Votes taken by Clive Greenwell

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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    L'adrenalina che aveva accumulato nella notte insonne giungeva ormai al suo apice: non ci poteva credere. L'affabilità di Erik era un qualcosa di unico, quasi commovente: vedere quei coriandoli lanciati nei colori della casata degli Ametrin fece ardere il Greenwell del desiderio di entrare a far parte di quella casata. Quel ragazzo emanava un'aura troppo amichevole e con tutto il cuore sperò che la cerimonia di smistamento potesse avere l'esito desiderato. Lo stesso doveva essere per Nick, ovviamente. Fantasticava a lungo, ad occhi aperti, su quante belle cose avrebbero potuto fare insieme, loro tre, quando la proposta di andare a bere qualcosa tutti insieme lo gavanizzò tutto. "Ma certo! Se quel fumo non compromette la capacità di giocare a Quidditch e non dà dipendenza, ovvio che ci sto... Ossia, ci stiamo!" ammiccò in direzione di Nick,facendogli l'occhiolino, per coinvolgerlo ulteriormente nella bella pensata del Foster. Nel frattempo Harry lo aveva chiamato per dirgli di passare da lui, se aveva tempo: Clive da lontano fece pollice alzato, ma in quel mentre il suo magifonino ricevette un sms che trovò del tutto innocuo. Anzi, non era una buona notizia che la rete prendeva pure a Denrise? Strabuzzò gli occhi nel vedere l'espressione preoccupata di Erik, guardò - tra l'altro - interrogativo Nick con il magifonino in mano, come imbambolato. Lo rimise in tasca, circospetto, e increspò serioso le sopracciaglia quando il prefetto Ametrin li esortò a stare vicino a lui: la bevuta in compagnia era saltata.
    Il suo spirito Grifondoro stava emergendo, lentamente, gemello alla proposta di Nick di aiutare in questa situazione. "Una situazione tanto critica? Voglio dire, questa Cora è pericolosa?" chiese ad Erik, sfoderando immediatamente il suo catalizzatore inmelo, pronto a scagliare il periculum qualora fosse stato necessario. L'entrata in scena di Jesse lo fece sorridere e lo fece un po' ridacchiare: "Non dirmi che tu pensi che andiamo in panico perché matricoline, mh? Guarda che non siamo per nulla spaventati. comunque, io sono Clive".
    Avanzò vicino a Erik, seguendo la folla ordinata. Regalò un bellissimo sorriso a Nick e gli fece il solito occhiolino d'intesa: "Alla grande. Il fatto che ci sia già pepe nella situazione mi carica un botto." Si avvicinò a lui, abbassò tantissimo la voce, un piccolo sibilo, percettibile solo al suo orecchio: "Non trovi che sia forte Erik? Soprattutto quando è così premuroso e serio..."
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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    Sua madre lo stava aspettando nervosamente alla stazione: Clive cercava di immaginarla mentre tamburellava con il piede mentre guardava stizzita l'orologio. Era in iper ritardo, ma si era praticamente attardato ad osservare un artista di strada a Trafalgar Square, mentre teneva con sé il bottino del suo shopping: una felpa per la scuola e qualche t-shirt babbana molto colorata, che metteva a suo dire molta allegria. Londra, la City, nel suo brulicante fermento di persone di mille culture ed etnie, si stava lentamente avviando nel crepuscolo. Sottofondo al suo svelto incedere erano i rumori del traffico, dei bus double-decker e del vociare dei passanti. Pensava che di lì a pochissimo avrebbe incominciato una nuova avventura nell'isola di Denrise, il cui lato selvaggio sarebbe stato di certo molto differente dal caos della metropoli: avrebbe incontrato di nuovo i ragazzi che aveva conosciuto a Diagon Alley, come Erik ed Harry, ma avrebbe rivisto persino il suo caro amico Nick. Ripensò di nuovo alla confidenza che aveva ricevuto dal piccolo lord: c'era un qualcosa che lo pungolava a domandarsi cosa gli stesse succedendo. Lui non voleva stare conm i maschi: semmai li scrutava, poteva ammettere che alcuni di loro erano perfettamente in linea con i suoi gusti. Nossignore, lui non li avrebbe di certo baciati sulla bocca! Scosse il capo e affrettò il passo, con un sorriso cristallino e puro stampato sul suo viso fine e giovanile. Ecco che gli venne incontro un biondo ragazzo che gli chiese con una cortesia infinita che ore fossero. Gli dispiacque sapere, all'anglo-francese, che gli fossero stati rubati telefonino e orologio. "Uh?" domandò retoricamente, lasciando seguire l'interiezione ad una ricerca fulminea del suo orologio al polso "Certo. Sono le diciannove e quarantacinque." E gli regalò un sorriso a trentadue denti, perché Clive era effettivamente così: molto dolce e spensierato, privo di malizia.
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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    Clive rimase per un attimo completamente interdetto: com'era possibile che quella libraia, francese, probabilmente amica di sua madre, si fosse focalizzata unicamente sulla richiesta di un libro particolare? Sembrava che Dahlia e quella negoziante si fossero alleate ancor prima che l'anglo-francese mettesse piede al Ghirigoro. Con le orecchie in fiamme e con il sorrisetto che lo contraddistingueva, inspirando a pieni polmoni, Clive cercò di mantenere quanta più credibilitù possibile, andando a ribattere alle insinuazioni di quella donna. Cosa la spingeva ad adottare un'etica così poco aperta al sesso? Non se ne capacitava: dopotutto la vendita di libri, specchi di mondi possibili, doveva gareantire una visuale così ampia e completa di tutte le sfumature dell'animo umano. Il ragazzino concluse pensando che stessero giocando d'anticipo, l'interlocutrice e sua madre, per spingerlo verso i tomoni della nobile arte pozionistica, per evitare che abbracciasse qualsiasi virtuosismo che esulasse dal seminato.
    Volevano la guerra? La guerra avrebbero voluto.
    "Sono molto accaldato" sorrisetto tattico "Ho corso a perdifiato per giungere in questo tempio della cultura. Quindi sì, un bicchiere d'acqua fresca o, se possibile, succo di zucca con ghiaccio." Si era dimenticato la formula magica e la allegò poco dopo: "S'il vous plait!". Se vi state chiedendo se tornasse all'attacco, per mettere soprattutto in ridicolo sua madre (amica della libraia?), la risposta è sì.
    Per questo proferì una domanda a bruciapelo: "Che ne pensa della censura?" una domandina proprio a casaccio. Mia madre, Dahlia Jamet de Léaval... mancava solo il codice fiscale oramai. Che ascoltasse bene, era proprio la Jamet. "...ha imperniato tutta la mia educazione in modo libertino e sbarazzino. E' estremamente aperta a parlare con me dei più disparati argomenti. Gliel'ha mai dettoù? Dice che vi conoscete. Insomma, anche di argomenti... diciamo...ehm..." ridacchiò, era talmente paonazzo che chiunque avrebbe potuto notare la sua faccia di bronzo. Lui, proseguiva, quasi a sfidare apertamente chi avesse davanti "...insomma, ha capito. E poi andiamo. Basta che io prenda il magifonino e potrei vedere chissà quali cosa inappropriate! Dica, vuole questo? Vuoloe negarmi un libro passionel e spingermi ad armeggiare col motore di ricerca§? Non si sentirebbe un po' in colpa a interrompere l'educazione impartitami?"
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    Benvenuta! Io sono Luca e muovo Clive. Sono relativamente nuovo di questo GdR, ma ho avuto un'accoglienza bellissima. Ti divertirai! Speriamo di incontrarci in role!!
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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    L'affettività, il turbinio di emozioni connesse con l'innamoramento, l'idea di baci rubati: erano tutto ciò che faceva letteralmente volare il Greenwell. Non aveva conosciuto il vero amore, ancora, e fantasticava sui balli descritti dall'amico, che gli erano sovente preclusi, per via della fama di sua madre. Forse avrebbe anche lui invitato una ragazza con il nome iniziante per J e l'avrebbe prepotentemente baciata contro una colonna. Rimase comunque stupito (invidioso?) dell'intraprendenza di Nick e cercò di raffigurarsela mentalmente, celata dietro una maschera suadente e sensuale. Si morse la lingua e sorrise maliziosamente, commentando il tutto con un: "Hai capito il Lord? Qui si fanno i fatti!" scompigliandogli i capelli e prendendolo per le spalle, al fine di dargli una manata amichevole. Approvava tantissimo questi metodi così romantici e un po' intrisi di mistero, assieme alle parole sussurrate, cariche di desiderio e trepidazione. Non sapeva esattamente come reagire alla confidenza intima del suo amico. Si sentiva piuttosto goffo e impacciato, sempre con un sorriso troppo idiota stampato sulla faccia. Aveva pensato che la battuta fosse stata riduttiva, trovò pertanto necessario precisare con un occhiolino: "Va tutto bene." Non era moltissimo, non era stato in grado di formulare altre considerazioni: aveva il buon Clive solo quindici anni, quindi era normalissimo per lui essere leggermente scosso dalla confessione. Con sua enorme sorpresa, seguì il racconto dell'esperienza con il ragazzo dotato di bella voce con parimenti interesse. Clive comunque riconosceva la bellezza di un corpo maschile: cosa sarebbe accaduto se fosse lui ad ammiccare così, ad altri? 'No, ma no, assolutamente impossibile!' si schermì mentalmente. 'Cose passeggere, e poi! E' obiettivo che uno sia figo, è normale sbirciare, forse a quest'età'. Si trincerava così nel suo bastione di eterosessualità categorica e convinta, ammettendo eccezioni alla regola.
    "Chissà se lo rivedrai." fantasticò ad alta voce, immaginando Lady Elizabeth trascinare via l'amico in un attacco di puro panico. Si domandò mentalmente s evolesse sapere il prosieguo della storia: per curiosità? per una sottesa gelosia? Per Godric, che ragionamenti assurdi!
    Clive guardò distrattamente l'orologio: il tempo era letteralmente volato. "Cazz...!" imprecò, poi spiegando "Fra', accompagnami in stazione, così ti vede mia madre e si tranquillizza. Altrimenti pensa che sono stato a Nocturn Alley o altri postacci!" Era convinto dell'appoggio dell'amico che - sì - per forza sarebbe stato nella sua medesima casata.

    CHIUSA

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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    Ascoltava Coffey perché era un vero punto di riferimento. Il capitano dei Falmouth Falcons non era semplicemente la concretizzazione di un sogno, l'incarnazione di quello che Clive avrebbe desiderato diventare: era un universo di valori, dalle labbra del quale pendere. Se gli avesse consigliato una dieta, l'avrebbe seguita; se gli avesse detto quali materie prediligere, l'avrebbe fatto. Come tutti gli adolescenti, l'anglo-francese si pasceva di miti: sperava ardentemente che quello scambio di opinioni non si limitasse a quell'occasione. Voleva essergli amico, al suo fianco, sebbene sapesse essere molto difficile. Si godeva per questo ogni minuto, assaporandolo con decisione. Per fortuna Peter gli suggerì di tenere un'alimentazione completa e variegata, perfettamente in linea con il suo metabolismo in crescita. Con due occhi sgranati, CLive annuì con decisione, quasi facesse una promessa: "Sì, sì, Pete, io mangio davvero di tutto. Evito giustamente le schifezze, ma sai, qualche sgarro anche tu lo avrai fatto... No? Mangio molto a colazione, che dicono essere il pasto più importante". Quando poi parlò degli allenamenti con Jack, Clive ripensò al suo rapporto di amicizia von Nick: era bello approfondire la pratica sportiva con i concasati e potenziare di conseguenza la muscolatura. "Siete amici anche fuori dalla squadra o è un rapporto professionale?" domandò a bruciapelo, curioso di sapere se a livello professionistico ci fosse lo stesso cameratismo di una squadra di ragazzini. Sgranò gli occhi sulla questione sport estremi, poiché reputava coraggioso da parte del biondo capitano dilettarsi in attività così rischiose e adrenaliniche: "Paracadutismo già lo faccio quando scendo in picchiata con la scopa." rise Clive alla sua stessa battuta, per poi aggiungere: "Bunjee jumping dev'essere una botta di energia tale! Ho visto video su YouTube di gente che urla a squarciagola mentre si getta in canyon mozzafiato."
    Arrivarono finalmente al pullman riservato alla squadra dei Falcon e, come c'era da aspettarsi, il lusso e la comodità al suo interno non avevano limiti: il ragazzo si sentiva come nel paese dei balocchi, ammaliato da tutte quelle tentazioni. Avrebbe provato le poltroncine, avrebbe voluto riempirsi lo stomaco del ben di Merlino a completa disposizione, scattato fotografia con il suo magifonino. Preferì non strafare, però, proprio perché voleva beneficiare della compagnia del capitano. Cercò di essere il più disinvolto possibile, mentre cercava di captare le chiacchiere di tutta la squasdra. Prese un piattino e ci mise sopra qualche tartina, con una manciata di patatine fritte. Andò quindi a sedersi in una poltrona vicina a Coffey. ""Non è riservata questa... giusto?" e, se avesse ottenuto il permesso, avrebbe preso posto. Rimase estasiato per l'atmosfera, poi pensò bene di proseguire l'atmosfera, toccando un tasto che attirava molto un quindicenne. "Ma hai tante ragazze?" chiese arrossendo, con un tono complice, come se la poligamia fosse un costume assodato nel quiddich "Cioè, voglio dire, chissà quante ammiratrici. Banalmente io all'ultimo anno ero anche popolare grazie allo sport, ma non ho trovato l'amore vero. O quelle che mi hanno contattato alla fine, forse, non mi interessavano davvero. Dici che dovevo divertirmi di più o ho fatto bene a non illuderle?"
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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    Non era riuscito a dormire la notte antecedente la partenza, per via della grandissima trepidazione per la nuova avventura. Anzi, durante la notte era persino andato - alle tre e mezza di notte, nella fattispecie - a svegliare i suoi genitori. Aveva chiesto se non fosse il caso di avviarsi nottetempo per Londra: da Oxford la strada poteva essere impervia, se ci fossero stati inghippi d'ogni sorta, un attacco a sorpresa di qualche malvivente. Dahlia, furente, lo aveva rispedito nel letto, bofonchiando che se suo figlio avesse avuto tanta trepidazione nell'aprire un tomo di Pozioni, in quel momento l'avrebbe superata. I coniugi Greenwell, poveretti, scesero ad un compromesso: partirono con due ore e mezza d'anticipo, arrivando al porto del Tamigi con un cospicuo e insensato anticipo. "Eccoti accontentato" aveva sbuffato sua madre, mentre gli sistemava il ciuffo e gli scoccava un bacio sulla guancia. "AAAAAAARRRRGGGGH!!! Mamma, ma...!!! Sei pazzaaaa?! Ma tipo se mi vedono Harry ed Erik? Harry penserà che non sono portato per conquistare tipe, Erik penserà che sono ancora un moccioso. E poi è prefetto e mi presenta ai grandi!". Dahlia roteò gli occhi verso l'alto e si rivolse al marito, immobile come una statua di sale: "Non so, caro, se hai sentito tuo figlio. Inizia un istituto prestigioso e io non posso salutarlo con un bacio sulla guancia come ogni nobile madre farebbe perché lui pensa alle tipe. E questi due chi sono...eh... ragazzacci malintenzionati? Frequenta piuttosto il figlio di Lady Elizabeth, lui sì che è un ragazzino a modo, serio, preciso, nobile.... Clive diede una pacca affettuosa a suo padre e battè il petto contro il suo: "Ciao pa'. Sì, Nick è mio amico, maman. Non allarmarti."
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    Di fatto, Clive non riuscì a trovare nè Nick, nè Erik, nè Harry sulla nave che lo avrebbe portato alla nuova avventura. C'era stata ressa, molta ressa. Era stato trasportato dalla fiumana di studenti sulla nave che lo avrebbe condotto a Denrise. Il fazzoletto ricamato di sua madre messo fugacemente in tasca. Un fazzoletto femminile, tra l'altro. Gli dispiacque vedere sua madre piangere, nascondersi il viso tra le mani, mentre lui si allontanava con un'espressione che mutava dal sorriso alla espressione più seria. Si pentì amaramente di non averla lasciata fare: magari a quel bacio avrebbe allegato una carezza, non gli sarebbe costato nulla, la reputazione - di fatto - se la sarebbe costruita in altro modo e pochi erano presenti alla scena. Si ripromise di scriverle sul magifonino appena arrivato. Si scacciò l'immagine dalla testa e raggiunse la cabina 34, che gli era stata assegnata. Si sdraiò sulla branda, dopo essersi tolto le scarpe e cominciò a messaggiare a chiunque. Insta di Harry, Erik, Nick. Non ricevette risposta e, fatte spallucce, si gettò nella mischia. Scherzò con gente a caso addentando tartine e cercando di rincuorare i primini come lui.
    Finalmente, dopo la tratta di mare, Denrise era in vista. Quando sbarcarono sull'isola, una bella donna in tubino nero, Dana, colpì l'attenzione dell'anglo-francese, più per le sue forme che per la possibilità di fare acquisti.
    Si chiese se onestamente avesse bisogno di qualcosa. Non aveva urgenza di acquistare oggetti dagli stand: magari era una trovata di marketing dell'isola. Trovava i Denrisiani gente molto rustica e concreta. Sentì alcuni vociare in uno strano dialetto, un'inflessione decisamente genuina e autoctona. Non aveva molto senso prendere da bere bevande analcoliche dopo il buffet sulla nave. Bighellonò tra gli stand, intravedendo poi i visi degli amici tanto ricercati. Accanto ad Erik c'era pure un ragazzo mai visto, ma che inequivocabilmente faceva parte dei grandi. "Eriiik! Niiick! Eccovi, vi avevo pure scritto su Insta. Che bello rivedervi. Per Godric, non vedo l'ora di sapere in che casata sarò. Ma sarò con te, giusto, Nick?" si rivolse poi con un sorriso al ragazzo sconosciuto. "Clive, novellino." ironizzò così, perché non amava affatto negare le evidenze atteggiandosi a chissà chi. Sarebbe risultato affettato e poco credibile.
    Quel compagno di studi, poi, si rivelò interessato ad uno stand di armi.
    "Ma sono ammesse a scuola?" chiese ingenuamente Clive "Non vorrei che qualche cattivone mi sgozzasse nel sonno mentre sogno di acchiappare un boccino."

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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    Clive era un Ametrin entusiasta e colmo di speranze per il futuro: tutte le incognite che si erano profilate nelle settimane precedenti si stavano disgregando nelle novità dei primi giorni di scuola. Era quasi un gioco per lui raffrontare le sue aspettative con la realtà, trovandone le similarità o le differenze. Il trauma più grande, forse, era stato assistere allo smistamento del piccolo Lord McCallister, il suo fidato amico, ex-compagno di squadra Nicholas, nelle file dei Dioptase. Era stato uno smacco, il neo in un giorno di festa: le sue certezze avevano vacillato, ma a mente fredda aveva pensato per la loro amicizia avrebbe potuto ugualmente continuare, al di là delle divisioni della casata. Era stata recapitata una lettera per la prima lezione di Magitecnica, contenente una serie di istruzioni sul luogo di ritrovo e sulla tenuta da tenere: l'anglo-francese era colpito positivamente dalla richiesta di portare con sé un costume da bagno. Mise nella sua sacca sportiva della crema solare, infradito, un telo per asciugarsi con sopra disegnati degli avvincini, un telo da spiaggia con delle arance e dei boxer da bagno con dei boccini svolazzanti, tanto per rimanere in tema Quidditch. Aveva poi proposto al McCallister di andare a lezione insieme, come ai vecchi tempi. "Ehi bello, ma quanto è swag il prof di magitecnica? Prima lezione in tenuta da spiaggia. Magari ci scappa la tintarella. Comincio ad amare mia madre per avermi fatto proseguire qui ad Hidenstone." Mentre camminava si mise dei RayBan sugli occhi, e si diede una sistemata al ciuffo sbarazzino, sistemandosi la maglietta alla marinaretto, blu e bianca, e dei bermuda celesti, con mocassini di tela coordinati, con calze a fantasmino. Credeva fossero molto più comodi per la camminata. "Come sto??" chiese il parere al suo compare, indicandosi il bel visino con entrambi gli indici.
    Giunsero alle coste, seguendo con attenzione la mappa, e il Greenwell trovò colui che poco tempo prima aveva definito swag.
    Apperò. Già in perfetta mise per una lezione entusiasmante. Che aria vissuta, molto intriganti le sue cicatrici e i suoi tatuaggi: magari era stato in carcere, magari era un eroe. Da maschietto, Clive cominciò a confrontarsi fisicamente con gli altri presenti: si sentì un po' sfigato a non sfoggiare un po' il suo petto e a non aver scelto di mettersi subito in costume. Come non aveva fatto a pensarci. Salutò Harry Wood con un cenno di mano e un sorriso: aveva conosciuto il Black Opal a Londra e lo aveva immediatamente scorto tra gli arrivati, con i suoi pettorali e addominali in mostra. Lo trovò molto sul pezzo, disinvolto e con un'aura da ragazzo brillante e cool.
    Aveva sentito bene? Il professore li esortava a dare del tu e i ddroni svolazzanti sulle loro teste avrebbero preso appunti al posto loro. 'In che paradiso sono capitato?' pensò immediatamente Clive, mentre, con una leggera esitazione, alzava la mano e provava a rivolgersi al trentenne in modo confidenziale, ma non irrispettoso. Il suo tono era sicuro e limpido, nella sua giocosa vivacità: "Ciao a tutti, salve Morrigan. Mi chiamo Clive Greenwell e sono novellino, fresco fresco di smistamento: Ametrin. Ho buone speranze e voglia di fare amicizia. Spero di essere un tipo ok, ma sarete voi a deciderlo. Ho quindici anni e mezzo, tra non molto sedici. Allora, io non ho molto ad aggiungere a quanto detto dal mio concasato Benjamin o da Harry. Credo abbiano dato risposte esaustive. Penso che magitecnica spieghi proprio l'applicazione pratica di leggi scientifiche teoriche. Magari come una legge magica o fisica si traduca poi in un artefatto e ne permetta il funzionamento. Se dovessi scegliere un artefatto... beh... non avrei dubbi! Una scopa volante! Ad Hogwarts ero un cercatore, tengo ai Falmouth Falcon, il capitano Coffey è il mio giocatore preferito. E' un oggetto che suscita in me forti emozioni e ricordi!"
    Aveva parlato con trasporto, con occhi scintillanti e vivaci. Poi soggiunse: "Morrigan, scusami, ma... per il costume? Io ce l'ho nella sacca. Posso cambiarmi dopo...? devo cambiarmi ora?"
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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    L'anglo-francese non ci stava più nella pella: d'altro canto aveva appena trovato un buon amico, un punto di riferimento per la nuova scuola e un appassionato di Quidditch: le amichevoli che avrebbero potuto organizzare sarebbero di sicuro state l'occasione per affinare tutte le tecniche come cercatore e come cacciatore. Chissà se a Hidenstone si sarebbe meritato un posto nella squadra, punto di partenza per una sfolgorante carriera. Sorrise, Clive, sentendo quasi la necessità di abbracciare Erik, per ringraziarlo della premura che aveva dimostrato in quella conversazione: era raro trovare qualcuno disposto a dedicargli tutto quel tempo, in modo così disinteressato. Si limitò a dare voce a tutta la sua riconoscenza, ribadendo, di fatto, quanto detto precedentemente: "Oh sì, in questi giorni sento il battitore su Wtsapp o Insta, di sicuro non avrà problema a trovare i bolidi" McCallister, infatti, era un piccolo lord, senza problemi economici: una coppia di bolidi potevano benissimo far parte della sua collezione sportiva: Greenwell, dunque, confidò pienamente in lui, senza porsi troppe domande o dubbi al riguardo.
    Gli piacque constatare come l'Ametrin che aveva di fronte fosse molto umile e posato nei ragionamenti. Era vero, da prefetto era d'obbligo far rispettare le regole, altrimenti in una camerata avrebbe regnato la pura anarchia. L'ex Grifondoro annuì serio, distogliendo per un attimo lo sguardo e posandolo in un orizzonte indefinito. Tornò a riguardare il moro, nell'esatto momento in cui gli confidò le difficoltà in Alchimia: "Io mi fido già di te, Erik!" gli comunicò con un impeto del quale lui stesso si stupì, poiché sentì un piccolo fuoco affiorare sulla pelle attorno agli zigomi, sintomo che un lieve rossore lo stava imporporando, pura reazione involontaria e inconscia.
    "Ora mi sa che devo proprio andare, sìsì." attivò il blocco schermo del magifonino in cui comparve l'orario digitale a cifre cubitali "Accompagnami fin dove vuoi, mi farà enormemente piacere. Io devo andare a Kings Cross per prendere il treno per Oxford, dove vivo coi miei."
    Si alzò, si stiracchiò e cominciò ad avviarsi. Felice.

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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    Dietro a quel raffinatissimo portamento da lord, Nicholas celava sempre quello stupendo lato umano che aveva sempre colpito il Greenwell. Il nobile, infatti, era in grado di passare da un carattere più posato e riflessivo, all'impeto rovinoso dell'arrabbiatura, che non era mai fine a se stessa. L'anglo-francese si sentì onorato di avere un amico così, splendidamente, autentico, nonostante l'etichetta aristocratica tentasse di soffocare ogni deviazione dal comune concetto di compostezza. Sentiva, in poche parole, di avere senza ombra di dubbio un alleato vero e proprio, contro coloro che sminuivano i mezzosangue. I tempi erano cambiati rispetto alla fine del novecento: se prima era non troppo raro imbattersi in fanatici che ti appellavano senza motivo e senza conoscerti "sanguesporco", ora erano stati fatti parecchi passi avanti. Tuttavia, i più restii proseguivano nell'opera di discriminazione e gli Jamet de Léaval avevano questo triste primato. "No, dai, amico, non dirlo neanche per scherzo..." sorrise debolmente Clive, cercando di smorzare con un'espressione agrodolce la bellicosità del McCallister. Proseguì, dunque, con il suo ragionamento: "...non macchiarti di una maledizione così orrenda ed oscura per quegli stupidi. Conviene soltanto compatirli, non trovi? Lasciandoli nel loro brodo. Mia madre soffre, ma ogni volta che ricordo che ha me, che la proteggerò sempre. E forse è questo quello che conta.". Clive aveva un'espressione seria, a tratti contrita, come se gravassero molti pensieri, accumulatisi negli anni, attorno al suo status all'interno di quella famiglia.
    Avete sentito come puzza di fogna l'inglese mezzosangue che mangia a tradimento qui da noi? risate di scherno si erano alzate prepotenti e fastidiose, gracchianti e poco nobili. Dicono sia bravo a quidditch. Cadrebbe al mio primo bolide, gli spaccherei tutte le costole e magari si paralizza alla caduta. Si era sempre chiesto quanta cattiveria occorresse per parlare di lui in terza persona, senza rivolgergli la parola, e soprattutto per augurare cose simili ad un coetaneo. Cosa li distingueva da lui? Anche loro non amavano le cioccorane ed eccellevano in pozioni?
    Questi tristi ricordi furono spenti fortunatamente dalle ulteriori precisazioni del piccolo lord sulla vacanza in Australia: già si figurava il caleidoscopico piumaggio dei pappagalli allietare le mattinate. Sorrise, sperando un giorno di approdare sia in America, sia nel nuovissimo continente: i paesaggi dovevano essere in entrambi i continenti davvero mozzafiato. Il cercatore dei Grifondoro però catalizzò massimamente l'attenzione su quanto aveva domandato riguardo al ballo: ebbe conferma inizialmente delle sue ipotesi e, da vero compagno di squadra, gli diede una manata di pura approvazione sulla spalla, sogghignando tutto. "Ma hai capito il McCallister...?!" esclamò con un sorrisone malizioso "Brillino, ma non quanto Cam, e intento a strappare baci alle fighe del ballo. E non uno, più baci... Ma dimmi. Stampo o....?". Clive aveva dato molti baci a stampo alle avventure che aveva avuto, pochissime volte si era spinto oltre, ma non era mai approdato ad un bacio maturo e passionale. Aveva intenzione di chiedere di più, anche su cosa accadesse in un bacio vero da un punto di vista anatomico, ma era piuttosto timido su questo, poiché significava ammettere la sua inesperienza. La natura lo avrebbe aiutato senza i consigli altrui? Arrossì, un poco, sulle orecchie. Era il suo pudore che lo stava ammonendo. Senonché, poco dopo, Nick parlò a proposito del ragazzo e il Greenwell rimase un po' interdetto. Ma quindi? Il McCallister aveva prima baciato una ragazza, poi al ballo aveva procurato uno spavento alla madre invitando a ballare un maschio poiché carino. Clive fece due più due, rimase per un attimo in silenzio, con un'espressione decisamente stupita. "Non dire cose idiote, non dire cose idiote, ti ha fatto una confidenza" ripeté più volte nella testa, convinto che "Non c'è nulla di male, nulla di male. Gli piacciono anche i maschi, ma Nick rimane sempre Nick, un ottimo amico!". Anche lui di tanto in tanto, dopotutto, si trovava a guardare i muscoli e lineamenti di qualche bel giovane: però per lui - credeva - era tutto passeggero, quindi non era il caso di avvisare l'amico della cosa. D'altro canto lui mica aveva intenzione di chiedere un appuntamento ai ragazzi, ci fantasticava, per pochi minuti e poi stop. "Ah-ha?!" biascicò un po' stupito, ma poi si esortò mentalmente: "Ripigliati, cazzo, fagli capire che non ti interessa se gli piacciono anche i maschi e che vuoi la sua amicizia!". Disse finalmente: "Oh, qui...quindi ti piacciono pure i maschi..." si schiarì la voce e la buttò di nuovo sul goliardico: "Volpone che sei, così le possibilità di cuccare, raddoppiano!" i suoi occhi azzurri lo studiavano con dolcezza, sorridenti e concilianti. Non sapeva bene come comportarsi, non voleva ferirlo e non voleva nemmeno scadere in una melensa pubblicità progresso. "Scusa, ma come hai fatto a capire che quello era il tipo giusto a cui chiedere? Vi siete guardati....? E...." si guardò intorno, abbassò di molto la voce, orecchie a fuoco "...vi siete baciati?!"
    Quando il discorso passò all'argomento Hidenstone, Clive esternò tutto il suo entusiasmo: "Non sto più nella pelle: vedere un nuovo ambiente, una nuova casata e nuovi compagni... Ma soprattutto, con la certezza di ritrovare un tipo in gamba come te, Nick."
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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    Clive annuì silenziosamente, regalandogli l'ennesimo sorriso: non poteva non concordare con Harry sulle emozioni che contraddistinguevano il momento esatto in cui le dita andavano a chiudersi attorno il boccino. Aveva senza dubbio ragione sul sentirsi protagonisti della situazione: la partita viene chiusa nel momento esatto in cui il cercatore raggiunge il suo obiettivo, è come se fosse l'attore principale di un match, sebbene anche i cacciatori e i battitori costituiscano parte integrante di quell'immensa macchina perfetta che si chiama squadra. "Sì, sì! Sono stato proprio io ad acciuffare il boccino decisivo. Avresti dovuto sentire che boato è risuonato per tutto il campo!" si pavoneggiò Clive, ripensando al dolce momento in cui venne abbracciato dai suoi compagni di squadra e issato sulle loro spalle in una marcia trionfale. Era stato davvero popolare, ammirato e osannato dai più giovani e dai coetanei. L'ultimo anno ad Hogwarts gli aveva, per l'appunto, regalato dei momenti decisamente belli.
    Ascoltò Harry, che si dimostrava in quel momento veramente disinvolto con l'argomento ragazze: non si professava un playboy, però amava la compagnia di ragazze, che lo ammiravano per il suo aspetto fisico e per le sue prodezze sportive. L'anglo-francese, dal canto suo, invidiava tale autostima: non era del tutto consapevole di essere anch'egli piacente, dai modi semplici e genuinamente educati, nella loro frizzantezza: Clive, nel suo piccolo, non si reputava un Adone, ma un ragazzino come tanti altri. Valutò che fosse un bene avere un amico così sicuro di sé e avvezzo alla compagnia femminile: da cosa poteva nascere cosa, magari la sua fidanzata avrebbe potuto presentargli un'amica, magari di un'altra casata. "Ma come ti diverti con loro?" strabuzzò gli occhi, immaginando chissà quali desideri proibiti stesse celando Harry dietro l'etichetta "divertimento". Il suo sorriso si era fatto decisamente più malizioso e gli diede una gomitata complice, curioso di conoscere quel lato sbarazzino del suo interlocutore. Gli venne poi domandato se al termine del suo scherzo si fossero svelati alla malcapitata e il Greenwell non poté altro che fare spallucce. "Amo alla fine assumere le mie responsabilità. Con la faccia di bronzo le ho spiegato la faccenda e lei mi ha spalmato sulla faccia un pasticcino. Beh, sempre meglio che uno schiaffo in pieno volto..." ragionò ad alta voce, ricordando benissimo la scena della confessione proprio in concomitanza del tè delle cinque.
    Ascoltò gli scherzi architettati da Harry e pensò fossero essere un po' pesantucci e crudeli. Il primo era uno scherzo goliardico: Clive andava matto per queste cose, anche se la vittima non doveva essere - a suo parere - scelta tra gli studenti più timidi o riservati. Non voleva ferire troppo, non essere la causa di qualche trauma: se fosse accaduto a lui, probabilmente avrebbe preso la cosa sul ridere, ma qualcun altro? Nel secondo caso, il Greenwell ammise a se stesso di non essere mai in grado di giocare con un sentimento come l'amore. ""Ehi, ma sono due scherzi un po' pesantucci eh. Giocavate davvero duro. Sì, certo, è super-carina, è del mio stesso anno, Scarlet. Ha un fascino tutto Grifondoro: è grintosa, simpatica e solare..."
    Proprio nel mentre gli venne chiesto di descrivere una marachella della sua compagnia d'amici, ecco che il magifonino squillò: stavano arrivano a raffica dei messaggi Wtsapp da parte di sua madre Dahlia. Gli chiedevano insistentemente dove fosse e perché non fosse già tornato a casa.
    Clive guardò le anteprime sullo schermo e roteò gli occhi, in un'espressione disgustata. Aveva quindici anni e doveva ancora sottostare alla volontà di sua madre. "Scusami, Harry, ora devo andare. Libertà finita, devo tornare a casa. Comunque, senti, dai... Ci teniamo in contatto, ok? Mi farebbe stra-piacere davvero. Grazie per la compagnia. A presto!"
    Se non glielo avesse impedito, l'anglo-francese si sarebbe alzato, avrebbe fatto un cenno di saluto e si sarebbe incamminato per tornare ad Oxford, col primo treno regionale disponibile.
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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    Il suo cuore, in completo subbuglio, danzava leggero. Stava ricevendo degli immensi regali: per Coffey evidentemente erano dei gesti semplici, ma che stavano segnando positivamente l'animo di un adolescente che si sentiva estremamente gratificato e considerato. Il fatto poi, che potesse chiamarlo con il diminutivo Pete, che naturalmente richiamava un'idea di amicizia, lo rese estremamente orgoglioso: si sentiva quasi un compagno di squadra. Infatti, l'anglo-francese aveva espresso il suo entusiasmo prima di accarezzare quella puffola: "Ok, allora ti chiamerò Pete, capitano. È molto più immediato".
    In quel momento stava camminando accanto al suo cacciatore preferito: voleva imparare a gustare quei momenti. Il ritorno negli spogliatoi dopo la vittoria. Naturalmente, a scuola, tutto era decisamente più disordinato: pacche sulle porte e sui muri, spallate amichevole ai compagni, urla di scherno verso Serpeverde o Corvonero. Amava quella compostezza e quella calma, tipica del gioco professionistico. Guardò in silenzio Coffey, regalandogli ancora un sorriso coronato da occhi scintillanti, finché il biondo non gli rivolse una domanda personale. Era sorprendente il fatto che volesse sapere di più su di lui, lo fece sentire molto importante. "Ho quindici anni, presto ne farò sedici... si fece il petto grosso, per darsi tono e non farsi prendere per un moccioso "Ho appena terminato gli studi a Hogwarts, diplomandomi nei GUFO. Ero un Grifondoro... Cercatore titolare l'ultimo anno, negli altri ho rivestito anche il ruolo tuo, cacciatore. A settembre sarò a Hidenstone e spererei di entrare nella squadra della mia futura casata! era tutto avvampato di ardore e patriottico orgoglio. Varcarono la soglia degli spogliatoi, che Clive trovò semplicemente maestosi e perfetti. Ciascuno con il proprio posto assegnato, indicato da una targhetta: tutti i comfort di questo mondo. Il ragazzino rimase letteralmente a bocca aperta. In questa contemplazione estatica, Clive ricevette tra le mani la tenera puffola Honey. La trattò come un piccolo tesoro, constatandone la morbidezza e la dolcezza. Dalle mani, Honey era salito sulla spalla del Greenwell mentre questo osservava il corpo seminudo di Peter e dei suoi compagni. Ebbe conferma che aveva immaginato giusto ciò che la divisa copriva: addominali, stupendi pettorali e bicipiti, un corpo di un giovane uomo perfettamente formato e temprato dagli allenamenti. Anche gli altri giocatori non erano da meno, ma Clive era ipnotizzato dal fascino del "suo" capitano in boxer. Lo definì mentalmente un atleta bellissimo, al modo degli adolescenti, ossia, un figo assoluto. Fece mentalmente un confronto con il suo corpo, ancora abbastanza acerbo e in divenire: fu invidioso, in un certo senso, di tale prestanza, anelando lui stesso ad averla un giorno. Tale invidia, a livello inconscio, era comunque sovrastata da un'ammirazione genuina e adolescenziale. Accarezzò di nuovo Honey, mentre guardava Coffey darsi una rinfrescata. Dopo che venne castato il vestis, Honey con un balzo ritornò sulla spalla del giocatore. "Sei figo anche in abiti casual, P...Pete." gli tremò un po' la voce, perché gli pareva davvero osare chiamarlo per soprannome. Tuttavia, gli aveva dato il permesso, no? Era un figlio di Godric e non aveva particolari timori nell'intavolare delle discussioni "Ma dimmi, fai particolari allenamenti per quei pettorali e addominali? Hai un fisico fantastico, armonico e senza un filo di grasso... Vorrei pure io un armamentario di muscoli simile, tipo ora." esternò la sua curiosità di adolescente maschio medio con spontaneità. Chissà se Coffey gli avrebbe dato degli utili consigli in merito. "Non sto più nella pelle di vedere il bus e festeggiare con te e con tutti i Falcons!". Sì, visibilmente Clive era trepidante: chissà cosa c'era in serbo ancora per lui in quell'avventura inaspettata.
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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    Era felice di aver trovato un altro giocatore di quidditch, con il quale condividere tutte le sue impressione circa il volo e la tecnica. Probabilmente a Hidenstone lo avrebbe trovato come avversario o come compagno di squadra: in ogni caso, approfondire tali conoscenze era soltanto un arricchimento, anche da un punto di vista tattico. Una chiacchierata sugli schemi o sui trucchetti poteva diventare un certo senso occasione per crescere da un punto di vista sportivo. Naturalmente Harry era curioso di sapere se Grifondoro avesse vinto la coppa del campionato nel precedente anno scolastico. Clive alitò sulle sue nocche e se le sfregò sul pettorale sinistro, gesto che equivaleva ad un orgoglioso senso di vittoria: con occhi vispi e sorridenti, annuì con il capo, entusiasta. "Chiaro che sì! ... e indovina chi ha preso il boccino della vittoria?" domando trionfante. Sì, ricordava benissimo quel giorno, acclamato da Nick e da tutti gli altri suoi compagni per quella vittoria così importante. Rimembrava persino la coppa, così lucente, che aveva coronato tutte le loro fatiche: dagli allenamenti dure alle varie competizioni, osservati da mezzo istituto. Nel frattempo controllò sul magifonino se Instagram gli notificasse l'aggiunta di Harry alla sua cerchia d'amicizie virtuali: il Black Opal aveva attuato la procedura corretta. "Sì, sì. Accettato. Ora potremo tenerci anche in contatto, amico." propose l'anglo-francese, rimettendo di nuovo via il device nella tasca dei pantaloni. Sorrise a trentadue denti quando il Wood gli disse che c'erano diverse ragazze interessanti nella nuova scuola: se sue antenne si drizzarono quando sentì la parola divertimento associata al gentil sesso: "Mi farai conoscere tante ragazze?" chiese stupito, strabuzzando un po' gli occhi, immaginando una festa tra studenti "grandi" "Ma sei una sorta di playboy?" rise, davvero curioso di comprendere come quel giovane avesse così tanto successo all'interno della scuola.
    Clive si sporse verso di lui, intento a descrivere uno scherzo compiuto ai danni dei Corvonero, loro bersagli preferiti. "Una volta, sai, abbiamo fatto levitare dei tomoni ad una ragazza Corvonero in biblioteca, mentre era intenta a svolgere una ricerca di Difesa Contro le Arti Oscure. Era nervosa, temeva contenesse qualche maledizione." si ricordava benissimo quei wingardium castati a tradimento. Poi si era scusato di persona, incapace di fare troppo del male alla giovane: non aveva motivo di farla rimanere in apprensione per i giorni a venire. Era sorridente, raggiante: "Adesso, però, Harry, tocca a te: devi raccontarmi, per l'appunto, qualche scherzo che ti è riuscito particolarmente bene. Comunque, pure io condivido la tua filosofia di vita: serietà e divertimento in compagnia, connubio che spesso ho seguito tra le fila dei rosso-oro.
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    Ciao e benvenuta! Anch'io sono nuovo e mi sto ottimamente ambientando. Mi chiamo Luca e muovo Clive Greenwell, uno studente che a settembre andrà a Hidenstone. Tu dici di essere una persona che non incontra la simpatia altrui, ma l'auto-ironia del tuo elenco puntato mi ha strappato un sorriso, proprio come è successo ad Aibileen.
    Bene, spero di incontrarti in ON. Un caro saluto.
    Luca.
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    Clive Greenwell
    Ametrin | 15 anni

    Non ci poteva credere, era come se stesse toccando il cielo con un dito: era una sensazione non dissimile dall'euforia in cui in picchiata riusciva ad acciuffare il boccino d'oro, dopo una partita sfiancante e complessa. Aveva udito bene: Coffey, il Capitano, gli aveva chiesto come si chiamasse. Era una semplice domanda, che però aveva nell'immaginario del quindicenne un grande significato: quel professionista voleva sapere qualcosa di lui, perché aveva attirato la sua attenzione. Il respiro quasi gli mancava, ma non intendeva mostrarsi un mollaccione o troppo emotivo: già la sua mano tremolante era sintomo di tante cose, non era il caso di oberare il tutto con della balbuzie. Cercò, per quanto gli fosse possibile, mantenere un tono fermo, squillante e deciso, latore di una certa grinta ed energia. "Mi chiamo Clive. Clive Greenwell, capitano!" lo chiamava capitano, poiché aveva davvero desiderio un giorno entrare in una squadrea professionistica. E chissà, magari Coffey sarebbe stato il suo tutor, il suo compagno di squadra... Era stupendo sognare ad occhi aperti. Nel frattempo l'anglo-francese aveva lasciato a Peter il suo magifonino. Si era per un nanosecondo rivolto verso di lui, osservandolo riconoscente per quel gesto da fratello maggiore. Lo aveva trovato affettuoso, da parte sua, prendere l'iniziativa, per evitare che quel selfie venisse mosso. Lo avrebbe inviato a Nick, a Erik, ai suoi amici colmo d'orgoglio e felicità. Disse con un sorrisone: "Cheeeese!!" rimirando il suo beniamino riflesso nello schermo del cellulare intento ad acquisire l'immagine. Fece capolino una puffola pigmea che apprese essere Honey, il portafortuna del cacciatore biondo. "Ma è stupenda questa puffola. Posso accarezzarla?". Se gli avesse dato il via libera, Clive avrebbe dato due tenere carezze a quella creatura magica, dopo averla salutata con un sussurro: "Ehi, ciao Honey!
    La scena venne interrotta dalla voce sonante del portiere dei Falcons, che richiamò Peter affinché si riunisse con la squadra. Per il ragazzino fu come si infrangesse un momento idillico, durato una brevissima, ma intensa fase temporale.
    Fu però l'invito che ne seguì a lasciarlo praticamente senza parole, in un'estatica sorpresa. Ebbe l'ennesima riconferma della spontaneità altruistica di Coffey, che non si ergeva a vip, ma si poneva sullo stesso piano dei tifosi. Gli aveva appena chiesto di andare sull'autobus della squadra con lui. Era l'occasione di una vita, per conoscerlo di più. "Assolutamente sì, capitano! Sì, sì... e...ecco... un solo secondo! UN SOLO SECONDO! Avverto mia mamma e ci sono." Aveva paura folle che Coffey anche per un solo secondo se ne andasse o cambiasse idea. Andò verso sua madre Dahlia e la informò: "Coffey mi ha invitato sul Bus della squadra, maman!!! Io vado!!!" Dahlia rimase interdetta, abbassò gli occhiali da sole e chiese, timida: "Coffey? Ma... il giocatore? S...sì, va bene, Clive, d'accordo. Fai il b...bravo" era stata presa alla sprovvista, aveva accettato, osservando il figlio allontanarsi di nuovo. Le pareva sempre più grande, più adulto, sempre meno bisognoso di lei. Sentì una stretta al cuore, forte, si commosse un poco, da dietro gli occhiali da sole cascò una lacrimuccia. Appena vide Clive arrivare al cospetto del capitano dei Falcons, alzò una mano di saluto, un silenzioso e accorato ringraziamento per quel ventottenne che si era sostituito a lei, che faceva volare suo figlio sulle fiabesche ali del sogno. Sperò nel cuore che il professionista del quidditch notasse quel gesto.
    Clive era raggiante, di nuovo al cospetto dell'eroe: "Eccomi qui, capitano. Ti seguo! Non vedo l'ora... Sai, pure io gioco a quidditch!"
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    RevelioGDR
40 replies since 10/8/2021
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