Mi mandi in bestia!

Jessica

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  1. Lucas Jughed Jones
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    Sì, avevano litigato qualche altra volta, ma in quel momento tutto sembrava diverso. Era come se non stessero solo litigando, ma stessero facendo a botte su di un ring, dove avrebbe vinto solo chi sarebbe uscito con meno sangue dalle ferite che si stavano infliggendo.
    Perché poi? Non riusciva a capirlo l'ametrino. Sapeva solo che il contatto con il corpo di lei era diverso, era quasi selvaggio, come se non bastasse l'ardore con cui voleva possederla, per quanto fosse incazzato con lei, era come se potesse sfogare solo in quel modo, eppure c'era quella rabbia che lo faceva urlare, che gli faceva stringere la presa su quel polso. Quella rabbia che stava portando Lucas a perdere di vista il motivo reale per cui era andato lì, chiedere a Jessica perché si stesse comportando così.
    L'aveva travolta e non voleva lasciarla andare, non voleva scuse, non voleva parole al vento, voleva fatti reali, voleva sapere cosa cazzo le passasse per quella testa in quel momento. Era come se non accettasse questo suo comportamento, come se da lei si aspettasse tutto al di fuori di quello che stava facendo.
    Voleva essere guardo, voleva che non distogliesse lo sguardo perché sapeva che se l'avesse fatto gli avrebbe potuto mentire, nascondendosi ai suoi occhi avrebbe potuto dire quello che voleva, come se il contatto visivo con lui la costringesse alla verità.
    Certo, alla verità, ma non le evitava di omettere la realtà.
    Quelle mani erano già stata sul petto dell'ametrino, ma non avevano mai cercato di posarsi lì per mettere distanze tra loro, come stavano facendo ora, anche se non vi era pressione da parte sua.
    Probabilmente non la sentiva, grazie agli allenamenti con il branco, o forse lei non si stava impegnando perché in realtà non voleva un distacco totale.
    Eppure bruciavano, facevano male, come soda caustica sulla sua pelle. E voleva sentire quella sofferenza, voleva sentire il dolore di sapere che quello era il contatto più bello, ma anche il più deleterio che stavano avendo oggi.
    Ringhiò a quel sarcasmo, indurendo la mascella ancora una volta.
    Non ammetteva scherzi, non voleva ironie, voleva risposte.
    Era assurdo come si ritrovasse a chiedere risposte a lei, che aveva sempre sindacato sulle altre donne che erano passate dalla sua vita, perché sempre lo avevano sommerso di interrogativi. Ed ora era lei a farlo.

    «Non funziona con me il tuo scudo di sarcasmo, Jessica.»

    Gli ringhiò basso addosso, come se volesse continuare a spingere giù le difese di lei, e voleva farglielo notare, voleva dirle quanto quelle difese non sarebbero state sufficienti con lui. Aveva paura che potesse ferirla? Certo, era chiaro che lei avesse questa paura, ma non sarebbe stato fuori da quel muro che stava ergendo, lo avrebbe bombardato fino a farglielo cadere.
    Attese che lei gli dicesse di andare, che lo allontanasse così come aveva voluto fare dietro lo schermo e ignorandolo fino a quel punto.
    Mantenne il suo volto alto su di lui, perché desiderava guardarla negli occhi mentre lo spezzava in due, mentre gli diceva di sparire dalla sua vita.
    Ma quelle parole non arrivarono.
    In quel cristallo, Jessica avrebbe potuto vedere le fratture della sua stessa anima, si sarebbe potuta specchiare dentro di Lucas e notare come l'ametrino stesse crollando in pezzi per quella discussione, mentre a lei nascondeva il tutto in una coltre di rabbia.

    «Perché. Non. Puoi.»

    Era una domanda secca, ancora sibilata dal suo petto roco. Insisteva sui motivi, insisteva sul cercare un perché a tutta quella situazione che stava mandando a puttane tutto.
    Sgranò le iridi quando lei ammise che aveva paura e la lasciò continuare a parlare, facendo quell'elenco che per Lucas non aveva logica alcuna. Ma più parlava, più lo faceva incazzare.

    «Io non sono gli altri! Sai cosa mi fa incazzare di tutto questo? Che tu, cazzo, tu lo sai! Sai quanto per me conti in questa vita di merda, quanto sei la colonna portante della mia stabilità e ti arroghi anche il diritto di credere che io possa smettere di provare quello che provo per te! Vaffanculo, se credi questo di me, allora vuol dire che non hai capito niente! Non hai capito un cazzo, Jessica! Non hai capito quanto non possa esserci nessun altra persona che possa essere una priorità rispetto a te, che vai oltre tutto e oltre tutti.»

    Sentì il cioccolato di quel respiro e si inebriò di quel sapore che avrebbe voluto assaggiare, mantenne lo sguardo su di lei.

    «Non mi hai mai diviso con nessuno, ma se questo è quello che tu pensi, allora io ho fallito tutto con te.»

    Si stavano ferendo a vicenda, era come se non riuscissero a farne a meno. Ma mentre stava continuando quella frase, lei si mosse e sentì, inaspettatamente, il suo ginocchio arrivargli alla bocca dello stomaco, secco e deciso.
    Questo fece mollare la presa da lei, lo fece allontanare e piegarsi in due a mantenersi il busto, tossendo appena. Sarebbe andata via, era questo che voleva evitare.
    Sentì quelle parole e tra un colpo di tosse e l'altro le rispose.

    «Lo sapevo. Adesso non più.»

    Ma non fu l'unica cosa che disse dopo che si rimise dritto, cercando di accantonare il dolore fisico, sicuramente minore di quello mentale.

    «Sai perché per me sei importante? Perché eri diversa da loro. Non mi nascondevi mai quello che pensavi di me, di noi. Ora, invece, stai facendo come quelle stronze, come le chiami tu. Mi stai nascondendo qualcosa, perché hai paura di dirmelo, e preferisci mandare a puttane tutto quello che abbiamo, piuttosto che parlare. Perché, Jessica? Perché, ora, hai paura di noi

    La guardava negli occhi, come se volesse leggere in quelli di lei la realtà. E la stava stuzzicando, la stava provocando, per farla esplodere.
    lucas j. jones

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