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Deva&Cassedy

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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    I compiti.
    Se c'era una cosa che a lui non piaceva per niente fare erano i compiti. Era una stupida competizione dove non vedeva niente di salutare se non l'impazzire sugli stessi libri di tutti e con la stessa capacità di tutti di avere delle risposte, più o meno simili, se non fosse che qualcuno stava più simpatico di altri al professore in questione e così prendeva un voto decisamente migliore.
    Questa era la visione distorta che Julian aveva dei compiti a casa (o in stanza? Insomma, mica tornavano a casa, loro, no?); lui era uno che amava più il confronto in classe, lo scambio di opinioni, dove poteva valutare ogni singola risposta di tutti, cogliere le micro-espressioni dei volti di chi parlava e stabiliva una classifica di persone intelligentemente interessanti e persone dall'acuta stupidità mentale.
    Erano ore che osservava passare davanti a sé file e file di studenti non riuscendo a ricordare nemmeno uno dei loro nomi, se non le loro risposte alle ultime quattro lezioni.
    «Noiosa.»
    «Spocchioso, con scarsa qualità nella scelta dei testi da studiare.»
    «Se fosse un animale, probabilmente sarebbe un lombrico.»
    Insomma, ne aveva una per ognuno di loro. E la sua pergamena era ancora vuota. Doveva assolutamente completare quel complito prima di sera o sarebbe finito con il non dormirci quella notte, ma come poteva fare?
    Si guardò attorno, scivolato sulla sedia di uno dei tavoli lunghi, un braccio pendeva dall'altro lato della spalliera, mentre la sua biro passava da un ricciolo all'altro, come se la usasse per dar miglior forma a quelle rotondezze naturali.
    Guardò poco distante, alla sua destra e notò una chioma rossa che aveva visto a lezione. Si spinse con il bacino in su, mettendosi dritto, quindi cercò un pezzetto di carta e vi scrisse sopra qualche parola, per poi appallottolarlo e lanciarlo in direzione della fiammetta degli Ametrin.

    «Ti va di studiare insieme?»

    Semplice e diretto, come lo era sempre stato. Però non sembrava ancora soddisfatto, quindi dopo aver centrato la testa della povera Ametrina, adocchiò un'altra rossa da mozzare il fiato (Regina perdoname por mi vida loca!), era la streghetta dei Black Opal, dove per streghetta non era sicuramente solo la denominazione con la quale sarebbe uscita da lì. Era non poco distante da lui, la vide a dividerli solo un posto libero. Poteva farcela. Si allungò sul tavolo, spostando lentamente la sedia così da non fare rumore, allargandola per poi scivolare sopra di essa, quindi avrebbe avvicinato anche Deva e con il suo sorriso smagliante avrebbe tentato di attirare la sua attenzione.

    «Psss. Hey. Vengo in pace. Io, tu e lei, che ne pensi di studiare insieme? Diventerebbe meno noioso per tutti.»

    Indicò con i ricci che ballonzolavano sul capo, l'altra vittima prescelta, quindi attese la risposta con il suo sorriso a trentadue denti sul volto.
    Julian Miller

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  2. Deva L. Lestrange
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    Deva L. Lestrange
    Black Opal | 16 anni
    La risposta che avrebbe dato Deva a quel ricciolino per nulla in grado di sistemarsi la bizzarra capigliatura che aveva in testa - ormai era una certezza più che un dubbio - sarebbe stata unica, inconfondibile ed indimenticabile, affinché quell'errore non venisse commesso una seconda volta dal ragazzo in questione.
    «No.»
    Ma questo non accadde. Quindi torniamo indietro di qualche istante.

    Intenzionata a portare a termine i compiti di Incantesimi prima dello scadere previsto dalla professoressa Ivanova, Deva si era scelta un posto piuttosto isolato all'interno di quella biblioteca. Data la desolazione vigente fin dal primo pomeriggio, la mora era certa che niente e nessuno l'avrebbe disturbata nello svolgimento del lavoro che si era posta di portare a conclusione, ma l'avvicinarsi delle vacanze natalizie e al contempo il desiderio di avere tempo e modo per dedicarsi ai preparativi per il ballo avevano evidentemente spinto l'intera popolazione studentesca di Hidenstone a darsi da fare con i compiti, divenendo diligente più che mai.
    Deva si limitò a guardarsi intorno con aria torva, degnando tuttavia di un sorriso o due chi osava rivolgersi a lei. Si chiuse in quel suo blando castello mentale in modo da non perdere la concentrazione, leggendo convulsamente parola per parola, scrivendo e appuntando tutto ciò che poteva tornarle utile dal libro.
    Fu quando l'ennesimo disturbatore seriale la distrasse da ciò che stava facendo che sollevò lo sguardo per fulminare chiunque fosse la causa di quell'interruzione, trovandosi davanti Julian Miller.
    "Sorridi."
    Le labbra si piegarono in un sorriso mansueto e le palpebre sbatterono sugli occhi del colore del ghiaccio, prima di ritrovarsi ad annuire con fare tranquillo e disinvolto, ignorando la tentazione di strappare quei ricci uno ad uno.
    «Se a lei va bene, certo.»
    Distese ancor più le labbra, rivolgendo lo sguardo a Cassedy, Ametrin che con lei condivideva gioie e dolori - soprattutto questi ultimi - dell'essere primine a Hidenstone.
    Non si scompose, dunque, spostando i libri e la pergamena in modo da concedere loro più spazio.
    Perché era certo: lei non si sarebbe schiodata da lì.
    «Quindi... vi state concentrando su Incantesimi, no? Dove siete arrivati?»
    Volle puntare in alto, alla luna, in modo tale che, nel peggiore dei casi, avrebbe camminato fra le stelle. Rivolse uno sguardo speranzoso a Julian, come se convinta che l'altro avesse in qualche modo portato a compimento qualcosa. In fondo, si disse, a lezione era pur sempre uno di quelli che sembrava aver ingoiato un manuale.
    Su Cassedy non sapeva cosa pensare, ma c'era sempre modo di imparare cose nuove su qualcuno.
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    CASSEDY (CASSANDRA) HARTMANN
    Non si vive per accontentare gli altri! Davvero? Non lo avevo capito!
    30.07.2006, BERLINO - 16 ANNI - AMETRIN
    Annaspava in qualcosa di molto più grande di lei e soprattutto tra persone che erano lupi, lei, invece era una piccola pecorella appena nata. Aveva il suo bel caratterino, ma ancora non lo sapeva, ancora non era neanche sicura che fosse giusto che lei vivesse. Si, era un pò depressa, esattamente come ogni persona affetta da un disturbo alimentare come la bulimia. Era completamente in balia delle sue stesse paure e nonostante le sue vecchie amicizie la prendessero in giro, ne facessero un'arma contro di lei, Cassedy, con loro, non era sola. Comunque, quella mattina, con dei guanti lilla intonati alla sua divisa, si era recata in biblioteca, oramai l'unico posto in cui si sentiva a casa, nonostante non fosse una persona veramente molto studiosa, Cassedy, li, chiuna in quelle mura si sentiva davvero, ma davvero al sicuro. lontana da specchi, lontana da cibo e lontana da persone troppo perfette per farla sentire a suo agio nel mondo. Era seduta, li ferma in mobile con il libro di incantesimi davanti, ma senza avere davvero una concentrazione giusta. Certo si era che se si vomitava con i suoi ritmi, non si poteva avere una concentrazione adeguata neanche se fosse stata un genio, quindi faceva doppia fatica. Si era messa nello stesso tavolo della primina dei Black Opal, che ancora non entrava e già conosceva tutti o comunque tutti la conoscevano e la cosa la faceva impazzire. Avrebbe voluto essere come lei, come Erin... fece un sospiro e non disse niente. Si rimise a guardare il suo libro, fino a quando Jualin non fece il suo ingresso. Cassedì sgranò da prima gli occhi e poi lo guardò. Uno come lui che chiedeva ad una come lei di fare i compiti insieme? P A N I C O. Stai dicendo a me? Va bene, si! Ci sto! Disse semplicemente prima di vederlo interagire con tanta disinvoltura anche con Deva. Si, era veramente strabiliata. Si strinse nelle spalle. Oh si, a me va benissimo, magari! Se i due ragazzi fossero stati davvero attenti, avrebbero notato il suo mettersi apposto i guanti ogni due per tre. Era pronta per i compiti. Che festività avete scelto, voi? Chiese in riferimento al compito di incantesimi che aveva di fronte. Pergamena ancora bianca, o meglio sporcata da qualche appunto e qualche frase, ma cancellata dopo poco.
    do it for the aesthetic -- ms. atelophobia
     
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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Povero Julian, a quanto pare la sua capigliatura alle ragazzine del primo anno non piaceva, ma questo non era un problema per lui, pieno di sé, che non avrebbe pensato minimamente ai suoi favolosi capelli, se solo qualcuno gli avesse detto che non erano carini.
    Comunque, tolto questa breve digressione sui suoi capelli, torniamo al teatrino di quella giornata.
    Fare i compiti era una noia mortale per il dioptase, quindi cercava modo e maniera per renderli un po' più appetibili e quale migliore modalità se non farli in compagnia, per di più di due interessanti bellezze di Hidenstone?
    Le aveva scelte dopo aver analizzato approfonditamente tutti i ragazzini e le ragazzine dell'area bibliotecaria, quindi quelle due dovevano essere anche abbastanza lusingate dal fatto che il Miller avesse avanzato quella richiesta. Non si aspettava alcun no, come era solito nella sua vita, per questo non ci fu stupore quando entrambe accettarono quel gruppo di studi improvvisato.
    Si sistemò sulla sedia, seppur pessima scelta di verbo aveva fatto questa narratrice, visto come si sedette il riccio: scivolò con le gambe sotto il tavolo, aperte a muoversi appena tra loro, mentre la schiena era scivolava dallo schienale, le braccia allungate sulla sua pergamena a guardare entrambe e cercare di studiarne i volti, così da riuscire a captarne le microespressioni qualora ce ne fossero state.
    Erano diverse tra loro, ma era ancora troppo presto per comprendere quali fossero le differenze tra le due studentesse.
    Lo sguardo nero scivolò sui movimenti di Cassy e il suo nervoso aggiustare i guanti, quindi - con un colpo di reni - si spinse in avanti, cercando di avvicinare il busto al tavolo e vi poggiò le braccia, mentre le mani roteavano una penna tra le dita. Salì ad osservare il suo volto, quindi tornò a Deva.

    «Ho iniziato dalle origini di Halloween, ho preferito scegliere questa festa e non per la banalità a cui è legata, quanto per il suo legame con l'antico capodanno celtico. Lo Samhain.»

    Quindi guardò prima una e poi l'altra, attendendo di vedere le loro facce.

    «Prima durava un'intera settimana, sapete? Voi che festività avete scelto?»

    Passò a loro la palla, quasi come se volesse capire quanto avessero in comune loro tre o se fossero l'emblema dell'eterogenità seduto ad un tavolo di studio.
    Julian Miller

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  5. Deva L. Lestrange
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    Deva L. Lestrange
    Black Opal | 16 anni
    Nel guardare la rossa con più attenzione, Deva si rese conto di volerle comunicare un unico, inconfondibile messaggio: meno entusiasmo e tutto sarebbe andato bene.
    Se la più giovane dei Lestrange era una persona attenta alle espressioni e ai movimenti altrui, tanto quanto dimostrava di esserlo nella scelta delle proprie parole quanto nel calibrare il peso di quelle di chi la circondava, lo stesso non avrebbe detto di Julian, pur notando il modo curioso e indagatore con cui lui sembrava studiare lei e l'altra ragazza, quella che, da quando aveva messo piede nel loro raggio d'azione, non faceva che sistemarsi i guanti, tanto da distogliere l'attenzione della Lestrange dal fulcro di quella momentanea alleanza e dunque dall'unica domanda di Cassedy che valesse qualcosa.
    «Sei rupofobica per caso?» Non sarebbe stato da lei domandare semplicemente se l'altra fosse fissata con lo sporco o, ancora meglio, fare finta di non aver visto quel particolare dettaglio che conduceva una ragazza a indossare un paio di guanti al chiuso, in una giornata relativamente soleggiata, per quanto ormai l'inverno fosse alle porte.
    No, Deva scelse di osservarla con malcelata curiosità, le sopracciglia appena inarcate, come succedeva quando la sua mente lavorava frenetica su qualcosa. E alla fine tacere non le sembrò una valida alternativa nel ventaglio delle innumerevoli possibilità da mettere in pratica.
    Furono le parole di Julian a riportarla al presente, convincendola a tornare lì dove la fatica si era fatta sentire, un attimo prima che il riccio decidesse di coinvolgerla in quell'esperimento sociale.
    «Halloween anche io. E' così... deprimente.» Commentò con una stretta di spalle, come se la scelta fosse stata scontata. Per lei, in effetti, lo era: il trionfo del bene sul male non le sembrava abbastanza accattivante, gli esplosivi erano di cattivo gusto e il Natale... non era male, se si soffermava a valutare i regali e il loro valore, ma le avevano sempre detto di essere fin troppo materialista per il vero significato che avrebbe dovuto attribuire alla sacra festività.
    La scelta le era sembra logica.
    «Lascia perdere il capodanno e concentrati sulla magia. Sapevi che la gente si traveste perché, in origine, il popolo celtico sperava di scacciare gli spiriti maligni spaventandoli con indosso pelli di animali?» Trattenne l'ulteriore specifica, voleva ben sperare che entrambi fossero sufficientemente svegli da capire che indossare la pelle di un animale vivo sarebbe stato difficile da immaginare. Persino per lei.
    Rimase in attesa come per far sì che fossero i compagni a trovare il giusto legame tra quello che aveva appena detto e la traccia del compito, ma l'impazienza e lo spirito individualista che la contrassegnavano fin dalla nascita presero il sopravvento.
    «Esoterismo. Gli spiriti richiamano la magia del vudù e dello sciamanesimo. Non so se l'assocerei addirittura alla Negromanzia, però siamo sulla buona strada.» Concluse relativamente soddisfatta del proprio lavoro.
    Guardò gli altri due e quel pallido entusiasmo si spense: sperava davvero che facessero meglio.
    Mah...
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4 replies since 2/12/2022, 18:56   82 views
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