile, un fine educativo, ovvero una ricerca scolastica su non ricordo quale tema. Non mi ricordo neppure la materia o quale insegnante l’abbia assegnato.
    Caspita, questo adorabile gatto spaziale mi sta bruciando gli ultimi neuroni rimasti, se non mi sbrigo a cambiare video, domattina ritroveranno il mio cadavere qui, davanti al PC, con un sorriso ebete stampato sulla faccia grigia e fredda di chi si è lasciato friggere il cervello per divertimento.
    Tra i correlati di “Nyan Cat 12 hours (8K)” adocchio subito un altro video di un gatto animato e non esito a cliccarci sopra, visto che ha un titolo promettente, quale “Bongo Cat – bad meow”.
    Dicevo: in teoria sarei qui per concentrarmi sullo studio, fare la studentessa modello (l’ultima strillettera giunta da casa era molto chiara al riguardo), dedicarmi ai doveri dell’Accademia persino nelle ore serali, che dovrebbero essere sfruttate per il riposo e il relax… In pratica sto saltando da un contenuto multimediale all’altro, al pari di un’ape a zonzo tra i fiori; un’ape iperattiva e in overdose da zuccheri e sciocchezze, a volerla dire tutta. Con una certa frequenza, da quando mi sono piazzata su questo sgabello ad esplorare la cosa fantastica che i babbani chiamano “Internet”, ciò che passa sullo schermo mi provoca una risata incontenibile che non riesco a frenare e trattenere, attirando l’attenzione degli altri studenti presenti nella grossa stanza. Qualcuno tra quelli concentrati nella visione di un film sulla grossa TV mi ha lanciato occhiate di rimprovero, qualcun altro mi ha sorriso curioso, sicuramente chiedendosi cosa mi abbia divertita tanto, altri ancora si sono limitati a fissarmi le sopracciglia.
    Come biasimarli? Sono fucsia, dopotutto.
    Long story short: capita a tutti di cileccare un incantesimo. Sono pronta a scommetterci la Firebolt ricevuta per il mio ottavo compleanno che non sono né la prima, né sarò l’ultima, ad essersi colorata per errore una parte del corpo di una tonalità buffa. Non è una tragedia, specialmente perché trovo che il fucsia mi doni e ho deciso di tenerle così e aspettare che la magia svanisca da sola. Perciò, sì, guardatemi pure, per stasera sarò la ragazza in fondo alla Sala Multimediale che ride da sola e ha le sopracciglia fucsia.
    Ma potrebbe andare meglio di così – o peggio, a seconda delle interpretazioni. Questo Bongo Cat aveva in serbo una sorpresa niente male: sta suonando una canzone che non conosco con degli strumenti molto particolari, dei polli di gomma. Appena li colpisce, essi emettono il classico verso dei giocattoli per cani a ritmo di musica: esplodo per l’ennesima volta in una risata dalla portata epocale. Mi piego in due con le lacrime agli occhi e, nel farlo, involontariamente mi tiro dietro il filo delle cuffiette auricolari, che si sganciano e permettono all’audio di fluire non nelle mie orecchie, al sicuro, ma ovunque, sparato a tutto volume dalle casse dell’aggeggio tecnologico dei miei stivali.

    Ecco. Adesso sono La ragazza in fondo alla Sala Multimediale che ride da sola e ha le sopracciglia fucsia E che disturba tutti con dei polli di plastica sculacciati da un gatto musicista. Perfetto.


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    Connor non ha esagerato nel descrivermi i Giardini di Hidenstone con aggettivi pieni di meraviglia e incanto, e lui lo sa fare bene, imprimere nelle parole l'esatto significato che vuole, con tutte le sue sfumature, le sue immagini nascoste. Lo invidio per questa sua capacità e allo stesso tempo sono immensamente grata che sia toccata a lui: ascoltarlo è come venir trasportati in un altro mondo e finalmente, dopo due lunghissimissimi anni, in questo mondo ci sono finta anche io.
    Sono passate a malapena tre settimane dal mio arrivo e dalla Cerimonia dello Smistamento, eppure mi si potrebbe già considerare una frequentatrice assidua (se non fissa) degli esterni dell'Accademia. Non che l'interno non mi piaccia... I dormitori degli Ametrin sono fichissimi e le aule spettacolari, per non parlare della Sala del Tè o di quella Multimediale... Però so di appartenere altrove, in luoghi dove si respira aria fresca e odore di terriccio, dove il verde e l'azzurro predominano, dove vivere alla stregua di uno spensierato fiorellino mi riempie di pace.
    Adesso sto facendo proprio questo, cercare tranquillità, siccome mi sento inquieta. Il motivo? Non lo conosco. Mi urta non averne la più pallida idea: di solito ci azzecco sempre quando si tratta di me stessa. Sono di facile interpretazione, io; mi piace essere trasparente, è uno dei pochi vanti che ho, non essere inutilmente complicata.
    Imbronciata tra me e me, mi interrogo cosa acciderbolina possa turbarmi in maniera così impalpabile, ma fastidiosamente presente, mentre percorro uno dei vialetti acciottolati a casaccio, incurante del rischio di smarrirmi in questo dedalo di aiuole fiorite. La tentazione di avvicinarmi ad una delle panchine e afflosciarmi lì finché questa strana sensazione non svanisce mi sovviene a tratti, ma desisto; ho voglia e bisogno di muovermi, stare ferma probabilmente aggraverebbe lo scontento.
    Allora cammino, cammino, cammino... Quasi mi occorre di andare a sbattere contro il tronco di un maestoso albero per accorgermi di essere giunta in prossimità del Bosco di Ragna, ammantato in anticipo dei colori dell'autunno.
    Connor mi ha raccontato tutto di esso, ovviamente.
    Lancio un'occhiata in giro, chiedendomi se sia il caso di addentrami da sola. Dopo un solo istante, scaccio via l'indecisione con una scrollata di spalle e avanzo oltre il limitare del bosco, le gambe ormai doloranti per la lunga passeggiata senza meta. Farà buio non prima di un paio d'ore, il luogo è del tutto sicuro e io sono un'esperta di avventure nella natura grazie alle mille spedizioni nel Parco di Casselwood Lairs, dunque è stato sciocco da parte mia esitare.
    Circondata dal canto degli uccelli, dall'umidità feconda del sottobosco e dai mormorii delle foglie carezzate dal vento, il mio umore non può fare altrimenti che risollevarsi un poco. La radice nodosa di un Olmo, che spunta invitante dal terreno, riesce nell'impresa in cui le panchine avevano fallito: mi convince a riposare. Mentre mi siedo, nella mia tasca qualcosa scricchiola. Dapprima temo che siano gli snack trafugati per la merenda ad essersi ridotti in briciole, in seguito riconosco con sollievo il suono della pergamena che si accartoccia. Recupero la missiva ricevuta in mattinata e faccio del mio meglio per farla tornare quantomeno leggibile, in tutti i suoi quattro fogli. Mamma e Charly sono dei gran chiacchieroni, anche quando si scrive e non si parla, in più ci sono le aggiunte occasionali di papà, Cathy e persino di Miss Florence. Più per inerzia che per reale volontà mi ritrovo a rileggere quelle frasi amorevoli e confusionarie, di chi ha tanto da dire, raccontare e, soprattutto, chiedere. Sorrido per la calligrafia grande e pomposa di mio fratello e per l'eccessiva premura di mamma, che ha seminato nel testo ben dodici raccomandazioni di coprirmi con una sciarpa quando tira la tramontana. Ed è proprio nel sorridere che mi sorprendo della gocciolina precipitata dall'alto, finita sull'angolo in basso a sinistra della lettera, a corrompere l'inchiostro.
    Guardo in alto, il naso rivolto al cielo, lo sguardo tra le fronde dell'olmo: possibile che si stia per mettere a piovere? Durante il mio girovagare nei Giardini era tutto terso e soleggiato.
    Poi comprendo: non è la pioggia, è una lacrima, e mi appartiene.


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    Lucas Jughed Jones


    Edited by Louvenia - 7/3/2022, 21:21
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    CITAZIONE (Annie-Macrae Welsh @ 18/1/2022, 23:41) 
    Ciaooooooo!!!
    Io sono Alessandra, una delle mod di questo gruppetto di pazzi
    Come ci hai trovati? ** me tapina curiosa ahahahah
    Per qualsiasi dubbio non esitare a scrivermi **

    Ho passato una sera intera a spulciare tutto ciò che compariva sotto la ricerca "Harry Potter GDR by forum". Tra le decine e decine di risultati, l'ambientazione particolare di questo mi ha colpita e ammaliata. Si vede che è molto curato e non ci ho pensato due volte ad iscrivermi *^^* . Inoltre ho intenzione di creare un PG studente e lo svolgimento delle lezioni, qui, mi sembra un ottimo compromesso per vivere OnGame un'accademia senza "tribolare" OffGame come in una vera scuola ahahah
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    Salve! Sono Louvenia ed ho la veneranda età di un quarto di secolo (accipicchia se suona male). La scrittura creativa è una mia grande passione, così come lo è stato - a suo tempo - Harry Potter, perciò la necessità di scrivere e confrontarmi con altri scrittori mi ha condotta dritta dritta qui, in questo forum. Devo fare i complimenti a chi lo gestisce: trovo deliziosa la grafica e l'ambientazione piacevolmente innovativa rispetto a quella classica potteriana, che rimane e rimarrà comunque per sempre nei nostri cuori.
    Che altro dire? Amo i gatti, questo mi sembra importante da specificare.
    Ah, sì... Aggiungo anche che sarò un'utente un po' complicata: mi piace seguire le regole, rispettando i passaggi etc, ma sono anche dura di comprendonio, quindi dovrete sopportarmi se chiederò spesso delucidazioni a chi di dovere!
    Non vedo l'ora di dar vita al primo PG e ruolare con voi <3
6 replies since 18/1/2022
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