Elementare, Watson!

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    iente le dava l’adrenalina come una bellissima, ed ennesima, violazione al regolamento scolastico.
    Theodora non era stata programmata per starsene buona e ferma in un angolino a prendere polvere, bensì per far sbuffare i suoi insegnanti e storcere il naso ai suoi compagni di Casa (sicuri che la concasata sarebbe stata la responsabile dell’ennesima perdita di punti). E anche se in quel di Hidenstone la giovane non si era ancora fatta “conoscere”, presto le punizioni avrebbero parlato al posto suo.
    A sua discolpa, ancora, la studentessa avrebbe potuto benissimo affermare che (di nuovo) la colpa non era propriamente da attribuire a lei – che, di contro, aveva sempre agito con tutte le buone intenzioni del mondo. Non era neanche in errore quando, fiutata l’ennesima occasione di sventare un mistero, incappava nei soliti guai: era come se la inseguissero con una lente d’ingrandimento, anche se lei sembrava bellamente sguazzarci, completamente a suo agio con le situazioni spiacevoli.
    E, mannaggia al goblin, quel “simpaticone” di Albert Nolan (quel figlio d’un Ametrin, che a lezione tirava caccole in giro neanche avesse ancora cinque anni) gliel’avrebbe pagata. Ammesso che fosse sopravvissuta a quella nuova avventura e – eventualmente – ad una probabile perdita di punti, ovviamente.
    Scampata di soppiatto ad una noiosissima lezione di Magia Verde, la ragazzina aveva approfittato della carovana di studenti che si dirigeva verso la Sala Grande per il pranzo per immettersi – sicurissima, seh, che nessuno la stesse guardando – direttamente verso l’Osservatorio seguendo le comuni frottole di un Ametrin cerca guai. L’avrebbe incontrato lì per ulteriori informazioni, così le aveva detto.
    Eppure a detta di Albert un altro studente degli Ametrin, doveva avere per davvero in custodia una parte della mappa – trovata chissà dove nei dintorni di un castello che ancora Theo non conosceva: che fosse la strada per trovare un tesoro o semplicemente lo sgabuzzino delle scope, in ogni caso la Watson l’avrebbe ben presto scoperto.
    Sperava soltanto di non aver rischiato l’ennesimo richiamo unicamente per un grosso buco nell’acqua. E ricevute quelle informazioni, finita la cena si sarebbe nascosta negli angoli più reconditi del castello pronta per sgattaiolare fuori mentre nessuno stava guardando.
    Con un mantello scuro sulle spalle scostò piccoli cespuglietti dietro i quali di soppiatto si era nascosta – uscita dall’Istituto oramai superato il coprifuoco – e sbucò fuori solo una volta accertatasi di essere completamente sola. Gli scarponi pestarono ramoscelli secchi caduti dagli alberi circostanti che si spezzarono sotto il peso del suo corpo generando rumori sinistri e qualche gufo in lontananza lasciò il suo albero per aprire le ali verso altre mete; si prese appena un secondo per guardarsi attorno e, senza alcun timore, poi riprese il cammino cominciando a guardarsi attorno.
    «Sarà una grandissima cavolata; elementare, Watson!» disse tra sé e sé.
    Perché sì, l'autoironia era uno dei suoi grandissimi pregi.


    Edited by Theo W. - 8/11/2022, 18:05
     
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    La verità era che non aveva alcuna intenzione di infrangere il regolamento scolastico. Era arrivato ad Hidenstone solo da poche settimane e generalmente non era uno di quei tipi allenati a cacciarsi nei guai.
    Non che fosse poi così pacato, o per meglio dire, lo era sicuramente nei modi, ma non poi di fatto. Tuttavia, farsi la nomea di scapestrato quando ancora doveva abituarsi ad avere tutti gli occhi puntati addosso a causa dei suoi tratti somatici non gli sembrava una grande idea.
    Quella sera, però, non aveva alcuna voglia di ritornarsene nel dormitorio. I concasati con i quali divideva la stanza erano fin troppo rumorosi e fastidiosi per i suoi gusti e non aveva alcuna voglia di starci a discutere, dunque aveva deciso di fare quattro passi prima di rientrare, nella speranza di trovarli addormentati.
    Nel caso in cui qualcuno avesse decido di fermarlo per chiedergli spiegazioni o per dargli una punizione, avrebbe risposto in maniera sincera affermando che i suoi compagni di stanza erano un peso che non aveva voglia di tollerare quella sera.
    Niente di più e niente di meno.
    Con le mani affondate nelle tasche di una pesante felpa completamente nera, stava continuando a passeggiare attorno al perimetro dei giardini pensando a quanta voglia aveva di mangiare un po' di kimchi.
    Se l'avesse chiesto agli elfi domestici del castello probabilmente l'avrebbero mandato a cagare. O forse no, non aveva ancora avuto modo di sperimentare una richiesta simile.
    Procedeva a passo lento e rilassato, senza in realtà prestare davvero orecchio a ciò che gli stava succedendo attorno. Fu solo quando avvertì il movimento sinistro di un cespuglio di fianco a sé che arrestò di botto il passo, sigillando le dita della mano destra attorno al manico della sua bacchetta in legno di ciliegio che aveva nel tascone della felpa.

    Chi c'è.

    Non era una vera e propria domanda la sua, quanto più una rigida richiesta di informazioni. Avrebbe potuto trattarsi di un animale, ma non era solito agire d'impulso. Almeno non quando era completamente tranquillo.
    Tese l'orecchio e avvertì i rumori sgusciare alle sue spalle.
    Senza ancora vederne la fonte, levò la bacchetta, torcendo il busto e dirigendo così il catalizzatore verso la sorgente del fruscio.

    Vieni fuori.

    Si fece un po' più insistente, con le palpebre sottili inchiodate nel punto dove poteva percepire le foglie muoversi. Senza battere ciglio rimase immobile in attesa. Era pronto a qualsiasi evenienza e il suo sguardo ne era testimone.
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    econda stella a destra e poi dritto fino al mattino!
    Ah no, stiamo sbagliando storia.
    Ricominciamo daccapo.
    Accantoniamo quelli che non c’entrano assolutamente una ceppa leppa con la letteratura babbana per ragazzi e concentriamoci su qualcosa di più maturo. Tipo misteri, tesori, intrighi e lotte a spada tratta. Ma no, lì non c’erano spade. Né tantomeno aveva voglia di iniziare lotte che sapeva avrebbe perso.
    Theo non era propriamente un asso nello studio, né una cima con gli Incantesimi, ma sapeva come accendere la punta della propria bacchetta quando serviva e capire quando un argomento non c’entrava assolutamente nulla con il discorso.
    Tipo in quel momento, con il suo pensare immotivato e pieno di frottole – le stesse che le aveva rifilato quel Nolan e che di ritorno a Hidenstone probabilmente avrebbe affatturato malamente.
    Nella penombra della sera i Giardini Pensili parevano minacciosi quanto la Foresta Proibita a Hogwarts, ma nonostante ciò la ex figlia di Rowena non si era tirata indietro dall’avanzare ancora verso lidi sconosciuti e potenzialmente pericolosi – non soltanto per la povera clessidra degli Opali, ma anche per la sua stessa vita. Eppure chiunque avrebbe incontrato (o a chiunque avrebbe raccontato di quella sera di misteri) le avrebbe sicuramente detto che era troppo esagerata e che di sinistro, in quel luogo, c’era soltanto la sua sciocca fantasia. Nonostante questo, in barba a una giovane Hermione che doveva rivedere le sue proprietà, l’espulsione era il problema minore per la Watson che, in situazioni del genere, tendeva a rivolgersi a sé stessa in terza persona.
    E diamine se era strana, lei.
    Non era neanche stata l’unica a capirlo. Perché non era sola: non sapeva ancora se la presenza del compagno Black Opal fosse o meno profetica per le sue ricerche, ma doveva indagare.
    «Chi c’è? Pff, io. Ti aspettavi forse di vedere una qualche strana creatura? E abbassa quella bacchetta, potresti bucare un occhio a qualcuno. Non sono mica una minaccia.»
    Lo era solo per la loro clessidra, dopotutto.
    Quindi sbucò fuori dal suo nascondiglio spolverandosi pantaloni e maglietta, mettendosi diritta e sbuffando nel raggiungere il giovane che, a quanto pareva, doveva averla seguita sino a lì. A quel punto, già che c’erano, si chiese se poteva fidarsi di lui tanto da ingaggiarlo come aiutante per la sua caccia al tesoro.
    Lo rimirò da capo a piedi, mentre il suo cervellino andava a millemila all'ora, ma alla fine le parole vennero fuori dalla sua bocca ancor prima che potesse prendere una decisione sensata.
    «Hai mai sentito parlare del tesoro di Flint?»
    Sistemò le mani giunte dietro la schiena e cominciò a camminare in tondo, assumendo il tipico tono da racconta storie o da menestrello squattrinato.
    «Un pirata sanguinario che, affondando decine e decine di navi, alla fine raccolse un tesoro talmente tanto grande da essere troppo per una persona sola. Si pensa che sia stata castata una maledizione, su quel tesoro. Rovina di un vecchio Capitano troppo avido, sentenziò che nessuno, vivo o morto, sarebbe entrato in suo possesso senza rischiare ciò che aveva di più caro. A lui costò la vita, a qualcun altro persino l'anima. A te cosa costerebbe?»
    Cosa c'entrava con le faccende da ragazzini?
    Assolutamente nulla.
    A lei, comunque, sarebbero costati tutti i suoi amati libri.
     
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    Non aveva paura di finire nei guai. Dopotutto, era sempre stato perfettamente in grado di trovare la corretta giustificazione al momento giusto e a Hidenstone aveva intenzione di comportarsi allo stesso modo. Tuttavia, i rumori sinistri che aveva cominciato a sentire attorno a sé gli davano l'idea che qualcosa di sgradito sarebbe potuto succedere da un momento all'altro.
    Non amava le sorprese, il sud coreano, lo mettevano a disagio e lo costringevano ad un dispendio di energie a suo dire inutile, così come non sopportava granché le situazioni improvvise e impreviste.
    Ciò che si stava apprestando ad affrontare, ad ogni modo, era sia imprevisto che improvviso, quindi l'espressione infastidita che gli si dipinse in volto nell'udire la voce di Theodora c'era forse da aspettarsela.

    Io chi?

    Chiese a quel punto, senza poterla ancora vedere, lasciando che la punta del proprio catalizzatore vibrasse appena per poi illuminarsi e spandere una luce fioca tutt'attorno a loro.
    Abbassò e spense la bacchetta solo quando la Black Opal decise di spuntare fuori dal cespuglio. La riconobbe nella misura in cui è possibile riconoscere qualcuno che vedi bazzicare nella sala comune di tanto in tanto, per il resto non sapeva assolutamente niente di lei.

    Che ne so. Cammini nei cespugli. Avresti potuto essere un aggressore.

    Osservò a voce alta, intascando la bacchetta nella felpa e tornando anche a nascondere entrambe le mani nello stesso indumento. Gli occhi dal taglio affilato, intanto, non accennavano a scollarsi dal volto della concasata.

    No e non credo che mi interes-

    In realtà non voleva risultare scontroso e sgarbato, ma era lì per passeggiare e starsene per i fatti suoi, starsene immobile ad ascoltare storie su tesori perduti non era la sua priorità quella sera.
    Ma non riuscì a terminare la frase che Theodora nel frattempo era partita in quarta.
    Sospirò a fondo e il più silenziosamente possibile, socchiudendo ancor di più le palpebre sugli occhi e cominciando ad osservarla con sguardo vacuo mentre gli raccontava la storiella del tesoro di suddetto Flint.

    Sembra l'inizio di One Piece.

    Non conosceva il retaggio di nascita di lei, ma quel commento babbanofilo gli venne fuori in maniera talmente naturale e spontanea che non riuscì a frenarsi dal farlo.

    Il kimchi?

    Quello era il suo desiderio di quella specifica sera ed il suo pensiero fisso per le prossime ore, anche se a ben pensarci il cavolo fermentato non era ciò che aveva di più caro. O forse sì. La variabile era il grado di fame che aveva.

    Quindi tu staresti cercando questo tesoro? Che sarebbe... dove?

    Dal tono di voce utilizzato non si stava neanche sforzando di risultare un minimo interessato, tuttavia Theodora gli dava l'impressione di essere talmente fomentata a riguardo che probabilmente non si sarebbe neanche accorta del disinteresse del sud coreano. O molto più probabilmente se ne sarebbe fregata altamente e avrebbe continuato a parlare.
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    e si aspettava di trovare qualcuno lì? In realtà sì.
    Almeno non si era ritrovata davanti ad una carica scolastica, già pronta a darle la punizione che si meritava per quella trasgressione al regolamento scolastico.
    «Io, Theodora! Ma quanto sono sciocchi quelli che al citofono rispondono con “io” aspettandosi che la persona dall’altra parte possa capire chi è? Sciocchi.»
    Il fatto che ancora Theodora non fosse riuscita a memorizzarsi i nomi dei suoi compagni di Casa la diceva lunga sul modo con cui aveva deciso di approcciare con l’Opale che si era ritrovata a dover ingaggiare per quella nuova avventura: e se da un lato la Watson stava ancora cercando di capire se fosse o meno saggio coinvolgerlo per sventare quel mistero, dall’altro si chiedeva se il ragazzo ad essere in possesso di quella mappa del tesoro non fosse proprio lui.
    Lo squadrò da capo a piedi; se fosse stato lui, immaginava che fosse restio a concederle quella verità.
    «Molto saggio da parte tua accendere la bacchetta, avrebbero potuto vedere la luce e beccarci. Poi avremmo potuto dire ciao ciao alla caccia. Avresti avuto la scusa pronta, per salvarti le chiappe da una punizione? La prossima volta avvicinati un po’ di più e guardami.»
    Incrociò le braccia al petto e lo guardò storto; forse avrebbe dovuto pensarci meglio, la prossima volta. Ammesso che quella prossima volta ci sarebbe mai stata.
    Comprendeva il perché della sua diffidenza, nonostante l’altro stesse cercando di mascherarla. Era consapevole del fatto che alle volte risultava molto difficile star dietro alle sue fanfaluche, per cui poteva comprendere la confusione iniziale dei suoi interlocutori.
    Il semi sconosciuto non era da meno.
    E quando gli rivelò la leggenda sul tesoro di Flint, subito dopo si ritrovò ad alzare il sopracciglio destro per la confusione.
    «One Piece? E cosa è? Una favola?»
    Come quella che aveva appena rifilato lei al ragazzo, praticamente.
    «Che strana parola, questo kimchi
    Fece spallucce ripetendoselo tra sé e sé una seconda volta, ma questa volta tenendosi per sé la domanda sul cosa fosse. Non voleva fare la figura della scema.
    «Chi non cercherebbe questo tesoro, mi chiedo. Va oltre una ricchezza inimmaginabile. Trovarlo forse sarebbe più semplice che entrarne in possesso. Spezzare la maledizione che vi è stata gettata non sarebbe neache tanto semplice. Né io e né tu abbiamo le capacità per tentarci. Si tratta di una magia molto potente. Sono sicura che neanche un professore, nonostante gli anni di studio, sarebbero in grado di farcela.»
    Eppure, visto il modo in cui il ragazzo le chiedeva informazioni circa il tesoro, voleva dire che davvero non aveva idea di ciò di cui che la Watson stava parlando.
    Lui non aveva la sua mappa.
    Ma sentiva che era vicina.
    «Come ti chiami?»
    Chiese, squadrandolo di nuovo da capo a piedi.
     
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    Non avrebbe voluto starsene lì a fissare Theodora come se fosse la persona più stramba che avesse mai incontrato in vita sua. Eppure, nonostante questa sua intenzione, non riusciva proprio a levarsi dalla faccia l'espressione di chi non poteva credere che il mondo fosse abitato anche da una persona così tanto stralunata.
    Perché questo la concasata sembrava ai suoi occhi affusolati.

    Abbastanza.

    Farfugliò soltanto, con fare visibilmente confuso, nel momento in cui la Black Opal cominciò a parlare di citofoni. Nel frattempo intascò la bacchetta e poi le mani nella felpa che indossava, standosene lì a fissarla neanche si trovasse al cospetto di un alieno.

    Se hai paura di essere sgamata non dovresti andartene in giro a quest'ora.

    Osservò, neanche la sua fosse soltanto una riflessione disinteressata, dando tuttavia voce a quella sua convinzione. Le regalò anche un cipiglio un po' provocatorio, perché se Theodora aveva davvero timore di essere scoperta, allora non avrebbe proprio dovuto trovarsi lì.

    Ti sto guardando.

    Aggiunse immediatamente dopo, assottigliando ancor di più - per quanto possibile - le palpebre sottili sulle iridi scurissime. Solo per un istante gli venne da pensare che Theodora lo stesse prendendo per il culo. Non poteva credere al fatto che l'altra stesse davvero per andare a caccia di tesori.

    È un manga che parla di pirati.

    La informò con calma, continuando a guardarla quasi che si aspettasse di vedere una testa da clown fuoriuscire dal collo della bruna da un momento all'altro. Decise di lasciar perdere la questione kimchi nel tentativo di non confonderla più di quanto non gli sembrasse già di suo.

    Oooook. Quindi che stai facendo in mezzo ai cespugli se non stai cercando il tesoro di Flint dall'inestimabile valore?

    Cominciava davvero a non riuscire a seguire il filo del suo discorso, tant'è che arricciò anche le labbra in una smorfia poco convinta. Lo stava prendendo in giro, ormai ne era quasi del tutto convinto.

    Kwon Joo-hyuk. E tu, oltre a Theodora, hai anche un nome da pirata?

    Se avesse risposto con serietà a quella sua ultima domanda non avrebbe avuto più dubbi: la Black Opal non ci stava col cervello e avrebbe fatto meglio a scortarla all'interno del castello prima che finisse morta ammazzata in mezzo a qualche cespuglio.
    Non c'erano altre opzioni.
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