Te l'avevo promesso, no?

J.H.

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    Non conosceva modi convenzionali per fare conoscenza. Non aveva mai dato peso alle classiche regole della prosocialità, un po' perché in Oriente le dinamiche erano ben diverse, ma anche perché era naturalmente portato a celare il più possibile e lasciar trapelare solo dettagli che non avrebbero potuto essere utilizzati contro di lui.
    Si trattava di un meccanismo che era riuscito a sviluppare nel tempo, complice la necessità di non essere maltrattato così come gli era successo da bambino.
    Ogni spiraglio che lasciava aperto era una potenziale minaccia per lui.
    Ormai aveva capito che da Lilith Clarke non poteva aspettarsi nient'altro che risposte piccate. Non importava cosa le dicesse o in che modo le si rivolgesse, intuire che la ragazza avrebbe fatto di tutto per non dargliela vinta era stato facile.
    E la cosa non gli dispiaceva affatto, nella misura in cui sentiva di non avere spazio né tempo per annoiarsi.
    Scosse piano il capo con fare arreso, sollevando le iridi nere al cielo quando la Dioptase gli scagliò addosso l'ennesima rima, ma non la rimbeccò solo perché aveva intuito che altrimenti la conversazione sarebbe diventata un cane che mordeva la sua stessa coda.
    L'intimità che stavano riuscendo a raggiungere tra quelle mura superava di gran lunga quella che avrebbero potuto condividere se fossero stati nudi. In quell'ultimo caso tutto ciò che la Caposcuola avrebbe potuto vedere sarebbe stata la sua pelle, in quei frangenti - invece - erano il suo corpo ed il suo respiro a parlare per lui ed era terribilmente difficile riuscire a rimanere nascosto.
    Cadere nel banale diventava un rischio sempre più grande, se non altro perché voltarsi e premere le proprie labbra piene su quelle di lei sarebbe stata la mossa per la quale avrebbe optato la stragrande maggioranza dei ragazzi della sua età.
    Non che li biasimasse, l'avrebbe fatto volentieri anche lui, ma non aveva alcuna intenzione di darle l'impressione di essere uno dei tanti.
    Perché non lo era.

    Oh sì che lo sono. E lo sai anche tu.

    In verità non si reputava una persona simpatica nel vero senso della parola, ma sapeva perfettamente di non essere scontato né prevedibile e le due cose insieme lo portavano a considerarsi tutt'altro che antipatico.

    Non credo che ci sia bisogno che ti impegni. E tra l'altro mi è parso di capire che ti piace pure fare la parte della stronza.

    Continuò a stuzzicarla, ma lo fece con un modo un po' diverso. Era evidente l'ironia nel suo tono, ma sembrava quasi che stesse cercando di affondare le dita dentro di lei per raccogliere tutto ciò che non era a portata di mano solo a guardarla.
    L'avrebbe spogliata di tutti quegli ostacoli che le impedivano di lasciarsi guardare e l'avrebbe fatto nella maniera più discreta che conosceva. L'avrebbe costretta a farlo senza che lei se ne potesse rendere conto.
    Acclimatarsi alla presenza del corpo di lei di fianco al suo sembrava un'impresa impossibile da gestire e non riusciva a spiegarsi il motivo di quella difficoltà che avvertiva. Il calore della sua pelle gli si inchiodava addosso quasi che fossero rinchiusi in pochissimi centimetri di spazio.
    E quando le sue mani incontrarono il corpo di lui, potè avvertire ogni singola fibra dei suoi muscoli contrarsi alla ricerca di riparo.

    Non sono frigido, sono innocente. È diverso.

    Le fece il verso mentre le labbra erano cristallizzate in un sorriso divertito ed il suo corpo lottava contro quello di lei in una faida ad armi pari. Ed esplodere nella risata più vera a cui lei avesse mai potuto assistere gli risultò naturale come respirare.
    Poteva sembrare impostato ma non lo era.
    La sua corazza di mistero era genuina e vibrava sempre alta senza che lui dovesse sforzarsi per mantenerla viva.
    Una volta che lei gli fu addosso, il suo odore lo travolse come un'onda altissima e inarginabile. Si sentì colpito in pieno viso da quella fragranza sconosciuta che le calzava alla perfezione.
    E si ritrovò a chiedersi come fosse possibile che una persona potesse avere addosso un profumo così perfetto per lei.
    Sigillò le palpebre sugli occhi scuri, inspirando forte e silenziosamente, rabbrividendo nel momento in cui le labbra di Lilith incrociarono il suo orecchio.
    Dovette contrarre l'addome mentre il respiro gli si strozzava in gola e, in un riflesso impulsivo, le dita delle mani si strinsero sui suoi polsi in una morsa talmente salda che quasi stonava con l'atteggiamento pacato e distaccato che aveva messo in campo fino a quel momento.

    Stronza.

    La risposta alla sua provocazione scandita arrivò in un sussurro che risuonava quasi come una preghiera.
    Una preghiera non realmente espressa a smetterla di torturarlo a quel modo. Poteva quasi avvertire il battito del cuore spingersi fastidiosamente contro le tempie, mentre il sangue pompava forte nelle vene.
    Percepì l'intenzione di lei di rimanere con il capo posato sul suo petto e non si ribellò a quel tentativo.
    Respirava piano mentre l'ascoltava parlare e sembrava quasi aver perso ogni desiderio di scherzare e continuare ad accavallare frivole parole su leggere conversazioni.
    La sensazione che il tempo si fermasse in quella stanza era più viva che mai.

    Sì. Ma mi avevano parlato anche del divieto di andare in giro per il castello oltre l'orario del coprifuoco, eppure...

    Aveva forse dato per scontato che Lilith avesse gli assi giusti nella manica per poter fare un po' quello che voleva all'interno delle mura di Hidenstone.
    Aveva forse azzardato troppo a costringerla a quel pegno?
    Fu la controproposta di lei a fargli intendere che in realtà la ragazza non voleva tenerlo alla larga dalla sua camera in accademia per motivi che non riguardassero meramente il regolamento scolastico.

    E quando?

    Non che una camera valesse l'altra, tuttavia la vera stanza da letto di Lilith avrebbe potuto raccontargli molto di più di quanto le mura di Hidenstone potessero fare.
    La sola idea di trascorrere del tempo in casa sua gli solleticava l'inguine, per quanto non fossero state dette chissà quali cose fuori posto. Era la situazione in realtà a parlare molto più di quanto non stessero facendo loro due a parole.
    Ma lui era sempre stato uno che prendeva le cose con estrema calma.
    Ormai i polsi di lei erano liberi dal giogo delle sue mani, ma la guancia della Clarke era ancora premuta contro il suo torace e lui non sembrava intenzionato a sottrarsi a quel contatto.
    Lasciò solo scivolare il palmo aperto della mano destra sulla sua schiena, senza opprimerne la figura, semplicemente per tenerla lì su di sé senza pretendere nulla.

    Sabato sera?

    Stava davvero organizzando una sottospecie di appuntamento con una Caposcuola?
    Joo-hyuk
    Kwon

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    If I was you, I'd wanna be me too.
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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Più i minuti in compagnia di JH passavano, più Lilith si rendeva conto di quanto fosse anticonvenzionale quel ragazzo. Aveva tutte le carte in regola per fare strada in quella scuola di caini che voleva vedere solo le carni altrui ardere nei corridoi. Lei lo aveva imparato fin dai primi anni di Hogwarts e su quelle orme aveva portato con sé un bagaglio piuttosto preparato di scudi di difesa per potersi preservare dalle altre persone.
    Kwon sembrava già pronto per quel tipo di personalità di Hidenstone e, allo stesso tempo, pareva riuscire a distanziarsi da loro in tutto e per tutto. Sarebbe stato troppo facile ricadere nei cliché che erano stati serviti durante quella loro serata, eppure Lilith sembrava quasi sollevata di notare come il ragazzo avesse preferito conoscere lei, piuttosto che l'interno della sua bocca. Con ogni certezza era questo che l'aveva portata a sbilanciarsi un po' di più e respirare un po' di serenità, come se il suo modo di approcciarsi a lei, avesse portato la Caposcuola a fidarsi almeno una briciola in più di quanto non avrebbe fatto.
    Sbuffò una risata arrendevole alle sue parole, antipatica non era uno dei primi aggettivi che le veniva affibbiato, ma c'era sempre una prima volta. Per lo più era quella stronza, quella che aveva rubato Blake (a chi poi non era ben certa di capirlo), quella che aveva fatto partorire Jessica lanciandole un bicchiere d'acqua in faccia quando era incinta (ciao Jesse, tivvibbi!) e tante altre cose che non era piacevole elencare per non annoiare nessuno. La verità dei fatti era che reputava Joo-Hyuk davvero simpatico, ma sarebbe stato troppo semplice ammetterlo a parole; diverso era per i suoi comportamenti, che riflettevano quanto di quella simpatia provava, già solo per essere ancora lì a spendere del tempo con lui, senza nessuna motivazione apparente.

    L'altro, tuttavia, aveva pizzicato una corda scoperta della Caposcuola. Sussultò a quelle parole, accorgendosi di aver lasciato un fianco scoperto dove JH aveva insinuato lentamente la sua lama. Balenò nella sua testa che forse la sua reputazione fosse arrivata al ragazzo prima ancora che lui potesse realmente saggiarla quella sera. L'aveva colpita e affondata, quella volta. Forse la seconda - realmente - in quella serata.

    «Sai cosa? Probabilmente nessuno è mai riuscito ad arrivare oltre questa faccia da stronza.»

    Il tono era ironico, ma con un pizzico di sincerità tra le note, come se per una volta avesse voluto concedere un indizio esplicito di quello che realmente le accadeva intorno. Non c'erano state volte in cui qualcuno si era fermato a scavare oltre quella prima facciata che faceva da mantello a ciò che era veramente la riccia. Il solo che si era fermato un po' di più era stato Blake, che adesso era scappato perché non era il momento.
    Allontanò il pensiero del Prefetto opale quasi più rapidamente di come avrebbe mai pensato di fare prima di allora.

    «C'è chi si ferma alla copertina di un libro, senza sfogliarne le pagine.»

    Ed era piuttosto reale come riflessione, se non fosse che poi, dopo quelle parole, la riccia decise di riprendere possesso della sua posizione da stronza, forse essendosi accorta di aver allentato un po' troppo la presa, sbottonandosi e lasciando intravedere un altro lembo di pelle dove JH avrebbe potuto scalfirla.

    «Però sono molto brava a mantenere alta la mia reputazione.»

    Potè accorgersi che stava ridendo perché si strinse nelle spalle e portò le nocche dell'indice e medio della mano sinistra a sfiorare le proprie labbra, quasi a voler nascondere quella parentesi ricurva.
    E non fu da meno quando continuò a sottolineare la sua frigidità, seppur in maniera scherzosa, forse per smorzare quei contatti appena appena accennati del loro corpo. Sembrava una guerra silenziosa, dove tutti rischiavano di ferirsi, ma nessuno sembrava voler fare un passo indietro.
    La cosa non migliorò - in una prima istanza - quando si ritrovò a dover fare i conti con la freschezza del suo profumo, odore che sembrava volerla avvolgere completamente e insinuarsi prepotente in ogni singolo riccio di lei, attaccandosi alla sua divisa. Sarebbe stato un problema l'indomani, quando si sarebbe scoperta ad arricciare il naso, alla ricerca di quell'odore addosso.
    Sentì la contrazione del suo addome, forse aveva osato troppo? La stretta sui suoi polsi lasciarono che la risposta fosse evidente. Si morse il labbro inferiore, socchiudendo gli occhi per un breve istante, il giusto per sperare che quella stretta non si allentasse, almeno per un po'. Un ghigno a quel sussurro che rimandò lui, quasi una supplica. E fu decisamente adorabile sentirlo così vicino che il cuore le arrivò in un attimo in gola, d'istinto avvicinò ancora di più il volto a quello di lui, sfiorando con la punta del naso la pelle della sua guancia, respirando piano, per quanto riuscisse ancora a recuperare ossigeno.
    Forse aveva perso abbastanza forze in tutto quel mantenersi composta, che non ebbe la minima intenzione di interrompere il contatto con lui e il suo corpo. La testa poggiata su quel petto, poteva sentirne l'eco del suo cuore, il lento respiro e la voce che risaliva verso la sua bocca, vivida immagine ancora nella testa di lei.
    Si concesse una risata a quel puntualizzare la loro trasgressione, ma era troppo concentrata ad ascoltare ogni suo suono corporeo per poter rovinare con delle inutili parole.
    Non appena, alla sua proposta, chiese il giorno, Lilith allargò un sorriso diverso, quasi rasserenato dal fatto che non era stata una proposta troppo fuori dai limiti. Che poi, si erano dati dei limiti? E quali erano? Perché sembrava che proprio in quel momento avessero superato le barriere di ciò che doveva essere un semplice tour della scuola. Sentì il palmo della mano di lui scivolare sulla sua schiena, Lilith socchiuse gli occhi e deglutì a vuoto, prima di proporre ciò che secondo lei, l'orientale avrebbe declinato.
    Sgranò le palpebre quando, invece, propose una giornata.
    Si ricordò di non aver risposto ancora alla sua di domanda, quindi il capo lentamente si mosse ad annuire.

    «Facciamo così… finisco il tirocinio e partiamo. Alle quindici in punto, all'ingresso, così potrai vedere la mia stanza e valutare se ne vale ancora la pena di portarmi a cena fuori.»

    Sollevò il capo riccio a cercare il suo sguardo.

    «Devo riportarti indietro…»

    Un flebile sussurro, chinando di nuovo il testino, quasi delusa che tutto stesse per terminare. Si strinse appena di più al suo petto, d'impulso. Il suo corpo stava parlando, stava raccontando quando non avrebbe voluto alzarsi da lì, quanto avrebbe desiderato che potessero concedersi---

    «… ancora cinque minuti, ok?»

    Il tono era cambiato. Più flebile, rilassato. Aveva perso quella stronzaggine che finora aveva usato per scagliare quelle frecce.
    Lilith Clarke

    "
    La cosa bella dei rapporto è che dimentichi come sono iniziati.
    "
    Dioptase, Prefetto

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