Posts written by Eirikr J. Donneville

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    Per quel che lo riguardava non avrebbe mai definito "troppo" il tempo passato con gli inglesi, per quanto negli ultimi tempi la pace di Denrise, avvolta dal gelo invernale -che continuava a odiare- non sembrasse poi così male. Dopo le sue avventure tutt'altro che piacevoli aveva riscoperto la bellezza del silenzio e della monotonia, e anche se ancora non si sentiva parte della stessa comunità di Sigurth -che sembrava venire da un altro pianeta, per certi aspetti- comunque non aveva schifato fino in fondo aspetti del villaggio che giurava di odiare da sempre.
    Avrebbe sbuffato una mezza risata, scuotendo piano la testa, e ritrovando lentamente il piacere di una lotta come si deve, forse addirittura sentendo la necessità di essere colpito più forte solo per sentirsi vivo. Preferì non soffermarsi su quel dettaglio, c'erano parti della sua mente che sembravano essersi risvegliate e che lui continuava a voler ignorare, ma in quel momento si sentiva attivo e sveglio come non si sentiva da settimane, almeno da quando era tornato sulla terra ferma.
    Sospettava che ad Andrew quella realizzazione non sarebbe piaciuta, si ritrovò a realizzare mentre scartava bruscamente di lato, abbastanza da rischiare quasi di perdere l'equilibrio, per cercare di evitare il montante al mento, dopo aver incassato non alla perfezione quello allo zigomo.
    Avrebbe trovato il tempo di passarsi il dorso della mano sulla bocca, senza perdere il suo mezzo sorrisetto sbruffone. "Sono sicuro che molti dei presenti considererebbero anche la sconfitta un onore." replicò baldanzoso, quasi con aria di sfida, senza sbilanciarsi su quale fosse la sua opinione. D'altro canto Sigurth rimaneva il suo opposto, per certi versi, ma non significava che non lo ammirasse, quantomeno per la sua devozione e la sua sicurezza.
    Dopo aver inferto il primo colpo andato a segno, la sua mente riuscì solo a pensare che tanto valeva puntare comunque al fianco, sperando che non si fosse trattato di una botta di fortuna ma di un lampo di genio: avrebbe quindi provato a mettere a segno un nuovo montante al petto dell'altro, altezza del fegato, nella speranza di togliergli il fiato ancora una volta, e nella migliore delle ipotesi mettere fine all'incontro come aveva visto fare qualche volta in incontri ben più professionali di quello.
    Eirikr J. Donneville

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    Ingteragisce con Sigurth Gunnarsson .


    Stat:
    Coraggio: 34
    Empatia: 20
    Intelligenza: 20
    Resistenza: 30 Tecnica: 20
    Intuito: 20
    Destrezza: 33
    Carisma: 30


    Azione 1: scarta provando a evitare il pugno al mento


    Azione 2: tenta un montante al petto di Sigurth, sperando di mettere a segno un colpo all'altezza del fegato e terminare l'incontro.

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    [QUOTE=Eirikr J. Donneville,13/12/2022, 23:09 ?t=79421557&st=15#entry662192045]
    Un duello era indubbiamente più nelle sue corde, un modo migliore che festeggiare piuttosto che bere alcool e mangiare dolci, per quanto gli occhi di Andrew addosso sembrassero volergli suggerire che quello non era il modo migliore per celebrare il Natale. Non che fosse importante, si trattava di una festività sciocca per lui, e Yule non gli sembrava poi troppo diverso: forse negli anni aveva perso quel poco fascino che aveva quando era bambino, negli anni aveva perso la tradizione di costruire il Ceppo o decorare un albero, si sentiva sciocco solo al pensiero.
    Da quando era tornato a Denrise non aveva più avuto la possibilità di scontrarsi con qualcuno, in nessun senso possibile: ora che si trovava in una situazione come quella gli sembrava di essere rimasto chiuso in una bolla, come se lui ed Andrew si fossero isolati dal mondo, forse per proteggere entrambi, forse solo per prendersi una pausa.
    Inclinò la testa, accennando un mezzo sorriso di fronte al suo racconto. "Tutte queste avventure dovrebbero mettermi in allerta?" domandò con un ghigno, inclinando la testa e mettendosi in posizione di difesa, le spalle più basse e la schiena tesa, pronto al prossimo colpo. Non si poteva dire che la sua tecnica di lotta fosse sofisticata, forse qualcuno lo avrebbe definito più portato alle risse da bar che a dei veri e propri duelli. Aveva comunque imparato qualcosa negli anni, come portare uno dei pugni a coprire il viso e l'altro la spalla, più esposti al momento.
    "Sono stato in giro... niente di piacevole." replicò a stento, sempre parecchio sintetico nelle sue risposte, ancora di più ora che tutto il suo corpo era concentrato su ben altro.
    Non si aspettava da parte di Sigurth nessun tipo di sconto, prevedeva che i suoi attacchi sarebbero stati diretti e sicuri e non ottenne niente di diverso. Quando vide l'altro sferrargli un pugno, la prima cosa istintiva che gli venne da fare fu una parata: avrebbe portato la mano dominante, quella destra, di fronte a sè nel tentativo di assorbire il colpo dell'altro, abbassandosi nel mentre per provare a uscire dalla sua traiettoria. Una volta abbassato avrebbe tentato di aggirare Sigurth, scivolando al suo fianco per poter riprendere una posizione di attacco e sferrare un diretto contro il suo fianco sinistro, apparentemente esposto.
    Eirikr J. Donneville

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    Ingteragisce con Sigurth Gunnarsson .


    Stat:
    Coraggio: 34
    Empatia: 20
    Intelligenza: 20
    Resistenza: 30 Tecnica: 20
    Intuito: 20
    Destrezza: 33
    Carisma: 30


    Azione 1: tenta di bloccare il primo pugno


    Azione 2: tenta un diretto sul fianco di Sigurth
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    Non era il tipo che fissava nella mente i volti delle persone, per la maggior parte del tempo scambiava convenevoli stentati e poi cancellava dalla propria memoria ogni tratto fisionomico. In passato, sopratutto quando viva a Londra con la sua ex estroversa e socievole, quella incapacità di memorizzare volti e nomi gli era costata non poche figure di merda.
    Ora che era tornato a Denrise poteva quantomeno godere della monotonia di volti e voci che il villaggio aveva da offrire, anche se negli ultimi anni si era arricchito di viaggiatori e facce nuove. Per quanto detestasse l’idea, purtroppo faceva parte dei tradizionalisti brontoloni che non accettavano di buon grado le novità e passavano il tempo a lamentarsi.
    Se non altro i suoi brontolii spesso si perdevano nello sciabordio del mare o nei piatti che gli preparava Andrew, e non concludeva niente di che.
    Continuava a lottare contro quella parte di se, contro il destino che il padre gli aveva confezionato, eppure ogni giorno che passava sulla terra ferma capiva sempre di più per quale ragione non fosse poi così male uscire in mare.
    Non sentiva l’esigenza di farsi nuovi amici, ritrovato il suo equilibrio con Andrew gli sembrava che la sua vita fosse già completa così, tra lui e qualche vecchia conoscenza che lo accompagnava in mare non aveva tempo per allargare la cerchia. Eppure capitava che incontrasse qualcuno e quel qualcuno gli restasse sotto pelle: era successo con quella bionda alla locanda, Rebecca, che ora considerava un’alleata e quasi un’amica, non escludeva che potesse succedere di nuovo.
    D’altra parte però escludeva anche di uscirtene con quel vento pungente, eppure eccolo lì, avvolto nella sua fidata giacca di pelle, la testa chinata per nascondere il più possibile il volto dall’aria gelida.
    Era abituato a percorrere quella stessa strada per andare verso il molo, la conosceva così bene da riconoscere la posizione di ogni radice e ogni sasso anche ad occhi chiusi e per quello era inevitabile, per lui, proseguire spedito, senza esitare.
    Si poteva dire molto di Eirikr, ma era in gesti e momenti semplici come quello che la sua vera natura veniva fuori. Solo un predone avrebbe avuto quel passo sicuro e rapido, come se conoscesse quel posto a menadito, come se fosse nato per essere lì. E proprio perchè conosceva quel posto come se le sue tasche non faticò a notare subito qualcosa di diverso: era abituato alla solitudine, a quell'ora, ma non potè evitare di captare anche il flebile suono della voce di qualcuno non troppo distante e intravedere delle dita arpionate tra le rocce del dirupo. Gli sarebbe bastato sporgersi per capire che cosa stava succedendo e prima ancora di ragionare tese il braccio e afferrò il polso del povero malcapitato, prendendosi tutto il peso e cercando di salvarlo.
    Il suo cervello processò tutto con ritardo, quando già stava agendo, che la persona che stava aiutando non era uno sconosciuto qualsiasi ma che si erano già visti prima.
    "Non mi sembra una buona idea starsene a penzoloni nel vuoto con questo freddo." buttò lì come prima battuta, istintiva, incapace di nascondere la sua sorpresa.
    Dimenticarsi del volto di Keegan sarebbe stato difficile, riuscire ricollegarlo a quel posto però a quella circostanza ancora di più. Tante persone si sarebbe potuto aspettare in una situazione come quella, ma non riusciva proprio a spiegarsi cosa ci facesse li, sospeso nel vuoto.
    Eirikr J. Donneville

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    Se non altro una sfida era un imprevisto gradito per qualcuno che già contava di annoiarsi a morte in breve tempo e trascinare presto Andrew lontano da quel caos. Se già normalmente la sua tolleranza delle persone non era elevatissima, disagio che esprimeva spesso ci mugolii inarticolati o risposte burbere -le stesse che aveva sempre rimproverato a suo padre, per giunta-, sicuramente quel genere di festività, così allegra e così colorata, non migliorava il suo approccio.
    Non che Eirikr fosse davvero uno stronzo, aveva la sua cricca di amici con cui usciva anche spesso, e se trovava qualche interesse in comune riusciva anche ad intrattenere delle conversazioni, solo che non era il primo ad iniziarle.
    Ricordava distintamente Sigurth e la conversazione che avevano avuto, è ancora si sorprendeva di come qualcuno potesse essere così devoto, ma se non altro era difficile dimenticarlo.
    Lo avrebbe salutato con un cenno del capo, senza aspettarsi di certo un risvolto come quello, quanto piuttosto una battuta sul cappello di Andrew, quella non se la sarebbe risparmiata nemmeno lui.
    Alzò un sopracciglio di fronte a quella proposta, e per quanto potesse infischiarsene delle tradizioni di certo non era uno che rifiutava una sfida. Non riuscì comunque ad evitare di cercare lo sguardo dell'amico, cogliendone il dissenso ma scegliendo con attenzione di non dargli troppo peso.
    Non sapeva se aspettarsi apprensione da parte di Andrew, sospettava che non fosse tipo da apprezzare quel genere di festeggiamenti, ma in ogni caso non li avrebbe lasciato molto tempo di commentare, allungandogli il suo bicchiere e chiedendogli silenziosamente di reggerlo.
    “Come rifiutare, Gunnharson?”.
    Quando la voce famigliare di Becca raggiunse le sue orecchie non mancò di notarla e rivolgerle un’occhiata, sorridendo appena. “Addirittura? Che onore.” commentò con un velo di umorismo, per poi allargare il proprio sorriso quando vide l'altra iniziare una sfida a sua volta.
    Immaginava che l'idea di Sigurth potesse essere quella di un duello vecchio stampo, si tolse la giacca di pelle con una mossa agile, tendendo anche quella ad Andrew, questa volta sforzandosi di dedicargli un sorriso sghembo per alleggerire l'atmosfera. "Fai il tifo per me" si assicurò, senza aspettare troppo prima di tornare a guardare Sigurth, distendendo la schiena per darsi un tono e scricchiolandosi appena il collo. "Come vuoi procedere?" avrebbe quindi domandato, aspettando che fosse l'altro a dettare le regole e fare la prima mossa, fosse anche solo per trarre maggior soddisfazione quando avrebbe vinto. Non moriva dalla voglia di vincere un combattimento, il suo interesse per il totem non era così elevato, ma in quel momento bramava molto di più l'adrenalina, la voglia di sentirsi vivo, anche solo qualche vago brivido di pericolo lungo la schiena.
    Eirikr J. Donneville

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    Accetta la sfida da parte di Sigurth Gunnarsson .
    Parla con Andrew Barber e Rebecca Wagner.
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    Ancora una volta Andrew era riuscito nella titanica impresa di trascinarlo fuori da casa quando tutto quello che avrebbe voluto era rintanarsi al caldo e aspettare che l'inverno finisse. Gli piaceva il freddo, apprezzava anche l'odore di neve che riempiva l'aria quando le temperature si facevano più rigide, ma da quando la sua vita si era spostata in gran parte in mare aveva iniziato ad odiare quel periodo dell'anno. O forse stava invecchiando a vista d'occhio e anche se qualche mese prima si sentiva in gran forma, ora le sue ossa apprezzavano sempre meno il vento gelido tipico del Jul Brann.
    Aveva ricordi di quella festa fin da quando era solo un bambino, quando i suoi genitori ancora assieme lo trascinavano per le vie di Denrise e suo padre insisteva per fargli assaggiare un goccio di sidro anche se riusciva a malapena a camminare. In un certo senso alcune scene che aveva ancora in mente erano positive e piacevoli, anche se portavano con sè un carico di malinconia che spesso era più che felice di ignorare.
    Difficile farlo quando il suo migliore amico si era fissato con l'idea di trascinarlo nel pieno dei festeggiamenti, vestito in modo opinabile, con tutto l'entusiasmo che era in grado di mettere su. Eirikr dal canto suo non si era ancora ripreso dalla sua estate alternativa, si portava dietro traumi e incubi che non era ancora riuscito a scrollarsi di dosso, e forse era ancora più cupo del suo solito.
    "Se accetto ti togli almeno quel cappello?" cercò di barattare alla fine, provando a mostrargli comunque con lo sguardo tutto il suo risentimento per quella situazione assurda. Eirikr sapeva che quella era la sua gente e il suo popolo, e proprio per quello avrebbe preferito rimanere lontano: troppi volti famigliari, troppa gente a cui rispondere, troppa famigliarità in un posto che continuava a non sentire davvero suo.
    Sospirò infilandosi una giacca nera imbottita in ecopelle, l'ultimo elemento a completare un outfit total black, con tanto di spessi guanti di pelle nella speranza di salvare le sue estermità dal freddo che li avrebbe aspettati fuori.
    "Ah-ah Barber, non ci provare. Prima vediamo di che sfide si tratta e poi decidiamo. Vengo per evitare che facciano di te la portata principale, non per giocare." gli ricordò prima di uscire di casa, lasciando di fatto che fosse l'altro a vincere per quanto potesse mostrare di essere lì controvoglia. Non era d'accordo eppure ci stava andando comunque, non era lui quello che stava vincendo purtroppo.
    Arrivati nel cuore della festa non lasciò nemmeno che l'altro finisse la sua frase prima di dirigersi a passo sicuro verso uno dei banchetti che serviva alcool, ordinando un boccale di sidro di mele corretto, chiedendo di abbondare con la correzione. "Alcool. Indispensabile." spiegò asciutto, per poi guardarsi intorno per cercare di capire chi fosse presente. Non era una sorpresa che la maggior parte dei pedroni, di storici amici di suo padre e della popolazione di Denrise tutta fosse presente, ma non faticò comunque ad individuare Sigurth Gunnarsson , al quale avrebbe dedicato un leggero cenno del capo nel caso in cui lo avesse visto.
    Eirikr J. Donneville

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    Eirikr ordina del sidro corretto.
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    Se anche la sua mente era rimasta offuscata per un po', più guardava l'altro e più riusciva a ritenersi fortunato. Non era ancora capace di dire se quel genere di realizzazione fosse qualcosa che provava spesso, o una novità, ma di sicuro non era da tutti avere un amico simile, e ora riusciva ad apprezzare la profondità del loro rapporto forse ancora più di prima. Poco importava che la sua capacità di concentrazione gli sembrasse ancora limitata, sentiva sotto pelle quanto il loro legame fosse solido e sicuro, non aveva nemmeno più bisogno di porsi troppe domande in merito, dopo aver dormito sotto quel tetto ed essersi sentito così protetto di fronte alle attenzioni dell'altro, c'era ben poco altro rimasto da mettere in dubbio.
    Il fatto era che tra loro le cose erano sempre state così, o nero o bianco, e Andrew era una parte così importante della sua vita che anche in condizioni estreme come quelle della sera prima era rimasto il primo pensiero, l'unica dal quale potesse pensare di chiedere aiuto.
    In quel momento avrebbe comunque voluto sentirsi molto più utile, cercare di confortarlo in modo più consistente di fronte a qualcosa che, senza ombra di dubbio, lo stava facendo vacillare. Non aveva ancora tutti gli strumenti necessari per supportarlo a dovere, ma gli bastava guardarlo negli occhi per sapere che chiunque avesse osato ferirlo ne avrebbe pagato le conseguenze con gli interessi. E non gli serviva nemmeno chissà quanta lucidità per sapere che non era "di parte" ma aveva ragione e basta. Alzò gli occhi al cielo, scuotendo piano la testa. "Stronzate. Chiunque abbia intenzione di farti soffrire o non ti cerca per anni è un coglione." mugugnò senza giri di parole, faticando a trattenersi di fronte all'ipotesi che qualcuno potesse davvero pensare di ferire una persona come Andrew.
    Non potè evitare di sentire un'ondata di calore partire dallo stomaco e invadergli tutto il petto, arrivando fino alla punta delle orecchie, abbastanza intensa da convincerlo ad abbassare il viso e mangiare un pezzo di pancake per non guardare l'altro negli occhi. Era indubbiamente piacevole sentirsi così importanti, ma non era solo quello: non aveva intenzione di andarsene, aveva sentito la mancanza dell'altro con ogni sua cellula anche se ancora faticava a quantificare certe emozioni. "Non intendo scoprirlo." borbottò alla fine, alzando appena la testa per lanciargli un mezzo sorrisetto carico però di tutte quelle emozioni che non era mai stato bravo ad esprimere.
    Eirikr J. Donneville

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    Se qualcuno avesse voglia di una role con Eirikr <3

    Numero di partecipanti: indifferente!
    Sezione in cui aprire: Possibilmente Denrise o al massimo Londra.
    Info aggiuntive: Eirikr è un predone, un tipo un po' schivo ma non per questo asociale, anzi. Sono disposta a valutare un po' tutte le situazioni <3
  8. .
    Quella stanza stava rilassando i suoi nervi più di quanto gli piacesse ammettere. Aveva passato l'ultimo periodo della sua vita teso, sempre con la guardia alzata, e ora gli sembrava innaturale lasciarsi andare, abbassare la guardia, permettersi di prendere una pausa. Era difficile rimanere teso e attento con quel profumo, quel calore e la presenza così confortante del ragazzo che aveva di fronte. Avrebbe preferito chiudersi nel suo mutismo forse, godersi il momento per qualche istante in più, aggrapparsi a quella situazione con le unghie e con i denti prima che qualcuno gliela strappasse di dosso. Aveva ancora paura che tutto quello fosse un sogno, pronto a dissolversi da un secondo all'altro, ma forse preferiva non pensarci troppo.
    Non era sicuro di essere nella condizione migliore per supportare Andrew e i suoi dubbi esistenziali ma quando si trattava del suo migliore amico Eirikr non avrebbe ammesso eccezioni: poco importava quello che stava passando, era disposto a ignorare i suoi problemi e le sue preoccupazioni pur di aiutarlo. Lo avevano sempre fatto, si erano sempre sacrificati l'uno per l'altro, anche se Eirikr era meno altruista del biondo, non avrebbe mai messo da parte i propri bisogni per qualcuno che non fosse lui.
    Andrew era sempre stata la sua eccezione: era l'unico ragazzino a cui si fosse mai legato negli anni di scuola, aveva avuto altri amici ma nessuno di davvero rilevante, nessuno per cui si fosse sforzato più del minimo indispensabile. Non per niente non aveva mantenuto quasi nessun rapporto, dopo il diploma, e anche quando viveva a Londra non aveva coltivato mai nuovi legami.
    Ecco, Eirikr era particolarmente bravo ad annullarsi per le persone che amava, avevo fatto così con la sua ex e non era andata a finire bene. Non si soffermò comunque ad analizzare quella realizzazione, troppo concentrato nel cercare di arginare quella cascata di dubbi e domande.
    Sospirò piano, mantenendo la sua proverbiale compostezza, scuotendo la testa con naturalezza e convinzione. "Nessuno può davvero rifiutarti Andrew, se lo pensi davvero sei un'idiota." disse come prima cosa, e se anche la sua mente era nebbiosa quella rimaneva una sicurezza. "Se vuoi conoscerli o no questa è una tua decisione, nessuno può obbligarti. I dubbi... sono legittimi, ma prima di uscire da quella porta e andare a cercarti sappi che non smetterò magicamente di considerarli stronzi. Se sono là fuori e non ti hanno mai trovato non ti prometto di perdonarli." aggiunse subito dopo, accennando un mezzo sorriso che non sapeva nemmeno lui a che cosa potesse servire.
    Eirikr J. Donneville

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    La nebbia che gli abbracciava il cervello non si era ancora dissipata del tutto, eppure gli stavano permettendo almeno di respirare e ragionare con un filo di lucidità in più, Le attenzioni di Andrew, dall'altra parte, minacciavano di oscurare tutto il resto, era molto più difficile pensare e ragionare con le narici piene dell'odore di pancakes e gli occhi dell'altro addosso, tutti i suoi sensi proiettati verso Eirikr, che si sentiva improvvisamente troppo piccolo e fragile per quel genere di analisi.
    Le cose tra loro erano sempre state così, Andrew era quello che si preoccupava per ogni volta, che esprimere il suo affetto con gesti plateali, mentre Eirikr si chiudeva nel suo scorbutico silenzio e ricambiava in modi ben più subdoli e meno evidenti, per quanto avesse sempre provato per l'altro un legame profondo, quasi indescrivibile. Anche dopo quel che aveva passato la forza del loro legame non sembrava sfumata, e con essa nemmeno il senso di colpa che lo aveva sempre contraddistinto: ogni volta non poteva fare a meno di sentire di non fare abbastanza per l'altro, che invece non si tirava mai indietro quando si trattava di prendersi cura di lui o viziarlo.
    Dopotutto come poteva evitare di sentirsi così? Solo la sera prima si era trascinato lì senza nemmeno ricordarsi di lui,e ora che le scene del suo arrivo cominciavano a ritornargli alla mente non poteva non provare una profonda vergogna. Riconosceva di non averlo mai davvero dimenticato, di essere stato solo troppo stanco e provato per essere presente a sè stesso, ma Andrew meritrava comunque molto di meglio.
    Sospirò piano, abbassando lo sguardo sul proprio piatto abbondante, cercando poi di posarlo su qualsiasi altro dettaglio della stanza, un po' per riprenderci famigliarità, un po' per distrarsi da un gesto che gli continuava a sembrare fin troppo, rivolto a lui sopratutto. Provò quindi a concentrarsi su qualcosa di più neutro, finendo comunque per posare lo sguardo sulla figura dell'altro, il bordo della placchetta di metallo che portava sempre al collo che brillava appena alla luce che filtrava dalla finestra. Gli sembrò che la propria, identica, all'improvviso pesasse un po' di più sul petto, costringendolo a cercare di riempire quel silenzio in qualche modo, proprio lui che nel silenzio ci viveva più che volentieri.
    " In effetti credo di aver già notato qualcosa di nuovo..." rispose, forse più per cortesia che per altro: una parte di lui ancora dubitava delle proprie percezioni e della sua memoria, e al contempo non riusciva davvero a concentrarsi su qualcosa come l'arredamento al momento. D'altra parte non poteva ignorare il sottinteso di quelle parole: era lui ad averlo fatto attendere, ad averlo costretto a riempire il suo tempo per non farsi dilaniare dal dispiacere. Ecco, in quel momento ricordava fin troppo bene come diventasse Andrew quando era preoccupato e forse avrebbe preferito non pensarci.
    Il suggerimento dell'altro riuscì a sollevarlo almeno un minimo, togliendolo dall'obbligo di affrontare subito qualcosa che non aveva ancora elaborato del tutto, ma non riuscì a fare molto di più che accennare un flebile sorriso e annuire piano, comunque non molto convinto di riuscire a non pensarci.
    Come se Andrew sapesse bene dove stessero andando a parare i suoi pensieri, come se conoscesse già bene quel vuoto e i nuovi demoni che si portava dietro, pensò bene di sganciare una bomba dall'impatto abbastanza importante da catturare del tutto la su attenzione, portandolo ad alzare la testa e incrociare il suo sguardo. Non gli serviva tutta la sua lucidità per sapere quanto per Andrew le sue radici sconosciute fossero state, in passato, fonte di dubbi e di incertezze, e sapere che aveva trovato una risposta proprio adesso lo caricò di entusiasmo e preoccupazione. In un istante tornò il ragazzino burbero di sedici anni che consigliava al suo migliore amico di "tenersi lontano da certe verità di merda, che sono sempre una delusione": il sapore dolceamaro del rimorso lo invase come la prima volta, insieme alla consapevolezza -arrivata col tempo- di aver sempre e solo cercato di proteggerlo. "E cosa hai scoperto quindi?" domandò con tatto, cercando di tastare il terreno.
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    Si era preso qualche istante per permettere ai suoi occhi di adattarsi alla penombra, mettendo gradualmente a fuoco i dettagli che lo circondavano. Grazie al pizzico di lucidità che una notte di riposo era riuscita a regalargli, riconobbe quel letto come il suo, così come la stanza in cui si trovava, anche se aveva dettagli diversi dal solito. Appariva tutto meno polveroso, più luminoso e ordinato e quel posto profumava di Andrew molto più di prima. Il letto era ancora tiepido, segno che non aveva dormito da solo, e per quanto fosse una cosa normale per loro due comunque si ritrovò a pensare che il suo cervello non avrebbe mai permesso una cosa del genere, in quel momento, se non con Andrew. Non sapeva se esserne confortato o spaventato, considerato quanto potere e fiducia stesse mettendo nelle sue mani, anche da incosciente.
    Sentire la risposta provenire dalla cucina lo portò a rilasciare un lieve respiro di sollievo, trattenuto senza nemmeno rendersene conto. Raggruppò un po' di energia e si rimise in piedi, liberandosi dal groviglio di lenzuola che era riuscito a creare.
    Dopo tutto quel tempo passato quasi fuori dal suo corpo, in uno stato di coscienza alterato, anche solo appoggiare i piedi per terra e sentire sotto le piante il pavimento freddo era una sensazione nuova, un'ulteriore ancora che potesse legarlo alla realtà. Ogni movimento uscì più lento del solito, ed era abbastanza certo di aver percorso la distanza camera-cucina nel doppio del tempo che impiegava di solito.
    Si trascinò verso il soggiorno, stropicciandosi gli occhi per la luce troppo forte rispetto a quello a cui si era abituato, e una volta in cucina venne invaso dal sapore dolce e famigliare dei pancakes. Sospettava che fosse un caso che quella mattina Andrew avesse preparato il suo piatto preferito, ma anche volendo esaminare quella scelta tutti i suoi pensieri si concentrarono all'istante sulla figura del ragazzo intento a cucinare. Andrew svettava imponente nella cucina, quasi troppo piccola per contenere entrambi, e con la sua aria sempre solare -come diavolo faceva ad apparire sempre allegro e perfetto anche con due ore di sonno alle spalle?!- e sicura illuminava l'ambiente ancora più del sole timido che filtrava dalle finestre. Era confortante in modo quasi doloroso vederlo muoversi con tanta sicurezza in quell'ambiente, era così famigliare da fare male riconoscere i suoi gesti, sapere che lui lo avrebbe protetto nonostante tutto. Ecco, quel "nonostante tutto" era anche spaventoso, ma provò a non pensarci troppo.
    Sospirò piano, passando lo sguardo anche sul resto della stanza, per quanto a fatica, riconoscendo che qualcosa era davvero cambiato: quel posto emanava più ordine e rigore di quando se ne era andato, ora ne era certo. "Hai riarredato..." sussurrò piano, ma non c'era rabbia o fastidio nel suo tono, solo una piacevole realizzazione, come se quello bastasse a dare un senso alla confusione e all'amnesia della sera precedente.
    Prese posto dove si sedeva da sempre, in modo naturale, senza pensarci, e tornò a guardare l'altro indaffarato nei suoi preparativi. "Grazie per la colazione, non dovevi... avresti dovuto riposare anche tu..." provò a protestare, seppur debolmente: non aveva ancora troppa fame ma il suo stomaco faticava a trattenersi di fronte ai pancakes.
    Non si aspettava comunque da Andrew solo attenzioni e ricompense, poteva solo immaginare quante domande avesse e meritava almeno qualche risposta. Certo, non si aspettava che decidesse di cominciare così.
    Aprì e chiuse la bocca un paio di volte, palesemente a disagio per quanto provasse a nasconderlo. "Incubi... niente di preoccupante o concreto, per lo più...buio, grotte fredde, ombre..." si strinse nelle spalle, e per lui era già uno sforzo immane aver dato in parte voce a quel che stava provando, senza sviare la domanda con un banale "niente".
    Eirikr J. Donneville

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    Forse avrebbe dovuto insistere, ma nel momento in cui l'altro gli concesse davvero un attimo di pausa non riuscì ad opporre alcuna resistenza e si arrese all'istante. Non spiaccicò più nemmeno mezza parola per un po', come se aprire bocca gli costasse ormai troppa fatica, e si trascinò lentamente fuori dalla vasca, dentro dei vestiti puliti e poi in cucina. Non ebbe cuore di dire ad Andrew che aveva lo stomaco chiuso, la testa che pulsava e che la fame era l'ultimo dei suoi problemi, piuttosto si sforzò di mandare giù qualcosa e fargli un mezzo sorriso di gratitudine. Poteva immaginare quanto fastidio gli stesse causando, o quanta rabbia potesse provare nell'occuaprsi di qualcuno che non riusciva nemmeno a dargli delle risposte, ma dopo essersi sforzato di mangiare più di un solo boccone non riuscì a fare di più. Alla fine si alzò da tavola, limitandosi ad un "Grazie, lo finisco domani." strascicato, mentre cercava di trovare un posto dove dormire. Dal momento che Andrew sembrò accaparrarsi del divano non gli rimase altro che la camera da letto, che la sua mente trovò famigliare e assieme sbagliata.
    Cercò di pensare il meno possibile, di lasciarsi cadere sul materasso e provare a riposare, anche se era quasi troppo stanco per prendere sonno. Impiegò parecchio a convincersi a non analizzare ogni minimo suono nel silenzio, a non cercare di dare un senso ad ogni ombra nella semi-oscurità, ma alla fine riuscì a chiudere gli occhi solo quando sentì la presenza di Andrew nella sua stessa stanza. Il suo ultimo ricordo era il respiro dell'altro più vicino, e poi riaprì gli occhi con il sole in faccia, i raggi caldi che trapelavano dalle finestre che gli scaldavano il viso e gli uccellini che cinguettavano rumorosamente fuori. Non era stato quello a svegliarlo, piuttosto un incubo che lo aveva riportato alla realtà, il cuore accelerato ma le labbra serrate per non farsi scappare nemmeno un gemito. Si prese qualche istante per rallentare il respiro quando si rese conto di essere ancora in un ambiente sicuro, libero di muoversi - e di scappare, se necessario- in un ambiente famigliare.
    Le poche ore di sonno che si era guadagnato gli avevano regalato un po' di quella tanto sperata lucidità e cominciò se non altro a rendersi conto che era a casa sua, nella propria stanza, anche se non avrebbe saputo dire come ci fosse arrivato. "Andy?" gracchiò piano, con voce roca, mettendosi a sedere sul letto per cercare l'altro con lo sguardo. Era abbastanza sicuro che non fosse così lontano, sapeva di avere parecchie domande arretrate a cui rispondere, ma per il momento tutto ciò che voleva era vederlo, ora che era più presente a se stesso, assicurarsi che stesse bene, che in quei mesi non gli fosse successo niente. Gli Dei solo sapevano quanto si fosse preoccupato per lui, quanta paura avesse avuto di perderlo, ora che era da solo, alla mercè dei suoi aguzzini o .peggio ancora. sulle sue tracce.
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    Sospettava di non essere nelle condizioni migliori per intrattenere una conversazione del genere, ma in quel momento non sapeva come declinare il tutto o spiegare all'altro che non era abbastanza lucido da riuscire a fare dei ragionamenti così complessi. No, era abbastanza sicuro che fosse impossibile vedere quel ragazzo come incapace di difendere qualcuno, se si sentiva così protetto al suo fianco era perchè sapeva che non avrebbe permesso a nessuno di fargli del male. Non aveva dubbi, nonostante la sua confusione, che l'altro avrebbe fatto di tutto per proteggerlo, gli bastava vedere come lo stava trattando per intuire che non lo avrebbe lasciato da solo per sua scelta.
    Non si aspettava una reazione del genere, sussultò quando la spugna venne lanciata in acqua, facendogli finire alcune gocce di docciaschiuma negli occhi. Non si lamentò per quello, più che altro venne spaventato dal suo modo di fare e si ritrovò a seguirlo con lo sguardo per la stanza, gli occhi sgranati, la schiena di nuovo tesa e la spalla che protestava leggermente.
    Cercò di non sembrare troppo spaventato, sospettava che non gli avrebbe fatto piacere, ma non poteva dirsi spiazzato da quel gesto così imprevedibile, sopratutto per uno che fino a qualche istante prima si era mostrato così pacato.
    Il suo sorrisetto lo inquietò ancora di più, mandandogli un brivido lungo la schiena che si sforzò con tutto sè stesso di ignorare. "Non... non ci stavo nemmeno pensando, non è questo il punto. Non ho scelto niente di tutto questo, non avevo modo di avvertirti..." provò a spiegare per poi passarsi una mano tra i capelli, finendo per bagnarli e insaponarli senza volerlo. "Sono comunque tornato qui e... davvero vorrei spiegarti di più, ma non credo di essere in grado di farlo adesso." concluse alla fine, concedendosi di rivolgergli uno sguardo provato e stanco, abbattuto, per poi scuotere la testa alla sua proposta mentre cercava di alzarsi, nonostante la vasca scivolosa e il poco equilibrio non fossero buoni alleati.
    "Non... non è necessario, posso andare sul divano, io... ho solo bisogno di silenzio." finì per bofonchiare, a corto di fiato, cercando di raggruppare le ultime energie che aveva per evitare un conflitto che non avrebbe saputo affrontare e al contempo provare a rimettere insieme i pensieri per potergli davvero dare qualcosa di più concreto il giorno dopo.
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    Non aveva avuto modo di interagire con troppe persone interessate alla sua salute, nell'ultimo periodo, ma si rendeva conto da solo, senza nemmeno bisogno di sforzarsi, di quanto fosse strano spiegare a qualcuno perchè non si ricordasse di lui. Non era una di quelle cose che potevi buttare lì, e di certo non poteva affrontare quel discorso senza spiegargli anche quello che era successo nell'ultimo periodo, qualcosa che non ci teneva particolarmente a rinvangare, non subito almeno.
    Aveva bisogno di tempo, almeno di mettere a tacere la maggior parte dei suoi pensieri, anche solo per qualche ora.
    Avrebbe voluto opporre resistenza, c'era qualcosa di imbarazzante nell'essere un adulto e lasciarsi lavare in quel modo, ma dopo aver lottato per qualche istante si arrese con un mezzo sbuffo, senza protestare più di tanto, anche perchè non aveva alcuna scelta. C'era poco che potesse fare in quel momento, finì quindi per osservare il soffitto o le mani di Andrew, rilassandosi appena sotto di lui e tornando fermo, l'unico modo che aveva per provare a zittire i suoi muscoli doloranti.
    Non si era nemmeno reso conto di quanto fosse stanco fino a che non si era fermato, e nell'acqua calda, in un ambiente così silenzioso, rischiò davvero di addormentarsi, tanto da sussultare appena e aprire gli occhi di scatto quando l'altro rispose alle sue parole. Non si era quasi accorto di aver parlato, ma gli dispiaceva davvero e non era alla ricerca di scuse, solo che non sapeva da dove altro avrebbe potuto cominciare a parlare e gli sembrava la prima cosa vera che potesse dire.
    Non si stava riferendo solo a quello che stavano facendo, non gli dispiaceva solo perchè si stava occupando di lui in modo imbarazzante, ma anche perchè aveva poco da offrirgli se non quelle due parole in croce e pensieri confusi. Sospirò piano, concentrandosi sulla voce dell'altro e sforzandosi di non perdere una parola, anche se la sua concentrazione peccava sotto molti punti di vista.
    SI voltò a guardarlo, perchè sentiva che certi discorsi non si potevano fare senza nemmeno guardarsi in faccia, e corrucciò appena le sopracciglia cercando di confermare o smentire quelle parole, anche se il suo istinto gli suggeriva che fosse davvero così. Non del tutto, era abbastanza certo che anche l'altro a suo modo lo avesse protetto o non si sarebbe sentito a suo agio.
    "Non credo... avresti potuto salvarmi...E' meglio così, tu eri qui... non ti avrei voluto là in mezzo..." provò a spiegare, parlando con calma e mantenendo una voce abbastanza bassa per non sentire anche la gola, ancora ruvida, protestare. Sospirò piano, provando ad elaborare un concetto più elaborato di quello. "Non... mi riferivo a questo. Mi dispiace... credo di essere stanco... so che sono al sicuro... e mi fido... è solo... tutto molto confuso." provò a spiegare, abbassando questa volta lo sguardo e fissandosi le mani per qualche istante, incapace di trovare qualcos'altro di neutro da guardare senza sembrare un idiota. Che cos'altro avrebbe potuto fare? Non aveva alternativa se non aspettare e l'ultima cosa di cui aveva bisogno sospettava essere calma e pace, almeno per un po'.
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    I suoi ricordi e i suoi pensieri erano ancora lì, da qualche parte, di questo era certo, solo che risultavano difficili da afferrare, e tutti i concetti che pensava di poter elaborare scemavano prima di prendere una vera e propria forma. Se era arrivato lì era perchè ricordava, perchè una parte di lui sapeva che avrebbe trovato rifugio in quel posto e che qualcuno lo avrebbe aspettato, solo che in quel frangente i nomi, le situazioni specifiche, le ragioni continuavano a sfuggirgli.
    Si sentiva nel posto giusto, per lo meno, e nonostante il cuore accelerò il suo passo in un primo momento e la sua mente si sforzò di tenerlo comunque sveglio e attivo, alla fine la sua rigidità cedette in fretta il passo ad una certa arrendevolezza. Grugnì comunque quando l'altro lo trascinò in piedi, portandolo dentro in un appartamento fin troppo ordinato, che la sua mente riconobbe ma solo in parte. C'era qualcosa di famigliare lì dentro, tanto da accentuare quella punta di calore alla bocca dello stomaco, eppure al contempo c'erano una luce e un odore che non riconosceva del tutto.
    Non aveva abbastanza energie per occuparsi anche di quei dubbi, però, era già che riuscisse a rimanere sveglio e non aveva tempo per distrarsi con quelle domande senza risposta. Annaspò al suo fianco, incrociando il suo sguardo quando cominciò a spiegargli chi fosse. Andrew... il nome se non altro suonava famigliare, non sembrava sollecitare nessuna reazione negativa e non avendo altro che il suo istinto a cui appigliarsi non poteva che accontentarsi di quella sensazione e farsela bastare.
    Si irrigidì solo quando l'altro fece scomparire i suoi vestiti, sentì la pelle tendersi e leggeri brividi corrergli lungo la schiena. Sgranò gli occhi, suo malgrado, all'improvviso molto più attento ai movimenti dell'altro. Sapeva di non poterlo contrastare sul serio, non in quelle condizioni, e una vocina nella sua testa continuava a suggerirgli di fidarsi quindi non potè fare altro che lasciarsi trascinare in vasca.
    Suo malgrado esalò un mezzo sospiro di sollievo quando l'acqua calda cominciò a sciogliere i suoi nervi tesi e per qualche istante riuscì solo a socchiudere gli occhi e godersi quella sensazione così piacevole, dopo fin troppo tempo di freddo penetrante e umido abbracciato alle ossa. Non poteva comunque permettersi di rimanere immobile, a godersi l'acqua calda, troppo a lungo o sarebbe sembrato un'idiota, così alla fine si tese per recuperare la spugna, mugolando quando la sua spalla destra protestò al movimento. Non si arrese comunque, riuscendo ad afferrare la spugna e provando a passarsela addosso, seppur con movimenti rigidi e arricciando il naso.
    "Mi dispiace..." sussurrò dopo un po', in parte perchè il silenzio stava diventando assordante e in parte perchè non sapeva nemmeno da che parte cominciare. Come poteva cominciare da qualche parte quando la sua mente non era nemmeno lucida? Sospettava avesse più senso riordinare i propri pensieri, prima, e poi cominciare a costruire un discorso di scuse vere e proprie, piuttosto che mettere assieme qualcosa di sconnesso e improvvisato, ma poteva davvero starsene lì con le mani in mano a godere di quelle attenzioni senza dire nulla? Non gli sembrava né giusto né davvero possibile.
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    Non si era reso conto di quanto fosse davvero stanco fino a che non aveva toccato il suolo e tutta la stanchezza accumulata gli era caduta addosso. All'improvviso gli sembrava impossibile riuscire a camminare anche solo per un altro passo, o anche solo respirare regolarmente o ragionare. La vista gli si era appannata parecchio tempo prima, tutto quello che lo circondava aveva cominciato ad avere ben poco senso e non sapendo a che cosa appigliarsi finì per provare a chiudere gli occhi, ignorare quella vocina nella sua testa e concedersi un attimo di pace.
    Quel posto era silenzioso, questo era indubbio: isolato, lontano dal caos e dall'odore salino del mare che ormai cominciava a dargli la testa. Ora che l'aria che respirava non era del tutto satura di salsedine gli sembrava di riuscire a recuperare, granello dopo granello, un po' della sua lucidità. Sarebbe stato un processo lento, poteva già dirlo, ed era abbastanza sicuro che fosse colpa: ad un certo punto doveva aver trovato l'interruttore per spegnere ogni cosa, cervello ed emozioni comprese, abbastanza da non provare più nulla, ora però non sapeva come ripristinare il tutto. Non era nemmeno sicuro di rivolerle indietro, certe sensazioni, si ritrovò a pensare che l'incosapevolezza non fosse poi qualcosa di così negativo in certe circostanze.
    Avrebbe pagato per qualche ora di sonno anche lì, sotto quel porticato, qualcosa dentro di lui gli suggeriva che lì non avrebbe corso troppi rischi, almeno per il momento. Eppure quando pensava di potersi lasciare andare, o almeno provarci, cominciò a sentire dei passi e una voce fin troppo vicina, portandolo a tendersi all'istante, improvvisamente di nuovo vigile.
    Non riuscì comunque ad alzarsi, scoprì di non averne più le forze, e si ritrovò ad imprecare a mezza voce, cercando la bacchetta -rovinata anche lei- nella tasca interna della giacca, senza avere troppo successo. Si sarebbe ritenuto spacciato se solo gli occhi del ragazzo che gli stava di fronte non avessero brillato di quella che sembrava...preoccupazione? Lo osservò corrucciando appena le sopracciglia, confuso, e provando un famigliare calore alla bocca dello stomaco: lo conosceva, in quel momento riconosceva a malapena il proprio nome ma lui e quel ragazzo si conoscevano. Poteva fidarsi? Forse, di certo non ebbe scelta quando l'altro lo trascinò dentro di peso, portandolo a gemere piano per il dolore mentre cercava di opporre resistenza senza troppi risultati.
    Anche solo quella breve strada lo portò ad ansimare, una volta raggiunto il divano, mentre cercava di riprendere fiato e mettere a fuoco l'ambiente circostante, per individuare eventuali pericoli.
    "Certo, come se sapessi come difendersi ora... non sai nemmeno dove sia la tua bacchetta", "Noi...ci conosciamo vero...?" domandò con voce roca e gracchiante, segno che non aveva parlato troppo di recente.
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